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.Mia Freeman
Prefetto AmetrinC'erano momenti in cui girovagare da sola le pesava più di quanto le piacesse ammettere. Aveva passato una vita ad assicurarsi di saper stare da sola, convinta che non avrebbe mai legato con qualcuno, eppure ora le mancava la risata di Emma o di Aibi nelle orecchie, e le mancavano le battutine che Blake o Cameron avrebbero lanciato ai passanti. Cercò di focalizzarsi sul Black Opal, di non sovranalizzare tutto come faceva ogni volta quando si trovava da sola con i suoi pensieri.
Aveva passato un'intera estate in solitudine, accettando solo la presenza di Charles, eppure adesso le sembrava molto più difficile.
Si era ritrovata a vagare per i negozi senza una meta, cercando di collezionare gli ultimi regali di Natale, sperando di non impiegarci troppo, e stava cercando di portare la sua cioccolata calda ad una temperatura bevibile quando qualcuno la fece scattare, mettendole un braccio su una spalla e costringendola e voltarsi per capire che diavolo stesse succedendo.
Il ragazzo che si trovò a fianco aveva un fisico definito, anche se non era imponente, ed emanava sicurezza e fermezza da ogni movimento. Sembrava teso, per qualche ragione, e le aveva appena chiesto una cosa che non aveva alcun senso e che suonava troppo assurda per non essere vera.
L'ultima cosa che voleva era avere problemi con la legge, e per quanto Thomas non sembrasse un tipo minaccioso -in quel caso non gli avrebbe mai permesso di starle vicino- comunque non aveva intenzione di opporsi. Eppure... che senso aveva? Un brivido di preoccupazione le percorse lo stesso la schiena, e dal momento che non poteva pensare di usare la magia in un posto simile le sue dita si chiusero intorno alle chiavi, che teneva nella tasca della giacca, provando a non sembrare troppo rigida e restando comunque vigile.
In effetti il ragazzino stava facendo qualcosa che non avrebbe dovuto, il che le suggeriva che per quanto quella fosse una finzione bella e buona poteva passare nella lista di "bugie bianche" in qualche modo, o almeno così sperava. Se mentiva per un poliziotto non era reato giusto? Era stato lei a chiederle di aiutarlo, quindi poteva farlo.
Non era comunque il tipo di persona che sapeva davvero imporsi, aveva vissuto un numero di esperienze tale da aver sviluppato una certa sicurezza in sè stessa ma non abbastanza da fare scenate in pubblico o dare di matto. Piuttosto cercò di mantenere la calma e analizzare la situazione, rimanendo sulle sue per quanto possibile e seguendo Thomas, pur attenda a qualsiasi passo o suo movimento.
Si schiarì la voce quando l'altro la interpellò direttamente, muovendosi ad annuire con più fermezza possibile, incrociando le braccia al petto nel tentativo di darsi un tono e sembrare più autoritaria. "Non ti conviene metterci alla prova, collabora e tutto questo finirà in fretta." improvvisò, sorprendendosi nel sentire la propria voce ferma e decisa nonostante niente di tutto quello fosse nelle sue corde, cercando comunque di mantenersi a distanza da Thomas pur senza darlo troppo a vedere.code made by gin -
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.Ogni volta che Thomas le parlava o le si avvicinava, capiva quanto effettivamente le fosse mancato! Era una sensazione stranissima e che aveva provato solamente con Nathan quando stavano separati per troppo tempo, anche se quella era una sensazione ancora diversa. Era il suo migliore amico, no? Era più che normale che sentisse il bisogno di averlo sempre vicino. In fin dei conti, era stato lui a soffiare su tutte le sue paure, che erano cadute come un castello di carte.
Tom, io mi imbarazzo persino con i miei genitori ridacchiò, sottolineando il fatto che fosse un suo tratto caratteristico e che la sua timidezza la perseguitasse persino con chi conosceva da una vita. Probabilmente solamente con Percy aveva riuscito, fin da subito, a sciogliersi un po'. Il suo fratellone le mancava così tanto!
Ma solo a vederlo, gli venne voglia di dire una delle cose più delicate della sua vita ma al contempo bellissima. Lui sapeva che aveva un gemello da qualche parte ma non aveva idea di dove fosse esattamente o che cosa stesse facendo, quindi quella sarebbe stata una novità assoluta, per lui.
Prese un grosso respiro, tormentandosi le mani tra loro, insicura su dove cominciare. Non gli stava certo comunicando di aver comprato un nuovo vestito che voleva mostrargli. Ma alla fine non ci pensò più e si buttò, sputando il rospo e dicendogli ciò che era successo e che la faceva sentire emozionata e terrorizzata in egual misura. Ad aiutarla a parlare, fu la presa calda delle sue mani, che le impedirono di continuare a strapparsi la pellicina attorno alle unghie.
Non ci crederai... Si chiama Thomas anche lui! Iniziò così la sua storia, senza togliere le mani da quelle di lui ma, anzi, stringendo ulteriormente la presa. Viene ad Hidenstone con me, anche se lui è in una casa diversa. Non sono stata io a trovarlo ma lui... quando me l'ha detto... un po' me ne vergogno ma sono scappata. Non ero pronta a quella notizia, sebbene l'avessi attesa per tutta la vita. All'inizio ho pensato che fosse solo uno scherzo di pessimo gusto, anche se ragionando a mente fredda, ho capito che fosse impossibile. E poi lui mi somiglia tantissimo! Non tanto fisicamente, lui è castano ed ha gli occhi più scuri, però caratterialmente è la mia copia al maschile. Mi dispiace averlo trattato male. Sospirò, sentendosi risollevata da un enorme peso ad averglielo detto. Senza farci molto caso, si inclinò di lato e posò la testa alla sua spalla, intrecciando le dita con le sue.Emma Lewis
AmetrinII AnnoEterosessualecode by ©#fishbone
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.Sebbene mister Richenford stesse cercando di non adularla, con tutte quelle parole, era quello che in realtà stava facendo. Era perfettamente consapevole del suo corpo, dei suoi punti di forza e debolezza della sua corazza e sapeva come metterli in risalto o nasconderli. Seno praticamente piatto o da coppa di champagne? Nessun problema, via a scollature profonde quasi ombelicali, che su di lei non sarebbero mai risultate volgari ma eleganti. Dicevano di lei che poteva indossare persino un sacco della spazzatura e renderlo un capo chic. Qualità innate, un patrimonio genetico che aveva ereditato dal padre biologico insieme al serpentese. Caspita, che fortuna!
In quel locale però non c'era Madaline Yaxley, frutto di uno stupro di uno degli uomini più importanti e sinistri del Regno Unito, bensì Maya Wade, aitante ministeriale dall'aspetto angelico ed innocente. Un'illusione.
Ma cosa poteva saperne il giovane auror di giochi di parole? Soprattutto quando sembrava più interessato ad infilarsi nelle sue mutandine che per altro. Non che non le andasse bene, anzi, era uscita proprio per una serata di svago priva di conseguenze. Ed il bel faccino del mago rientrava comunque nei suoi gusti, sebbene non fosse il suo prototipo. Niente struttura ampia, altezza improponibile, barba finta incolta e mani rudi. Ma andava bene comunque. «Thomas», accarezzò il suo nome con fare mellifluo, rigirandoselo sulla punta della lingua che andò ad umettare le labbra. «Vedi Thomas, Tom, non è modestia la mia, bensì pura e semplice verità». Si era avvicinata a lui, invadendone lo spazio, gli artigli sull'avambraccio: tutto urlava sensualità.
Così come la sfida che gli lanciò: sedurre una ragazza. Lo osservò, con il drink a farle compagnia, studiandone come il suo corpo si avvicinasse a quello della ragazza, il tempo studiato per calare sul suo orecchio nel rivelare chissà quale frase ad effetto. Se lo gustò, divertita, e seppe di averlo in pugno.
Vuotò il bicchiere, con un tintinnio lo abbandonò al bancone, mettendosi in piedi e camminando con grandi falcate simili a quelle di una gazzella la distanza che li divideva. Ma non puntò l'auror. Una mano riuscì ad afferrare quella della ragazza, tirandola verso di lei e al contempo scostarle i capelli con la mano libera per avere presa sul suo viso mentre la baciava. Lingua, labbra e denti. Tutto mentre guardava negli occhi Thomas, come a volergli dire: «uno a zero per me». Lui però non sapeva che lei avesse giocato sporco: non andava a baciare chiunque, soprattutto non in quel modo e non una donna. La conosceva, si era appartata con lei in una delle cabine del bagno delle donne, bruciando di piacere per quel sesso sporco, frenetico e alticcio che poteva offrirle.
Così come iniziò, il bacio finì. Non ci sarebbe stato un secondo round con lei, non quella sera. Un «grazie» a fior di labbra, un contatto che si spezzò solo per crearne uno nuovo, questa volta con il mago. Ribolliva, ribolliva nel sentire le loro dita intrecciate, mentre la lussuria quasi l'accecava. «La prossima mossa a te, auror». Sapeva che quell'appellativo l'avrebbe fatto infuriare. Era proprio quello che voleva.Maya Wade"Revenge, the sweetest morsel to the mouth that ever was cooked in hell."
UagadouMinisterialeBisexcode by ©#fishbone
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.Se Thomas credeva che lei si fosse intromessa tra lui ed Eve, avrebbe dovuto rivedere meglio l'ordine cronologico degli eventi. Lei, Eve, la conosceva fin quando era in fasce, per qualche bella combinazione astrale. Ora, Jess non sapeva di questi suoi pensieri quindi sicuramente non avrebbe potuto ricordarglielo.
Lo osservò con intensità sbuffando una risata e scuotendo la testa. Probabilmente valeva più di tutto il corpo auror messo insieme, anche se non era la ragazza più disciplinata che quel mondo concepisse. Ma comunque ora era seriamente confusa se proseguire la strada per diventare un'auror, oppure virare e diventare una magiavvocatessa. Certo, ormai il percorso non lo poteva più cambiare, essendo ormai al quinto anno, ma avrebbe potuto aggiustare il tiro una volta uscita.
Assunse un'espressione di disprezzo nei confronti del ragazzo davanti a lei, negando qualsiasi cosa che non fosse quel profondo odio immotivato che non aveva idea da dove venisse.
Se hanno fatto entrare te, fanno entrare chiunque. Chissà quante malattie hai portato assunse con fastidio, sistemandosi dritto ed incrociando le braccia al petto ed osservandolo ancora.
Leccare gelati...? Non poté far altro che ridere come se lui avesse detto qualcosa di buffissimo. Che in effetti era proprio così! Questo è il massimo degli insulti che la tua piccola mente è in grado di partorire? Ma per favore, persino un neonato avrebbe saputo pensare a qualcosa di migliore. Aveva benissimo capito il senso di quell'insulto e che "gelati" non si riferisse proprio a quella cosa dolce, fredda e buonissima, ma a quello che faceva spesso e volentieri sotto le lenzuola. Ma era comunque divertente prenderlo in giro.
Non rise più, lasciando a lui l'onore, quando si ritrovò un po' del ripieno del cannolo, spiaccicato sulla fronte. Fece una smorfia e sollevò un dito, prendendone un po' ed abbassandolo al livello delle loro labbra.
Almeno potresti dirmi se è buono. L'ho pagato, sai! Esclamò, accogliendo il proprio dito tra le labbra, non lasciando nemmeno una traccia di ricotta sulla punta. E scritta così, decontestualizzata, è molto molto fraintendibile.
Devo ottenere un permesso per mio zio... deve studiare una creatura magica più pericolosa di una puffola gli spiegò, chiedendosi subito dopo perché avesse sprecato anche solo un secondo in più, per spiegare a quell'energumeno, il perché fosse lì. Tu non dovresti essere a lavoro?Jessica Whitemore
Black OpalIV AnnoBisexcode by ©#fishbone
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.Marina Stonebrug"Eventually, everything connects."
Marina sollevò il gomito un'ultima volta per portare la corona di petali a un respiro dal naso, le labbra abbastanza vicine alla superficie del fiore per saggiarne la morbidezza. Celato da quell'ostacolo, un sorriso sbocciò rigoglioso come la foresta eterea ma due volte più enigmatico del mar baltico che abbracciava l'isola.
Con gli occhi cerulei rivolti verso il basso, Marina non riuscì a non riflettere su quanto fosse il gesto più del dono ad avere valore. Lei era una druida del crepuscolo, circolo antico che credeva nell'equilibrio tra la luce e le tenebre in tutte le sue declinazioni. Spesso esseri come i dissennatori venivano ripudiati dai protettori della natura, quelli come lei - invece - si erano posti il compito di proteggerli fin dove possibile. La sua declinazione in tale missione non aveva preso forma nell'ambito più vivo dei vari campi di studi, come animali o piante, preferendo a questo il più etereo clima, i più letali elementi, e gli infiniti spiriti che vegliano sul nostro piano.
Eppure, quando l'esigenza lo richiedeva, Marina non esitava a fornire il suo supporto ai druidi che avevano bisogno di un paio di mani in più per occuparsi di questa o quella creatura, come anche di quel particolare cespuglio o albero. In queste occasioni aveva avuto tra le dita fiori di una bellezza devastante, di quelle che non possono essere descritte a parole e la cui stessa memoria fatica a tracciarne l'essenza.
Il girasole che le aveva portato Thomas era un fiore come tanti altri, nulla a che vedere, ma il fatto che si fosse preso la briga di portarlo all'Osservatorio di Denrise per lei lo rendeva più che speciale.
«Meglio così. Mi farebbe sentire dannatamente egoista sapere che hai privato un parco del suo fiore per far beare solo me del suo profumo».
Marina egoista sapeva esserlo, come anche gelosa, al punto che d'un collare sapeva fare più di un semplice mezzo di coercizione. Di contro, non voleva rivelare la sua natura così presto, vuoi perché forse temeva di spaventare l'altro, vuoi perché lei stessa era diversa da ciò che si raccontava per dormire serena la notte.
«Sulle nostre missioni e il modo di viverle, temo di dover concordare con te, Thomas».
Sibilò il nome dell'altro, tanto atteso, quasi fosse la più preziosa delle formule. Aveva lasciato continuare l'auror prima di tornare a reguardire su missioni e avventure più per il fascino che la sua voce sapeva esercitare che una passiva voglia di ascoltare. Marina portava il nome del mare e di questo rifletteva più le onde e gli tsunami che la pacata attesa di cui marinai o pirati fortunati si beavano per raggiungere i confini del mondo.
Il braccio avrebbe perso quota e così il fiore da esso sollevato, in un passaggio che ne sancì nella sinistra una nuova presa mentre la destra si concesse di stringere l'ebano della sua bacchetta. Come una pittrice avrebbe tracciato dei ghirigori nel vuoto la cui sagoma avrebbe ben presto iniziato a sprigionare una luce cerulea e una manifestazione magica nell'arco di secondi.
Attorno al gambo del fiore l'umidità si sarebbe condensata in una costellazione di lacrime d'acqua via via sempre più numerosa e proficua al punto che, nell'arco di pochi respiri o battiti, un vaso liquido lo avrebbe avvolto fino a metà gambo, assicurando al resto del girasole la possibilità di spuntare indomito verso il cielo che lo richiamava in funzione della sua natura.
«È la natura delle cose. Serve conflitto affinché le cose cambino e finché il mondo non sarà perfetto, il cambiamento sarà necessario, o questo è almeno quello che in molti credono, anche se sarei curiosa di sentire cosa tu ne pensi al riguardo».
L'indice della sinistra avrebbe sfiorato il vaso d'acqua un'ultima volta prima che questo potesse continuare a fluttuare nel vuoto che circondava i due, più simili ormai a un sole ruggente che due corpi separati.
«Siamo troppo giovani per poter influenzare le scelte di chi comanda, temo».
Avrebbe portato entrambe le mani dietro la schiena, tra bacino e spalle, lasciando la sua sinuova figura adornata dalle generose curve più sottile ma non per questo più facile da ignorare.
«Hai buon gusto e non lo dico perché sono di questa terra. Negli anni che mi hanno visto formare in giro per il mondo ho scoperto come questa terra sia unica. C'è un motivo per cui i nostri antenati l'hanno scelta».
Il volto sarebbe ruotato verso destra lasciando lo sguardo libero di perdersi all'orizzonte. Sembrava stesse osservando un bersaglio preciso ma sarebbe stato impossibile decretare chi o cosa avesse catturato le sue attenzione. In buona parte queste - e Thomas poteva esserne certo - erano state già concesse in pegno allo stesso auror.
«Tra le cose che temo, invece, non c'è quella di scandalizzare un auror come te che certamente avrà già avuto modo di avere a che fare con più di una cultura lontana dalla sua».
Solo allora gli occhi cerulei sarebbero tornati a intrecciarsi a quelli dell'altro prima di anticipare un sorriso a mezza bocca.
«Le spiagge, certamente. Conosco alcuni posti di cui sono l'unica frequentatrice. Perfette per meditare. Incredibili per godersi il bacio del sole su ogni centimetro del proprio corpo».
I druidi preservavano la natura e nei vestiti che usavano nel mentre c'era ben poco di naturale.
Libersene non era mai stato un problema.
«L'Osservatorio è forse il mio secondo posto preferito. Delle volte vengo aiutata da spiriti asserviti alla mia famiglia in tempi così antichi che lo stesso villaggio aveva un altro nome. Altre volte alcuni membri della mia famiglia mi danno una mano o magari è qualche mio giovane accolito al tempio dei druidi che, in quelli che voi chiamereste straordinari non retribuiti, ne approfitta per scoprirne di più sulle arti che ho studiato.
La sua famiglia, invece, di cosa si occupa?».
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Edited by Marina Stonebrug - 7/11/2022, 11:39 -
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🧪 O l i v e r 🚬 2 5 y . o . 🚬 S t a t 🧪
Capitava, anche se molto di rado, che il suo lavoro lo spedisse nei luoghi più strani e che lo spingesse a vivere situazioni quasi surreali: era passato dal procurare un po’ di roba ad una confraternita babbana, poi a uno studente di Hidenstone che voleva organizzare una festa clandestina in Accademia, fino al fornire una buona scorta a una squadra di Quiddtich professionista inglese. Insomma, il fatto che Oliver non avesse mai pensato di procurarsi un travestimento o di affatturarsi da solo il viso per nascondere la propria identità ai suoi clienti la diceva lunga su quanto realmente gli importasse di venir beccato.
Lui, quando si chiedeva il perché lo stava facendo, si ripeteva sempre che voleva dare a chiunque gli chiedesse un aiuto l’occasione di smettere di pensare per un po’, di trovare un po’ di felicità laddove l’esistenza continuava a far schifo. C’era molto più, per l’ex Serpeverde, in un tiro di canna.
Scontato da sentire da uno spacciatore, vero? Ma neanche poi tanto.
Comunque a differenza di ogni altra situazione, non era affatto raro invece che il suo lavoro lo portasse in una discoteca – che fosse nella Londra babbana o magica, oppure ancora a Denrise.
E se gli avessero detto che oltre a qualche galeone ci avrebbe anche guadagnato una birra gratis, si sarebbe convinto prima a tornare nello stesso posto dove aveva avuto una pessima esperienza. In un modo o nell’altro, praticamente, era come se stesse recuperando la serata di merda dell’ultima volta.
E lui non era manco tanto male.
Quel lui probabilmente un po’ matto ma che, gettandosi la birra addosso da solo unicamente per “somigliare” a Oliver gli fece intendere che la loro conversazione non sarebbe finita molto presto – se non addirittura con un lieto finale per entrambi.
«Ti avrei ricambiato il favore, se solo non ti fossi impegnato così tanto»
Fece spallucce, per poi ritrovarsi ad attendere lo sconosciuto sulla pista da ballo giusto il tempo di andare a prendere due birre al bancone; Oliver era sicuro che se ci si fosse avvicinato lui, il barista ne avrebbe approfittato per prenderlo a male parole.
Acciuffò la birra destinata a lui senza smettere di muoversi a ritmo di musica, ma facendosi un po’ più vicino a quello che oramai non era più tanto sconosciuto.
Thomas. Si repeté più volte il suo nome in mente per non rischiare di dimenticarlo.
«Oliver»
E al tempo stesso annuì poiché, sì, era lì da solo. Anche se tecnicamente non proprio per divertirsi. La svolta che quella serata pareva aver intenzione di intraprendere lo incuriosiva non poco.
«Rimani, potrei anche accontentarti se me ne darai l’occasione»
Alzò un sopracciglio, ammiccando, e prese un generoso sorso senza smettere di guardarlo.
Tuttavia non aveva dimenticato il motivo primario per il quale si trovava lì: rimase allerta, guardandosi di tanto in tanto attorno con la coda dell’occhio. -
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Forse sarebbe dovuto rimanere a casa, visto il modo – di merda – in cui era andata a finire la serata l’ultima volta che aveva messo piede in quello stesso locale. Buffo, visto che non lo aveva scelto lui: si era messo in contatto con un cliente per un grosso affare e non voleva che lo scambio avvenisse in un luogo troppo compromettente. Per strada c’erano le telecamere, neanche se si fossero immessi in un vicoletto buio sarebbero stati risparmiati da quegli occhietti elettronici. Farlo in un luogo pubblico – nascosti in bella vista – era, invero, meno pericoloso di qualsiasi altra opzione potesse venir loro in mente.
Avendolo visto soltanto una volta in faccia, aveva pensato che la cosa migliore per farsi notare da più persone fosse gettarsi nella pista da ballo. Questa volta, rispetto all’ultima, non si era presentato lì letteralmente andato – era già tanto, anzi, che il barista non lo avesse fatto buttare fuori dal locale visto che l’ultima volta aveva quasi rischiato di dar fuoco al bancone degli alcolici.
Si lasciò trascinare dalla musica assordante mentre gli arti si muovevano a ritmo, la testa più leggera e gli occhi allo stesso tempo ben attenti alla folla circostante. Non erano in pochi a fissarlo, mentre lui ricambiava i sorrisi di qualcuno, ma dubitava che tra questi vi fosse il contatto che stava cercando.
Qualcuno lo affiancò, sentì una mano stringergli i jeans all’altezza della tasca destra e ciò bastò per mandarlo in allarme: si voltò dalla parte opposta, salvo poi notare una ragazza mandargli un bacio.
Poveretta.
Le mimò un “sono gay” e si godette il suo sguardo dispiaciuto, prima di finire nelle “grinfie” di uno sbadato. Di colpo si ritrovò la maglietta completamente fradicia, neanche se qualcuno stesse cercando di rendere il favore alla pazza alla quale sere fa era stato proprio Oliver a sporcare il vestito di birra.
Allargò le braccia e si fissò i vestiti zuppi, per poi spostare le iridi sul colpevole.
Scosse la testa, ma sorrise dinanzi la frase che dopo lo sconosciuto proferì.
«Se questo è il tuo modo di abbordare, ti assicuro che ti riesce veramente male. Amico.»
Alzò gli occhi al cielo, ma non accennò a voler smettere di muoversi a ritmo di musica.
Si guardò un'altra volta attorno prima di avvicinarsi un po' di più allo sconosciuto.
«Per punizione adesso me ne devi una»
C'entrava poco con quanto era successo, ma in un modo o nell'altro Oliver doveva pur guadagnarci qualcosa. -
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Non c'è bisogno di dire certe cose solo per convincermi che mi ami. IO LO SO. -
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.Al contrario di Thomas, a Jessica era facile che stesse antipatico qualcuno. Soprattutto se era qualcuno che girava troppo attorno alle persone alle quali teneva. In una vita precedente doveva essere stato qualche segno di fuoco perché era fin troppo gelosa dei suoi amici o delle persone in generale, se ci si affezionava.
Comunque, non avrebbe mai creduto che un ragazzo solare ed allegro come Thomas, potesse starle antipatico... eppure.
Aveva pregato suo zio di lasciarla stare, di andare lui al Ministero. Ma non aveva voluto sentire ragioni ed ora c'era l'alto rischio di incontrare il Richenford. Manco a dirlo, sbatté contro qualcuno. E quel qualcuno era proprio la persona che avrebbe desiderato vedere alla distanza di un milione di soli. Guardò il cannolo-non-siciliano, spiaccicato sulla sua maglietta e non ci provò nemmeno a scusarsi, provando anzi una maligna soddisfazione.
Una smorfia le si dipinse sul volto ad udire la sua voce e, soprattutto, a sentire che cosa avesse da dire. Lei si sarebbe rivolta così anche al Ministro in persona, che cosa poteva pretendere un aurorucolo qualsiasi che probabilmente stava lì solo perché faceva comodo a Xander? Era sicurissima che lo avessero buttato fuori per pietà, all'Accademia Auror.
Thomas lo salutò, incurante del suo ammonimento. Chi la conosceva bene, era conscio del fatto che non le importasse proprio alcunché.
Tra qualche anno saremo colleghi, non sei contento? Gli domandò candidamente, improvvisando due occhi da cerbiatto come se stesse cercando di far colpo su di lui. Cosa falsa, perché lo detestava così tanto da provare ribrezzo solamente a vederlo. In realtà, nemmeno lei sapeva più se sarebbero diventati effettivamente colleghi, ora che le era balenata in testa l'idea di poter diventare un brillante Magiavvocato, provare a difendere chi, come lei, era stato vittima di una maledizione e non avrebbe mai più avuto la possibilità di essere "normale".
Oh, hai qualcosa sulla maglietta. Avvicinò il dito e raccolse una parte del ripieno dell'ex cannolo, portandoselo lentamente alle labbra e leccandolo con altrettanta lentezza, quasi sensuale. Ridacchiò, osservandolo di sottecchi.Jessica Whitemore
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.Adorava l'estate perché poteva passare del tempo con tutti i suoi amici, anche se moltissimi non c'erano perché erano in vacanza con le loro famiglie o con qualcun altro ma comunque lontani da lei. Non se ne faceva eccessivamente un cruccio, invero. Era felice se gli altri stavano bene, tuttavia aveva sempre un pallino fisso in testa: Thomas.
Lui era più grande di lei, era un auror bravissimo ed aveva sicuramente mille altri pensieri per la testa che non fossero lei, perciò aveva sempre guardato la sua chat senza osare mandargli un messaggio. E se lo disturbo? E se non si ricorda nemmeno di me? Magari sono stata solo un passatempo.
Questi erano i mille dubbi e gli interrogativi che le ronzavano per la testa ormai da mesi, dall'ultima volta che erano usciti. Non sapeva proprio come comportarsi! Si ricordava perfettamente ogni dettaglio del loro viaggio a Berlino, specialmente quando lui... sentì improvvisamente le guance infiammarsi a quel pensiero e cercò di scacciarlo scuotendo violentemente la testa. Non che lo trovasse sbagliato, peccaminoso od altre cose del genere, tuttavia si sentiva profondamente a disagio ed in imbarazzo al solo pensiero e non poteva fare a meno di chiedersi cosa ne pensasse lui a riguardo. Voleva evitare a tutti i costi di stressarlo, di chiedergli cosa avesse significato per lui e tutto il resto. Forse si sarebbe spaventato, pensando che lei volesse qualcosa di serio -che poi.. lo voleva? Nemmeno lei riusciva a capirlo- e si allontanasse di più di quanto avessero già fatto.
Era talmente immersa nei suoi pensieri che quando il cellulare trillò notificando l'arrivo di un messaggio, saltò sul letto presa di sorpresa. Lo aveva momentaneamente posato accanto a sé, quindi lo afferrò senza attendere un secondo.
Ehi! Come stai? Recitava e lo scoprire chi fosse il mittente, le fece perdere un battito. Stava pensando a cosa rispondere, anche se le sembrava quasi anormale rompere quel silenzio di mesi, quando il telefono trillò nuovamente.
Ti va di vederci tra un'oretta sotto la ruota?
Thomas voleva veramente vederla sotto un luogo così romantico come il London Eye?! Era così sconvolta -in positivo- che lasciò cadere lo strumento sul materasso e si avviò all'armadio alla ricerca di qualcosa che potesse fare colpo sul ragazzo.
Le sembrava che niente fosse adatto per Thomas, quando... i suoi occhi si posarono su un vestitino nero che, ricordava, le cadeva aderente sui fianchi, chiudendosi poco sopra le ginocchia. Sorrise e lo afferrò, indossandolo in un battibaleno. Fortunatamente, si era già fatta la doccia poco prima e non avrebbe dovuto perdere ulteriore tempo. Un velo di trucco ed era pronta... e solo allora si ricordò di dover anche rispondere al mess, soprattutto perché lo aveva visualizzato almeno da mezz'ora, il tempo che ci aveva messo a scegliere il vestito e ad indossarlo. Ehi, ciao! Io sto bene, anche se questa estate mi sto un po' annoiando. Lo inviò, attendendo qualche secondo e constatando che, effettivamente, quella stagione stava passando fin troppo lentamente senza il suo adorato Nathan a girarle attorno.
Certo che mi va! Ci vediamo lì :x
E detto ciò, infilò telefono, pochi soldi e qualche altro bene di prima necessità nella borsetta, zampettando fuori casa ed afferrando la bicicletta per raggiungere la ruota panoramica.
Con quel mezzo non ci mise altro che dieci minuti, quindi la assicurò ad un portabici, controllando che fosse ben lucchettata, quindi andò a sedersi su una panchina sotto la ruota, incrociando le gambe ed aspettando il ragazzo, emozionata.Emma Lewis
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