Colleghi di lavoro? Naaaaaah!

Maya&Thomas

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    L'idea della serata era fare baldoria. Era stufo anche di piangersi addosso sul fatto che tutte le persone della sua famiglia che amava se ne erano andare sbattendosene degnamente di lui. Per quanto Thomas potesse sembrare una persona sempre allegra e positiva, delle volte viveva dei veri e propri loop di solitudine. Quando succedevano quelle cose, in genere, c'era sempre Nick con lui, ma adesso lui aveva preferito Evelyn e se ne era andato via, inoltre negli ultimi tempi non si parlavano più come prima. Ma non si doveva perdere d'animo. Lui aveva milioni di amici in giro e nessuno era disponibile non aveva nessun problema a farsene degli altri. Quindi alla fine si era smaterializzato in un punto indifenito dell'Inghilterra ed aveva deciso di volersi semplicemente divertire. Non importava con chi ne dove, voleva solamente spegere il cervello e smetterla di pensare a tutto quello. A prescindere da tutto e tutti, lui aveva sempre le persone giuste al suo fianco e quelle che c'erano sempre state, come Madison, e quelle che avevano dimostrato di volerci essere sempre, come Kether. Di cosa aveva bisogno ancora? Forse di un guaio grande quanto ed una casa. Perchè non andare ad infastidire l'unica ragazza che aveva colpito la sua attenzione? Poteva mai immaginare che era una rettilofona, manipolatrice ed opportunista? Assolutamente no, anche perchè Thomas aveva solo ed un unico difetto: non pensava mai che le persone potessero essere cattive, a prescindere da quello che facevano o dicevano. Si avvicinò alla ragazza e chiamò il barista. Un altro di questo alla signorina ed uno anche per me! Odirnò un altro drink di quelli che la ragazza stava bevendo e poi la guardò più intensamente. Eppure hai un viso conosciuto. Come se da qualche parte io davvero ti ho già vista! Era tipico di Thomas parlare con la chiunque come se si conoscessero da una vita. Era così che andava la sua vita, era sempre andata in quella maniera. Thomas! Allungò appena la mano per presentarsi. Il fatto era che non stava approcciando con lei, pensava davvero di averla già vista da qualche parte, senza contare che aveva un qualcosa di famigliare, ma era anche vero che lui aveva bevuto, ed anche se non era completamente ubriaco, sapeva che la via era esattamente quella.
    Thomas Richenford

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    La settimana lavorativa era stata alquanto pesante, con la scrivania che non faceva il tempo a mandare in archivio le pratiche lavorate che subito entravano altri faldoni, animati dalla magia, che si ammucchiavano in piccole torrette che le impedivano di vedere gli altri funzionari della sua stessa sezione. Aveva fatto più straordinari di quanti avesse mai pensato di essere disposta a fare, con anche delle collaborazioni con alcune squadre auror per l’utilizzo improprio della magia -nera- da parte di un gruppetto di pazzi scellerati che volevano rimettere in piedi quelli che erano stati i mangiamorte fedeli a Voldemort. Il padre, sfortunatamente, non era tra quelli, ma la strega aveva ipotizzato che, in qualche modo, ci fosse il suo zampino, con lui che tirava le fila dal suo studio nel cuore pulsante della Londra magica. Odiava i Babbani, odiava sua madre perché ne amava uno e quanto a lei… non aveva neanche idea della sua esistenza. Lo stress, il clima cui ancora faticava ad abituarsi nonostante si fosse trasferita sull’isola da ormai diverso tempo, avevano fatto comprendere come quella sera sarebbe stato meglio evitare di metter il naso in un altro caso rognoso ed uscire a godersi una serata libera, magari in compagnia di un drink ed una compagnia piacevole. Scelse volutamente di non andare in uno dei locali che era solita frequentare a Londra, preferendone un altro di Manchester cui non andava da diverso tempo. Un club come altri, ma uno in cui il peso di chi era, il suo essere magica ed il suo lavoro, non l’avrebbero seguita come invece sarebbe accaduto se fosse rimasta nella capitale. Una mera questione di possibilità e percentuali, nient’altro. E così, con il suo vestito verde malva che le arrivava a stento al ginocchio, lasciandole la schiena completamente nuda ed un paio di semplici décolleté nere ai piedi, giunse in terrazza, con i bassi della musica ad occultare il rumore dei suoi tacchi, superando corpi ammassati che ballavano sotto le stelle in una delle prime vere serate calde dell’anno. Camminò fino ad arrivare al bancone per prendersi un cocktail con grandi quantitativi di rum bianco, che finì in pochi sorsi mentre osservava gli altri muoversi al ritmo dell’ultimo successo babbano. Era pronta a scendere in pista per rimorchiare, quando qualcuno non la intercettò prima ancora che lasciasse il suo sgabello alto. Mise a fuoco un viso, decisamente già provato dall’alcol, che richiamò l’attenzione del barman per riordinarle il drink che aveva appena vuotato e per prendersene uno anche lui. Lo riconobbe, perché familiare, seppur il suo nome al momento le sfuggiva. Era un dannatissimo auror, anche se non si era occupato del caso rognoso di cui sopra, impegnato chissà dove, in una strana missione del ministero. Come se fosse stata l’unica. Ad ogni modo pensò che la sfiga fosse con lei, perché lì, su una terrazza di una discoteca di Manchester, aveva incontrato uno che lavorava sul suo stesso piano a Londra. Due erano le strade: fingere di non conoscerlo ed accettare il drink; rivelare chi fosse e prendersi il drink. Ad ogni modo l’alcol non sarebbe stato rifiutato, così come lui che ad una veloce occhiata le sembrò molto meno composto -il che era tutto dire- rispetto a quando lo incrociava nei corridoi londinesi. «Direi almeno tre volte a settimana in ascensore, più ogni volta che entrate nel mio ufficio», il plurale era maiestatis, non di certo perché volesse dargli del lei. «Sono Wade, Maya Wade», disse sollevando il bicchiere nella sua direzione, chinandosi verso di lui per ridurre la distanza e superare la barriera della musica, mantenendo una voce non udibile ad eventuali curiosi. «Ufficio dell’Applicazione della Legge sulla Magia», il che era più difficile di un qualsiasi altro scioglilingua se ubriaca. Ma non era quello il suo caso. Non ancora. «Come mai conosci il mio posto?»
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    Se la ragazza non aveva nessuna intenzione di incontrare un auror su quella terrazza, aveva incontrato proprio l'unico auror che era andato il più lontano possible, in un posto a lui totalmente sconosciuto per non incontrare nessuno che conoscesse. Il destino era infame e quella era una cosa oramai risaputa per entrambi anche se in maniere totalmente differenti. Non era completamente andato, e forse era anche peggio, in quanto era lucido abbastanza da capire chi aveva davanti, ma non abbastanza da evitare di fare figuraccie di ogni genere e tipo. Quella sera era li per stare bene, per cercare di andare avanti, di incontrare persone nuove e soprattutto di evitare di pensare al suo lavoro. Perchè, forse, per lui la perdita e la mancanza più grande era proprio quella del suo dirimpettaio: Alexander Olwen. Lui che aveva avuto la grazia di stare in una scrivania super piccola, piena di carte, ma nella stanza del suo idolo. Lui che seppur un auror bello e finito continuava ad accettare le sottomansioni che Olwen gli rifilava perchè a lui non andava di fare rapporti o cose scritte. Era un sottone? Si, lo era ma solamente di Alexander Olwen, e lui adesso non c'era. Arrivare in quel posto era stata una mera e pura casualità. Lui voleva solamente bere, divertirsi e se ci fosse riuscito, passare una bella serata tra le braccia di una bella donna. Era avvezzo a quelle serate quando non doveva lavorare il giorno dopo, ma ultimamente, anche lui come la collega che aveva di fronte, aveva fatto talmente tanti straordinari che non si ricordava neanche quale fosse stata l'ultima volta che si era davvero divertito. La guardò come se in quel momento la nebbia che aveva nella mente per riconoscerla si stava diradando e la cosa più assurda era che anche i suoi occhi si stavano allargando piano piano mentre le sue labbra carnose e rosastre prendevano una forma più decisa, la sua pelle chiara cominciava a ricordargli seriamente qualcosa ed anche il suo profumo. Si alzò dallo sgabello e scosse il capo quasi ad essere deluso da quell'incontro. Non ci voglio credere. Non era per offenderla, capiamoci, Thomas non offendeva nessuno e soprattutto non ne era per niente in grado. Wade! Per tutte le volte che ti ho vista nel tuo ufficio, non mi sei mai sembrata così bella come stasera! Non capisco se qui dentro il livello è standard oppure se in ufficio non hai questa... La indicò appena riflettendo la sua schiena completamente nuda e quel vestito malva che le donava un sacco. Comunque con quelle parole stava dimostrando il suo livello di poco controllo nel suo dire qualsiasi cosa. Ma in fondo non sarebbe stato difficile capirlo, anche solo dalla sua espressione. Ufficio dell'applicazione sulla magia della legge. Forse il contrario! Ma che importa. Possiamo parlare di tutto tranne che dell'ufficio. Insomma ho fatto di tutto pur di andare in un posto dove non conoscevo nessuno e puf! Arrivo proprio nel tuo posto! Disse poi risedendosi sullo sgabello quasi del tutto rassegnato a quella situazione. Insomma incredibile come il destino era assolutamente imprevedibile ed infame. Che poi, è il tuo posto per qualche ragione?Hai bei gusti, comunque! Aggiunse poi guardandosi intorno. La terrazza era veramente, ma veramente bellissima e stare li era rilassante, anche perchè il clima era mite, tendente comunque al caldo. La sua camicia di lino era ripiegata sulle maniche e di un colore rosso fragola, dei pantaloni eleganti grigi lo fasciavano perfettamente ed i suoi capelli erano scompgiati il quanto bastava per far si che la ragazza sapesse che aveva già fatto un giro di baci all'interno della pista. Senti. Che dici se stasera non siamo funzionari del ministero della magia, ma solamente Maya e Thomas? Proposte indecenti insomma! Si vedeva che ci stava pensando da un pò a quello che dire, ma in fondo era l'unica vera intenzione che aveva.
    Thomas Richenford

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    L’auror che aveva davanti a lei, di cui sfuggiva ancora il nome, era un libro aperto. Sperava fosse causa dell’alcol che si trovava a circolare nel corpo e che, in caso di cattura, riuscisse ad essere molto più resistente alle torture per fargli vuotare il sacco. Fatto era che nei suoi tratti fu evidente il cambiamento delle emozioni, dal momento di confusione ed incertezza per giungere a quello della comprensione. Si irrigidì alla nota di incredulità che permeava le sue parole, così come un piccolo fastidio si espanse quando l’altro affermò di non averla mai trovata così bella come stasera. Dannazione! Lei era bella sempre! In ufficio era sempre elegante e sensuale, con l’utilizzo di abiti dalla stoffa pregiata e dal taglio impeccabile. «Non trovi sia alquanto sconveniente presentarsi con una schiena nuda al proprio posto di lavoro?» Fece schioccare la lingua contro il palato, un po’ in disappunto. «Si chiama pubblico decoro», continuò, il polpastrello a percorrere il bordo del bicchiere mentre i suoi grandi occhi non vennero spostati dal viso dell’auror. Auror che sembrava esser fuori asse più di quanto pensava poiché era perfettamente sicura di come si appellasse il dipartimento in cui lavorava. «L’idea per questa sera era proprio questa: non pensare al lavoro», l’indice si allungò verso il suo petto senza però sfiorarlo. «Ed invece mi sono ritrovata un auror», l’incredulità lasciata trasparire priva di censure. «Ovvio che io abbia buoni gusti», in fatto di vestiti, di divertimento, di uomini e di donne. «L’ho scoperto per caso qualche mese fa. Avevo voglia di passare una serata diversa e girando un po’ sui social avevo visto che era quello più ricco di tag», tralasciò che non era la terrazza ad essere immortalata ma bensì il piano di sotto che veniva aperto solo nei mesi più freddi. Gelosa e territoriale delle proprie cose? Sì, assolutamente sì. Bevve ancora un po’ del suo drink, lasciando che rinfrescasse la sua gola provata dal mantenere un tono alto per superare il volume alto della musica che accompagnava la danza. Poi la proposta, una che sapeva che avrebbe accettato senza grandi difficoltà poiché le avrebbe permesso di mantenere fede ai propositi che l’avevano condotta sino a lì. Senza dimenticare che il ragazzo davanti a lei fu salvifico nel dire egli stesso il suo nome senza doverlo chiedere. «Allora, direi di iniziare la serata come si deve», lo sguardo a vagare tra i presenti fino ad incontrare il corpo sinuoso di una ragazza che ballava con le sue amiche. «Vediamo come te la cavi». Una sfida che sapeva sarebbe stata colta in brevissimo tempo.

    Maya Wade

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    La serata stava sicuramente prendendo una piega che Thomas non sapeva neanche potesse esistere. Thomas Richenford che non voleva parlare di lavoro? Una cosa strana già di per se, ma ancora peggio era quando incontrava qualcuno che non solo sapeva esattamente che mestiere facesse ma che lo aveva visto già più e più volte in ufficio. Già in maniera del tutto generale Thomas Richenford non aveva veramente peli sulla lingua, ma poi c'erano delle volte, come in quel caso, che non riusciva proprio a filtrare niente di quello che pensava. Ed infatti quando la ragazza gli rispose in quel modo per il complimento che lui le aveva fatto poco prima - si Thomas, non sembrava poi così tanto un complimento! - Thomas le sorrise quasi per scusarsi del suo essere stato così impulsivo e si schiarì la voce prima di impettirsi e sorriderle. Infatti, sei sempre opportuna quando sei a lavoro. E non volevo neanche lasciar trasparire il fatto che con la schiena nuda sei più bella solamente perchè meno vestita. Appunto, senza alcun freno. Volevo solo che risaltasse il fatto che qui dentro, tra tante ragazze bellissime, credo che tu sia la più bella, perchè sei quella che risalta di più. Non la voleva adulare era esattamente quello che pensava ed infatti si era avvicinato a lei presentandosi direttamente senza neanche poter prima capire che in realtà Wade già la conosceva. Sperava di essere stato più chiaro ma temeva solamente che si stesse incartando ancora di più. Per quanto allievo di Olwen non era così criptico, Thomas era una persona fin troppo cristallina e quando capitavano quei momenti tendeva a divenire anche molto leggero. Quando lo appellò come "auror" Thomas mise un dito avanti come per dirle che no, si stava sbagliando. No no, aspetta. Thomas. Non Auror Thomas. Tom se ti fa pensare meno ad una persona seria, che non trasgredisce mai ed abbastanza sottona da fare tutti i rapporti del suo capo anche adesso che non c'è! Aggiunse poi ridendoci su, anche se quella era veramente una triste realtà. Ma l'alcool stava giocando la sua buona parte ed andava bene in quella maniera. Ascoltò perchè quello era il suo posto e ridacchiò per quella sua risposta. Che ragazza ricercata, e soprattutto modesta!Pensò anche riferendosi alla sua affermazione precedente. Ma la parte davvero interessante stava per arrivare. Lei aveva bevuto per rifrescarsi un pò la gola, e lui lo stava facendo solamente perchè cominciava a sentire l'arsura che lo stesso alcool ti lasciava. Quando la collega si alzò e la vide vagare con lo sguardo, Thomas non si rese conto immediatamente di quello che stava succedendo, ma quando lei gli lanciò quel guanto di sfida, fu come un fulmine a ciel sereno e la cosa non fece altro che eccitarlo sia nel senso sessuale della questione che in quello adrenalinico. Spettacolare! Disse poi accogliendo la sua sfida e dirigendosi ad una delle amiche del gruppo. Adesso, Thomas aveva dalla sua sicuramente che fosse un bel ragazzo, avesse un sorriso coinvolgente e dei mdoi fin troppo cavallereschi. Cominciò a ballare con la ragazza, ma il suo sguardo era sempre puntato su Maya. Lui era andato da lei, di conseguenza aveva già deciso chi voleva quella sera. La sua mano venne portata sulla schiena della ragazza qualora questa glielo avesse permesso. Le avrebbe sussurrato qualcosa di carino all'orecchio, sentendola ridere. Doveva ammettere che aveva una risata graziosa. Ma no, non era lei la fortunata quella sera.
    Thomas Richenford

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    Sebbene mister Richenford stesse cercando di non adularla, con tutte quelle parole, era quello che in realtà stava facendo. Era perfettamente consapevole del suo corpo, dei suoi punti di forza e debolezza della sua corazza e sapeva come metterli in risalto o nasconderli. Seno praticamente piatto o da coppa di champagne? Nessun problema, via a scollature profonde quasi ombelicali, che su di lei non sarebbero mai risultate volgari ma eleganti. Dicevano di lei che poteva indossare persino un sacco della spazzatura e renderlo un capo chic. Qualità innate, un patrimonio genetico che aveva ereditato dal padre biologico insieme al serpentese. Caspita, che fortuna!
    In quel locale però non c'era Madaline Yaxley, frutto di uno stupro di uno degli uomini più importanti e sinistri del Regno Unito, bensì Maya Wade, aitante ministeriale dall'aspetto angelico ed innocente. Un'illusione.
    Ma cosa poteva saperne il giovane auror di giochi di parole? Soprattutto quando sembrava più interessato ad infilarsi nelle sue mutandine che per altro. Non che non le andasse bene, anzi, era uscita proprio per una serata di svago priva di conseguenze. Ed il bel faccino del mago rientrava comunque nei suoi gusti, sebbene non fosse il suo prototipo. Niente struttura ampia, altezza improponibile, barba finta incolta e mani rudi. Ma andava bene comunque. «Thomas», accarezzò il suo nome con fare mellifluo, rigirandoselo sulla punta della lingua che andò ad umettare le labbra. «Vedi Thomas, Tom, non è modestia la mia, bensì pura e semplice verità». Si era avvicinata a lui, invadendone lo spazio, gli artigli sull'avambraccio: tutto urlava sensualità.
    Così come la sfida che gli lanciò: sedurre una ragazza. Lo osservò, con il drink a farle compagnia, studiandone come il suo corpo si avvicinasse a quello della ragazza, il tempo studiato per calare sul suo orecchio nel rivelare chissà quale frase ad effetto. Se lo gustò, divertita, e seppe di averlo in pugno.
    Vuotò il bicchiere, con un tintinnio lo abbandonò al bancone, mettendosi in piedi e camminando con grandi falcate simili a quelle di una gazzella la distanza che li divideva. Ma non puntò l'auror. Una mano riuscì ad afferrare quella della ragazza, tirandola verso di lei e al contempo scostarle i capelli con la mano libera per avere presa sul suo viso mentre la baciava. Lingua, labbra e denti. Tutto mentre guardava negli occhi Thomas, come a volergli dire: «uno a zero per me». Lui però non sapeva che lei avesse giocato sporco: non andava a baciare chiunque, soprattutto non in quel modo e non una donna. La conosceva, si era appartata con lei in una delle cabine del bagno delle donne, bruciando di piacere per quel sesso sporco, frenetico e alticcio che poteva offrirle.
    Così come iniziò, il bacio finì. Non ci sarebbe stato un secondo round con lei, non quella sera. Un «grazie» a fior di labbra, un contatto che si spezzò solo per crearne uno nuovo, questa volta con il mago. Ribolliva, ribolliva nel sentire le loro dita intrecciate, mentre la lussuria quasi l'accecava. «La prossima mossa a te, auror». Sapeva che quell'appellativo l'avrebbe fatto infuriare. Era proprio quello che voleva.

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    Thomas Richenford
    Auror | 22 anni
    Cominciava quasi a pensare che ultimamente tutto a lui accadesse per una ragione. Quella sera aveva semplicemente deciso di andare in giro per fatti suoi e divertirsi. Non aveva neanche avuto il sentore che una sua collega fosse li, e che collega! Maya Wade, era sempre stata la punta di diamante del ministero, perchè nessuno poteva, in qualche modo, davvero avvicinarla, o comunque possederla. Maya era una ragazza misteriosa ed allo stesso tempo limpida, ovviamente per quello che lei voleva. Ma aveva uno sguardo di chi la sapeva lunga, di chi aveva vissuto un bel pò di cose orribili e riuscite a superare tutte quante, e senza neanche il ben che minimo sforzo. Era qualcosa che non si sapeva spiegare, ma quella sera non aveva moltissima intenzione di essere li succube di quei pensieri. Stavano li, stavano ridendo, scherzando, si stavano sfidando e quella sera aveva tutta l'aria di poter finire nel modo che Thomas preferiva di più: senza vestiti, ed in orizzontale. In realtà anche in verticale andava benissimo! Sogghignò quando disse che non era falsa modestia ma verità, ma lasciò cadere tranquillamente il discorso prima di accogliere la sfida della ragazza e cominciarci a provare con una diversa. Quello che accadde dopo fu qualcosa che lo eccitò di gran lunga non lasciando ai suoi pantaloni modo di poter nascondere davvero quello che stava succedendo. La Wade era andata li, aveva girato la ragazza e gli aveva ficcato la lingua in bocca. Thomas non fece altro che farle un finto applauso. Ci sapeva fare la ragazza e quello si vedeva ed era anche abbastanza scontato. In fondo era così bella, così elegante, e soprattutto sensuale, che non stentava a credere che qualsiasi persona si sarebbe resa disponibile ad un bacio improvvisato e comunque anche se avesse saputo la verità, allora non avrebbe di certo stimato di meno la donna. Una volta che la ragazza fu rimasta completamente estasiata da quel bacio, e Thomas non aveva fatto altro che rimanere con lo sguardo fisso su di lei per tutta quella limonata, Si avvicinò alla castana e le posò entrambe le mani sui suoi fianchi sinuosi. Non chiamarmi auror. Non stasera. Aggiunse poi seriamente con aria e espressione di rimprovero. Poi comunque sogghignò appena e decise semplicemente di utilizzare la sua stessa tattica di seduzione, si avvicinò alle sue labbra e le infilò la lingua in bocca, sostenendo il so sguardo e volendo un limone altrettanto duro rispetto a quello che aveva donato alla ragazza. In fondo se lo meritava, no?

    RevelioGDR
     
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6 replies since 28/5/2022, 22:55   136 views
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