Magia Verde & Alchimia - Esami MAGO 2020/2021

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    Esami M.A.G.O
    Alchimia - Magia Verde
    Ogni studente che avesse superato la prova di Magitecnica e Rune avrebbe trovato sul suo cammino una grande porta di legno incastonata fra i rovi del labirinto; oltre quell'opera decorata, le sue conoscenze alchemiche e biologiche sarebbero state testate.
    Ad ogni nuovo arrivo, con un cigolio capace di scuotere le ossa, le ante si sarebbero mosse per poi svelare allo studente di turno un corridoio aperto sul verde. Questo passaggio era lungo, circolare e sormontato da una struttura in legno che isolava la via dal centro della stanza; un prato fiorito ampio all'incirca quanto un campo da pallavolo.
    Il corridoio circondava il suddetto prato, ma, grazie alla particolare forma della struttura lignea, era possibile osservare i numerosi fiori viola, dalla corolla semiaperta, che affollavano quel luogo.
    Infatti, sebbene il soffitto della stanza non era altro che l'impenetrabile nebbia del labirinto, la stanza era illuminata da numerose lanterne di vetro fluttuanti e dalla forma caricaturale del professore di Alchimia e della professoressa di Magia Verde; queste, galleggiavano sia fuori che dentro il passaggio cinto dal traliccio in legno e la loro luce tremula era di un caldo arancione estivo.
    -Benvenuto piccolo essere-
    La voce sembrava un eco proveniente dal centro della terra
    -Ti trovi alla fine di un ciclo e all'inizio di un altro. Tutta l'esistenza è un eterno susseguirsi e intrecciarsi di cicli; un eterno ritorno a un inizio e a una fine. Tu sei qui per comprendere e affrontare il significato della mia forma.-
    Alcuni studenti risposero con confusione a queste affermazioni, altri con determinazione, ma molti cercarono di capire da dove provenisse quella voce e in breve si accorsero tutti di essere dentro un enorme Uroboro di legno. Loro erano nel vertice della coda appuntita, fra le fauci spalancati di un enorme rettile ligneo.
    -Raggiungi l'altra mia fine; così ci sarà per te un nuovo inizio-
    Se qualcuno avesse provato a sfondare la parete di legno che li divideva dal punto d'arrivo, avrebbe visto qualsiasi incantesimo spegnersi e ogni azione non magica essere respinta.
    -Puoi solo andare avanti e non indietro. Inoltre dalla tua parte vi saranno unicamente le arti Trasfigurative e quelle proprie della Magia Verde; nessun altro incanto sarà permesso. La natura e la trasformazione di essa possono essere sfidate solo da loro stesse. Inoltre ricorda! La fine è un avversario difficile, ma si deve andare avanti. Affronta l'epilogo del passato con la determinazione necessaria per il principio di un nuovo futuro-
    L'Uroboro, fin dall'inizio, non avrebbe risposto a nessuna delle domande che gli fossero state fatte e, pronunciata l' ultima frase, la sua voce cadde nel silenzio, mentre altre s'innalzarono nella sera; degli ululati.
    4 grandi lupi grigi erano emersi dall'acciottolato in diversi punti del percorso, ma forse questo era il pericolo meno temibile.
    All'improvviso il profumo dei fiori al centro della stanza fu libero di agire e quando questo venne inalato dagli studenti una moltitudine di voci e urla affollarono la loro mente. A sprazzi comparivano anche visioni di morti atroci e chi prima e chi dopo, ogni studente si rese conto di rivivere nella sua testa gli ultimi momenti di decine e decine di individui diversi.
    Qualcuno tentò di far tacere le voci sferrando magie contro i fiori, ma la struttura lignea isolava e proteggeva il prato al centro dell'uroboro.
    L'unico modo per far finire tutto era raggiungere la fine del percorso e per farlo era necessario affrontare i lupi. Questi se ne stavano buoni, ma appena qualche studente si avvicinava, snudavano le zanne. Erano aggressivi con gli alunni, ma fra di loro sembravano mansueti e calmi; anche quando un piccolo scoiattolo del labirinto passò loro vicino, questi lo lasciarono in pace, senza dimostrare alcun segno di ostilità.
    Nel frattempo, le lanterne caricaturali di Samuel Black e Kàra Onfroy continuavano a galleggiare nell'aria con un sorriso disegnato sul volto. Quasi come se nulla di pericoloso fosse in corso.
    "Parlato" - 'Pensato' - "Ascoltato1" Scheda | Stat.
    by Lance


    Benvenuti piccoli cuccioli di M.A.G.O. questa non è affatto una battuta sul fatto che per molti sarà il primo esame magico qui al Revelio... assolutamente no!
    Aehm! Dicevo... Benvenuti alla prova di Alchimia e Magia Verde!

    Il vostro obbiettivo sarà arrivare alla fine del passaggio(l'uroboro) usando incanti o azioni unicamente legate all'Alchimia oppure a Magia Verde.
    Dovrete, inoltre, resistere all'influsso di quella strana erba (magari capire che cosa sia potrebbe aiutarvi) e superare i 4 grandi lupi che custodiscono la via. Per farlo dovrete essere determinati e usare qualsiasi cosa vi venga in mente.

    Reminder:
    -Non ci sono limiti di azioni. Usate tutte quelle che riterrete necessarie
    -Classi d'incanti diversi da incanti trasfigurativi, animali o erboristici non avranno effetto
    -Le pareti dell'uroboro-passaggio sono inscalfibili e non oltrepassabili
    -Siete liberi di descrivere i dettagli dei lupi e delle visioni e voci che avrete
    -Più tempo ci si mette più le visioni e le voci si faranno forti e dolorose
    -Stupiteci e il vostro voto sarà sicuramente elevato
    -Sfruttate lo scenario da noi descritto!
    -Ricordatevi che siete alla fine del secondo anno e che potete usare solo incantesimi del primo e del secondo anno, oltre che a quelli imparati a lezione.
    -Usate la mappa per orientarvi!

    Materiale utile:
    Erbario
    Regolamento Animali
    Manuale Alchimia

    Per qualsiasi dubbio o domanda, non esitate a contattare me o la professoressa Kàra Onfroy, vi risponderemo nel limite del possibile; alla fine è pur sempre un esame <3


    Mappa:



    Edited by SamuelBlack - 27/7/2021, 17:32
     
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    "Parlato" - 'Pensato' - "Ascoltato"

    Che vita grama quella dello studente.
    Insomma, non solo dovevano essere sempre sotto test, ma anche farne uno mega gigante per passare al triennio. Era una disperazione cosmica, soprattutto per una come Gyll che non amava nemmeno lontanamente studiare.
    Era alla prova di Alchimia e Verde, quando sbuffò nuovamente sperando che tutto questo finisse quanto prima possibile e potesse tornare tra le braccia del suo Aidan a farsi coccolare e rimpilzare di dolci. La porta di legno si aprì con un cigolio che la fece rabbrividire. Ma non bastava essere nel labirinto, anche con questi cigolii? Uff... Dai, ne mancava ancora una dopo quella ed era finita, se fosse sopravvissuta, ovviamente.
    Una volta entrata, notò quel corridoio aperto sul verde, con una struttura di legno che isolava la via dal centro della stanza. Per fortuna non era un tipo allergico alle piante o sarebbe già morta in mezzo a quel prato fiorito. Le caricature dei docenti erano inquietanti quasi più delle loro vere facce, ma su questo Gyll cercò di desistere quanto poteva. Ma sulla voce, dannazione, quanto era spaventosa. Il parlare era già troppo difficle per i suoi gusti, sbuffò di nuovo, non amava per niente gli indovinelli, ma voleva capire da dove quella voce proveniva. Si voltò a destra e sinistra e quello che sembrava paralre era un uroboro di legno.
    Quindi doveva raggiungere la fine di quel cerchio? Insomma, cosa doveva fare? Lei voleva solo superare quell'esame e correre via, in vacanza, libera come una farfallina stupenda.
    Il principio di un nuovo futuro vedeva davanti a lei altri tre anni di studio, insomma non era proprio prospero per i suoi gusti, anche se doveva ammettere che era decisamene cresciuta in quell'anno accademico e aveva toccato delle vette importanti (ciao Aidan, ciao Gerald). Quando l'uroboro smise di parlare cadde il silenzio che subito si riempì di ululati poco invitanti. Ma quello fu il solo problema che non preoccupò la ragazzina. I fiori che prima aveva visto, stavano facendo la loro parte e avevano iniziato ad affollare la mente con urla e voci. Doveva raggiungere quanto prima la fine di quel cerchio, per mettere fine a quelle urla e quelle visioni di morte che stava avendo.
    Avanzò, inforcando il primo passo e subito vide il primo gruppo di lupi in lontananza. Appena anch'essi si accorsero di lei, eccoli sfociare il migliore dei loro ringhi e «Ok, sono morta.» - disse arrendevole la piccola, mentre stringeva le dita attorno alla bacchetta. Era chiaro che non si sarebbe arresa alla penultima prova e, anzi, avrebbe cercato di vincere quella paura che aveva. Se non avesse iniziato, non avrebbe mai raggiunto la fine, quindi mandò giù la paura ed eccola a muovere quella bacchetta in aria formando un cerchio in senso orario «Flos Polleo.» - mormorò la formula dell'incanto impollinante e l'intento era quello di rendere difficile la vista al lupo. Sembrò che ci fosse finito proprio in mezzo a quella pioggia di petali e pollini. Ora poteva approfittarne e cercò di superarlo ma dopo qualche metro di corsa eccone un secondo di lupo. Cosa poteva fare? Cercò di ricordarsi cosa aveva imparato in quegli anni e con un doppio movimento verticale dall'alto verso il basso e un lieve affondo «Feramuto!» - tentò di trasfigurare uno dei due lupi in una sedia. Ma questo divenne difficile, vista l'ostilità dell'animale che sembrava, invece essersi arrabbiato di più. «Pensa Gyll, pensa...» - quindi cercò di nuovo di trovare una soluzione rapida «IMPOSIUM!» - gridò quasi spaventata. Il lupo sembrò fermarsi all'istante e pigolare appena, tornando docile come non lo era stato finora. Ne mancavano ancora, però. Tra di loro sembravano veramente docili, quei cagnetti, e fu allora che Gyll ebbe un'idea che sperava sarebbe andata per il meglio, puntò con gli occhi uno di loro e disegnò una O «OPPUGNO.» - quindi cercò di rivoltare contro il lupo successivo, quello che aveva appena colpito con il suo incantesimo e se ci fosse riuscita avrebbe fatto due piccioni con una sola fava.
    Se ci fosse riuscita, avrebbe corso velocemente verso la quarta bestiola, soprassata da uno scoiattolo che sembrava non aver toccato minimamente l'attenzione dei canidi. «Ah.» - non ebbe il tempo di pensare che subito si ritrovò a sobbalzare dalla paura per il nuovo branco quini puntò uno di loro e cercò di trasfigurarlo in una mela «Malum!» - provò a concentrarsi ma quelle voci rendevano la cosa difficile, tanto che non riuscì nell'incanto. «Santo Merlino!» - voleva che finissero il più presto possibile. Si portò le mani alle orecchie per tentare di farle sparire, ma niente. Quindi chiuse gli occhi e tentò di ritrovare la concentrazione e ancora una volta «MALUM!» - questa volta sembrò funzionare, quindi riprese coraggio. Quest'ultimo lupo sembrò diventare una gustosa mela e Gyll tirò un respiro di sollievo. Forse se questo non fosse accaduto, non avrebbe avuto ulteriori idee da utilizzare. Corse ancora, sperando che a breve finisse quella storia di quelle voci e quando finalmente vide la fine di quella corsa, imboccò la strada per uscire dall'uroboro.
    Gyll McKenzy

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    Non puoi attraversare la vita, cercando di non farti male.
    "
    Black Opal, II anno

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    Adamas Vesper
    Studente, Capitano Ametrin | 18 anni

    ‘Speriamo finisca presto… è un’Odissea, questo esame…’
    Le prove precedenti avevano lasciato un Adamas stressato e stremato, che ancora doveva affrontare il suo spauracchio: la prova di Difesa Contro le Arti Oscure. Fortunatamente, mettendo piede nella nuova stanza del labirinto, non lo accolse il ringhio di qualche creatura oscura, ma…
    Verde.
    Quella struttura di legno era fuori luogo, per un esame: era fin troppo elegante, e richiamava più il giardino di qualche ricco signorotto inglese che le prove dei M.A.G.O. Da quando era iniziata la sessione, per quanto avesse tentato di concentrarsi, aveva in mente solo un pensiero: ‘Fa’ che finisca presto, che voglio godermi le vacanze con Jesse.’
    Ma, per godere davvero di quei preziosi giorni, doveva impegnarsi e superare l’esame al meglio.
    Cautamente, procedette un poco, tenendo gli occhi sul prato e cercando di non farsi incantare dalla pace subdola e dai fiori bellissimi; aveva imparato a sue spese che, per dirla con le parole di un poeta italiano, “Con dorato e luminoso crine minaccia empia cometa alte ruine”.
    ‘Quindi, non ti fidare di qualcosa solo perché è bello.’
    Fu allora che udì la voce: sussultò, come sua abitudine, ma non retrocedette. Mancava ancora poco per le sue meritate vacanze, e nulla avrebbe potuto frenarlo.
    Neanche l’Uroboro che pareva averli inghiottiti.
    ‘Beh, è ovvio che non ci permettano di barare, durante la prova… ma, che!’
    Ok, forse i lupi avrebbero potuto ritardare la sua partenza. O velocizzare la sua dipartita.
    ‘Calma… per ora sembrano quasi pacifici, ma se mi avvicino sicuramente mi daranno filo da torcere… potrei tramutarmi in un animale, non sembrano particolarmente aggressivi con… ma che è?’
    Il profumo floreale aumentò, iniziando a dare alla testa al povero Adamas.
    Vide un giovane vestito con un’armatura in stile classico venire dapprima trafitto da una lancia; avrebbe voluto correre a soccorrerlo, poiché l’aveva scambiato per Jesse, ma mentre quello cercava di ripararsi vide il colpo fatale venirgli inflitto al basso ventre.
    Riuscì a leggere le sue labbra, mentre la visione svaniva: sembrava aver detto qualcosa simile a “Perdonami, Achille”.
    ‘Ok, devo uscire di qui al più presto…’
    Iniziò a correre verso il primo lupo, un grosso esemplare dal pelo grigio, andando contro ogni istinto di sopravvivenza. Tuttavia, cos’altro avrebbe potuto fare? Era memore del fatto che retrocedere fosse impossibile, e l’Uroboro voleva che affrontassero quelle belve.
    “Herbivicus!”: puntò la bacchetta verso l’erba attorno alle zampe dell’animale, che iniziò a crescere velocemente. I suoi riflessi, nonostante la prima visione di morte, erano ancora buoni: raggiunta la lunghezza desiderata, esclamò “Herbae Muto” per trasformare l’erba in una rete che avrebbe intrappolato il primo lupo. Non si voltò, ma procedette spedito verso il secondo, per poi…
    Iniziò a sentire il crepitio di un grosso falò, mentre una sensazione come di soffocamento gli mozzò un attimo il respiro. Una voce di donna urlava parole sconnesse, in una lingua che sembrava un francese un po’ antiquato. Quando riaprì gli occhi, si rese conto di essere troppo vicino alla seconda belva.
    “Cazzo - Circularis!”: sarebbe riuscito nel suo intento di allontanarla? Ovviamente il lupo non se ne sarebbe stato tranquillo - ecco che si preparava a saltare alla sua giugulare…
    “Converto!”: tentò di tramutare la porzione su cui poggiava l’animale in cemento, in modo tale da intrappolarlo, ma il salto riuscì lo stesso. Per tre quarti, almeno: la zampa posteriore destra era stata catturata dal cemento evocato, riuscendo a destabilizzare l’attacco del lupo. Adamas non si perse in convenevoli, e scappò il più lontano possibile mentre la bestia arrancava: sperò che perdesse interesse verso di lui, mentre tentava di ignorare le urla e le visioni che si facevano sempre più macabre e reali.
    ‘No, devo uscire di qui…’
    “Non potevate scegliere qualcosa di più coccoloso? Che so io, dei gattini, magari - Skyler vi avrebbe sicuramente aiutato” urlò, rivolto ad una delle lanterne caricaturali dei prof, ignaro che Skyler avrebbe probabilmente fatto revitalizzare per l’occasione delle tigri dai denti a sciabola.
    “Paperante”: il terzo lupo non si trasformò completamente in una paperella di gomma, ma almeno le sue fauci divennero un becco di papera. In quel modo, fu più facile per Adamas fare uno sprint in avanti e schivarle, se non altro perché la paura era meno.
    ‘Ci siamo quasi… dai-ih…’
    Stava quasi per raggiungere la porta, quando un’ultima visione chiara si fece strada nella sua testa: il silenzio era quasi surreale, ma aveva con sé un fischio che assomigliava immensamente a quello che nei film di guerra segue ad una bomba esplosa troppo vicino. Si guardò le gambe, ma non vide nulla…
    ‘No, no, no… è solo un’allucinazione… ho ancora le gambe. Devo uscire di qui, in fretta!’
    Fece uno scattò in avanti, schivando per un soffio il lupo: tuttavia, si rese conto che lo avrebbe raggiunto facilmente.
    ‘Cazzo, no - devo uscire, devo uscire - la porta è lì…’
    “Glisseo!”: rese scivolosa la superficie della pavimentazione, rischiando di cadere ma recuperando giusto in tempo l’equilibrio grazie ai riflessi del Quidditch. Avrebbe corso a perdifiato verso la porta, al fine di concludere la prova, mentre le parole di un’ultima visione riecheggiavano nella sua mente.
    “Non mi sento così bene… non voglio andare…”
    "Parlato"- 'Pensato' - "Ascoltato" | Scheda PG Stat.
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    Mia Freeman
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    parlato - pensato- ascoltato
    Se aveva cominciato la prova con un’agitazione profonda in corpo, e dopo la prima la situazione non era migliorata, si sentiva quasi rigenerata dalla prova di Antiche Rune e Magitecnica, tanto che ora tutto le sembrava aver assunto un aspetto meno terrificante. Certo, era abbastanza sicura che vedere come terza prova Alchimia e Magia Verde giocasse a suo favore: una parte di lei temeva con tutta sé stessa quella che sarebbe stata l’ultima prova, per la presenza di DCAO e perché si trattava di tre materie in una, ma si impose di non pensarci troppo. Anche perché, dopo aver spinto con più coraggio del previsto la pesante porta di legno, in parte coperta di rovi, la stanza che le si aprì di fronte le rese difficile pensare ad altro.
    Non avrebbe mai pensato di poterlo dire durante una prova d’esame ma quell’ambiente era meraviglioso, c’era qualcosa di mozzafiato in quell’atmosfera: non sapeva se fosse l’influenza di tutte quelle piante, l’odore leggero di legno della struttura –che forse si stava immaginando lei- o la luce soffusa e particolare delle lanterne, che impiegò qualche istante per riconoscere come proiezioni dei suoi docenti. Sussultò leggermente alla voce che la accolse nella stanza, cercando di concentrarsi sulle istruzioni e non lasciarsi distrarre troppo dai fiori che popolavano il centro della stanza, che persero però ogni fascino non appena si rese conto di quale fosse la forma della struttura su cui avrebbe dovuto muoversi. Il suo cuore fece un piccolo salto nel petto quando riconobbe l’Oroboro, una figura leggendaria che aveva sempre trovata affascinante tanto quanto misteriosa e spaventosa, per certi aspetti. L’idea della vita come un ciclo, di un continuo ripresentarsi di morte e vita, felicità e tristezza, era da un lato confortante ma dall’altro preoccupante, soprattutto se si pensava che dopo ogni momento buio tornava la luce ma anche viceversa. Aveva sempre temuto, in parte, quella ciclicità e forse anche per quello alle volte faticava a lasciarsi andare o ad affezionarsi troppo.
    “Quindi…Solo trasfigurazioni e magie verdi.” borbottò più verso sé stessa che verso qualcun altro, anche perché non avrebbe comunque ricevuto risposta. Prese un profondo respiro, preparandosi a cominciare il percorso, quando i lupi fecero la loro comparsa e prima ancora che potesse pensare al da farsi venne avvolta da un profumo quasi soffocante. Sbattè un paio di volte le palpebre, confusa, cominciando a sentire le prime voci, inizialmente basse e confusionarie e poi sempre più acute e forti. Provò a portarsi le mani alle orecchie e avrebbe anche provato a rivolgere su sé stessa un “Bullacapite” con la speranza di filtrare l’aria, anche se non era troppo sicura di aver compreso di che diavolo si trattasse. Cercò di fare appello a tutte le sue conoscenze e si perse a osservare qualche istante di troppo i fiori, permettendo all’aria di farsi ancora meno respirabile ma con qualche fortuna magari riuscendo a intuire di che cosa potesse trattarsi: in quel momento focalizzarsi era difficile, ma era possibile che fossero Belle di Notte? Non ricordava altri fiori in grado di causare visioni di quel tipo. Ad ogni modo, per quanto avrebbe voluto fuggire da quelle voci e da quel dolore, alla fine si convinse a muovere i primi passi, trovandosi comunque i ringhi dei lupi aggiungersi a quelle voci. Era difficile ragionare in quel modo, la sua mente le sembrava piena di pensieri, parole e sensazioni che non le appartenevano e in un momento di panico avrebbe anche provato a lanciare un “Herbae Muto” verso i fiori, che sarebbe stato respinto prima di farle anche solo pensare a cosa sarebbero dovuti diventare.
    Nel suo tentativo di mettere un freno a quel caos si voltò appena in tempo per vedere lo scoiattolo passare inosservato tra i lupi, senza destare particolare attenzione. Ed ecco che l’idea riuscì a perforare anche tutto quel rumore, colpendola in pieno petto in un istante di lucidità: avrebbe dovuto trasformarsi in un animale per passare inosservata. Ora, con le urla che si facevano sempre più forti e angoscianti, i latrati dei lupi e la paura di non farcela non bisogna sorprendersi se Mia non pensò troppo alle conseguenze della sua scelta quando pronunciò un “Homofiguro!” rivolgendolo a sé stessa. Era stata una scelta istintiva, con il senno di poi si sarebbe ripresa più volte per non aver pensato ad una soluzione più semplice e immediata, che sicuramente esisteva, ma in quel momento se tutto fosse andato bene la ragazza sarebbe diventata un ermellino dal manto bianco e candido, parecchio confuso e con il cuoricino che batteva forte nel suo piccolo petto. Se aveva sperato che quel vociare potesse placarsi di certo aveva sperato male: così piccola le sembrava di essere ancora più sopraffatta da tutto quello, ma se non altro con un po’ di fortuna forse sarebbe riuscita a sfuggire ai lupi. Il suo piano divenne quindi quello di correre il più veloce possibile, saltellando per la maggior parte del tempo e sbandando diverse volte per la paura e per la confusione. Finì quasi per venire schiacciata dalle zampe dei lupi mentre ci passava in mezzo, non perché la stessero calcolando particolarmente ma perché non riusciva ad avere troppo controllo dei propri movimenti.
    Finì anche per sbattere la testolina diverse volte con il legno, ritrovandosi ad un certo punto a rotolare sul pavimento, senza fiato, il cuore a mille e la testa piena di voci. ”Aiutaci”, ”Non mi hai salvato”, “Avresti potuto aiutarmi”, ” BASTAAAA”… non riusciva più a distinguere i propri pensieri da quelli altrui, le sembrava impossibile ragionare, e anche quando fosse riuscita ad arrivare alla fine del percorso probabilmente non se ne sarebbe nemmeno accorta. Ma ci riuscì, seppur arrivando in condizioni non perfette, ora la sua player si augurava solo che qualcuno o qualcosa la detrasfigurasse, elemento fondamentale per proseguire nel percorso.




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    Ciarán Hinds
    Se veneri l'Oro, l'Avarizia è la tua religione.
    [Scheda][Stats]
    ■ Data & Luogo di nascita
    27.01.03, Artide

    ■ Razza
    Half Giant

    ■ Occupazione
    Studente

    ■ Allineamento
    Neutrale Puro

    ■ Patronus
    //

    Gold is the new black Le parole dell'uroboro sono chiare, e così il resto della situazione. "Lupi, una scelta interessante" Gli anelli dorati scrutano il perimetro di legno sfruttando le piccole fessure per anticipare cosa troverà "dopo".
    Ha tentato di barare testando la resistenza della recinzione, o provando a scavare per arrivare "al di là". Se Black, perché deve essere stato lui, ha scelto l'uroboro, allora c'è un motivo "Anche questo un simbolo interessante".
    Un sapore di ferro gli riscalda il palato riflettendo su come quei due elementi, il primo - il lupo - scelto da una denrisiana e il secondo - l'uroboro - deciso da un esperto di "cambiamenti", non possano essere una coincidenza.
    "Fenrir, il figlio di Loki. L'uroboro, l'energia infinita del caos primordiale" La situazione, al limite dell'assurdo, gli riesce persino a strappare un sorriso.
    Con sé ha portato diversi oggetti, ma è chiaro come sia la magia trasfigurativa e verde a doverla fare da padrone.
    Lo comprende, fa un passo in avanti, e poi arriva.

    Il corridoio viene inglobato da un manto di tenebra e, a chilometri di distanza, sorge uno spicchio di luna. I raggi di luce sono privi di vita o colore, ma adempiono al loro ruolo dando la prima e il secondo a tutto il resto.
    Si trova in quello stesso labirinto, ma non è lui. Le sue mani sono più piccole, la sua statura è diminuita, e il cuore batte contro il petto con violenza. Paura. Paura ciò che macchia i suoi pensieri.
    La mano scivola sul fianco, si stringe contro un'ascia intarsiata di rune, fa per sollevarla, ma poi lo sente. Un ululato, poi un altro, e un altro ancora.
    Le dita si aprono come petali di un fiore essiccato e l'arma cade a terra affondando nell'erba affilata.
    Le gambe si tendono, poi scattano, e corre. Corre come se avesse un demone alle spalle. Lo sente. È lì, in attesa di un passo falso.
    Poi la botta. È come se Odino gli avesse scaraventato contro la furia di un tuono. Cade a terra, il fango gli impregna il palato.
    Si butta sulla schiena, arretra strisciando come un verme, ma sa che la sua fine è giunta.
    Due fuochi lontani brillano nella notte. Poi altri due. E altri due ancora. Dunque le zanne, i ringhi, e gli artigli che colmano le distanze. È un ululato l'ultimo suono che ode, poi dolore, e infine calma.

    Ciarán riatterra nel mondo dei vivi con la consapevolezza che quella non fosse una semplice illusione. Ha percepito gli odori, i rumori, e più di tutto la paura. Sente ancora le mani tremare quando lo sguardo sale verso il centro della stanza mentre dalle labbra pendono un paio di semplici parole «Bella di notte?». C'è incertezza nel suo tono, ma ciò che ha provato lascia poco spazio al dubbio.
    "Potrei dare fuoco al prato" Una soluzione drastica, ma pragmatica, tipica di un Denrisiano che si crede già il favorito degli Dei. Poi torna a riflettere, e la calma porta consiglio.
    "Sarebbe poco efficiente... e non voglio far del male agli scoiattoli" Un conto è chiedere al Dio degli Inganni di uccidere uno stolto inglese, un altro è uccidere animali innocenti.
    "Che Hela non me ne voglia per aver deturpato alcune tra i suoi emissari" Essiccare una pianta è, ai suoi occhi, una scelta brutale quanto cogliere una vita ma, con il giusto incanto, una denrisiana del calibro della Onfroy avrebbe potuto mettere una pezza alle sua azioni.
    «Siccum...» La seconda parola gli muore nella bocca nell'istante in cui si rende conto di come quel semplice incanto sia impossibile da usare. Primo, dovrebbe toccare i fiori per essiccarli. Secondo, l'incanto funge solo su creature prive di vita.
    La lingua striscia dolorosamente tra i denti comprendendo come quella tattica non possa essere utilizzata. Attraverso l'essiccazione le Bella di notte avrebbero perso i loro effetti privando il mezzo gigante di una grossa problematica.
    Un'altra strada sarebbe quella di sfruttare l'alchimia trasfigurativa per mutare i suoi polmoni in qualcosa di simile a quelli dei lupi, ma sarebbe funzionale? Probabilmente si, ma estremamente rischioso. Operare sugli organi interni, bersagli che non avrebbe potuto vedere, avrebbe richiesto una maestria che non gli apparteneva. Ancora.
    Se avesse potuto usare un incanto astrale per emulare il sole avrebbe tentato di inibire la crescita notturna dei fiori, ma ormai è tardi, il tempo scorre e deve agire.
    «Niente di personale...» Non può restarsene a evocare sale o riflettere. «Muto» E una nube di inchiostro si schianta contro la prima delle lampade mutandone la forma. Ciarán si concentra sulla consistenza dei materiale, e sopratutto sull'aspetto del professor Black. Quella prima lanterna né rimarca la forma e i colori, elementi che ha avuto modo di memorizzare durante le classi di Alchimia-Trasfigurativa, una branca della magia che partiva dalla mente. Immagina i legami che legano gli atomi farsi più deboli e fragile fino a far perdere alla lanterna la sua aerodinamicità, e con questa quota.
    E quando l'artefatto scoppia a terra, il bacio che il fuoco concede alla verde vegetazione sprigiona una sfera di luci che illuminano il cammino e promettono il principio di un incendio degno di nota. Dubita che la staccionata si lasci infiammare così facilmente, ma lo stesso non può dirsi dei fiori che, a temperature simili, saranno destinati a essiccarsi come meduse al sole.
    E, a ciò, si unirà la paura, ma su questa ci torneremo dopo.

    Il secondo passo prevede di fare ciò che gli Alpha fanno: entrare in un gruppo, mostrare il proprio valore, e venirne accettati. Più o meno.
    Questa struttura sociale, estremamente interessante, ricorda al giovane le stesse leggi di Denrise. Il Capovillaggio diventa tale dopo aver catturato creature pericolose e aver mostrato i muscoli al resto dei concittadini.
    Ciarán avrebbe fatto qualcosa di simile, svolgendo il ruolo di lupo travestito da agnello, con l'unica differenza che lui sarebbe stato il predatore e i lupi i predati.
    "Non mi conviene puntare sul trasfigurarli" In un combattimento focalizzarsi sul bersaglio è estremamente difficile e l'agilità di questo nemico in particolare avrebbe complicato il tutto ancora di più. "E credo che il Fattore di Opposizione non sia da meno" Insomma, la violenza dei Denrisiani su chi tenta di opporsi funziona in nove casi su dieci. Questo era il decimo.
    Ma deve pensare a qualcosa perché l'essersi avvicinato alla lanterna lo ha esposto.

    Il rumore di fauci che scattano contro il vuoto fa scattare il mezzo-gigante. La mano si stringe attorno al catalizzatore e le nocche si tingono d'avorio mentre gli anelli dorati risalgono sulla figura che ha di fronte.
    Un simulacro di pelo folto come la foresta, zanne affilate come coltelli, e occhi affamati come i suoi. Il lupo tende i muscoli e scatta nella sua direzione.
    «Circularis» La bacchetta disegna una circonferenza e una piattaforma si frappone tra lui e il lupo. La mascella ci scatta contro distruggendola come fosse burro e il ragazzo ringrazia gli dei di non aver tentato un approccio più fisico.
    L'odore di sudore misto al fumo dell'incendio lo stordisce, ma le fiamme non si sono ancora espanse abbastanza per essere un problema. Per il momento.
    L'animale arretra per prepararsi a un secondo assalto e, nello stesso istante, la bacchetta di Ciarán scatta verso il capo della bestia «Anteoculatia». L'aria si crepa e sul cranio della creatura appare, venendo evocato, una diramazione cornifera che ricorda l'espandersi di un fulmine a ciel sereno. Una corona che, atterrando sulla creatura, la porta a inchinare il capo rovinando poi a terra.
    Fa per rialzarsi e l'opale ne approfitta per unire le due materie che sta affrontando in un unico scopo. «Herbivicus... Herbae Muto... Forma depso» Il catalizzatore scatta in alto e il respiro si sincronizza al rumore della natura mentre i fili d'erba accrescono di dimensione risuonando in armonia con l'empatia del giovane stregone. Il secondo degli incanti, però, ruota attorno all'immaginazione, e questa dietro un piano.
    Immagina il verde tingersi d'ardesia assumendo la resistenza e la consistenza dell'acciaio, ma bombato a metà altezza. È qui che risiede lo sforzo maggiore nel focalizzare l'immagine di una piccola sfera di metallo.
    Il ragazzo ha tentato di creare dei campanelli, seppur di un materiale estremamente resistente.
    Poi, mutandone la forma, ha avvolto il lupo limitandone i movimenti. Più la creatura si muove, più la trappola produce rumore, un rumore estraneo.
    Paura, paura, e poi calma. Quando la bestia esita, Ciarán avanza nella sua direzione per studiarla da vicino.
    "I lupi non si aggrediscono a vicenda e per questo tentare di oppugnarli l'uno contro l'altro richiederebbe una abilità che non ho. Ma non attaccano neanche delle prede così facili come gli scoiattoli... che il segreto sia il..." La mano avanza, e accarezza il pelo della creatura che riprende a fremere.
    Il capo si china verso il basso e ne coglie l'odore a fatica: il fumo gli ricorda di come il ragazzo abbia poco tempo dalla sua.
    "Devo fingermi uno di loro... un passo falso in combattimento significherebbe perdere" Fa per tentare un Detector ma si ricorda di come gli incanti percettivi siano stati vietati.
    «Animalia Figuro» Da prima immagina una singola linea dorata emergere dall'epidermide a livello dei solchi epidermici superficiali secondo delle linee a decorso spiralatoche convergono in un vortice centrale.
    Non ha il tempo per concentrarsi sulle scaglie presenti nella parte esterna che renderebbero la superficie irregolare, ma sulla cheratina contenuta nel fusto e nella radice si. Si assicura, in modo particolare, che cuticola, corteccia, e midollo ricordino quelli della creatura che ha davanti. Si è assicurato di immobilizzarlo proprio per questo: vuole emulare, il mezzogigante, dalla forma allo spessore, dalla consistenza ai pigmenti che ne conferiscono colore.
    Ha evitato l'homofiguro per mantenere pieno controllo delle sue capacità intellettuali perché, mentre il fumo divampa, le creature stanno andando nel panico.
    Avanza, e più di una volta viene interrotto da scoiattoli o altri animali che si danno alla fuga. La paura, la principale arma di un predatore, e ora la sua.
    Paura nelle prede per confondere il predatore e paura nel predatore per assicurarsi che sia distratto. « Bellyplenio» Sussurra, passo dopo passo, prima di avvicinarsi troppo a ogni lupo.
    Le sue precauzioni sono diverse, ma mai abbastanza, e un lupo non rischia quando la pancia è piena.
    Arriva alla fine dell'uroboro convinto di averlo sconfitto, Jormungand, e di aver fregato suo fratello, Fenrir, ma saranno i professori a decretare il risultato finale.

    «Parlato»
    "Pensato"
    Narrato


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    «Penultima prova, ci sei quasi». L'obiettivo non era tanto la gloria -non che ci avrebbe sputato sopra la conferma dei voti presi a lezione nel corso dell'anno- quanto più dimostrare a se stessa che valeva. E perché no, ricordarlo anche all'insensibile -ad cazzum, giusto per citare un neo-latinismo- Victoria Burke. Ma come le due prove, anche lì avrebbe lasciato che a parlare fossero i mesi di preparazione, la costanza e la passione che l'animava.
    Il suono sinistro dei battenti della porta di legno incastrata tra i rovi ebbe la capacità di smuoverla internamente, cercando di appellarsi alla sua sagacia e tentare di non far trasparire nulla nei movimenti e nei gesti. «Fa che non ci siano fantasmi». Il rischio era elevato visto che mancavano ancora cinque materie alla fine dei M.A.G.O. e quel mantra venne ripetuto mentre osservava quanto aveva di fronte. Un prato verde, un passaggio fatto da una struttura di legno che ricordava un corridoio dalla volta ad arco perfetto, mentre il prato, verde, era costellato da tanti piccoli fiori viola. «Immagino non siano qui per decoro». Due erano le discipline che usavano la flora più di tutte ed una l'aveva lasciata all'inizio del suo percorso. Quindi non le rimaneva che Magia Verde. Tralasciò per un attimo i fiori solo per soffermarsi su delle lanterne di vetro che richiamavano le figure della Onfroy e del vicepreside. «Opera di Black, poco ma sicuro», un sorrisetto sardonico che si sarebbe ampliato se tra quelle ci fossero state anche le caricature di altre docenti e della Suprema. Doveva accontentarsi.
    Fece per fare un passo quando una voce indefinita non carezzò le sue orecchie. «Essere? Sarei una donna, fino a prova contraria», la decenza di tenere quel rimbrotto nella sua mente, che si sarebbe rivelato solo la sottolineatura dell'ovvio visto che rientrava comunque nella divisione degli esseri secondo qualsiasi libro di cura. Un movimento del capo e finì con il concentrarsi sugli avvertimenti della voce senza tempo. Già nelle sue parole aveva compreso il chiaro riferimento ad uno degli argomenti trattati nelle lezioni di Samuel futuro Preside di Hiddenstone Black. L'uruboro era fonte di potere, una ciclicità senza tempo dove nulla sarebbe mai stato uguale rispetto all'inizio. E come accadeva nella vita reale, dove non si poteva mai tornare indietro con la sola forza di volontà, anche lì sapeva che l'unica possibilità era andare avanti, a qualsiasi costo. Un elemento che non poteva far altro che piacere ad una ragazzina come lei che aveva deciso di lasciare le cose del passato e di guardare solo avanti. E quelle ultime parole rimbombarono, come la forza dirompente di un tuono che squarcia il cielo notturno, facendole ribollire il sangue.
    Sangue che iniziò a freddarsi nell'udire ululati. «Fantastico». Indossò nuovamente le vesti del sarcasmo visto che lì non avrebbe avuto successo con incantesimi che fossero al di là di quelli trasfigurativi, erboristici ed animali. E così addio ad un bel fuoco istantaneo, a schiantesimi di mezza intensità e a qualsiasi altra minuzia era solita appoggiarsi. Fece per puntare il catalizzatore verso una delle lanterne quando accaddero due cose: il lupo che aveva davanti non si mosse iniziando a digrignare i denti e perse il contatto con la realtà.

    Le urla di una donna l'avvolsero in una morsa gelida, trasmettendole tutto il dolore che stava provando. Lei, dai lunghi capelli dorati, si contorceva mentre la veste candida si colorava di rosso, lasciando comparire lacerazioni e ferite. «No, non di nuovo», pensò levando la bacchetta e tentando di evocare delle bende da premere sul corpo ormai morente. Non ci riuscì, tanto che si avvicinò a lei e tentò di usare quello stesso straccio per tamponare le ferite. Inutile dire che fallì, probabilmente perché venne distratta da altre urla sofferenti a cui non seppe trovare un volto nella foschia.

    E tornò all'aula, con i palmi delle mani posati sulle ginocchia tremanti, con la bacchetta tra le dita della mancina. Il lupo se ne stava tranquillo, come se nulla fosse successo sotto i suoi occhi. Inspirò, a fondo, cercando di recuperare la lucidità non riuscendoci.

    Infatti il viale acciottolato, la creatura pronta ad attaccarla al suo minimo movimento, le lanterne dei blanfroy lasciarono lo spazio ad una stanza buia, illuminata dalle flebili fiamme delle candele disposte un po' a caso, mentre un gruppo di uomini circondava qualcosa. O meglio qualcuno, date le urla sofferenti maschili. Incapace di resistere si avvicinò vedendo su una serie di tavole di legno un uomo legato per polsi e caviglie, mentre un marchingegno meccanico -precisamente a manovella- non veniva azionato da un altro essere maschile producendo un sonoro schiocco di ossa accompagnato da un urlo lancinante. Quella visione svanì lasciando il posto ad una decapitazione, uno stupro ed un massacro di infanti.

    Quando tornò alla realtà si ritrovò sulle ginocchia, così come era caduta nel vedere l'ultimo orrore, la fronte posata sulla via acciottolata ed il respiro spezzato. Sentiva la nausea salire, mentre le urla continuavano a giungere ad ondate, senza però donarle altre visioni. «Deve finire, tutto questo deve finire», lei che aveva sempre vissuto con il mento in alto, la possibilità che nessuno potesse scalfire il suo ego, che la sua umanità, se mai c'era stata, era andata perduta per sempre. Eppure non è così. Sollevò il capo, voltandolo a destra e li vide, illuminati dalla luce delle lanterne di vetro. Tanti piccoli fiorellini viola che sin dal principio si era detta di non sottovalutare. Cosa, che alla fine, aveva però affatto. Assottigliò lo sguardo, mettendone a fuoco un paio per cercar di riconoscerli. «Belle di notte?» azzardò nei pensieri, cercando di recuperare le informazioni utili dalle letture dei testi di erbologia e dalle nozioni impartite dalla Onfroy e da chi l'aveva preceduta. Considerate dai babbani innocue e ornamentali, erano affascinanti per la continua fioritura e per la possibilità di vedere il fiore schiuso solo nelle ore notturne. «Notte? Potrei evocare il sole...» E sul serio, fece per chiamare l'influenza degli astri, bloccandone però il movimento del catalizzatore al ricordo del monito dell'eco. «Fanculo», si lasciò sfuggire a denti stretti, cercando di perdere poche delle riserve di ossigeno che aveva incamerato perché ricollegare il fiore alle visioni e alle illusioni uditive era stato il passo successivo dopo averle riconosciute. Non li voleva quei ricordi altrui, non li voleva neanche essiccati per ricordare chi l'aveva lasciata. «Essiccati? Fuoco, devo bruciarli!» Ma come? La faccia beffarda di Black si affacciò nella sua vista periferica. «Certo...» Con la bacchetta avrebbe prodotto un movimento ondulatorio, terminando poi con una stoccata verso il vetro, con la chiara intenzione di mirare solo a quello e non alla fiamma che lo illuminava. «Evanesco». Se quello fosse riuscito avrebbe poi tracciato, rapidamente, il simbolo del maggiore verso la fiamma e ciò che l'alimentava. «Engorgio!» Se le leggi della fisica e della magia l'avrebbero consentito, la perdita del vetro e l'aumento delle dimensioni, avrebbero fatto aumentare il peso e quindi, per la forza di gravità, cadere sul primo cespuglio di belle di notte. «Vetro videtur», al comando si era unito il movimento del catalizzatore, che davanti al volto e puntata in alto, in posizione verticale, avrebbe dato vita all'incantesimo di rievocazione per riprendere proprio quel vetro che aveva fatto sparire. Avrebbe poi tracciato un semicerchio facendolo seguire da un affondo, sempre in direzione del vetro se fosse ricomparso, «muto!» Tutto quello che desiderava era di trasformare il vetro in un materiale altamente infiammabile, tanto che al contatto con il fuoco avrebbe dato vita ad un principio di incendio sul prato. O almeno sperava. Così come sperava che le voci, le visioni e le morti terrificanti si acquietassero per un attimo, soprattutto perché aveva dei lupi a cui badare. Forse per il fatto che non aveva mosso un passo nella sua direzione il lupo ogni tanto le lanciava qualche occhiata senza però assumere un atteggiamento di conflitto nei suoi confronti.
    Ma appena accennò ad un movimento nella sua direzione un ululato le ghiacciò le vene. «Ci vuole una strategia, cerca di pensare in fretta però». I lupi comuni erano fondamentalmente innocui, interessati per di più al brivido della caccia e attaccano solo quando affamati o infastiditi. L'incantesimo per confondere il suo odore non ricadeva in nessuna delle categorie ammesse, eppure un tentativo decise di farlo, forte anche del bracciale che portava sempre con sé. Avrebbe pertanto puntato il catalizzatore verso il lupo per poi trascinarlo verso il suo petto. «Nasum properem». Con tutta la probabilità che non le fosse riuscito la Lynch avrebbe poi tracciato una circonferenza con l'obiettivo di creare almeno un paio di piattaforme. «Circularis». Ma delle banalissime pedane in legno che aveva sperato si presentassero sarebbero durate troppo poco. Infatti un doppio movimento verticale, senza fronzoli, dall'alto in basso seguito da un affondo sarebbe stato compiuto dalla battitrice. «Corpusfiguro». E nel mentre accompagnava quei movimenti aveva focalizzato nella sua mente l'immagine di quattro zampe scattanti, dai muscoli guizzanti così come un paio di occhi neri come la pece, un muso leggermente allungato che ben si sposava con il corpo snello ma sodo. Sulla fronte un paio di piccole corna. Quello che sperava di vedere al posto di una delle pedane evocate sarebbe stato un perfetto esemplare di capriolo. «Mi dispiace», avrebbe sussurrato per poi dargli una spinta sul posteriore per spedirlo dritto nelle fauci del lupo. Alla fine quella era la legge che regolava il ciclo della vita, molto darwiniana come idea, ma vera, dura. Nel caso in cui fosse riuscito avrebbe approfittato della distrazione della creatura per superarla e ritrovarsi di nuovo con davanti un altro compagno della sua specie. Questa volta si sarebbe rivolta alla branca degli incantesimi animali. Ancora una volta il movimento sarebbe stato un cerchio seguito da una stoccata in direzione del lupo. «Bellyplenio», avrebbe tentato per un paio di volte di esercitare sul lupo l'incanto saziante, per poi tornare alla trasfigurazione. Avrebbe infatti tracciato velocemente un triangolo -figura geometrica a lei cara- in senso orario per poi centrarlo con una stoccata. «Elego muto» con la sua mente che manteneva decisa l'immagine del sacco di una cornamusa al posto della zampa anteriore sinistra del lupo. Se la magia avesse avuto effetto, con la presenza di un fulmine blu a sottolinearlo, la strega avrebbe preso a correre, puntando sempre la bacchetta contro l'animale, disegnando un altro triangolo con una stoccata, pronunciando il solito [color=#color=ff4040]«elego muto»[/color] questa volta contro la zampa posteriore immaginando che venisse trasformata in un pollo di gomma.
    Se tutto fosse andato per il meglio la strega, galvanizzata, avrebbe trasformato la successiva lanterna in una pianta, precisamente un'edera. Avrebbe tracciato una elle maiuscola, con un movimento dal basso verso l'alto deciso e poi uno da sinistra a destra, seguito da un lieve affondo. «Corpus mutatio», seguito poi da un altro movimento da sud verso nord verso la pianta, qualora le fosse riuscito. «Herbivicus», con l'intento di iniziare il processo di crescita della pianta mentre verso il terzo lupo avrebbe tentato un banalissimo, quanto divertente, «paperante». Tanto ci sarebbe stata la Onfroy o lo stesso Black a riportare alla forma originaria la creatura, che nel caso sperava essere frenata dall'edera. Eppure continuava a correre, cercando la testa dell'uruboro che avrebbe morso la sua coda, in un anello continuo, nella rappresentazione di uno spazio e tempo infiniti. Voleva anche lei mordere quella prova, per chiuderla e passare all'ultima. Ma le voci sembrarano tornare, più insistenti di prima, con la Lynch che cercava di respirare il meno possibile mentre un ultimo ululato superò le urla di coloro che stavano andando verso la morte. «Resisti!», si sarebbe detta, mentre con il catalizzatore compiva un'altra linea dal basso verso l'alto e poi un lieve affondo. «Feramuto», per peso e natura dell'animale non si sarebbe mai sognata di trasformarlo in un ago, ma in una casetta di quelle con cui si gioca da bambini sì. E se non fosse bastato avrebbe tracciato il simbolo matematico del minore, accompagnato da un «reducio» quasi urlato, pur di riuscire a mettersi dietro quella prova infinita. «Ho bisogno di silenzio, solo di quello».
    Elisabeth
    Lynch

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    Sometimes you have to stand alone. Just to make sure you still can.
    "

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    Howard H. Van Leeuwen
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    Era ormai giunto nella parte di labirinto in cui avrebbe affrontato la prova MAGO di Magia Verde ed Alchimia, e la cosa poteva essere facilmente intuita dal fatto che le lanterne disposte sopra di lui raffigurassero delle rappresentazioni caricaturali di quelle due persone, e per qualche strano motivo questo fece sorridere il giovanotto che, in un primo momento, sembrava non essersi reso conto della difficoltà della prova che, in qualche modo, lo avrebbe sicuramente messo alle strette in qualche modo. Attese dunque l’inizio di quell’esame con trepidazione, voglioso a tutti i costi di tentare di affrontare quel percorso con tutte le sue abilità, volendo mostrare il più possibile di possedere delle conoscenze di Alchimia e di Magia Verde avanzate e ben consolidate, visti anche i suoi momenti di studio ed approfondimento individuali.
    Nel momento in cui fu dato il via alla prova, tuttavia, il ragazzo iniziò a guardarsi per bene intorno, e non ebbe il momento nemmeno di osservare la comparsa dei lupi che, improvvisamente, un profumo intenso pervase le sue narici, rendendole del tutto inebriate e colme di quel terrificante odore. Howard si guardò un po’ attorno, cercando di individuare la causa di quel profumo piuttosto inquietante, e non appena vide i fiori viola disposti al centro del percorso la sua mente venne pervasa per un momento da urla strazianti e da scene di morte cruenta che vedevano persone morire in maniera terrificante. Per qualche istante rimase paralizzato, sebbene le sue conoscenze erboristiche gli avessero immediatamente mandato alla mente il fatto che quell’effetto poteva essere causato dal profumo delle Belle di Notte, sebbene ormai fosse assolutamente preso da quel profumo. Doveva assolutamente tentare di fare qualcosa pur di resistervi, e secondo lui la cosa più ragionevole era quella di appellarsi alla trasfigurazione: conosceva il funzionamento base di una maschera antigas, e conosceva in maniera del tutto stilizzata il funzionamento del processo di filtraggio poiché, durante l’esposizione del Bullacapite in classe, aveva potuto approfondire al meglio la questione per effettuare una comparazione tra il mondo babbano e quello magico. Si sfilò quindi la toga della propria divisa, afferrandola quindi con una mano e mirandola intensamente con la propria bacchetta, andando quindi ad eseguire una spirale verso la toga stessa ed esclamando a gran voce la formula dell’incantesimo. “Vestis!” Avrebbe di conseguenza trasformato la propria toga in un altro capo d’abbigliamento, ovvero in una rudimentale maschera antigas costituita da una visiera sufficientemente ampia da permettergli di vedere, un dispositivo che coprisse la sua bocca e, infine, inclinato verso destra, il dispositivo di filtraggio dell’aria che, nella propria mente, visualizzò in maniera schematica anche in merito al suo funzionamento, così da favorire quanto più possibile la concentrazione che, purtroppo, sarebbe stata indubbiamente attaccata da quella attuale fragranza allucinogena. L’incantesimo per sua fortuna sembrò funzionare, regalandogli quindi la possibilità di indossare quella maschera e di poter iniziare a respirare dell’aria più filtrata, sebbene ovviamente non si trattasse comunque di una maschera di fattura professionale, motivazione per la quale le voci continuò comunque a percepirle un minimo, sebbene comunque più in lontananza. Si avvicinò dunque al primo lupo, sempre con un passo molto delicato e molto ben pensato, salvo poi ritrovarsi in una situazione in cui percepì immediatamente la ferocia di quell’animale che, non appena lo vede sufficientemente vicino, sembrò davvero volergli mostrare le proprie zanne pronte a sbranarlo senz’altro. Howard andò quindi a porre il proprio contro il lupo, mentre con tutto il coraggio che aveva in corpo cercava di arrivare ad una rapida soluzione di come avrebbe potuto aggirarlo. “Per i primi lupi posso utilizzare un paio di incantesimi di magia verde… sono certo che funzioneranno.” E dopo aver pronunciato quelle parole, il ragazzo strinse appena gli occhi, andando successivamente a mordersi il labbro in maniera istantanea, esclamando infine la formula da lui scelta con decisione. “Imposium!” Con suo grande stupore, a tutti gli effetti, vide quel lupo ammansirsi, divenendo di conseguenza molto docile ed affabile, permettendogli quindi di proseguire ulteriormente con la prova.
    Il secondo lupo lo avrebbe affrontato decidendo di fare prima affidamento alla trasfigurazione, per poi renderlo a tutti gli effetti succube di un proprio incantesimo che avesse a che fare con gli animali. Una volta raggiunta la lanterna a metà del percorso tra se stesso ed il secondo lupo, quindi, il ragazzo portò immediatamente la propria bacchetta verso la lanterna disposta sopra di sé, iniziando a visualizzare nella propria mente l’immagine di uno stormo di corvi dal becco acuto ed acuminato, dal piumaggio nero quasi traslucido e dagli occhi totalmente scuri. Il processo di concentrazione iniziò a portare sempre più risultati nel momento in cui, quasi tentando a tutti i costi di resistere alle voci che era riuscito ad attenuare con lo stratagemma della maschera antigas, iniziò a visualizzare anche altri parametri di quegli uccelli che avrebbe voluto ottenere con la trasfigurazione, immaginandone quindi le zampe caratterizzate da unghie acute e taglienti, così come il verso fastidiosamente feroce. A quel punto il ragazzo si ritenne pronto per l’esecuzione dell’incantesimo, esclamando con convinzione la formula “Avifors!” E, non appena lo stormo di corvi sarebbe stato trasfigurato da quella che in origine era una lampada, il giovane dioptase portò la propria bacchetta verso il lupo che era ancora sufficientemente distante da lui, disegnando una O con la punta del proprio catalizzatore ed esclamando la formula “Oppugno!”. In seguito a quell’ordine, quello stormo che comprendeva qualche corvo si abbatté senza alcuna pietà contro il lupo malcapitato, che se in un primo momento tentò di reagire e combattere, addirittura riuscendo a mettere fuori gioco un corvo con un morso feroce, venne tuttavia sommerso di beccate nelle costole, morsi stretti che gli laceravano la pelle e graffi con quelle unghie acuminate e feroci che, in poco tempo, iniziarono a farlo sanguinare copiosamente, oltre che farlo ululare dal dolore. A quel punto avrebbe dovuto solamente tentare un modo per aggirare quel lupo ormai ferito, motivazione per la quale decise di servirsi di alcune piattaforme che avrebbe evocato con un sortilegio apposito, tracciando con il catalizzatore una circonferenza in direzione leggermente rialzata rispetto al terreno. “Circularis!” E, dopo aver fatto apparire delle piattaforme un po’ rialzate da terra, il ragazzo prese a salire sulla prima mentre osservava ancora i propri corvi attaccare in gruppo quel lupo sempre più privo di energie che, lentamente, cercava in qualche modo di resistere e di azzannare anche un altro corvo. Onde evitare di non riuscire ad approfittare di quel momento di debolezza della creatura, il ragazzo prese a correre, saltando di piattaforma in piattaforma, allontanandosi definitivamente da quel lupo che veniva sempre più attaccato dai famelici uccellacci.
    Una volta raggiunta la terza zona in cui avrebbe dovuto affrontare il terzo lupo, il ragazzo decise di affidarsi questa volta nuovamente alla tecnica degli incantesimi di magia verde, andando quindi a compiere un cerchio ed una stoccata in direzione del terzo lupo famelico contro il quale si stava per confrontare. Nello stesso momento in cui il lupo venne puntato dalla bacchetta, questo iniziò a dirigersi verso il ragazzo, che a questo punto si vide costretto a scagliare l’incantesimo con maggiore velocità, arrivando quindi a pronunciare anche la formula con molta più vocalità. “Bellyplenio!” E, dopo aver colpito quell’animale, a tutti gli effetti quello smise di correre nella sua direzione, ma rimase semplicemente fermo sul suo posto mentre continuava a fissare il ragazzo. Forse non voleva più mangiarlo, ma comunque Howard non si fidava minimamente di passare accanto a quella bestia ormai saziata ma pur sempre un minimo irritata. Decise dunque di abbinare al tutto un incantesimo trasfigurativo che avrebbe sicuramente messo a terra il suo avversario in maniera molto fisica e diretta. Eseguì con la propria bacchetta un’ellisse in direzione della testa di quel lupo, andando successivamente ad esclamare la formula dell’incantesimo “Anteoculatia!” e, dopo l’esecuzione di quell’incantesimo, vide un paio di corna abbastanza grandi formarsi sulla testa di quel lupo facendogliela pesare in maniera eccessiva e forzandolo ad abbassare il muso contro il suolo.
    Sarebbe ora giunto il momento di affrontare il quarto lupo, che in quel caso sembrava essere già da lontano particolarmente feroce e famelico. In più, come se non bastasse, le voci che percepiva iniziavano ad essere leggermente più numerose, questo perché la maschera antigas di cui si era dotato non era ovviamente professionale, e quindi non filtrava del tutto il profumo e le sostanze allucinogene della Bella di Notte, che a quel punto aveva iniziato a riempire la mente del ragazzo di morti ancor più strazianti e terribili. In quel momento, nel corpo del dioptase avvenne qualcosa di totalmente inaspettato e non meditato: una scarica di adrenalina mista a terrore, come se volesse a tutti i costi terminare quella prova nel minor tempo possibile per poter uscire da quella struttura che lo stava facendo davvero impazzire. “Queste voci… ADESSO BASTA!” E fu in quel momento che prese il sopravvento la sua natura estremamente istintiva, tanto che la sua bacchetta mirò alcuni dei fiori presenti all’esterno del traliccio di legno, tracciando un segmento verticale dal basso verso l’alto, scagliandovi contro un sonoro “HERBIVICUS DUO!” un incantesimo urlato in preda alla rabbia, in preda alla voglia di uscire il prima possibile di lì, in preda ad una sensazione di voci che stava iniziando ad essere anche fin troppo assillante, tanto urlato che quelle piante subirono immediatamente la potenza di quell’incantesimo: sia per il fatto che fosse stato eseguito nella sua forma potenziata grazie alla forte empatia di Howard, sia per il fatto che l’incantesimo fosse anche soggetto ad una forte emozione come la rabbia, i fiori oggetto dell’incantesimo di Howard iniziarono a crescere a mo’ di arbusto andando ad intrecciarsi anche attorno al quarto lupo che, con forza, cercò in quel momento di liberarsi da quei rametti di arbusto che sembravano vogliosi di catturarlo come fosse in una gabbia. Il lupo ne spezzò qualcuno, riuscendo anche a muoversi per un po’, andando ad emettere un forte ululato che culminò nel momento in cui la pianta gli si avvolse attorno ad un paio di zampe, limitandogli così i movimenti. A quel punto si avvicinò drasticamente al lupo intrappolato, andando a guardarlo con occhi praticamente iniettati di sangue e di voglia di liberarsi di lui, mentre la bacchetta di Howard puntò quella pianta e disegnò una L al contrario, eseguendo quindi un movimento secco dal basso verso l’alto e poi da destra a sinistra, sebbene questo più corto. “HERBAE MUTO!” E fu in quel momento che nella sua testa si figurò l’immagine di una catena di ferro al posto di quelle appendici floreali, tanto che in poco meno di un batter d’occhio le ultime assunsero la forma di maglie di catene ben incastrate tra di loro, e soprattutto che tenevano il lupo ben incastrato in una posizione decisamente immobilizzata. A quel punto, in preda al più totale desiderio di rivedere la luce della normalità e di uscire da una situazione di allucinazione e disagio più totale, il ragazzo prese a correre verso l’uscita della prova con le lacrime agli occhi, togliendosi la maschera antigas e portandola con sé nella mano destra.
    RevelioGDR
     
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