Votes taken by Greyson A. Yaxley

  1. .
    I popcorn non erano arrivati, con suo sommo rammarico, ma lo spettacolo aveva finito per goderselo interamente. Il fatto che fosse gratuito e lui non coinvolto neanche per sbaglio in quella telenovelas di quarta categoria solo un punto in più all’altrimenti noia che avrebbe animato quella serata di gala. Non era andato lì per danzare, mangiare o pattinare; non era andato lì per trovare l’anima gemella o chissà quale altra stronzata sembrava animare i presenti. Lui era semplicemente arrivato a quel ballo per non cadere vittima di eventuali congetture e pippe mentali del gemello circa il suo stato di salute mentale. E non solo quello. Non era mai stato un tipo dedito alla socializzazione, neanche l’anima della festa, quanto più un attento osservatore di dinamiche interpersonali da poi plasmare, manipolare, per i suoi fini. Ciò che non credeva possibile, non del tutto, era l’interesse spasmodico della Lestrange, con il tentativo di sottrarsi all’escamotage che aveva messo su con Zuleyka ai danni del povero Beauvais, finendo però con lo scatenare un improvviso interesse in O’Connor per il tentativo di comprendere cosa esattamente stesse accadendo in quella testolina dai troppi ingranaggi, bloccati in un corpo pennellato da alterigia, empatia ad impatto zero -nel senso che zero era il livello posseduto dall’ex Serpeverde- e perché sembrava aver l’aria di una che voleva infilare il suo nasino all’insù in faccende che non la riguardavano. Non era a conoscenza della sua amicizia con la Lynch, al più del suo trovare insopportabile quella creatura perfetta della Murphy, cosa che lo portò a seguirla, fermarla ed analizzarla in un rapporto a due, seppur nel bel mezzo della Sala Grande. «Per una volta che ho trovato una tua frase degna di essere citata trovi qualcosa da ridire?» Si fece trovare pronto nel controbattere, assottigliando lo sguardo preferendo adottare quella linea e non dover scendere a patti col fatto di aver pensato la stessa cosa in due momenti diversi anche se per gli stessi attori che agivano in scene diverse. «Eh?» chiese incredulo, abbassando lo sguardo su quella mano che ancora stringeva, seppur con delicatezza, il suo avambraccio proprio quando la voce della Preside risuonò nell’aria in una delicatezza pari a delle unghie strisciate su una lavagna in ardesia. Le dita stavano lasciando libera la ragazzina quando il mondo sembrò venir giù. L’istinto lo portò ad afferrare di nuovo la consorella, mentre il tempo sembrava dilungarsi in interminabili millesimi di secondo, con il ritmo dettato dalle percussioni di un tamburo capace di far vacillare anche le gambe più solide al secondo rombo che arrivò. Polvere, intonaco e chissà quale altra diavoleria iniziano a piovere sulle loro teste, con Fitzgerald a trattare Deva come un sacco di patate, sballottandola alla ricerca di un posto sicuro che poteva essere rappresentata da un tavolo od una colonna portante. «Dove diamine lo trovo un pilastro in questo caos?» Un pensiero che gli diede il peso di non avere il tempo che aveva desiderato, finendo con il sovrastare con il suo fisico il corpo della giovane dalla lingua più lunga e affilata che avesse mai conosciuto, invitandola a rannicchiarsi sotto di lui, con la sua unica copertura un gomito a proteggersi il viso, fino a quando il delirio non cessò.
    Un silenzio di tomba, surreale, si levò tra i presenti prima che le urla iniziarono a farsi sentire. Sollevò la testa di scatto, liberando nell’aria ulteriori particelle di polvere e gesso, le palpebre a lavorare frenetiche per cercare di mettere a fuoco lo scenario di festa ormai rovinato. «Ho bisogno che tu stia bene, Brooks, dimmi che stai bene», si ripeteva come un mantra, affinché rendesse reale quelle leggende metropolitane che volevano un collegamento speciale tra due gemelli che avevano condiviso il grembo per diversi mesi. Sapeva che l’impavido Grifone non sarebbe rimasto con le mani in mano, portandosi al salvataggio in atto eroico di amici e non. Abbassò lo sguardo sull’unica persona che lui era stato in grado di proteggere in quel poco preavviso: una spina nel fianco impolverata sicuramente e sperava non ferita. «Tu, tutto okay?» La voce graffiante a non nascondere un briciolo di preoccupazione che provava per l’inglese.
    Fitz O'Connor

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    Black Opal
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    Interagisce con Deva L. Lestrange, pensieri di preoccupazione per il fratello Brooks Ryan O'Connor.
  2. .
    Soffocò una risata a causa della risposta piatta della macabra bicolor che infestava la sua Sala Comune, condividendone ancora una volta osservazione e crescita di appendici sul panda che volò addosso alla McKenzy. «Da toro o da cervo?» Entrambi gli animali erano famosi nell’usare i loro palchi in fase offensiva e lui non sapeva propendere su uno dei due in particolare dato che entrambi avevano i loro pregi: il toro due buchi grandi, squarcianti femori manco stessi addentando marshmallow; i cervi… palchi più fragili che lasciavano frammenti minuscoli per altrettanti buchini facilmente trascurabili ma che erano i più probabili nel condurre a morte per dissanguamento.
    «Tragedia greca, di quarta categoria, in corso», annunciò, cambiando semplicemente lato per gustarsi al meglio l’esperienza. Il disastro che aveva visto in pista, con palle volanti sotto forma di panda rossi e la sua attuale cognata -«Ew, spero che quel coglione di fratello che ho rinsavisca presto»- a cadere con un tonfo sul ghiaccio, era nulla paragonato al melodramma che la sua Prefetta aveva creato con quello che aveva capito essere il suo ragazzo. O quello con cui scopava. O il suo migliore amico. Insomma, qualcuno. Aveva captato solo il cognome di Jessica, la studentessa dell’ultimo anno cui si era rifiutato al momento di mettersi in lista d’attesa per potersela fare anche lui, difesa a spada tratta dal Dioptase. «Nessuno che prende dei pop-corn?» occhieggiò i presenti, le pozze scure a perlustrare il viso ancora pieno di acne di un ametrino che si era fermato ad assistere. «Tu, vedi di prendercene un po’ a quel tavolo lì», indicò con fare svogliato l’angolo imbandito con le leccornie preparate dagli elfi domestici, trattando lo studenti al pari di un Tassorosso qualsiasi. Certe abitudini dure a morire. Avrebbe voluto infierire anche sul fratello -o era il gemello? cazzo, doveva crearsi un fottutissimo albero genealogico di quella famiglia- di Marlee se non fosse che la postura di Zuleyka avesse già dato risposta. Con un interesse pari a quello che nutriva per la pace nel mondo e gli zuccheri filati, sollevò il braccio che teneva sul parapetto per posarlo su quello della primina. «Ha già accettato di danzare solamente con me, stasera», non era vero nulla, ma sperava che l’altra non lo sbugiardasse, «stiamo solo aspettando la canzone giusta». Ovviamente dopo essersi gustato l’abbandono di uno -iniziava a sospettare che il melodramma fosse una caratteristica dei Dioptase- e l’arrivo di un altro di cui aveva vaghissimi ricordi ad Hogwarts, vide una Murphy sfrecciare via, ignorando le lingue lunghe delle due consorelle per mettersi alla calcagna della Lynch e dell’Ametrin. «Ma insomma, sti popcorn?» Quelli non arrivarono, ma il caro gemellino e la sua consorte zoppicante sì. Ignorò la seconda, mentre a Brooks rivelò un’occhiata che diceva visto? non sono rimasto in camera a crogiolarmi per l’assenza del tuo migliore amico, salvo poi stranirsi nell’avvicinarsi a Zul, mentre Deva sembrava volersene approfittare per scappare via. Agì d’istinto, senza soffermarcisi poi troppo. «Vedi cosa vuole mio fratello e poi raggiungimi», le avrebbe detto direttamente all’orecchio, affrettandosi poi verso la Lestrange, nel tentativo di arrestare la sua avanzata nei pressi del Dioptase di prima e una nuova ragazza. «Dove pensi di andare, princess Lyanne?» Non sapeva neanche perché avesse abbassato la voce di diverse ottave, occupando il suo fianco come avrebbe fatto un ragazzo qualunque, evitando di guardare apertamente quell’incidente che si stava verificando sotto i loro occhi. Un gioiello che veniva passato manco fosse il tesoro della regina trafugato dal palazzo regale, facce strane, spallate varie e… cosa cazzo aveva appena visto?! «Ti prego, se mai dovessi finire in quel modo ammazzami, un avada kedavra dovrebbe bastare», commentò a bassa voce, non rendendosi minimamente conto di aver tenuto per tutto il tempo le falangi posate sulla pelle diafana di lei.

    Fitz O'Connor

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    Interagisce con Deva L. Lestrange, Zuleyka., Brooks Ryan O'Connor, James Beauvais.
  3. .
    Il gemello era una vera e propria spina nel fianco, però la sua vicinanza la si vedeva in piccoli gesti come quel cookie corredato di bigliettino che aveva lasciato per lui. Aveva gettato il biscotto ma il foglietto era finito in un diario che nascondeva sotto il materasso all'altezza del cuscino. Non aveva fame, non di dolce almeno e soprattutto non di biscotti, un odore che associava a Mc Callister. Il cibo era tornato ad essere solo qualcosa di cui servirsi al solo scopo nutritivo e nient'altro; il passaggio in sala comune solo per recuperare un plico di pergamene nuove da tenere di scorta nello zaino. Non si era chiesto però il perché Brooklyn l'avesse ringraziato. Giungere alla porta col batacchio salamandroso sgusciando tra gli altri studenti e dando qualche spintarella fu semplice, altrettanto invocare uno sciame di farfalle infuocate -giusto per riprovare l'ebrezza di tornare per un secondo al primo anno- ed incendiare la salamandra, pronunciando il suo nome con lo stesso entusiasmo di un funzionario amministrativo nel momento di fare una pratica: «Fitzgerald Garrett O'Connor». Si chiedeva sempre se col codice fiscale avrebbe fatto prima a superare l'ostacolo. Un mare di divise rosse e grigie balzò all'occhio dopo aver salutato con un rispettabilissimo «buon pomeriggio, professore» uno dei docenti che più stimava per carattere e terrore che disseminava tra i corridoi. Potevi vestirti con quanti strati volevi ma nell'aula di Brian Ensor ti saresti sentito sempre sulla cima dell'Everest. Scelse la fila dove vide due acquisti di quell'anno per gli Opali, fermandosi solo per fare un saluto al gemello con un'alzata di mento e scivolando accanto alla ragazza dagli incredibili occhi azzurri che conosceva da sei anni. «Principessa Lyanne, solo la seconda fila per te quest'oggi?» fu il suo saluto sarcastico, scivolando liscio come l'olio accanto a lei e scrutandola per qualche secondo prima di sporgersi verso l'asiatico. «Kwon» fu tutto ciò che disse al confratello che ancora non conosceva ma per cui doveva esser già grato di essersi ricordato il nome, se mai gli fosse interessato. Avrebbe aggiunto dell'altro in direzione della Lestrange ma Ensor diede inizio alla lezione, annunciando come le lamentele degli altri studenti fossero giunti alle sue orecchie oscure e che quindi non ci sarebbe stato nessun compito a sorpresa per loro. Questo però non significava che fosse diventato improvvisamente un messia. Lingue di fuoco si modellarono fino ad articolarsi in una domanda. Anche la sua mano si unì insieme a quella dei compagni, ma fu tra gli ultimi a prendere parola. «Fitz O'Connor», si annunciò, «Come hanno detto i miei colleghi per i popoli sassoni, i goblin erano creature mostruose e dall'aspetto grottesco, spesso di carattere malvagio ed egoista, avide di oro e beni materiali, creature magiche con varie abilità, simili a quelle delle fate o dei demoni. Per alcuni facevano parte del piccolo popolo e che nella categoria di goblin vi rientrano anche i lepricauni», osservò, facendo leva sulle sue origini irlandesi. «Nei paesi scandinavi sono associati ai folletti, legati al solstizio d'inverno e quindi al Natale. Anche qui presentano forme umanoidi, ma le loro vesti sono caratterizzate da colori vivaci, così come il loro carattere volubile o scherzoso, ma che quando vengono stuzzicati divengono vendicativi, servendosi della loro capacità di rendersi invisibili oltre che mutaforma». Prese una pausa, continuando a guardare il docente fisso negli occhi. «In realtà in ogni paese e civiltà i goblin assumono un nome proprio o caratteristiche diverse, come ad esempio i mogwai cinesi, piccoli esseri che si riproducono con l'acqua piovana, di solito si accoppiano e producono un grande lignaggio poiché la pioggia aumenta la loro lussuria. Una metafora dell'abbondanza che si trova anche nelle civiltà sudamericane». Concluse, voltandosi poi verso Deva una volta che l'attenzione di Ensor si fosse spostata da lui, facendole un'occhiolino dei suoi, come ai vecchi tempi.
    Fitz O'Connor

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    Si siede accanto Deva L. Lestrange, nonché Joo-hyuk Kwon. Interagisce/pensieri con Brooks Ryan O'Connor.
    Risponde alla domanda.
  4. .
    Non era mai stato famoso per essere una persona paziente e quel poco di cui disponeva l'aveva moltiplicata diverse volte, manco fosse un moderno Messia, fino a quando era arrivato al limite. Nicholas era nuovamente sparito e, questa volta, l'O'Connor dopo settimane decise di chiudere la serranda a quella relazione che sembrava esser nata sotto la cattiva stella e naufragata prima del previsto.
    Odiava il “senno del poi” perché lo tormentava sempre, portandolo a mettere in discussione ogni singola scelta che faceva, seppur conscio del male che si auto-infliggeva. Se rimuginare fosse stato uno sport olimpico lui deterrebbe record mondiale per numero di vittorie, non proprio qualcosa di cui andar fiero. Era già andato oltre il suo credo con il Dioptase, concedendogli una seconda possibilità che però era sfumata via, neanche fosse stata neve al sole. Il sentimento acerbo, anche se totalizzante, stava lasciando spazio agli artigli dell'odio e lui non avrebbe di certo frenato quell'avanzata. E non era stato per le parole del gemello nel voler sapere se sarebbe rimasto o meno nella camerata. Avrebbe voluto scrollarlo dal suo mondo di farfalle e gorgosprizzi e fargli vedere che il suo completo era sul letto pronto per essere indossato. E quindi rispose con un laconico: «ti lascerò col fiato sospeso nell'attesa di scoprirlo». Tanto nell'eventualità in cui avrebbe smesso di respirare ci sarebbe stata Amalea cozza attaccata allo scoglio, altresì conosciuta come gatta attaccata ai maroni Davidson a praticargli la respirazione bocca a bocca.
    Nessun commento aggiuntivo su Mc Callister, anche perché non gli avrebbe mai rivelato che aveva preso la decisione unilaterale di porre fine a quella relazione: era piuttosto curioso di vedere quanto tempo ci avrebbe impiegato nello scoprirlo da solo. Probabilmente da lì alla fine di Hiddenstone, ovvero tre anni e mezzo.
    Non ci sarebbe stato nessuno ad attenderlo, né per lui a mettersi in fila al banco salumi all'ingresso delle altre Sale Comuni per recuperare qualcun altro; non ci sarebbe stato nessun presente a gonfiargli le tasche del suo abito rosso passione vendetta, dal taglio sartoriale e che lasciò sbottonato per far intravedere una camicia nera perfettamente stirata. Aveva smesso i panni verde-argento per abbracciare quelli del perfetto stronzo Black Opal. L'unico accessorio, tolta la bacchetta all'interno della tasca interna della giacca, era il suo claddagh che sfoggiava all'anulare destro. Chi fosse stato in grado di decifrare il significato celato nei modi di indossarlo avrebbe potuto dedurre in autonomia che fosse più libero di una gazzella nella Savana. Si pentì di non aver portato una pozione elimina coppie con sé, da spruzzare ogni qualvolta avesse beccato una coppietta in atteggiamenti amorosi, avrebbe potuto far appello a qualche incantesimo ma desistette vedendo che persino la Preside presenziava quel futile evento. Per non parlare poi della scelta di mettere una pista di pattinaggio nel bel mezzo della Sala Grande. «Merlino, dammi la forza per superare questa serata», pensò, posando gli avambracci sulla ringhiera della pista che tanto fissava con disgusto e godendosi lo spettacolo che gli altri stavano mettendo in atto. Del gemello ancora nessuna traccia -o almeno lui non lo vedeva tra tutta quella gente- ed andava bene così. Poi un raggio di sole oscuro illuminò la ragazza dai capelli bicolor con cui aveva diviso il banco in una delle lezioni del biennio special. Le si avvicinò, ignorando le altre -persino la Lestrange che era un anno dietro sin dai tempi di Hogwarts e con cui questa player non sa in che rapporti sono- tentando di stabilire una complicità. «Perché, allora, non lo rendi interessante?»
    Fitz O'Connor

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    Fondamentalmente non fa un cavolo. Interagisce con Brooks Ryan O'Connor in camera e poi si ferma a guardare, come i vecchi coi cantieri, gli avvenimenti della pista di pattinaggio con disgusto, fino a provocare Zuleyka.
  5. .
    Non appena il gemello camminò in direzione dei banchi Fitz allungò una mano, saltando la piattola della Davidson, per pizzicare il fianco di Brooks. «Hai sentito il tuo migliore amico?» Se il Dioptase avesse davvero risposto ad un messaggio del fratello e non al suo quella sarebbe stata la volta di una ritorsione come non aveva neanche sperimentato dopo esser tornato a scuola. Con Mc Callister era fin troppo morbido, il rischio che potesse infettare altri ambiti alto ed insostenibile. La prevenzione sarebbe stata la chiave di tutto.
    Almeno la sua compagna di banco, per quella lezione, era una di quelle che non si perdevano in inutili chiacchiere di circostanza. Un punto a suo favore.
    Il secondo arrivò alla confessione sussurrata dopo la sua battuta. Non avrebbe di certo fatto lo schizzinoso nel caso sarebbero stati futuri compagni di attività. Almeno per il momento, almeno per lui.
    «Santa Claus è venuto prima quest'anno» fu la sua risposta piatta sia alla vista delle carcasse che svelò il mago, sia al commento della compagna di banco.
    Quello che non si aspettava era la presa di posizione di un suo compagno di casa. Occhi al cielo e verso silenzioso accompagnarono lo scambio che ebbe col docente, cui seguì una risata smorzata alle insinuazioni di Zuleyka. «Sarebbe curioso trovare il modo di riportarli in vita», osservò, con un tono di voce basso da poter essere udito solo dalla proprietaria dei capelli bicolor.
    Il corpo esanime di un animale non meglio identificato fu il suo banco di prova per l'apprendimento dell'incantesimo. Il cioccolato delle iridi seguì gli arti piccoli, il corpo allungato dal pelo grigio macchiato di nero, soffermandosi sulla voragine che un tempo aveva ospitato la testa. Sul posteriore una coda rosata nella fine poteva ricordare quella di un grosso topo ma era proprio il manto a fargli storcere il naso. «Un opossum, magari?» La bacchetta compì un paio di volte la spirale che andava stringendosi per poi eseguire una stoccata; la formula arricciò la sua lingua ma nessun suono fu lasciato libero di vibrare attraverso le corde vocali.
    Iniziò a creare un'immagine mentale di una testa: piccola ed un po' schiacciata, naso umido e rosa da cui partivano sei vibrisse -tre per lato- ad occultare una bocca piccola che celava a sua volta denti piccoli acuminati. Orecchie appuntite nere dai padiglioni rosati furono l'altro tassello che aggiunse, concludendo il suo disegno con due grandi occhi verdi, quasi gialli. Mantenendo stabile quell'immagine nella sua mente mosse la bacchetta nel movimento che aveva provato, terminando con una stoccata proprio lì dove sarebbe dovuta esserci la testa di un opossum per sostituirla con quella di un gatto. «Elego Recresci».
    Fitz O'Connor

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    Interagisce con Brooks Ryan O'Connor e Zuleyka.
    Al posto della testa dell'opossum cerca di ricreare quella di un gatto.
  6. .
    Neanche il tempo di iniziare e si era trovato fuori dai giochi, colpito alle spalle -o per la sfiga al dado- da un suo compagno di Casa ma non di squadra. Avrebbe voluto torcere il collo a Wood, per cui aveva preferito starsene alla larga durante il banchetto e poi in Sala Comune. Tutti i sogni di giocare al gatto col topo con Mc Callister erano finiti in fondo ad un burrone. Forse un momento karmatico al suo essere fin troppo sdolcinato nell'ultimo periodo. Non gli apparteneva. Fino a lui.
    Superò indifferente slippini vari, costumi ginnici ed altri succinti, accontentandosi del suo bermuda hawaiano su fondo verde: la sobrietà. Certo aveva visto qualche ciambellina glassata ma nulla poteva competere con Mc Callister.
    Tenutosi in disparte con i suoi compagni di squadra Fitz l'aveva osservato da lontano, in particolare l'attrito con uno dei Beauvois che aveva richiamato il suo gemello a far da pompiere. In altre occasioni sarebbe scattato ma il ragazzino si fidava del sangue del suo sangue, così lasciò che fosse lui ad intervenire rimanendo in disparte nel caso fosse servito fare un'entrata ad effetto.
    Guadagnò il largo in poche bracciate, servendosi di un paio di occhialini messi a disposizione, rimanendo piacevolmente sorpreso nel non trovarne l'acqua ghiacciata. Era quasi una tentazione quella di continuare a nuotare lontano senza pensare minimamente alla gara in atto, ma alla fine andò giù. Non si preoccupò di fare un lumos: le bacchette degli altri erano capaci di creare una sorta di città sotterranea con tutte quelle luci accese sulle loro punte. Vide Emma fiondarsi verso il Prefetto dei Dioptase, Giada affaccendata con qualcun altro mentre degli altri compagni non riusciva a scorgerne alcun profilo.
    Quello però che riuscì ad individuare fu un corpo a lui fin troppo familiare. Un sorrisetto si dipinse sul suo viso, avanzando con grandi bracciate ad arco alle sue spalle con la ferrea volontà di farlo spaventare mentre cercava di sollevare uno dei bauli più leggeri. Niente parole sott'acqua ma il calore delle sue mani sulla sua pelle avrebbe dovuto riconoscerli. Avrebbe voluto semplicemente dirgli <b>«sono io» finendo però col virare su un piccolo bacio sarebbe stato lasciato sulla sua nuca, superandolo poi fino a raggiungere il lato opposto rispetto a lui. Un'occhiata al baule e poi una a lui, come a volergli dire: «almeno in questo siamo insieme». Meglio unire le forze e dividere il bottino con la propria metà che cercare di sopravvivere e trascinare qualcosa verso la superficie totalmente da solo. Sollevò l'indice, il medio e poi l'anulare e poi avrebbe cercato di recuperare il baule con Mc Callister.
    Fitz O'Connor

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    Azione 1: Cerca di recuperare il baule n.2 con Nicholas <3.

    PP
    Coraggio: 6
    Empatia: 6
    Intelligenza: 5
    Resistenza: 5
    Tecnica: 6
    Intuito: 5
    Destrezza: 6
    Carisma: 8
  7. .
    "La vita regala questi momenti di gioia nonostante tutto". Quella frase gli era rimasta impressa, insieme a tante altre in verità, di un libro di un'autrice nata a poche miglia dalla sua città natale. Per quanto fosse giovane secondo l'anagrafica, Garrett si sentiva più profondo, vissuto e provato rispetto ai suoi coetanei. O semplicemente era un vecchio dentro. Un vecchio dentro che stava vivendo uno strano periodo di calma, pari all'estasi ultraterrena se messa in confronto al suo passato.
    Mani in tasca, era al portone d'ingresso spalle al muro e caviglie incrociate. Era arrivato qualche minuto prima rispetto all'orario pattuito ma sperava che Mc Callister muovesse il suo posteriore il più in fretta possibile perché, nonostante la sua fase di buon umore fosse costante e continua nel tempo, odiava arrivare in ritardo. Il suo magifonino vibrò nella tasca dei pantaloni della sua divisa, tirandolo fuori e pregando silenziosamente che non fosse quella del dioptasio che lo avvisava di un eventuale ritardo. Era il fratello. Un verso a metà tra lo sbuffo e la risata lo colse. Persino quel testone era già arrivato al party. Spoilerare andava di moda negli anni dieci, aggiornati. Sebbene ci fosse stata un po' di maretta, nonché un paio di elefanti in mezzo al soggiorno, Fitzegarld voleva bene alla sua metà della mela anche se non era in grado di dimostrarlo come avrebbe voluto. Tienici un posto piuttosto, non specificò per chi fosse l'altro, non c'era il bisogno di farlo.
    Non appena intravide il profilo del suo *inserire qui parola giusta* l'irlandese lo afferrò per il bavero della giacca per tirarselo addosso e al tempo stesso scostarsi dalla porta, finendo con l'essere incredibilmente vicino a quelle labbra invitanti. Doveva resistere. «Non trovi che sia oltremodo oltraggioso che esistano anche qui la divisione per case?» Si avvicinò fino a scivolare con la bocca al suo orecchio, abbassando di diverse ottave la propria voce. «Immagina i vantaggi di avere i dormitori divisi solo per genere», sfiorò con le labbra la carne dell'altro consapevole già del guizzo dei muscoli lungo la colonna vertebrale.
    Indietreggiò di scatto, un sorrisetto da schiaffi sul volto e tre gradini già a separarli. «Muoviamoci, quel LAB mi sta fissando minaccioso da almeno un quarto d'ora».
    Il tempo da lì fino all'ultimo cartello fu troppo breve per i suoi gusti, ma dopo un «buongiorno» pronunciato con rigore verso i due uomini siti a quello che sembrava un verso proprio ingresso, si aggregò al gruppetto del gemello. «Forse per una volta ci hai preso, fratellino», il braccio a circondargli mollemente il collo per abbassarlo e scompigliargli la chioma ingestibile che si portava sin dalla nascita.
    Fitz O'Connor

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    Saluta prof ed ospite. Interagisce principalmente con Nicholas Mc Callister e quella piattola di suo fratello.
  8. .
    Fitzgerald trascinava i piedi sollevando, ogni tre passi, un po' di polvere e una manciata di pietrisco mentre avanzava sospinto dal movimento della folla verso il luogo designato per l'inizio della tre giorni di giochi made in Burke. Sembrava quasi che la vita vera stesse accadendo da qualche parte lontano da lui, visto che, mani in tasca, sembrava più seguire l'onda che cavalcarla. Per una volta non aveva la smania di primeggiare, guadagnarsi il posto in prima fila a suon di spallate -la cui colpa scaricava puntualmente su terzi- e sibili, perché sapeva che la sua destinazione fosse a non più di qualche centimetro di distanza da colui che era tornato a recriminarlo. O almeno così gli piaceva pensare.
    Ed eccolo lì vicino a Louise -o Louisa, non aveva mai registrato davvero l'ultima vocale del suo nome- bello come il sole, tanto da far male. Non era un amante delle prove sportive però l'aria di novità l'aveva portato a non prendere posto negli spalti accanto a chi aveva deciso di non scendere in campo. «Little sunshine», si era chinato al suo orecchio, sussurrando il saluto sulla pelle che sperava sollevarsi in quella che comunemente veniva definita pelle d'oca. Non sapeva il perché di quel nomignolo, tantomeno da dove provenisse, l'aveva semplicemente lasciato libero di volare fino a lui. «L'estate ti ha donata, ti vedo proprio in forma», si intromise l'opale nella conversione tra i due sulla scia delle parole del Dioptase prima di tacere per colpa della donna che aveva preso parola. Lasciò che l'ologramma brillasse su di loro, studiandone gli effetti della luce sul volto di Nicholas piuttosto che soffermarsi su quelle che sembravano torrette di guardia spuntate come funghi all'interno del perimetro. Così come i suoi occhi si puntarono sul fondoschiena di lui mentre erano in attesa del proprio turno per pescare l'oggetto che forse l'avrebbe portato lontano da Mc Callister. Sperava che il fato non fosse loro avverso. «Che Odino me la mandi buona» ed infilò la mano per pescare la sua condanna. O la sua gioia.
    Fitz O'Connor

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    Interagisce con Louise De Maris e Nicholas Mc Callister.

    Pesca l'oggetto.

    PP
    Coraggio: 6
    Empatia: 6
    Intelligenza: 5
    Resistenza: 5
    Tecnica: 6
    Intuito: 5
    Destrezza: 6
    Carisma: 8
  9. .
    Un giro, due giri, tre giri. L'anello dall'anulare sinistro viene sfilato via. Lo stringe in un pugno. Poi lo sposta fino alla punta delle dita. Lo rigira. Mani, corona e cuore. La punta di quest'ultimo graffia leggermente il polpastrello del medio. Lo blocca tra questo e l'indice e poi lo infila nell'anulare del destro con la punta del cuore rivolta verso il dorso della mano. Esco con qualcuno è il messaggio in codice di chi conosce la tradizione irlandese dell'anello. In realtà lui vi attribuiva il significato del provo qualcosa per qualcuno. Fino a qualche secondo prima di giocarci era sulla mano opposta, con la corona a baciare la nocca e il cuore a proiettarsi verso le dita affusolate: fidanzato ufficialmente, per lui in una relazione. Erano passate settimane da quando aveva assaporato le labbra di colui cui aveva affidato il proprio cuore, così tante da non ricordarsi più il suo profumo, la sua risata, il suo sapore. Settimane che si erano accumulate fino a diventare mesi, infinità, ma dove lui aveva sempre messo quel dannato anello, cimelio di famiglia, su quel maledetto dito nonostante il suo cuore divenisse sempre più una pietra. Come poteva continuare a battere se lui non c'era più? Lui ed il suo gemello. Strinse i denti. Neanche i suoi papà gli avevano voluto rivelare dove Brooklyn era andato a cacciarsi, limitandosi ad occhiate di compassione al suo dolore silenzioso.
    Un dolore che non era riuscito ad anestetizzare con lo studio e i successi scolastici e para scolastici, in misura minore alle sue aspirazioni iniziali. Abbassò lo sguardo su quel claddagh che lo sbeffeggiava con la speranza di riavere indietro il proprio cuore. Imprecò, a denti stretti.
    In un gesto di stizza provò a sfilarsi nuovamente il pezzo d'argento, per rigirarlo nuovamente tra le dita mentre i suoi piedi calpestavano l'ingresso del castello. Era nervoso, scattante, rabbioso. Voleva solo infilare quel dannatissimo anello al medio destro, il finale spigoloso del cuore ad accarezzare le falangi, in un chiaro: «vaffanculo a tutti, sono tornato su piazza, SONO SINGLE Parole che mascheravano odio...
    L'anello cadde a terra, iniziando una corsa verso l'infinito ed oltre. Lo seguì, con una frase che continuava a rombare negli orecchi: «No. L’odio è una perdita di tempo. Ho troppo da fare per mettermi a odiare qualcuno. Sto bene così». E doveva stare bene. Doveva solo recuperare quell'anello ed indossarlo. Tutto lì.
    Anello che arrestò il suo cammino davanti ad un paio di scarpe un po' consumate sulla punta. Rabbrividì. Non tanto per le calzature, quanto più per l'odore che arrivò a stuzzicargli le narici. La botta iniziale arrivò con il profumo del sandalo, forte, virile, spezzato un po' da quello pungente degli di pino bagnati dalle gocce di un temporale estivo. E poi il lieve, sensuale, aroma di caramello che inizialmente pensava provenire da un eccessivo consumo di dolciumi salvo poi scoprire che era l'odore naturale della sua pelle, proprio in quella porzione di collo poco sotto i lobi. Le sue papille registrarono il sapore mentre l'anello perdeva d'interesse, così come quel braccio teso ed una mezza parola di scuse si arrestarono quasi al loro principio. Che fosse...? Non voleva creare false speranze al suo cuore di pietra, non voleva essere uno stolto che credeva in tutto ciò che gli veniva messo sotto il naso senza accertarsene personalmente o fare almeno un minimo di ricerca. Poi lo vide. Quel panorama marino, in un mare celeste, fu il secondo colpo nonostante ne vide solo frammenti per via di quel braccio che spesso aveva sentito stringersi attorno al suo corpo. Corpo che ne riconobbe il peso ed il calore. Ma la scalata dal basso verso l'alto continuò, incontrando le clavicole delicate, il mento che si era affilato nel tempo e poi due pozze oscure incontrarono due confuse cioccolato. Un sopracciglio si arcuò, le labbra si strinsero fino a formare una linea dritta.
    Uno, due, tre secondi e poi si chinò per recuperare l'anello e stringerlo forte nel palmo della mano mentre ritornava in una posizione eretta. Guardandolo apertamente rigirò lo stesso tra le dita. Non sapeva cosa fare. Non sapeva cosa dire.
    Però poteva essere stronzo.
    «Pensavo che gli avessi dato fuoco, magari con te dentro al falò» -occhieggiò la copertina del libro che era stato un suo regalo, nonché la sua fottutissima dichiarazione d'amore- «No, che sbadato. Tu preferisci accendere la miccia e non guardare neanche l'incendio divampare, figurarsi camminare tra le ceneri». Ma nel dirlo l'anello trovò il suo posto. Anulare, cuore verso l'esterno e mano sinistra: era di nuovo in una relazione. Ma non ne era consapevole.
    Fitz O'Connor

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    Black Opal
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  10. .
    «Nick! Ehi, Nick!»Delle volte emigrare da una classe all'altra significava perdersi in chissà quale buco nero, triangolo delle Bermuda, tanto che un attimo prima stava seguendo la nuca di Mc Callister, con l'intento di raggiungerlo e tirarselo dietro in un angolo del corridoio prima di entrare in aula, ma l'attimo dopo puff, era sparito manco fosse il pronipote di Houdini. La verità era che il Dioptase gli stava fottendo il cervello e non solo quello. Più spesso era possibile vedere le sue labbra stiracchiate in ghigni più simili a sorrisi che alla solita frenata dal lanciare una maledizione senza perdono che si portava dietro da tutta una vita. Così aveva macinato le scale che lo dividevano dal dormitorio dei Black Opal, lasciando sul letto la divisa stropicciata per sostituirla con i pantaloni neri da tuta, una maglietta bianca a mezze maniche ed una felpa, di quelle aperte oversize, verde con sfumature grigie, un colore che ricordava fortemente quelli della sua casa di Hogwarts. Non si premurò di prendere nient'altro che la sua bacchetta, alla fine l'avviso in bacheca era stato chiaro: i libri non sarebbero serviti a nulla. Uno strano biglietto da visita per il nuovo docente. Ma non si preoccupò: era più interessato a rimettere occhi -e mani, bocca e lingua- sull'ex Grifondoro. Superò la porta come al solito, dato che sembrava come nessun cambiamento fosse stato apportato dal neo assunto, arrestando per un attimo il passo nel ritrovarsi davanti a qualcuno davvero giovane e dall'aria di un Tassorosso perenne. «Buon pomeriggio», salutò, dimentico di un appellativo, con lo sguardo già a volare prontamente verso i banchi alla ricerca di quegli occhi scuri profondi che avevano il potere di affascinarlo come poche cose al mondo. «Sei scappato, dopo la lezione dell'Ivanova», salutò, leggermente imbronciato, non volendo condividere con lui il fatto che avesse persino tentato di chiamarlo tra la folla che si creava nel cambio d'ora. Sarebbe stato troppo imbarazzante farlo. «Come ti sembra?» Chiese poi, dopo che il docente ebbe la cura di risparmiar loro dall'usare il nome di famiglia di difficile pronuncia, dimostrandosi affabile quasi quanto Maverick. Se le premesse erano le stesse del docente di magitecnica non avrebbe avuto nulla di cui lamentarsi. Si mise in fila anche lui fino ad arrivare davanti a lui e posare la mano sulla roccia-passaporta ed arrivare in un luogo molto più caldo rispetto ai territori inglesi. «Ma è tipo il Gran Canyon o come si chiama lui?» Avrebbe chiesto in direzione del docente, dopo essersi ripreso dalla passaporta che non era di certo dolce in fatto di nausee e strattoni. Ovviamente rigorosamente accanto a Nicholas. «Sì, decisamente...» gli fece eco, ma non guardando nella sua stessa direzione.
    Fitz O'Connor

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    Nicholas Mc Callister
  11. .
    Se Ensor non fosse stato il suo professore se lo sarebbe volentieri limonato. Chiaro nella sua malvagità, aveva fatto venire la cacarella a tre quarti degli studenti del biennio per il semplice fatto di aver ricordato loro come la parte pratica di una lezione fosse il peso maggiore nel voto finale. E poi vogliamo parlare di quel "66"? La perfezione sarebbe stata 66,6%, però poi sarebbe stata sul serio la mazzata finale ai ragazzi più fragili.
    Giovedì mattina, a qualche minuto dall'ora x, era possibile vedere studenti accingersi verso l'aula di DCAO neanche fossero dei condannati a morte che aveva espresso il desiderio di ottenere una cura palliativa da Kàra Onfroy, la docente che nelle sue mani stringeva le cattedre di Cura delle Creature Magiche ed Erbologia. Non si sentiva portato per quella che era stata denominata Magia Verde, ma questo non significava che non avrebbe preso sul serio quell'insegnamento. A differenza di Pozioni su cui aveva deciso di mettere una pietra tombale sulla docente stessa.
    Entrò in aula, seguendo il gregge ma distinguendosi da esso per eleganza e portamento, non lamentandosi quando gli artigli di Tortura dalla stata di Gargoile andarono ad affondare nelle sue carni. Stoico e rigido, lo sguardo già puntato su una chioma familiare e su cui si era fissato per diverse settimane. «Buongiorno, professori», un saluto asciutto, educato, privo di alcuna inflessione. Il calore veniva interamente raccolto per essere donato ad un'unica persona lì dentro: Nicholas. Il posto accanto a lui era vuoto, del gemello non c'era traccia, e quindi, per una volta, avrebbero potuto condividere qualcos'altro oltre le loro salive e drammi. «Ciao», le labbra si distesero in un sorriso caldo, ma erano gli occhi ad essere più sconvolgenti. Sembravano vivi, liquidi, caldi e solo perché c'era lui. «Dormito bene?» Non sapeva se potesse vedere all'interno della borsa la costa del libro che gli aveva regalato, ma se così fosse stato il ragazzino avrebbe perso un battito, poi un altro, perché se lo stava leggendo poteva comprendere il perché avesse cercato di firmarsi come Mr. Baker. In ogni caso, mentre lo sguardo sarebbe stato fisso sulla gola di quell'anfiteatro e sui due docenti, la mano di lui si sarebbe posata sul ginocchio dell'altro, stringendolo come avrebbe voluto fare con le sue labbra int-
    I pensieri furono interrotti dalla voce dei due professori che non poteva permettersi di rendere a sottofondo, non se voleva evitare una altra -ingiusta- orrorifica O. Di fuochi fatui ne era pieno il mondo e di queste le leggende ad esse collegate. Aveva trovato divertente il tentativo di spiegazione di un gruppo di scienziati babbani, che aveva ricondotto quegli esseri all'esplosione di zinco e chissà quale altro composto chimico. Insomma, tutto sarebbe andato bene piuttosto che ammettere l'esistenza di esseri dall'aspetto sovrannaturale. I babbani erano degli stolti ciechi e creduloni, ma anche lui per un piccolo periodo della sua vita non era stato che cieco di fronte alla realtà.
    E poi, dopo la domanda del suo ragazzo (?), anche lui alzò la mano. «Professoressa, perché i fuochi fatui si trovano sempre in luoghi considerati funesti? Solo perché è il loro habitat naturale o perché proteggono qualcosa?» Quanto ad Ensor, suo modello di virtù, fonte di ispirazione... beh, non si aspettava niente di diverso nell'abbaiare domande continue. Lui decise di rispondere all'ultima, scambiandosi un'occhiata complice -o voleva fosse così- con Nick.

    Tenendo in considerazione i soli incanti riguardanti le due discipline, mi servirei maggiormente di quelli facente parte la classe animale, come l'imposium, per tentare di ammansire i fuochi fatui oppure userei l'incantesimo respingente, un sortilegio d'attacco o anche quello delle pastoie. Troverei anche curiose le reazioni dei fuochi fatui ad un farfallus explodit, visto che possono quasi percepirsi come simili. Altrimenti, qualora fosse possibile uscire dai due insegnamenti, opterei senza dubbio sugli incantesimi mentali, magari privandoli del loro senso principale oppure per indurre strane visioni o comunque confonderli.

    Fitz O'Connor

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    Black Opal
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    Si siede accanto a Nicholas, fa una domanda alla Onfroy e risponde alla terza domanda di Ensor.
  12. .
    «Siete quasi più noiosi di me, oggi» salutò il gemello e la Beauvois che non gliela raccontavano giusta, andando a sedersi accanto ad un povero Aidan cui aveva sottratto involontariamente la sua (nuova) bella. Da lì, tra resistere alla tentazione di voltarsi a guardare apertamente Nicholas, non ridere ai vari ritardatari e a prestare attenzione alle due donne che quel pomeriggio avrebbero cercato di calamitare la loro attenzione con un tema forse fin troppo caro ad alcuni -se non tutti- presenti. Alla prima domanda della Ivanova anche Fitzgerald fece la sua parte sollevando la domanda e parlando solo dopo che la docente di incantesimi l'avesse invitato a proseguire. «La magia rossa , come hanno già detto alcuni miei compagni, è legata alla sfera sessuale, praticata attraverso atti sessuali per ottenere diversi effetti, come un desiderio sessuale maggiore o una soddisfazione di tutti i bisogni. Però può anche usata nella divinazione o nel rafforzare gli incantesimi tramite l'uso del sangue o altri tipi di tessuti, si basa anche sull'amore e sull'ossessione per il raggiungimento dell'oggetto desiderato». Una definizione standard la sua, ben lontana dal fervore che magari qualcuno aveva messo nelle sue parole. Una maschera a celare il tumulto interiore che lo stava attraversando, soprattutto quando venne posta la domanda sempre dalla bionda dell'Est su cos'era, per loro, il più importante dei sentimenti. «L'amore è il più grande atto di coraggio che si possa fare, sia esso verso un'altra persona, sia verso se stessi» e qui, una leggera incrinatura l'avrebbero potuta scorgere solo alcuni tra i presenti: Marlee, Nicholas e soprattutto Brooks. Un'incrinatura che in realtà nascondeva un pensiero più profondo e che non riuscì a pronunciare ad alta voce. «Sono fatto del venticinque per cento affetto, la restante parte è solo ossessione» In realtà l'avrebbe voluto urlare a qualcuno in particolare, ma l'orgoglio ebbe la meglio su di lui. Il che non era male visto che non appena la Vicepreside si acquietò aprì le danze la "protettrice" del calderone che però diede da pensare al povero irlandese. «Chiedo scusa, professoressa O'Neill, sta forse dicendo che noi ragazzi non siamo in grado di conoscere e riconoscere l'Amortentia solo perché il nostro apparato genitale è diverso da quello femminile?» In questo caso nulli erano stati i meccanismi di filtraggio del suo cervello, anche per la domanda successiva che finì col porre con sincera confusione sui suoi tratti. «Non le sembra di essere un po' sessista?» Un brivido a correre lungo la sua schiena, perché erano diverse le esperienze che lui e Brooks si portavano dietro per via della loro famiglia tutt'altro che tradizionale. «O forse sei solo più stupida di quanto appari», un pensiero che ebbe la decenza di tenere rigorosamente per sé. Ma a quanto pare, quel giorno, i Black Opal erano sul piede di guerra, stranamente compatti tra loro, con a capo un Brooklyn in tutto il suo splendore di ADHD. Ed oggi era anche piuttosto calmino, eh.
    Ad ogni modo, dopo essersi sorbiti le varie spiegazioni infinite degli ingredienti, dove su alcuni Garrett preferì lasciar perdere un tentativo di risposta come nel caso delle sirene, decidendo di appuntarsi sulla pergamena che alla fine aveva tirato fuori tutto quello che in realtà non gli tornava, in particolar modo sulla pozione che recava un nome che era il contrario di quello che faceva, a meno che...«Professoressa O'Neill, sempre io, ho qualche dubbio però». Ne approfittò infatti dell'angolo delle domande messo a disposizione della sua conterranea. «Il primo: sono necessari due capelli o uno solo? Perché da come ha appena detto sembrerebbe che il capello debba essere lo stesso sia di chi crea la pozione che della persona cui vengano poste delle domande. Forse voleva dire che servono due capelli, uno del creatore della pozione e l'altro per il destinatario della stessa? O che il capello del pozionista andrà a rafforzare la volontà di conoscere determinate risposte a determinate domande e quindi ne servirà solo uno?» All'indice che aveva sollevato in aria aggiunse il medio, proprio quando dalle sue labbra uscivano parole unite tra loro da tanti piccoli punti di domanda. «Il secondo: non ci sono limiti di privacy nelle domande da porre? Questa pozione, come le ha già fatto notare il mio gemello e Tom, non è paragonabile al Veritaserum? E quindi perché non è considerato illegale?» Lo scetticismo era visibilissimo probabilmente anche da altre galassie, così come uno strano fuoco da magiavvocato che sembrava lo stesse divorando. «Ben inteso che, secondo me, debba essere comunque etichettato dal Ministero come illegale perché va contro la volontà di una persona, a prescindere dal grado di delicatezza o difficoltà della domanda che viene posta». Una pausa e poi all'indice e al medio aggiunse l'anulare. Secondo alcune tradizioni era il dito legato al cuore, all'amore, dopotutto calzante al tema della lezione. O no? «Terzo: forse mi è davvero sfuggito il senso di questa pozione, quindi, se gentilmente, può tornare a spiegarlo nuovamente». E si servì della migliore delle sue facce d'angelo, oltre ad un tono rispettoso nei confronti dell'insegnante anche se forse il contenuto del suo messaggio lo era molto meno.
    Una volta avute le sue risposte, nel momento dell'ultima domanda sempre posta dalla pozionista la mano di Fitz avrebbe svettato senza grandi fatiche. «Vorrei provare a rispondere alla sua domanda». Pausina tattica e poi il via alla fiera del disagio. «In realtà non credo che si possa affermare con assoluta certezza che una persona non possa assumere più pozioni. In primis bisognerebbe fare una distinzione piuttosto semplice: parliamo di una pozione somministrata in più dosi in un giorno? Direi che qui dipenda da eventuali effetti del sovradosaggio. In realtà, tornando all'idea di "più pozioni" come assunzione di pozioni diverse assunte da una stessa persona direi che la risposta giusta sia: dipende». Stava sul serio diventando la parola del giorno quella? «Prendiamo ad esempio le pozioni curative: i medimaghi somministrano diverse pozioni ad un paziente, talvolta combinandole tra loro; altre volte mi è capitato di aver visto affumere dell'ossofast e insieme alla scacciabrufoli e non ricordo di aver visto alcun tipo di reazione». Le spallucce furono solo un tocco di classe. «Volendo uscire dall'ambito curativo potrei dirle che la risposta potrebbe essere dipende anche se un soggetto dovesse assumere l'Amortentia e il Veritaserum». A quanto pare quelle due pozioni sembravano voler divenire le vere protagoniste della lezione. Era forse un caso che queste fossero ritenute illegali? E che le volesse usare su qualcuno prima o poi? Affatto. «Dipende, infatti, che una potrebbe sopraffare l'altra o causare uno svenimento o altro effetto collaterale, oppure potrebbe non accadere nulla. Potrebbe dipendere anche da chi porrà le domande dopo aver assunto il Veritaserum e da chi prepara l'Amortentia. Se queste corrispondono, forse, anche in base alle domande potrebbe crearsi un effetto di confusione o chissà che altra reazione, ma se queste non dovessero corrispondere (le persone) non è detto che le due pozioni debbano entrare per forza in conflitto». Alla fin fine i suoi dubbi, se fugati correttamente, gli avrebbero potuto concedere non pochi risvolti interessanti al suo roseo, rossissimo, futuro.
    Fitz O'Connor

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    Risponde a:
    - domanda Ivanova su cos'è la magia rossa;
    - domanda Ivanova su cosa sia per lui l'amore;
    - pone una prima domanda alla O'Neil per quanto riguarda la sua affermazione sul fatto che "solo le ragazze conoscono l'Amortentia";
    - nella sezione "domanda ad Airwen" Fitz fa diverse affermazioni, domande e solleva dubbi;
    - domanda O'Neil sul perché una persona non possa assumere più pozioni.


    Si siede accanto ad Aiden, posto 8 fila B. Si interfaccia con Marlee Beauvais e Brooks Ryan O&#39;Connor. Guardicchia Nicholas Mc Callister.
  13. .
    Quando erano usciti gli accoppiamenti Fitz aveva pensato di esser nel bel mezzo di una candid camera. Scontrarsi con il fratello aveva alte percentuali di possibilità ma ecco avrebbe preferito un altro sfidante al suo posto. Certo, gli sarebbe potuto andare peggio tipo trovarsi contro Mc Callister e per quanto potesse risultare erotico il fatto di puntargli alla gola la bacchetta... beh, avrebbe preferito un'altra appendice del suo corpo.
    Chiusa parentesi quel dì finì col scendere in arena senza troppe pretese, con uno sguardo di biasimo -il suo, non della scrittrice- verso l'infermiere del castello che gli sembrava davvero toccato. Insomma, che radice si era tirato per sparare quella battuta? O forse era qualche osso pestato? Strani unguenti potevano trovarsi all'interno dell'infermeria e nulla vietava all'uomo di provarle. Ma ehi, al momento l'O'Connor intelligente -o almeno così gli piaceva credere- aveva altre gatte da pelare. Già consapevole dell'umore del gemello aveva raggiunto il centro della rena su una strada piastrellata che poteva far creder loro essere un fiume nel bel mezzo di una foresta di funghi giganti. Il pensiero di essere un moderno Alice nel paese delle meraviglie lo sfiorò per un attimo: che in realtà fosse uno tra Pinco e Panco? E perché Brooks sarebbe stato proprio Panco? «Questa volta cerchiamo di tenerci i gioielli di famiglia», disse con fare complice all'altra metà di sé, mentre Mave continuava a farneticare su Willy Wonka. Chi diamine era? Schiena contro schiena, poteva sentire il calore del corpo del fratello. «Se vinco io dovrai sistemare la camera per tutte le vacanze del se- ehm, primo anno», ben inteso come Natale -qualora decidessero di tornare a Galway- e quelle estive. Una vera e propria tortura. Per entrambi. «In bocca al lupo, Brooks». Da lì in poi dieci passi vennero fatti e nel momento in cui le bacchette vennero abbassate e poi levate nel classico segno di saluto Fitz cercò di scacciar via il pensiero di avere di fronte a lui sangue del suo sangue e attaccò. In un certo senso. Bacchetta puntata in direzione dell'avversario, precisamente il viso, e via con un banalissimo «densaugeo». Non era la prima volta sognava di farlo ma metterlo in atto era quanto di più appagante per il suo ego. Insomma che l'altro fosse il più bello tra i due era un dato di fatto così come lui poteva essere definito il tipo. Così, forse, avrebbe potuto tranquillamente togliergli lo scettro.
    Poi puntò ai suoi piedi ed un «tarantallegra». Alla fine quello era il ritratto perfetto di Brooks. Ah, l'amore fraterno. Subito dopo, qualora gli fosse stato possibile, avrebbe cercato di vedere se quei funghi che li circondavano ambo lati potessero tornare loro utili.
    Fitz O'Connor

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    Azione 1: densaugeo (I anno, fattura minore)
    PP di riferimento: carisma, 8
    CITAZIONE
    Nome: Fattura Allunga Denti
    Classe: Fattura Minore
    Formula: Densaugeo
    Movimento: Puntare il viso della vittima
    Effetto: Fa allungare in modo spropositato i denti della persona colpita
    Note: Causa al bersaglio un Malus a Carisma e Destrezza in base al proprio Carisma. Malus massimo Carisma/10 per eccesso.

    Azione 2: tarantallegra (I anno, fattura minore)
    PP di riferimento: carisma, 8
    CITAZIONE
    Nome: Fattura della Danza
    Classe: Fattura Minore
    Formula: Tarantallegra
    Movimento: Puntare i piedi della vittima
    Effetto: Provoca un movimento irrefrenabile delle gambe dell'avversario che cominciano a muoversi come se stessero danzando fuori da qualsiasi controllo.
    Note:Con Carisma > 15 la vittima, mentre balla, subisce un Malus di massimo -3 alle sue azioni.
    Con Carisma ≥ 35 la vittima, mentre balla, subisce un Malus di massimo -6 alle sue azioni

    Mezza azione: si guarda intorno per vedere se può usare i funghi in qualche modo

    CITAZIONE
    PP

    Coraggio: 4

    Empatia: 4

    Intelligenza: 5

    Resistenza: 5

    Tecnica: 5

    Intuito: 5

    Destrezza: 5

    Carisma: 8
  14. .
    La lezione di rune di quel giorno sembrava essere più: "chi spara meglio verso la sua personale croce rossa vince 100 punti", piuttosto del comando del docente che voleva semplicemente ricevere una risposta significativa legata alle antiche incisioni. Marlee, Amalea, Nicholas e persino Brooks avevano ferito con le loro spiegazioni; quanto a lui era sicuro di averlo fatto. Ne era certo, perché sentiva la nuca bruciargli dolorosamente. Forse il Dioptase non lo aveva guardato mentre estraeva Wunjo sotto lo sguardo vigile del docente, ma lui aveva sentito quella strana ed inquietante connessione che condivideva con lui bruciare. Da una parte finì davvero col ringraziare il gemello che rifilava stoccate alle sue ex migliore amica lasciandola esanime al suo posto, tutto pur di allontanare pensieri e congetture che quella runa aveva provato a sussurrare, con cui aveva cercato di aprire il suo sguardo. Lo aveva scacciato via, trincerandosi dietro una bugia.
    Il suo viso scattò, le spalle si sollevarono, quando il docente riprese a parlare non commentando più le letture degli studenti, quanto più proseguendo la sua lezione. Davanti a lui comparvero quattro zucche: una classica, una di ossa e messicaneggiante, una in cristallo -che sarebbe stata bene sulla cover di un album dei Pink Floyd- ed una metallica. Senza avere bisogno di provare a divinare qualcosa l'irlandese si sentiva attratto da quella in cristallo per il semplice fatto che nonostante fosse trasparente in realtà non si poteva vedere attraverso, scorgere cosa ci fosse al suo interno. Quella zucca gli ricordava se stesso. O almeno così gli piaceva credere. Quanto alle spiegazioni di Olwen sui diversi set runici che avrebbero trovato, fatto qualche istante prima dell'apparizione delle zucche, O'Connor era portato a credere che quello più interessante fosse quello fatto in osso. Si girò di poco verso il fratello osservando come fosse già intento a rovistare all'intero del suo sacchetto. Un sorriso sbilenco e poi anche l'Opale cercò di schiarire la mente, allontanando il più piccolo dei pensieri che avrebbe potuto interferire con il suo compito. Chiuse gli occhi, richiamando a sé il potere dei vecchi indovini, dei druidi e delle sacerdotesse di ogni credo. Inspiro ed espirò in un ciclo di tre. Il tre sarebbe stata la chiave di tutto. Tre come per terzo era il set in osso nella spiegazione di Olwen; tre come la zucca di cristallo; tre come le rune che avrebbe pescato per ogni zucca. Non si sarebbe focalizzato sui loro significati quanto più su come queste si sarebbero manifestate. Visibili o non visibili; dritto o rovescio; sì o no. La disposizione sarebbe stata la stessa per ogni zucca, lasciando che fosse il senso dell'orientamento e del tatto a lavorare al posto della sua vista. La prima runa sarebbe andata a sinistra, la seconda, invece, avrebbe occupato la distanza del suo indice posto in orizzontale, lasciando la runa vicino alla nocca. La terza sarebbe stata posta in alto, dopo che pollice e medio avrebbero calcolato la distanza tra la prima e la seconda runa, con l'indice a scattare in alto per individuare il terzo vertice. Nei fatti quello che avrebbe cercato di riprodurre sarebbe stato un triangolo isoscele, un triangolo che avrebbe potuto ricordare il disegno della punta di una freccia bidimensionale. Ancora una volta il numero tre. Tre rune per quattro zucche, tre rune che avrebbero cercato di indicargli la strada verso il sacchetto delle rune in osso. Quando terminò l'operazione di estrazione, Fitzgerald inspirò ed espirò per tre volte prima di sollevare le palpebre e vedere il risultato. Mannaz dritta, Perth dritta, Eiwaz al rovescio. Due sì ed un no. Per la zucca made in Coco ci furono due rune capovolte (e quindi non visibili) e il suo apice indicava Hagalaz dritta. Saltò direttamente alla quarta zucca. A sinistra vi era Sowilu dritta, a destra del triangolo una runa non visibile, all'apice Algiz dritta. Non si accorse di essere in tensione. Le spalle erano rigide, il cuore batteva frenetico e le mani erano sudaticce. Passare dalla seconda all'ultima zucca chiudendo gli occhi fu difficile, ma resistere alla tentazione meglio di Orfeo nell'oltretomba ripagò il suo sforzo. Alla terza zucca, quella di cristallo, trovo le rune dritte e visibili. Giubilo alla corte! Thurisaz e Berkana erano in sostegno, la base, le radici affinché Ansuz potesse brillare forte. Thor-Betulla, in supporto ad Asi. La protezione e la sicurezza a fondere energia all'onestà. Che le rune stessero cercando di rivelargli ancora qualcosa oltre al luogo in cui fosse nascosto il sacchetto che lui bramava? Scosse il capo, alzando la mano per attirare l'attenzione su di sé del docente. «Il sacchetto con le rune in osso sono all'interno della zucca di cristallo», nessun tentennamento da parte sua, la certezza ad armare le sue parole. Probabilmente aveva preso una cantonata ma non gli interessava: numero che si ripeteva nelle spiegazioni e nella richiesta dei tre sì utili per avere una risposta netta alla sua domanda.

    Fitz O'Connor

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    Il metodo di divinazione è piuttosto semplice. Viene posta la domanda: dove si trova il sacchetto delle rune in osso? mentre estrae le rune che dispone in un triangolo isoscele davanti a ciascuna zucca. Per il risultato di runa dritta, rovescio o capovolta mi sono affidata al lancio dei dadi.

    Per i dadi:
    • Un 3d6 per le tre rune. Pari significava runa dritta, dispari capovolta/rovescio;
    • Un d2 -o suo multiplo- per vedere se c/r, quindi pari rovescio, dispari capovolta;
    • Un d24 -o il numero di pari che usciva nel primo lancio- per capire quale fosse la runa ad essere uscita. Ogni numero corrisponde ad una runa della lista in manuale.

    Lanci:
    • zucca classica: 3d6: 2-6-3; d2: 2; 3d24 (perché rovescio): 20-14-23;
    • zucca Messico: 3d6: 1-3-4; 2d4: 3-1; rolld24: 9;
    • zucca metallica (ho davvero rollato per la quarta zucca prima, lol): 3d6: 4-5-2; d2: 1; 2d24: 16-15;
    • zucca in cristallo: 3d6: 4-6-2; 3d24: 3-16-9 (essendo 16 e 9 già uscite ho rollato un d24 a testa), quindi 3-18-4.


    Nicholas Mc Callister perché sì, non farlo sarebbe una eresia.
  15. .
    Il controllo. Era quello il suo segreto. Cercava di averlo, prenderlo ed esercitarlo anche nelle più piccole cose. C'era però un problema: l'imprevedibilità di determinate azioni, di persone. Il modo più facile per ovviare a tutto quello era uno: l'isolamento emotivo.
    Uno strumento di difesa, uno strumento di attacco che però aveva un solo risultato: la solitudine.
    Ora sarebbe più semplice comprendere la sua reazione alla runa che aveva pescato, a come avesse cercato di ferire, allontanare, con la sua spiegazione intrisa di becero scetticismo. Quello era quanto fosse trapelato, la sua facciata. In realtà tra coincidenze, stati d'animo, già sappiamo cosa sta accadendo sotto la sua scorza dura. Cercare di combattere, imbavagliare, soffocare quella recente ossessione lo stava consumando. Ignorare Nicholas Evan Mc Callister era facile quando era a lezione, a svolgere noiosi compiti o portando avanti la sua opera migliore; diventava difficile, impossibile, nel silenzio della notte, tra le cortine chiuse del suo letto a baldacchino. La prima volta che aveva lasciato correre l'immaginazione a dopo, a come sarebbero andate le cose se non avesse abbandonato quella panchina, era stato stordito dalla potenza dell'orgasmo; il peggio era stato il dopo, nel momento della realizzazione. Era corso -nel cuore della notte- sotto la doccia, strofinando forte fino a scorticarsi, come se ciò riuscisse a ripulirlo di quel peccato. Aveva giurato di non fantasticare più sul Dioptase, cercando distrazione nella sua comfort zone: il sesso sporco ed occasionale che gli altri studenti erano in grado di offrirgli. Peccato che l'eccitazione lo abbandonasse dopo un paio di colpi di lingua, con il cervello a segnalare come fosse sbagliato quel sapore semplicemente perché non era il suo. Da lì aveva cercato di trovare e ricevere piacere senza l'incontro delle bocche, ma... non c'era traccia di alcuna erezione. Lì, ma non quando finiva col pensare a lui, finendo col cedere all'autoerotismo con mente, anima e cuore rivolte a lui. Erano momenti di rabbia, di frustrazione, di piacere più assoluto.
    Ed ora...
    Ora era lì, il suo corpo che aveva reagito a quello scontro in modo così diverso rispetto alle sue parole. Aveva cercato di superarlo, lasciandogli capire quanto fosse difficile, di come fosse un pensiero costante per lui, con quel nome che l'aveva abbandonato con un gemito. Una debolezza che non voleva, non poteva, permettersi perché farlo avrebbe significato la sua fine.
    Aveva cercato di scappare, di nuovo, come il re dei codardi, fallendo miseramente complice il movimento che l'altro aveva prodotto con il mero scopo di arrestare la sua fuga. E da quelle labbra -che bramava su di sé, su ogni centimetro del suo corpo- uscì una nuova sfida. «Mi stai dicendo che tu» -avanzava verso di lui, spingendolo di fatto verso l'insenatura sicura che offriva il corridoio- «saresti mio L'accento volutamente posato sull'ultima parola. L'oscurità dei suoi occhi probabilmente animata da una luce pericolosa. Continuava ad avanzare fino a quando l'altro non avrebbe arrestato la sua corsa. Tra di loro neanche lo spazio per la più sottile delle pergamene. Si leccò le labbra, perché la loro vicinanza gli stava già facendo gustare il suo sapore. Perché il Grifondoro aveva centrato lui -stava in effetti scappando- ma questo, a rigor di logica, aveva fatto scoprire le sue carte. L'avrebbe avuto. «Solo una volta, così questa ossessione finirà», si disse, il pomo a muoversi lungo la sua gola. Un ultimo istante di lucidità prima di liberare la sua follia, la sua fame, baciandolo come se senza quelle sue labbra non potesse più vivere.
    Fitz O'Connor

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    I etched the face of a stopwatch on the back of a raindrop and I did a swap for the sand in an hourglass.
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