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Lunedì, 11 Novembre 2019
Ore 15.30
Sono passati ormai dieci giorni da quella fatidica notte.
Ognuno è tornato stanco e distrutto, non solo fisicamente, ma anche psicologicamente.
Eva aveva capito, in quella stessa notte, un sacco di cose per quel che riguardava lei. Una di queste era che a quegli studenti, tenesse più di ogni altra cosa al mondo, erano la sua famiglia e lei avrebbe fatto di tutto per difenderli.
Ma c'era stato anche dell'altro che era scattato dentro di lei: la paura di perdere qualcuno non aveva coinvolto solo i suoi studenti. Era scattata anche nel momento in cui aveva visto Samuel Black, docente di Alchimia e Trasfigurazione, essere attaccato da quella creatura che Naga aveva deciso di chiamare per tenerli occupati.
Per Eva era stata una sensazione strana, come se una freccia, l'avesse trafitta dritta nel cuore. Era qualcosa che eran giorni che cercava di spiegarsi ma ancora non trovava una soluzione.
Si era ripromessa che non ci avrebbe pensato poi troppo, visto che aveva altre cose da fare, ma il pensiero del docente era rimasto come un chiodo fisso nella sua testa.
Probabilmente lo avrebbe trovato strano anche suo fratello, se glielo avesse raccontato.
Tuttavia, un altro era il pallino che continuava a martellare nella testa di Eva: la sicurezza dei suoi studenti. Molti di loro erano stati buttati sul campo di battaglia, prima ancora che potessero aver compiuto almeno due anni di scuola. Inesperti, con un bagaglio di incantesimi scarno, che non poteva permetter loro di essere utili quanto volessero.
Era colpa sua? No, purtroppo i tempi erano stati quelli che erano stati, e lei non aveva potuto accelerare le cose.
Aveva passato il resto dei giorni successivi alla situazione di Naga, a passare dall'infermeria alle aule. Alternava il lavoro con l'assistenza e quando tornava in camera era sempre troppo stanca per fare qualsiasi altra cosa volesse.
Aveva visto le lezioni dei primi giorni essere vuote, e i pochi venuti tra i banchi, passavano il tempo con gli occhi calati.
Doveva fare qualcosa per riprenderli.
Lei era responsabile di tutti loro e avrebbe dovuto prendere in mano le redini, prima che a poco a poco, crollassero tutti.
Ma come?
Non aveva idee... era stanca anche per quelle.
Era per questo, che quella mattina aveva deciso di svegliarsi prima e di iniziare da subito a preparare la sua lezione. Si chiuse in studio e finalmente ebbe un'illuminazione: scese di corsa nella sua aula e iniziò a sistemare tutto il necessario.
Il risultato?
Quando entrate in aula, troverete dei banchi triangolari, con tre sedie ciascuno, sparse nel lato destro della stanza, nella parte dove siete sempre stati abituati a fare le lezioni teoriche. La parte alla vostra sinistra, il campo pratico, al momento sembra celato da una barriera opaca che non vi permette di vedere cosa c'è dall'altro lato.
L'entrata la conoscete e anche la modalità per entrarvi, quindi non dovete fare altro che entrare e prendere posto.
Alla lavagna non troverete scritto altro che una frase: «Vietato aprire le pergamene.», infatti, quando vi siederete, noterete che sui vostri banchi ci saranno dei piccoli rotolini di pergamena, legati con un nastrino azzurro.
Al vostro arrivo, Eva è seduta dietro la cattedra, gamba accavallata, intenta a scrivere qualcosa su delle pergamene. Sul suo lato sinistro ci sono i compiti che avete fatto ad Ottobre.
Ad ogni vostro saluto, risponderà con un sorriso dolce e accogliente ed un cenno del capo.
Nell'aria c'è un delicato odore di vaniglia che rende la stanza un pochetto più accogliente di una classica aula da studio.SPOILER (clicca per visualizzare)//Benvenuti piccolini miei, a questa prima lezioni di incantesimi.
Non dovete fare altro che prendere posto.
I banchi hanno posti per tre persone, come avete potuto vedere, quindi voi accomodatevi come preferite, in base alla coerenza del vostro personaggio, consapevoli che potrei farvi qualche scherzetto al prossimo post ma niente paura, non sarà alcunché di spaventoso ♥
Vi invito a leggere la descrizione dell'aula che trovate qui, dove troverete le modalità per accedere all'Aula di Incantesimi.
Rimango a disposizione per delucidazioni e informazioni varie, riservandomi il diritto di non rispondere qualora potessero svelarvi i segreti di questa lezione
Vi chiedo una cosa molto importante, che valuterò ai fini della buona riuscita della lezione: coerenza.
Data Scadenza per Entrare in Orario: 17.11.2019, h 23.59By Annah.Belle. -
Joshua B. Evans.
User deleted
SPOILER (clicca per visualizzare)EDIT: Il banco di Josh dovrà essere occupato da Jesse ed Elisabeth perché... in quest abbiamo sofferto troppo poco, perciò vogliamo farci male
Edited by Joshua B. Evans - 15/11/2019, 22:31. -
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by SPOILER (clicca per visualizzare)Io metto lo spoiler anche se ora non serve gne. E così al prossimo post me lo ricordo xD La parte in corsivo ovviamente è il sogno e.e E niente, entra in aula come un cadavere e muore sul banco u.u. -
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.“Come on skinny love what happened hereMia non era riuscita a darsi davvero pace, nonostante fossero passati ormai dieci giorni da quella terribile notte. Ai suoi già pregressi incubi si ne erano aggiunti di nuovi, e nonostante si fosse ripresa quasi del tutto dallo shock e dai danni fisici subiti, non poteva dire di sentirsi davvero in forma. C’era comunque cose per cui avrebbe dovuto gioire, per esempio nessuna delle persone che conosceva si era fatta davvero male, Charles stava bene ed era andato a trovarla un paio di volte mentre si trovava ancora in infermeria, anche Tess nonostante la terribile esperienza era riuscita a riprendersi –almeno a livello fisico, ed era già qualcosa-, eppure non sembrava abbastanza. Non riusciva a togliersi dalla testa l’idea che avrebbe potuto fare di più, che avrebbe dovuto impegnarsi di più, anziché lasciarsi prendere dal Malboro e diventare pressoché inutile. Come se fosse stata davvero colpa sua…!
Quella mattina, nonostante avrebbe dovuto affrontare una delle sue lezioni preferite, scese dal letto con ben poca voglia di alzarsi e vestirsi. Si trascinò per la stanza recuperando un paio di jeans e un maglioncino senza nemmeno badare a quali fossero –su questo le piaceva vincere facile, avere un armadio composto da massimo quattro tonalità diverse le garantiva un aspetto ordinato anche col minimo sforzo-, cercando se non altro di non arrivare in ritardo. Il suo appetito ultimamente scarseggiava ma anche per non far preoccupare Tess si obbligò a mangiucchiare qualcosa prima di dirigersi verso l’aula.
Il poco sonno la stava portando all’autodistruzione, era certa che continuando così avrebbe finito per impazzire, ma non aveva alcuna soluzione e temeva che non ci fosse niente in grado di farla sentire meglio. Dopotutto, per quanto avesse passato la sua intera vita a fare la parte dell’adulto, almeno verso sé stessa, rimaneva una ragazzina di sedici anni e a quell’età qualsiasi tipo di ostacolo appare enorme e invalicabile. Certo, c’era da dire che i traumi non le erano stati risparmiati, ultimamente, e che la sua situazione era peggiorata dalla sua testardaggine e dal fatto che preferisse apparire sempre tranquilla e disponibile, faticando a condividere il proprio dolore e le proprie preoccupazioni con gli altri. Forse, se si fosse concessa di essere più debole, se si fosse permessa di mostrarsi fragile, avrebbe potuto sorprendersi del conforto che avrebbe ricevuto in cambio, ma Mia era ben lontana da arrivare a quella conclusione. Se non altro la presenza di Tess e di qualche altro amico, che si stava sorprendentemente guadagnando nell’ultimo periodo, erano un sollievo per le sue spalle appesantite da tutti quei problemi.
Se c’era qualcosa, però, di cui era estremamente consapevole era l’atmosfera che ora si respirava nell’Accademia: era chiaro che chiunque avesse partecipato a quella notte ne fosse uscito cambiato e le sembrava di poter sentire sulla pelle il peso e l’importanza di quei cambiamenti. Ormai aveva paura di chiedere troppo, di andare oltre, di risvegliare in uno qualunque dei suoi compagni ricordi spiacevoli e forse anche per questo tendeva ad essere ancora più silenziosa e chiusa del solito. Arrivata davanti alla porta dell’aula pronunciò un ”Alohomora” a mezza voce, quasi avesse paura di disturbare, e poi scivolò nella stanza silenziosa, stringendo con una mano la tracolla della propria borsa di cuoio marrone. Si diresse nell’ala della stanza riservata ai banchi, senza prestare troppa attenzione a ciò che la circondava, ma non mancò di sentire un leggero odore di vaniglia inebriarle i sensi e rilassarla, almeno in parte.
Come sempre puntò alla prima fila, da brava alunna “modello” –o almeno questa era sempre stata la sua inclinazione- e come sempre trovò @Adamas già seduto al proprio posto. Se non fosse successo nulla appena dieci giorni prima si sarebbe seduta con tranquillità, lo avrebbe saluto con un sorriso gentile e magari gli avrebbe fatto anche qualche domanda, ma in quel caso si avvicinò quasi temendo di disturbarlo. Non le servì molto per capire che lui, così come Jessica, poco distante, erano nella sua stessa condizione: tutti quanti provati da ciò che era successo. Non voleva disturbare la ragazza, che sembrava davvero stanca, e anche se avrebbe voluto avvicinarsi e offrirle il suo supporto si limitò a scegliere il posto più vicino al suo senza però condividere il suo banco. Le rivolse un’occhiata e un leggerissimo “Ehi…”, senza però essere troppo invadente, lasciandole il suo spazio.
Si avvicinò quindi ad Adamas e gli sfiorò piano una spalla, nel modo più delicato e gentile che conoscesse. “Posso?” domandò quindi, incerta, sperando che al ragazzo non desse troppo fastidio la sua domanda o la sua presenza. Nel caso di risposta positiva si sarebbe seduta al suo fianco, aspettando che anche gli altri compagni la raggiungessero.Mia Freeman-SHEET-
"Parlato" - "Pensato"- "Ascoltato"[code by psiche]
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.«Being brave means knowing that when you fail, you don't fail forever.» - Lana Del ReyDieci giorni e si era già tornati direttamente in aula. C'era tensione e disagio nonostante si cercasse di fare in modo da sorvolare. Ma inevitabilmente quell'esperienza aveva segnato un po' tutti, nel bene e nel male. Theresa s'era presa del tempo per prepararsi con calma, aveva abbandonato i suoi soliti accessori che la contraddistinguevano per l'avere un look un po' punk/goth e poco a poco aveva iniziato sempre più a vestirsi in maniera più semplice e colorata. Perchè i teschi, il nero e il disagio che questi gli rievocavano ricordandole brutte cose erano ancora un qualcosa di difficile da affrontare e non era pronta per portarne il peso.
Nikolai era al corrente delle sue condizioni. Il non riuscire più ad articolare parola non aveva alcun tipo di collegamento con traumi di tipo fisico, ma unicamente una situazione di blocco emotivo che presto o tardi avrebbe elaborato da se non senza un po' di aiuto e di sostegno da parte delle persone accanto a lei. Welmer s'era fatto sempre più apprensivo, le loro telefonate si riducevano a lui che parlava e Tess che stava zitta o il più delle volte provava a mugolare per rispondergli, ma per fortuna c'era suo fratello a cui partecipava ben volentieri e movimentava un po' il tutto, rassicurando suo padre con cui aveva ripreso dei rapporti decenti e stimolando le risposte di Tess nell'interagire. Doveva ammettere che se non ci fosse stato lui a sostenerla, non sapeva che fine avrebbe realmente fatto. Doveva moltissimo a lui e tutto l'affetto che finora non gli aveva dimostrato, era via via ogni giorno più forte e più sincero, il loro legame fraterno non solo si era rinsaldato ma era cresciuto molto di più.
Leonoor guardò sua figlia e ne accarezzò i capelli bruni. C'erano loro due, una staccionata e tre barattoli vuoti impilati su di essi. C'erano solo loro in quell'immensa distesa di verde e campagna, ed erano all'incirca a tre metri da questi. "...Concentrati Tessy." Le disse in un soffio mentre con la presa salda e decisa si accostò alle spalle della figlia e direzionò la revolver, mostrandole in quale modo dovesse tenerla tra le mani. "No, non così, l'impugnatura va presa a fasciatura-... Vedi? Ecco, la destra va qui, ed è la mano dominante, quella che premerà il grilletto. La sinistra va su di essa e l'accompagna."
"Scusa mamma, ma nei film fanno vedere che si usa una mano sola, perchè io devo usarne due se è una cavolata sparare?" La donna mora sorrise e poi spiegò con calma "I film sono pura finzione e solo gli idioti sparano con una mano sola. La sinistra serve a far questo." E le spostò la direzione lentamente "Prendi la mira intanto che cerchi di familiarizzare con questi concetti. Lo vedi come si sposta più facilmente la tacca di mirino e mirino? Così avrai una maggior precisione nel target." "S-si... Si è più facile così, è vero! Chefforza!"
"Mpf... Facciamo un gioco adesso... Conta e poi quando ti senti pronta spara."
1-...2....-3! BAAAANG!
Il colpo fu troppo veloce, Tess premette sul grilletto ansiosamente e quello schizzò via impazzito, nonostante stesse perfettamente mirando al barattolo che aveva di fronte
"Hai strappato, chi ti ha detto di contare fino a tre?"
"Ouhhn! Cazzo! Ma perchè non ci riesco?!" "Ti sei messa fretta. Continua a contare anche fino a sei o a dieci, non fermarti... Lentamente il dito scivolerà fino al punto in cui sarai sorpresa dal colpo. Non c'è ritmo, non c'è tempo. C'è solo il tuo tempo Tessy. Riprova pensando a tutto ciò che ti ho detto."
Se la destra sono io... E la sinistra è Nikolai. Io sono la potenza che scaturisce il fuoco premendo il grilletto, la mia mano sostiene con una presa salda il rinculo della pistola che altrimenti sbanderebbe ovunque. Nikolai è la mano che direziona il mio colpo, mi guida. Il colpo invece-... E' uno scandire del tempo che poco a poco farà sì che quel proiettile partirà e colpirà il bersaglio.
"Sei ...Sette, otto.." BAAAANG!
Il barattolo era stato colpito ed era volato a terra, fumava ed aveva un bel buco nel centro.
"Così! Questo vuol dire sparare. E adesso torniamo dentro, che zia ci sta aspettando per i dolcetti."
Suo fratello probabilmente sarebbe giunto da lì a poco per darle una mano ad entrare nell'aula ma nel frattempo, perchè non avrebbe potuto mettere a frutto quel vecchio consiglio. Okay, la bacchetta non era una revolver, ma anche lei poteva essere un'arma, forse il concetto era lo stesso.
"no... ue... t-tre... qua-... cin-..." Inspirò profondamente incominciando a contare in un mormorio stentato
Sei... Sette... Otto....
"Ah-ah-..Lohnun!" Si sforzò di articolare le parole che le morirono in gola. Strinse l'impugnatura della bacchetta tra le dita e ci riprovò.
Uno ... Due... Tre ... Quattro
Puntò la bacchetta contro la serratura e focalizzò l'immagine di una chiave nella mente.
"Auhlomo-... arhan!"
Niente. Ancora una volta.
E proprio mentre suo fratello era nel corridoio, che la stava raggiungendo, lei agitò la bacchetta, fasciandone la presa con entrambe le mani.
La mano sinistra comanda, la destra direziona. Uno... Due... Tre... Quattro... Cinque....
"A-alohmora-..."
Bisbigliò ma con decisione e una breve luce scaturì dalla bacchetta e si propagò fino all'interno della serratura. TLA-TLACK! L'aveva aperta.
Sorrise con incredulità e una contentezza affatto trattenuta mentre gli occhietti azzurri guizzavano verso il fratello, attendendolo prima di entrare per mostrargli il risultato. Poi una volta che fu dentro chinò il capo rispettosamente verso la docente ed anche verso gli studenti. Si soffermò cercando posto a fianco di Mia Freeman ed Adamas lasciando però a Nik, lo spazio più vicino a quest'ultimo dato che ci teneva particolarmente al fatto che i due tornassero a parlarsi e ad avere un rapporto genuino come prima del 31 ottobre. Con Blake Barnes la questione era più spinosa, ma avrebbe trovato il modo di far riappacificare anche loro.Hear me scream, feel my rage, RevelioGDR.. -
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.“Se devo avere poco scelgo di avere nienteBlake
BarnesUna discussione infinita con suo fratello per il fatto che non aveva più la sua bacchetta. Davvero gli aveva levato la bacchetta e l'aveva data ai suoi prefetti? Doveva ammettere che la cosa non solo gli rodeva intensamente ma era anche una coa che lo innervosiva più di quanto già non lo fosse dopo quel 31 ottobre. Una giornata allucinante ma sopratutto assolutamente di merda. Blake che non sapeva gestire se stesso adesso non solo doveva farlo per forza ma doveva farlo per il bene e il sentimento che provava per Lilith Clarke. Era tutto così assolutamente strano che non sapeva neanche come definirlo. Da quando lei era tornata in quell'accademia lui non faceva altro che stare fuori la porta dei Dioptase, se era necessario si addormentava li e non si sarebbe schiodato da quella porta fin quando non sarebbe torato tutto come prima. Lilith non parlava, lo abbracciava, si stringeva a lui, ma ogni volta che lui cercava di capire cosa fosse successo nel dettaglio lei si chiudeva ancora di più e con i gesti quasi lo supplicava di non insistere. O comunque era quello che lui percepiva. Blake stava impazzando. Era completamente impotente davanti a tutto quello, non sapeva cosa fare per lei e per aiutarla, non sapeva con chi prendersela - se non con tutto il mondo- perchè lei non gli diceva chi le aveva fatto male. Insomma, cavolo! Non si poteva andare avanti in quel modo. Il suo socio era diventato quasi un piccolo nemico, la sua migliore amica era stata lesa anche lei ma allo stesso tempo aveva avuto un compito ben preciso, Aaron non faceva altro che stargli addosso, e poi Eilidh. CHI CAZZO ERA QUESTA? Insomma gli esplodeva il cervello un minuto si ed anche l'altro. Senza contare il fatto che avrebbe voluto prendere tutti quelli che si dichiravano amici suoi a pugni. Nikolai, Joshua, Erik, lo stesso Jesse, la stessa Elisabeth, ed anche Lucas - ma lui più per partito preso che per altro - Insomma cominciava a pensare che se non avesse ricominciato a prendere a pugni qualcuno o meglio un sacco sarebbe impazzito prima della scadenza di quell'anno, senza contare che novembre era uno dei mesi che odiava di più! Faceva freddo era sempre buio e non riusciva a concentrarsi per niente. Stupidi compiti e sopratutto stupidi professori che non capivano che in quel momento delle lezioni e dei compiti in generale a lui non fregava veramente una minchia. La professoressa Ivanova aveva dato il suo annuncio della lezione e lui non voleva andare neanche per sbaglio, ma Lilith aveva bisogno di andare a lezione e sopratutto ricominciare la sua vita da prefetta e da perfettina e da secchioncella. Non poteva non accompagnarla, non poteva non stare con lei. Non parlava, come poteva fare una lezione di incantesimi? Si alzò presto e cercò di sfilare la sua bacchetta, ma niente non ce la fece,mandò una maledizione mentale a suo fratello e allo stesso Jesse e poi andò con la sua divisa da Opalino davanti al'apertura della stanza dei Dioptase. Non si rendeva neanche più conto di quanto le ragazzine del primo anno gli sorridessero o comunque gli facessero vari ammiccamenti, aspettò semplicemente la sua riccia e quando la vide le sorrise. Ehi! Quando la vide uscire la prese per mano e le diede un piccolo bacio sulla guancia, all'angolo della bocca. Era successo qualcosa qualcosa a cui non voleva neanche pensare. Le pasò un braccio intorno alle spalle e la strinse a se andando verso l'aula di incantsimi. Una volta li alzò gli occhi al cielo riprendendosi la sua bacchetta dalle mani di Jesse e scuotendo il capo. Rifarei le stesse cose tremila volte!Lo bofonchiò quasi prima di puntarla verso la porta. Alohomora! Disse poi mettendosi la bacchetta in tasca e sorridendo a Lilith. Sarebbero entrati insieme, non l'avrebbe persa di vista neanche un attimo. Oramai poteva dire che viveva in sua funzione. Doveva capire cosa diavolo le era successo ed una volta capito, beh, Blake non sapeva cosa avrebbe fatto ma sicuramente sarebbe andata meglio. Buongiorno Prof! Sorrise quasi strafottente andandosi a sedere all'ultimo banco con affianco Lilith. Nelle lezioni precedenti non si erano mai seduti vicini perchè Blake era il classico tipo che le sue cose sentimentali preferiva viversele nell'intimità dei fattacci suoi, ma adesso non era importante, non era assolutamente importante niente di tutto quello. Vide la pergamena, ma lungi da lui dal leggere la lavagna! Sono fortunato ad essere seduto vicino alla più brava della classe! Sussurrò a Lilith prima di posarle una mano sulla coscia ed accarezzargliela leggermente. Perchè non voleva parlare almeno con lui? Cazzo!✕ schema role by psiche. -
.Elisabeth LynchI lunedì le sembravano infiniti, portatori di sfiga e tristi. I babbani avevano addirittura eletto il primo giorno della settimana come il giorno dei sentimenti per lo più depressivi e negativi. Eppure il lunedì poteva essere visto come il giorno delle nuove possibilità, dei nuovi inizi e della speranza di una vita diversa. In quale categoria apparteneva lei? Un tempo sicuramente del primo schieramento, ma ora... ora le sembrava di essere divisa a metà. Sia chiaro, odiava ancora il giorno dedicato alla luna, anche se non ai livelli di prima. Quanto le era successo nell'ultimo mese continuava ancora a tormentarla, soprattutto di notte e quando si avvicinava nei pressi del lago, ma tutto sommato era ancora felice di sentirsi viva. Respirare, mangiare, sognare, perdersi nei suoi pensieri, passare del tempo con gli altri erano divenuti più frequenti -rispetto ai suoi standard, sia chiaro- ma da qui a sorridere ce ne passava di acqua sotto i ponti. Tante erano le cose non ancora dette, chiare nella sua vita -e, forse, non lo sarebbero mai state- eppure non voleva sprecare nulla, neanche il più piccolo momento. Essere vicina alla morte, poi, le aveva fatto rivedere alcune priorità. Non tutte, perché andiamo... come poteva venir meno ad un incarico affidatole nientepopo'dimenoche dal fratello di Blake l'aspirante suicida? Come ogni mattina, in quegli ultimissimi giorni, aveva ripreso il catalizzatore dell'amico dal nascondiglio che aveva ricavato -una tasca segreta all'interno del suo baule dove nascondeva la bacchetta all'interno di un paio di vecchi e bitorzoluti calzini dalla fantasia improponibile- e l'aveva infilata nella tasca interna del suo mantello per poi passarla o al legittimo proprietario, qualora una lezione richiedesse l'uso del legnetto, o al suo partner di vigilanza, Jesse Lighthouse. Con il biondino avevano persino stilato una bozza di turni, con lei per lo più notturni, vista l'impossibilità per i ragazzi nell'accedere ai dormitori delle ragazze, e con lui a vigilare più da vicino il pazzo quando il sole splendeva in alto nel cielo. Ormai era diventata anche quella una routine, con la Prefetta che borbottava un buongiorno e passava la bacchetta all'altro preferendo i giorni in cui Blake si trovava tra i due, proprio per farlo impazzire di più e fargli odorare -letteralmente- quello che aveva perso per un suo delirio di onnipotenza. Questo non significava affatto che lui fosse una persona cattiva, solo un po' troppo grifondoro per i suoi gusti, visto che il cervello sembrava lasciarlo ogni giorno sul suo comodino. Però si sa': i pavoni sono belli e non si può di certo odiarli.
Con quei pensieri si era diretta fino al terzo piano, arrestato il suo passo, lento e costante, solo quando si trovò davanti la pesante. Afferrò la sua undici pollici e disegnò un arcobaleno -ovvero un semplice arco- partendo però da destra per concluderlo al suo lato opposto e simmetrico. Alohomora! La serratura sarebbe scattata e lei avrebbe spinto il battente per fare il suo ingresso nell'aula. Aula che sembrò subito diversa, presentando dei banchi davvero curiosi, a forma di triangolo -un po' come la sua vita sentimentale? o forse quella figura geometrica non era esattamente quella idonea a rappresentare tutta la matassa che in realtà era presente- ma sempre e comunque rigorosamente bianchi, dando ulteriore luce alla stanza. Buon pomeriggio, professoressa. Salutò la bellissima responsabile della cattedra di Incantesimi, per poi lasciar scivolare il suo sguardo tra i presenti. Rimase sorpresa nel trovare anche gli studenti del primo anno, per il solo e semplice fatto che si era dimenticata dell'avviso apparso qualche giorno prima. Ma fu quando le iridi cerulee virarono verso la parte sinistra della stanza, dove erano soliti esercitarsi con gli incantesimi appresi, che la Lynch si sentì mancare l'aria. Una barriera, che seppur di colore e sostanza diverse, le ricordo quella che l'avvolgeva mentre sentiva venir meno le proprie forze per colpa di quella donna che l'aveva rapita. Chiuse gli occhi, potendo avvertire distintamente il rumore delle pesanti catene di ferro, le lacrime che le rigavano il volto e le urla che si era lasciata sfuggire quando la sua pelle stava bruciando. D'istinto portò una mano sul fianco destro, lì dove evidenti erano ancora i segni di quello che le era successo. Una cicatrice che le sarebbe rimasta per il resto della vita. Si sentiva in apnea, come quando aveva provato a resistere a quel dolore sordo e continuo che aveva solo finito con l'ottenebrarle la mente. Spalancò le palpebre di scatto, cercando un viso, qualunque viso le fosse familiare, per ancorarsi a un qualcosa che fosse reale e non frutto delle sue paure.
E com'era successo la notte del 31 dicembre, il primo viso che trovò fu quello di Joshua Benjamin Evans. Anche se da quella notte si erano praticamente evitati, con lui piuttosto sfuggente dopo che era tornata ad Hidenstone, il suo inconscio non ascoltò la ragione che quasi urlava di non andare da lui e di continuare quello stupido gioco di silenzi. Dannazione, lui le aveva detto apertamente che le piaceva, lei l'aveva implorato di tornare da lei, dopo aver salvato le altre rapite. Come diavolo erano finiti in quella situazione? Tremante, con lo sguardo sgranato si diresse fino a quel tavolo dalla figura geometrica che suonava quasi quanto un avvertimento. È libero sì? Quella domanda suonò più come retorica, lasciando che il suo corpo scivolasse su quella seduta, adagiando la borsa a terra. Solo quando levò lo sguardo si accorse anche della presenza di Jesse. Provò ad abbozzare un sorriso, ma tutto ciò che uscì fu una smorfia che non faceva altro che accentuare il suo stato d'ansia, insieme allo sguardo spaurito verso la barriera smerigliata(?). Pensa ad altro. Vedi altro. Distraiti. Cercò di rimproverarsi, lasciandosi pervadere dall'alone vanigliato che si respirava nell'aula della sempiterna Ivanova, mentre le pupille si muovevano frenetiche alla ricerca di qualcos'altro che non fosse la barriera o l'eventuale imbarazzo che la sua presenza avrebbe creato ai suoi due compagni di banco. Lo trovò in qualcosa che era stato scritto alla lavagna. Dovette socchiudere un po' gli occhi per mettere a fuoco quanto c'era scritto. Vietato aprire le pergamene. Una verifica? Sul serio? Certo, la Ivanova era lontana anni luce dal loro malefico responsabile, ma questo non significava che potesse essere come il suo collega. Anche se bisognava ammettere che aveva classe nel presentare il loro compito in classe con una pergamena stretta da un nastrino azzurro. Per caso mi sono persa che c'era un compito? Domandò ai due, salvo poi soffermarsi su Evans. Perché non me l'hai detto? Stava davvero riversando la sua frustrazione sull'ametrino con la scusa di un compito a sorpresa? Sì, e se lo meritava anche tutto. Sbuffò un poco calando lo sguardo su quel piccolo rotolo posto proprio sulla sua seduta, reclinando di poco il volto per vedere se dal piccolo buchino riuscisse a leggere qualcosa. Niente. Nada. Nisba. Sbuffò nuovamente, virando la sua visuale sulla porta, sentendola aprirsi. Sperava che fosse Jug -perennemente in ritardo, anche se nell'ultimo periodo si era mostrato molto presente con lei- e che soprattutto non si offendesse del fatto che fosse seduta con altri e non con lui. In fondo, non era proprio lei ad aver scelto quel posto, no? La Ivanova. Tutta colpa della Ivanova e della sua stupida barriera. E ingoiò l'ennesimo boccone vuoto, mentre una parte di lei non smetteva di tremare.❝Can you get a clue?❞CODICE ROLE SCHEME © dominionpfSPOILER (clicca per visualizzare). -
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Dieci giorni.
Erano passati solo dieci giorni da quella fatidica notte, aveva passato quel distacco dall'Accademia, a casa di Blake e Aaron, unico posto dove si era sentita realmente sicura. Inoltre, la conoscenza con Eilidh, per quanto lenta e mirata, non sembrava andare tanto male, anzi...
Lilith vedeva in Eilidh quello che lei sarebbe voluta diventare, con l'unica differenza che il ramo in cui sarebbe voluta eccellere era interno al Ministero.
Chissà se lo avrebbe potuto ancora fare.
Tuttavia, erano tornati alla normalità, tra le mura dell'Accademia, le stesse mura che l'avevano data nelle grinfie di una pazza isterica, che voleva risucchiare la loro energia, per ringiovanire.
Tutto quello che era successo in quella foresta aveva dei vuoti che lei ancora non riusciva a colmare. Tutto quello che girava intorno al rapimento, era una strana macchia di nebbia che lei non riusciva a smacchiare.
L'unico spiraglio di aria, ultimamente, era Blake. Oddio, spiraglio di aria insomma. Era sempre costantemente presente e questo a lei non dava fastidio, anzi... però non riusciva ad essere, con lui, quella che era prima.
Si sentiva vuota, stanca, rotta...
Ogni cosa che il ragazzo faceva, lei non riusciva ad apprezzarla come voleva. E sentiva dentro di sé, che questo lo avrebbe solo ferito. Per non parlare di tutte le volte che aveva cercato di avvicinarla anche fisicamente. Era come se l'odore di quell'uomo le impregnasse ancora le narici.
Lilith provava un senso di inadeguatezza addosso, che faceva da condimento a tutti i suoi problemi e ai suoi incubi. Ormai la notte, doveva avere una lucetta accesa vicino al letto per essere sicura di riuscire a vedere cosa ci fosse nella stanza, cosa che la portava a rimanere sveglia perché continuamente all'erta su ogni fiato che volasse in quel luogo.
Ed oggi c'era lezione, come ogni mattina, come tutte le mattine da adesso in poi, avrebbe dovuto riprendere la sua posizione sia a livello di studio, sia come Prefetto, non c'era tempo da perdere. Eppure... si sentiva così fredda, così stanca.
Ad aspettarla fuori c'era Blake, lui era diventato una costante che quasi ringraziava Merlino che fosse lì presente.
Il braccio del ragazzo le cinse le spalle e lei abbozzò un sorriso. I suoi occhi non brillavano più come prima, erano di un azzurro spento, quasi sporco di cenere, i capelli erano diventati bianchi, come se ancora non avesse ripreso il giusto colore della sua nascita.
Blake sembrava essere diventato più affettuoso, ma allora perché lei non riusciva a ricambiare quel suo affetto?
Riusciva solo ad abbracciarlo e piangere tra quelle braccia.
Stava facendo tanti sforzi per lei, come per esempio rinunciare a tanto tempo con i suoi amici, per poterle star dietro e lei ne era grata, ma ogni secondo che passava, la sua poca voglia di respirare, bussava alle porte.
A proposito di porte. Lilith aveva con sé la sua bacchetta, così come i suoi appunti e i suoi libri, ben riposti nella borsa. Perché? Non riusciva a studiare, non riusciva a parlare e non voleva farlo.
Con Eilidh non erano ancora arrivate al punto in cui sbloccava il dialogo con gli altri, quindi tentava di farsi capire con lo sguardo.
Blake aprì la porta e la riccia lo guardò con un sorriso misto tra il malinconico e il grato, quindi lo seguì, calando la testa, cercando di non incontrare sguardi alcuni.
Aveva paura.
Si vergognava..