Lezione biennio - Ottobre

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    Se doveva essere sincera Mia non pensava nemmeno di essere capace di portare a compimento quella lezione e si sorprese quasi quando vide i ratti e i ragni venire colpiti dai suoi incantesimi e retrocedere.Non si era accorta di aver così tanto paura di cose del genere fino a che non se le era trovate davanti e faticava ancora a pensare lucidamente e tornare padrona di sé stessa. Certo, i suoi incantesimi avevano avuto effetto sulle creature che aveva di fronte ma chiaramente aveva potuto ben poco contro quelle che aveva già addosso che comunque, indebolite, continuavano a farsi sentire. Lottò parecchio contro la nausea e lo shock del momento, cercando di infilare una mano sotto la divisa, in un momento di estremo coraggio, e liberarsi anche degli ultimi ospiti indesiderati. Per quanto potesse suonare assurdo e stupido quello era addirittura più difficile degli incantesimi che aveva appena fatto e che avevano richiesto ben più concentrazione. Era costretta a toccare quelle creature, a stringere la presa nel caso decidessero di divincolarsi e lanciarle il più lontano possibile sperando che raggiungessero l'armadio insieme a tutte le altre e sparissero dalla sua vista. Anche solo pensare di farlo richiese qualche minuto, e impiegò lo stesso un attimo per convincersi di potercela davvero fare. Quelle zampette, quella sensazione... In un attimo di coraggio si liberó di ciò che aveva addosso alla bell'e meglio, anche se non riuscì a liberarsi quasi per nulla della sensazione che fossero ancora lì, contro la sua pelle. Dannazione, che schifo! Rabbrividì e fece un istintivo passo indietro, come se quello potesse aiutarla a liberarsi quantomeno di quella spiacevole sensazione.
    Istintivamente, quasi senza rendersene conto, puntò la bacchetta verso l’armadio. ”Colloportun!” pronunciò con urgenza, e anche se forse non era nemmeno necessario l’idea di aver rinchiuso il mutaforma da dove era venuto riuscì quasi a farla stare meglio.
    In quel momento la voce di Joshua B. Evans riuscì a riscuoterla dal torpore nel quale si stava rifugiando, tutt’altro che tranquillo e confortante. Si distrasse giusto in tempo per voltarsi verso di lui e accennare un leggero sorriso, contenta di vederlo apparentemente integro e, per quel che ne poteva dedurre, vittorioso. Non era sicura di come avesse sconfitto le sue paure, e non era nemmeno convinta che le sue parole potessero averlo aiutato davvero, ma a quanto pareva doveva aver fatto almeno la differenza. Sorrise sorpresa, rilassando appena le spalle e cercando di dimenticare per un attimo quel che aveva appena vissuto. Comprendeva l’imbarazzo del ragazzo, immaginava che non si aspettasse qualcosa del genere non perché lei avesse fatto chissà che cosa ma perché da come si stava ponendo le sembrava quasi scontato che si aspettasse di essere lui il più “coraggioso”, proprio perché il più grande.
    Era contenta di aver in qualche modo cambiato le sue convinzioni, e infondo apprezzò quel complimento anche se non era certo lì per vantarsi, era più che altro sorpresa anche lei di esserci riuscita. “Figurati, non è colpa tua, era una situazione particolare, hai fatto quel che potevi” cercò di confortarlo, sincera dal momento che non aveva certo ragione per mentire.
    “Sei stato bravo comunque, sei riuscito a superare la prova!” gli fece notare poi, fiera davvero che anche il suo compagno di prova fosse riuscito nell’impresa. Non mancò di guardarsi poi intorno, consapevole che non avrebbe potuto fare molto per aiutare i suoi compagni ancora in difficoltà ma provando quasi il bisogno di avvicinarsi ad Adamas, Jess o Tess e provare ad aiutarli in qualche modo, pur di saperli al sicuro. Sapeva bene che non si trattava di persone con cui aveva già chissà quale rapporto, ma in ogni caso era sempre così, quando qualcuno le faceva una buona impressione finiva sempre per cercare di essere la versione migliore di sé stessa. Eppure le sembrava quasi di sentire gli occhi di Ensor addosso e per questo non si azzardò a fare molto altro, non voleva rischiare e ancora era abbastanza provata dal test da avere paura che quella creatura, per qualunque ragione, tornasse a farsi viva.

    Mia Freeman-SHEET-
    "Parlato" - "Pensato"- "Ascoltato"

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    Jessica Veronica Whitemore
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    Come aveva pensato inizialmente, quella non si sarebbe rivelata una lezione tranquilla come quella di... ok no, nessuna lezione era mai tranquilla in quella scuola, ma quella di Difesa stava superando se stessa. Avrebbero dovuto affrontare un molliccio, nel migliore dei casi, ma avrebbero potuto trovarsi davanti anche un qualsiasi altro mutaforma che avrebbe aggredito gli studenti senza pensarci due volte, per la gioia di Ensor. Ma il suo sembrava nient'altro che un molliccio, perché non la stava attaccando, almeno non fisicamente. In quanto alla psiche della povera ragazza... beh, quella era tutta un'altra storia. Era straziante pensare al corpicino di Alex sul fondo di quel burrone insieme allo zio e lei che non poteva farci nulla rimaneva lassù, impotente. Avrebbe voluto gridare, avrebbe voluto raggiungere il figlio. Salvarlo. Il dolore la squarciava come il taglio di una spada, ma doveva resistere. In cuor suo sapeva che era una sorta di "simulazione magica" e che Alexander in realtà stava dormendo tranquillo in dormitorio o giocando con qualche elfo. Solo il pensiero del piccolino con un grosso sorriso stampato sul volto e il suono della sua risata nelle orecchie fecero tornare un po' di calore al suo corpo, freddo e tremante per lo shock di ciò che aveva appena visto. Ma non sarebbe durato a lungo, no, la creatura aveva altri piani per lei, per loro. Sogghignò in modo per nulla rassicurante e la fossa parve riaprirsi, mostrando un abisso senza fine. Non sapeva cosa dire o fare, avrebbe voluto buttarsi ma aveva la consapevolezza che sarebbe finita contro il duro pavimento e non solo per il fatto che tutto ciò non era reale, ma anche perché la figura losca avrebbe impedito qualsiasi ricongiungimento, anche dopo la morte degli affetti della ragazza.
    Sperava che se ne andasse, che tutto finisse... ma sapeva di essere l'unica ad avere il potere di fermarlo, pronunciando un semplice Riddikkulus che in quel momento non era in grado di pronunciare. Le parole le morivano in gola ogni qualvolta aprisse le labbra per recitare l'incantesimo. Improvvisamente davanti ai suoi occhi si parò la figura di quello che doveva essere il figlio, ma allo stesso tempo non ci assomigliava. Un grumo di sangue e carne sarebbe stato molto più efficace per descrivere ciò che la povera Opalina si trovò davanti. In quel momento avrebbe tanto voluto che i Black Opal fossero affiancati a qualcuno, avrebbe tanto voluto che Blake non avesse portato il docente a prendere quella decisione, avrebbe tanto voluto che qualcuno la incoraggiasse, in quel momento... ma sapeva di non potersela prendere con il compagno Opale, anche lei aveva un carattere forte... tranne in quelle situazioni. Da un lato però, ciò che stava succedendo poteva essere un ottimo banco di prova per il futuro. Non sapeva a cosa sarebbe mai servito, ma prima o poi, quando meno se lo sarebbe aspettato, avrebbe potuto succedere qualcosa...
    I suoi pensieri furono spazzati via non appena le sue iridi scure riuscirono a posarsi sul figlio senza farle avere conati di vomito. Un mucchietto di bambino cosparso di macchie di sangue, come se avesse il morbillo, steso in una posizione che nessun essere umano normale sarebbe mai riuscito ad assumere. Aveva i piccoli arti piegati in una posizione troppo innaturale per essere vera. Tutta quella scena sapeva di morte e disperazione; non sarebbe potuta essere descritta con aggettivi più miti. Le chiare pupille rivolte verso l'alto, ormai era visibile solo la sclera bianca, bianchissima. Anche quel piccolo particolare sapeva di morte. Adesso sei sola sibilò la voce in un tono che, se fosse stata una persona, sarebbe parso allegro. Sì, quella persona era felice di fare del male e godeva oltre ogni misura a procurarlo. Non hai più nessuno, sei sola... continuava a ripetere, quasi fosse un disco rotto. Non potrai far affidamento più su nessuno, nemmeno sui compagni di scuola... continuò con il suo sibilo degno della peggior specie di serpenti. ...prima o poi anche loro ti lasceranno sola. Basta!! Esclamò la corvina, nell'intento di far star zitto l'essere. In cuor suo non sapeva se dargli ragione o torto, ma in ogni caso quelle frasi la ferivano. Jessica non ne poteva più di vedere quella scena che ad ogni secondo passato, le faceva sprofondare il cuore ancora di più nell'oblio. Con mano tremante estrasse la bacchetta. Non l'aveva attaccata, quindi l'incantesimo che sapeva di dover usare, avrebbe dovuto funzionare. O almeno ci sperava con tutta se stessa.
    Puntò la bacchetta verso la figura incapucciata e con voce dura e senza tracce di indecisione, urlò Riddikulus! Si era asciugata le tracce di lacrime con il braccio e ora guardava la scena davanti a lei con odio e rabbia. Nessuno poteva trattarla così, nemmeno uno stupido molliccio portato da uno stupido Ensor. Nel caso l'incantesimo avesse funzionato quindi trasformando la scena in qualcosa di incredibilmente buffo, Jess sperò che si trasformasse in qualcosa di esilarante -almeno al pensiero- come Elisabeth pelata -non si era dimenticata del trattamento che la compagna le aveva riservato in cabina- o ancora meglio Ensor stesso pelato e magari nudo (così oltre che divertente sarebbe stato un buon modo di rifarsi gli occhi). Continuò a sperarci per tutto il tempo, sperando quindi anche che quell'orribile visione finisse.
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    Erik Foster | Ametrin | II anno
    Erik non era abituato a rimaner senza parole. Era un carattere estremamente amichevole e compagnone, infatti anche nei momenti di maggiore tensione tendeva a straparlare per evitare al silenzio di frapporsi tra se stesso e i problemi che la vita lo costringeva ad affrontare. Se rimaneva a bocca asciutta la situazione doveva essere davvero critica. Il suo alter ego licantropo era tanto credibile quanto terrificante. Il folto pelo contornava una figura estremamente grande, gli occhi famelici non aspettavano altro di veder la propria preda perire e le zanne affondavano i denti sulla figura che aveva riconosciuto come sua madre. Era troppo? Assolutamente sì, ma il Molliccio non aveva intenzione di fermarsi. Subito dopo comparve Blake e il licantropo balzò addosso a lui. NO, NON ANCORA! BLAKE, SCAPPA! SCAPPA! Eppure non riuscì a dir nulla.
    Tremava, indietreggiava, passava la destra davanti ai propri occhi per coprirseli, ma manco potesse prevedere i suoi movimenti il licantropo attese che l'ametrino sbirciasse prima di staccar il collo dell'Opale con una poderosa artigliata. Divorò quel che rimaneva del suo corpo e se lo gustava con un piacere quasi innaturale.
    Lì riconobbe se stesso. Mostrava la stessa espressione soddisfatta che l'ametrino aveva quando gustava il suo amatissimo tiramisù, purtroppo però quel mostro non si stava cibando di un dolce a base di mascarpone e caffè, bensì di uno dei suoi migliori amici. Il sangue si sparse in una scena del crimine, ignaro del fatto che il vero crimine fosse il non agire.
    Poi comparve Jesse con il suo solito sorriso. Lo salutò con la mano sinistra, ma l'Ametrino non ricambiò il saluto. N-NO! JESSE, SCAPPA! CORRI! Troppo tardi. Il licantropo aveva fiutato il suo odore e rivolse a lui lo sguardo. Vide il terrore sul volto del suo amico e tentò di scappare, ma fu inutile. Cadde a causa dello spavento e il lupo lo afferrò per una gamba. Lo avvicinò a sé e lo lanciò proprio sopra il cadavere di Jesse, a pochi centimetri da quello di sua madre. Fermati, ti prego! Non far loro del male! Bastò un repentino movimento del braccio per squarciare il petto del ragazzo a cui si era tanto affezionato. Flotti di sangue uscirono a non finire e un pallore impressionante si diffuse sul viso di Erik. Si stava sentendo male. Respirava a fatica, sentiva mancare le forze e il cuore batteva ad un ritmo del tutto irregolare. Dovrei far qualcosa. Dovrei salvarli! Era ormai tardi per questo. Portò entrambi i palmi in avanti, poi sentendo ringhiare il lupo le abbassò di colpo e la destra tastò la durezza della bacchetta. Io. Non. Sono. Un. Eroe. La tirò fuori e la puntò contro la minaccia. Cosa voleva fare con quella? Se fosse bastato così poco Dean sarebbe riuscito a fermarlo mesi fa. Eppure qualcosa devo pur fare. Non posso lasciar che le cose vadano così. Devo vendicare i miei amici.
    Pensieri felici. Pensieri felici. Pensieri felici. Doveva scindere la realtà dall'illusione che gli si era palesata davanti. Di fronte a sé aveva un Molliccio, un Non-Essere che si nutriva delle paure e lui gliene stava offrendo a non finire. Ok, devo sgombrare la mente. Doveva ritrovare la lucidità che gli avrebbe permesso di affrontare al meglio la prova. Chiuse gli occhi per non guardare e provò ad immaginare nella sua mente il classico cubo con manovella che si tendeva a regalare ai bambini, quello che una volta carico faceva uscire un pupazzo. Ecco, immaginava la montagna di cadaveri come un grande cubo color pelle, i bracci erano la manovella e il lupo in questione sarebbe stato il peluche che ne sarebbe venuto fuori. Doveva essere di un azzurro pastello, caratterizzato da occhi molto grandi, bocca sorridente e sopracciglia tali che nel complesso gli davano un'espressione piuttosto innocente. Era sufficiente per garantirgli la risata? Non ne era certo, ma doveva provare.
    Riaprì gli occhi e con uno spirito nettamente diverso sospirò. O la va o la spacca. Il lupo era ancora lì, stava godendo come un riccio tra tutti quei cadaveri, circondato da tutta quella carne. Quello dovrei essere io. Mi faccio schifo.
    Riddikulus! Esclamò con un tono di voce grave, colpevole e oppresso, quasi come se fosse stato davvero lui ad uccidere tutte quelle persone. La paura era tanta perché reale. Il Molliccio lo aveva posto davanti ad una prospettiva verosimile e vedere tali immagini fu letteralmente disarmante.

    RevelioGDR
     
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    Ametrin
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    Lucas Jughed Jones
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    un ragazzo sogna sempre di essere in un gruppo, rock: tutto è più grande della realtà.
    Ogni singolo attimo che passava in quella lezione, sembrava non terminare mai.
    Cercava mille modi per uscirne sano e salvo, ma pareva che ogni volta che ci provava, non ci riusciva.
    Quella volta la colpa sarebbe stato di un Molliccio.
    Possibile che il professor Ensor si divertisse a rovinare la loro vita?
    L’immagine che gli si palesò davanti era difficile da interpretare per chi non conosceva la psiche e il passato di Jones, ma per lui, invece, fu un dolore al petto continuo.
    Non pensava che un non-essere potesse essere così crudele e capace di riprodurre alla perfezione scene di paura che erano racchiuse nella mente di un essere umano.
    Quella roba non era stata venduta, quella merce non era finita nelle mani di chi doveva comprarla, lui aveva fallito, così come aveva fallito nel difendere Elisabeth Lynch.
    Ora lei giaceva sui corpi ammassati, insieme ai suoi genitori, priva di vita, come se le fosse stata risucchiata totalmente da quell’energumeno che stava approfittando di quella debolezza per farlo fuori.
    Lui non voleva diventare come il restante della sua famiglia, lui non voleva crescere i propri figli con soldi sporchi, non desiderava che la sua donna fosse protetta da una massa di delinquenti.
    Voleva ripulire il suo nome, allora perché era ancora lì? Perché aveva permesso a quell’uomo di cancellare questo suo desiderio e farsi strada nella sua vita, distruggendola?

    Lucas si inginocchiò, vedendo il corpo di Elisabeth privo di vita. Più osservava quella scena, più ogni pugno sapeva di meritarselo, non poteva non essere picchiato per aver fatto uccidere la ragazza più bella che lui avesse conosciuto.
    E poi niente sarebbe stato pari al dolore che stava provando vedendo quel volto con gli occhi chiusi: quelli stessi occhi che non gli avrebbero più sorriso, che sarebbero rimasti chiusi … per sempre.
    Doveva reagire? Ma cosa avrebbe risolto? Nulla gli avrebbe riportato Liz indietro, vero?
    Le parole di incoraggiamento di Andros, a inizio esercitazione, gli tornarono in mente “facciamo il culo a questi Mollicci.”
    Erano mollicci, non erano reali.
    «Fanculo, stronzo! Tu non esisti, sei solo una brutta copia di un personaggio di qualche film americano stupido!» urlò contro quello che era il molliccio in questione, quindi poi prese coraggio e con le gambe ancora tremolanti, cercò di sollevarsi.
    Provò a puntare la bacchetta verso il Molliccio e… « RIDDIKULUS!» la forza con cui lo disse, sembrò quasi fargli esplodere le corde vocali. Voleva che sparisse, in qualsiasi modo avrebbe dovuto farlo sparire.

    Ma veniamo ad Andros, la sua paura stava diventando sicuramente più reale e la cosa preoccupava il ragazzo Ametrino.
    «Ma che… un mannaro!» sgranò le glaciali iridi, quindi, cercando di tenere in mano la bacchetta in maniera salda. Non poteva intervernire, doveva incoraggiare, giusto? Maledizione ad Ensor e alle sue regole del cazzo.
    «Oh, dai Andros! Caccia le palle, fratello! Quel coso deve avere paura di uno come te, sei tu che comandi! Punta la tua bacchetta e mandalo via, mandalo lontano! Fai vedere chi comanda, che puoi farlo! Io sono qua!» insomma, non era proprio il massimo dei capi ultras.

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    Elisabeth Lynch
    Prefetto | Black Opal | II anno
    Il suo urlo venne ovattato da una spessa nebbia che l'avvolse in un abbraccio, impedendole di trovare un qualsiasi punto di fuga, nonostante, con la bacchetta stretta forte nella mano, si girasse continuamente su se stessa alla ricerca di un piccolo spiraglio di luce. Ma quella non era solo un ammasso di piccolissime goccioline d'acqua, sospese nell'aria, da apparire come fumo ai suoi occhi. In quell'aria fredda, condensata, c'era qualcosa che finì con il farle perdere sensi.
    Forse poteva essere un bene la perdita di contatto con la realtà, forse Ensor o qualcuno dei suoi compagni le avrebbe dato una mano, ma... quanto sarebbe stato umiliante per il suo ego? Lei era abituata a vedersela da sola, a non appoggiarsi a nessuno e se non ce l'avesse fatta si sarebbe impegnata di più per riuscirci.
    Brutta cosa la testardaggine, ma mai quanto il risveglio.
    Il risveglio fu terribile.
    Gli occhi vennero spalancati ma sembrava non esser cambiato nulla rispetto alla condizione iniziale, dato che tutto, intorno a sé era buio. Buio e stretto. Ma anche morbido, come se si trovasse su di un materasso con persino una barriera lungo tutto il profilo, protettiva, e stranamente morbida, come se fosse seta, un tipo di stoffa che poche volte aveva conosciuto. Un suono sordo arrivò sopra di lei, come il rumore delle grandi gocce di pioggia che si infrangevano sulle finestre e sui tetti, senza però essere avvolta dal classico odore inconfondibile di terra e umido. A dir la verità non riusciva a percepire nessun rumore, se non l'odore di quanto avesse consumato provenire dal suo alito, come se qualcosa lo facesse rimbalzare. Il ritmo del suo cuore iniziò ad accelerare, la sua testa a girare, nonostante fosse immobile nella posizione supina e la sensazione sgradevole di respirare il suo stesso fiato, perennemente. Oh, no. Gli occhi si spalancarono ancor di più, sovraccaricando i cristallini per cercare di schiarire quel buio che l'avvolgeva con scarsi risultati. No, no, no, no. Cercò di alzare le braccia ma le mani, con il loro dorso si scontrarono contro qualcosa di duro, producendo un suono vuoto. No, no, ti prego, no. Ormai il panico aveva incrinato la sua voce, mentre le mani, ormai girate, cercavano di tastare ciò che aveva su di sé, alla ricerca della benché minima discrepanza sulla superficie. Aria. Doveva seguire l'aria. Con i polpastrelli cercò di rintracciare una piccola apertura, ma in quella posizione le risultava tutto difficile, persino respirare.
    Non può essere vero, non può essere vero. Ripeteva con voce flebile, iniziando a tempestare con i pugni su quella che era la sua personalissima bara, fatta su misura, per quanto poco gioco avesse. Una cosa di gran classé per un futuro lontanissimo, ma che al momento contribuiva solo ad accentuare il suo panico e la paura di morire per mancanza di ossigeno. Andiamo, ragiona, cosa apre le serrature? Ma quella non era una serratura, dove un Alohomora sarebbe bastato nell'impresa. Le serviva un qualcosa di più specifico. Qualcosa che aveva appreso l'anno precedente nell'aula dell'Ivanova. Ricordava i visi di quella lezione, con Jones a qualche banco di distanza da lei; ricordava perfino l'odore dell'inchiostro, ma non quella formula dell'incantesimo Dissigillante. La bacchetta, dov'è la mia bacchetta? Interruppe il battere i pugni sincronicamente, per far tastare le sue mani sul suo corpo, sollevando, per quel che riusciva le gambe, nell'eventualità che la sua bacchetta fosse finita in qualche piega della gonna o nei pressi dei suoi piedi. La trovò sul suo fianco destro, all'interno di una piega del tessuto di seta che foderava la sua bara. L'afferrò, passandosela sulla destra, mentre cercava di trattenere il fiato per non consumare quel poco di ossigeno che le restava, nonostante i polmoni, per lo sforzo, richiedessero di più.
    Avanti, prova a ricordare! L'immagine di una linea con la doppia freccia alle stremità insieme ad un "x2" messo nero su avorio della pergamena, le diedero l'input di come il movimento sarebbe dovuto essere un movimento orizzontale della bacchetta, a destra e a sinistra, ripetuto per due volte.
    Sentiva la solidità della sua bacchetta di ciliegio tra le dita, ma pur sforzandosi era impaurita dal fatto che sarebbe rimasta bloccata lì dentro fino a morirne. Non sapeva però se per mancanza d'ossigeno o per la paura.
    Ciste aperium No, non poteva essere quella, eppure c'era vicina. Nel mentre il pugno sinistro tornò a battere contro la cassa, con forza, mentre i suoi denti venivano digrignati per non cedere alla volontà di respirare. E se non dovesse funzionare? Ensor ha detto che se attaccavano erano Mutaforma, non Mollicci. Ed il suo l'aveva appena inglobata, ma quello su cui stava puntando avrebbe funzionato? Forse! Se solo si fosse...
    Una lampadina si accese, mentre la voce calda dell'Ivanova, con un forte accento russo, cercava di insegnar loro la corretta pronuncia dell'incanto che avrebbero aperto scatole, bauli e casse. Avrebbe funzionato anche con una bara?! Non le restava che tentare. Fece indietreggiare il gomito, per tenere sollevata al meglio la bacchetta, iniziando a tracciare una veloce linea orizzontale, per due volte, a destra e a sinistra, mentre con il fiato che aveva cercato di risparmiare pronunciò la formula. Cistem Aperio! Se l'incantesimo fosse riuscito avrebbe dovuto sentire il rumore della serratura che scattava per permetterle poi di spingere con entrambe le mani fino a smuovere la terra che man mano andava posandosi sulla sua tomba.
    Ma qualora quel suono non avrebbe raggiunto le sue orecchie avrebbe agito con la forza, muovendo il polso armato del suo catalizzatore con una stoccata verso il coperchio della sua cassa in quello che era uno schiantesimo a tutti gli effetti, con le labbra a schiudersi per permettere al suono prodotto dalle corde vocali e diaframma di lasciar libero l'incanto. Expulso! Un incantesimo che vedeva molto nelle corde di Barnes, ma che richiamava il <i>Farfallus Explodit
    che tanto le piaceva, e che avrebbe potuto persino farla esplodere, se avesse avuto fortuna.

    "Parlato" - 'Pensato' - "Ascoltato" | Scheda | Stat.
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    Azione 1: Cistem Aperio
    PP di riferimento: Intelligenza, 7.

    Qualora dovesse fallire, azione 2: Expulso
    PP di riferimento: Coraggio, 9.
     
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    Jesse A. Lighthouse | Prefetto Black Opal
    Le fobie paralizzavano ed avevano una base irrazionale e pertanto apparivano poco gestibili. La paura evocata dal Molliccio per Jesse non rientrava in questa categoria, il che, in vero, non era un grosso miglioramento, giacché affondava le sue radici nella parte più profonda dell'Io del ragazzo, vertendo sui suoi dubbi, le sue insicurezze e la sua visione del mondo.
    Non era qualcosa che si poteva semplicemente affrontare, ridicolizzare o razionalizzare, del resto, era già razionalizzato e dato, in ultima analisi, come vero.
    Quindi come avrebbe fatto l'opale a rialzarsi ed affrontare quell'essere, che in fondo non era neanche la sua vera paura, ma semplicemente qualcuno che la poteva enunciare col massimo orrore?
    'Cosa?!' il dolore avevapiegato il prefetto in due, ma quando due nuove voci comparvero egli dovette alzare la testa 'Erik... Blake!'
    Ironico come tutti e tre i ragazzi avessero evocato gli altri. Probabilmente il professor Olwen di fronte a tanta dedizione avrebbe coniato una nuova runa a triangolo, mentre qualche ragazzina si sarebbe bagnata immaginando una ship a tre, ma a presiedere quell'ora era Ensor, quindi, al massimo, egli si sarebbe messo a vomitare prima di ardemoniarli tutti.
    'Non anche voi... non anche loro!' il Molliccio aveva evocato altre due varianti del suo più grande incubo, che immediatamente riportarono alla luce le sue più grandi ansie dell'anno precedente ed attuale, al punto che era difficile ricordarsi di come fosse tutta una farsa generata da uno spirito che voleva essere lasciato in pace, soprattutto perché lui si era svegliato più di una mattina pensando che quello sarebbe stato il giorno giusto per essere mollato.
    Ma non era mai successo 'E non succederà mai...'
    Non fu facile per Jesse dirselo. Il solo pensarlo lo spaventò a morte ed evocò in lui le lacrime, ma quando lo fece fissò intensamente la trasfigurazione di Erik, focalizzandosi solo ed esclusivamente su di lui.
    Jason aveva assunto un tono rassegnato più ancora che deluso, mentre i due compagni di scuola erano in questo più sprezzanti, ma tendenti allo schifato. Il solo guardare quegli occhi distanti e vuoti di Erik gli gelava il sangue nelle vene, ma nonostante tutto una parte di lui sapeva come fosse tutto finto, sicché, osservarlo, assunse anche una dimensione quasi catartica: era come osservare un incubo ad occhi aperti, sapendo che non poteva che essere quello.
    E lui lo sapeva?
    Dire che ne aveva la certezza sarebbe stato eccessivo - nonché incoerente, data la sua paura - tuttavia non era più quello dell'anno prima e, nonostante tutto, quel dannato campeggio di inizio estate per lui era stato significativo: lì aveva imparato cosa volesse dire davvero voler bene a qualcuno, e lì aveva imparato che non poteva passare la vita a ringraziare Erik per non odiarlo, per il semplice fatto che lui meritava di più, meritava un riconoscimento per ciò che provava e non per ciò che non provava, e lui, come suo amico, glielo doveva dare ogni giorno.
    'Io so... so che non mi faresti mai questo' ma saperlo e provarlo davvero erano cose diverse, come dimostrava il suo tremare, eppure era comunque qualcosa ed infatti la sua mano mancina corse al suo basso ventre e si infilò per un istante nei calzoni.
    Nonostante potesse sembrare la perfetta apertura di un filmino porno, quello che davvero fece l'aspirante marines fu estrarre dai calzoni i suoi indumenti superiori, insinuando la mano sotto di essi fino a toccare la propria cutee, che iniziò ad esplorare finché non ne trovò una porzione più liscia delle altre, lateralmente agli addominali 'Tu... per me ti sei preso delle pallottole. Tu... tu non ti stancheresti mai di me... così facilmente'
    L'indifferenza di Erik poteva terrorizzarlo quanto la noia boriosa di Blake, ma restava il fatto che lui stava stringendo una prova tangibile di cosa fosse almeno una di quelle manifestazioni disposta a fare per lui. Vi si aggrappò, fisicamente, strizzando la sua pelle fino a sentire male, mettendovi tutta la forza con cui si era aggrappato a quei due ragazzi fantastici da quando li aveva incontrati 'Non vi lascerò andare. Mai!'
    Aveva smesso di vedere i rapporti come un miracolo: sapeva ci volesse fortuna, ma aveva anche imparato che per mantenerli ci voleva impegno e dedizione, e lui avrebbe messo tutto sé stesso perché mai Erik o Blake potessero guardarlo in quella maniera. O suo padre potesse esserne deluso.
    Li osservò, li ascoltò, strizzandosi l'addome per la paura e il bisogno di ricordarsi non fossero reali, ma li fissò, come monito, come avvertimento: per non darli per scontati, per non abbassare mai la guardia, per non dimenticarsi mai quanto fosse fortunato.
    'Ok... ok... non sarà mai... ma... ma ora cosa faccio?' acquisì quella volontà, ma una volta che aveva fatto ciò, restava il problema di come si potesse rendere comica la paura di rimanere soli. Come si poteva rendere ridicolo il proprio migliore amico, il proprio parabatai e anche il proprio eroe e padre?
    'Non attacca, quindi... quindi è un Molliccio... quindi devo usare il Riddikulus... e quindi... e quindi panico doppio!' pensava lui, spostando tra i tre lo sguardo, incapace di fare anche solo un passo in avanti o indietro, certo che sennò sarebbe scappato sotto la gonna di Erik con la stessa forza con cui si stava ora torturando l'addome.
    Quasi con nostalgica disperazione fissò il fucile di sua nonna 'Fosse aggressivo... potrei giocarmi una delle idee che avevo proposto a Jessica l'anno scorso' e al solo pensare alla corvina un minimo arrossì, salvo poi avere problemi più urgenti 'Ma così... ok che sono il mago del rendersi ridicolo... ma cosa ci puoi fare con loro... Dannazione! Avrei preferito affrontarli in combattimento al doverli rendere ridicoli. Che cazzo dico, preferirei di tutto al doverli rendere ridicoli, anche loro che mi sparano come la nonna quando vede un messicano clandestino jihadista!' e lui di sua nonna aveva una fifa blu e proprio quella convinzione accese in lui una lampadina.
    Ricordava una cena del Ringraziamento. I suoi avevano fatto il diavolo a quattro e lui aveva dovuto lasciare Hogwarts un paio di giorni per partecipare a questo benedetto pranzo che non aveva praticamente mai svolto. Andarono da sua nonna ad Arlington e il pugno di ferro della matriarca Lighthouse tenne tutti i riga, tranne un suo cugino, il quale iniziò a far sbraitare la donna talmente tanto che le cadde la dentiera nel piatto.
    Fu difficile non ridere, ma ben presto lo fu molto meno, visto che la donna, al limite del ridicolo, continuò a bestemmiare nonostante la sua edentulia, salvo poi afferrare il suo amato fucile e far morire qualsiasi risata (e solo quelle per inciso!). O almeno soffocandola.
    Al solo pensarci non poté ghignare, riflettendo anche sul fatto che quello era un Molliccio e quindi quel fucile, in quello specifico caso, non avrebbe sortito alcun effetto intimidatorio 'E' pur sempre un piano... e scusa papà... e ora... beh... restano gli altri due coglioni...' rifletté lui tornando ad osservare i finti amici, salvo poi sobbalzare: in effetti si era appena dato da solo una risposta su come gestire anche loro due 'Ok... non è geniale, ma... io ho l'umorismo di un bambino di dieci anni: secondo me funzionerà!'
    Ispirò ed espirò qualche volta, socchiudendo poi gli occhi e concentrandosi solo sui suoi pensieri 'Ho visto abbastanza... mi hanno fatto male abbastanza... ora... voglio tornare dai veri Blake ed Erik... e voglio... voglio disperatamente sentire papà' con un gemito della gola si rese conto che, nonostante fosse una finzione e lui lo sapesse, sentire quella disperazione nella voce del padre lo aveva comunque spezzato 'Non voglio essere così... non voglio vederti così... non voglio... non voglio deluderti e convincerti che sono una causa persa' perché forse lui poteva anche esserlo, ma aveva bisogno che gli altri non lo pensassero, proprio perché lui da solo non ne aveva la forza, nonostante ormai avesse imparato che le convinzioni delle persone non potessero autosostenersi e necessitassero di fatti.
    E lui poteva iniziare abbattendo quel Molliccio.
    'Ce la metterò tutta... abbatterò gli ostacoli. Ti dimostrerò che posso farcela. Ti dimostrerò che fai bene a credere in me' il vero coraggio era sfidare le proprie paure e fare la scelta giusta nonostante queste ultime e lui fece proprio ciò. Sollevò il braccio destro nonostante la bacchetta paresse pesare cento chili quindi osservò la creatura ora trina ed immaginò ciò che voleva da quel momento in poi vedere: immaginò Jason Lighthouse che perdeva la dentiera e continuava a parlare nonostante tutto ed immaginò i suoi amici perdere il corpo ed attaccarsi per il collo al pube del padre, come due enormi testicoli parlanti a testa in giù.
    'Perdonatemi se vi ridicolizzo... ma queste cose che questi falsi mi dicono... lo sono... lo sono ancora di più!' non ne era così convinto, ma se quella era la sua più grande paura lui avrebbe fatto di tutto perché non si realizzasse o si concludesse comunque con un'enorme risata.
    "Riddikulus!" urlò infine puntando il petto di suo padre e pregando che la sua magia sortisse l'effetto sperato prima sul Molliccio, e poi sul suo controllo della risata.
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    Brian Ensor | Docente DCAO
    Joshua B. Evans nel corso della prova aveva attraversato tutte le fasi che solitamente un ragazzo attraversava durante quella prova: la tipica paralisi nel veder concretizzarsi la propria paura, il pericolo che innescava lo spirito di sopravvivenza, il coraggio necessario per superare la prova. I suoi incantesimi andarono a buon fine e il Mutaforma venne rinchiuso nell'armadio. Prova superata.

    Il duello tra Adamas Vesper e il suo gemello andò avanti. Mentre il mutaforma era stordito a causa dell'incantesimo trasfigurativo, l'ametrino ne approfittò per assestare due incantesimi in grado di metterlo alle strette. Il Non-Essere non poté far altro che tornarsene nel suo armadio. Prova superata.

    Ayla Holmes era alle prese con la sua più grande fobia: i serpenti. Forse a causa di ciò non riuscì a concentrarsi sufficientemente per scagliare l'incantesimo Anti-Molliccio, infatti anche dopo esso continuò a comportarsi come se nulla fosse. Riddikulus! Affermò il docente da lontano, mentre dalla sua bacchetta partì un raggio di luce diretto ai serpenti, trasfigurandoli in maniera assai buffa, facendo scoppiare la ragazza dal ridere. La prova non era superata.

    Jessica Whitemore riuscì egregiamente a superare l'imprevisto, col suo Riddikulus il Molliccio assunse la forma di una Elisabeth, ahimé valeva il primo pensiero effettuato, pelata. Fu così ridicolo da farti emettere un gran numero di risate, sufficientemente gioiose da far spaventare il Molliccio abbastanza da farlo rinchiudere nell'armadio. Prova superata

    Erik Foster l'incantesimo riesce alla perfezione. Il Molliccio venne trasfigurato in un classico gioco per bambini e l'effetto finale fu destabilizzante per il Molliccio. Prova superata.

    Lucas Jughed Jones al pronunciare la parola di quell'incantesimo, ti accorgesti come ci fosse qualcosa che non andasse. L'uomo venne trasfigurato e sicuramente non faceva più paura, tuttavia non divenne qualcosa di comico. Probabilmente il ragazzo non aveva chiara l'immagine di come sarebbe dovuto diventare. Riddikulus. Intervenne nuovamente il docente affinché il Molliccio potesse tornare nell'armadio. Prova superata?

    Elisabeth Lynch il Cistem Aperio, seppur eseguito in maniera magistrale, non diede i suoi effetti. Il secondo incantesimo, invece, fu abbastanza forte da spezzare il legno della bara e far sgretolare la terra che la ricopriva. La ragazzo poteva finalmente emergere dal suo luogo di morte e ammirar come il Mutaforma si stesse ricomponendo all'interno del suo contenitore. Prova superata.

    Jesse Lighthouse l'incantesimo riesce alla perfezione. A causa delle risate il Molliccio se ne tornò all'interno del suo armadio. Prova superata.


    RevelioGDR



    L i s a e Lilith Clarke vi ricordo che mancano solo due giorni al termine della lezione ù.ù
     
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    Andros Cahlen
    Dioptase | I anno
    Il lupo mannaro era palesemente aggressivo, una mossa falsa e Andros avrebbe potuto farsi veramente male e questo voleva dire sicuramente una cosa "Questo mostro non è un molliccio, dovrò affrontarlo davvero. Ma ti ringrazio Jones..." disse lui con tono basso al compagno che lo incitava, ma un banale Riddikulus non avrebbe funzionato contro un essere simile e un mutaforma che prende le sembianze di un lupo mannaro non era cosa da sottovalutare ma sicuramente un avversario più alla sua portata di uno vero. Andros non aveva paura di affrontare un mostro simile, l'aveva già fatto una volta anche se la sua salvezza era stata determinata unicamente dalla fortuna, lui non era spaventato da quella creatura, almeno non in una situazione simile dove il mostro era davanti a lui in piedi, che punta verso di lui e che si è rivolto a lui ma in realtà non è lui, non si trattava del vero Andros trasformato banalmente e nonostante il ragazzo non fosse un esempio di coraggio non era terrorizzato dalla bestia ma da se stesso, quello che non poteva controllare e che senza la pozione anti-lupo avrebbe fatto del male indiscriminatamente chiunque gli capitasse e non come una bestia senza cervello ma un letale predatore notturno che non lascia via di scampo o resti di carne, certamente una sfida impegnativa ma non che Andros non si sentiva in grado di affrontare, e quella grande paura di ferire gli altri lo avrebbe spinto a combattere di più.
    Raccolta la sua risolutezza il ragazzo con la bacchetta puntata verso il licantropo e avanzò di un passo e con sguardo severo e il suo solito calmo tono di voce disse al mostro"Sei solo una volgare imitazione, e se quello vero fosse qui ti avrebbe già sbranato...", poi gli agitò contro la bacchetta ed esclamò "FLIPENDIO!" puntando dritto alla faccia del mostro immaginando già le botte che si sarebbe preso per ritorsione da parte del mutaforma.

    Azione 1: Flipendio
    Coraggio: 5



    "Parlato" - 'Pensato' - "Ascoltato" | Scheda | Stat.
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    lilith clarke
    Non era la prima volta che i gemelli apparivano in una delle lezioni della ragazzina.
    Sembrava quasi che la prefetta avesse con loro un conto in sospeso o si sentisse in difetto di qualcosa.
    Probabilmente, però, questa volta quella paura di perderli per una sua mancanza, aveva superato ogni limite.
    Il vedere quella scena, aveva creato in Lilith una sensazione di vuoto, era sbigottita e sentiva del male al petto che non aveva mai provato prima d’ora.
    Era diverso dal vederli con una ragazza: c’erano state diverse volte in cui i gemelli avevano trovato la loro anima gemella, lasciando un po’ da parte Lilith, per ovvi motivi. E in quell’occasione, la ragazzina, allora bambina, aveva provato per la prima volta la gelosia verso i fratelli, tuttavia, non era lo stesso dolore che stava provando adesso, vedendoli reagire a lei come se non esistesse.
    «Josh. Max.» fece per chiamarli, con la voce tremante, quasi un lamento disperato, con il dolore che le veniva dal cuore e faceva vibrare quelle corde vocali.

    Fu allora che la ragazzina li vide voltarsi. Max le puntò il dito contro, Lilith quasi stava per sorridere, come se fosse un modo per farsi riconoscere, come se quella proiezione del fratello potesse realmente capire che fosse lei. E poi, perché doveva avercela con la ragazzina? «Sono io…» ancora un miagolio lamentoso, poi quella frase.
    Lilith sgranò gli occhi e quelle parole arrivarono in pieno cuore alla Dioptase «… n-no…» un sussurro tra le labbra, mentre li guardava cattivi e minacciosi, puntarle le bacchette contro.
    Scosse la testa, come se volesse dissuaderli dal farlo e poi… le gambe non la ressero e cadde sulle ginocchia, sentendo il duro del pavimento. Si strinse su se stessa, come a volersi proteggere «Non ho fatto niente, non ho fatto niente… scusatemi…» piangeva, mentre le dita attorno alla bacchetta divennero bianche per quanto stava stringendo.
    Poi la voce di Tess arrivò a rompere quei singhiozzi disperati, Lilith la guardò da dietro le sue spalle.
    Solo l’intervento del professore interruppe il contatto visivo, quindi, per brevi attimi, prima di tornare su Theresa che venne lanciata via.

    Lei…
    Le parole di Tess continuarono a farle da eco nella testa, era riuscita a fronteggiare la sua paura e non quella personale, com’era possibile? E se quei due gemelli non fossero stati realmente loro? Josh e Max non avrebbero mai fatto del male a Lilith, vero?
    Per fortuna, il tempo che Tess ci mise per intromettersi, fece passare l’effetto della fattura lanciata dal mutaforma.
    «I mollicci non attaccano, i mutaforma sì…» cercò di far leva sulle braccia, per sollevarsi nuovamente, ergendosi davanti a loro.
    Se avesse continuato a guardarli, probabilmente avrebbe colto dei particolari che non erano dei gemelli, un difetto di fabbrica di un mutaforma, magari.
    Eppure, doveva convincersi che davanti non aveva sicuramente Max e Josh.
    Fece un paio di passi indietro, quindi provò a concentrarsi, cercando di non pensare a quanto fossero reali quei due, tentò di catalizzare l’energia magica nella bacchetta, provando a farne uscire fuori un filo sottile, insieme alla sua voce, mentre tracciava una linea da sinistra verso destra, e la formula venne spontanea «PROTEGO!» gli occhi di ghiaccio erano puntati sui finti gemelli, la mano ancora tremava, ma cercava di non pensarci «Voi, non siete i miei fratelli.» una volta «Voi. Non. Siete. I. Miei. Fratelli.» due «VOI. NON. SIETE. I. MIEI. FRATELLI!!!» digrignò i denti e urlò quella frase che all’inizio era servita per convincere se stessa, ma successivamente per dimostrare a quel mutaforma che lei non aveva più paura di lui.

    Quindi ancora una volta fece scivolare la magia nel catalizzatore e puntando la bacchetta verso i due gemelli, per poi eseguire una scoccata in loro direzione e «PETRIFICUS. TOTALUS.» scandì bene ogni parola di quella formula, decisa nel voler immobilizzare quei due.

    code made by @zacharys
     
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    Brian Ensor | Docente DCAO
    Anche gli ultimi studenti riuscirono nella loro prova.
    Nessuno tra i presenti si rifiutò di affrontare la propria prova pratica e questo era per loro un buon punto a favore. Osservò con estremo interesse l'operato di ogni ragazzo o ragazza che si apprestava ad affrontare la creatura che apparve di fronte ad essi ed al termine della prova appuntava un segno sopra al proprio registro.
    Cosa stesse scrivendo non era dato sapere, sicuramente erano appunti su ognuno di loro, ma giacché c'era perché non appuntarsi quali fossero le peggiori paure degli studenti che gli andavano meno a genio? Insomma, poteva essere un modo per traumatizzarli in futuro nel caso in cui il loro comportamento avrebbe potuto turbarlo. Anche se la maggior parte di queste paure sono connesse ad un genitore. Lo trovava buffo. Anni e anni fa, quando lui stesso si ritrovò nei loro panni, il Molliccio che aveva di fronte aveva assunto le sembianze di se stesso con un coltello il mano. Alla fine, col tempo, imparò a capire che le paure andavano abbracciate per essere superato, anche se con lui forse non si era giunti ad un buon risultato.
    Molto bene, ho tutti gli elementi che mi servono per valutarvi. Con ordine siete liberi di andare e questa sera controllate le bacheche della vostra Sala Comune, farò affiggere lì i compiti per la prossima lezione.


    RevelioGDR


    Ragazzi, è trascorso un mese, ma abbiamo finito!
    Prima di assegnare le valutazioni ci tengo a congratularmi con tutti voi, so bene che la prova pratica non era affatto semplice, ma ho apprezzato davvero molto i vostri post e anche l'originalità con cui avete trattato le vostre paure. Non badate a ciò che dice Brian - a lui non va mai bene niente - così eccomi sceso sul campo per festeggiare insieme a voi!
    Ci tengo a far una piccola precisazione per quanto riguarda il punteggio ottenuto con la prova pratica: i vostri pg si sono ritrovati faccia a faccia con la loro più grande paura, quindi ho deciso di premiare chi ha agito con maggior coerenza, comportandosi come appunto come avrebbe fatto un ragazzo spaventato.

    Valutazioni
    Metodologia di valutazione
    Sono stati assegnati 20 punti al fine della valutazione, così distribuiti:
    0-2: entrata
    0-6: compito scritto
    0-12: prova pratica

    I punti corrispondono ai punti casata che ogni studente fa vincere alla propria casata e sono tradotti in voti on per la pagella e in esperienza come riportato nella seguente tabella.
    PuntiVotoEXP
    20E2PP+6EXP
    19E2PP+4EXP
    18E2PP+2EXP
    17O2PP+1EXP
    16O2PP
    15O1PP+12EXP
    14O1PP+9EXP
    13A1PP+6EXP
    12A1PP+3EXP
    11A1PP
    8-10S12EXP
    5-7D9EXP
    2-4Texp per i post
    0-1NCexp per i post


    I PP tipici di DCAO sono stati concordati essere Coraggio e Coraggio, fantasiosi vero?

    Ametrin
    Adamas: 2+5+9= 16 (+2 Cor)
    Josh: 2+6+11= 19 (+2 Cor, +4 exp)
    Theresa: 2+6+8= 16 (+2 Cor)
    Mia: 2+6+12= 20 (+2 Cor, + 6 exp)
    Erik: 18 (+2 Cor, +2 exp)
    Lucas: 1+5+10= 16 (+2 Cor)

    16+19+16+20+18+16= 105-5= 100

    Black Opal
    Eara: 2+5= 7 (+9 exp)
    Blake: 1+5+11= 17 (+2 Cor, +1 exp)
    Elisabeth: 2+6+12= 20 (+2 Cor, +6 exp)
    Jesse: 2+6+12= 20 (+2 Cor, +6 exp)
    Jessica: 2+5+12= 19 (+2 Cor, +4 exp)
    Samuel: 1+4+6= 11 (+1 Cor)

    11*+17+20+20+19+11= 98

    Dioptase
    Nikolai: 2+6+12= 20 (+2 Cor, +6 exp)
    Ayla: 2+5+6= 13 ( +1 Cor, +6 exp)
    Andros: 2+4+9= 15 (+1 Cor, +12 exp)
    Lilith: 1+6+9= 16 (+2 Cor)

    20+13+15+16+11**+11= 86

    Brian: +2 Cor, +12 exp (post)

    *Il voto di Eara nel conteggio dei punti è stato alzato da 7 a 11, come da regolamento per l'assegnazione.
    ** Poiché i dioptase hanno due membri in meno, sono stati aggiunte altre due sufficienze (11) per il calcolo dei punti casata.

    Edited by Alexander Olwen - 31/10/2019, 13:03
     
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69 replies since 5/10/2019, 08:30   2061 views
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