Votes given by Erin Murphy

  1. .
    Stava cominciando a sentirsi quasi a disagio nel trovarsi in mezzo a tutta quella situazione che, per lui, non aveva capo né coda. Non conosceva le persone coinvolte - non così approfonditamente, per lo meno - né le dinamiche alle quali stava assistendo.
    Eppure non si tirò indietro nel momento in cui si presentò l'occasione di tendere una mano ad Erin Murphy.
    Dovette lanciare un fugace sguardo al pavimento per assicurarsi che fosse ancora lì, nel momento in cui gli parve quasi che la rossa stesse vacillando al cospetto di quello scambio che sembrava averla colpita come un fulmine a ciel sereno.
    Spostò gli occhi neri su Joshua Evans proprio mentre le sue dita entravano in contatto con il polso dell'Ametrin e non potè fare a meno di domandarsi come avesse fatto, il bruno, ad alterare gli equilibri della serata di una cospicua parte dei membri dell'accademia. Quale genere di ascendente riusciva ad esercitare quel volto pulito che si stava soffermando ad osservare davvero per la prima volta? E perché?
    Quali forze invisibili stava riuscendo a muovere e in base a cosa sembravano tutti pendere dalle sue labbra? Compreso Julian, che si schiantò contro la figura del maggiore quasi che Evans fosse un magnete su due gambe.
    Promise a se stesso che, prima o poi, gli avrebbe domandato quale fosse il suo asso nella manica.

    Certo.

    Si limitò ad assicurare ad Erin, afferrando la sua mano in una presa che voleva trasmetterle tutto l'equilibrio che avvertiva che l'altra aveva perso in pochi minuti.
    Fu solo quando riuscì a scollare lo sguardo dal nugolo di persone lì coinvolte, che i suoi occhi si ancorarono al viso di Lilith, sopraggiunta da chissà dove e chissà perché.
    Inizialmente, ci fu un filo di sorpresa a sporcarne lo sguardo di pece, ma nel percepire l'astio denso sgocciolare dall'occhiata della Dioptase finì con l'irrigidire i muscoli del corpo intero.
    Aggrottò la fronte in un'espressione palesemente confusa mentre poteva sentirla parlare senza riuscire ad ascoltarla davvero. Non riuscì a comprendere immediatamente i motivi che si nascondevano dietro tutta quella rabbia e, quando captò quell'attacco frontale che l'altra gli stava palesemente rivolgendo, sarebbe risultato evidente il suo passo indietro.
    Un passo indietro tutt'altro che fisico.
    Crescendo, si era detto che non avrebbe mai più tollerato nessun genere di abuso, che fosse fisico o psicologico, da parte di nessuno. E la gratuità con la quale Lilith gli stava riversando addosso il suo inspiegabile - almeno secondo il suo punto di vista - astio gli risultava intollerabile.
    Non era uno sprovveduto. Aveva intuito che il fastidio di lei derivasse dal fatto che si stesse accompagnando ad Erin, ma non la reputava una motivazione valida per rivolgerglisi a quel modo.
    Ricambiò la sua occhiata con uno sguardo che avrebbe gelato anche il più accaldato dei sentimenti, lasciando poi scivolare gli occhi su Josh, dunque di nuovo su Lilith per un'ultima volta.
    Un tacito invito a riflettere su tutto ciò che era accaduto quella sera e a provare ad osservare la situazione da un punto di vista che non fosse solo ed esclusivamente il suo.

    Sì, spariamo.

    Biascicò a denti stretti, ignorando l'arrivo di Cameron e quanto ne conseguì e tentando di trascinare via la Murphy da quel triste palcoscenico di gelosie e incomprensioni.
    Si diresse verso l'uscita della Sala Grande, calcando il passo verso l'esterno, agguantando il suo mantello e quello di Erin dagli elfi domestici preposti al guardaroba. Sarebbe tornato a rivolgere gli occhi a lei solo quando fossero stati abbastanza lontani da tutto il resto.

    Molto probabilmente non ti andrà di parlarne. Ma dovesse venirti voglia, puoi cominciare dall'inizio, perché onestamente non ci ho capito niente.

    A dimostrazione del fatto che non vi erano secondi fini in quel suo intervento, le lasciò ampio spazio di manovra, mentre recuperava due tazze di pumpkin spice latte da un elfo di passaggio, porgendone una all'Ametrin.

    Sennò non mi dispiace rimanere in silenzio.

    Ed era vero.
    Specialmente in quel momento, con l'occhiata lancinante di Lilith che si sovrapponeva nella sua testa in un loop infinito. Poteva avvertire il corpo sfrigolare dal fastidio, al di sotto degli strati di tessuto nero che lo vestivano, e appiedare al gelo esterno gli risultava necessario quasi quanto respirare.
    Joo-hyuk
    Kwon

    "
    If I was you, I'd wanna be me too.
    "

    black opal - I anno

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    Guarda M-A-L-I-S-S-I-M-O Lilith Clarke e poi va verso l'esterno con Erin Murphy mf_rudolph
  2. .


    Zuleyka
    Black Opal
    I anno


    Più la serata proseguiva, più Zuleyka si domandava cosa ci facesse lì. Eppure ormai era fatta e non le restava altro da fare se non cercare di sopravvivere. Si sarebbe pentita e punita, in seguito. L'ambiente era fin troppo caotico e, laddove ne avrebbe approfittato per dar bella mostra di sé, riteneva che l'abito compiesse già il suo dovere in quest'ottica e che il livello di confusione fosse troppo persino per lei.
    A distrarla fu una voce che ormai associava a cadaveri di animali morti. Non aveva a che fare con il senso del macabro di Zul, quanto più con quello del professore di Alchimia. Riversava ogni colpa su di lui, oppure ogni merito, perché simili sensazioni non potevano che rendere Fitz O'Connor più piacevole ai suoi occhi.
    Alzò lo sguardo per fissarlo in quello di lui, rispondendo a quel tentativo di complicità, gli occhi strabuzzati come suo solito e l'ombra di un sorriso gelido a distenderle le labbra.
    "Non spreco le mie doti per le cause perse" rispose apatica, mentre il pollice si alzava per indicare la pista di pattinaggio e l'evidenza di quanto la causa fosse tristemente persa.
    "A quel topo farei volentieri crescere delle corna" aggiunse, in riferimento alla lezione che avevano condiviso come compagni di banco; e al fatto che lì gli animali fossero morti. Che poi si trattasse di un panda rosso e non di topo era del tutto irrilevante agli occhi di Zuleyka.
    Come lei, il suo abbigliamento e Deva Lestrange potessero fungere da calamita per chiacchiere da festa era del tutto sconosciuto e incomprensibile. Eppure era proprio quello che stava accadendo.
    "Almeno un'esplosione c'è stata" rispose alla Lestrange con fare quasi sollevato, come se un'esplosione fosse una valida alternativa al ballo di Natale. Lo era, in effetti.
    A proposito di esplosioni, con un entusiasmo talmente evidente da far male allo stomaco, fece la sua comparsa Beauvais. In vena di chiacchiere amichevoli.
    Zuleyka avrebbe davvero potuto vomitare sulle sue scarpe e porre fine alla sua serata.
    "Come se la mia ultima tortura fosse infine giunta" rispose sinceramente al come stava del ragazzo, per poi sgranare gli occhi alla richiesta di lui di andare a pattinare.
    Lei. A pattinare.
    Visibilmente rigida, l'unico segnale di disagio fu il labbro superiore che tremolò per un breve istante. Se non avesse pensato che fare affidamento agli altri fosse solo un passo più vicino alla sconfitta, probabilmente avrebbe trascinato Fitz dall'altro lato della sala e avrebbe così creato una scusa per non dover rispondere ad un'altra domanda di Beauvais. Tuttavia, mettere nei casini qualcuno era molto meglio di affidarsi.
    "Ci tengo al mio osso del collo. Perché non chiedi alla Lestrange?"
    Sicura di aver appena firmato una condanna a morte certa - e percependo già una punta di fibrillazione per la reazione dell'altra - fu costretta a distogliere lo sguardo dal ragazzo per puntarlo su Erin Murphy, che si era appena avvicinata.
    In quella che sembrava essere una soap opera in piena regola, la ragazza con cui aveva finto di osservare il cielo era sicuramente una comparsa appetibile. In particolare, notare l'astio nemmeno troppo celato che nutriva nei confronti della Lestrange accese in Zul una punta di curiosità.
    "Le ragnatele sono squisitamente appiccicaticce, anche se i loro creatori non sopravvivono troppo a lungo in mia presenza" commentò di getto, un sopracciglio perplesso inarcato di fronte alla reazione della Murphy. Si avvicinò al suo orecchio, di modo che potesse sentire solo lei il seguito della frase.
    "Ma sono talmente fragili da distruggersi con estrema facilità."
    Le avrebbe rivolto un sorriso sornione e poi l'avrebbe osservata allontanarsi, lasciandosi andare ad un sonoro sbuffo.
    "Lo giuro" disse poi in direzione di Deva. Chi meglio di lei avrebbe potuto appenderla ad un albero? "So fare degli ottimi nodi scorsoi."
    Mentre pensava che chiunque allevasse una serpe in seno se ne sarebbe accorta troppo tardi, la sua attenzione tornò a Fitz O'Connor. Era sicuramente una delle presenze più interessanti lì in mezzo e lei aveva bisogno di aria.
    "Se hai proposte davvero interessanti, questo è il momento giusto."
    Non era un invito. Assomigliava di più ad un ordine, che però ebbe vita breve. Giusto il tempo che impiegò Brooks per avvicinarsi. Rispose al suo saluto con nient'altro che un cenno del capo e poi scosse la testa nel vederlo rivolgersi a Fitz.
    "E' davvero una serata impegnativa" borbottò tra sé, scrollando le spalle con fare noncurante. Avrebbe lasciato a Fitz l'onere di scegliere di che morte morire.

    Oddio, che maratona. Avevo 44 post da leggere, quindi ho letto solo quelli di chi di voi ha nominato Zul in spoiler, sorry. Se mi sono persa qualche interazione, chiedo umilmente perdono.
    Deva L. Lestrange Erin Murphy Fitz G. O'Connor James Beauvais


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  3. .
    Guardava la sua immagine riflessa nel piccolo specchio da trucco che aveva posato sulla pila di cuscini che aveva creato per stabilizzarlo il più possibile. Gli occhi erano sempre gli stessi, dalla forma allungata, le ciglia voluminose e definite, l'azzurro reso più brillante da un leggero smokey nero; le labbra idratate da una tinta rosso scuro, che richiamava il sangue. I lunghi capelli erano intrecciati e poi arrotolati su se stessi fino a creare uno chignon alto ed elegante. I tratti erano molto più affilati e decisi rispetto a tre anni prima. Quella fu la prima differenza che notò. La seconda l'assenza di orecchini o cerchietti in tema natalizio, nessuna musichetta ad accompagnare il lampeggiare delle lucine del piccolo alberello montato sopra. Ai lobi vi erano i gioielli che in realtà celavano delle armi al loro interno: da quando Garlic glieli aveva fatti recapitare non li toglieva mai. Come quella collana che spuntava dall'accappatoio che ancora indossava sull'intimo scuro. Aveva giurato che non l'avrebbe mai tolta da lì, eppure quella sera avrebbe dovuto fare a meno del pegno di Cameron poiché cozzava con il vestito che aveva scelto e che ancora era appeso alla gruccia ferma sulla parte superiore della porta per non sgualcirlo. Non era in ansia come al suo secondo anno quando sentiva la pressione di dover aprire il ballo e senza cavaliere, con i dubbi su Josh e la sparizione di Lucas. Quella sera sarebbe andata con Cameron e non in un modo qualunque, non di certo in qualità di amica, come ci avevano tenuto entrambi a precisare. Stavano insieme, da pochissimo, ma erano passati in sordina. Non sarebbe stato lo stesso quella sera.
    Arricciò le labbra, i pollici a scrocchiare i mignoli e poi gli anulari.
    Quella serata avrebbe cambiato gli equilibri. Quella serata non le avrebbe permesso di nascondersi tra le ombre, di manovrare i fili e studiare le mosse degli avversari: avrebbe camminato tra loro, a testa alta, ora come allora anche se per motivi differenti. Il magifonino si illuminò. Si allungò dall'altro lato per leggere un messaggio che trasudava nervosismo ad ogni sillaba.

    Per favore, non diventare uno di quei pinguini e non andare in ansia da prestazione. Sappiamo entrambi che non ne hai bisogno. Ci vediamo tra poco.

    Nessun cuore, nessuno smile, solo tanti punti e frasi dal doppio senso assicurato.
    Avrebbe fatto meglio a muoversi dato che era rimasta l'unica della sua stanza ad essere ancora lì.

    Scese l'ultima rampa di scale, quella principale, sollevando il vestito che fu, in qualche modo, il primo pezzo del puzzle del deja-vu che andava componendosi. Il modello non era così diverso da quello rosso indossato tempo prima, un colore che aveva scelto per rimarcare quanto fosse forte nonostante si stesse presentando sola all'evento più importante dell'anno scolastico. Quella volta optò per un vestito dalle sfumature del lilla, grigio e nero, impreziosito da dettagli luminosi e spalline cascanti che mettevano in risalto il suo seno, stretto dalle coppe cucite al suo interno. Ai piedi un paio di décolleté dalle sfumature che richiamavano l'abito; più su, all'altezza dei fianchi vi erano delle tasche nascoste dalle pieghe del tulle che nascondevano il magifonino e il catalizzatore. Nella mano destra stringeva una piccola scatolina quadrangolare che celava al suo interno un bracciale in cuoio nero, con un mondo diviso a metà ed unito da due figure stilizzate che si tenevano per mano. Fermato dal fiocchetto argento c'era un piccolo pezzo di pergamena piegato in quattro:

    Per ricordarti che due “meno male” sono l'àncora dell'altro ed io sarò la tua, sempre.
    Buon Natale
    Liz


    Lo vide, lì, con le spalle al muro nel suo miglior vestito e con la cravatta un po' storta. Sorrise, superando gli ultimi gradini in scioltezza e lasciando che l'abito accompagnasse ogni singolo passo verso di lui. Strinse ancor di più la scatoletta quando lui le disse che era bellissima. «Facciamo finta che tu non abbia detto un cliché e che io non ti stia per sistemare la cravatta», annunciò, piazzandogli in mano il suo regalo ed allungando le mani fino al collo per raddrizzare la cravatta. «Ecco, così va meglio!» Poi, abbassando lo sguardo sull'oggetto che gli aveva smollato andò controcorrente al suo annuncio di darle il regalo successivamente. «Io vorrei che il mio lo aprissi ora», ammise, fulminando con lo sguardo chi rallentava per osservarli, chiedendosi se avrebbero mai smesso di farlo.
    Il secondo momento di deja-vu giunse dopo che accettato il braccio di lui fecero il loro ingresso nella Sala Grande finemente decorata a festa. Le venne l'orticaria. Eppure cercò di rimanere inflessibile mentre avanzavano e lo sguardo a far la conta dei presenti e degli assenti. Un brivido le corse lungo la schiena nel vedere quella pazza della sua compagna di stanza sbracciarsi verso la pista di pattinaggio, indicando quel panda rosso, per cui paventava sempre l'ipotesi di sopprimerlo -non era un caso che non avesse scelto il corso in cura dei viventi- che non avrebbe dovuto essere lì e per cui si dimenava come se ne valesse della sua vita. «Mi sa che dovrai attendere per il cibo», annunciò, voltandosi a guardarlo, «a meno che non vogliamo dividerci», sperava non propendesse per la seconda ipotesi, ma, ad ogni modo, non avrebbe potuto attendere ancora molto prima di intervenire. Recuperare il catalizzatore dalla tasca mentre si avvicinava alla McKenzy, puntarlo in direzione di Pinkie e recitare la formula fu un mero atto di egoismo. Un «Carpe retractum» suonò chiaro vicino alle orecchie dell'amica di vecchia data che salutò con un cenno del capo, mentre tentava di modellare l'incantesimo nel tentativo di riportare il famiglio alla padrona, che avrebbe tenuto sveglio l'intero dormitorio con i suoi eventuali pianti funebri, cercando di evitare gli altri presenti sulla pista. «Se non lo mette al guinzaglio la prossima volta lo faccio esplodere», sibilò a voce bassa in modo tale che solo Cameron, se l'avesse seguita, e Deva l'avrebbero potuta udire.
    Una volta conclusasi quella parentesi -sperava, in cuor suo, senza ulteriori incidenti di percorso- si sarebbe soffermata a guardare il vestito della Lestrange con un sorriso, avvicinandosi a lei e mettendosi al suo fianco, dando le spalle alla pista di pattinaggio. «Scelta di colore interessante», all'inizio da perfetta Serpeverde aveva avuto qualche problema con il rosso e domandarsi se anche per l'altra fosse stato altrettanto difficile indossarlo.
    Qualora il norvegese fosse stato presente la Lynch sarebbe passata alle presentazioni con un semplice «Deva, ti presento Cameron Cohen. Cam, lei è Deva Lestrange, vedi di non farti odiare anche da lei, ne potrei soffrire», il sorriso che sembrava non volersi spegnere. Se non ché... le iridi cerulee avevano scandagliato la pista da ballo, vedendo chi si fosse già arrischiato nelle danze, trovando più di un elemento capace di farle gelare il sangue in pochi secondi. Da una parte Joshua con Lilith Clarke, ex fidanzatina perfetta di Blake, insieme al ritratto della famiglia della Mulino Bianco: Lucas, Jessica e il -resuscitato- figlio di lei con indosso una tutina che gli aveva regalato insieme all'Ametrin tre anni prima. «Morgana, mi stai prendendo in giro?!» Cercò lo sguardo di Deva, mentre sentiva la sua lingua biforcuta sbrigliarsi dalla gabbia in cui l'aveva chiusa prima di lasciare il dormitorio. «La Whitemore non smetterà mai di prendersi i miei avanzi», commentò caustica, mentre il fastidio di vedere Jones così vicino a lei veniva ricacciato indietro, insieme a quello che era successo sui monti. Nessuno, tranne loro due, sapeva quello che era successo. Avrebbe continuato così, non voleva rischiare di mandare all'aria -per l'ennesima volta- le cose con Cohen. «Mi spiace solo per Lucas, meriterebbe di meglio», non era nuovo all'orecchie di entrambi il tipo di rapporto che legava Jessica ed Elisabeth sin dai tempi di Hogwarts. Due nemiche che avevano tentato la strada della diplomazia e rispetto reciproco, ma che sembrava iniziare a scricchiolare in quel momento. Infine, dal viso della Lestrange tornò a focalizzarsi sul suo primo e la vicinanza alla Caposcuola che, fino a quel momento, aveva sempre ignorato rispettosamente. «E così Evans ha deciso di far da cavaliere alla Clarke?» Non sapeva di certo che, quella sua domanda ad alta voce, aveva appena dato via ad un butterfly effect.
    Elisabeth
    Lynch

    "
    Sometimes you have to stand alone. Just to make sure you still can.
    "

    Black Opal
    Prefetta
    Battitrice

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    Interagisce con Cameron Cohen, Deva L. Lestrange ed in qualche modo Gyll McKenzy. Cerca di usare un carpe retractum sul panda pattinatore per riportarlo alla legittima proprietaria. Inoltre, fa commenti acidi sui quattro+1 dell'Apocalisse (Lucas Jughed Jones, Lilith Clarke, Joshua B. Evans e Jessica).

    Azione 1: carpe retractum su panda
    PP: Intelligenza, 17
    Incantesimo: Nome: Incantesimo Aggrappante
    Classe: Generico
    Formula: Carpe Retractum
    Movimento: puntare l’oggetto a cui aggrapparsi, una linea bianca si aggrapperà ad esso e si verrà trascinati in quella direzione o viceversa.
    Effetto: permette di aggrapparsi agli oggetti, raggiungendo posti inaccessibili
    Note: con Tecnica > 25 è possibile modificarne la consistenza della linea bianca
  4. .
    L'esperienza vissuta nell'aula di Alchimia aveva abbandonato la sua mente non appena aveva messo piede fuori dall'aula, quello stesso giorno. Era riuscito a trovare una scappatoia a quell'esercitazione alla quale non aveva voluto sottoporsi non perché fosse svogliato, ma perché ben più saldi principi lo animavano.
    Non aveva dato chissà quale enfasi alle sue credenze, se non altro poiché nessuno aveva ancora avuto l'ardire di chiedergli per quale motivo non avesse voluto far ricrescere arti a cadaveri di animali, altrimenti non avrebbe avuto problemi nell'ammettere la verità.
    Non si vergognava di essere credente - per quanto non fosse poi chissà quanto praticante - così come non si imbarazzava ogniqualvolta qualcuno elargiva commenti non richiesti circa il suo essere vegetariano.
    Quando il bigliettino vergato in una calligrafia a lui sconosciuta lo raggiunse, non potè fare a meno di stupirsene. Era riuscito a stringere rade conoscenze tra le mura di Hidenstone, quindi non era solito ricevere messaggi o inviti di sorta. Chiuse le pagine del fumetto che stava svogliatamente leggendo, accasciato su una delle poltrone della sala comune dei Black Opal, rigirandosi tra le dita quel pezzetto di carta fino ad aprirlo per scovarne il contenuto.
    Cominciò a leggere dal basso, dunque non appena i suoi occhi scuri accarezzarono il nome del mittente, non represse il desiderio di assumere una smorfia sorpresa. Strinse le labbra, soppesando quell'invito con il capo che prese a ciondolare all'indietro, spinto contro il bracciolo della poltrona.
    Osservò la stanza all'ingiù, interrogandosi mentalmente sui motivi che avevano spinto la rossa ad accogliere la sua richiesta.
    Aveva semplicemente un animo buono oppure aveva colto il suo bisogno di indagare i suoi occhi per capire se ci fosse spazio di manovra tra loro?
    Stringeva amicizie fin troppo difficilmente e questa sua inclinazione era ben intuibile dai modi riservati e pacati che aveva di fare. Almeno in generale.
    Mantenne quella posizione fino a quando il sangue non cominciò a minacciarne il cervello, risalendo ad arrossarne la pelle, quindi tirò su il capo e diresse lo sguardo al grande orologio aggrappato alla parete della sala.
    Non era solito arrivare in ritardo agli appuntamenti, ma quel giorno avrebbe fatto una lievissima eccezione.

    ***

    Mise piede in terrazza con una decina di minuti di ritardo, avvolto nel tessuto del suo pesante mantello nero che celava parzialmente la divisa sottostante.
    Si trascinava addosso un'ombra di mistero e impenetrabilità. Era complicato perfino riuscire a capire se ti stesse guardando negli occhi, complice non solo il taglio affilatissimo della palpebra, ma anche il colore scuro dell'iride che si annacquava in quello della pupilla.
    Si lasciò indietro l'ultimo gradino, avvicinandosi alla figura composta di lei in perfetto silenzio, lasciando che solo il fruscio del mantello ne segnalasse l'arrivo.
    Le si piantò davanti, le braccia nascoste sotto il tessuto della cappa e le iridi nere spillate sul suo volto.

    Niente cadaveri, spero.

    Il suo tono di voce era stranamente colorato di note ben più cortesi e morbide rispetto alle sue fattezze in generale. Appariva sempre molto rigido, ma in realtà era l'affabilità fatta persona.
    Arricciò l'angolo destro delle labbra in un'ombra lontana di sorriso, quindi prese a slacciare il mantello, così da potersi poi liberare dall'ingombro della tracolla contenente le sue cose che si era portato appresso.

    I professori da queste parti non preventivano le differenze culturali, vero?

    Una domanda, la sua, che in realtà conteneva al suo interno una infinita miriade di altri quesiti.
    Sei abituata a questo modo di fare?
    Hai sempre vissuto da queste parti?
    L'avevi capito che mi sono rifiutato di lavorare con dei cadaveri per un motivo specifico?

    L'interpretazione di quelle sue parole avrebbe potuto essere incredibilmente vasta, quindi le avrebbe lasciato il modo di elaborarla mentre tirava fuori un blocco per gli appunti, una penna a sfera e la propria bacchetta di ciliegio.

    Che leggi?

    Quella, invece, era una domanda incredibilmente specifica che richiedeva una risposta altrettanto puntuale.
    Conoscerai davvero qualcuno solo quando saprai il perché delle sue letture.
    Era una filosofia che si portava dietro da un po', ma era per lo più valevole per gli altri. Lui leggeva gore manga e pensava che questo dettaglio non dicesse niente di lui.
    Ma era vero?
    Joo-hyuk
    Kwon

    "
    If I was you, I'd wanna be me too.
    "

    black opal - I anno

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    Edited by Joo-hyuk Kwon - 2/12/2022, 17:28
  5. .
    ballo
    Deva L. Lestrange
    Black Opal | 16 anni
    Tetro.
    Una parola in grado di esprimere il suo stato d'animo in quell'esatto momento. Aveva atteso il ballo scolastico con l'entusiasmo di un bradipo, ma aveva accettato di buon grado di prendervi parte perché questo si aspettava da lei la sua famiglia. Non certo perché le facesse piacere.
    Il confine tra dovere e piacere era tuttavia molto labile nella sua esistenza, ché aveva iniziato a confonderli senza neppure rendersene conto, non riuscendo a delineare dove finisse lei e iniziasse ciò che i suoi genitori pretendevano dal suo divenire, dal ritratto impeccabile che avevano di lei e a cui il mondo avrebbe dovuto imparare a guardare.
    Indossò quell'abito di raso rosso esibendo una generosa scollatura su entrambi i lati, pur restando ben lontana dalla volgarità che non poteva intaccarla neppure per sbaglio, al pari di una macchia indelebile che non poteva permettersi. Privo di spacchi, l'abito scendeva morbido sulle gambe sottili di Deva e sfiorava il pavimento poiché sollevata da tacchi considerevolmente alti che le permettevano di superare di poco la media femminile del castello.
    I capelli sciolti sulle spalle incorniciavano il pallore del viso, lo stesso accentuato da labbra purpuree, e un lieve contorno nero arricchiva lo sguardo glaciale.
    Si osservò con crudele attenzione, pronta a essere la peggior critica di se stessa. E quando si disse sufficientemente soddisfatta, indossò il profumo e si chiuse la porta alle spalle, sigillando in ogni modo possibile quel pre-serata.

    Giunta nella sala a tema, Deva si costrinse non tanto a sorridere, quanto per lo meno a non sbuffare. Non sarebbe stato elegante.
    Bruciò l'attesa sciogliendo il nodo che manteneva il mantello sulle spalle scoperte e lo lasciò scivolare sulla prima sedia disponibile incamminandosi verso il carretto della cioccolata calda, lì dove si estendeva una discreta pista di pattinaggio su cui non avrebbe messo piede neppure se l'avessero costretta. La bacchetta non era con lei, ma sapeva come tirar fuori le unghie.
    Solo dopo qualche attimo si rese conto di trovarsi in prossimità di uno dei Capiscuola di Hidenston, tale Lilith Clarke. Deva non la conosceva affatto, ma l'aveva sentita nominare a Elisabeth una volta o due, prima di imparare a memoria i connotati del suo volto per poterla riconoscere nei corridoi. Ne aveva sentite cose su di lei, e i segreti erano ciò che più la stuzzicava al mondo.
    Non si mosse né disse altro, afferrò un bicchiere di cioccolata calda naturalmente fondente, senza zucchero né panna ad addolcirne il forte sapore, e ascoltò.
    Non aveva idea di chi fosse il ragazzo che le si era avvicinato, ma per il momento non aveva nulla di meglio da fare che restare a scoprirlo senza concedere loro più attenzione del dovuto, almeno all'apparenza.

    Deva si prepara - look nell'immagine del code role - e si piazza vicino a Lilith e Josh ad ascoltare facendo finta di nulla.

    RevelioGDR
  6. .
    Aveva considerato a lungo la possibilità di saltare a piè pari quella serata e restarsene nella sua camera. In Corea del Sud il Natale non era mai stata una festività così eccezionalmente sentita come lo era in Occidente e, in genere, aveva sempre dedicato ai festeggiamenti il tempo di una sola giornata.
    Non era dunque abituato a tutto quello sfarzo né a tutta l'emozione che derivava dal prendere parte ad eventi del genere.
    Tuttavia, la sua presenza in Sala Grande quella sera voleva essere un tentativo di acclimatarsi ad una delle tante cose alle quali non riusciva ancora a dare un senso. Ma semplicemente perché erano troppo lontane da lui e dalla sua cultura per poterle comprendere.
    Questo era stato in larga parte il motivo per il quale non si era degnato di invitare nessuno quella sera. Non poteva immaginare quanto importante potesse essere quell'evento - e quel periodo in generale - per i suoi compagni di scuola, compresi quelli ai quali aveva avuto modo di avvicinarsi almeno un po'.
    La sua non aveva voluto essere una mancanza avuta di proposito, semplicemente per lui quello era un giorno come un altro. Peccato che quel suo atteggiamento avrebbe potuto lasciare campo libero ad una sfilza di interpretazioni che non erano da biasimare.
    Quando il taglio affilatissimo dei suoi occhi si posò sulla sala addobbata, non riuscì a fare a meno di stupirsi per l'attenzione che era stata messa nell'organizzazione di quella serata. Non che non avesse mai partecipato a delle feste in vita sua, ma sicuramente niente del genere.
    Mahoutokoro era sempre stata più sobria da questo punto di vista.

    No, non l'ho vista e non so dove sia, Andor.

    Venne immediatamente assalito dal concasato che più di tutti lo stava tampinando nell'ultimo periodo: Miguel Andor. Non riuscì a fare a meno di fulminarlo con lo sguardo, mentre inchiodava il passo all'ingresso della sala e nascondeva le mani nelle tasche del pantalone nero che indossava.
    Nero come la giacca, il dolcevita e i chelsea boots che completavano il suo outfit di quella sera.

    Sei ossessionato, ti servirebbe un hobby.

    Suggerì, con un tono di voce talmente pacato da riuscire a nascondere la velata offesa che stava cercando di rivolgergli. Il ragazzone latino, dal canto suo, sembrava in piena frenesia. Continuava a guardarsi attorno con una foga tale che pareva quasi che stesse per svitarglisi la testa dal collo.
    Sembravano uno la nemesi dell'altro: Miguel così eccezionalmente colorato nel suo abito di un rosso acceso e cangiante affiancato al sud coreano che, invece, era calato in un abbigliamento total black che ne metteva in risalto i tratti affilati.
    Mentre uno continuava a muoversi con movimenti ampi e fastidiosi, l'altro se ne stava piantato a terra a scrutare tutto ciò che aveva davanti, sperando intimamente di riuscirsi a liberare dell'esuberante Black Opal per concedersi un drink. Ma il danzatore di salsa per eccellenza non sembrava intenzionato a lasciarlo in pace, tant'è che appena si mosse, quello prese a seguirlo come un'ombra.
    Sospirò profondamente, socchiudendo ancor di più le palpebre sugli occhi neri, e tornò a fermarsi solo dopo aver raggiunto una delle tavolate. Afferrò una pizzetta e tornò a fronteggiare il resto della sala, sollevò dunque lo stuzzichino che aveva trovato, ma fu nel compiere quel movimento che adocchiò Lilith nel suo campo visivo, ad una scarsa quindicina di passi da loro.
    Bloccò il braccio a mezz'aria, mentre il sopracciglio destro invadeva la fronte in una smorfia tanto sorpresa quanto un filo, inspiegabilmente, infastidita.

    Chi è quello?

    Non un commento circa la Dioptase, solo un quesito a sollevarsi in direzione di Andor che intanto si era ficcato in bocca una quantità spropositata di gambi di sedano.

    Fofhua Efanf. Amefìn.

    Non ci aveva capito un accidente, in verità, tant'è che serrò la mascella irrigidendosi e sbuffando anche sonoramente dalle narici.

    Chi?

    Il suo invito a ripetersi dovette aspettare il lasso di tempo utile a Miguel a deglutire, voltarsi e rendersi finalmente conto che la sua adorata Lilith era in compagnia di qualcun altro.

    Joshua Evans, Ametrin. E che ci fa con lei?!?!?

    L'ululato di Andor lo infastidì talmente tanto che dovette abbandonare la scenetta che si stava consumando poco più avanti per dirigere lo sguardo sul compagno e trafiggerlo per qualche lungo istante, invitandolo tacitamente a non alzare troppo la voce.

    Non urlare.

    E a quel punto non riuscì più a comprendere se il fastidio che stava provando fosse per la voce intollerabile del Black Opal o per quell'inattesa parentesi alla quale si era trovato ad assistere. Prese un profondo respiro, mentre mentalmente non potè fare a meno di domandarsi per quale ragione si sentisse a quel modo.
    Il fatto di non riuscire a capirsi lo infastidì ancora di più, se possibile.
    Torse il busto e abbandonò la pizzetta intonsa nello stesso vassoio dal quale l'aveva recuperata, ripulendo rapidamente le dita dall'olio così da poter tornare a nascondere entrambe le mani nelle tasche.

    C'è qualcosa di decente da bere?

    Che non fosse succo di zucca, probabilmente.
    Joo-hyuk
    Kwon

    "
    If I was you, I'd wanna be me too.
    "

    black opal - I anno

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    Arriva in sala e viene accalappiato dal fantastico Miguel Andor. Poi adocchia Lilith e Joshua, mentre Miguel strilla di dolore per la sua amata in compagnia di un altro, quindi cerca da bere qualcosa di forte che non troverà.
  7. .
    tumblr_n96v66oku61qg94hko5_250tumblr_n96v66oku61qg94hko1_250
    Joshua Benjamin Evans
    Ametrin | 20 anni
    Se lo ricordava lui, quell'ultimo ballo.
    Ricordava di non aver invitato nessuno, di aver ballato con Elisabeth chiedendo in prestito una giacca elegante al primo ragazzo desideroso di andarsene da lì. Si era sfilato il berretto e si era arrangiato, come faceva da un'intera vita.
    In quell'occasione decise di fare le cose per bene e, seppur ancora privo di un'accompagnatrice, sapeva che avrebbe chiesto e concesso ben più di un unico ballo, probabilmente senza trascinare nessuno via dalla festa.
    Sarebbe meglio evitare, si disse mentre abbottonava la camicia pur lasciando il collo libero da quella costrizione. Nessuna cravatta né papillon ad adornarlo, nessun berretto a tenere a bada dei capelli che, seppur spettinati, conservavano una loro dignità almeno per la sera del grande evento. Un completo grigio sopra la camicia bianca quasi stonava con il ceruleo degli occhi, ma non gli era mai piaciuto indossare indumenti troppo scuri: il suo naturale pallore lo avrebbe fatto rientrare per diritto di nascita tra i membri della famiglia Addams.
    Infilò la giacca e si diede un'ultima occhiata allo specchio, passandosi una mano tra i capelli e poi su quella mascella priva di barba, un espediente che gli aveva fatto guadagnare almeno un paio d'anni.
    Sospirò e diede le spalle allo specchio.
    Era pronto.

    Manto stellato a coprire il magico soffitto della sala, stuzzichini appetitosi sui tavoli disposti sul perimetro dell'arrangiata pista da ballo, alcol vietato agli studenti.
    Fino a quel momento tutto ok, pensò Josh nel sostare sulla porta d'ingresso, mani in tasca e intento a spostare il peso da una gamba all'altra. Per qualche strano motivo si sentiva agitato.
    Si portò una mano chiusa a pugno davanti alle labbra e si schiarì la voce, prima di avviarsi verso uno dei tavoli e afferrare il primo di una lunga fila di bocconi, preludio essenziale per avviare un qualsivoglia approccio.
    Non aveva qualcuno di preciso con cui cominciare, furono gli altri a scegliere per lui: una ragazza dai capelli lisci e un vestito nero attirò la sua attenzione al carretto della cioccolata calda. Aveva visto il suo volto per un frangente e l'aveva riconosciuta.
    Un appuntamento che non era riuscito a rispettare per via dell'eccessivo carico scolastico che aveva dovuto recuperare. Forse avrebbe potuto attribuire a questo la colpa di quelle lievi ombre violacee sotto gli occhi.
    Abbandonò il bicchiere di succo di zucca sull'angolo del tavolo, ingoiò il tortino di carne e si indirizzò verso Lilith Clarke, che non vedeva da tre anni e che sembrava essere sbocciata al pari di Elisabeth.
    "Dio, in questa scuola non si allevavano streghe ma dive del cinema".

    «Sono di un ritardo incommensurabile.» Le sussurrò alle spalle, a pochi centimetri dall'orecchio destro. Una voce divertita a rammentare il loro ultimo scambio sui social.
    «Ma anche il tuo cavaliere.»
    Infilò le mani in tasca e saltellò sul posto, rivolgendole un sorriso in attesa che si voltasse a guardarlo. Si era alzato di qualche altro centimetro, ma la differenza tra loro era ridotta a causa dei tacchi di lei.
    «Possiamo parlare nell'attesa?»
    Aveva le parole di Blake stampate nella mente, ma prima ancora aveva voglia di ritrovare un po' di quel vecchio legame che lo aveva associato a quella ragazza, che ne aveva passate tante - troppe - per la sua età.
    Inclinò appena il capo di lato. «Ciao, Clarke.» Lo disse con un sorriso e una dolcezza nel cuore che quasi lo sorprese.


    Josh entra in sala con un completino grigio, da bravo bimbo, e camicia bianca. Mangiucchia e si guarda intorno, per poi andare da Lilith per salutarla.

    RevelioGDR


    Edited by Joshua B. Evans - 1/12/2022, 14:49
  8. .
    Bah, dai. Mi sento magnanimo. Joo-hyuk (John Hulk per gli amici) parteciperà :ph34r:
  9. .

    "Parlato" - 'Pensato' - "Ascoltato"

    Dopo la lezione di Alchimia, Julian non vedeva l'ora di dimostrare ad un'altra novizia (?) che lui era un ragazzo di parola. Si era molto divertito a lezione da Keegan e non solo per la presenza del giovane docente a cui Julian aveva mentalmente promesso di fargli provare quanto fosse molesto se si fosse impegnato sul serio, ma anche perché per la prima volta, durante una lezione, si era venuto a creare un trio magicamente interessante. Aveva scelto casualmente la sua vittima tra i primini di quel giorno, individuandola in John Hulk, poi era apparsa Erin Murphy, che si era sacrificata per tutti e aveva condiviso, con il coreano, la presenza di Julian. Presenza che sicuramente non aveva minimamente intenzione di scomparire, quella sera.
    Infatti, aveva fatto una promessa alla Murphy e lui era un uomo di parola, soprattutto se si trattava di ragazze o ragazzi interessanti, cosa che non era propriamente facile essere nei parametri di Julian che, per quanto fosse amante edonista del sesso casuale (?), non si interessava a nessuno, se non a chi realmente sembrava avere un briciolo di personalità.
    E i due ragazzini di quella mattina sembravano averne da vendere.
    Aveva lasciato respirare l'orientale, per dedicarsi, dopo la cena, alla ragazzina. Aveva atteso fuori dalla Sala Grande, poggiato al muro con la schiena e la suola della scarpa destra, con le mani nelle tasche dei pantaloni della divisa. Osservava passare tutti gli studenti, sorridendo a chi conosceva anche solo di vista (leggasi: aveva molestato duramente durante qualche lezione così come aveva fatto con Erin e Hulk).
    C'era qualche ragazzina che quando lo vedeva arrossiva e si stringeva al braccio della compagna accanto, bisbigliando qualcosa e poi ridacchiando imbarazzate. Quello era ciò che Julian odiava, sapeva di essere favoloso, ma quei risolini acuti lo mandavano in crash il cervello, odiava quelle voci stridule e credeva che dovessero essere strozzate tutte coloro che osavano fare quel verso strano.
    Tuttavia, nonostante i suoi pensieri omicidi, il riccio concedeva un sorriso smagliante anche a loro, nascondendo quel fastidio dietro una facciata di perfetta bellezza.

    «Si fa desiderare la ragazzina...»

    Pensò, mentre un ghigno divertito si affacciava sulle sue labbra. Mancavano ancora pochi studenti, notò affacciandosi un po' alla porta, quindi doveva apparire Erin anche da un momento all'altro.
    Non appena l'avrebbe vista uscire, Julian si sarebbe staccato con un colpo di reni dal muro, avvicinandola.

    «Allora, sei pronta a goderti un po' di relax con me?»

    Sì, era molto allusivo, ma non aveva in mente niente di preoccupante, almeno non per ora.

    «Su, andiamo.»

    Le avrebbe quindi offerto il braccio, come solo un vero cavaliere poteva fare (?) e avrebbe avanzato nel passo con tranquillità, impostandosi accanto a lei, se lo avesse concesso.

    «Facciamo le cose per bene: sono Julian Miller ed oggi sarò colui che ti accompagnerà a vedere una delle mie stanze preferite del castello. Lei, signorina?»

    Aveva iniziato a fare il paraculo, povera Erin.
    Julian Miller

    "
    Light my fire.
    "
    Studente, I anno - Dioptase

    code by ©#fishbone

  10. .


    Zuleyka
    Black Opal
    I anno


    Non credeva nel cielo, Zuleyka. Tutto ciò che appariva come troppo aleatorio, troppo ipotizzato e per nulla verificato, ai suoi occhi non era meritevole di attenzione. Aveva imparato a credere nella magia, ma non in quella dei pianeti. Non le avevano dato nulla di incontrovertibile e, come tali, non potevano considerarsi affidabili.
    Il fatto che non credesse nei loro significati, non significava doversi privare dello spettacolo offerto dalla loro bellezza.
    Che il cielo fosse fonte naturale di tranquillità, in serate come quella, era innegabile; che Zuleyka ne anelasse un po', invece, era piuttosto raro ma non impossibile.
    Aveva deciso di sgattaiolare fino all'osservatorio per allontanarsi dalla folla di studenti accalcati nei corridoi e aveva deciso di farlo in compagnia di qualche foglio di pergamena, con scarabocchiati qua e là appunti che nulla avevano a che vedere con la didattica. Erano stati scopiazzati da alcuni libri sul vudù e Zuleyka stava cercando di fissare nella sua testa alcuni elementi e nozioni base, nella speranza che un giorno non troppo lontano la teoria avrebbe lasciato il posto alla tanto agognata pratica.
    Raggiunto l'Osservatorio, Zuleyka aveva preso posto a terra, in un angolino. Incurante del freddo, da sempre si sentiva maggiormente cullata dai climi rigidi, piuttosto che da quelli afosi. Un controsenso, considerando il luogo in cui era nata. Ma, esattamente come aveva ripudiato un nome, non faticava a ripudiare anche le proprie origini, preferendo di gran lunga credere che la sua vera casa si trovasse molto a nord, dove aveva vissuto per parecchi anni e dove aveva frequentato Durmstrang.
    Aveva appena tirato un sospiro di sollievo, che la triste realtà di trovarsi in una scuola piena di studenti rovinò ogni cosa.
    Non si voltò quando alle sue orecchie giunsero delle scuse biascicate, si limitò a strabuzzare gli occhi, palesemente irritata. Solo a quel punto, lentamente, quello stesso sguardo si sarebbe posato sulla ragazza che aveva fatto irruzione.
    Andarsene appariva agli occhi di Zuleyka un'idea splendida, la flebile speranza di poter ancora conservare quel luogo e quel momento per sé. Tuttavia, alla sua attenzione non sfuggi il tremolio dell'altra e, in quel movimento quasi impercettibile, Zul vide un'opportunità.
    Non sapeva se fosse lei a incuterle timore oppure la situazione, o se quello fosse effettivamente timore, tuttavia lo avrebbe scoperto presto e, come di consueto, avrebbe provato a trarvi vantaggio.
    Che quella ragazza fosse o meno una persona fragile, come sembrava, non aveva alcuna importanza nella scala di valori di Zuleyka e in nessun modo avrebbe alterato il suo modo di porsi, se non per accentuarlo.
    Le labbra, ricalcate di un pesante rossetto color viola, presero la forma di un largo sorriso, che mai arrivava a contagiare gli occhi.
    "Non è di certo lo spazio a mancare" rispose con voce velata, anche se avrebbe preferito che l'altra sfruttasse a pieno lo spazio consentendo ad entrambe di mantenere il proprio spazio vitale.
    Gli occhi non lasciarono Erin nemmeno per un secondo mentre appoggiava a terra borsa e libri, l'intenzione di far sentire l'altra osservata e provocare un disagio calcolato.
    Lo stesso disagio che cercò di provocare non rispondendo subito alla domanda della compagna, ma attendendo qualche secondo immobile, lo sguardo che non ne voleva sapere di infastidire qualunque altra cosa ci fosse intorno a loro.
    "No" replicò infine, inclinando il volto di lato. "Non mi è mai importato" aggiunse, tirandosi il lato di capelli fucsia acceso dietro l'orecchio.
    Sull'Aliscopio si sentivano parecchie voci e finché la situazione non fosse stata più chiara ai suoi occhi, Zuleyka non si sarebbe presa l'onore di sperimentare.
    "Tu sei venuta qui per usarlo?" domandò, con tono apparentemente innocente. "Non vorremmo disturbare il cielo" buttò lì infine, lasciando intuire chissà quali conseguenze e contornando il tutto con un nuovo mezzo sorriso.

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  11. .
    ScaredShallowAracari-size_restricted
    Joshua Benjamin Evans
    Ametrin | 20 anni
    Erin era una vera e propria condanna. Croce e delizia per quel suo animo tormentato fin nel profondo, che non riusciva a trovare tregua se non negli occhi di pochissime e speciali persone. Erin era una di quelle, perché era in quei due smeraldi che il ragazzo riusciva finalmente a scorgere la pace tanto anelata.
    Josh non sopportava l'idea che si sentisse messa a confronto di altre, tanto lei aveva da dare. Ma nell'esatto momento in cui capì il perché aveva tentato la riuscita di quella pozione, non poté fare a meno di fermarsi a riflettere. Elisabeth Lynch poteva avere svariati difetti, da che lui ricordasse, ma era bella da mozzare il fiato. Non faticava a ricordare la sensazione di passare le dita tra quei capelli scuri e setosi, il profumo che l'avvolgeva e il sapore delle sue labbra, il calore che il suo corpo era stato in grado di restituirgli.
    Elisabeth era il massimo per lui, complice quella tendenza iniziale a sfuggirgli come poche avevano avuto l'intenzione di fare. Essere riuscito ad averla dopo mesi - se non anni - di tentativi fallimentari l'aveva resa un traguardo ineguagliabile.
    Erin, d'altro canto, era ciò che di più luminoso si fosse mai affacciato nella sua vita. Per quante difficoltà la ragazza si fosse ritrovata ad affrontare fin dalla più tenera età, per Josh era, da tre anni a quella parte, motivo di entusiasmo. Docile, arrendevole e ingenua all'apparenza, nascondeva dentro di sé un'animain grado di riaccendere ogni speranza e rischiare qualsiasi ombra dell'animo turbolento dell'inglese.
    Erano talmente diverse da rappresentare gli antipodi l'una dell'altra, così come differenti erano le sensazioni che Josh nutriva nei loro confronti: se Elisabeth era la tentazione e il fuoco che annienta qualunque cosa sulla propria scia, Erin era l'entusiasmo di vivere e la fiamma della speranza.
    Sbuffò aria dalle narici mentre rivolgeva lo sguardo di fronte a sé, a quel soffitto che non era in grado di restituirgli nulla, se non il tempo di riflettere su ciò che avrebbe dovuto e potuto dirle.
    «Lo è. E' vero.»
    Ancora una volta quell'onestà che tanto millantava lo caratterizzasse venne fuori in tutta la sua semplicità.
    Erin, per quanto potesse nutrire una qualsivoglia forma di competizione nei confronti di Elisabeth, sapeva bene cosa l'altra significasse per lui.
    Ma persino Josh, che si considerava ormai uomo vissuto a suo malgrado, non era in grado di intercettare quei flebili segnali che la vita sembrava porgli davanti: Elisabeth era cresciuta ed era cambiata, ma lui non poteva ancora saperlo; Erin era un bocciolo in attesa che qualcosa o qualcuno le desse il via per l'ultima, grande presa di consapevolezza.
    Ma benché la rossa apparisse ingenua e pronta ad assecondare chiunque avesse intenzione di prevaricare su di lei, l'animo selvatico che si nutriva della sua ribellione esalò in un fiato parole che sembrarono incasellare Josh alla perfezione. Il ragazzo schiuse le labbra in un chiaro tentativo di dire la propria su una verità assoluta, una certezza che tuttavia non avrebbe ammesso di condividere né di riconoscere, ma Erin fu più veloce e riprese da dove aveva interrotto, insinuando nel ragazzo l'incertezza di essere stato letto da lei come da nessun altro prima.
    Ascoltò ciò che la ragazza aveva da dire sui Black Opal e, fin dalla prima affermazione, sorrise.
    «E' una critica al mio modo di pensare o al loro?»
    Non aveva tutti i torti, comunque: i Black Opal erano in un certo qual senso i Serpeverde di Hogwarts bagnati dell'avventatezza dei Grifondoro, un'accoppiata decisamente pericolosa.
    Si lasciò avvolgere, colse la sua voce come un balsamo su una ferità per troppo tempo trascurata.
    «Prima o poi mi dirai dov'è che non guardo?»
    C'era della genuinità in quella ragazza. Un'apertura totale a cui Josh era stato abituato tempo addietro da due sole persone nella propria vita. Era quel che più aveva amato di loro, se di amore si può parlare; una dote che temeva che il tempo avesse trascinato via.
    Annuì e la strinse maggiormente a sé, sapendo che l'infermiere Maeve lo avrebbe sbattuto fuori da quella stanza non appena lo avesse visto importunare una delle sue pazienti. Ma fino ad allora, si disse, non c'era motivo per andare via.
    Sospirò e lasciò che la mano sinistra vagasse sulla schiena di Erin, intrecciando le dita in quella ragnatela scarlatta che era la sua folta chioma. Nel silenzio che li avvolse non si era reso conto di conoscerla tanto bene da considerare ogni suo dettaglio casa.
    Inconsapevole di cosa sarebbe accaduto l'indomani, Josh chiuse gli occhi e lasciò la mente libera di vagare nei ricordi, portando inevitabilmente a confronto due persone che mai avrebbero dovuto essere equiparate per i più banali motivi.
    Era fatto così, lui: sempre pronto a tirarsi la zappa sui piedi da solo, poiché non abbastanza per soddisfare tutte le persone a cui più teneva al mondo.
    RevelioGDR
  12. .
    ScaredShallowAracari-size_restricted
    Joshua Benjamin Evans
    Ametrin | 20 anni
    Se Josh avesse saputo tempo addietro cosa Elisabeth e Jesse avevano accettato pur di averlo nelle loro vite e a cosa invece avevano rinunciato in quell'infinitesimale frangente di tempo che avevano trascorso assieme, forse si sarebbe comportato in maniera diversa.
    Se fosse stato consapevole di cosa Erin vedeva in lui, di cosa significava per quella giovane fiamma che gli ardeva tra le braccia da ormai tre anni a quella parte, forse le avrebbe detto di bruciare per qualcun altro, di consumarsi per qualcuno che avrebbe saputo e potuto accorgersi di quei sentimenti profondi e contorti che tuttavia lui avrebbe definito con poche, semplici e note parole.
    Se Josh avesse saputo tante cose, si sarebbe comportato in modo molto diverso con tutti coloro che lo avevano circondato in quei vent'anni di vita. Ma lui era quello che era: troppo egoriferito per pensare a qualcun altro, per comprendere come gli altri potessero amarlo, solo perché lui non era in grado di amare così profondamente nessuno a sua volta.
    Questo lo sapeva, Joshua Evans, eppure non riusciva a tenere lontano da sé chi, un giorno o l'altro, lo avrebbe accusato di dolori che non avrebbe mai desiderato causare.
    Per il momento, però, per uno che come lui viveva il presente, andava bene così.
    Chiuse il sipario su quei pensieri, concentrandosi sul profumo di Erin e sulla sua presenza, su quella dolce tortura inflitta con chirurgica precisione al centro del petto, lì dove il dolore di pochi attimi prima aveva lasciato spazio alla familiarità di quel contatto tanto anelato nei giorni precedenti.
    Fu come riprendere a respirare.
    «Sapevo che avresti picchiato qualcuno prima o poi.» Lo disse con ironia mentre le labbra si distendevano in un sorriso sghembo e la mano destra andava a cercare quella più piccola e fredda della ragazza.
    Quando la verità venne fuori, Josh le restituì uno sguardo indecifrabile. La vide scoppiare a ridere mentre lui si soffermava a spostare lo sguardo sulla chioma scarlatta, notandola meno crespa di quanto non fosse abituato a vederla. Che si stesse facendo bella per qualcuno? Inutile dire che quell'intuizione lo colpì e non alla pari di un fulmine a ciel sereno: Erin era bella da mozzare il fiato e non sarebbe rimasta ad aspettare lui.
    Josh non lo aveva mai preteso, ma non per questo lo accettava di buon grado, nella costante ed esasperante contraddizione che lo contraddistingueva.
    La sua scusante era ed era sempre stata la sincerità più assoluta. Si era ripetuto più volte in passato che, per non dover convivere con l'accusa di aver fatto soffrire qualcuno e ancor di più con la consapevolezza di averlo fatto, bastasse dire di non desiderare una relazione, di non essere pronto a innamorarsi, di volere al medesimo tempo e allo stesso modo due persone completamente diverse.
    Se agli altri andava bene, continuava a ripetersi, perché preoccuparsi?
    Non era ancora riuscito a comprendere l'urgenza ustionante di alcuni individui di lasciarsi trascinare nel dolore pur di scorgere un barlume di felicità insieme a lui. Perché la verità era questa: Josh non riusciva a stare lontano da chi, pur senza dirlo, gridava aiuto in un mondo in cui non si sentiva compreso.
    A tal proposito il suo cuore percepì una morsa nel sentire le parole di Erin e nello scorgere distintamente quell'ombra che tendeva a trascinarla nell'oscurità di un'anima fin troppo essenziale nella vita del giovane per consentirglielo.
    Le afferrò il mento tra le dita della mano destra e tentò di sollevarle il viso fino a poter poggiare le proprie labbra sulle sue.
    «Ti riferisci a qualcuna in particolare?»
    Le sussurrò addosso, lasciando che i loro respiri si mescolassero nel bisogno che sentivano di avere l'uno dell'altra, nel silenzio della sera che si apprestava ad ingerirli.
    Se Erin non si fosse scostata, Josh avrebbe catturato quelle labbra tra le proprie come a farle esalare l'ultimo respiro, incerto di voler sentire o meno il nome di chi l'avesse fatta sentire inadatta a quella realtà.
    Si staccò da lei solo per rivolgere lo sguardo lì dove lo stava conducendo. Un accenno di sorriso nello scorgere quei colori che a lui stavano tanto bene quanto un pugno in un occhio. Lo sapeva che era finita tra gli Ametrin, glielo avevano detto, ma non se lo aspettava.
    «Ti avrei vista meglio con i colori dei Black Opal, forse.»
    Una Casa che per lui aveva numerosi e importanti significati.
    Tralasciò quel dettaglio e riportò le iridi di ghiaccio su di lei, inclinando appena il capo.
    «Vediamo se immagini il perché.»
    Il buio. L'oscurità che avvolge i sensi e li annichilisce a favore di una personalità imperscrutabile, di un'ambizione fuori dal comune e della più pura essenza che rende l'uomo peccatore di cuore e al contempo vittima della propria mente.
    RevelioGDR
  13. .
    CITAZIONE (Erin Murphy @ 10/11/2022, 10:25) 
    Numero di partecipanti: 1 (alla volta :3)
    Sezione in cui aprire: Da decidere.
    Info aggiuntive: Ad Erin piacciono le avventure e l'ignoto, facciamola divertire **

    Io te la butto lì :3
  14. .

    16640f9fdd8221e3aff90b62457e5d64

    whoiam nome&cognome: Deva Lyanne Lestrange
    e&luogonascita: 16 anni (4 ottobre 2006). Haywards Heath, Regno Unito.
    orientamento sessuale: Eterosessuale.
    ex scuola: Hogwarts, ex-Serpeverde.
    casata Hidenstone: ?
    professione: Studentessa.
    statosangue: Purosangue.
    statosociale: Ricca.
    caratteristica: /
    segnipparticolari: /
    allineamento: Neutrale Malvagio (l'opportunista).
    bacchetta: Legno di Vite, Crine di Thestral nel nucleo, 11 pollici, rigida.
    famiglio: /



    Aspetto fisicoDal corpo minuto ma ben proporzionato, l'attuale sedicenne raggiunge a stento il metro e sessanta centimetri, per metà percorso da una folta chioma di capelli mossi, di una scura tonalità di castano, che le sfiora la vita. Gli occhi grandi, dalle iridi di un verde talmente pallido da rasentare il colore del ghiaccio, hanno un taglio elegante, conferendo allo sguardo malizia e al contempo profondità.
    La pelle diafana, al pari di quella di una bambola di porcellana, è sporcata qua e là da poche e fastidiose lentiggini, una caratteristica che non rientra nei canoni estetici della famiglia Lestrange. Il naso sottile, dritto e dalla punta all'insù, le labbra sottili e la dentatura quasi impeccabile poco si discostano dall'ideale di perfezione dell'eredità di cui porta il nome.
    Quanto al suo abbigliamento, si può affermare che nel baule non manchino mai capi di una certa rilevanza e firma nota. Deva segue con una certa attenzione la moda, ma non ne è così appassionata da dettare un proprio stile.
    Il timbro di voce è solitamente acuto, tanto da doversi augurare di non sentirla mai urlare.

    prestavolto: Kaya Scodelario.

    "You call it madness,
    I call it love."

    CaratterePungente e provocatrice di natura, Deva porta alto lo stendardo di famiglia mostrandosi orgogliosa, determinata e testarda in tutto ciò che intende portare a termine. Il sarcasmo bagna quella che è la sua retorica, arma vincente in qualsiasi scontro prima ancora di ricorrere alla bacchetta.
    Grazie a una ferrea educazione impartitale da che ne possiede memoria, i modi algidi del suo essere rivelano una ragazzina estremamente sicura di sé e insofferente a ciò che sfugge al proprio controllo. Maniaca, in tal senso, Deva pretende che qualunque cosa rientri in quello che è il suo disegno, con qualunque mezzo, in un mondo ben lontano dalla perfezione cui anela.
    Relativamente socievole, non riesce del tutto a mascherare la sua vera natura: ciò che fa viene spinto da un puro desiderio di rivalsa e soddisfazione personale, non è una ragazza gentile per natura né accondiscendente o dal cuore tenero, al contrario cerca sempre di trovare del marcio in chiunque e fare ciò che fa per un puro ritorno.
    C'è chi dice che questo sia unicamente il suo modo di far fronte alla vita che le è stata offerta, poiché in realtà dotata di un'empatia al di fuori del comune e di una sensibilità tale che la porta a temere di essere ferita da chi la circonda. Molto introversa e riservata su ciò che la riguarda, sfoga occasionalmente questa mancanza di espressione nella più venale collera. Da qui si può dedurre quanto sia rancorosa e vendicativa.
    Cresciuta più velocemente di qualunque altro ragazzo della sua età, Deva ha perso qualsiasi forma di ingenuità e innocenza appartenenti all'età infantile. Non prova rammarico per questo, ma sente la mancanza di qualcosa di irrecuperabile.
    Incuriosita da tutto e tutti, brama la sete di conoscenza in ogni sua forma e difficilmente si lascia scivolare tra le dita i segreti altrui, la moneta di scambio che preferisce.

    xanderxander

    StoriaLa dimora dei Lestrange aveva visto dare alla luce ben più di una generazione, e quando la più piccola della famiglia fece la propria comparsa in un mondo che non sarebbe stato mai abbastanza per lei, la soddisfazione dei genitori fu direttamente proporzionale alle aspettative che avevano in serbo per la piccola. Amata non come avrebbe voluto, ma inserita nell'alta società come l'ereditiera che era, a Deva fu dato il nome di una dea perché di un simile titolo si sarebbe dovuta rivelare meritevole.
    Solo il meglio per la bambina: giocattoli e vezzi di qualsivoglia natura, attenzioni, cure, istruzione e preparazione eccellenti e, con l'ideale di distaccarsi da chi aveva portato alla rovina l'onore di una delle famiglie più rinomate del mondo magico, un'attenzione particolare alla magnanimità di un animo che a un primo sguardo avrebbe dovuto apparire gentile.
    Consapevole fin dalla nascita di dover portare nuovamente agli albori quel nome che, per un certo periodo, fu tanto disprezzato da alcuni e stimato da chi rappresentava ormai la feccia della società, Deva si ritrovò a far fronte alle aspettative che, insieme ai propri cugini e fratelli, avrebbe dovuto realizzare.
    Nella famiglia dei Lestrange non c'era posto per il fallimento.
    A undici anni ricevette la lettera per Hogwarts, dove venne smistata senza alcuna sorpresa tra i Serpeverde. La passione per lo studio delle arti magiche fu un movente sufficiente a farle ottenere i risultati tanto ambiti, facendo sì che si affacciasse con estremo interesse alla pozionistica e ai segreti della mente.
    Fu proprio a Hogwarts che Deva strinse i primi legami che a sedici anni fu costretta ad abbandonare. Non una novità per lei, quella di dover trasferirsi una volta raggiunto il primo grande traguardo della sua carriera scolastica, ma quel distacco non desiderato comportò un mutamento nella sua indole, fino a farla chiudere a riccio su quelle che erano le proprie emozioni. Ottenuti voti brillanti agli esami G.U.F.O. fece il proprio ingresso a Hidenstone con la calma e la pacatezza che la contraddistinguevano da sempre, disposta a tutto pur di raggiungere quegli obiettivi che, individuati e fortificati all'interno della famiglia, col tempo erano divenuti anche i suoi.

    altro:
    - Soffre di manie di controllo.
    - Ha di recente scoperto una vera e propria passione per i film dell'orrore.
    - Ama il cioccolato fondente.
    - E' appassionata di Pozioni e Alchimia.
    - Mal sopporta le stagioni calde, rivelando una vera predilezione per l'inverno.
    - E' mancina.

    "A trip for darkness
    one more time."


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    Edited by Deva L. Lestrange - 12/11/2022, 11:26
  15. .
    Ciao sono stefano e correggerò velocemente questa scheda.
    Va bene, nulla da obiettare se non questo:
    -Fin'ora ha concesso il proprio corpo unicamente a Joshua Evans. -> mettiamo su un club, tipo gli Sverginati da Evans? Chiedo per un amico eh

    Detto questo che ne dici se parliamo direttamente di statistiche e non di centimetri e anticorpi antinucleo?

    Come PG Studente ti spettano 42 punti da distribuire, tenendo conto che il minimo di punti da assegnare per ogni PP è 4, mentre 7 è il massimo.

    Le caratteristiche (PP) sono le seguenti:
    Coraggio:
    Empatia:
    Intelligenza:
    Resistenza:
    Tecnica:
    Intuito:
    Destrezza:
    Carisma:

    Trovi QUI tutto quello che ti occorre sapere su di loro per distribuirli in maniera opportuna.

    Per qualsiasi cosa sono qui. See ya!
15 replies since 3/11/2022
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