Parola di scout.

Erin Murphy

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    "Parlato" - 'Pensato' - "Ascoltato"

    Dopo la lezione di Alchimia, Julian non vedeva l'ora di dimostrare ad un'altra novizia (?) che lui era un ragazzo di parola. Si era molto divertito a lezione da Keegan e non solo per la presenza del giovane docente a cui Julian aveva mentalmente promesso di fargli provare quanto fosse molesto se si fosse impegnato sul serio, ma anche perché per la prima volta, durante una lezione, si era venuto a creare un trio magicamente interessante. Aveva scelto casualmente la sua vittima tra i primini di quel giorno, individuandola in John Hulk, poi era apparsa Erin Murphy, che si era sacrificata per tutti e aveva condiviso, con il coreano, la presenza di Julian. Presenza che sicuramente non aveva minimamente intenzione di scomparire, quella sera.
    Infatti, aveva fatto una promessa alla Murphy e lui era un uomo di parola, soprattutto se si trattava di ragazze o ragazzi interessanti, cosa che non era propriamente facile essere nei parametri di Julian che, per quanto fosse amante edonista del sesso casuale (?), non si interessava a nessuno, se non a chi realmente sembrava avere un briciolo di personalità.
    E i due ragazzini di quella mattina sembravano averne da vendere.
    Aveva lasciato respirare l'orientale, per dedicarsi, dopo la cena, alla ragazzina. Aveva atteso fuori dalla Sala Grande, poggiato al muro con la schiena e la suola della scarpa destra, con le mani nelle tasche dei pantaloni della divisa. Osservava passare tutti gli studenti, sorridendo a chi conosceva anche solo di vista (leggasi: aveva molestato duramente durante qualche lezione così come aveva fatto con Erin e Hulk).
    C'era qualche ragazzina che quando lo vedeva arrossiva e si stringeva al braccio della compagna accanto, bisbigliando qualcosa e poi ridacchiando imbarazzate. Quello era ciò che Julian odiava, sapeva di essere favoloso, ma quei risolini acuti lo mandavano in crash il cervello, odiava quelle voci stridule e credeva che dovessero essere strozzate tutte coloro che osavano fare quel verso strano.
    Tuttavia, nonostante i suoi pensieri omicidi, il riccio concedeva un sorriso smagliante anche a loro, nascondendo quel fastidio dietro una facciata di perfetta bellezza.

    «Si fa desiderare la ragazzina...»

    Pensò, mentre un ghigno divertito si affacciava sulle sue labbra. Mancavano ancora pochi studenti, notò affacciandosi un po' alla porta, quindi doveva apparire Erin anche da un momento all'altro.
    Non appena l'avrebbe vista uscire, Julian si sarebbe staccato con un colpo di reni dal muro, avvicinandola.

    «Allora, sei pronta a goderti un po' di relax con me?»

    Sì, era molto allusivo, ma non aveva in mente niente di preoccupante, almeno non per ora.

    «Su, andiamo.»

    Le avrebbe quindi offerto il braccio, come solo un vero cavaliere poteva fare (?) e avrebbe avanzato nel passo con tranquillità, impostandosi accanto a lei, se lo avesse concesso.

    «Facciamo le cose per bene: sono Julian Miller ed oggi sarò colui che ti accompagnerà a vedere una delle mie stanze preferite del castello. Lei, signorina?»

    Aveva iniziato a fare il paraculo, povera Erin.
    Julian Miller

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    Aula di Alchimia, un giorno prima.
    Si era voltata giusto in tempo per incassare il bisbiglio rivoltole dal riccio accanto a Joo-Hyuk, ma non poté dirsi altrettanto rapida ad indovinare quel che realmente significasse.
    «Domani? Io non...»
    ...posso, sono sicura, ho idea. Mille modi di concludere una frase che rimase invece sospesa a metà: il Dioptase non la stava già più guardando, figurarsi se l’avrebbe ascoltata. Nonostante l’evidente intonazione interrogativa, quella appena ascoltata parve dover essere la più retorica delle domande mai ricevute da Erin.
    Tornò concentrata sulla fine della lezione con un cipiglio confuso tra le sopracciglia, rimandando ogni valutazione a più tardi.

    Corridoio appena fuori dalla Sala Grande, un giorno dopo.
    Impossibile negare che se la fosse presa comoda, Erin Murphy, come altrettanto lo era la certezza che l’irlandese avesse completamente, irreversibilmente, e rovinosamente dimenticato l’appuntamento siglato senza troppe clausole alla lezione di Alchimia. Aveva mangiato una doppia razione di zuppa, trangugiato un paio di bicchieri di succo, e parlottato occasionalmente con alcune compagne di casata a cui si era unita per la cena. Tutto come al solito insomma.
    Fu accanto a loro che uscì, quando ormai la sala andava svuotandosi, e fu proprio loro che vide sgattaiolare via in preda ad un improvviso rossore di gote quando qualcuno parve rivolgersi proprio a lei con parole inequivocabili, scandite da una voce che solleticò reminiscenze vaghe in una memoria davvero pessima.
    Julian, il riccio di Alchimia.
    Julian, il riccio di Alchimia che le aveva chiesto cosa facesse l’indomani.
    Julian, il riccio di Alchimia che adesso la guardava in una chiara personificazione di tutti i suoi sensi di colpa.
    «...Oh!» Ti passo a prendere dopo cena e ci facciamo un giro. «Certo! Mai stata così pronta.»
    Mai stato così falso.
    Prima o poi sarebbe riuscita a trovare una pozione concilia-memoria sufficientemente forte da farle tenere insieme i pezzi della sua vita, magari un distillato arcano, un rituale voodoo, qualcosa che ponesse rimedi ai casi persi insomma.
    Il rovescio della medaglia di un’anima così disorganizzata, comunque, era appunto l’abitudine a non organizzare praticamente nulla; non avrebbe fatto alcuna differenza il ricordarsi di quell’appuntamento - se così lo si voleva chiamare - Erin non era avvezza ad incipriarsi il naso od abboccolarsi i capelli, in un caso o nell’altro Julian l’avrebbe trovata esattamente come la stava vedendo adesso, forse solo con meno rimorsi di coscienza tra le lentiggini.
    Era una fortuna che l’altro paresse completamente focalizzato sulla propria persona, un egocentrico votato al bene, un oratore delle masse quasi. Il ritratto che Erin scolpì nella mente aveva molti più dettagli di quanti sarebbe stata pronta a confessarne, ma la natura l’aveva privata anche della più innocua inclinazione al pregiudizio, perciò bastò la solita leggerezza a spolverare via i pensieri per riportarla, come d’abitudine, a cogliere semplicemente l’attimo che stava vivendo.
    «Erin Murphy, colei a cui non basterà tutta la vita per riuscire a conoscerlo tutto, questo castello. Può andare?»
    Accennò un sorriso, dopo aver accettato senza alcuna malizia il braccio che lui le offriva. Dire che differissero in statura sarebbe stato un eufemismo, niente a cui la Murphy non fosse già abituata, e non sarebbe trascorso molto tempo prima che i due risultassero caratteristicamente opposti su parecchi altri fronti.
    «Allora non è vero quello che dicono dei Dioptase.»
    Iniziò, vaga e pensosa, facendo appello a tutte le abilità di colloquialità di cui aveva avuto modo di munirsi negli anni. Sapeva apprezzare anche il silenzio, Erin, ma si trovava molto più a proprio agio nella conversazione, e non era da escludere dalle considerazioni la sana meraviglia che era in grado di provare ad ogni nuova conoscenza. Avrebbe lasciato quel mondo piena di informazioni e saperi, lo diceva sempre, se Julian poteva collaborare a quell'impresa nessuno se ne sarebbe lamentato.
    «Persone arroganti ed egoiste non offrirebbero mai né il braccio né la condivisione di una delle loro stanze preferite ad una perfetta sconosciuta.»
    Gli schioccò dal basso un’occhiata incuriosita, del tutto incurante di quanto i tratti femminili del suo volto stridessero con l’innocenza di cui era invece intrisa ogni sua parola.
    Era la condanna di Erin Murphy, quella, l’essere completamente inconsapevole della propria presenza nel mondo.


    RevelioGDR
     
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1 replies since 20/11/2022, 22:51   82 views
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