Lezione di Incantesimi - biennio

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    Ametrin
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    Emma Lewis
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    Si stava dirigendo all'aula di incantesimi assieme al suo best friend forever nonché parabatai ideale -quello che cercava da una vita-, pronta per una nuova ed interessante lezione, felice di poter conoscere nuovi incantesimi e migliorare nell'utilizzarli, dal momento che non era esattamente una cima, quando si trattava di applicarli. Aveva uno zainetto a forma di unicorno con dentro un paio di regalini che già aveva comprato per qualcuno, mentre per gli altri ancora doveva pensarci. Certo, mancava ancora un po' a Natale, ma non era certa che li avrebbe visti tutti, intorno a Natale.
    Non vedo l'ora, NattyPie! Sono stanca di studiare e fare compiti tutti i giorni tutto il giorno. Va bene che a giugno abbiamo i MAGO, ma vorrei respirare un po'! Protestò, con la sua solita vocetta dolce, ormai rassegnata dalla trasandatezza della divisa di Nathan. Si era abituata e non gli disse nulla, anche se lo faceva praticamente ogni volta che lo vedeva così. Ricambiò felicemente il suo abbraccio e si beò del contatto delle sue labbra sulla fronte, regalandogli un candido sorriso a trentadue denti. Ti voglio bene, Captain America! Annunciò un po' a caso, anche se in quel momento sentiva quel sentimento con forza scorrerle dentro e desiderava esternarlo con una delle persone più importanti, per lei. Non c'era voluto molto perché lui lo diventasse, grazie al suo carattere esuberante e allo stesso tempo dolce, quando ce n'era bisogno. Era stato il primo in assoluto a dirle che lei era una ragazza forte, che doveva solo dimostrarlo. Lei lo vedeva un po' come il suo eroe, qualcuno sul quale fare sempre affidamento. Grazie Nattt esultò, quando lui fece aprire la porta, lasciandola passare. Buongiorno! Salutò anche lei la prof, guardandosi in giro. C'erano praticamente tutti e forse lei avrebbe dovuto fare più in fretta e trascinare Nathan con sé. Pazienza, ormai c'erano. Lasciò che si andasse a sedere vicino a Howard, avvicinandosi anche lei al loro banco. Howieeeeee! Ciauu e detto ciò, avrebbe tentato di buttargli le braccia al collo per un abbraccio zuccheroso, dopodiché avrebbe tirato fuori dal suo zainetto, un pacchetto morbido e glielo avrebbe porto. Dentro ci avrebbe trovato due infantilissimi unicorni -ehi, sempre di Emma stiamo parlando- uno bianco ed uno nero, ma c'era di più. Parlavano! Premendogli il pancino, diranno frasi super dolciotte! Tipo che ti vogliono bene. Detto ciò, Emma gli lasciò un bacio sulla guancia e si allontanò alla volta di Aibileen; anche per lei aveva un regalino. Non la conosceva bene, eppure era sempre stata gentile con lei ed era una ametrina, non servivano altre motivazioni per farle un regalo. Ciao Aiby! -Posso chiamarti Aiby, vero?- ho un regalino anche per te! Le allungò un pacchetto in carta argentata dove dentro avrebbe trovato un berretto da gatto animato. Spero ti piaccia, ma non sapevo i tuoi gusti, quindi... i gatti piacciono a tutti, no? Arrossì vistosamente e desiderò sprofondare, perciò non fece altro che darsela a gambe e zampettare vicino ad Adamas. Addyyyy! È libero? Posso sedermi? Attese risposta e dopo avrebbe tentato di abbracciare anche lui e dargli un bacio sulla guancia, prendendo poi posto e tirò fuori una penna, iniziando a rispondere alle domande. La magia elementale è quella che va a vertere su uno o più elementi che in genere sono acqua, terra, aria e fuoco. Per me l'elemento più utile è l'acqua perché lo vedo il più affine alla cura e senza quella, non si può proseguire, in situazioni di pericolo. Forse non è una vera motivazione, ma lo vedo molto affine. Mentre ciò che ho paura, è di perdere il controllo della magia, soprattutto se si tratta del fuoco -per via di vecchie esperienze. Mise il punto e guardò il suo scritto, conscia che facesse schifo. Sospirò.
    Stat scheda Ametrin
    CODICE ROLE © dominionpf


    Saluta Eva, interagisce prima con Nathan Parker King
    Poi con Howard H. Van Leeuwen e Aibileen Beatrix dando loro dei regalini
    Ed infine con Adamas Vesper ùù
    Risponde a tutte le domande, più o meno
     
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    Brian Ensor | Docente DCAO
    Passi lenti e cadenzati riecheggiavano lungo il corridoio nel quale si trovava l'aula della collega Eva Ivanova. Il giorno prima della lezione i due docenti si erano accordati per svolgere insieme quella lezione, tuttavia a causa di alcuni contrattempi avuti con il triennio Brian Ensor non era in perfetto orario. Non avrei potuto esserlo comunque, dato il favore che mi ha chiesto. Sbuffò il biondo, entrando in aula con due scatoloni che lo coprivano dal busto in su'. Per gli studenti sarebbe potuto essere un qualunque studente del quarto o quinto anno dati i pantaloni scuri estremamente simili a quelli delle divise scolastiche maschili, ma dopo aver poggiato sulla scrivania gli scatoloni con il loro contenuti tutti poterono ammirare il manifestarsi del docente più severo e intransigente dell'intera accademia magica. Vi sono mancato?
    Buongiorno a tutti. Dalle vostre espressioni deduco che la professoressa Ivanova non abbia accennato alla mia presenza durante la prova pratica che sta per avvenire. Affermò, afferrando in seguito il proprio catalizzatore magico per agirarlo in direzione di ciò che aveva portato.
    Una moltitudine di piccole pietre cominciò a levitare in modo tale che ogni studente potesse averne almeno una sul proprio banco. Dalla loro composizione anatomica parevano essere fatte di un materiale non molto diverso dal vetro, anche se risultava leggermente più opaco. Si tratta di sassi elementali, probabilmente è la prima volta che ne vedete uno. Solitamente si tende a non usarli perché la pura magia che si manifesta con la bacchetta può aver effetti ben più entusiasmanti e teatrali di quelli dei sassi elementali, ciò nonostante sono perfetti per farvi scoprire con quale elemento siete più affini e per far pratica con questa branca della magia. Fu allora che continuò a muovere la bacchetta in aria e immediatamente comparvero delle lingue di fuoco che formarono vari disegni che accompagnarono il racconto del docente. Le pietre reagiscono agli influssi magici. Ciò che dovrete fare è concentrarvi come se steste per eseguire un incantesimo assai complicato, arrivando a un punto tale da non rendervi più conto di ciò che sta accadendo intorno a voi. Da quel momento il sasso elementale comincerà a brillare e vi sentirete catapultati all'interno di esso. Lì avrete il vostro primo contatto con uno spirito elementale. Ogni mago lo vede rappresentato in modo diverso. Fece una piccola pausa per riprendere fiato, spostando poi un attimo lo sguardo verso la sua collega alla ricerca di un segno di approvazione. Ad esempio, se dovessi far io questa prova mi ritroverei di fronte allo spirito del mio elemento più affine - il fuoco - e questo avrà la forma di un behemoth. Ciò che dovrete fare, una volta di fronte allo spirito, sarà cercar un contatto con lui. Dovrete convincerlo a donarvi parte del suo potere, ma in fretta. Tenete conto che uno spirito elementale tende a sparire in seguito a una decina di minuti. Come farete a capire se la prova ha avuto successo? Semplice: vedrete la pietra colorata di azzurro se avete avuto contatto con uno spirito dell'acqua, rossa col fuoco, verde col vento e giallo con la terra. Fu così che si zittì, notando però come alcuni studenti non cominciarono la prova. Cosa aspettate? Un invito scritto? Su, muovetevi che la lezione sta per terminare.

    RevelioGDR


    Ragazzuoli, per qualunque dubbio o domanda sulla prova rivolgetevi a me qui sul forum o (preferirei) su telegram.
    Questo sarà l'ultimo post della lezione, avete tempo fino a giovedì 31
     
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    Lilith Walker
    NOT TOO CLOSE, PLEASE. NOT TOO FAR, PLEASE.
    La ragazza si limitò semplicemente ad attendere. Attese che i suoi compagni potessero fare degli interventi così come la prosecuzione della lezione in corso, lei attese. Lo sguardo calmo che si spostava con assoluta metodicità tra un oggetto all’altro del suo banco e le movenze calme. Incantesimi era una lezione che amava particolarmente, niente a che vedere con DACAO che invece faceva zompettare gli studenti come grilli qui e lì! Studiare e conoscere nuove formule così come imparare cavilli e tecniche, questi erano i suoi punti di forza. Ben presto la prospettiva sarebbe cambiata. Quando il professore entrò nella stanza tuttavia Lilith non si scompose e non conscendolo ancora non si rese conto dell’identità dell’uomo finchè non fu questi a parlare rivelandosi. L’attenzione delle iridi rosse/azzurre si portò sui piedi della figura mentre questi iniziò a far levitare le pietre e spiegare il proseguo della lezione. Lilith non osò alzare lo sguardo, come di consueto nella sua sindrome l’incapacità di affrontare soggetti negli occhi ebbe la meglio. Scostò il busto e il capo in direzione di Brian e cercò di rimanere calma. Ci provò anche se le mani corsero alla gonnellina per stringerne il tessuto. Il respiro volle mantenere un che di cadenzato ma ogni tanto saltava un tempo per poter essere definito monotono. Fare pratica con la magia di quella branca? Lo sguardo tornò sul sasso m a attese il proseguo. Solo quando le lingue di fuoco presero a narrare in modo illustrato le parole del docente la ragazza si concesse di alzare lo sguardo in loro direzione, attirata come una falena dalla fiamma. Le istruzioni erano all’apparenza semplici ma il loro proseguo no… Lei avrebbe dovuto convincere uno spirito elementale dentro la pietra a stringere un accordo? Poteva farlo? Attese diverso tempo, tanto che il docente li riprese e così tornando con gli occhi sull’oggetto magico prelevò la bacchetta dal tavolo e iniziò a concentrarsi. Non fu quello il difficile per la mente dell’albina, la sua intelligenza e dedizione per quell’arte erano assolute, così iniziò anche a calmarsi lentamente. Finalmente riprese la padronanza di se, lentamente…lentamente. Il mondo iniziò a svanire, le voci altrui avrebbero dovuto ovattarsi fino al punto da diventare inudibili. Chiuse il suo animo all’esterno per tornare a guardare dentro di se. Quella pace atavica pe piacque a tal punto che quando la pietra lievemente iniziò ad illuminarsi per il richiamo dello spirito la ragazza non se ne accorse. Dinnanzi a lei in quella matassa di oscurità quell’essenza avrebbe dovuto concentrarsi iniziando a prendere forma per il richiamo del mago ma quando lo spirito iniziò ad assumere con la sua forma gelatinosa e traslucida la forma di un umano alto quanto lei e dalle movenze calme il cuore di Lili iniziò a battere forte. TUM TUM. Il respirò prese a cavalcare. TUM TUM. LE mani le tremarono. Guardando quell’essenza in modo inconscio l’acqua doveva aver scavato in lei per trovare una forma familiare? L’essenza non sembrava negativa e forse il suo intento non era quello di intimorire la ragazza ma l’acqua si sa… scava infondo e nei propri abissi trova sempre qualcosa che celiamo. Così colta dal panico Lilith tenterebbe di interrompere il contatto prima del dovuto! Scappando forse senza rendersene neanche conto potrebbe cadere dalla sedia e riversarsi a terra per l’impeto. E’ matida di sudore e ha paura. Forse non sarà stata la prima a fallire nella classe ma quella sensazione di sconfitta e la pietra non colorata le bruciano addosso come fuoco vivido. Non è la competenza a mancarle ma il coraggio, l’incapacità di avere un rapporto umano figurarsi uno con un elemento naturale. Il capo andrebbe a chinarsi delusa… fallita.


    STATUS: agitato, spaventato
    Corpo 10%Mente 90%No sessuale/pansessuale
    Black Opalocchi: rosso/azzur.capelli: bianchi
    Albinismo Tipo 1 Aspherger 16 anni
    Q.I: 180 Apatica Rigida
    "LA FELICITA’ E’ FATTA DI UN NIENTE CHE AL MOMENTO IN CUI LO VIVIAMO CI SEMBRA TUTTO."
     
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    Mia Freeman
    Prefetto Ametrin

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    parlato - pensato- ascoltato
    Si sarebbe voltata verso la porta all’arrivo di Cameron Cohen, sorridendogli appena e lasciando che si sedesse al suo fianco. Sarebbe arrossita con il suo bacio, allargando il proprio sorriso e guardandolo ancora più innamorata e felice, per quanto imbarazzata. “Buongiorno…” avrebbe quindi sussurrato contenta, per poi indicare le pietre di fronte a loro. “Penso che faranno parte della prova pratica…” avrebbe provato a spiegargli parlando piano per poi lasciare che il ragazzo si concentrasse per rispondere ad Eva.
    Non si aspettava che qualche altro docente si sarebbe unito a loro, doveva essersi persa qualcosa o non averci badato troppo, e si sarebbe voltata verso la porta con una certa sorpresa sentendo qualcun altro unirsi a loro.
    Un brivido le avrebbe percorso la schiena all'ingresso del professor Ensor. Si chiese distrattamente se la sua sorpresa sarebbe diminuita nel vederlo entrare in ritardo, con il suo atteggiamento severo, sapendo del suo arrivo. Si sarebbe schairita la voce, quindi, imponendosi massima concentrazione perché la presenza del docente le metteva addosso ansia da prestazione. Dopotutto lei era abituata a Lancelot e al suo modo di fare sempre dolce e accorato, Ensor invece aveva un che di oscuro in sé, non necessariamente in senso negativo ma di certo sufficiente a farla sentire in ansia all’idea di fare qualche cavolata proprio davanti a lui. Era convinta che non avrebbe esitato a farle notare qualsiasi genere di errore e per quanto invece le critiche costruttive le facessero bene non volevo sapere che Ensor la considerava una incapace.
    Si sarebbe schiarita la voce quindi, lanciando un’occhiata a Cameron, per poi provare a trovare la sua “pace interiore” e concentrarsi al meglio, provando a raggiungere quello spirito. Impiegò un po’ a distaccarsi dal resto che la circondava, a concentrarsi e focalizzarsi quanto avrebbe voluto, provando a non pensare a Brian o alla possibilità di sbagliare.
    Quando finalmente riuscì ad isolarsi del tutto le voci dei suoi compagni e la vicinanza di Cam sparirono, lasciandola in un limbo nero, aiutato anche dalle sue palpebre calate. Impiegò qualche istante per convincersi che andasse tutto bene, e cominciò a sentire l’agitazione crescerle addosso mentre temeva di non vedere proprio niente. Impiegò un po’ a farsi vedere, ma alla fine le apparve finalmente lo spirito che stava cercando, sottoforma di una specie di equino con le pinne o qualcosa del genere. A guardarlo bene non sembrava nemmeno un animale vero e proprio, aveva più le fattezze di un Pokémon o qualcosa del genere, e cominciò a saltellarle addosso, scontrandosi qualche volta contro le sue gambe e scompigliandole i capelli. Venne invasa da una sensazione di freschezza, e avvolta da un odore leggero di salsedine, alghe e pioggia, e cominciò a pensare di avere a che fare con lo spirito dell’acqua.
    Si ritrovò a faticare a seguire lo spirito, trovando complesso inquadrarlo per bene e senza sapere bene che cosa fare: di certo era evidente che rimanere lì, rigida, in piedi non avrebbe aiutato la sua causa e si sarebbe ritrovata quindi a cercare di seguire i suoi movimenti, scoprendo che quel genere di atteggiamento sembrava piacergli. L’acqua, si sa, tende sempre a modellare ciò che incontra, ama il cambiamento e il movimento, e Mia cominciò a venire influenzata da quella vitalità quasi subito.
    Non sapeva bene come si conquistasse uno spirito di quel tipo, e provò anche con un approccio più tradizionale, parlandogli. “Sei proprio allegro, vero?!” avrebbe buttato lì, senza ottenere però nessun genere di reazione dallo spiritello che non sembrava particolarmente interessato alle sue parole. Mia non era abituata all’idea di non parlare direttamente con qualcuno, ma avrebbe capito poi che tutto quello che lo spiritello voleva era sentirsi compreso e in qualche modo assecondato. SI sarebbe quindi ritrovata a muoversi con lui, oscillando e cercando di seguire le onde che disegnava col proprio corpo, sentendolo poi ridacchiare e riempire le sue orecchie con la sua risata cristallina. Ma come avrebbe potuto comunicare con uno spirito che non sembrava in grado di parlare? Mia non voleva fare figuracce ma non sapeva come esprimersi in un altro momento. “Ehi…io…vorresti donarmi i tuoi poteri?” avrebbe domandato timidamente, ottenendo come risposta una capriola da parte dello spirito che tornò a scorazzarle intorno. Avrebbe cercato ancora di assecondarlo, per poi azzardarsi ad allungare una mano sulla sua testa provando ad accarezzarlo piano sulla testa. Se ci fosse riuscita avrebbe percepito una sensazione di fresco, avrebbe sfiorato una superficie che somigliava molto a quella di un ruscello di montagna, vibrante e bagnata.
    Il tutto si sarebbe dissolto di lì a poco, e Mia avrebbe abbassato subito lo sguardo sulla pietra, sperando davvero di vederla illuminarsi –supponeva di azzurro- , segno di essere riuscita a portare a termine il proprio corso.

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    Mia svolge l'esercizio e si ritrova di fronte lo spirito dell'acqua.
     
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    Benjamin D' Angelo
    Ametrin | 16 Anni
    Benjamin sorrise ad Addison, la ragazza dai capelli rosso fuoco che lo aveva raggiunto a lezione e poi la salutò, con un sorriso prima di sedersi vicino al suo banco. Così lui si accorse che la lezione era appena iniziata. Alzò lo sguardo dalla pergamena che aveva sul suo banco, con le quattro pietre verso la professoressa Ivanova, ma all'improvviso vide arrivare un altro professore che aveva uno sguardo più severo degli altri insegnati, cosi lui ascoltò il professor Esnor, mentre spiegava la prova pratica sulla Magia Elementale. Aveva davvero ammirazione per l’insegnante e nel frattempo pensò:

    ‘ Oh! Che bravo. Spero di riuscirci ‘

    Pensò il piccolo Ametrin dallo sguardo come il cielo mentre continuò ad ascoltarlo, con molta attenzione, per capire meglio che voleva spiegargli. Sorrise al professore anche se era raro che lo facesse. Era arrivato il momento di fare la sua prova pratica. Aveva a disposizione dieci minuti. Così Benjamin non perse tempo e si concentrò come se stesse per fare un incantesimo complicato quando si accorse che non c’era nessuno attorno a sé e notò che la pietra aveva cambiato colore poi vide che davanti ai suoi bellissimi occhi azzurri c’era uno spirito Elementale che rappresentava secondo lui un piccolo gnomo dall'animo gentile come lui e in quel momento attorno a sé:sembrava proprio di stare in mezzo ad un campo pieno di terra ancora arida senza acqua attorno e qualche pianta che sopravviveva.

    “ Che carino! Spero tanto che andremo d’accordo. ”

    Disse Benjamin mentre continuava la sua prova e poi sorrise allo spiritello che aveva davanti a lui, poi parlò cercando di stabilire un contatto più duraturo. Lo guardò serenamente e nel frattempo chiese con gentilezza e calma.

    “ Mi concederesti un po’ del tuo potere?”

    Mentre lui attese una risposta dallo spiritello che stava davanti a sé. Benjamin, l’Ametrin, dal carattere determinato si accorse che lo spirito lo aveva ascoltato e, dopo qualche minuto lo osservò in silenzio, mentre trasferiva un po’ della sua energia al sasso Elementale che il professore Ensor aveva messo per la prova pratica. Così Benjamin sperava che la pietra fosse diventata di colore giallo, ma non era sicuro.

    ‘ Non so se ci sono riuscito…’


    Pensò Benjamin. Infatti, lui in quel momento sorrise perché, si poteva ritenere soddisfatto della prova che aveva appena compiuto, ma per sicurezza aspettò l’esito dell’insegnate.




    "Parlato" - 'Pensato' - "Ascoltato" | Scheda PG Stat.
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    Benjamin svolge l' esercizio e si ritrova davanti lo spirito della terra


    Edited by Benjamin D' Angelo - 26/12/2020, 21:38
     
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    "Parlato" - 'Pensato' - "Ascoltato"

    Era intento ad osservare i movimenti della professoressa Ivanova, come se stesse assistendo ad uno spettacolo di Bourlesque ed immaginando fosse la stessa prof a ballare come se si trovassero al Moulin Rouge. Così tanto concentrato su quella magnifica immagine che si accorse dell'arrivo del professor Ensor solo quando cominciò a parlare.
    'e questo che ci fa, qui? E' la lezione della professoressa Ivanova! Mi stava facendo uno spogliarello!'
    Sbuffò incrociando le braccia e alla fine pensò fosse giusto ascoltarlo comunque, per capire di cosa voleva parlare. Alla fine aveva capito che lui era venuto per affiancare la professoressa nella prova pratica della lezione.
    Una pietra si posò sul suo banco e lui spostò lo sguardo su di essa, continuando a sentire le parole del professore.
    “Sassi elementali” mormorò il Dioptase affascinato da quell'oggetto “Figo...”.
    Quando il professore finì di parlare ed esortò i ragazzi a fare la prova pratica, Aidan si concentrò con tutte le sue forze. Era come se volesse provare a far muovere quella pietra con la forza della mente. Ci mise un po', prima che tutto ciò che gli stava attorno sparisse. Alla fine, quando ci riuscì, si ritrovò da solo, con un grosso Leone di fronte al ragazzo.
    Aidan si fermò ed osservò l'animale, stando attento a non fare movimenti bruschi. Il leone era ritto sulle sue quattro zampe e fissava il ragazzo, camminando verso destra e verso sinistra.
    Fu il dioptase, ovviamente, a parlare. 'Simbaa' “Salve...re della giungla...” iniziò tenendo gli occhi fissi su quelli del felino “Non vorrei recarti...recarvi...recarle... disturbo per molto tempo...anche perché di tempo ne abbiamo molto poco...quindi vengo subito al punto, se mi permetti...permettete...permette...” respirò profondamente, senza spostare lo sguardo sul suo, che era altrettanto fisso su Aidan “Vorrei, se fosse possibile, ricevere anche solo un pizzico...un'unghia ecco...del tuo...suo...vostro...potere. Immagino che io stia parlando con lo spirito del fuoco no? Conosco bene la potenza...quindi solamente un poco del...vostro potere, mi basterebbe per poter tornare da dove sono venuto e togliere il disturbo.”
    Finì di parlare ed attese il Leone. L'animale camminò ancora per qualche secondo e si fermò. Il suo sguardo era ancora fisso sul Dioptase che lo ricambiava concentrato. Quello allora cominciò a camminare verso di lui. Aidan non si mosse da dove si trovava, lo osservava attentamente.
    A pochi centimetri da lui, il leone ruggì. Un ruggito così forte che Aidan dovette resistere nel portarsi le mani alle orecchie e tapparsele. Chiuse gli occhi, a quel punto e sentì il rumore delle fiamme, lo scoppiettio della legna che ardeva, l'odore di legna bruciata, il caldo...poi il silenzio...e infine sentì le voci sussurrate dei compagni e il rumore di sedie che strisciavano. Era evidentemente tornato alla realtà.
    Quindi aprì gli occhi e la prima cosa che fece fu quella di guardare il sasso di fronte a lui, che probabilmente sarebbe dovuto diventare di colore rosso.
    "Lunga vita al Re".
    Aidan Hargraves

    "
    .Accetti ogni dettame, senza verificare. Ti credi perspicace. Ma sei soltanto un altro dei babbei
    "

    Dioptase, 16 anni

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    Aidan fa il suo esercizio e la pietra dovrebbe diventare color rosso, visto che ho pensato di farlo chiacchierare con lo spirito del fuoco
     
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    Amelia Farley
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    Amelia era attenta a seguire la lezione, certo, ma non mancò di notare l’arrivo di Nathan e si stava preparando ad ospitarlo al suo fianco quando il ragazzo cambiò direzione e si fermò accanto ad Howard. Per quanto si sforzò di mantenere un certo contegno, non mancò di riservare a quei due un’intensa occhiata, senza nemmeno sapersi spiegare perché quel genere di scelta l’avesse infastidita così tanto. Sentì qualcosa bruciare nel suo stomaco, e si voltò con decisione di nuovo verso la Ivanova, cercando di focalizzarsi sul compito e non su qualsiasi altra cosa.
    Dopotutto sapeva anche lei che il suo compito lì era quello di studiare e impegnarsi per eccellere, se Parker non aveva tempo per interessarsi a lei avrebbe potuto di certo trovare qualcun altro, anche se non si aspettava che la ignorasse in quel modo, da un giorno all’altro. Amelia non era il tipo di persona che riusciva a mettersi facilmente in discussione, probabilmente era qualcosa che avrebbe dovuto imparare ma in quel momento pensò che fosse solo colpa di Nathan, che fosse una scelta –sbagliata- tutta sua, dettata da chissà quale assurda ragione.
    “Ma a me che importa?! So benissimo stare da sola. E posso trovare qualcun altro quando voglio.” cercò di ricordarsi, anche se non riuscì a spegnere del tutto quella sensazione, pur focalizzandosi sulle risposte da dare nel compito.
    Dopo aver terminato con le sue risposte si ritrovò a voltarsi leggermente all’arrivo di Brian, accennando un leggero sorriso compiaciuto. Non aveva ancora avuto modo di conoscere bene il Professor Ensor, ma ammirava il suo atteggiamento, molto più professionale per lei di quello di molti altri suoi colleghi. L’aura oscura che emanava la affascinava, e segretamente sperava che un giorno avrebbe potuto approfondire meglio Difesa dalle Arte Oscure, sicura che Ensor avrebbe saputo darle degli spunti di riflessioni interessanti e l’avrebbe aiutata a migliorare parecchio. Certo, non c’era nulla che un Farley non potesse ottenere, ma non era nemmeno sicura che fosse possibile al momento.
    SI sarebbe fatta più attenta quindi, drizzando la schiena e ascoltando la sua spiegazione, imponendosi di fare un lavoro eccelso per brillare agli occhi del docente, o quantomeno attirare la sua attenzione. Certo, nella sua mente si ritrovò a pensare che quello fosse un esercizio troppo semplice per impressionarlo ma aveva intenzione di impegnarsi ugualmente.
    Chiuse gli occhi quindi, prendendo un respiro profondo e sforzandosi per cancellare chiunque altro dalla sua mente, focalizzandosi solo su sé stessa e sulle pietre che aveva sul banco. Si impose di non lasciarsi distrarre da niente e quando anche gli ultimi rumori scomparvero si mise ad aspettare, impaziente. Poteva sentire il proprio cuore nelle orecchie, era tesa e in ascolto, pronta per l’arrivo di uno spirito che all’inizio non percepì nemmeno. Avrebbe impiegato qualche istante a individuare un piccolo essere rannicchiato in un angolo, simile quasi al colore di una roccia, facile da confondere in quella specie di deserto che si ritrovava davanti. Avrebbe cercato di avvicinarsi per studiarlo meglio, notando man mano che si avvicinava il sottile pelo che si muoveva al vento, e l’alzarsi e abbassarsi del torace mentre respirava.
    A vederlo bene da vicino non era proprio grigio, brillava di un bagliore tenue ma visibile e emetteva un tiepido calore, abbastanza percepibile da farle subito realizzare che si trattava probabilmente dello spirito del fuoco. Non fu sorpresa, non si sarebbe aspettata niente di diverso e rinvigorita da quella certezza si sarebbe avvicinata con più sicurezza. Avrebbe incrociato presto gli occhi della creatura, svegliatasi dal suo sonnellino e sorpresa nel ritrovarsi qualcuno così vicino: non impiegò molto a rialzarsi, inarcando la schiena e accendendosi di piccole fiammelle.
    “Siamo simili, io e te, lo sai?” gli avrebbe fatto notare con voce sicura, perché per domare il fuoco era sicura non bisognasse essere docili. L’avrebbe studiato con attenzione, inclinando appena la testa senza retrocedere: era anche disposta a scottarsi pur di riuscire ad avvicinare lo spirito, che sembrava ancora più sorpreso e spiazzato da quell’affronto.
    Amelia si sarebbe abbassata, lentamente ma senza esitare, finendo in ginocchi davanti a lui. “Il fuoco ce l’ho già dentro, vuoi aiutarmi ad avere anche il tuo potere?” gli avrebbe quindi chiesto, azzardandosi ad allungare una mano verso lo spirito, mostrandogli quanto ardente sapesse essere la sua determinazione.
    Il suo incontro si sarebbe concluso di lì a poco, con una sensazione di forte calore sul palmo della mano, e una volta tornata alla realtà avrebbe abbassato lo sguardo, cercando nelle pietre sul banco anche solo il più piccolo bagliore rossastro, nella speranza di essere riuscita davvero nel compito come sperava.

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    Amelia esegue il compito e incontra lo spirito del fuoco.
     
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    Ametrin
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    Aibileen Beatrix
    Ametrin | 16 anni


    Quando venne investita dall'Emma-Uragano-Di-Zucchero-Filato-Lewis, ci mise qualche istante a riprendersi. Ma poi le sorrise, contenta ed emozionata:

    << Emma!! Grazie! C.. Certo che puoi chiamarmi Aiby! Sei stata gentilissima, davvero... >>

    Strinse a sé il pacchetto.

    << Adoro i gatti! S.. Se vuoi, ti farò conoscere il mio, una volta o l'altra... >>

    Adorava il suo gattino nero di nome Nuvola, dal carattere amichevole e coccolone, per quanto molto suscettibile ai dispetti.
    Dopo quel gesto così carino, avrebbe finalmente trovato il coraggio di far avere ad Emma il disegno che aveva fatto su di lei: l'aveva immaginata in veste di folletta, con una tenuta verdeacqua, mentre impugnava la faretra in una direzione (apparentemente) ben precisa, e che avanzava in un cielo azzurro in groppa ad un astuccio volante gigante, con un unicorno giallo ed uno viola stampati sopra.
    Magari non a darglielo di persona, ma glielo avrebbe lasciato attaccato alla porta della sua stanza, qualche giorno prima di partire per le vacanze di Natale.
    Ed avrebbe fatto lo stesso anche con Nat che, nella sua fantasia, era diventato un cacciatore di taglie, vestito però in maniera molto moderna: con una camicia bianca dai fiori lilla stropicciata e dei jeans blu scuro, strappati sul ginocchio destro, ed un lungo cappotto molto alla “o sono un cacciatore di qualche gioco di ruolo, o sono un detective alternativo” blu notte, tenuto aperto. Nel disegno, stava consultando una bacheca piena di taglie su Vampiri, Zucche Assassine, ed anche una sul fantasma di un capitano pirata, che Nathan nel disegno osservava con notevole interesse.
    Quando ognuno di loro ebbe finito la sua prova teorica, Aibileen era tutta contenta all'idea di cominciare la prova pratica. Di solito, era un momento che le faceva venire una certa apprensione, ma la loro insegnante, per quel giorno, sembrava aver riservato loro una lezione speciale.
    Un rumore di scatoloni che andavano a posarsi sulla scrivania dela Professoressa Ivanova, però, la riportò sul Pianeta Terra (Mondo Magico).

    << B.. Buongiorno! >>

    Si premurò comunque di mormorare Aibileen, anche se, visto il volume basso con il quale pronunciò tale saluto, le possibilità di non essere stata minimamente sentita erano alte.
    Quando una delle pietre portate dall'insegnante andò a posarsi sul suo banco, la osservò con curiosità, ma anche con un certo rispetto.
    ...
    Era, effettivamente, la prima volta che vedeva un sasso elementale.
    Ascoltò attentamente la spiegazione del docente, e dovette trattenersi dal non eseguire un piccolo, a dir poco imbarazzante saltello sulla sedia: finalmente qualcosa in cui era brava veramente!
    ...
    E no, non stava parlando del suo modo di saltare. Non che se la cavasse male, anzi, aveva una certa eleganza ed un certo dono dell'elevazione, quando si trattava di eseguire salti, e le riusciva certamente meglio del ballo...
    Ahem. Dicevamo: Aibileen non ha tutti questi problemi di concentrazione. Disegnare e fare pozioni erano due passioni che richiedevano una buona dose di capacità di focalizzarsi solo ed esclusivamente su quanto può essere utile al proprio scopo.
    E per quel che riguardava gl'incantesimi, le bastava immaginare di doversi concentrare per scagliare un Flipendo: quello sì che era un incantesimo che le causava non poche difficoltà!
    Così, cambiò la propria posizione da seduta in modo da essere a gambe incrociate, e non tardò ad estraniarsi da qualsiasi cosa non fosse nella sua mente.
    Si ritrovò ben presto nel cuore di una foresta, davanti ad un albero che poteva riconoscere come dello stesso tipo del legno della propria bacchetta: era un Frassino.
    Si pentì subito di aver usato la parola “controllo”, nella parte teorica: lei non sentiva la volontà di avere il controllo di un bel niente.
    Adesso, però, la sua maggiore difficoltà risultava essere un’altra: …

    “Come ci si rivolge ad un Frassino? Preferirà il Lei? O farei meglio ad appellarlo con un Voi?”

    Ma doveva sbrigarsi, l’insegnante aveva detto loro che il tempo che potevano passare con lo spirito dell’elemento a loro più affine era limitato.
    Le radici, ma anche il seme di una pianta, non solo potevano risultare molto utili, ma anche raccontare tante cose.

    “… Che cosa potrei mai chiedergli, senza sentirmi un’impicciona?”

    Alla fine, se lei fosse davvero entrata in contatto con lo spirito della Terra, ed egli glielo avesse permesso, avrebbe alla fine scelto di rimanere in silenzio, avvicinandosi all’albero per posare una mano sulla sua corteccia, accarezzandola, in una muta richiesta di condividere con lei una parte di lui.
    … Ed osando sperare che, al suo ritorno sul Pianeta Terra (Mondo Magico), avrebbe visto il suo sasso elementale colorato di giallo.

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    Alexandra A. V. Kenway
    Dioptase | 16 anni

    Marcus si era accomodato accanto a lei e lo salutò sottovoce, era contenta di essersi fatta almeno un amico in quel posto. Chissà se la vecchia rivalità tra le case alle quali facevano parte a Hogwarts era ancora latente in loro. L’avrebbe scoperto solo a piccoli passi.
    Attese lo svolgersi della lezione e un giovane entrò nell’aula con un grosso scatolone, pensò che fosse uno studente degli ultimi anni che aiutava la professoressa. Invece, si sorprese nell’apprendere che fosse un’insegnate, con un movimento elegante della bacchetta fece uscire dalla scatola diverse pietre che volarono in direzione di ogni studente. Alex prese la sua e la osservò da vicino, era fredda al tocco e inaspettatamente levigata vista la composizione opaca.
    Il professore dette una vaga spiegazione di quella branca della magia, con annesso spettacolo pirotecnico; quindi, il prof era affine con il fuoco, si vedeva che non era uno che perdonava con facilità.
    La prova consisteva nel cercare un contatto con uno spirito elementale e chiedergli di donare una parte del suo potere.
    Alex fissò la pietra concentrandosi, si sentì sprofondare in essa, piano piano venne avvolta da una nebbia bianca fitta e immobile. Un rombo assordante come di una frana la avvolse e un enorme elementale di terra di erse dinanzi a lei, le ricordava un golem fatto di pietra e terra, con ciuffi d’erba e muschio che spuntavano ovunque, era così immenso che anche abeti e querce alloggiavano sulla sua schiena.
    Ruggì aggressivo in direzione della ragazza, abbattendo le mani grandi quanto colline, ai lati della giovane. Alex dal canto suo rimase impassibile come una statua millenaria scolpita dal vento. Ferma e salda come le radici di una montagna non avrebbe ceduto alla paura. L’elementale ruggì e pestò i piedi, cercò di allontanarla in ogni maniera possibile senza però mai toccarla o anche solo sfiorarla inavvertitamente.
    Alex trasse un profondo respiro, l’odore di terra bagnata, di erba fresca e il profumo della foresta la avvolsero, incoraggiata pensò alla serenità e cercò di trasmettere questi pensieri anche allo spirito 'Mi chiamo Alex e non sono qui per farti del male'.
    L’elementale si fermò.
    'Mi chiamo Alex e sono qui per farti una richiesta', le avevano raccontato che spiriti così antichi avevano una mente vasta e bisognava sempre parlargli con rispetto e ricordare spesso con chi stessero parlando.
    'Mi chiamo Alex e sono qui perché ho bisogno del tuo aiuto'
    L’attenzione dello spirito era tutta per lei, era il momento per essere diretti.
    'Ho bisogno di un po' del tuo potere, ti prego di aiutarmi'
    L’elementale venne avvolto da una spirale di sabbia e terra, la calma che aveva pervaso Alex un po' vacillò, ma non arretrò, anche se il cuore martellava nel petto così forte che sembrava voler uscire.
    Un lupo dal folto pelo grigio e dagli occhi color dell’oro era ora davanti a lei, la figura era comunque enorme e fuori taglia rispetto ai normali lupi. La bellezza di quella creatura non aveva eguali e l’intelligenza che si poteva scorgere in quelle iridi oro lasciava senza parole.
    Il lupo fece un passo avanti mostrando le zanne e anche Alex avanzò senza timore. Allungando una mano in direzione della creatura attese di scoprirne la reazione e, contro ogni previsione, lasciò che la giovane gli sfiorasse un orecchio.
    'Io sono Alex, piacere di conoscerti'
    Sentì di essere tornata in aula: il vociare dei compagni, il legno duro del tavolo, la presenza al suo fianco di Marcus.
    Strinse il braccio del compagno di banco e di casata, senza avere il coraggio di aprire gli occhi, ma con la speranza che la sua pietra fosse diventata giallo oro come gli occhi di quella creatura sconvolgente.
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    Adamas Vesper
    Studente, Capitano Ametrin | 18 anni

    ‘Ma… perché le lezioni ad Hidenstone hanno sempre delle sorprese inaspettate?’
    “Buongiorno, prof…”
    Accolse con sorpresa la pietra assegnatagli, osservandola con attenzione: Ensor le aveva chiamate pietre elementali, e probabilmente avrebbe apprezzato grandemente quel tipo di lezione. Se non avesse avuto l’ansia per l’apparizione del professore che più lo inquietava in tutta la sua carriera scolastica, avrebbe potuto facilmente essere una delle sue preferite.
    ‘Ok, le istruzioni sono semplici…’
    Chiuse gli occhi - quante volte aveva già ricevuto quelle istruzioni, per esplorare il suo subconscio e per concentrarsi meglio?
    Attinse alla sua forza magica interiore, come se stesse per usare un incantesimo molto difficile; la immaginò come un filo di energia che univa la sua persona alla pietra elementale.
    Passò un po’ di tempo, che usò per azzerare al minimo gli stimoli circostanti e concentrarsi solo su se stesso.

    Si ritrovò chiuso all’interno di una cupola, nella quale il bianco abbacinante lo circondava in ogni parte. Quando le sue pupille si adattarono alla luce, vide un adolescente seduto per terra, con due enormi ali di penne e cera; si erano ormai parzialmente sciolte, e il ragazzo sembrava ammaccato. Aveva diversi lividi sugli arti, e dall’angolo destro della bocca usciva un po’ di sangue.
    “... Icaro?”
    “Sai, questa è un po’ colpa tua…” disse il ragazzo, con tono accusatorio e rancoroso. Sembrava essere un suo coetaneo, e gli parlava con un disprezzo che avrebbe potuto tenere testa a quello del Blake dei tempi migliori.
    “Ma che vorresti dire? Come può essere colpa mia?”
    Sbuffò, con la sbruffonaggine tipica dell’adolescenza - che in realtà Adamas non aveva mai avuto, ma conosceva benissimo.
    “Sei tu quello che mi ha trascurato, sai? Insomma, alcuni talenti vanno coltivati… dovresti saperlo meglio di altri?”
    Possibile che non avesse mai capito come coltivare alcuni aspetti di se stesso? Gli esseri umani dovevano coltivare non solo il proprio corpo, ma anche le proprie passioni e la propria cultura; forse, nell’ultimo periodo della sua vita li stava trascurando, se non per disinteresse, per mancanza di energie. Jesse le stava convogliando tutte.
    Forse Icaro aveva ragione.
    “Sono ancora in tempo per aiutarti?”
    Icaro sollevò un sopracciglio, guardandolo in tralice: “Se sai ancora chi sei in solitudine, forse sì.”
    Adamas riprese qualche speranza: “Forse… potremmo provare a riparare le tue ali?”
    Si rese conto però che non aveva più la bacchetta, però non si perse d’animo: in fondo, alla cera bastava poco per tornare malleabile, no? Quasi come l’animo di ragazzo, che poteva essere plasmato sicuramente in maniera più semplice di quello di un adulto - e forse era proprio quella la forza dell’adolescenza; potersi adattare senza rompersi.
    Lavorò alacremente, mettendo a posto piume e sciogliendo parzialmente la cera col calore delle sue mani, sfregate spesso tra di loro per mantenerle ad una temperatura adatta. Forse era una magia innata, o forse era soltanto la forza della sua visione, però riuscì nell’impresa.
    “Ehm… che ne dici?”
    L’Icaro ammaccato diede una rapida scorsa alle sue ali, facendo aggiustare ad Adamas ancora qualche piuma, finché non disse con un tono che sembrava quasi soddisfatto, sotto l’arroganza: “Beh, potevi fare di meglio, però non sembrano così… pessime. Sicuramente meglio di prima.”
    Tentò di librarsi in aria, dapprima instabile e quindi, sfruttando quella che poteva essere una corrente ascensionale, alzandosi sempre più in alto, pur tentennante; tuttavia, le sue ali erano pur sempre di cera e rassestate solo modestamente, per cui non potevano reggere a lungo il suo volo.
    Iniziò a precipitare nuovamente, come già era probabilmente accaduto in precedenza.
    “No! Icaro, ce la puoi fare - se non altro, a cadere meglio! Aprile al massimo!”
    Come una cometa con una scia di piume e cera, il ragazzo aprì le ali riuscendo, almeno parzialmente, a frenare la caduta; si limitò a planare, forse troppo energicamente, tanto che sbatté nuovamente al suolo. Tuttavia, era riuscito ad attutire la sua caduta.
    Gli rivolse un ghigno superbo: “Beh… nonostante le nuove ammaccature, spero tu stia imparando una lezione. Non sarà volare, ma è pur sempre cadere con stile! Spero te ne ricorderai, quando servirà.”


    Apparentemente, quell’apparizione era stata soddisfatta dell’intervento di Adamas: si dileguò, mentre l’Ametrino riapriva gli occhi per trovare di fronte a sé la propria pietra elementale, che aveva assunto una colorazione di un verde brillante.
    ‘Qual era la morale del mito di Icaro?’
    Forse qualcuno avrebbe detto che era l’autodistruzione a cui si va incontro quando si sopravvalutavano le proprie capacità, ma era una morale fin troppo reazionaria.
    No.
    Adamas aveva capito, in cuore suo, che il suo Icaro voleva ricordargli un’altra conseguenza dell’andare contro le norme e i dettami conosciuti: la liberazione, ottenuta al costo del sacrificio di ciò che si conosceva, o si pensava di conoscere, di se stessi e del proprio mondo.
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    L'Aria gli si manifesta sotto forma di Icaro.
     
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    Marcus non ebbe solo Alex a "tenergli compagnia", ma un'altra ragazza dai capelli castani, si sedette vicino a lui. Alzò un sopracciglio alla frase pungente della ragazza, ma le sue labbra accennarono un sorriso stranito. Onestamente non poteva fregargliene meno di chi si mettesse o meno accanto a lui, ma sarebbe bastato sedersi in silenzio.

    In ogni caso, ormai sei seduta. - Commentò con tono indifferente e basso, per poi continuare ad udire i mormorii di lei e rispondergli. - Gli studenti devono fare il lavoro sporco.

    In fondo, erano lì per imparare, e si può dunque dire che in un certo senso, fossero bassa manovalanza. Di alto livello, ma sempre bassa manovalanza. Dopo aver poi scritto tutti le loro risposte, in classe subentrò un uomo, la cui dichiarazione d'ingresso ci indicò l'inizio di una nuova parte di quella lezione. La parte pratica, e quella che in molti probabilmente attendevano. Marcus sorrise alle parole dell'uomo che descrivevano il processo con cui si sarebbe svolto tutto. Non era facile, ma le sfide erano belle esattamente per quello, e come sempre, avrebbe preso anche questa a testa alta e petto in fuori, per ottenere i risultati migliori. I suoi occhi si tinsero di decisione prima di chiudersi, lasciando alle sua spalle le sensazioni corporee e cercando di entrare uno stato di profonda concentrazione.

    Attingere alla magia era un processo delicato, non da prendere alla leggera nemmeno nelle azioni più semplici. Con calma, il ragazzo convogliò le energie magiche verso ciò che aveva di fronte, come tanti piccoli tentacoli che cercano di aggrapparsi disperatamente a qualcosa per non farlo fuggire. Ci mise del tempo prima che una reazione venisse scatenata.

    Nel mezzo di quell'oscurità pacifica, un tagliente rumore gli sfiorò le orecchie, mentre davanti a lui una piccola figura guizzava a destra e a sinistra. Ad ogni cambio di direzione, una lama di vento gli sfiorava il corpo, mentre poteva quasi sentire un sibilo continuo nelle sue orecchie. Più tempo passava, più la figura cresceva, fino ad arrivare ad essere grande almeno quanto lui. La figura era quella si un serpente, snella e sinuosa, con muscoli possenti, eppure era etereo, con una maschera che lasciava trasudare antichità e maestosità, intarsiata di minuscoli disegni che formavano un pattern molto somigliante ad una scritta. Poco sotto la testa coperta, sulal figura si potevano scorgere due piccole ali, come dei fili che rimanevano sospesi leggiadri nell'aria.

    Era uno spirito del vento, chiaramente. Uno spirito che, per quanto dall'aspetto docile, comandava comunque rispetto. Il vento, in fondo, è un elemento insidioso e estremamente potente, per quanto possa venir preso alla leggera. Può essere una lieve brezza ristoratrice, o una tempesta in grado di portare distruzione nei continenti. Lo stesso si poteva dire dello spirito davanti a sè, che si avvicinava a Marcus seguendo un percorso a zig zag. Un secondo prima aveva la sua maschera puntata sul viso, e il secondo dopo si stava avvolgendo attorno a lui come in una danza, scrutandolo.

    Il ragazzo era ancora meravigliato da quella strana apparizione, ma si riprese cercando di stabilire un contatto.

    Ho bisogno del tuo aiuto. - Lo disse in maniera decisa, ma non era un ordine. Era lui che aveva bisogno del suo potere, e non viceversa. Sentiva però che mostrare debolezza e asservienza non sarebbe servito a molto. Avvicinò lentamente le mani al corpo in tempesta della creatura, che prontamente si ritirò, come a voler evitare il suo tocco. - Consentimi di usufruire della maestosità del vento. La forza di abbattere muri e la gentilezza di una brezza primaverile.

    Le parole sembrarono acquietare lo spirito, il quale nuotò nell'aria fino a riportarsi davanti a Marcus. Non sapeva se fosse riuscito nel suo intento, ma quel che era certo è che lo spirito aveva deciso di comunicare. Avvicinò la maschera verso il ragazzo, e quest'ultimo vi posò la mano destra. I venti sferzarono in maniera possente, e il nero svanì.

    Quando aprì gli occhi, la prima cosa che il ragazzo avrebbe guardato non sarebbe stata il sasso, ma la mano che stringeva il suo braccio. Completamente ignaro in quel momento, Alex gli aveva afferrato l'arto senza che potesse dire niente. Avrebbe quindi delicatamente mosso il braccio per cercare di togliere quel contatto, posando lo sguardo sulla sua pietra e concentrandosi.

    Se tutto va bene, dovrebbe essere verde. Il vento, uh... - Dopo aver controllato i suoi risultati, avrebbe poi posato gli occhi sui sassi elementali delle due ragazze al suo fianco, per farsi un'idea.

    Narrato - Parlato - Parlato Altrui - Pensato
    Marcus Ainsworth - Dioptase - 16 anni - Scheda
     
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    Addison Dannel
    Ametrin | 16 anni



    La ragazza dai capelli di fuoco posò la piuma d'oca sul banco e dopo aver ascoltato le parole del professore, diede una veloce occhiata al suo compagno di banco Benjamin D' Angelo , per poi posare gli occhi grigi sulle pietre davanti a sè.
    Prese un grosso respiro, chiuse gli occhi e rilasciò lentamente l'aria che fuoriuscì dalle sue labbra.
    Rimase con gli occhi chiusi e cercò di entrare in contatto con la pietra rossa, quella del fuoco, lo stesso colore dei capelli della fanciulla.
    Si trovò lontano dall'aula, tutto era scuro, le sembrava di galeggiare nel vuoto, quando all'orizzonte vide brillare qualcosa.
    Una piccola luce che si avvicinava sempre di più verso di lei.
    Quando le fu davanti la fanciulla vide una bambina, di circa dieci anni dai capelli fiammeggianti, vestita di una candida veste con una corona di vischio in testa ed una candela accesa in mano.
    Gli occhi fiammeggianti della fanciulla si posarono su quelli grigi come l'inverno di Addison e sbuffò facendo tremolare la fiamma della candela.


    Chi sei?Cosa vuoi? Non ho tempo da perdere sai?

    Addison sbattè le palpebre un paio di volte fissando la bambinetta che le stava davanti

    Sembra lo spirito del Natale passato di Dickens...forse è perchè il Natale è così vicino, ma guarda te che atteggiamento. Io sono più grande di lei, dovrebbe portarmi rispetto, non importa! Devo concentrarmi, ho poco tempo e devo fare sì che mi doni un po' della sua energia spirituale.

    Le sorrise dolce e portò le mani sui fianchi rispose con tono sicuro di sè

    Io sono Addison Danell e ti ho convocato per chiederti un po' della tua energia, sembri uno spirito molto forte e donarmi un po' della tua forza non ti daneggerebbe no? Non importa il tuo aspetto, io rispetto, sei lo spirito del fuoco giusto? Io so che il fuoco può essere bello, ma se ti avvicini troppo ti puoi fare molto male ecco io sono come te, quindi che ne dici di aiutarmi? Non ci vorrà molto sai e poi sarai libera di fare quello che vuoi, alla fine le fiamme sono belle quando sono libere vero? Un fuoco circoscritto non riesce a rilasciare tutto il suo potere, no? Io penso che potremmo diventare ottime amiche, un rapporto di rispetto e collaborazione, non di schiavitù e servigi coatti. Che ne dici?

    Le tese la mano destra, con gli occhi grigi pieni di determinazione e forza di volontà, sembravano aver preso il riflesso delle fiamme degli occhi fiammeggianti della bambina.
    Questa dal canto suo, aveva abbandonato l'aria scontrosa per assumerne una quasi tronfia ad ogni parola che Addison aveva pronunciato.
    Annuì e strinse la mano della giovane sedicenne dai capelli rossi, mentre faceva spallucce e scuoteva piano la testa sorridendo quasi strafottente.


    Le tue parole sono state dette con la sincerità, le percepisco, hanno il calore dell'animo umano. Va bene acconsento, dopo tutto sono lo spirito del fuoco! Posso certo donarti un po' della mia energia spirituale. Mi piaci ragazza, i tuoi occhi dicono che hai grande costanza e voglia di metterti in gioco. Il mio tempo è scaduto adesso, ma spero di rivederti presto!

    Dette queste parole si spense, svanì lasciando solo un filo di fumo. L'oscurità circondò Addison.
    La ragazza riaprì gli occhi e fissò le pietre davanti a sè, speranzosa.
    Un enorme sorriso le apparve sulle labbra, chiuse la mano sinistra a pugno e tirando indietro il gomito l'avvicinò al fianco sussurrando un esultante

    Sì! Grazie spirito del fuoco!

    La pietra rossa infatti adesso brillava di un colore purpureo intenso e brillante.

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    Neanche il tempo di pianificare un omicidio che l'uomo più ambiguo del corpo docenti, nonché suo Responsabile, fece il suo regale ingresso in aula seppur nascosto da due scatoloni.
    «Fantastico!» L'ironia trasudava solo nella sua mente cercando di mostrarsi imperturbabile al titolare della cattedra di Difesa Contro le Arti Oscure visto che sembrava pretendere e porre sotto stress in particolare quelli che portavano i colori più cupi. Cupa la Casa, cupo il suo Rappresentante massimo, cupi i suoi membri.
    E se c'era anche lui a presenziare a quella seconda ora di lunedì il motivo era solo uno: rogne. Per cui meglio prestare attenzione ed appuntarsi tutti i passaggi utili.
    Alla fine non si meravigliò più di tanto -già per la sua risposta aveva teorizzato che più che scegliere l'elemento più giusto dovesse essere quello per cui si era più portati- e così si ritrovò a fissare le pietre disposte sul suo banco e poi sui sassi che vennero smistati dal docente. «Forse i sassi sono semplicemente più gestibili...» Teorizzò soppesando nella mano un sassolino opaco trasparente. Il colore che associava per lo più al vento. Sarebbe rimasto così? Strano però perché il professore di Difesa era stato chiaro: il verde sarebbe stato quello che stranamente rappresentava il vento; un piccolo disturbo ossessivo compulsivo per la giovine, visto che lo associava maggiormente al trasparente, all'impalpabile fumo un po' grigiastro. Sarebbe stato l'aria l'elemento più affine visto che attraverso di essa si librava su un manico di scopa? O forse era l'acqua? Tempestosa, travolgente, glaciale. Un po' ci si vedeva nella sua furia eppure nessuna scintilla, nessuno strano incontro mistico.
    E poi venne il turno di pensare al bruno della Terra, come il suo segno zodiacale. Terra come la forza primordiale. Chiuse gli occhi, lasciando confluire la magia che le scorreva nelle vene, visualizzandola come piccoli filamenti che andavano ad avvolgere quel sassolino comune ma unico. Eppure quei fili non riuscirono ad avere nessuna presa, ritirandosi come un'elastico tornava al suo posto dopo esser stato teso oltremisura.
    O sarebbe stato il fuoco?

    Rosso come il fuoco, rosso come le fiamme delle catene che le avevano causato la bruciatura sul fianco; rosso come le fiamme che aveva aizzato, qualche settimana prima con l'ausilio di un ventus, verso delle zucche strambe. Rosso come le fiamme che l'avevano avvolta un anno prima a Bath. Rosso come il magma lento che le scorreva, parallelo al sangue, quando il mezzogigante finiva con lo sfiorarla. Rosso come quelle fiamme mentali che avvilupparono la pietra senza però distruggerla.
    Non si era resa conto di aver chiuso gli occhi, creando un contatto con l'elemento primordiale così come aveva fatto con l'Acciaio del Ladro nella strana lezione di Magitech ad inizio anno.
    «E stavolta chi mi si presenterà? Direttamente Josef Wronski prima di spiaccicarsi al suolo?» Dubbio più che lecito visto che le si presentò una delle figlie di Perkin, nonché una delle prime battitrici della storia del Quidditch, quando fu il momento di convincere l'anima della lega. Ma lì? Cosa le sarebbe apparso? Non le restava che scoprirlo.
    Prima ancora di riuscire ad abituarsi alla luce e all'ambiente circostante una presa calda, ben salda, venne avvertita all'altezza del polso sinistro. Sgranati gli occhi la Lynch si ritrovò a specchiarsi in due pozze scure, nere come la lava che si sedimenta e raffredda ma con uno strano luccichio rosso che circonda come un anello la pupilla. Il viso era umanoide eppure c'era qualcosa che non tornava nel ragionamento della strega: lineamenti affilati come lame, capelli dal colore del fuoco, in un miscuglio di giallo, rosso ed arancione come se fosse una fiamma viva. Ed in effetti lo era. Una fiamma che mulinava in un vento caldo sulle spalle scure come la legna annerita dal fuoco e ancor prima di trasformarsi in cenere. "Questo non è il luogo adatto a te, va' via!" Le labbra non si erano mosse eppure quelle parole erano arrivate nitide bensì senza passare attraverso l'apparato uditivo. L'arto che stringeva il suo si trasformò in una lingua di fuoco che però non le bruciava l'epidermide, così come l'intero corpo divenne un unico groviglio di fuoco, con tante lingue, salvo poi assestarsi su una sfera infuocata, lasciandola priva del contatto fisico. «Aspetta, non c'è troppo tempo! Ho bisogno del tuo aiuto.» La sfera, che nel mentre si era allontanata di qualche metro verso l'imponente montagna scura da cui uscivano gas e lapilli, tornò verso di lei. "Cos'è che vuoi? Parla in fretta, ho il mio giro da finire". Come convincere uno spirito del fuoco, precisamente una salamandra (e no, non l'animale), a donarti il suo potere? Con la Perkin l'aveva sfidata ma con lei? Non le sembrava una creatura dedita all'attesa e alla pazienza, bensì una più avvezza al pane al pane, vino al vino. «Semplicemente ho alcune domande da farti. La prima: ho o no un'affinità al fuoco?» La sfera finì con lo sprigionare alcune scintille, vagando intorno al suo corpo, soffermandosi su ferite visibili ed attardandosi su quelle celate all'occhio umano. "Direi di sì, altrimenti non saresti riuscita a venire sin qui. Altro?" La piccola Arpia strinse i pugni con forza, irritata dall'atteggiamento duro e tagliente dello spirito. Era così simpatica anche lei quando si rivolgeva alle persone? Sollevò lo sguardo quasi a voler far fluire l'improvviso nervosismo. «Bene, se è così, cedimi parte del tuo potere e non ti disturberò oltre.» Sul più era abbastanza indecisa, visto che se avesse avuto effettivamente parte del potere della Salamandra, avrebbe finito con il visitarla molto più spesso, di certo in base al suo bisogno. "Chiudi gli occhi, sgombra la mente e cerca il fuoco che alberga in te, lascia che scorri al posto del sangue..." E così fece, un sipario su quella realtà lontana -consistente nelle pendici di un vulcano attivo- che venne sostituita dal fuoco di un camino scoppiettante proprio all'altezza del suo cuore. Avvertì qualcosa penetrare la barriera di ossa e tessuti, fino ad arrivare al muscolo più importante e stringersi attorno, battendo allo stesso ritmo pulsante di una fiamma al vento.

    Il ritorno nell'aula di incantesimi lo percepì, per prima, grazie all'udito: il bisbiglio dei compagni era un ronzio familiare. Nella mano destra, stretta a pugno, vi era il sasso rosso. Sarebbe stato colorato di un bagliore rosso il suo sasso o avrebbe finito ancora con l'essere spento? Non le restava altro da fare se non volgere il dorso sul banco e aprire le dita e scoprire la verità.
    Elisabeth
    Lynch

    "
    Sometimes you have to stand alone. Just to make sure you still can.
    "

    Black Opal
    Serpeverde
    Battitrice

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    L'elemento per Liz è il fuoco rappresentato da una Salamandra che, cito,:
    CITAZIONE
    All'Elemento Fuoco appartengono le Salamandre, da non confondere con gli animali che portano lo stesso nome. Paracelso ce le descrive come creature agili e snelle, che abitano in prossimita’ dei vulcani in attività. Secondo la Tradizione, hanno l'aspetto di lingue di fuoco o di sfere luminose vaganti nell'aria e Benvenuto Cellini ricorda dì averne vista una, da bambino, nel caminetto della sua casa. Alcune Salamandre sarebbero altresì presenti sull'Etna sin dalle più remote antichità.
    Essendo intimamente legate al Fuoco è possibile contattare le Salamandre in zone vulcaniche, oppure accanto ad un bel fuoco scoppiettantc, o ancora in località desertiche particolarmente assolate, Bisognerà sistemarsi in posizione comoda con lo sguardo rivolto verso sud e meditare - seguendo il solito procedimento - su simboli legati a questo Elemento: una fiamma, il sole, la luce intensa di un fuoco e così via.

    Lascio al prof la riuscita o meno della prova.
     
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    Howard H. Van Leeuwen
    Studente | 17 anni

    La lezione stava per cominciare, e proprio qualche secondo prima della prova teorica, notò Emma avvicinarsi e porgergli un regalo, con tanto di abbraccio e frasi tanto carine e coccolose. A quel punto porse anche lui il regalo che aveva preparato alla ragazza, e soprattutto lo aveva fatto personalmente, impacchettandolo con estrema dolcezza in una scatola rosa con i brillantini ed un fiocco dorato. All’interno Emma avrebbe potuto trovare una sciarpa dai colori pastello vari, accompagnata ad una scatolina di muffin al cioccolato al latte, tutto rigorosamente cucinato e sferruzzato da lui: dopotutto, le sue passioni per l’ambito della cucina e del lavoro a maglia erano ormai note a tutti! Il ragazzo diede un bacio sulla guancia della ragazza, ringraziandola non appena osservò il regalo ricevuto e premendo anche il pancino di quell’unicorno, così da sentir pronunciare delle frasi tanto dolci e tenere che gli fecero intenerire il cuore immediatamente. “Emma, ma è un pensiero bellissimo! Li userò tutti i giorni appena sveglio e prima di andare a dormire, così sarò sicuramente più felice per tutta la giornata! Io spero che quello che ti ho regalato possa piacerti, ho fatto tutti e due i regali che trovi all’interno della scatola con le mie manine!” E le sorrise, congedandola dopo poco, notando come effettivamente la lezione stesse per avere inizio. La mano poi si portò immediatamente sulla penna della pergamena che aveva di fronte a sé, e solo dopo aver iniziato a ragionare su cosa rispondere a quelle domande notò l’arrivo di Nathan, accogliendolo accanto a sé con un sorriso piuttosto timido e tranquillo, annuendo alle sue domande con un lieve rossore in viso. “Sisì, siediti pure… Sì, in verità ho già in mente cosa rispondere, ahahah…” E lo disse con un tono di voce chiaramente dolce, ma palesemente carico di timidezza: era una sua caratteristica peculiare nel rapportarsi ad esseri umani di sesso maschile, dopotutto.
    Una volta consegnato quel compito, successe qualcosa che il ragazzo non si sarebbe mai aspettato: l’arrivo del professor Ensor. Conoscendo le sue prove e soprattutto il suo carattere, Howard non aveva intenzione di contraddirlo o di farlo arrabbiare, motivazione per la quale si alzò in piedi con il suo solito modo di fare rispettoso ed educato così da salutare in maniera appropriata il docente appena entrato in quell’aula. “Salve, professore.” E rivolse poi un sorriso cordiale allo stesso, attendendo di potersi riaccomodare in seguito. Ascoltò il compito pratico che avrebbero dovuto eseguire, e non sembrava affatto facile: Howard non era assolutamente un ragazzo che aveva difficoltà con quel tipo di prove, ma sicuramente avrebbe dovuto affrontare anche una delle sfaccettature più complicate del suo carattere: l’insicurezza. Doveva poterlo fare, perché in alcuni casi la paura di non fare a sufficienza si rivelava eccessivamente fuorviante, non portandolo ai risultati perfetti ai quali ambiva, non solo a livello personale, ma anche in merito alla sua carriera accademica. Iniziò dunque ad effettuare quella prova, afferrando il sasso elementale in mano e stringendolo con decisione. La sua mente cominciò ad effettuare un vero e proprio processo di pura concentrazione ed introspezione, iniziando ad immaginare l’energia elementale di quella pietra iniziare a scorrere dentro di sé, impossessandosi del suo corpo così da farlo diventare un tutt’uno con essa. Sentiva le onde energetiche che scorrevano lungo il proprio corpo, e sentiva che il suo scopo era quello di concentrare quelle energie nella propria mente così da materializzare lo spirito elementale adatto. Strinse appena lo sguardo, quasi corrugando la fronte per effettuare uno sforzo come se stesse per eseguire un incantesimo molto potente, iniziando a visualizzare un tunnel energetico: sapeva che alla fine avrebbe trovato quello spirito elementale che tanto cercava. La pietra iniziò a brillare nella sua mano, e proprio in quel momento Howard sentì di essere finito in una specie di dimensione elementale molto particolare: era su un belvedere molto spartano, senza alcun tipo di decorazione.
    La brezza gli accarezzava dolcemente le guance, mentre la terra brulla al di sotto dei suoi piedi sembrava essere stata battuta con una maestria non indifferente; alzò lo sguardo che venne inondato dalla luce del sole, e solo in quel momento notò una donna sulla parte finale di quella specie di promontorio. Si avvicinò a quella figura che aveva un abbigliamento molto particolare, appartenente ad una guerriera che lui aveva già visto da qualche parte, ma solamente quando vide le armi che portava strette nelle mani riuscì a riconoscerla indubbiamente. Era Kyoshi, quei ventagli aurei non mentivano, e sapeva anche bene a quale figura lei corrispondesse: originaria del regno della terra, quella donna era riuscita a modellare il terreno a tal punto da creare un’isola che prese il suo nome, isola sulla quale addestrò le sue guerriere abilissime. “Ma tu sei…” e si fermò per un istante nella voce, iniziando però a camminare verso di lei, quando la figura si girò verso di lui con un insolito movimento lento ed etereo. “Tu sei Howard, invece.” Rispose lei, muovendo le labbra dipinte di rosso, così come erano solite fare quelle guerriere. Le braccia della donna rimasero lungo i fianchi, prima che lei potesse riprendere a parlare e a palesarsi a quel ragazzo. “Come hai potuto notare, tu non sei finito in un posto a caso. Qui come non mai il potere dell’elemento terra è alle stelle, e la motivazione è molto semplice: tu ne sei molto portato.” E sorrise in maniera quasi insolita per una donna di quella tipologia.
    Howard, confuso a tratti, le rispose con il suo tono dolce ed insicuro, sfarfallando appena con le proprie ciglia lunghe e curate. “Beh, ma com’è possibile? Io sono così… insicuro. Così timido. La terra è un elemento forte, deciso, stabile, ed io in questo momento sento di essere in bilico, non mi sento per nulla con i piedi saldi. Sei sicura?” E la donna, semplicemente, accennò un movimento del capo, come se volesse annuire alla domanda del ragazzo. Si avvicinò a lui, sempre fissandolo negli occhi, iniziando a porgli delle domande. “Howard, ragiona sull’elemento che ti appartiene. Anche la terra può tremare, no? E poi, nel tuo piccolo, sai benissimo di essere fermo e deciso. Forse hai solo paura di accettarlo.” E furono proprio quelle parole a lasciare il ragazzo stupito. Howard rimase per qualche istante ancora sbigottito da quella domanda della donna, ritenendola una richiesta forse troppo ardua per lui. Si lasciò dunque guidare dal proprio cuore, iniziando una vera e propria riflessione su se stesso. “Io… Io sono una persona seria. Sono determinato ed irremovibile dalle mie decisioni. Sono responsabile. E cerco di essere sempre un sostegno per gli altri…” Si fermò, realizzando solo dopo tutto ciò che aveva detto, spalancando gli occhi e rivolgendoli verso la donna. “…un sostegno proprio come la terra sotto i nostri piedi! E poi, hai ragione, la terra può tremare, ma ciò non vuol dire che sia debole. Forse è solamente il suo momento di lasciarsi trasportare dalle emozioni.” Kyoshi, a quel punto, sembrò accennare un sorriso, iniziando ad evocare una sfera gialla tra le proprie mani, guardando il ragazzo che tanto sembrava aver compreso di che pasta fosse fatto. “Avatar, io sono così, hai ragione… Quindi ho capito, non devo avere paura delle mie emozioni, delle mie sensazioni. Non devo aver paura di provare amore, e non devo temere il confronto con gli altri, perché io so di avere una base forte sotto i miei piedi. Da un po’ di giorni il mio cuore è turbato, forse perché non ho il coraggio di prendere una decisione, ma forse devo solamente razionalizzare e guardare la situazione con fermezza.” Si fermò per qualche istante, e subito dopo, i due pronunciarono una frase in contemporanea, quasi come se provenisse spontaneamente da entrambi. “Devo essere forte ed irremovibile come la roccia.” Terminata quella frase, la donna non pronunciò nient’altro: sorrise al ragazzo e rivolse la propria sfera gialla verso di lui, investendolo di un’energia che lo fece sollevare da terra, rigenerandolo e rinforzandolo. In quel momento Howard sentiva il vero e proprio potere dell’elemento terra, e sentiva che quell’incontro gli aveva cambiato qualcosa dentro, come se lo avesse spinto alla maturazione: era stata la chiave che aveva aperto la serratura del suo cuore.
    In quel momento il ragazzo si sentì catapultato nuovamente nel mondo reale ed aprì gli occhi di getto, percependo una lacrima solcargli la guancia destra. Non sapeva cosa avesse indotto in lui quella reazione, ma si sentiva sicuramente diverso, sicuramente più forte e determinato, e quella donna era riuscita a fargli accettare la sua persona. Perché doveva sempre fustigarsi per essere un ragazzo diverso dagli altri? Con quella conversazione aveva capito che doveva avere il coraggio di essere com’era, deciso e consistente, proprio come il terreno che sorregge un castello. Ed a quel punto, qualora la sua esercitazione fosse andata a buon fine, avrebbe percepito quella pietra brillare di un’intensa luce gialla.
    RevelioGDR


    Interagisce con Emma Lewis eNathan Parker King, poi esegue la prova ed incontra uno spirito della terra sottoforma di Kyoshi. <3
     
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    Ametrin
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    «Ops, credo che farò definitivamente boom!» Ci tenne ad avvisare il povero Prefetto con cui condivideva il banco sulla sua sorte non appena la figura che entrò nell'aula si rivelò essere Brian Ensor. L'Ametrino per il docente nutriva un profondo rispetto -anche se ringraziava ogni giorno di essere finito nei giallo-viola- ma questo non significava affatto che delle volte veniva meno ai rigidi comportamenti che l'altroo richiedeva quando era costretto a condividere la loro stessa aria. Una volta che vide veleggiare un sassolino sul suo banco il suo braccio scattò subito in aria, con la speranza di esser riuscito ad attirare la sua attenzione. «Scusi, prof, con quest'altri che facciamo? Non li dobbiamo neanche toccare?» E, quello stesso braccio che si era leva in alto finì con l'indicare, con la sua estremità, le quattro gemme che erano state una sorte di ferma pergamena. Eppure trovava quello verde così carino!
    Alla fine finì con il rigirarsi il sassolino incolore tra le dita, per poi farlo vorticare in aria un paio di volte, riprendendolo subito dopo, nel tentativo di capirci che cosa fare esattamente. L'unica cosa certa era che ad Hiddenstone amavano visceralmente gli incontri mistici, altrimenti non si spiegava perché finissero sempre con il dover chiedere il permesso a strani esseri per poter usare determinati oggetti neanche fossero stati vampiri da invitare a superare la soglia di casa. Ovviamente casa di un cacciatore per essere finito -letteralmente- con un bel paletto di frassino nel cuore.
    Detto ciò, dopo l'ennesimo rimbalzo del sassolino, Nathan finì con l'osservarlo attentamente alla ricerca di qualche crepa o fessura dove poter entrare, fare il suo dovere e poi... tornare a vegetare sul banco. In fondo era comunque nerodì.
    Lanciò un'occhiata lunga alla Farley, che le era sembrata quasi risentita nel non condividere il banco per quell'ora, promettendosi di andare da lei per farsi perdonare in ginocchio sui ceci... ma non ora.
    Ora avrebbe fatto meglio a svuotare la mente e convincere qualsiasi spirito si sarebbe trovato a fronteggiare.

    'And here we are again'. Si ritrovava di nuovo in quella città marina -la stessa della lezione di divinazione- con la sola differenza di riuscire a vedere tutto a colori e non solo quel delfino e quello squalo che avevano finito con il nuotare affianco, insieme, a perdersi tra le correnti marine senza però allontanarsi troppo da casa. «Son tornato in Paradiso!» Solo che più si guardava in torno e più non vedeva nessuno che facesse a caso suo. Nessuno spirito, nessuna figura autoritaria, solo tanti banchi di pesciolini diretti chissà dove. «Scusate... sapete dove posso trovar-» neanche il tempo di finire la frase che uno strano polpo preferì allontanarsi con uno scrollo di tentacoli. Ci riprovò con una coppia di pesci pagliaccio, delle sarde, delle stelle marine e persino con pesce martello. Ma nulla: o non sapevano o non gli davano neanche il tempo di domandarglielo.
    Provò a cercare nella barriera corallina, si apprestò persino a ritrovare il Tritone della fiaba babbana della Sirenetta, ma nada, zero, nisba e il tempo passava.
    «Se me concentro de più m'esce uno stronzo!» Lo sforzo mentale non era del tutto scollegato dal suo fisico quindi qualche arietta di troppo avrebbe potuto anche darsela. "É tardi, è tardi, tardi, tardi, taaaaaaaaaaaardi!" Un piccolo pesciolino blu, con delle pinne gialle e nere, lo superò usando la sua vocetta stridula -«Ehi, figo, so parlare il pescentese- diretto verso il mare aperto, guardare da una parte all'altra e volgendosi poi nella sua direzione. "Mi scusi, sa dove stessi andando? É che sono sicura che stessi andando in un posto mooooolto importante... solo che non ricordo quale..." La mascella di King finì con il cadere, lasciando andare molte bollicine e perdendo qualche respiro sacro di troppo. Oddio, dopo quella, era davvero il colmo. «Non saprei, l'unica cosa che diceva era "è tardi"... neanche per quello ricorda nulla?» Un paio di bracciate e si fece sotto al pesciolino -o meglio- alla pesciolina cercando di aiutarla. "No, umano, non lo so! Ehi, ma che ci fa un umano qui? E perché conosci la mia lingua?" Le pinne si muovevano frenetiche, le parole risuonavano attorno a lui e l'iperattività della sconosciuta era solo al suo 0,000000000000000000001%, perché tempo due secondi tornò a nuotarle in tondo. "AAAAAAAAAAAAAAAH, UN UMANO!" La pesciolina sconosciuta, smemorata, era dedita al melodramma più delle ragazzine mestruate che si aggiravano per il castello. «Ma che te urli!» Provò a riacquistare territorio, cercando di calmarla sollevando le mani e portandole ai lati del viso. «Sono qui solo perché devo trovare lo spirito di un elemento -direi l'acqua a questo punto- e cercare di convincerlo a donarmi il suo potere... così posso tornare dagli altri come me e d-»
    "Ehi, io lo conosco lo spirito dell'acqua!" Sollevò la pinna destra per poi fare una capriola. "Seguimi!" E partì a razzo verso l'interno, superando anemoni et simila, fino ad arrestarsi, girarsi e guardarlo curiosa. "Ehi, perché mi stai seguendo?"
    Se solo fosse stato possibile le braccia gli sarebbero cadute ai lati, sconfitte, ma non lo fece, neanche ci provò visto che preferì raccogliere le poche briciole di pazienza rimasta per non soffocarla. «Stiamo andando dallo spirito dell'acqua, hai detto che lo conosci e che dovevo seguirti... ricordi?»
    "Ah, lo spirito dell'acqua?! Lo conosco!!!"
    «Lo so, l'hai già detto!»
    "Davvero?"
    «Sì!»
    "Incredibile!"
    Il bostoniano finì con un bel facepalm, dopo l'ultimo scambio di battute, dettato dalla disperazione più profonda. Sarebbe tornato senza niente, con un pugno di mosche in mano ed una insufficienza a gravare sulla sua testa. «Sai che c'è? Fa niente. Niente spirito, niente Eccezionale, niente incantesimi elementali e niente stupidi sassolini che si colorano come luci di Natale. Fallimento totale ero, fallimento totale sono!» Risollevò il viso sulla sua personalissima Dory, guardandola afflitto mentre di rimando aveva due occhi viola brillanti.
    "Ehi, umano, perché sei triste ora?"
    «Nathan, non umano. Nathan!» La corresse, voltandosi e iniziando a nuotare lì da dove era venuto, con la speranza che la Ivanova ed Ensor riuscissero ad essere clementi con lui, nonostante avesse fallito la prova perché aveva fatto quello che gli riusciva meglio: schifo. Non era neanche riuscito ad aiutare un piccolo pesciolino a trovare qualsiasi cosa stesse cercando.
    «Sai cosa? Magari posso aiutar-» Le parole gli morirono in gola poiché accanto alla pesciolina che l'aveva fatto impazzire, dopo aver nuotato in lungo e in largo, c'era una figura umanoide interamente fatta d'acqua e ghiaccio, proprio davanti a lui.
    "Ehi, Nathan, c'è lo Spirito dell'Acqua! Te l'ho detto che la conoscevo, io!" Le pinne anteriori del pesciolino blu si unirono più volte in quello che era la parvenza di un applauso, con quella figura che si premurò di lasciarle una carezza sul capo. "Sei come sempre una buona amica, cara..." Un suono melodioso l'avvolse, creandogli uno strano miscuglio di sentimenti, ma soprattutto ansia quando gli occhi privi di iridi e pupilla finirono con il fissarsi nei suoi. "Ho sentito che mi hai cercato a lungo, Nathan, cos'è che vuoi?" Il groppone creatosi in gola venne mandato giù con dolore, mentre cercava di trovar le parole. «Sono un mago e... ecco, sono qui, perché...»
    "Dai, amico, ce la puoi fare!" Un'occhiata mezza divertita e mezza di rimprovero al pesciolino e King continuò a parlare. «Credo che l'acqua sia l'elemento a me più affine. Ne sono sorpreso perché credevo fosse la Terra perché sono stato da sempre paragonato ad un terremoto, ma a quanto pare...»
    "Non è così. Ebbene, ancora non mi hai detto perché sei qui..."
    «Perché non saprei come chiederti di cedermi parte del tuo potere. In questo momento, lo so che sembra impossibile, ma sono a lezione di incantesimi -l'ho già detto che sono un mago, vero?- e oggi abbiamo il compito di entrare in contatto con lo spirito di un elemento e cercare di convincerlo a concederci la sua influenza, la sua magia. Solo che... ci ho messo troppo a trovarti, forse ho persino fallito la prova, ma soprattutto... non sono in grado di convincere nessuno a fare quello che vorrei...»
    "Il segreto non sta nel convincere, ma chiedere e dimostrare di essere all'altezza".
    "Ben detto!" Nel tentativo di sollevare una pinna nello stesso modo che avrebbe fatto un umano con il pugno alzato, la nostra Dory finì con il cappottarsi più volte su se stessa. "Tuuuuuuuutto bene, sono viva!"
    "E tu, Nathan, credi di essere all'altezza nel gestire l'energia impetuosa di un fiume in piena, delle acque cristalline e chete? E delle terribili correnti marine? E del ghiaccio? Della neve?"
    «No, ma... posso provarci... posso imparare...» Persino alle sue orecchie la voce risultò tutto tranne che sicura e certa, ma ancora intrisa di dubbi e mancanza di fiducia nelle sue possibilità.
    "Allora va', Nathan, va' e scopri se quella pietra è diventata azzurra o meno, ma ricorda... l'acqua è l'opposto del fuoco e tu ne sarai terribilmente attratto e che il ghiaccio brucia e tu, caro mio, stai andando dritto in un incendio!"
    "Ciao ciao amico, io sono..."
    Un braccio fu levato e una luce accecante dai riflessi azzurrini finì con il travolgerlo e farlo sprofondare nel buio.

    «Incendio?! Quale incendio?» Si ritrovò a saltellare sulla sedia, irrigidendo fortemente la schiena dopo un colpo di frusta, salvo poi essere attirato dal bagliore emanato dal sasso che prima era opaco ed ora -se la vista non lo ingannava- era di un brillante azzurro. Ce l'aveva fatta.
    Nathan Parker
    King

    "
    The biggest misunderstanding about me is that I'm just a bratty, gobby idiot.
    "

    Ametrin
    Wampus
    Quidditch

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    Fa una domanda a brian ensor. Il suo elemento è l'acqua ma prima di incontrare lo spirito vero e proprio conosce la sua personalissima Virgilio, aka Dory, e solo dopo riesce ad ottenere il potere dello spirito dell'acqua. Forse.


    "Spirito dell'acqua"
    "Dory-Virgilio"
    «Nathan l'Idiota»
     
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