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Vi chiedo scusa per il ritardo, ma riassumo qui ciò che dovrete fare:
- Toccate la passaporta e vi ritroverete all'interno di una grotta
- Ognuno di voi troverà nel luogo della smaterializzazione tre goblin armati (asce, martelli, piccoli ecc..)
- Dovrete costringerli alla fuga. Potete utilizzare e autoconcludere tutti gli incantesimi che volete e muovere i goblin.
Scadenza: Venerdì 23 -
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Povera Giada, costretta a mangiare cibo spazzatura!!!
Ciao carissima!
Oggi arrivo dalla tua bella!! -
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Perché dai per scontato non sia stato fatto di proposito, Giadina. -
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.Soffocò una risata a causa della risposta piatta della macabra bicolor che infestava la sua Sala Comune, condividendone ancora una volta osservazione e crescita di appendici sul panda che volò addosso alla McKenzy. «Da toro o da cervo?» Entrambi gli animali erano famosi nell’usare i loro palchi in fase offensiva e lui non sapeva propendere su uno dei due in particolare dato che entrambi avevano i loro pregi: il toro due buchi grandi, squarcianti femori manco stessi addentando marshmallow; i cervi… palchi più fragili che lasciavano frammenti minuscoli per altrettanti buchini facilmente trascurabili ma che erano i più probabili nel condurre a morte per dissanguamento.
«Tragedia greca, di quarta categoria, in corso», annunciò, cambiando semplicemente lato per gustarsi al meglio l’esperienza. Il disastro che aveva visto in pista, con palle volanti sotto forma di panda rossi e la sua attuale cognata -«Ew, spero che quel coglione di fratello che ho rinsavisca presto»- a cadere con un tonfo sul ghiaccio, era nulla paragonato al melodramma che la sua Prefetta aveva creato con quello che aveva capito essere il suo ragazzo. O quello con cui scopava. O il suo migliore amico. Insomma, qualcuno. Aveva captato solo il cognome di Jessica, la studentessa dell’ultimo anno cui si era rifiutato al momento di mettersi in lista d’attesa per potersela fare anche lui, difesa a spada tratta dal Dioptase. «Nessuno che prende dei pop-corn?» occhieggiò i presenti, le pozze scure a perlustrare il viso ancora pieno di acne di un ametrino che si era fermato ad assistere. «Tu, vedi di prendercene un po’ a quel tavolo lì», indicò con fare svogliato l’angolo imbandito con le leccornie preparate dagli elfi domestici, trattando lo studenti al pari di un Tassorosso qualsiasi. Certe abitudini dure a morire. Avrebbe voluto infierire anche sul fratello -o era il gemello? cazzo, doveva crearsi un fottutissimo albero genealogico di quella famiglia- di Marlee se non fosse che la postura di Zuleyka avesse già dato risposta. Con un interesse pari a quello che nutriva per la pace nel mondo e gli zuccheri filati, sollevò il braccio che teneva sul parapetto per posarlo su quello della primina. «Ha già accettato di danzare solamente con me, stasera», non era vero nulla, ma sperava che l’altra non lo sbugiardasse, «stiamo solo aspettando la canzone giusta». Ovviamente dopo essersi gustato l’abbandono di uno -iniziava a sospettare che il melodramma fosse una caratteristica dei Dioptase- e l’arrivo di un altro di cui aveva vaghissimi ricordi ad Hogwarts, vide una Murphy sfrecciare via, ignorando le lingue lunghe delle due consorelle per mettersi alla calcagna della Lynch e dell’Ametrin. «Ma insomma, sti popcorn?» Quelli non arrivarono, ma il caro gemellino e la sua consorte zoppicante sì. Ignorò la seconda, mentre a Brooks rivelò un’occhiata che diceva visto? non sono rimasto in camera a crogiolarmi per l’assenza deltuomigliore amico, salvo poi stranirsi nell’avvicinarsi a Zul, mentre Deva sembrava volersene approfittare per scappare via. Agì d’istinto, senza soffermarcisi poi troppo. «Vedi cosa vuole mio fratello e poi raggiungimi», le avrebbe detto direttamente all’orecchio, affrettandosi poi verso la Lestrange, nel tentativo di arrestare la sua avanzata nei pressi del Dioptase di prima e una nuova ragazza. «Dove pensi di andare, princess Lyanne?» Non sapeva neanche perché avesse abbassato la voce di diverse ottave, occupando il suo fianco come avrebbe fatto un ragazzo qualunque, evitando di guardare apertamente quell’incidente che si stava verificando sotto i loro occhi. Un gioiello che veniva passato manco fosse il tesoro della regina trafugato dal palazzo regale, facce strane, spallate varie e… cosa cazzo aveva appena visto?! «Ti prego, se mai dovessi finire in quel modo ammazzami, un avada kedavra dovrebbe bastare», commentò a bassa voce, non rendendosi minimamente conto di aver tenuto per tutto il tempo le falangi posate sulla pelle diafana di lei.Fitz O'Connor"I etched the face of a stopwatch on the back of a raindrop and I did a swap for the sand in an hourglass."
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SPOILER (clicca per visualizzare)Interagisce con Deva L. Lestrange, Zuleyka., Brooks Ryan O'Connor, James Beauvais. -
.Il feed di instagram, con attivo il filtro per i contenuti magici, era pieno zeppo di foto, video e balletti di chi si era preparato o era già nel vivo dello Yule Ball. Scorgendo lustrini, sete e tulle Nathan sentì per un attimo la mancanza degli States e di quelle feste -festini, a voler essere puntigliosi- dove l'alcol non era proibito come in quelle mura. Possibile che nessuno avesse pensato di correggere il ponch degli studenti? Mpfh, avrebbe potuto coinvolgere un paio di studenti, magari suoi ex compagni di scuola più fidati, metter su una colletta e procurarsi un paio di casse. O, perché no, quelle mini bottigline che di solito trovavi sull'aereo o nei mercatini più impensabili da smistare con strette di mano o scivolamenti in borsette opportunamente lasciate aperte. Stava delirando troppo. Fece per mettere via il cellulare e fare il suo ingresso solitario quando la tendina di un messaggio appena arrivato non occupò la parte superiore dello schermo.
Jessico CalcettoJess BO le aveva scritto.CITAZIONESe vuoi riavere indietro il tuo amico devi salire sul tavolo e dire a tutti i presenti che tuo figlio è di Olwen
Non riusciva a credere di aver pensato sul serio che il suo Responsabile fosse il papà del piccolo della corvina -un po' ancora lo pensava- finendo col passare gran parte del primo anno in punizione col runista per averlo aggredito in merito dopo una lezione con lui.CITAZIONEScherzo, sono qui fuori, sto per entrare. Riservami un ballo, splendore.
Il rumore di passi affrettati gli fece distogliere l'attenzione dal magifonino, bloccandolo e riponendolo in tasca come un automa mentre lo sguardo carezzava i pochi metri di seta verde che cingevano il corpo di Amelia Farley. Semplice, elegante, ipnotica. Deglutì. Un paio di volte, la gola asciutta ed il cuore che batteva all'impazzata. Amelia ne avrebbe sempre avuto un antro come dimora, qualsiasi cosa sarebbe successa tra loro da quel momento in poi. Il fatto che l'avesse cercato lei, andando a sporcarsi le sue preziose e costosissime scarpine nella riserva pur di parlargli avevano ridato spinta ad una relazione che aveva definito morente. Era lui che si era ostinato di soffiare sulle braci affinché venisse prodotta qualche scintilla a volare ad intaccare i ceppi asciutti e per niente avvolti dalle fiamme. Poi era arrivata lei, con un accendino, e aveva acceso un piccolo fuocherello che, a turno, cercavano di alimentare. Molto più lei, a voler essere sinceri. Le puntò il catalizzatore contro, indicando con la punta la stola pellicciosa che occultava le sue spalle, effettuando il classico movimento che accompagnava la formula. «Evanesco». Gli occhi a scivolare dal viso, passando per la gola, fino alle spalline sottili dell'abito. «Se mai dovessi avere freddo farò in modo di rendertelo», non si era accorto di esserle avvicinato, le dita a sfiorare l'avambraccio nudo in una morbida carezza. «L'importante è esser consapevoli di trovarsi poi i piedi a panzerotto per tutti i pestoni che ti darò». Dunque le offrì il braccio, invitandola a superare insieme quegli oscuri battenti, lanciando forse un messaggio o forse no. Il sorriso imbronciato, lo sguardo a cercare visi familiari e la mano libera a sventolare spasmodica quando riconosceva qualcuno. Notò qualche assenza, come quella di una delle rosse che aveva baciato per via di un gioco, così come la presenza di Evans, l'altra ragazza cui aveva fatto fare il casqué e persino quei piccioncini di Benjamin e Giada. Troppa magia nell'aria. Avrebbe infettato anche lui?
Per ultima notò la Whitemore intenta a ballare un lento con un suo compagno di dormitorio. «Può dire tutto quello che vuole, ma gli Ametrin sono i migliori di tutti», un pensiero ad accompagnare la sua dama al centro della pista dicendosi pronto a seguire la melodia del lento. La mano sulla bassa schiena di lei, l'altra rimasta intrecciata ma molto più vicina ai loro corpi che tornarono a scontrarsi. Non era una bachata, una salsa o una rumba, ma un lento di quelli dove bastava stringersi e dondolare un po'. «Ti ho mentito», le sussurrò all'orecchio superando l'intreccio complicato della sua pettinatura. Poi senza darle alcun tipo di preavviso, esercitò una serie di pressioni e comandi al suo corpo che la portarono ad allontanarsi da lui, uniti solo dalle mani legate. Mani che la tirarono di nuovo a sé, compiendo dei giri fino a ritrovarsi di nuovo fronte contro fronte. «I tuoi piedi, con me, sono al sicuro» e no, non era uno di quei feticisti. Anzi, ne provava una forma strana di repulsione, meno li vedeva meglio si sentiva. Che fosse per quello che avesse imparato come prima cosa a non lasciare pestoni? «Quanti inviti hai rifiutato?» Perché era comunque un dannatissimo masochista, ma voleva sapere se aveva rifiutato perché aspettava solo il suo invito o se l'avesse sottratta a qualcun altro. O se, semplicemente, nessuno aveva azzardato a gestire davvero una ghiacciolina come lei.Nathan Parker
King"The biggest misunderstanding about me is that I'm just a bratty, gobby idiot."AmetrinWampusQuidditchcode by ©#fishbone
SPOILER (clicca per visualizzare)Risponde a Jessico. Interagisce principalmente con Amelia Farley. -
.Il gemello era una vera e propria spina nel fianco, però la sua vicinanza la si vedeva in piccoli gesti come quel cookie corredato di bigliettino che aveva lasciato per lui. Aveva gettato il biscotto ma il foglietto era finito in un diario che nascondeva sotto il materasso all'altezza del cuscino. Non aveva fame, non di dolce almeno e soprattutto non di biscotti, un odore che associava a Mc Callister. Il cibo era tornato ad essere solo qualcosa di cui servirsi al solo scopo nutritivo e nient'altro; il passaggio in sala comune solo per recuperare un plico di pergamene nuove da tenere di scorta nello zaino. Non si era chiesto però il perché Brooklyn l'avesse ringraziato. Giungere alla porta col batacchio salamandroso sgusciando tra gli altri studenti e dando qualche spintarella fu semplice, altrettanto invocare uno sciame di farfalle infuocate -giusto per riprovare l'ebrezza di tornare per un secondo al primo anno- ed incendiare la salamandra, pronunciando il suo nome con lo stesso entusiasmo di un funzionario amministrativo nel momento di fare una pratica: «Fitzgerald Garrett O'Connor». Si chiedeva sempre se col codice fiscale avrebbe fatto prima a superare l'ostacolo. Un mare di divise rosse e grigie balzò all'occhio dopo aver salutato con un rispettabilissimo «buon pomeriggio, professore» uno dei docenti che più stimava per carattere e terrore che disseminava tra i corridoi. Potevi vestirti con quanti strati volevi ma nell'aula di Brian Ensor ti saresti sentito sempre sulla cima dell'Everest. Scelse la fila dove vide due acquisti di quell'anno per gli Opali, fermandosi solo per fare un saluto al gemello con un'alzata di mento e scivolando accanto alla ragazza dagli incredibili occhi azzurri che conosceva da sei anni. «Principessa Lyanne, solo la seconda fila per te quest'oggi?» fu il suo saluto sarcastico, scivolando liscio come l'olio accanto a lei e scrutandola per qualche secondo prima di sporgersi verso l'asiatico. «Kwon» fu tutto ciò che disse al confratello che ancora non conosceva ma per cui doveva esser già grato di essersi ricordato il nome, se mai gli fosse interessato. Avrebbe aggiunto dell'altro in direzione della Lestrange ma Ensor diede inizio alla lezione, annunciando come le lamentele degli altri studenti fossero giunti alle sue orecchie oscure e che quindi non ci sarebbe stato nessun compito a sorpresa per loro. Questo però non significava che fosse diventato improvvisamente un messia. Lingue di fuoco si modellarono fino ad articolarsi in una domanda. Anche la sua mano si unì insieme a quella dei compagni, ma fu tra gli ultimi a prendere parola. «Fitz O'Connor», si annunciò, «Come hanno detto i miei colleghi per i popoli sassoni, i goblin erano creature mostruose e dall'aspetto grottesco, spesso di carattere malvagio ed egoista, avide di oro e beni materiali, creature magiche con varie abilità, simili a quelle delle fate o dei demoni. Per alcuni facevano parte del piccolo popolo e che nella categoria di goblin vi rientrano anche i lepricauni», osservò, facendo leva sulle sue origini irlandesi. «Nei paesi scandinavi sono associati ai folletti, legati al solstizio d'inverno e quindi al Natale. Anche qui presentano forme umanoidi, ma le loro vesti sono caratterizzate da colori vivaci, così come il loro carattere volubile o scherzoso, ma che quando vengono stuzzicati divengono vendicativi, servendosi della loro capacità di rendersi invisibili oltre che mutaforma». Prese una pausa, continuando a guardare il docente fisso negli occhi. «In realtà in ogni paese e civiltà i goblin assumono un nome proprio o caratteristiche diverse, come ad esempio i mogwai cinesi, piccoli esseri che si riproducono con l'acqua piovana, di solito si accoppiano e producono un grande lignaggio poiché la pioggia aumenta la loro lussuria. Una metafora dell'abbondanza che si trova anche nelle civiltà sudamericane». Concluse, voltandosi poi verso Deva una volta che l'attenzione di Ensor si fosse spostata da lui, facendole un'occhiolino dei suoi, come ai vecchi tempi.Fitz O'Connor"I etched the face of a stopwatch on the back of a raindrop and I did a swap for the sand in an hourglass."
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SPOILER (clicca per visualizzare)Si siede accanto Deva L. Lestrange, nonché Joo-hyuk Kwon. Interagisce/pensieri con Brooks Ryan O'Connor.
Risponde alla domanda. -
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Piccola interruzione per comunicarvi che la scadenza è revocata postate finché vi pare, interverrò quando meno ve lo aspetterete eheh o, più semplicemente, per cambiare l'orario
Ne approfitto per dire che tra una cosa e l'altra, è passata un'ora ed adesso sono le 22
Stay tuned! -
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.Quando Em inviò una foto del vestito che aveva scelto per lei si domandò se quando diede il suo consiglio di moda fosse fatto di qualche erbetta magica di quel tizio strano di Denrise che la spacciava come tè. Per carità la Lewis era sempre bellissima ma quel vestito stravolgeva l'immagine che aveva di lei e non le donava come aveva pensato.
Vedi di non spezzare troppi cuori stasera, il mio non reggerebbe.
Digitò in fretta infilando poi il magifonino nella tasca del vestito blu notte che aveva scelto tra quelli che aveva perché in un taglio molto più sportivo e che gli permetteva di indossarlo senza cravatta. Non per nulla era ancora impegnato ad abbottonare i polsini della camicia bianco ghiaccio, lasciando gli ultimi due della fila principale aperti sul principio del suo petto. Ai piedi un paio di scarpe bianche sportive ma prive di ulteriori dettagli. Si passò una mano tra i capelli, cercando di ammorbidire il ciuffo che non sembrava volersi modellare senza l'uso di gel o lacche, che aborriva, preferendo lasciarli al naturale. La bacchetta fu l'ultima cosa che prese, i regali li avrebbe consegnati in un altro momento, magari proprio la notte di Natale, prima di dirigersi verso l'ingresso della Sala Grande.
Non aveva una dama da attendere o da ripescare, sebbene il suo rapporto con la Farley fosse attaccato ad un filo non se l'era sentito di invitarla al ballo, forse perché non voleva sentire i vari paletti che la sua migliore amica gli avrebbe lanciato alle spalle una volta scoperto che avesse ripreso a vederla. A vederla, non a starci insieme. Una precisazione da vero idiota visto che, nonostante provasse ad essere indifferente, nonostante un paio di baci con alcune delle sue consorelle, continuava ad avere un debole per Amelia.
Lo dimostrò il fatto che non le inviò nessun messaggio ma attese, con le spalle al muro e le gambe incrociate, il suo arrivo fingendo di mandare messaggi mentre in realtà con la coda dell'occhio monitorava la scalinata principale da cui avrebbe dovuto far la sua apparizione. «Solo cinque minuti, se non verrà entro» si disse, inviando un ultimo messaggio alla follettina che aveva molti centimetri di pelle esposta in più di quello che aveva previsto.Qualsiasi cosa accadrà questa sera ne parleremo domani, alla luce del sole.
Ti voglio bene.Nathan Parker
King"The biggest misunderstanding about me is that I'm just a bratty, gobby idiot."AmetrinWampusQuidditchcode by ©#fishbone
SPOILER (clicca per visualizzare)Manda un paio di messaggi ad Emma Lewis, aspetta Amelia Farley vicino all'ingresso della Sala Grande. -
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.Dopo tanto tergiversare, questa player ha finalmente trovato la forza di rispondere al ballo più complicato di tutta Hidenstone. Fessa lei a pensare di portare tutte le sue marionette, con l'idea di avere le interazioni ridotte al minimo, trovandosi in una baraonda di roba a cui reagire. Ma basta perder tempo, torniamo alla cosa fondamentale.
Quel ballo stava andando in una direzione che ancora Lilith non aveva compreso. Aveva affrontato l'entrata solitaria, era riuscita a giungere in una zona di comfort che subito era stata invasa dalla dolcezza del ritorno di Joshua, mentre pian piano quello spazio si affollava, togliendo aria necessaria ad una via di fuga sicura.
La presenza di Joshua le stava dando l'illusione di avere ancora scampo per sottrarsi a quella convenzione che la vedeva presente in quella sala, dandole almeno l'utopia di potersi dedicare ad una conversazione che forse necessitava anche di spazi totalmente diversi. Scrollò le spalle alle parole dell'altro, sussurrate ad una distanza pericolosa, che l'altra cercava di sotterrare per non mostrare un fianco debole alla vicinanza dell'altro, tanto da azzardare anche lei ad avvicinarsi provando a mantenere un self-controll degno di una reginetta del ballo. Come dargli torto, in fin dei conti erano chiacchiere di corridoio e per quanto fossero vere o false, a lei interessava poco. Socchiuse gli occhi, ispirando a lungo, rispondendo a quella frase solo con uno sguardo tagliato che scivolava dalle labbra agli occhi dell'altro, mentre il sinistro angolo della sua bocca si fletteva in un mezzo sorriso.
Rapido il sopracciglio si sollevava verso l'alto, dandole disegno di un'espressione ben più sagace riguardo gli impegni che l'altro aveva dovuto affrontare prima di giungere da lei.
«Ed io che speravo di essere l'impegno più importante. Dovrai farti perdonare, Joshua Evans.»
Sibilò come serpente a sonagli, lasciando all'altro libera interpretazione in quel sottile gioco che non aveva altro scopo che ritrovare il calore di un rapporto che era sfumato per l'assenza dell'Evans. Lo sentì ridere e si lasciò andare ad un rimando fatto di cristallino suono che potesse parlare meglio di qualunque altra frase, mentre lasciava andare un po' di pesantezza che le premeva sulle spalle. Si lasciò accompagnare in pista, sentendosi per quel frangente brillante importante, tanto da meritare quel primo ballo, quasi fossero loro ad aprire le danze, nonostante qualche altro coraggioso fosse scivolato su quella pista ben prima di loro. Era come se Joshua avesse spostato ogni singolo studente, per far entrare lei su quel percorso, accendendo i riflettori dei più che probabilmente avrebbero vociferato di quello strano ondeggiare dei due.
Sono importanti solo se tu vuoi che lo siano.
Quella frase tornò come eco nella sua testa, mentre annullava qualsiasi preoccupazione di quanto potessero essere protagonisti di altre indiscrezioni che sarebbero state costruite dopo quella serata. Non le importava, non perché non fosse importante, ma perché voleva imprimere in quel ballo un prestigio diverso, che andava oltre ogni chiacchiera che avrebbe fatto rimbombo tra le mura del castello. Il tocco di Joshua, gentile e leggero, fece sì che l'altra si avvicinasse quel che bastasse per annullare le distanze dal giallo-viola, mentre le braccia si sollevavano a posarsi attorno alla sua nuca, allacciando tra loro le dita delle mani a saldarne la presa, mentre discreto il pollice sfiorava un ciuffo di capelli che ne solleticava il tatto.
Qualsiasi suono stava riproducendo la console stregata, non serviva altro che a far dondolare le due figure, che sembravano approfittare di quel momento di ritrovata riservatezza per ricercare una vicinanza perduta, vittima del tempo e delle assenze.
«Dipende. Sta a te decidere cosa è bene e cosa è male. Non lasciare mai che siano gli altri a farlo, Josh.»
Ammise piano, accostando le labbra al suo orecchio al fine di non lasciare che la musica ne coprise le parole. Quel dondolare la stava rilassando, stava permettendo alla Caposcuola di riprendere pieno possesso della sua consapevolezza, come se quelle parole a lui riferite, stessero servendo anche a lei, per ritrovarsi e superare ostacoli che aveva lasciato le bloccassero la via. Guardò le labbra dell'altro socchiudersi, come se cercasse lui stesso parole che non trovò, Lilith arricciò le proprie, mordendosi l'interno; non riuscì a capire se il loro dondolare si interruppe a causa della musica o per quella voce che riportò alla realtà l'altra.
Voce che per Lilith era così familiare, che l'avrebbe riconosciuta ad occhi chiusi.
Sentì scivolare le mani di Joshua dalle propria vita e si ritrovò costretta a sciogliere la presa dal suo collo, per dedicare sguardo alla ritrovata amica che aveva perso per fin troppo tempo, complice l'orgoglio e le ferite.
«Jessica! Alex!»
Lo sguardo passò dalla corvina verso l'alto, al bambino, per poi cadere con più freddezza sul concasato dell'Evans. Jones non era tra le sue simpatie, la Whitemore lo sapeva, ma le aveva promesso che avrebbe dato una possibilità allo scarto sociale, solo perché era colui che aveva riacceso in Jessica quella voglia di sorridere. A lui concesse un segno del capo, già un passo avanti rispetto al suo solito ignorarlo.
Si avvicinò alla nera, a sfiorare la sua guancia con un delicato bacio.
«Smettila, piccola serpe.»
Le rimandò con dolcezza, nonostante quell'epiteto che pareva essere un insulto, ma che in realtà era il suo modo di complimentarsi con lei, in maniera affettuosa. La guardò da capo a piedi, mentre gli occhi celesti ne rubavano ogni centimetro di pelle - coperta e non - per poi sorriderle e annuirle, quasi a volerle confermare quanto fosse splendida. Jessica sapeva che Lilith non si lasciava andare a troppe effusioni, soprattutto dopo la rottura con Blake che l'aveva portata a raffreddare ogni singolo gesto di smanceria con chiunque. L'altra era consapevole di come lei parlasse con gli occhi, e in quel momento le stava dicendo che aveva davanti la donna migliore di tutta la scuola.
Era contenta, contenta di vederla lì con Alex e contenta di notare come quelle dita erano incastrate nella mano di qualcuno che la faceva sentire viva e che aveva attenzioni per lei.
Notò l'arrivo di Cameron ed Elisabeth e se l'altro avesse incrociato il suo sguardo, avrebbe trovato Lilith sorridergli, felice di vederlo giungere con lei, non consapevole che poi non lo avrebbe trovato al suo fianco, di lì a breve.
Lasciò che lei ed Evans si scambiassero notizie, saluti e quanto necessitavano, mentre il cristallo di ghiaccio scivolava, con malcelata indifferenza, a cercare qualcun altro ritrovandosi a dover fare i conti con quel balletto sulla pista di ghiaccio, che lo vedeva accostare il suo corpo a quello di quella stessa rossa che lo aveva avvicinato poco prima. Sbuffò un respiro fin troppo pesante, ritornando lentamente a guardare i presenti davanti a lei, ricacciando indietro quel moto di fastidio che provò alla bocca dello stomaco.
E così come Joshua ricacciava l'idea di piazzare una scenata alla rossa di cui lei non era minimamente al corrente del legame con l'altro, così la riccia fece lo stesso, rimurginando sul fatto che quell'anno non sarebbero volati bicchieri d'acqua, né parole troppo taglienti.
O almeno ci sperava.
«Hm?»
Mugugnò quando l'altra si avvicinò per sussurrarle quelle parole. La coda dell'occhio, inevitabilmente si spostò alle sue spalle, quasi ad indicare all'altra dove porgere il proprio sguardo per rispondersi a quella domanda, prima di tornare a quello strano accostamento di personalità cozzanti tra loro.
Ciò che la fece sussultare, invece, fu il tocco leggero di Joshua sulla propria schiena, inaspettato, le fece tingere appena le guance di rosso, mentre donava un dolce sorriso all'altro. Annuì lentamente, piegando appena il capo in sua direzione.
«Certo. Per qualsiasi cosa, io sono qui in giro.»
Era quasi un modo per dirgli che, nonostante tutto, qualsiasi cosa sarebbe successa a quel ballo, se lui avesse avuto bisogno, lei sarebbe giunta in suo aiuto. Non appena l'altro si allontanò, lo sguardo di Lilith cadde sull'altro ametrin e sulla sua amica.
Sospirò, quasi a voler riprendere compostezza, poi schioccò la lingua sul palato e fece un passo verso Lucas, al fine di arrivargli ad un passo dal naso.
Lo guardò intensamente, seppur le sue iridi sembravano quasi lame che lo stavano trafiggendo ripetutamente.
«Alex... vieni da zia Lilith... andiamo a prendere qualche caramella e facciamo un giro a vedere la pista di pattinaggio, che ne pensi?»
Allungò le braccia verso il piccolo, guardandolo con un dolce sorriso. Lo avrebbe preso in braccio e messo giù, afferrandolo per la manina piccina, ma prima di andarsene avrebbe sibilato veleno verso il Jones, accostandosi al suo orecchio - affinché lo sentisse solo lui - mentre guardava oltre la sua stessa spalla, con un sorriso che sembrava angelico, tanto da far credere a tutti che si stesse solo complimentando con lui o semplicemente salutarlo.
«Feriscila e io farò di te il tappeto del mio bagno. Falla piangere e verserai tanto sangue quante le sue stesse lacrime. Sono chiara, Jones? E adesso non dire nulla, sorridi e fa finta che questa conversazione non sia mai avvenuta o ti legherò la lingua per il resto dei tuoi giorni.»
La disarmante tranquillità e freddezza con cui minacciò l'altro, fu degna del peggiore dei serial killer, mentre faceva un passo indietro e inclinava il capo sulla propria spalla sinistra, concedendogli un altro angelico sorriso, fingendo che tutto andasse perfettamente. Poi guardò Jessica.
«E' il tuo ballo, ti concedo un po' di libertà mentre io e Alex andiamo a riempirci la pancia. Ci trovi da quella parte.»
E indicò col capo la zona cibo.
Si avviò con il piccoletto mano nella mano, mentre lo guardava camminare goffamente verso le caramelle.
«Hai nascosto nella tutina il sacchetto che ti ho regalato? Dobbiamo rubare tutte le caramelle, ricordi?»
Tono complice col bambino, mentre ne prendeva una manciata e la metteva in un sacchetto espanso che aveva regalato qualche giorno prima alla creatura. Lo sguardo dell'altra si dedicava al bambino e anche a guardarsi attorno, provando ad evitare la zona del pattinaggio ancora un altro po'.
«Ti va se ci facciamo qualche foto?»
Prese il piccolo in braccio, mettendolo dal lato opposto a dove aveva celato la bacchetta in una piccolissima fessura nascosta del vestito (ad Hidenstone era sempre importante portarla, ormai lo sapeva benissimo) e passo si ritrovò a muovere verso l'albero, afferrando un paio di palline e facendo facce buffe col bambino, per immortalare i loro volti, prima di fargliele nascondere nella sacchetta.
«Andiamo a vedere la gente cadere sui pattini? Magari potremmo fare anche un giretto, che ne pensi?»
Vide l'entusiasmo dell'altro, quindi arrivò anche lei alla tanto agoniata pista di pattinaggio. Gli elfi provvedettero a dar loro dei pattini, mentre il piccoletto metteva i piedini a terra e lei si piegava in avanti per tenergli tutt'e due le manine.
«Bravo, così. Pian pianino.»
Lei aveva imparato a pattinare sul ghiaccio circa alla sua età, grazie ai suoi fratelli che la usavano come fionda, ma quelli erano altri dettagli. Fece scivolare lentamente il piccolo sul ghiaccio, mantenendo un equilibrio quasi perfetto, complice anche il suo portamento da ballerina classica; stava ben attenta a mantenersi ai bordi che erano molto più sicuri per il piccoletto, ridendo quando di tanto in tanto rischiava di cadere e reggendolo con più attenzione.
«Sei meglio di mamma, eh!»
Rise, mentre cercava di allontanare la strana sensazione di essere nello stesso spazio di chi aveva cercato di evitare fino a quel momento, costringendosi a tenere il cristallo sul piccoletto, così da non incrociare nemmeno una volta lo sguardo del primino.SPOILER (clicca per visualizzare)Caspita che travaglio!
Allora, nella prima parte del post è dedicato completamente alle interazioni con Joshua B. Evans e al loro ballo. Poi interagisce con Giadì e ruba Alex, così che loro possano ballare. Con il piccolo va a rubare caramelle, fare foto e lo porta a pattinare, mentre cerca di ignorare Joo-hyuk Kwon.
Se ho saltato qualche interazione, perdonatemi, sappiate che vi amo lo stesso, ma sono peccata.Lilith Clarke"La cosa bella dei rapporto è che dimentichi come sono iniziati."Dioptase, Caposcuola"Parlato" - 'Pensato' - "Ascoltato"
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.Pensava sempre più che la scelta di un luogo pubblico come quello, in un primo incontro dopo il disastro avvenuto sui monti, non fosse stata una scelta del tutto casuale. Credeva che fosse per trovare un modo per scusarsi, per dirle che non avrebbe voluto perderla, che la sua reazione fosse stata esagerata e che, circondati da Babbani, non avrebbero potuto di certo assaltarsi alla gola con le loro bacchette. Un luogo dove dare inizio ad un periodo di pace e tranquillità che sperava fosse duraturo. La delicatezza dei suoi gesti, la calma placida con cui aveva accettato quel teatrino con la collana e poi il suo tentativo di rifiutare il suo regalo, quel libro da un valore affettivo inestimabile che le aveva messo tra le mani. Un libro che rappresentava il vero cuore, nucleo, di Cameron Cohen, la sua essenza offerta a lei affinché se ne prendesse cura, proteggendola da qualsiasi cosa. Un valore simbolico che valeva ancor di più dell'invito al ballo che ne seguì. Ballo cui avrebbe dovuto comunque presenziare in veste di Prefetto. Già si immaginava gli sguardi, le parole pronunciate a labbra strette, la rabbia di qualcuno ed il dolore di qualcun'altra. «Mia...» Anche lei Prefetta avrebbe visto il suo primo ballo rovinato da loro due che avrebbero volteggiato nella Sala Grande. Un'immagine ancor più dolorosa dei pettegolezzi che giravano. Eppure non era riuscita a non chiedergli in che veste gli stesse chiedendo di partecipare allo Jul Ball di quell'anno e per un po' cedette all'assentire di lui, circa la loro presenza come coppia di amici e nient'altro. Eppure sul suo viso c'era quel sorrisetto ironico che avrebbe voluto cancellargli con un bacio. Preferì bere un sorso del drink che ancora occupava i tre quarti del bicchiere, con i cubetti di ghiaccio a galleggiare in superficie. Sobbalzò nell'irruenza di lui nel riprendere l'oggetto del presente che gli aveva dato, non allontanò la mano quando lui vi posò la propria, accarezzandola con una lentezza esasperante. «Sì, sei stato chiaro», inclinò il capo, mentre il corpo scivolava più vicino al suo, mentre il pollice di lei cercava di arrivare sul suo mignolo. Contatto, aveva bisogno di contatto per quel tutto che era chiamata a divenire. Proprio quel tutto che aveva realizzato di volere quando era giunto Lucas da lei. «Cosa?» Era incredula ora. Il cuore le martellava frenetico del petto, le parole che da un po' di tempo a quella parte aveva desiderato di sentire finalmente erano arrivate ma si sentì terrorizzata. Accettare quel ballo significava accettare anche di essere la sua ragazza, la sua donna e lei, nonostante il Lucas degli inizi, non aveva mai avuto di fatto una relazione. Con l'unica che aveva mandato all'aria nel giro di poche settimane, cosa avrebbe potuto pretendere da quella con il Dioptase? Certo, se guardava indietro all'evoluzione del suo rapporto con il norvegese, poteva dire che in qualche modo avessero già una storia, atipica, ma pur sempre una storia. E così allontanò, almeno per quella sera, i fantasmi dei tre Ametrin che avevano segnato le loro vite: Lucas, il suo primo bacio; Mia, il primo amore di Cameron; Josh, il suo potenziale tutto.
Si volse a guardarlo, con la mano a toccare quel profilo deciso, le dita sugli zigomi marcati. «Sì, verrò al ballo con te», un sorriso luminoso a sorgere spontaneo sulle sue labbra. «Come mio <i>tutto<(/i>».Elisabeth
Lynch"Sometimes you have to stand alone. Just to make sure you still can."
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.Un ennesimo ballo.
Un ennesimo ballo a cui lei non avrebbe potuto non presenziare. La sua carica e la sua reputazione andava oltre quello che aveva dentro, quel fastidio di dover giungere a quell'evento da sola, lei che aveva sempre preferito non mostrare agli altri le sue debolezze, ora si mostrava sola e non accompagnata.
Aveva scelto il vestito con Jessica e l'amica le aveva proposto di stare con la sua famiglia allargata, ma Lilith preferiva affrontare quell'evento così come doveva affrontarlo: da sola.
Era davanti allo specchio della sua stanza, a cercare di guardarsi mentre quel vestito scelto per l'evento. Era bellissimo e lo aveva scelto per la bellezza, ma soprattutto come riscatto del fatto che nessun accompagnatore si fosse fatto avanti. Era più una vendetta per tutti quelli che le avrebbero puntato gli occhi addosso, quasi a voler gridar loro quanto avevano sbagliato, quell'anno.
Aveva indossato il vestito, rigorosamente senza reggiseno sotto, così come aveva deciso con Jessica. Lo spacco sul petto sembrava quasi proseguire fino alla coscia sinistra e quel vestito lasciava scoperta più pelle di quanta avrebbe dovuto. Brillava come avrebbe brillato un cielo nero pieno di stelle, lo aveva scelto perché nella sua eleganza, dava un tocco di unicità e - nonostante come stesse andando a quell'evento - lei doveva apparire sempre perfetta.
Anche con gli strappi dentro.
Perfetta agli occhi di tutti.
Aveva lisciato i suoi capelli, rendendoli seta che scivolava sulle sue spalle nude, quindi aveva indossato un paio di orecchini semplici, due punti luce che si coordinavano al brillante del vestito, così come il decolleté che aveva indossato, con tacco tredici, a slanciare di più la sua figura allenata e il suo trucco semplice che ne risaltava la grandezza degli occhi e ne colorava le labbra di un rosso abbinato al Natale.
Si guardò attorno, cercando in Seth un po' di appiglio per tentare di mandare giù al meglio quella serata. Si sedette sul letto, accanto al suo bengalese, che di tutta risposta si poggiò alla sua coscia nuda.
«Non farò tardi, Seth. Il tempo di farmi vedere, qualche giro di saluti e tornerò qui.»
Lo rassicurò, ma quelle parole, lei sapeva, erano dirette più a se stessa. Si sollevò con un pesante sospiro, dopo un altro gattino al micione, la Caposcuola si diede un altro sguardo allo specchio.
«Puoi farcela, Lily. E' solo un'ennesima facciata.»
Uscì dalla sua stanza, ora toccava alla cosa più difficile: il tragitto fino alla Sala Grande. Qualche ragazzina del primo anno le sfrecciò davanti urlando, mentre ancora si stava aggiustando i bigodini in testa, qualche ragazzo stava usando il suo inalatore forse preda ad un attacco d'ansia. Erano tutti in visibilio e lei, invece, non vedeva l'ora che quell'evento già finisse.
Si mosse fuori dalla Sala Comune, senza inciampare in una ragazzina che sveniva a causa di un invito andato a farsi friggere, quindi uscì nei corridoi e la cosa non migliorò: ovunque vi erano cavalieri e dame, gente che veniva accompagnata al ballo, ragazze che sembravano incontrare l'amore della propria vita.
«Posso farcela.»
Continuava a ripeterselo in mente, quasi fosse un mantra da seguire.
Scese la grande scalinata e arrivò alle porte della sala grande. Socchiuse gli occhi celesti e tirò un grande respiro, prima di far ticchettare i suoi piedi sul pavimento della grande sala.
Ammirò le decorazioni, guardandosi attorno, quindi si ritrovò a ridere per il vischio che gli altri anni aveva combinato fin troppi disastri al ballo.
Si mosse lentamente, cercando di memorizzare tutte le immagini di quegli addobbi, essendo l'ultima volta che li avrebbe visti, quindi la prima tappa che avrebbe fatto sarebbe stata quella al baracchino della cioccolata calda, per prenderne una tazza.
Si guardò attorno.
Non c'era nessuno ancora di quelli che conosceva.
Jessica, Lucas, Elisabeth, Cameron, Joshua, Blake, chissà se sarebbe venuto e con chi...
Mentre cercava loro con li sguardi, si rese conto di come cercasse anche un altro volto che sembrava non essere ancora arrivato.
Aggrottò la fronte e assottigliò lo sguardo, ma niente.
Beh, c'era ancora tempo...SPOILER (clicca per visualizzare)Niente: entra in sala e prende una cioccolata calda che fa freddo, oh!Lilith Clarke"La cosa bella dei rapporto è che dimentichi come sono iniziati."Dioptase, Caposcuola"Parlato" - 'Pensato' - "Ascoltato"
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