Jingle Ball

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    Gli Snasi
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    Jingle Ball
    Le lezioni, per quell'anno solare, sono finite esattamente quel giorno e gli studenti si ammassano nei corridoi per raggiungere le loro sale comuni e prepararsi per l'evento di quella sera.
    Il ballo scolastico: la serata da alcuni più attesa dell'anno, per altri la più odiata e per altri ancora, un mero obbligo imposto dalla loro carica. Ma, comunque, per un motivo o per l'altro, ci vanno praticamente tutti, dai professori agli studenti. E' un po' come un ritrovo per brindare all'ultimo mese che se ne sta lentamente andando, scandito da una serie di festività all'insegna dei sorrisi, seppur per tanti sia stato un anno difficile.

    Sono le 9 PM del 23 Dicembre, una sera apparentemente come tante. L'unica differenza è sul cielo: quella sera c'è la luna nuova e ciò si traduce in un manto privo di quello spicchio luminoso, ma non per questo meno puntellato di stelle apparentemente minuscole ma in realtà enormi.
    Le porte della Sala Grande sono state aperte giusto da qualche minuto, ma non è affatto come ve la ricordate dalla cena. Le quattro grandi tavolate - tre degli studenti ed una dei docenti - sono state spostate ai lati della sala, due a destra e due a sinistra. Sono tutte ricoperte di prelibatezze: su quelle degli studenti, come da prassi, sono sistemati qualsiasi tipo di stuzzichino babbano e magico, incluse bevande rigorosamente analcoliche, mentre in quello degli insegnanti, sono adagiate tutte le bevande alcoliche che vi possano venire in mente, vietate sia a studenti minorenni che maggiorenni. Sono pur sempre in una scuola.
    Al centro esatto della Sala, un albero così alto da sfiorare il soffitto incantato per farlo sembrare plumbeo e piangente nevischio, in piena atmosfera natalizia.
    E' decorato con palline di cristallo dei colori di ogni Casa, lucine e ghirlande coloratissime, mentre ai suoi piedi sono sistemati un sacco di pacchetti regalo dalle diverse gradazioni dell'arcobaleno. Sono solamente decorativi, tuttavia.
    Sull'angolo all'estremità più a sinistra, c'è volteggiante un rametto di vischio, protetto da una cupola oltre la quale ogni innamorato potrà andare con la sua dolce metà. Sì, dopo il casino dell'anno precedente, hanno deciso di metterne ufficialmente uno, così nessuno più corre il rischio di essere rincorso da un vischio strombazzante.
    Tutta la Sala è illuminata da lucine soffuse appese ai muri, mentre a distanza regolare lungo tutto il perimetro, sono sistemati adorabili pupazzi di neve, incantati perché non possano sciogliersi. Su un angolo c'è una console incantata -infatti non c'è un dj- che riproduce la musica, variando da balli lenti a qualcosa di un po' più movimentato, adatto anche per chi non è andato con l'accompagnatore o l'accompagnatrice ma vuole solo passare una serata tra amici. Chi direbbe di no a tutto quel ben di Dio, in fondo?
    Quest'anno c'è anche una novità. La sala, che sembra stranamente essersi ingrandita rispetto ai vostri ricordi, ospita anche una pista di pattinaggio di modeste dimensioni ma funzionale, con un baracchino che offre cioccolata calda a chiunque la richieda. Gratis. Queste misure sono state prese per evitare che qualche studente abbia la brillante idea di provare a pattinare sul lago, rischiando di finire direttamente tra le fauci delle creature che ci dimorano. Per concludere, ci sono anche delle panche, attorno alla pista, per chiunque voglia un momento di tranquillità per scambiarsi i regali o semplicemente per bere in pace una tazza di cioccolata con i marshmallow.

    Per l'occasione, la Preside - che ovviamente è arrivata prima di tutti per addobbare - indossa addirittura un sorriso freddo e non completamente gelido come per il resto dell'anno.
    E' pronta a dare una seconda occasione a quel ballo, sperando che stavolta nessuno abbia la brillante idea di provare a bere qualcosa di alcolico, lanciarsi fatture o rovinare le sue preziose decorazioni. Tuttavia hanno tutti bisogno di un po' di normalità dopo gli anni troppo carichi che hanno affrontato. Quella sera nulla può andare storto.
    Ovviamente i professori sono stati avvertiti di tenere sempre gli occhi aperti, pronti ad intervenire in caso qualcosa rischi di andare storto.

    Che la festa abbia inizio.
    NOTE OFF
    Buonasera a tutti e benvenuti alla seconda edizione del nostro amato/odiato ballo di Natale!
    Come start è molto easy, non c'è nulla di particolare se non alcune attività e decorazioni da ammirare (per ora, trust me) quindi entrate e potete fare quanti post volete


    Regole
    - Postate sempre in spoiler ciò che fate e con chi interagite per rendere a tutti più facile e veloce la lettura dei post;
    - Come sempre, non c'è un ordine per postare;
    - Chi non si è iscritto nell'apposito topic, per favore mi scriva prima, se ha intenzione di postare;
    - I post devono avere almeno 300 parole;
    - Se avete bisogno, scrivetemi su Telegram oppure su questo account.

    Attività Presenti
    - Pista da Pattinaggio (Pattini forniti dagli elfi);
    - Vischio svolazzante in un angolo;
    - Baracca di cioccolata calda con Marshmallow;
    - Tavoli degli studenti imbanditi con cibo e bibite, tutto magico e babbano. Tavolo degli insegnanti imbandito con gli alcolici, concessi solo a loro.
    - Le palline di cristallo sono fotografiche, infatti imprimeranno l'immagine di chiunque ne prenderà una;
    - Seguendo tutto il perimetro della pista, ci sono delle panche dove potersi sedere, scambiarsi regali, effusioni e quant'altro;
    - Questo è solo l'inizio. Ah no, non è un'attività ma un avvertimento!

    SCADENZA: 7/12/2022 H. 22:00



    Jingle Ball
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    Ps. Guardate il post di Victoria di tre anni fa e guardate questo. Dopodiché amatevi perché vi ho risparmiato 4000 parole.
     
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    Ametrin
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    «Erik, sicuro che sto bene? Insomma, la camicia è ben stirata? Non sembro un perfetto idiota? E i capelli?»
    Lucas era decisamente ansioso, erano almeno cinque volte che cercava di capire, davanti allo specchio, se era perfetto. Spolverava il suo abito più volte con la mano, seppur non ci fosse niente.

    «Dannazione, ho i capelli fuori posto. Vero?»

    Si piazzò davanti all'amico di stanza, Erik Foster e si toccò qualche ciuffo che non riusciva a capire dove realmente andasse.
    Quella giornata era arrivata, la aspettava quasi più di come l'uscita della prima pagina della Gazetta con sopra il suo primo articolo. Sì, per quello doveva aspettare ancora un po' probabilmente, invece il ballo era arrivato. Quel 23 Dicembre era giunto puntuale come tutti gli anni e sembrava che tutto era andato per il meglio fino a quel giorno.
    Questo poteva significare solo una cosa: tutto poteva stravolgersi o migliorare. Forse per questo aveva un'ansia terribile ad attanagliargli lo stomaco.
    Ormai non era più abituato ad eventi del genere, ma quella sera aveva deciso che doveva essere speciale, non tanto per lui, quanto per la donna che avrebbe accompagnato al ballo. Non aveva mai avuto così tanta voglia di partecipare al ballo di fine anno, ma quella sera le cose erano cambiate. Lui aveva una dama che avrebbe fatto invidia al mondo intero e voleva che per lei fosse il giorno più bello. Inoltre, alla mezzanotte di quella sera, sarebbe scattata la data del suo compleanno e Lucas aveva pensato anche a quello.
    Camminava avanti e indietro davanti l'entrata della Sala Comune dei Black Opal, come se stesse ripetendo mentalmente un copione. Chissà quanto ci avrebbe messo Jessica ad uscire da lì, fatto sta che non vedeva l'ora di puntargli gli occhi addosso.
    Per l'occasione aveva deciso di indossare l'abito più elegante che aveva: un completo nero, che sembrava fatto da un sarto in misura alle sue
    taglie, con sotto una camicia bianca, con un riporto nero al colletto e una cravatta ben allacciata nera. Aveva chiesto ad Erik di aggiustargli quella cravatta, sentendosi troppo ansioso.
    Nel taschino aveva un fiore uguale a quello che aveva donato a Jessica ed Alex, così da non avere equivoci su chi avrebbe accompagnato al ballo, mentre nel taschino interno vi era un cofanetto, che Lucas celava gelosamente per l'arrivo della mezzanotte. Nella mano sinistra, invece, aveva un cappellino in miniatura, che avrebbe regalato ad Alex, visto il freddo che avanzava per la stagione invernale ormai giunta.

    Niente di che, aspetta Jessica fuori dalla Sala comune, dopo aver molestato Erik Foster.
    lucas j. jones

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    Dioptase
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    "Parlato" - 'Pensato' - "Ascoltato"

    Un ennesimo ballo.
    Un ennesimo ballo a cui lei non avrebbe potuto non presenziare. La sua carica e la sua reputazione andava oltre quello che aveva dentro, quel fastidio di dover giungere a quell'evento da sola, lei che aveva sempre preferito non mostrare agli altri le sue debolezze, ora si mostrava sola e non accompagnata.
    Aveva scelto il vestito con Jessica e l'amica le aveva proposto di stare con la sua famiglia allargata, ma Lilith preferiva affrontare quell'evento così come doveva affrontarlo: da sola.
    Era davanti allo specchio della sua stanza, a cercare di guardarsi mentre quel vestito scelto per l'evento. Era bellissimo e lo aveva scelto per la bellezza, ma soprattutto come riscatto del fatto che nessun accompagnatore si fosse fatto avanti. Era più una vendetta per tutti quelli che le avrebbero puntato gli occhi addosso, quasi a voler gridar loro quanto avevano sbagliato, quell'anno.
    Aveva indossato il vestito, rigorosamente senza reggiseno sotto, così come aveva deciso con Jessica. Lo spacco sul petto sembrava quasi proseguire fino alla coscia sinistra e quel vestito lasciava scoperta più pelle di quanta avrebbe dovuto. Brillava come avrebbe brillato un cielo nero pieno di stelle, lo aveva scelto perché nella sua eleganza, dava un tocco di unicità e - nonostante come stesse andando a quell'evento - lei doveva apparire sempre perfetta.
    Anche con gli strappi dentro.
    Perfetta agli occhi di tutti.
    Aveva lisciato i suoi capelli, rendendoli seta che scivolava sulle sue spalle nude, quindi aveva indossato un paio di orecchini semplici, due punti luce che si coordinavano al brillante del vestito, così come il decolleté che aveva indossato, con tacco tredici, a slanciare di più la sua figura allenata e il suo trucco semplice che ne risaltava la grandezza degli occhi e ne colorava le labbra di un rosso abbinato al Natale.
    Si guardò attorno, cercando in Seth un po' di appiglio per tentare di mandare giù al meglio quella serata. Si sedette sul letto, accanto al suo bengalese, che di tutta risposta si poggiò alla sua coscia nuda.

    «Non farò tardi, Seth. Il tempo di farmi vedere, qualche giro di saluti e tornerò qui.»

    Lo rassicurò, ma quelle parole, lei sapeva, erano dirette più a se stessa. Si sollevò con un pesante sospiro, dopo un altro gattino al micione, la Caposcuola si diede un altro sguardo allo specchio.

    «Puoi farcela, Lily. E' solo un'ennesima facciata.»

    Uscì dalla sua stanza, ora toccava alla cosa più difficile: il tragitto fino alla Sala Grande. Qualche ragazzina del primo anno le sfrecciò davanti urlando, mentre ancora si stava aggiustando i bigodini in testa, qualche ragazzo stava usando il suo inalatore forse preda ad un attacco d'ansia. Erano tutti in visibilio e lei, invece, non vedeva l'ora che quell'evento già finisse.
    Si mosse fuori dalla Sala Comune, senza inciampare in una ragazzina che sveniva a causa di un invito andato a farsi friggere, quindi uscì nei corridoi e la cosa non migliorò: ovunque vi erano cavalieri e dame, gente che veniva accompagnata al ballo, ragazze che sembravano incontrare l'amore della propria vita.

    «Posso farcela.»

    Continuava a ripeterselo in mente, quasi fosse un mantra da seguire.
    Scese la grande scalinata e arrivò alle porte della sala grande. Socchiuse gli occhi celesti e tirò un grande respiro, prima di far ticchettare i suoi piedi sul pavimento della grande sala.
    Ammirò le decorazioni, guardandosi attorno, quindi si ritrovò a ridere per il vischio che gli altri anni aveva combinato fin troppi disastri al ballo.
    Si mosse lentamente, cercando di memorizzare tutte le immagini di quegli addobbi, essendo l'ultima volta che li avrebbe visti, quindi la prima tappa che avrebbe fatto sarebbe stata quella al baracchino della cioccolata calda, per prenderne una tazza.
    Si guardò attorno.
    Non c'era nessuno ancora di quelli che conosceva.
    Jessica, Lucas, Elisabeth, Cameron, Joshua, Blake, chissà se sarebbe venuto e con chi...
    Mentre cercava loro con li sguardi, si rese conto di come cercasse anche un altro volto che sembrava non essere ancora arrivato.
    Aggrottò la fronte e assottigliò lo sguardo, ma niente.
    Beh, c'era ancora tempo...
    Niente: entra in sala e prende una cioccolata calda che fa freddo, oh!
    Lilith Clarke

    "
    La cosa bella dei rapporto è che dimentichi come sono iniziati.
    "
    Dioptase, Caposcuola

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    Giada McCarthy Stundentessa

    "Parlato" - 'Pensato' - "Ascoltato"



    Era giunto il momento di arrivare a quello che era il ballo di natale, il ballo che tutti aspettavano nel castello. Chiaramente l'eleganza era alla base dello stesso, aveva pensato molto a come vestirsi per esso, e alla fine la scelta ricadde su uno degli abiti che preferiva del suo armadio, lo amava con tutta se stessa. Era un Abito di colore rosso e con uno stacco enorme nella parte inferiore. Poi il tutto era completato da un paio di Scarpe con tacco che erano di una nota marca babbana. Erano state uno dei suoi ultimi acquisti estivi e se le era portate con se proprio per il ballo e fare bella figura. Cosa poteva chiedere di meglio che poterle sfoggiare davanti a tutti in un occasione tanto bella e tanto importante? Quindi indossò tutto con cura e una grande attenzione cercando di non sgualcire nulla, iniziò da un reggiseno bianco che si nascondeva alla perfezione sotto all'abito e un intimo abbinato poi passò all'abito, la cosa più difficile era chiuderlo da sola, ma ormai aveva preso mano con abiti del genere e infine passò alle scarpe. Con Ben aveva fissato di trovarsi al di fuori della sala comune poco prima dell'inizio del ballo, così che potessero anche andare insieme alla festa e a tutto quello che poteva contenere la festa. A quel punto finita la preparazione si dette una sistemata anche ai capelli che si era lavata poco prima per essere perfetta, erano decisamente più lisci del solito e la cosa le piaceva. Quindi si portò alla sala comune dove si mise a sedere in attesa che arrivasse Ben. Nel frattempo gli mandò un messaggio per avvertirlo.

    Ehi, Ben. Sono pronta nella sala comune, dimmi quando ci sei che esco, non vorrei prendere troppo freddo con questo vestito. Scherzi a parte, appena ci sei esco. Ti aspetto qui al momento.

    Inviato il messaggio rimase in attesa.

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    Benjamin D' Angelo1 Giada aspetta Ben nella sala comune della sua casata, in attesa che arrivi per andare insieme alla festa in Sala Grande.


    Edited by Giada McCarthy - 2/12/2022, 23:15
     
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    Harry Wood
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    Finalmente l'attesa per il ballo era finita, aveva la sua compagna per la stessa festa, era Cassedy Hartmann. Con lei aveva fissato proprio alla Sala Comune della ragazza, di Ametrin. Gli sarebbe potuto entrare nella stessa, ma non era facile. L' abito scelto per la serata era un mix tra elegante e informalità, era quello che ci voleva per una bella festa di Natale come quella organizzata nella scuola. Un colore argento per il completo e una camicia scura di colore nero per completare il tutto. Sinceramente era un mix che trovava ideale per fare sia una bella figura che rimanere giovanile, poi quella sera sarebbe stato in compagnia di una bellissima ragazza e la cosa era importante. Dette un ultima occhiata verso lo specchio per vedere che tutto fosse perfetto, abito, capelli, e tutto quello che serviva. Quindi felice di come si era vestito e fatti gli abbinamenti era giunto il momento di andare ad aspettare la ragazza con la quale doveva andare alle festa. Era un cavaliere, anzi il cavaliere di Cassedy per la festa e la serata e voleva aspettarla davanti alla Sala Comune della casata di ella, quella di Ametrin. Tra le sue mani aveva un mazzo di rose rosse, era il minimo che potesse fare per una bella ragazza come lei. Fece diverse rampe di scale per arrivare davanti alla sala comune di Ametrin, chiaramente non poteva entrare, ma almeno era lì ad aspettare la ragazza ed entrare con lei alla festa, era il suo modo di fare e di essere. A quel punto le mandò un messaggio per avvisarla che era pronto e l'aspettava.

    Ehi Cassedy, sono qui fuori dalla Sala Comune di Ametrin, ti aspetto qui come avevamo detto qualche giorno fa. Sono molto curioso di vedere cosa hai scelto per questa bella festa. Ah, ho una piccola sorpresa per te. Harry.

    Quindi attese che la ragazza uscisse dalla propria Sala Comune per vedere cosa aveva scelto per la serata, si immaginava già che fosse fantastica.

    "Parlato" - 'Pensato' - "Ascoltato" | Scheda | Stat.
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    Harry arriva appena fuori dalla sala comune di Cassedy, Ametrin, e si mette ad aspettarla con un bel mazzo di fiori, di rose rosse, un regalo per lei.


    Edited by Harry Wood - 1/12/2022, 00:57
     
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    Ametrin
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    ? James Beauvais ?
    « La vita è un’enorme tela: rovescia su di essa tutti i colori che puoi.
    »


    Il Natale era una festa sempre presa sul serio dalla città dalla quale veniva, New York. La città era sempre splendida e piena di decorazioni, e soprattutto quel grande albero al centro di Times Square dava il vero senso delle feste. Quindi da una festa di Natale si aspettava sempre tanto seppur sapeva che come nella "grande mela" era quasi impossibile, voleva vedere la vera essenza di quello che era il Natale in quella giornata, in quella festa che amava. E la scelta iniziava sempre con l'abito della festa, avrebbe voluto usare un maglione in stile natalizio come si faceva a New York, nella grande mela, ma optò per un qualcosa di un po' più classico.



    Una giacca grigia, una camicia nera e un pantalone nero, il tutto unito a una scarpa elegante chiara per staccare dal colore scuro del resto del vestito, ci voleva un piccolo tocco di classe in ogni cosa. Un po' stile americano, un po' classico effettivamente. Controllò che fosse tutto al meglio addosso al suo fisico, poteva ritenersi soddisfatto. Lasciato il dormitorio si diresse verso la Sala Grande dove sperava di vedere un sacco di attrazioni. Di fatto non rimase deluso da cosa vide, un grande albero al centro della sala addobbato alquanto alla perfezione con palline di ogni casata, una trovata magnifica, un banchetto di cibo e bevande, una Pista da Pattinaggio, e tanto altro ancora che lo attirava molto. Era decisamente anche un piccolo american style dal suo punto di vista e apprezzava la cosa. La prima attrazione che scelse fu quella dove c'era una bella cioccolata calda, a vederla era magnifica, ma anche l'odore era spettacolare. Quindi iniziò a sorseggiare la stessa mettendosi a sedere su una panchina che non era lontana dal baracchino, la musica che scorreva era interessante e poteva essere l'anima della festa.

    ? Scheda Pg ? 16 anni ? Ametrin ? Ricco ?

    © psìche



    James arriva alla Sala Grande mettendosi a sorseggiare una cioccolata calda, se volete interagire con lui siete liberi di farlo.
     
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  7. Joshua B. Evans
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    Joshua Benjamin Evans
    Ametrin | 20 anni
    Se lo ricordava lui, quell'ultimo ballo.
    Ricordava di non aver invitato nessuno, di aver ballato con Elisabeth chiedendo in prestito una giacca elegante al primo ragazzo desideroso di andarsene da lì. Si era sfilato il berretto e si era arrangiato, come faceva da un'intera vita.
    In quell'occasione decise di fare le cose per bene e, seppur ancora privo di un'accompagnatrice, sapeva che avrebbe chiesto e concesso ben più di un unico ballo, probabilmente senza trascinare nessuno via dalla festa.
    Sarebbe meglio evitare, si disse mentre abbottonava la camicia pur lasciando il collo libero da quella costrizione. Nessuna cravatta né papillon ad adornarlo, nessun berretto a tenere a bada dei capelli che, seppur spettinati, conservavano una loro dignità almeno per la sera del grande evento. Un completo grigio sopra la camicia bianca quasi stonava con il ceruleo degli occhi, ma non gli era mai piaciuto indossare indumenti troppo scuri: il suo naturale pallore lo avrebbe fatto rientrare per diritto di nascita tra i membri della famiglia Addams.
    Infilò la giacca e si diede un'ultima occhiata allo specchio, passandosi una mano tra i capelli e poi su quella mascella priva di barba, un espediente che gli aveva fatto guadagnare almeno un paio d'anni.
    Sospirò e diede le spalle allo specchio.
    Era pronto.

    Manto stellato a coprire il magico soffitto della sala, stuzzichini appetitosi sui tavoli disposti sul perimetro dell'arrangiata pista da ballo, alcol vietato agli studenti.
    Fino a quel momento tutto ok, pensò Josh nel sostare sulla porta d'ingresso, mani in tasca e intento a spostare il peso da una gamba all'altra. Per qualche strano motivo si sentiva agitato.
    Si portò una mano chiusa a pugno davanti alle labbra e si schiarì la voce, prima di avviarsi verso uno dei tavoli e afferrare il primo di una lunga fila di bocconi, preludio essenziale per avviare un qualsivoglia approccio.
    Non aveva qualcuno di preciso con cui cominciare, furono gli altri a scegliere per lui: una ragazza dai capelli lisci e un vestito nero attirò la sua attenzione al carretto della cioccolata calda. Aveva visto il suo volto per un frangente e l'aveva riconosciuta.
    Un appuntamento che non era riuscito a rispettare per via dell'eccessivo carico scolastico che aveva dovuto recuperare. Forse avrebbe potuto attribuire a questo la colpa di quelle lievi ombre violacee sotto gli occhi.
    Abbandonò il bicchiere di succo di zucca sull'angolo del tavolo, ingoiò il tortino di carne e si indirizzò verso Lilith Clarke, che non vedeva da tre anni e che sembrava essere sbocciata al pari di Elisabeth.
    "Dio, in questa scuola non si allevavano streghe ma dive del cinema".

    «Sono di un ritardo incommensurabile.» Le sussurrò alle spalle, a pochi centimetri dall'orecchio destro. Una voce divertita a rammentare il loro ultimo scambio sui social.
    «Ma anche il tuo cavaliere.»
    Infilò le mani in tasca e saltellò sul posto, rivolgendole un sorriso in attesa che si voltasse a guardarlo. Si era alzato di qualche altro centimetro, ma la differenza tra loro era ridotta a causa dei tacchi di lei.
    «Possiamo parlare nell'attesa?»
    Aveva le parole di Blake stampate nella mente, ma prima ancora aveva voglia di ritrovare un po' di quel vecchio legame che lo aveva associato a quella ragazza, che ne aveva passate tante - troppe - per la sua età.
    Inclinò appena il capo di lato. «Ciao, Clarke.» Lo disse con un sorriso e una dolcezza nel cuore che quasi lo sorprese.


    Josh entra in sala con un completino grigio, da bravo bimbo, e camicia bianca. Mangiucchia e si guarda intorno, per poi andare da Lilith per salutarla.

    RevelioGDR


    Edited by Joshua B. Evans - 1/12/2022, 14:49
     
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    Black Opal
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    Aveva considerato a lungo la possibilità di saltare a piè pari quella serata e restarsene nella sua camera. In Corea del Sud il Natale non era mai stata una festività così eccezionalmente sentita come lo era in Occidente e, in genere, aveva sempre dedicato ai festeggiamenti il tempo di una sola giornata.
    Non era dunque abituato a tutto quello sfarzo né a tutta l'emozione che derivava dal prendere parte ad eventi del genere.
    Tuttavia, la sua presenza in Sala Grande quella sera voleva essere un tentativo di acclimatarsi ad una delle tante cose alle quali non riusciva ancora a dare un senso. Ma semplicemente perché erano troppo lontane da lui e dalla sua cultura per poterle comprendere.
    Questo era stato in larga parte il motivo per il quale non si era degnato di invitare nessuno quella sera. Non poteva immaginare quanto importante potesse essere quell'evento - e quel periodo in generale - per i suoi compagni di scuola, compresi quelli ai quali aveva avuto modo di avvicinarsi almeno un po'.
    La sua non aveva voluto essere una mancanza avuta di proposito, semplicemente per lui quello era un giorno come un altro. Peccato che quel suo atteggiamento avrebbe potuto lasciare campo libero ad una sfilza di interpretazioni che non erano da biasimare.
    Quando il taglio affilatissimo dei suoi occhi si posò sulla sala addobbata, non riuscì a fare a meno di stupirsi per l'attenzione che era stata messa nell'organizzazione di quella serata. Non che non avesse mai partecipato a delle feste in vita sua, ma sicuramente niente del genere.
    Mahoutokoro era sempre stata più sobria da questo punto di vista.

    No, non l'ho vista e non so dove sia, Andor.

    Venne immediatamente assalito dal concasato che più di tutti lo stava tampinando nell'ultimo periodo: Miguel Andor. Non riuscì a fare a meno di fulminarlo con lo sguardo, mentre inchiodava il passo all'ingresso della sala e nascondeva le mani nelle tasche del pantalone nero che indossava.
    Nero come la giacca, il dolcevita e i chelsea boots che completavano il suo outfit di quella sera.

    Sei ossessionato, ti servirebbe un hobby.

    Suggerì, con un tono di voce talmente pacato da riuscire a nascondere la velata offesa che stava cercando di rivolgergli. Il ragazzone latino, dal canto suo, sembrava in piena frenesia. Continuava a guardarsi attorno con una foga tale che pareva quasi che stesse per svitarglisi la testa dal collo.
    Sembravano uno la nemesi dell'altro: Miguel così eccezionalmente colorato nel suo abito di un rosso acceso e cangiante affiancato al sud coreano che, invece, era calato in un abbigliamento total black che ne metteva in risalto i tratti affilati.
    Mentre uno continuava a muoversi con movimenti ampi e fastidiosi, l'altro se ne stava piantato a terra a scrutare tutto ciò che aveva davanti, sperando intimamente di riuscirsi a liberare dell'esuberante Black Opal per concedersi un drink. Ma il danzatore di salsa per eccellenza non sembrava intenzionato a lasciarlo in pace, tant'è che appena si mosse, quello prese a seguirlo come un'ombra.
    Sospirò profondamente, socchiudendo ancor di più le palpebre sugli occhi neri, e tornò a fermarsi solo dopo aver raggiunto una delle tavolate. Afferrò una pizzetta e tornò a fronteggiare il resto della sala, sollevò dunque lo stuzzichino che aveva trovato, ma fu nel compiere quel movimento che adocchiò Lilith nel suo campo visivo, ad una scarsa quindicina di passi da loro.
    Bloccò il braccio a mezz'aria, mentre il sopracciglio destro invadeva la fronte in una smorfia tanto sorpresa quanto un filo, inspiegabilmente, infastidita.

    Chi è quello?

    Non un commento circa la Dioptase, solo un quesito a sollevarsi in direzione di Andor che intanto si era ficcato in bocca una quantità spropositata di gambi di sedano.

    Fofhua Efanf. Amefìn.

    Non ci aveva capito un accidente, in verità, tant'è che serrò la mascella irrigidendosi e sbuffando anche sonoramente dalle narici.

    Chi?

    Il suo invito a ripetersi dovette aspettare il lasso di tempo utile a Miguel a deglutire, voltarsi e rendersi finalmente conto che la sua adorata Lilith era in compagnia di qualcun altro.

    Joshua Evans, Ametrin. E che ci fa con lei?!?!?

    L'ululato di Andor lo infastidì talmente tanto che dovette abbandonare la scenetta che si stava consumando poco più avanti per dirigere lo sguardo sul compagno e trafiggerlo per qualche lungo istante, invitandolo tacitamente a non alzare troppo la voce.

    Non urlare.

    E a quel punto non riuscì più a comprendere se il fastidio che stava provando fosse per la voce intollerabile del Black Opal o per quell'inattesa parentesi alla quale si era trovato ad assistere. Prese un profondo respiro, mentre mentalmente non potè fare a meno di domandarsi per quale ragione si sentisse a quel modo.
    Il fatto di non riuscire a capirsi lo infastidì ancora di più, se possibile.
    Torse il busto e abbandonò la pizzetta intonsa nello stesso vassoio dal quale l'aveva recuperata, ripulendo rapidamente le dita dall'olio così da poter tornare a nascondere entrambe le mani nelle tasche.

    C'è qualcosa di decente da bere?

    Che non fosse succo di zucca, probabilmente.
    Joo-hyuk
    Kwon

    "
    If I was you, I'd wanna be me too.
    "

    black opal - I anno

    code by ©#fishbone



    Arriva in sala e viene accalappiato dal fantastico Miguel Andor. Poi adocchia Lilith e Joshua, mentre Miguel strilla di dolore per la sua amata in compagnia di un altro, quindi cerca da bere qualcosa di forte che non troverà.
     
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  9. Deva L. Lestrange
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    ballo
    Deva L. Lestrange
    Black Opal | 16 anni
    Tetro.
    Una parola in grado di esprimere il suo stato d'animo in quell'esatto momento. Aveva atteso il ballo scolastico con l'entusiasmo di un bradipo, ma aveva accettato di buon grado di prendervi parte perché questo si aspettava da lei la sua famiglia. Non certo perché le facesse piacere.
    Il confine tra dovere e piacere era tuttavia molto labile nella sua esistenza, ché aveva iniziato a confonderli senza neppure rendersene conto, non riuscendo a delineare dove finisse lei e iniziasse ciò che i suoi genitori pretendevano dal suo divenire, dal ritratto impeccabile che avevano di lei e a cui il mondo avrebbe dovuto imparare a guardare.
    Indossò quell'abito di raso rosso esibendo una generosa scollatura su entrambi i lati, pur restando ben lontana dalla volgarità che non poteva intaccarla neppure per sbaglio, al pari di una macchia indelebile che non poteva permettersi. Privo di spacchi, l'abito scendeva morbido sulle gambe sottili di Deva e sfiorava il pavimento poiché sollevata da tacchi considerevolmente alti che le permettevano di superare di poco la media femminile del castello.
    I capelli sciolti sulle spalle incorniciavano il pallore del viso, lo stesso accentuato da labbra purpuree, e un lieve contorno nero arricchiva lo sguardo glaciale.
    Si osservò con crudele attenzione, pronta a essere la peggior critica di se stessa. E quando si disse sufficientemente soddisfatta, indossò il profumo e si chiuse la porta alle spalle, sigillando in ogni modo possibile quel pre-serata.

    Giunta nella sala a tema, Deva si costrinse non tanto a sorridere, quanto per lo meno a non sbuffare. Non sarebbe stato elegante.
    Bruciò l'attesa sciogliendo il nodo che manteneva il mantello sulle spalle scoperte e lo lasciò scivolare sulla prima sedia disponibile incamminandosi verso il carretto della cioccolata calda, lì dove si estendeva una discreta pista di pattinaggio su cui non avrebbe messo piede neppure se l'avessero costretta. La bacchetta non era con lei, ma sapeva come tirar fuori le unghie.
    Solo dopo qualche attimo si rese conto di trovarsi in prossimità di uno dei Capiscuola di Hidenston, tale Lilith Clarke. Deva non la conosceva affatto, ma l'aveva sentita nominare a Elisabeth una volta o due, prima di imparare a memoria i connotati del suo volto per poterla riconoscere nei corridoi. Ne aveva sentite cose su di lei, e i segreti erano ciò che più la stuzzicava al mondo.
    Non si mosse né disse altro, afferrò un bicchiere di cioccolata calda naturalmente fondente, senza zucchero né panna ad addolcirne il forte sapore, e ascoltò.
    Non aveva idea di chi fosse il ragazzo che le si era avvicinato, ma per il momento non aveva nulla di meglio da fare che restare a scoprirlo senza concedere loro più attenzione del dovuto, almeno all'apparenza.

    Deva si prepara - look nell'immagine del code role - e si piazza vicino a Lilith e Josh ad ascoltare facendo finta di nulla.

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    Erin Brighid MurphyAmetrin

    Quella era indubbiamente una delle poche cose a cui Erin Murphy non avrebbe mai potuto fare l’abitudine. Occasioni formali, abiti scomodi, tacchi così sottili da minacciare l’incolumità delle caviglie meno allenate, e troppi pezzi di passato concentrati in un’unica sala paradossalmente troppo piccola, per quanto immensa potesse rivelarsi allo sguardo.
    Percorse scale e corridoi con la prudenza di chi ha appena imparato a camminare, cercava almeno di tenere alto il mento e dritte le spalle, ma le onde svolazzanti dell’abito e la poca discrezione di quest’ultimo non le rendevano facile l’abitudine a passare inosservata.
    L’aveva scelto per lei la commessa della boutique, insistendo su come quella miriade di diamantini avrebbero brillato sul suo incarnato diafano, incendiando se possibile ancor di più la folta chioma rossa definita in boccoli a dir poco perfetti. L’averli tenuti completamente sciolti sulle spalle le conferiva quella minima sicurezza in più, certo non sufficiente a rallentare la tachicardia, ma utile almeno a farla sentire minimamente se stessa in mezzo ad uno sfarzo che mai prima d’allora aveva potuto contemplare in vita sua.
    Entrò da sola nella Sala Grande, indugiando qualche istante di troppo sull’uscio senza voler cercare niente e nessuno con lo sguardo. Non si era davvero aspettata un invito ufficiale, lei e Joshua viaggiavano su binari lontanissimi da convenzioni di quel tipo, eppure in quel momento non poté fare a meno di chiedersi se fosse pronta a vederlo lì in compagnia di qualcun altro. Hidenstone era pregna di storia, per lui, trascorsi che per quanto addormentati dovevano ancora potersi dire vivi e svegli, ombre in un armadio che forse Erin non era davvero pronta a spalancare.
    Si impose almeno di non puntare gli occhi sui propri piedi, immettendo nei polmoni tutta l’aria necessaria a riossigenare il cervello, quindi selezionò qualche attività apparentemente interessante per concentrarvi tutta la propria attenzione.
    Non aveva mai visto una pista di pattinaggio natalizia, prima d’allora. In effetti non aveva mai visto niente di tutto quel che riempiva la sala, per lei il Natale non aveva mai significato festeggiamenti o magie di sorta, solo la più triste routine in una famiglia disfunzionale che a stento si accorgeva delle più usuali convenzioni.
    Con una luce tutta nuova negli occhi, quindi, scelse di puntare proprio a quella distesa di ghiaccio per cominciare, una mera speranza di intrattenersi nell’arco di una serata che minacciava di rivelarsi più lunga di quanto voluto.
    Fu sulla strada che incrociò la figura inequivocabile di chi già una volta l’aveva salvata dal disagio più tipico di ogni novellino. Le mani affondate nelle tasche e le labbra a formulare una domanda dalla risposta tristemente prevedibile.
    «Se mi fai da spalla provo a corrompere qualche veterano.» Affiancò Joo-Hyuk continuando a guardare avanti. «Sono sicura che la maggior parte accetti di partecipare solo armato di sostanze forti.»
    Un sorriso a distendere le labbra carnose, tinte di un rosso acceso per l’occasione, mentre gli occhi finivano sul viso del coreano offrendogli la vista su ogni fremito interiore che le stava agitando le viscere. Un libro aperto. Come sempre e più che mai.
    Fu allora che un magnete invisibile catturò il suo sesto senso - o forse solo il campo visivo più prossimo - rivelandole proprio alle spalle dell’Opal una scena che ebbe il potere di farle venire una sola, singola, sfiancante vertigine.
    La figura di Joshua Evans spiccava in lontananza da dietro Kwon, avvolto in un completo che lo vestiva spaventosamente bene, delicato e sfrontato come l’anima di chi lo indossava. Non fu tanto il vederlo impegnato a poca distanza in una conversazione con la Caposcuola Dioptase, né la più prossima vicinanza dell’Opal dagli occhi da gatta, quanto più il semplice saperlo presente senza che gliene avesse fatto parola. Parlavano di tutto, in genere.
    Deglutì, mandando giù il sospetto che le prime ombre iniziassero a svincolare dagli spiragli dell’armadio, cercando di ignorare quella martellante sensazione di non essere voluta lì, di non dover vedere, sentire, o anche solo conoscere i pensieri più superficiali dell’unica persona che di lei invece conosceva sempre tutto.
    Distolse lo sguardo solo per tornare a puntellarlo su Joo-Hyuk, ostinata e più trepidante di prima.
    «Sai pattinare?»
    Gli avrebbe rivolto un cenno che indicava la pista, ma le gambe ormai non le avrebbero più concesso di starsene ferma nella stessa posizione per più di tre secondi filati, così - a prescindere dalla risposta dell’altro - Erin si sarebbe avviata a grandi passi verso la distesa ghiacciata, ringraziando gentilmente l’elfo che le offrì un paio di pattini per poi varcare l’uscio della recinzione come il più splendente e fiero fiocco di neve incendiario.


    RevelioGDR

    Arriva da sola, intercetta Joo-Hyuk poco prima di notare Joshua circondato da femmine (?), quindi propone al primo una pattinata.
     
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    "Parlato" - 'Pensato' - "Ascoltato"

    Cercare volti conosciuti a quel ballo stava diventando davvero una noia. Alla fin dei conti di conoscenze ne aveva fin troppe e ogni volto pareva ormai troppo familiare. Quello che realmente cercava era qualcuno che potesse almeno un attimo affievolire quel senso di inadeguatezza che aveva addosso, trovandosi da sola a sorseggiare quella cioccolata calda che pareva addirittura troppo dolce per essere assaggiata dalle sue labbra, colorate di un rosso molto acceso, quasi a voler cozzare con il restante del suo abito dalle tonalità elgantemente scure.
    Già ne aveva abbastanza e non aveva ancora superato la prima decina di minuti, aveva promesso a Seth che sarebbe tornata il prima possibile e per lei quello poteva già essere il prima possibile. Giusto il tempo di salutare Jessica e augurarle una buona serata, poi tra un ballo e l'altro, non appena l'amica sarebbe stata distratta, sarebbe sgusciata fuori da quel ballo fino a prendere una boccata d'aria sana.
    Almeno, questi erano i suoi programmi.
    Era poggiata al parapetto, con in mano la sua tazza fumante, con cui ogni tanto si inebriava il respiro, cercando di comprendere quando fosse il momento giusto di berla senza che si bruciasse. Distratta dalla pista di pattinaggio, Lilith non si accorse minimamente dell'arrivo dell'Ametrino che era ormai un fantasma nei suoi ricordi da circa tre anni.
    Raddrizzò la schiena a quel sussurro, quindi le rosse si mossero ad addolcirsi in un sorriso, mentre lo sguardo piano si muoveva a cercarlo con la coda dell'occhio, per scorgerne appena il profilo.

    «Se ti avessi aspettato lì, sarei invecchiata nella speranza, Evans

    Scivolò appena la lingua su quel cognome, con un tono che era un connubio perfetto tra il divertito e l'offeso. Si girò lentamente, facendo cadere le iridi celesti sull'intera figura dell'ametrino, trovandolo piuttosto elegante. Si soffermò solo quando l'analisi arrivò all'altezza dei suoi occhi, che si sarebbero flessi in conseguenza di quelle labbra che sorridevano enigmatiche.

    «Hai mai sentito parlare di emancipazione, Evans? La liberazione dalle restrizioni tradizionali? Bene, hai davanti a te una delle migliori streghe emancipate di tutta Hidenstone.»

    Lo disse con un pizzico di saccenza, quel poco che bastava per rendere credibile l'idea che avesse scelto di andare al ballo da sola.

    «Ciao, Evans.»

    Il calore che impresse in quel saluto convenevole fu quasi stupefacente, era come se avesse appena ritrovato almeno una delle facce che potevano strapparle una minima percentuale di quel senso di inadeguatezza che provava a star lì da sola.
    Non rispose alla domanda se potessero parlare o meno, forse perché ritrovò più importante salutarlo, quando il cristallo dell'altra sciovolò oltre la sua spalla, solo per un frangente di troppo, riconscendo due volti ben noti alla Dioptase: Andor e Kwon.
    Si distrasse momentaneamente da Joshua, per cercare di capire cosa stavano facendo.
    Davvero Kwon aveva preferito accompagnare Andor al ballo, piuttosto che lei? «Allora avevo ragione che aveva fin troppe attenzioni per il messicano, quella notte...» pensò l'altra, riscoprendosi quasi infastidita dalla cosa. Il ghiaccio si attanagliò per qualche attimo di troppo sul primino, lasciando che lui notasse il freddo del suo sguardo, prima che lei stessa ci tenesse a mostrargli come - lentamente - avrebbe discostato la vista da lui, per concederla nuovamente all'Ametrin che aveva davanti.

    «Possiamo parlare quanto vuoi, non c'è nessun cavaliere da attendere. Mi fa piacere che tu sia tornato, Josh e, devo ammettere, in forma smagliante per questo ballo.»

    Fece indietro il capo, facendogli notare con un sorriso che lo stava osservando da capo a piedi; aveva scelto un ottimo accostamento di colori, non c'era che dire, e soprattutto apprezzava la mancanza del cappellino sulla sua testa, lo rendeva meno pazzo psicopatico maniaco stalker (?).

    «Ma, piuttosto, come mai senza dama?»

    Adesso la curiosità non poteva essere spenta, visto che non sembrava l'unica ad essere emancipata, in quel momento. Tuttavia, mentre le parole e la conversazione erano rivolte a Joshua, completamente, di tanto in tanto, lo sguardo dell'altra si spostava a notare i movimenti del coreano, trovandosi a fare i conti con una scena che non aveva minimamente calcolato. Chi era quella ragazzina che si era avvicinata al Black Opal? Che fosse lei l'accompagnatrice e non Andor? Per quanto il messicano fosse entrato fianco a fianco del coreano ed era sicuramente più plausibile che fosse il suo accompagnatore, o almeno era lei a sperarlo.

    «Com'è stato il rientro in questa scuola? E soprattutto... come stai

    Ancora una volta si constrinse a posare lo sguardo di Joshua, domandandogli quello che realmente preoccupava la sua presenza lì: le condizioni dell'altro.
    Intrattiene conversazione con Joshua B. Evans concedendosi qualche lancinante sguardo a Joo-hyuk Kwon e non facendo caso a Deva, troppo presa a dover capire mille situazioni.
    Lilith Clarke

    "
    La cosa bella dei rapporto è che dimentichi come sono iniziati.
    "
    Dioptase, Caposcuola

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    "Parlato" - 'Pensato' - "Ascoltato"

    Emancipazione.
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    Tutto questo che stava avvenendo in quella sala, non era decisamente all'altezza di Gyll. No, la ragazzina aveva cercato di rendersi il più normale possibile, indossando uno degli abiti che Jessica le aveva regalato, bocciandole quello che aveva comprato lei, dove sembrava un albero di natale con anche le lucine ad intermittenza e aveva addirittura tirato su i suoi biondi capelli in due trecce che partivano dal basso e finivano in due chiocciole sul capo, così da avere il volto libero da ogni filamento color paglia. Anche il make up non era esagerato, aveva voluto risaltare i suoi occhi, lasciando comunque tonalità neutre a fare da protagoniste, eccezione fatta per il tocco di luce che aveva posto sugli occhi, brillantini che ne illuminavano lo sguardo, mentre sulle labbra aveva scelto delle gradazioni tenue, così da non attirare troppo l'attenzione su di lei. Non aveva la minima intenzione di essere osservata da nessuno, per questo motivo aveva cercato di rimanere anonima e di andare al ballo con... Pixie.
    Sì, il panda rosso che le faceva ormai da migliore amica, confidente e cuscino su cui piangere, quel giorno sarebbe stato anche la sua accompagnatrice per il ballo, in barba a tutte le leggi tradizionali dove il cavaliere dev'essere un ragazzo e che abbia due piedi. Lei aveva scelto una femminuccia e con due zampe e molto pelosa.
    L'unico problema fu che quando Pixie arrivo nella Sala Grande, qualcosa andò storto...

    Rewind

    Erano giorni che stava in ansia per quel ballo e più pensava a cosa indossare, più la mezza-veela sentiva che non andava bene niente di quello che aveva, soprattutto dopo che Jessica le aveva detto di dover indossare qualcosa che non la rendesse una bambina, perché ormai lei non lo era più. E questo era anche vero, però...
    Qualche giorno dopo, trovò sul suo letto un pacco morbido, con un bigliettino sopra. Pixie lo stava annusando, lei invece pensò a leggere il biglietto.

    «Ecco, dovrebbe starti. E' tuo.»

    Gyll prese il vestito e lo guardò. Forse era un po' troppo per lei ma poteva darsi una possibilità e rendersi un po' più donna a quell'evento.

    «Pixie, quest'anno verrai con me al ballo, in barba a tutti i cavalieri che potrebbero esserci! Io e te saremo splendide.»

    Si gettò sul letto afferrando la panda, quindi la sollevò e la guardò.

    «Però devi fare la brava, cerchiamo di non farci riconoscere. Niente assalti al cibo e niente cose... strane. Ok?»

    L'animaletto la guardò un po' stranita, ma sembrò accettare quelle coccole che la ragazza le fece poco dopo, quindi se ne stette.
    Era arrivato il giorno del ballo e lei si era intrufolata in quel vestito come mai aveva fatto prima d'ora. Quasi ci stava rimanendo impiccata, uscendo prima dal buco delle ascelle, poi infilandoselo al contrario, insomma, dopo mille peripezie, era giunta nel buco giusto (?) ed era uscita da lì, facendo cadere i veli di quell'abito celeste addosso al suo corpo, come se fossero stati cuciti per lei.
    Si guardò allo specchio e sotto la gonna, Pixie sollevò il lembo, guardandola anche lei allo specchio squittendo.

    «Tu dici? Io mi sento strana.»

    Quindi il panda sgusciò fuori e spinse anche le scarpe che aveva trovato con il pacco dell'amica, osservandole. Quanto ci avrebbe messo a cadere da quelle? Non tanto dai, sui tacchi non era poi così male. Forse.
    Beh, era pronta, no?
    Giusto una sistematina ai capelli...

    Presente.

    Dicevamo, qualcosa andò storto e Pixie sembrò non mantenere proprio la sua promessa da panda rosso riguardante il non attirare l'attenzione su di loro, infatti con il suo cappellino a molla con sopra una stella cometa, Pixie pensò bene di sgambettare verso il tavolo del cibo e rubare qualche pizzetta, prima di scendere e correre verso...

    «No, Pixie, lì no.»

    La mezza-veela arricciò il tessuto del suo vestito, fino a scoprire le gambe fino ai polpacci e iniziò a correre verso la pista di pattinaggio, fermandosi proprio al baracchino del cioccolato, dove si fermò a guardare a destra e sinistra che fine avesse fatto il suo animaletto.

    «Un disastro, lo sapevo.»

    Non notò Lilith e Joshua, ben intenta a cercare dove fosse invece Pixie. Finì per arrivare accanto ad una ragazzina del primo anno, che aveva visto girovagare poco per la Sala Comune, non che fosse molto attenta a chi entrasse ed uscisse di là.

    «Hai visto un---»

    Proprio mentre stava rivolgendo parola a Deva, alle sue spalle vide scivolare a pancia in giù il panda rosso. Sgranò le iridi e le puntò sulla ragazzina.

    «Dimmi che sai pattinare, ti prego

    I suoi occhi si fecero languidi e il volto erano contrito da una strana espressione imbarazzata, mista al disagio totale.
    Chiede aiuto a Deva L. Lestrange per recuperare Pixie che ha deciso di pattinare a pancia in giù sul ghiaccio.
    Gyll McKenzy

    "
    Non puoi attraversare la vita, cercando di non farti male.
    "
    Black Opal, III anno

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  13. Joshua B. Evans
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    Joshua Benjamin Evans
    Ametrin | 20 anni
    Ignorarla sarebbe stato impossibile anche se si fosse imposto di farlo, nell'ipotetica finzione in cui una cosa del genere fosse stata ammissibile.
    Nessuno di loro era realmente se stesso in simili circostanze, o almeno questo si era ripetuto l'Evans nell'indossare quella camicia, mentre gli occhi chiari sondavano con malcelato disdegno il completo elegante. Eppure, ciò che Josh non riusciva a considerare, era che forse proprio in quelle serate alcuni di loro approfittavano delle circostanze per sbocciare come avrebbero voluto fare tempo addietro.
    Non riuscì a considerare Erin inadatta a quel vestito. Non poté neanche solo immaginare che non fosse tagliata per quegli eventi o che non le appartenesse abitualmente il fascino che quella notte la rendeva un diamante in quel mare di pietre preziose.
    Deglutì senza trovare il coraggio di dirle nulla, non ancora, distogliendo lo sguardo da lei e dal suo accompagnatore. Si accorse solo in quel momento, tornando con lo sguardo su Lilith, di non averle detto che avrebbe partecipato al ballo. Non seppe dire però se quella mancanza fosse stata causata dai pensieri invasivi di Elisabeth, Jesse, Blake, Lilith e tanti altri o dal bacio che la rossa si era scambiata con Nathan King poche settimane prima davanti a lui.
    Forse avrebbe sciolto il nodo quella stessa sera. Forse sarebbe rimasto col dubbio per sempre, limitandosi a domandarsi chi altri fosse il ragazzo che l'accompagnava.
    Tornò a studiare il volto di Lilith, confermando quelli che fino a un attimo prima erano parsi solo ragionevoli dubbi: era cresciuta, cambiata davvero e in meglio.
    «Nessun cavaliere...» Soppesò quelle parole con cura, perché, per quanto sbadato e neutrale a volte potesse sembrare, Josh era molto attento a ciò che gli capitava intorno. Non aveva ignorato il modo in cui l'amica aveva deliberatamente spostato lo sguardo su qualcuno dietro di lui, ed era stato così che aveva notato Erin.
    Sorvolò sul fatto che non fosse stata Lilith l'unica a beneficiare di quel momento, saggiando la superficie su cui avrebbe spinto la lama lievemente più in profondità, laddove l'altra glielo avesse concesso.
    «C'è qualcuno che vorresti salutare?» Le domandò con aria divertita, lo sguardo che studiava ogni sua più misera reazione. Più che salutare, probabilmente la Dioptase avrebbe voluto strangolare chiunque fosse lo sfortunato ricevente di quello sguardo.
    «Sto una meraviglia e il rientro è stato... traumatico. Sai, con tutte le novità da recuperare.»
    Lasciò in sospeso quell'ammissione che tanto sapeva di provocazione, prima di avvicinarsi all'altra affinché solo lei potesse sentire.
    «Per esempio il fatto che non stai più con Blake.»
    Ricordava parola per parola la conversazione avuta il giorno del rientro a Hidenstone con il nuovo Prefetto dei Black Opal e ancora faticava a credere di non vederli più assieme come prima. Un bel cambiamento, per quanto plausibile dopo tre anni. Raddrizzò la schiena e si guardò intorno, fingendo di non focalizzarsi affatto nel punto esatto in cui Erin parlava con lo sconosciuto.
    «Gli ho detto che è stato uno stronzo o una cosa simile. Tanto per la cronaca.»
    Ma era pur sempre Blake, il ragazzo di cui - da quanto ricordava - Lilith era stata molto, troppo innamorata. Nella sua mente era come se la ragazza avesse dovuto aspettarselo, ma ebbe il cuore di non dirlo.
    «Senza dama posso ballare con chiunque e, se sei dell'idea, potrei chiederti il primo ballo.» Le allungò il gomito sinistro affinché lei lo afferrasse, con l'idea di condurla sulla pista per abbandonare visuali e ossessioni che quella sera avrebbero dovuto concedere loro per lo meno di respirare.
    «Lascio a te la scelta, donna emancipata
    E sorrise.

    Parla con Lilith e la invita a ballare - via al gossip! Vede Erin e... boh tante cose interiori (?).

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    Black Opal
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    Tra le tante cose che non aveva considerato c'era il fatto che, mentre lui ignorava il significato ed il prezzo di quella serata, altri invece conferivano a quelle poche ore un valore inestimabile. Almeno dal loro punto di vista, che era quello di adolescenti in preda a chissà quale baraonda emotiva.
    Inviti fatti più per ripicca che per piacere, malumori dovuti ad intrecci impensabili e chissà quanti altri meccanismi troppo lontani da lui per essere concepibili.
    La presenza di Miguel Andor al suo fianco non faceva altro che incrementare il suo senso di inidoneità alla situazione. Si stava sforzando, ma il latino gliela stava rendendo davvero complicata. Dovette infatti cercare di escludere la sua voce petulante per provare ad analizzare la situazione che gli si era parata davanti.
    Dovette cominciare a fare i conti con il fatto che Lilith gli stava lì davanti in compagnia di qualcun altro e si ritrovò a domandarsi per quale motivo non gli fosse passato per la testa di provare ad invitarla quella sera.
    Mostrarsi in giro in sua compagnia non era nei suoi piani, eppure la Dioptase gli aveva inondato i pensieri per giorni a seguito dei loro incontri. Non che non volesse approfondire la sua conoscenza con lei, ma subconsciamente aveva forse dato per scontato che l'altra avesse già un accompagnatore.
    Il rischio di beccarsi un "no" dritto in faccia non sarebbe stato tollerabile.
    Erano state troppe le variabili ad accavallarsi in quell'ultimo periodo, quindi lasciar perdere completamente l'idea di recarsi al ballo con qualcuno era stata la soluzione più semplice da adottare.
    E la situazione alla quale stava assistendo gli diede ragione: la mora era già con qualcuno, quindi lui si era matematicamente evitato una figura di merda colossale.
    Peccato che, in realtà, l'equazione non fosse proprio quella che aveva immaginato lui.

    Evidentemente sono insieme stasera, sì.

    Senza neanche provare a nascondere il tono di voce seccato, si rivolse a Miguel nel tentativo di placare il suo ciarlare a riguardo di Lilith in compagnia di Josh Evans. Il ragazzone gli stava rendendo quell'esperienza ancora più pesante di quanto non fosse già.
    Fu in quell'istante che avvertì le iridi glaciali della Caposcuola stridere contro il suo viso. Agganciò i suoi occhi dalla distanza e ne sorresse lo sguardo per una manciata di interminabili istanti.
    Avrebbe potuto giurare di aver letto un po' di risentimento in tutto quell'azzurro, ma non seppe spiegarsi il perché. Dopotutto lui era lì con Miguel Andor, che non era il suo accompagnatore, mentre lei era lì con Joshua Evans.
    Quindi? Cosa l'aveva messo nella posizione di meritarsi quella stilettata?
    Cominciò a spostare lo sguardo verso altri lidi solo per la necessità che avvertiva di bere qualcosa di decente e togliersi dalla testa lo sguardo algido della mora, quindi non prestò particolare attenzione al fatto che qualcun altro gli si stava avvicinando.
    Fu il profumo di Erin, prima ancora che la sua figura, ad aggrapparsi ai suoi sensi, portandolo a voltare il capo cercando con gli occhi affilati la fonte di quella fragranza.
    Nel processo, fulminò Andor con lo sguardo, portando il ragazzo a dileguarsi di lì a qualche breve istante così da potersi crogiolare nel dolore di non essere in compagnia della Clarke, quella sera.

    Ho le spalle multifunzione, nel caso. Nascondiglio, muro del pianto, muletto...

    Rispose al suo sorriso con l'angolo destro delle labbra che si arricciò in un ghignetto divertito, quindi estrasse entrambe le mani dalle tasche del pantalone solo per accostare i palmi alle cosce e piegare poi il busto in avanti, in un cortese quanto breve inchino alla volta di lei.
    Certe abitudini che si portava dietro erano dure a morire, ma la compagna ormai avrebbe dovuto esserne più che consapevole dopo tutti quei mesi trascorsi tra le mura dello stesso istituto.

    Mi sa che di forte, da queste parti, c'è solo la mia voglia di bere.

    Aggiunse, tornando ad affondare le mani nelle tasche e percorrendo con lo sguardo la stessa traiettoria degli occhi di lei. Non poteva essere sicuro di aver inchiodato le attenzioni esattamente dove le aveva dirottate anche lei, quindi nel ritrovasi l'oggetto del suo fastidio di nuovo a portata di mano arricciò le labbra in una smorfia molto poco divertita.
    Non commentò in alcun modo, tornando a guardarla per permettersi così di liberare la mente e concentrarsi su ciò che aveva davanti. Non potè fare a meno di focalizzarsi sull'eccezionale contrasto che le ciocche rosse di lei creavano a contatto con la trama del vestito. Veniva da una terra dove i colori di Erin non esistevano, almeno non in natura.
    Non era abituato alle rosse né alle bionde, così come non era abituato all'ipnotico movimento di labbra dipinte voluttuosamente di rosso.
    Mentre l'altra si martoriava in silenzio alla vista di Josh con qualcun altro, lui si prese il tempo per distrarsi dal ricordo del sapore di Lilith, restando magnetizzato sulla visione della bocca di Erin che riposava nel suo doloroso silenzio di contemplazione.

    Certo.

    Si affrettò soltanto ad aggiungere, in risposta alla sua domanda, vedendosi costretto a sbattere le palpebre un paio di rapide volte mentre la rossa spariva dal suo campo visivo dirigendosi fin troppo velocemente verso la pista di pattinaggio.
    Non potè fare a meno di maledirsi mentalmente per il suo ennesimo momento di black out.
    Gli capitava spesso, fin troppo spesso, quando si ritrovava ad affrontare situazioni non prevedibili.
    E lo odiava.
    Finiva con l'estraniarsi senza apparente motivo, mentre la sua testa lavorava in maniera febrile nel tentativo di sviscerare tutto ciò che lui non riusciva a spiegare.
    Afferrò a sua volta un paio di pattini, affrettandosi a seguirla per poi appiedare sulla pista e volgendosi in sua direzione porgendole il palmo di una mano.

    Muletto o renna da slitta, quello che preferisci.

    Dovette combattere con tutte le sue forze contro l'impulso di cercare Lilith e Joshua con gli occhi, tant'è che fossilizzò lo sguardo sul volto di Erin, invitandola a seguirlo, mentre un'ombra alle sue spalle sgusciava lentamente sul ghiaccio.
    Un'ombra troppo piccola per poter essere quella di Miguel Andor accasciato sulla pista.
    Allungò un piede dietro di sé, puntellando la lama del pattino nel ghiaccio nel tentativo di bloccare lo slittamento del panda rosso di Gyll, peccato che nel processo finì con il perdere l'equilibrio, divaricando un po' troppo le gambe e sbilanciandosi in avanti.
    Come risultato, a meno che Erin non fosse scivolata via, sarebbe inevitabilmente finito addosso alla rossa, costringendola a slittare all'indietro fino ad incontrare il bordo della pista con il bacino. Lui, dal canto suo, avrebbe cercato di restare in piedi agganciando entrambe le mani al metallo dello stesso bordo, accogliendo la figura di lei tra le braccia.

    Non dire una parola. In realtà è una coreografia che ho studiato appositamente per oggi.

    Una parafrasi delle sue ultime parole sarebbe potuta essere "che stratosferica figura di merda", ma per evitare ulteriori danni, restò in silenzio scostando il busto da lei nel tentativo di tornare a raccogliere i suoi occhi nei propri.
    Joo-hyuk
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    If I was you, I'd wanna be me too.
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    black opal - I anno

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    Elucubrazioni mentali su Lilith e Josh mentre chiacchiera con Erin, poi segue la rossa sulla pista di pattinaggio e quasi cade cercando di bloccare il panda di Gyll. Finisce addosso a Erin (o per terra, nel caso in cui lei si scansi). C'è del post in questo disagio.
     
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    «Carini e coccolosi, ricorda. Come i tre pinguini di quel film demenziale, ok bro? Niente casini, almeno per un paio d'ore. Ma se dovesse succedere qualcosa, io sono nella tua stessa sala e corro.»

    Si stava vestendo mentre continuava a parlare con Cameron, facendosi le ultime raccomandazioni per quella serata che sembrava essere speciale più per loro che per le dame che avrebbero portato. Erano usciti dalla doccia, inondando la stanza di vapore e anche di acqua, lanciando abiti sui letti non solo i loro, ma anche quelli del povero Howard, che aveva in stanza i più pessimi dei Dioptase. Era davvero contento che Regina avesse accettato il suo invito al ballo e allo stesso modo era nervoso perché non sapeva quanto sarebbe stato all'altezza. Ricordava bene tutti i passi dei balli lenti, anche se non era favoloso a ballare, ma per lei avrebbe fatto un'eccezione e avrebbe tentato di comportarsi come un vero cavaliere.
    Si stava sistemando la camicia nei pantaloni, quando qualcosa sembrava non andare. Guardò il colletto, allungò le braccia e...

    «Cazzo, bro. Questa è tua!»

    Quindi si ritrovò a dover sbottonare di nuovo tutti i bottoni della camicia, sfilarla e lanciarla all'altro che invece si era preso la sua. Rise, finalmente un po' di tensione allentata per quella ridicola scena che avevano appena vissuto, scosse il capo e riprese a vestirsi.
    Si sistemò la cravatta, tirandola al meglio, quindi mise la giacca nera e si sistemò il bottone sul petto. Si mosse appena, dentro quel vestito, non era la prima volta che si vestiva così elegante, visto le cene e le feste a cui era abituato con la sua famiglia, ma quella volta sembrava che stesse soffocando.
    Corse verso Cameron, lo afferrò per il braccio di colpo e gli alitò in faccia un misto di menta ed eucalipto fortissimo, manco una vigorsol.

    «Mica mi puzza l'alito, oh?!»

    Era nervosissimo.
    Solo dopo il via libera dell'amico e un'altra ondata di profumo gettata addosso al riccio, si avviò a scendere le scale per giungere alla sala comune dei Dioptase. Il riccio avrebbe atteso la sua dama alla fine di quelle scale, con l'intento di andarle incontro per afferrarle la mano per aiutarla a scendere, solo a quel punto le avrebbe messo in capo l'ultimo dei suoi regali materiali per quella serata.
    Parla con Cameron Cohen in stanza, e attende Regina Beauvais alle scale della Sala Comune.
    Julian Miller

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    Studente, II anno - Dioptase

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