Votes taken by Cameron Cohen

  1. .
    Sembrava quasi una congiura. La sua unica fobia era quella dell'acqua e lo era per un'ottima ragione, eppure sembrava che non facessero altro che far vertere le lezioni o le attività, proprio sull'acqua. Non gli dava alcun problema la sola vista della distesa cristallina, tuttavia l'idea che ci fosse la possibilità di entrarci, lo disturbava.
    Sapeva che il suo amico non faceva mezzo cervello, però era suo amico, quindi si prodigò per risolvere quel codice anche per lui. Non che i suoi neuroni fossero tanto più svegli, tuttavia essere stato anni con Mia e... qualche mese? con Elisabeth, erano stati molto importanti per il suo sviluppo cerebrale. Infatti, seppur con qualche difficoltà, trovò il verso giusto con il quale risolvere il codice.
    Non me lo ricordare. Poi i 100 sms al mese che dovevi farti bastare. Brrr. Rabbrividì davvero al ricordo, mentre scriveva velocemente sul suo quadernino. Finalmente, tutti quei numeri e quelle lettere apparentemente casuali, stavano prendendo una forma ben definita e così come un significato, che stava diventando chiaro man mano che ci lavorava.
    Si rialzò quando lo ebbe risolto, rivolgendosi di nuovo in direzione dello specchio d'acqua, accennando ad una mezza crisi di panico. Sorrise alle parole di Nathan, annuendo. Lo avrebbe davvero aiutato, solo che pochissime persone al mondo sapevano il vero motivo di quello. Ed erano entrambe a quella lezione ed entrambe così terribilmente distanti da lui! Sia Elisabeth che Mia avevano preso la loro strada con gli altri due gruppi ed avrebbe voluto avere più tempo per parlarci. Con la Freeman, comunque, sembrava che le cose stessero andando un po' meglio, mentre con la Lynch... non lo sapeva.
    Nessuno ti potrebbe sostituire replicò con un mezzo sorriso in direzione del King, dopo essere salito sull'automa che avrebbe dovuto aiutarli ad andare alla ricerca del fuggitivo.
    Accarezzò per qualche attimo le rune incise sul legno, prima che questo tentasse di disarcionarli, apparentemente imbizzarrito.
    Finalmente, comunque, accettò i due a bordo ed iniziò a dondolare leggiadro sul pelo dell'acqua, avviandosi verso la direzione prescelta.
    Lo sguardo nocciola di Cameron si abbassò sul fondale visibile, studiandone alcune tracce particolari che sembrano avviarsi verso la costa di ponente e chi era lui per decidere di non seguirla? Quindi, girò la testa verso Nathan. Direi che dobbiamo andare di là iniziò, riferendosi alle tracce che andavano in una precisa direzione, ordinandolo quindi al loro automa.
    Ehi ma quelle boe... secondo te dovremmo prenderne una in prestito? Chiese all'altro, inclinando la testa di lato, pensieroso. Forse non sarebbe stata una grande idea, ma non erano noti per essere proprio dotati di buon senso, quei due.
    Cameron Cohen


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    Interagisce con Nathan e propone di rubare una delle boe. Molto intelligentemente.
    Cerca di far andare l'automa a Ponente
  2. .
    Era fuori di sé. Si odiava per non aver saputo gestire al meglio la situazione, odiava la situazione stessa che lo aveva portato a rivolgersi in quel modo ad Elisabeth, ad usare quelle parole così dure, che non gli sarebbero però mai uscite, se lei non avesse fatto quei commenti completamente evitabili. O perlomeno, poteva farli lontana da lui, dove non avrebbe potuto sentirli e, di conseguenza, soffrirne.
    Si odiava per essere così complicato. Per non aver fatto nulla per salvare la sorella, per essere rimasto lì a guardarla affogare, si odiava per non aver fermato il padre quando aveva reso la madre alla stregua di un essere, si odiava per aver provato paura quando lo avevano avvisato che il padre sarebbe stato rilasciato con l'anno nuovo. Solo alla piccola Freeman lo aveva confessato, qualche settimana prima, consapevole che lei potesse capirlo, che forse avrebbe potuto anche aiutarlo. E, soprattutto, si odiava per aver trasformato tutto questo in odio ed averlo riversato su chiunque, in particolar modo sull'Opalina che più gli stava a cuore.
    Stava rimuginando a questo e molto altro, quando una voce conosciuta lo richiamò, facendolo voltare prima che imboccasse il corridoio che lo avrebbe portato nella sua Sala Comune e poi al sicuro nella sua stanza, dove solo il Miller sarebbe stato in grado di entrare. L'unico che conoscesse bene tutti i suoi problemi, perlomeno.
    Si girò, quindi, osservandola inespressivo. La sopportava solamente perché era la ragazza del suo migliore amico ed avrebbe supportato ogni sua scelta, anche quelle che riteneva pessime. E lo avrebbe aiutato sempre e comunque, per quanto i suoi gusti potessero lasciare a desiderare.
    Non rispose, limitandosi ad afferrare al volo il bracciale. Lo sentiva bruciare e forse anche un po' pulsare contro il palmo, come se in quello la Lynch ci avesse riversato tutto il suo cuore.
    Ridicola si limitò a rispondere, apprezzando oltre ogni misura, l'arrivo di Julian, magari avrebbe messo un tappo in bocca a quella sua ragazza. Non è che ce l'avesse eccessivamente con lei, ma avrebbe risposto in quella maniera se a parlargli fosse stato persino qualcuno ingenuamente dolce come Howard.
    Julian si avvicinò e gli prese il bracciale. Cameron lo lasciò fare, come se non importasse nulla. Ma, in verità, ora che non ce l'aveva più, una sorta di gelo lo aveva avvolto, come se fosse stato esposto al freddo inverno senza nient'altro che un paio di pantaloncini.
    Il suo migliore amico non disse nulla, fece solo quel gesto, prima di tornare a rivolgersi a Regina. E poi a marciare di nuovo dentro. Non aveva idea di che cosa volesse fare.
    Ju, che cosa vuoi f- non riuscì a finire la frase perché lo vide muoversi in direzione di Joshua e, dentro di sé, imprecò... ma non fece niente per impedire l'inevitabile. Se avesse voluto picchiare l'Evans, non avrebbe fatto nulla per impedirlo, prendendosi quella soddisfazione sebbene non l'avesse provocata lui in prima persona. Ma presto scoprì che la sua meta non era l'ametrino. Troppo intento ad osservare la scena, prese in automatico la penna che Keegan gli stava porgendo, mettendosela in tasca con gli occhi spalancati, pieni d'orrore. Stava andando proprio in direzione dell'ultima persona che avrebbe voluto affrontasse: la Lynch.

    Non osservò tutta la scena, limitandosi a girarsi dall'altra parte, verso i corridoi. Là dove risiedeva la sua salvezza e dove avrebbe voluto rifugiarsi come mai aveva voluto farlo.
    Ma, per qualche ragione, proprio non riusciva a muovere le gambe per allontanarsi, nonostante non guardasse.
    Era grato a Julian per tenere così tanto a lui e dal canto suo avrebbe fatto la stessa cosa, ma aveva una paura terribile di cosa sarebbe potuto accadere.
    Si girò, sperando nessuno fosse ancora morto, e... la vide. Vide Elisabeth Lynch che si avvicinava a lui, anche se era troppo nascosto perché lei lo vedesse a sua volta. Mai come in quell'attimo, avrebbe voluto avere ancora il suo bracciale.
    Quando alla fine anche lei si accorse di lui, il tempo sembrò completamente fermarsi, le persone attorno a loro sembrarono svanire. Non c'era nessuno se non lui e la sua ragazza. Quella stessa ragazza che, notò, non aveva ancora aperto il suo regalo. Non disse nulla, soprattutto perché lo stava facendo in quel momento.
    Se lei si era promessa di non inseguire più nessuno, lui non sarebbe stato da meno.
    Era andato da lei quando avevano litigato dopo che gli aveva confessato di aver svelato di quella loro pseudo relazione, al resto dei Black Opal, attirando addosso ad entrambi, ancora più odio di quello che già riservavano loro.
    Era andato da lei quando avevano litigato, sui Monti, dopo che lei gli aveva detto di essere stata con Joshua.
    Aveva già fatto molto di più di quanto non avesse mai fatto. Non aveva mai fatto niente di tutto quello per nessuna, ma anche le sue capacità avevano un limite. E lo aveva superato di troppo, ormai.
    Quindi, in quell'esatto momento, pensò anche che non aveva nulla da perdere. Troppi erano stati i silenzi e le parole taglienti d'odio. Troppi i conti irrisolti con il passato. E quindi decise di aprir bocca. Non gli importava che attorno a loro ci fosse qualcuno, che Julian e Regina potessero sentire le sue parole. O che potessero sentirle chiunque altro fosse passato di lì.
    Alla fine, fece lui dei passi in sua direzione, rompendo per primo la promessa fatta a sé stesso. Fino a trovarsi a pochissimi millimetri dalle labbra dell'ex serpe.
    Ti amo, Lynch. Glielo soffiò a fior di labbra, sfiorandole senza realmente dar vita al bacio che gli stava bruciando il petto per uscire. Ma non credo tu sia ancora pronta a chiudere con il passato ed io non voglio tarparti le ali. Ti lascio libera di vivere la tua vita come credi. Quelle parole non furono pronunciate con la solita rabbia, bensì con tristezza e rassegnazione. I suoi capelli tornarono al suo solito castano, forse solo un po' più chiaro. Non le avrebbe chiuso la porta in faccia, ma non voleva dividerla con l'impulso di andare da Josh ogni qualvolta lo avesse visto. O di commentare con chi stesse Lucas, indipendentemente dalla natura di quel commento. Si girò per allontanarsi e rifugiarsi finalmente lontano da tutto quello.
    Cameron Cohen


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    Julian Miller Regina Beauvais Elisabeth Lynch
  3. .
    La cosa che avrebbe desiderato più di tutte, sarebbe stato trovarsi all'interno di una videocassetta, dove il tasto per riavvolgere il nastro, era a portata di mano.
    Indietro a quando si trovava in Norvegia con Elisabeth.
    Indietro al suo ultimo appuntamento con Mia.
    Sì, là dove andava ancora tutto bene, dove non aveva preoccupazioni né problemi. La Freeman era un porto sicuro, non l'avrebbe mai fatto sentire impotente, incatenato come stava facendo Liz.
    Vedere la paura nei suoi occhi, gli prosciugò anche le ultime energie residue. Non le avrebbe mai fatto del male e lei lo sapeva... o forse non come sperava. Riabbassò le mani lungo i fianchi prima di andarsene. Quel silenzio era pesante, un macigno così grande che sarebbe stato fin troppo difficile da rimuovere.
    Cameron non era uno che dava seconde possibilità, ma a Liz ne aveva date due. Tre. Quattro. Aveva sempre premuto quel famoso tasto, cancellando ciò che non andava.
    Era passato sopra il fatto che avesse svelato quanto accaduto tra loro, laggiù nella grotta, mentre lui era solo preoccupato per lei.
    Era passato sopra il fatto che le avesse detto che era andata a letto con Joshua. Non aveva diritto di arrabbiarsi per quello e lo sapeva, nonostante il fuoco della gelosia non lo avesse fatto ragionare lucidamente, lasciando da parte ogni considerazione razionale. Però, a mente fredda, aveva capito il suo errore ed aveva cercato di porvi rimedio, e così l'aveva invitata al ballo, regalandole anche una delle cose più importanti che possedesse.
    Eppure sembrava che ancora, nonostante tutto, non riuscisse proprio a dimenticare i suoi ex.
    Vederla sparire con Joshua fu la goccia che fece traboccare il suo vaso. Ovviamente lui non sapeva i motivi per i quali fosse andata con lui, non aveva idea di cosa stessero facendo perché non li vedeva e non aveva idea se avesse alla fine aperto il suo regalo oppure no, fatto sta che non era andata subito da lui.
    Cameron lo aveva fatto. Era andato da lei ogni volta che un litigio li aveva allontanati. Aveva messo da parte il suo smisurato orgoglio, era migliorato per lei... aveva arrotondato gli angoli già smussati da Mia.
    Aveva sperato di non rivedere Julian per l'intera serata. Non per altro -era il suo migliore amico- ma perché sperava che ognuno si godesse la festa con la propria dama. Sperò che l'altro ci riuscisse nonostante la sua interruzione.
    Abbassò lo sguardo nocciola e lo puntò sul braccialetto, chinandosi sulle ginocchia ed afferrandolo tra le dita. Non aveva il coraggio di distruggerlo o buttarlo, sarebbe stato come fare effettivamente del male ad Elisabeth e per quanto la sua ferita fosse estesa, non ci riusciva.
    Premette la mano, armata di gioiello, contro il petto di Julian, senza guardarlo.
    Sbarazzatene. Facci quello che vuoi ma non lo voglio più vedere. Perentorio, girò sui tacchi e si diresse a grandi passi verso l'uscita, sentendosi libero solamente quando finalmente varcò la porta della Sala, immergendosi nel corridoio semibuio.
    Cameron Cohen


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    Julian Miller
  4. .
    Era passato un mese, circa, da quando stavano ufficialmente insieme.
    Quel mese era stato costellato da alti, nessun basso a frapporsi tra loro, ma come sappiamo tutti benissimo, il "per sempre" esiste solo nelle favole e, forse, loro non erano destinati ad essere una di quelle favole, perché c'era sempre qualcosa che incrinava la loro felicità ritrovata, facendoli sguazzare in un lago di rabbia, rancore e tristezza.
    Sperava vivamente che quella serata sarebbe stata diversa, ma nel fondo del suo cuore, albergava la paura che qualcosa rovinasse tutto... paura per niente infondata, come scopriremo in seguito.
    Ma in quell'attimo. Solo in quell'attimo, si sentiva felice, assieme a quella donna che gli aveva fatto riscoprire quanto fosse bella la vita con tutte le sue difficoltà.

    Stai mettendo in discussione l'affidabilità di Julian? Domandò, trattenendo a stento una risata. In effetti, probabilmente lui avrebbe fatto la stessa osservazione se si fosse trovata nei suoi panni. In effetti hai ragione concesse alla fine, rilassandosi mentre l'altra gli raddrizzava la cravatta.
    E poi venne quel regalo, che Cameron osservò in ogni sua più piccola rifinitura, il leggero odore di cuoio che forse solo lui sentiva, così come la leggerezza nel cuore. Non era bravo a dimostrare gratitudine, sebbene la provasse, perciò pensò che il modo migliore fosse premere le labbra contro quelle di lei, anche se forse non sarebbero bastate a farle capire quanto fosse contento.
    Lasciò che lei gli sfiorasse la pelle del polso con i polpastrelli nell'atto di allacciargli quel particolare bracciale che sembrava serbare un significato profondo, che al momento giusto le avrebbe chiesto. O meglio, si sarebbe informato per non fare la figura dello scemo.
    E' bellissimo, Liz. Mentre una mano andava ad intrecciare le dita con quelle di lei, l'altra si sollevava verso la sua guancia, accarezzandola con delicatezza e perdendosi per lunghi attimi nel ceruleo dei suoi occhi, come se fosse un placido mare dentro al quale avrebbe voluto rimanere per sempre. Lo porterò sempre con me, guardandolo quando tu non potrai essere al mio fianco. Non ne avevano mai parlato ma prima o poi anche quell'eventualità si sarebbe presentata. Se fossero durati fino alla fine della scuola, prima o poi anche loro avrebbero preso ognuno la propria strada. Vabbè, non era il momento di fasciarsi la testa, soprattutto perché gli avvenimenti di poco dopo, avrebbero dimostrato che probabilmente non sarebbero durati oltre il Natale.
    Si avvicinarono, quando furono entrambi pronti a varcare le porte, alla pista di pattinaggio, dove si era già radunato un piccolo capannello di studenti che non era per niente ansioso di incontrare.
    Si presentò a Deva, non immaginando quanto le sue parole fossero errate. Forse non conosceva la Lynch tanto quanto gli sarebbe piaciuto. Ciò nonostante, non era ancora a conoscenza di queste informazioni e si limitò a sorridere a quell'amica di vecchia data.
    Ma poi tutto precipitò in un attimo, prima che potesse chiedere alla Lestrange se avesse qualche delizioso aneddoto sulla sua ragazza. A breve ex, probabilmente, visto come stava girando male il vento.
    Non fare la finta tonta, per piacere sbottò a quella sua esclamazione che di stupito non avrebbe dovuto avere proprio nulla. Avrebbe potuto, lei, provare a mettere una toppa sopra le sue parole ed invece continuò imperterrita, peggiorando notevolmente la situazione e facendolo raffreddare ancora di più. Avrebbe davvero potuto far invidia alla pista di pattinaggio ed al ghiaccio che la componeva.
    Smettila cazzo si trattenne a stento dall'urlare, gli occhi fiammeggianti ed i capelli che già mostravano le prime ciocche di rosso. Non aveva mai veramente picchiato una donna in vita sua, ma in quel momento le mani gli prudevano come non mai ed avrebbe volentieri spaccato qualcosa per non rivalersi proprio sulla faccia dell'ex serpe. Non gira sempre tutto attorno a te! Smettila di fare la fottuta vittima. Una pausa grave, forse la quiete prima della tempesta, le sue reazioni erano imprevedibili. La Whitemore mi copia, la Whitemore non sarà mai come sono io, prende i miei scarti, è proprio patetica. La imitò in un falsetto praticamente perfetto ed estremamente petulante. Ma chissene frega? Pensi che a sto cazzo di mondo interessi qualcosa? Pensi che a lei, interessi qualcosa? Non conosceva l'altra opale, però era parecchio certo che non gliene fregasse poi molto di ciò che l'altra pensasse di lei.
    Non si tratta degli altri, Elisabeth, si tratta di te. Forse dovresti chiudere i conti con il passato. Forse tutto ciò -ed allargò le braccia in un simbolico cenno alla loro relazione- è stato un errore ed avrei dovuto capirlo fin dal momento in cui lui è tornato. Si placò, dandole il regalo e voltandosi di spalle, iniziando a marciare in cerca dell'unica persona dell'intera sala che gli avrebbe impedito di esplodere davvero. Si bloccò solo un attimo a quella frase sussurrata di Liz, come se l'avesse sentita e volesse replicare, ma alla fine non disse niente e continuò per il suo cammino, riuscendo a raggiungere l'amico. Solo in quel momento si girò ancora verso la sua ragazza. Non avrebbe dovuto, ma il fatto che non avesse ancora aperto il suo regalo, lo ferì. Ma il colpo di grazia fu vederla scomparire dietro una delle baracche, con Joshua. Non andò da lui, non si scusò per i suoi commenti, incurante di quanto lo avessero fatto stare male. Vederla allontanarsi con Josh per andare chissà dove. Fu quello che lo spezzò. Non aveva aperto il regalo, non era andata a scusarsi, non aveva cercato di riparare le cose. Adesso chi è che scappa? Pensò furiosamente, cercando di ricacciare indietro il dolore che gli martellava contro il cuore, formando tante piccole crepe che solo un miracolo avrebbe risanato. Sentì le gambe di gelatina e solo un'enorme forza di volontà gli permise di non cedere. Tornò a dare le spalle a quella scena rivoltante -chissà cosa stavano facendo e cosa si stavano dicendo, nascosti nelle ombre-, guardando Julian negli occhi.
    E' finita, bro. Se n'è andata con lui. Preso da una rabbia cieca, infilò due dita sotto il cinturino del bracciale che lei gli aveva donato poco prima e tirò con tutta la forza che aveva, fino a romperne la chiusura. Lo porterò sempre con me, le aveva detto. Ed invece nemmeno mezz'ora dopo quella frase, il dono giaceva ai suoi piedi, abbandonato. Stava per calciarlo via, quando un ultimo sprazzo di razionalità, lo convinse a non infierire oltre. Bastava solo il suo cuore ad essere in mille pezzi.
    Cameron Cohen


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    Julian Miller Elisabeth Lynch
  5. .
    Nonostante la spavalderia apparente, un leggero stato di turbamento si agitava sotto la superficie. Temeva le conseguenze di ciò che stavano pianificando, ma la rabbia cieca nei confronti di Elisabeth, gli impediva di pensare con reale razionalità, perciò in fin dei conti gli sembrava una buona idea, per quanto forse sia lui che Julian avrebbero dovuto imparare a tenerselo nei pantaloni, se non avessero voluto perdere le donne che avevano conquistato i loro cuori solitari.
    Che fighetta commentò alle rimostranze di Julian in merito al vapore, accompagnando la frase con una risata. Era così bello respirare quella normalità, che quasi aveva paura che potesse finire da un momento all'altro, come una bolla di sapone che scoppia. Ma con il Miller era tutto così facile: erano due coglioni, non c'erano problemi di sorta che non fossero risolvibili con una bevuta. E sicuramente non avrebbe mai fatto portato a letto una ragazza con la forza, privandola di momenti importanti. Lui non è Mark gli ricordò squillante la sua mente. E per fortuna che non lo era. No, lui era un diamante, non poteva essere confuso con la merda che era l'altro norvegese.
    Faccio veloce sospirò, prendendo la canna e rilassandosi completamente. Ci voleva proprio per azzerare i pensieri e permettergli di pensare ad altro, diverso da ciò che lo stava tormentando.
    Ad ogni modo, era ora di andare.

    Dici? Sigurd avrà un sacco di Jacuzzi con tutti i soldi che si fa, zitto zitto replicò in una risata, mentre insieme si smaterializzavano alla volta dell'hotel, dove avrebbe avuto luogo tutto ciò che avevano organizzato per quel giorno.

    Annuì, anche se non poté fare a meno di paragonare il corpo di Giada a quello di uno a lui più noto. Elisabeth. Ma doveva cancellarsi quell'immagine dalla testa o non si sarebbe mai goduto appieno la serata.
    Ha proprio la faccia di una che realizzerebbe ogni nostro desiderio più perverso. Complice la canna, aveva già accantonato i pensieri nefasti a favore di qualcosa di molto più superficiale.

    Finalmente si mossero ed arrivarono dalla ragazza.
    Sorrise alla risposta di Giada, lasciando che poi fosse Julian ad interagirci, mentre si avviavano verso l'interno.
    Scambiò con Julian quell'occhiata d'intesa, aggiungendoci un mezzo sorriso. Quel culo sarebbe stato loro entro fine serata. Per Cam sarebbe stata la prima volta, per Julian no, ma si sarebbero divertiti ugualmente.
    Allungò una mano a Giada, un sorriso fin troppo galante ad illuminargli il volto.
    Si accomodi pure, signorina le disse a bassa voce, calcando sull'ultima parola e gettando un lungo sguardo alla sua scollatura. Cameron era pur sempre Cameron.
    Ascoltando la ragazza, dopo essersi seduta al suo fianco, guardò Julian.
    Questa te lo succhierebbe anche qua se tu glielo chiedessi mimò con il labiale. Si erano allenati in quella disciplina durante i pasti in cui erano costretti a sedersi in due posti lontani e dovevano comunicarsi qualcosa di segretissimo. Oppure quando erano in corridoio e passava qualche professore ficcanaso. O guardone. Come Olwen, per esempio.

    Vada per il chianti, bellezza asserì, osservando Julian. Pagava lui, quindi era quello ad avere l'ultima parola.
    Com'è che io e te non abbiamo mai passato del tempo assieme? Domandò alla dioptase, soprattutto visto che erano nella stessa casata. Mise il braccio sullo schienale della sua sedia.
    Cameron Cohen


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  6. .
    Nonostante si fosse immaginato mille volte quella serata, facendosi mille film mentali con altrettanti finali differenti -solitamente erano uno più tragico dell'altro, a dimostrazione di quanto sapesse essere disfattista- ma in nessuno di quelli, Elisabeth risplendeva come faceva in quel momento.
    Era bella. No. Era perfetta. Quel vestito lilla sembrava essere fatto apposta per lei, si scontrava con il ceruleo dei suoi occhi in un connubio perfetto (per quel che ne sapeva Cam di moda) di colori.
    Nonostante i momenti di spiccato romanticismo, era pur sempre il Cameron di sempre ed il suo sguardo non poté far a meno di cadere sui suoi seni, mentre in testa gli balenava l'idea di mandare alle ortiche il Ballo e di andare a cercare qualche anfratto nella scuola dove potesse toglierle quel vestito e passare il resto della serata. E della notte. Tuttavia, sapeva di non potere perché quell'evento era una specie di prova del fuoco per entrambi, il loro primo vero ingresso in "società" come una coppia. Era importante, probabilmente da quello dipendeva tutto il loro futuro. O forse, oltre che disfattista, era pure melodrammatico.
    Quando poi gli parlò, sembrò la voce di un angelo. Cos'ha che non va la mia cravatta? Jul mi aveva assicurato che fosse dritta protestò, subendo comunque passivamente le sue attenzioni, come aveva imparato piacevolmente a fare ormai nei mesi precedenti.
    Va bene, come preferisci acconsentì, afferrando la scatoletta che lei gli stava porgendo, trattandola come se fosse una delicata farfalla. Ogni cosa proveniente dall'opalina, era come un tesoro prezioso. Prima di aprirlo, sfilò quel pezzo di pergamena e lo lesse. Man mano che scorreva le parole, un piccolo sorriso iniziò ad affiorare nel suo volto. Un sorriso che niente aveva a che fare con quello strafottente che solitamente ornava la sua faccia.
    La mia ancora sussurrò, accarezzando il biglietto con delicatezza, sollevando poi lo sguardo, incrociando quello di lei. Tu sarai la mia ancora. Ed io sarò la tua. Qualsiasi cosa succeda, nella buona e nella cattiva sorte. Sempre. Ripeté grossomodo le parole che si erano detti un mese prima e, finalmente, respinse quella piccola distanza poco sociale e posò le labbra sulle sue. Fu un bacio casto, a differenza di quelli cui erano abituati, ma se lo assaporò ogni istante. Rimase così per qualche secondo, prima di scostarsi per aprire il proprio regalo. Tirò fuori quel bracciale, sollevandolo di qualche centimetro sopra la testa ed osservandolo intensamente, cercando di registrare nella propria memoria ogni singolo particolare, ogni rifinitura. Ora, sarebbe stata una bugia dire che Cameron conoscesse l'esatto significato di quel ciondolo, ma persino lui riusciva a capire che c'era intrinseco qualcosa di romantico. E lo adorava. Cos'è che dicevi sulla scaramanzia? La prese in giro, allungando il bracciale nella sua direzione e successivamente facendo lo stesso gesto con il polso sinistro, cosicché non gli desse fastidio quando scriveva.
    Se e quando lei glielo avesse allacciato, si sarebbe perso qualche secondo ad osservarlo, per poi riprenderle la mano e fare ufficialmente il loro ingresso in sala grande.
    E la loro serata non iniziò esattamente nel migliore dei modi, soprattutto perché lo divise dal cibo. Ma non l'avrebbe lasciata andare da sola, quindi scosse la testa. Va bene, tanto il cibo non scappa dovette dire, rassegnato, riprendendole la mano e seguendola, qualsiasi cosa avesse voluto fare. Si morse il labbro quando puntò il suo catalizzatore verso il panda impazzito di Gyll. Per un attimo si chiese se avesse mai usato il vibratore che le aveva regalato. Comunque, osservò la direzione della sua bacchetta. Oh, no pensò, mentre la ragazza eseguiva il suo incantesimo. C'era tanta gente, però, e forse questo rendeva difficile la perfetta esecuzione dell'incantesimo, fatto fu che il Panda iniziò a volare a velocità incontrollata in direzione della sua padrona, piombandole letteralmente in faccia, probabilmente stendendola. Ma Cameron era troppo impegnato a trattenersi dal ridere per notare cosa fosse effettivamente successo. Ma non ebbe proprio grande successo. Bel colpo, Lynch. La prossima volta, però, assicurati di metterla fuori gioco per almeno un mese. Si diede finalmente un contegno, gettando alla fine uno sguardo a Deva, sorridendo. Sembrava un'amica di Liz, quindi avrebbe dovuto comportarsi bene.
    Piacere allungò una mano verso la ragazza, ignorando volutamente il commento della ragazza. In effetti, era molto facile per lui farsi odiare, ma non avrebbe potuto continuare così per il resto del suo percorso scolastico. Avrebbe dovuto farsi degli amici, prima o poi. Deduco che voi vi conosciate da un po'. Non glielo aveva detto esplicitamente, ma non aveva mai visto Deva, quindi probabilmente era una primina e la Lynch era abbastanza dito in culo da non fare amicizia in soli quattro mesi. Con un'altra ragazza, poi.
    Ma, come in ogni storia, la serenità non poteva durare a lungo, non con una come la sua ragazza.
    Alla sua frase, alzò lo sguardo, seguendo quello di lei e non mettendoci poi molto a capire a cosa si stesse riferendo. In uno stesso luogo, erano radunati Joshua e Lucas con... le rispettive ragazze? Non ne aveva idea, non aveva alcun rapporto con nessuno dei due -se non fastidio- quindi non ne aveva idea. Avrebbe anche potuto passarci sopra, se solo non avesse continuato a parlare.
    Si irrigidì sensibilmente e la sua mano perse la presa da quella di lei, mentre dentro Cam infuriava una tempesta che stava facendo di tutto per ricacciare indietro anziché lasciare che fuoriuscisse tutto. Ma non poté evitare tutti i danni, per quanto riuscì ad arginarli. Quindi io sarei un "avanzo" di Mia, secondo questo tuo ragionamento, giusto? La freddezza nella sua voce sarebbe stata palpabile persino a chi non lo conosceva per nulla. E, sempre secondo il tuo ragionamento, tu ti saresti presa i suoi "avanzi". Poteva provare a migliorare per Liz e lo aveva fatto, si era fatto in quattro per dimostrarle quanto fosse importante per lei, quanto fosse l'unica donna a contare, ormai. Anche lui ripensava ancora a Mia, non poteva certo dimenticare una storia importante nel giro di un mese, però aveva sempre avuto l'accortezza di non manifestare nessun fastidio ad alta voce, al contrario di come aveva fatto lei. Era esattamente questo, il problema. Il fatto che avesse detto quelle cose davanti a lui. Forse era sempre più melodrammatico, ma aveva sentito un dolore quasi fisico. Prese il pacchetto argentato e lo fece scontrare contro il petto di Elisabeth. Buon Natale, Lynch. sempre più freddo, non rimase a guardare la reazione di Liz mentre apriva il suo regalo. Anche nel suo c'era un piccolo bigliettino che recitava poche righe.

    "Sei il mio tutto bene anche quando tutto va di merda, ricordalo. Questo è per ricordarti quanto tu sia forte e quanto ti ammiri.
    Cam"



    Come dicevamo, non sarebbe rimasto ad osservarla mentre lo apriva. Deva, è stato un piacere conoscerti. Ora, se volete scusarmi... vado a prendere qualcosa da mangiare. Sempre con la stessa freddezza, si allontanò dalla sua dama e cercò con gli occhi il suo migliore amico, trovandolo solamente dopo un'attenta analisi della stanza. Si avvicinò e se solo fosse stato possibile, Julian avrebbe visto lampeggiare i suoi occhi. Ma i suoi capelli erano diventati dello stesso rosso delle fiamme, cosa che succedeva quando era arrabbiato. O ferito. Arrabbiato e ferito. Sia Elisabeth che Julian lo sapevano.
    E' andato tutto a puttane. Come sempre. Cameron strinse i pugni, non riuscendo nemmeno a trovare la forza di scherzare con il ragazzo. Scusa se ti rubo il ragazzo, Reg. Trovò la forza di mormorare quelle scuse all'altra dioptase, ma era proprio un'emergenza. Non erano in quella stanza da nemmeno dieci minuti e già era una grandissima merda. Avrebbe voluto bere, se solo l'alcol fosse stato disponibile anche per gli studenti maggiorenni.
    Cameron Cohen


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    Interagisce con Elisabeth Lynch Julian Miller Regina Beauvais Deva L. Lestrange

    Approfitto di questo post per esitare l'incantesimo di Liz sul Panda di Gyll McKenzy

    d20: 5+4= 9 - ok, più o meno
  7. .
    Incredibile.
    Aveva pensato mille volte qualcosa come: "Non sono mai stato nervoso come oggi", ma quell'occasione le batteva tutte. A mani basse.
    Il ballo scolastico. Non ci voleva andare, aveva odiato l'idea. L'unica persona con la quale avrebbe voluto andarci, era a milioni di satelliti lontana da lui. Il loro litigio era stato fresco nella sua memoria per giorni interi, come il motivo per il quale era scaturito. Ma adesso... si stava realmente preparando per andarci e ci sarebbe andato proprio con la ragazza più bella dell'intera Accademia: Elisabeth.
    E questo era possibile, in parte, anche grazie al Miller, con il quale si stava preparando.
    Era lui che gli aveva concesso la chiave di quella stanza d'hotel, nonché la sua American Express e, come se non bastasse, gli aveva fatto trovare sul letto un gioiello da donare all'opalina. Quasi non ci credeva, davvero. Mark, che era stato il suo migliore amico fin quando non aveva scoperto cos'aveva fatto a Mia, non aveva mai fatto niente di tutto quello, limitandosi ad essere fastidiosamente volgare, talmente tanto da superare persino i livelli suoi e di Julian messi insieme. Da quando aveva conosciuto l'altro Dioptase, aveva iniziato a pensare che quella con Mark non fosse stata una vera amicizia ma solamente un rapporto spinto dall'inerzia e dal fatto che i loro genitori si conoscessero da svariati anni. Non avevano proprio nulla in comune, forse tranne il fatto di aver ferito Mia. Una piccola scheggia di risentimento gli bruciò la bocca dello stomaco, prima che potesse scacciarla.
    Volse lo sguardo verso il riccio.
    Spero non ce ne sia bisogno bro. Questa serata deve essere perfetta sia per Elisabeth che per Regina, non dobbiamo combinare casini. Finalmente entrambi stavano navigando nella direzione giusta, verso le ragazze che avevano loro rapito il cuore, ma il disastro era sempre dietro l'angolo, soprattutto per due coppie imprevedibili come lo erano loro quattro. Avrebbero potuto fare un sacco di uscite di coppia, sarebbe stato divertente. Con un sobbalzo, si rese conto di star parlando esattamente come avrebbe fatto la Freeman. Quella dannata biondina continuava a tornargli in testa, forse era proprio il senso di colpa a parlare. Cercò ufficialmente di non pensarci più.
    Ormai aveva chiuso fino all'ultimo bottone della camicia, quando aveva sentito la voce di Julian giungergli all'orecchio come ovattata, preso com'era dalle proprie preoccupazioni su come sarebbe andata la serata. Come l'altro, nemmeno lui era un maestro del ballo ma ci avrebbe provato per Elisabeth. Avrebbe provato a fare qualsiasi cosa per Elisabeth, persino adottare un gattino o dormire ogni notte con un peluche rosa.
    E questa suppongo sia tua ridacchiò in risposta, specchiando i suoi movimenti e sbottonandola, scambiandola con la propria. Erano stronzate come quelle che, assieme all'ormai costante presenza di Liz nella sua vita, lo facevano realmente respirare dopo anni in apnea.
    Si vestì con la camicia giusta e si assicurò la cravatta che, nonostante fosse perfettamente dritta, a lui continuava a sembrare un po' sbilenca. Si assicurò la cintura, perché nella tensione, non voleva fare qualche orribile figuraccia. Stava per dire qualcosa, quando si ritrovò l'amico praticamente in braccio.
    Fossi in te, prenderei un altro paio di mentine lo prese in giro, constatando che il suo alito era più fresco di un'intera piantagione di menta. Sorrise appena. Ma mica me ne dai una? Suppose che si trattasse di caramelle o qualcosa del genere.
    Insomma, erano pronti, quindi lasciò che fosse Julian il primo ad allontanarsi, con le solite raccomandazioni del caso che, in realtà, convergevano in una sola: niente casini.

    Dopo che si fu spruzzato una generosa dose di profumo, prese un pacchetto troppo grande per essere contenuto in una tasca ma non troppo per non essere tenuto facilmente in mano. Era una cupola di quelle con la neve al loro interno, ma era diversa. C'era una miniatura di un campo da Quidditch, con dentro una figura che sfrecciava su e giù con qualcosa in una mano: una mazza. C'erano persino due bolidi che la inseguivano. A primo impatto, sarebbe tranquillamente potuta sembrare una persona a caso, ma aguzzando lo sguardo, sarebbe stato possibile scorgere i lineamenti proprio di Elisabeth Lynch.
    Ovviamente, visto che Cameron non c'ha una lira, il regalo è stato gentilmente pagato dal Miller, anche se l'idea era stata sua. Aveva portato una foto della ragazza da un artigiano specializzato che gli aveva prodotto quel magnifico oggetto. Ed ovviamente, a completare il quadretto, c'erano minuscoli fiocchi di neve che cadevano. Ma le sorprese non erano finite là: cambiava a seconda della stagione. In Autunno, sarebbero state foglie quelle a piovere, in Primavera mille petali di rosa, in inverno -appunto- fiocchi di neve ed in estate, invece, inusuale, sarebbero cadute quelle gocce d'acqua peculiari degli acquazzoni estivi, quelli che poi lasciano spazio ad un sole accecante. Esattamente quello che lei rappresenta per lui: il sole e l'arcobaleno dopo la tempesta. Ma ancora non era finita: la base, un ovale di legno, cambiava colore a seconda dell'umore della sua proprietaria. Aveva pensato proprio a tutto, Cameron, e per fortuna che Julian gli aveva dato una mano per quanto riguardava i costi. Non era stato necessario rubargli l'American Express.

    CITAZIONE
    Ti aspetto davanti alle Porte della Sala Grande. Sarà pieno di poveri sfigati, fuori dalla tua sala comune. Meglio non mi confonda con quei poveracci. Non con una perla come te. Credo. Si dice così, no?

    Un messaggio inviato frettolosamente e nervosamente ad Elisabeth. Nello scrivere, i pollici tremavano così tanto che per poco non gli cadde il telefono a terra.
    Quindi, si affrettò a raggiungere l'ingresso della Sala, ma non entrò, aspettando la sua dama. Aveva scritto bene nel messaggio, giusto? Non era così in grado di flirtare come voleva far credere al mondo intero.
    Quindi si posò con la schiena contro il muro di pietra accanto all'enorme portone, in attesa. E per un attimo ebbe il dubbio che non si sarebbe presentata. Forse aveva capito che lui rovinava ogni cosa bella che lo circondava e che incasinarsi con lui fosse tutt'altro che una buona idea ma poi... eccola. Era. Wow. Immensamente. Wow. Sembrava un maschiaccio, delle volte, ma quando decideva di dover essere spettacolare, ci riusciva.
    Quanto sono cliché se ti dico che sei bellissima? Le domandò mentre si avvicinava in tutta la sua regalità. Non aveva dubbio che avrebbe fatto impallidire anche la più bella dama della famiglia reale. E poi quel piccolo peso al cuore, subito scacciato. Cliché. Era così che lo chiamava Mia. Allo scorso ballo, era esattamente quello che era scritto sui suoi biscotti, quelli che gli aveva regalato. Ma con un sorriso, scacciò di nuovo il senso di colpa e tornò a concentrarsi e perdersi in quel mare ceruleo.
    Ho un regalo per te, ma... non è ancora il momento. Le sorrise ancora, porgendole la mano e sperando che accettasse quel gesto che, sebbene ad occhi esterni potesse sembrare insignificante, per loro stava a significare fare il loro ingresso davanti a tutti come una coppia, non solo come due amici che erano giunti al ballo non accompagnati.
    Sei pronta? Le chiese, mentre la mano che reggeva il regalo, incartato come al solito nell'argento, come fosse una tradizione, aveva preso a sudare leggermente.
    Ad una sua risposta affermativa, avrebbe spinto quella porta socchiusa per fare il loro ingresso. In un primo momento, studiò rapidamente tutto l'ambiente circostante, trovandolo a tratti addirittura stucchevole. Però non era così male, sotto sotto. Avrebbe voluto portarla a prendere una cioccolata calda ma... vide chi c'era nei pressi, assieme alla Clarke. Si irrigidì e decise che quella non sarebbe stata la meta giusta o avrebbe rischiato di rovinare in partenza la serata. Avrebbe voluto lanciare un sos a Julian, ma non trovava carino mollare la mano ad Elisabeth per scrivere al cellulare. Ehi... andiamo a mangiare qualcosa? Non ho nemmeno cenato per incartare il regalo, sai? Ci ho provato almeno sette volte prima che venisse almeno accettabile. Sempre se avesse accettato, l'avrebbe condotta tra la folla fino a raggiungere uno dei tavoli, quello ricoperto di cibo. Se poi non vuoi più stare qua, possiamo andare ovunque tu voglia le sussurrò all'orecchio, stringendole la mano più forte come a volersi sincerare che lei fosse là, che non se ne sarebbe mai andata. Insomma, non siamo costretti a stare qua se non vuoi... era evidente di quanto fosse nervoso e di come quelle parole fossero dettate dalla preoccupazione che qualcosa potesse andare storto. Era importante, quella serata. Doveva essere celebrata al meglio.
    Cameron Cohen


    Dioptase
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    Parla all'inizio con Julian Miller e poi va al ballo con Elisabeth Lynch
    Si trovano, per ora, nella zona cibo. Ovviamente.
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    Il ristorante era abbastanza pieno, sebbene la disposizione dei tavoli permettesse ad ognuno la giusta privacy, tuttavia lui aveva occhi solo per lei. Mai una volta le iridi nocciola vagarono da Elisabeth a qualche altro elemento -o persona- della sala. Si distrassero a stendo solo quando il cameriere venne discretamente a prendere le proprie ordinazioni.
    Non sapeva come spiegarle che non avrebbe potuto organizzare tutto quello in un luogo più spartano, a scuola. Non era tanto lo sfarzo ed il lusso che trasudava da ogni angolo, in quel posto, quanto più il fatto che fosse il loro primo, vero appuntamento. E tutto doveva filare liscio, a partire proprio dalla location, scelta per lui egregiamente dal suo migliore amico.
    Amen concluse lui alla fine, con una mezza risata, scontrando i due cristalli. Quelle parole non erano state solamente un modo per siglare il loro brindisi, un modo per riempire i silenzi. No, entrambi ci credevano davvero. Erano l'uno l'ancora dell'altro. Letto come sia come ancòra che come àncora. Erano l'àncora, quell'appiglio al quale aggrapparsi, quel contro peso che avrebbe contribuito a tenerli saldi, fermi. Erano l'ancòra, ancòra liberi di amare, ancòra liberi di sognare. Ancòra liberi di essere adolescenti normali, non due reietti odiati da tutti. Lei era il suo meno male. Meno male che non smetteva mai di farlo felice, anche quando non se ne rendeva conto. Era bastato presentarsi quella sera per renderlo l'uomo più contento del mondo.
    Meno male che avevano abbattuto quel muro.

    Fu il momento di darle quel regalo che, sebbene non avesse un elevato valore economico (anche se probabilmente molti collezionisti avrebbero sborsato fior fior di quattrini per averlo) bensì aveva un valore simbolico, affettivo. Cameron sapeva bene che la ragazza non fosse una materialista e che non avrebbe preteso dei diamanti, l'ultimo modello dell'Iphone o cose del genere, soprattutto perché sapeva bene che non avrebbe potuto permetterseli se non dopo mesi e mesi di sacrifici.
    Nell'esatto momento in cui lo aveva spinto verso di lei, sapeva benissimo che avrebbe provato a protestare, ma non le lasciò il tempo di finire la frase. Non gli interessava se credeva di non meritarselo, di non poterlo accettare o quant'altro. Doveva averlo lei. E glielo avrebbe fatto presente, dopo dopo.
    Sì, ti sto invitando come mia migliore amica. Una frase che sarebbe potuta essere un macigno sul cuore di Elisabeth se detta seriamente, ma sul volto di Cameron era presente un sorrisetto ironico. Scosse la testa, stupito che lei non lo avesse ancora capito, sebbene potesse capire il suo non volersi creare false speranze per non vedersi tutto infrangere davanti agli occhi com'era già successo. Non ho regalato una delle cose più importanti che ho, solo per invitare un'amica. Tolto il fatto che prima di lei non aveva mai avuto veramente amiche e quindi non avrebbe proprio saputo cosa regalarle, sicuramente non avrebbe usato il libro di Arya.
    Tu devi accettarlo, Elisabeth. Capisci? Io non te lo sto regalando solo per farti vedere quanto ci tenga a te. Te lo sto regalando perché tu mi fai respirare. Tu non sei solo il mio meno male. Tu sei il mio tutto, il mio va tutto bene anche quando va tutto di merda. Sono stato chiaro? Sollevò una mano sopra il tavolo a cercare la sua per posarcisi sopra ed accarezzarle il dorso con il pollice, prendendo un profondo respiro per concludere quel discorso. Le sue successive parole avrebbero decretato la fine di molte cose ma l'inizio di altrettante.
    Elisabeth, tu... tu mi fai sentire vivo. Abbiamo avuto molti contrasti, è vero. Mi sento una merda per come ti ho trattata quando mi hai detto di te e Josh. La verità è che non mi sono mai sentito così tanto geloso in vita mia. Odio che tu voglia altri. Sono io l'unico che devi volere. Nonostante quelle parole potessero sembrare un ordine di una persona tossica, furono pronunciate con una dolcezza infinita ed anche con adorazione nei confronti della sua interlocutrice. Io voglio che tu venga al ballo con me come mia ragazza, Lynch. Come la mia donna. E voglio che tu sia orgogliosa di quello che abbiamo, una piccola bolla in grado di tenere fuori tutto lo schifo del mondo. Sollevò un dito della mano libera, sfiorandole il naso così piccolo e perfetto, tornando a sorridere con un po' più di leggerezza. Te lo richiederò solamente un'altra volta. Vuoi venire al ballo con me, Elisabeth Lynch?
    Cameron Cohen


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    La guardò, notando ogni particolare del suo volto. Sembrava un po' più stanco dell'ultima volta che l'aveva vista o forse era solo una sua impressione. Ma per Cameron era esattamente così, perché era stancante contrastare i propri sentimenti e litigare con l'unica ragazza dell'intera scuola che avrebbe voluto stringere a qualsiasi ora. Ma finalmente erano di nuovo vicini e non si stavano scannando. Saggiamente, nessuno dei due aveva ripreso le ostilità, rinfacciando all'altro ciò che era successo quel sabato tra le montagne, sarebbe stato stupido. Lei era andata a letto con Evans e lui le aveva fatto chiaramente capire cosa pensasse, sebbene con metodi sbagliatissimi. Ora potevano voltare pagina ed andare avanti, ritrovando l'equilibrio che li aveva abbracciati fino a poco tempo prima, da quado si erano conosciuti.
    Lo so replicò con un mezzo sorriso, annuendo, avvicinandosi appena per sistemarle quel ciondolo al collo. Nell'agganciare la catenina, le sfiorò la pelle candida e sentì un battito mancare per quanto a lungo aveva bramato quel momento. Solo in quell'attimo si accorse di quanto dannatamente si era sentito perso senza di lei. Adorava Julian, con il quale aveva passato praticamente tutto il suo tempo, ma la Lynch era completamente un'altra cosa. Il tassello di un puzzle che credevi di aver perso. La stella in cima all'albero di Natale che lo rende perfetto. Un sorriso in una giornata piovosa. Non si sarebbe nemmeno mai aspettato di arrivare a fare dei paragoni così romantici, ma Elisabeth lo aveva stravolto come non pensava sarebbe mai successo.
    Ci mise di proposito più tempo del necessario per assaporare ogni secondo di quel contatto così inaspettato e delicato, per due fiamme come loro. Ma era okay. Loro erano okay. Non poté comunque rimandare a lungo l'inevitabile e quando ebbe finito con la collana, le porse il braccio, sorridendo di rimando, notando qualcosa di diverso nella sua espressione, qualcosa di dolce. Andiamo acconsentì, conducendola all'interno di quell'hotel così di lusso, nel quale il Miller gli aveva gentilmente consentito l'accesso. In quel semplice contatto, sentì nuovamente l'alchimia di un tempo, come se non si fossero mai separati con tutto quell'astio.
    Arrivati ai divanetti, aspettò che fosse lei la prima a sedersi.
    Quando si tolse la giacca, per poco non gli cadde la mandibola. Indossava una camicetta con un'ampia scollatura che, tuttavia, indosso a lei sembrava tutt'altro che volgare. Era così bella che si perse ad osservarla e per una volta no, non le stava guardando le tette -anche quelle, doveva ammetterlo- ma proprio come quell'abbigliamento le stava nel complesso. Magnifica.
    Anche lui afferrò il menù, interrompendo solamente per pochi minuti quel contatto di sguardi che lo faceva impazzire. Lui ordinò un arrosto di capretto rigorosamente cotto sul forno a legna -cosa che non avrebbe potuto fare con Mia, visto che è vegetariana- e non ordinò altro, essendo una porzione consigliata per due persone... e lui era uno solo. Lasciò a lei la scelta del vino, quindi quando il cameriere si fu allontanato con le ordinazioni, afferrò il drink, andò incontro a quello di lei. All'essere il nostro meno male anche nei momenti difficili ripeté, prima di aggiungere qualcos altro. Perché solo chi c'è nei momenti difficili, ha il diritto di esserci anche quando tutto va bene. E tu sei esattamente chi vorrei nei miei momenti felici. E detto ciò, fece tintinnare il bicchiere contro il suo, prendendo a sua volta un bel sorso, che sentì ardere lungo la gola ma con insolita delicatezza. Era piuttosto chiaro che quel cocktail fosse preparato con ingredienti di perfetta qualità e non con alcolici presi dal bangladino sotto casa.
    No rispose alle sue osservazioni, sollevando il pacchetto argento che aveva accuratamente incartato, sorprendendo persino se stesso. Lo posò sopra il tavolo. Volevo un posto più intimo, dove ognuno si facesse i cazzi suoi e... lontano da chiunque conoscessimo. C'era un sottile riferimento a tutte le persone che avevano minato il loro equilibrio in quegli ultimi mesi, ma non lo espresse esplicitamente, preferendo non sollevare quell'argomento. E poi una cosa importante, merita un luogo degno. Fece una pausa, spingendo verso di lei quel pacchetto non troppo grande né troppo piccolo. Dalla forma si poteva intuire tranquillamente che fosse un libro, solo che Liz non avrebbe mai immaginato che libro potesse essere.
    Se lo avesse scartato, avrebbe scoperto trattarsi proprio della copia di "Alice in Wonderland" tanto amato da sua sorella, addirittura firmato da Lewis Carroll in persona più di un secolo prima.
    Aprilo le ordinò con un'insolita dolcezza, quando avesse finito di scartare. Se lei effettivamente avesse deciso di aprire la prima pagina, vi avrebbe trovato un biglietto.

    Perché ogni stella ha bisogno del suo universo per brillare. Vuoi venire al ballo con me?


    Cameron Cohen


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    La vide.
    Finalmente, a pochi metri da lei. Erano separati solamente dall'incessante movimento dei passanti che, visto il periodo, iniziavano già ad attivarsi per comprare i loro regali di Natale ed evitare di trovarsi all'ultimo, quando tutti i prodotti migliori sarebbero stati sold out.
    Ma lui non vide la folla, non vide chi gli passava accanto. No. Lui aveva occhi solamente per lei, chiusa in quella giacca che le donava, con quella gonna che non le copriva completamente le gambe. La gonna, in realtà, era coperta dalla giacca ma era l'unico indumento che potesse lasciarle scoperte le gambe. Era perfetta in ogni suo gesto ed ogni suo movimento. Ma nel vedere che non indossava la sua collana, gli provocò una fitta alla bocca dello stomaco, perché pensò che forse l'aveva buttata via o forse era andata all'appuntamento solo per gettargliela addosso ed insultarlo. Ma poi, la parte più razionale di lui, gli ricordò che era improbabile che si fosse fatta un viaggio di sette ore su un Galeone per fare qualcosa che avrebbe potuto tranquillamente fare l'indomani o, al massimo, lunedì.
    La osservò avvicinarsi e cercò di smetterla di tormentarsi i polsini della camicia, euforico all'idea che lei fosse lì davanti, così vicina a lui.
    Quando fu vicina a lui, la osservò da capo a piedi, senza sapere esattamente come fare e cosa fare. Baciarla sarebbe stato too much, ma non voleva nemmeno regalarle un sorriso freddo come se non la conoscesse affatto.
    Ho pensato si adattasse ai tuoi gusti raffinati replicò con un mezzo sorriso, ripensando alla conversazione con Julian. Gli aveva dato la chiave di quel posto così come la sua American Express, con l'ordine di fare tutto ciò che voleva. Aveva trovato un perfetto migliore amico laddove credeva che non sarebbe più successo.
    Voi donne siete troppo superstiziose la rimbrottò, ma allo stesso tempo aveva preso la scatolina, aprendola e tirando fuori il gioiello, che aprì. Ora che era girata di spalle, poté osservarla con calma. La pelle candida del collo, i lunghi capelli non troppo chiari ma nemmeno troppo scuri, il suo profumo che avrebbe riconosciuto tra mille. Ma non quello che poteva essersi messa addosso, bensì il profumo della sua pelle.
    Le spostò delicatamente i capelli di lato e le fece passare la collana attorno al collo. La pietra, uno splendido rubino rosso, gli ricordava incredibilmente la ragazza e per questo aveva accettato di buon grado il regalo del Miller. Probabilmente gli aveva parlato così tanto di Elisabeth che anche lui, di riflesso, ora la conosceva bene.
    Fece scattare la chiusura e le risistemò i capelli in modo che le coprissero il retro del collo, proteggendolo dal vento freddo che spirava a Londra quella sera.
    Sei... bellissima si complimentò, quando si fu girata di nuovo verso di lei. E questo lo diceva perché ancora non vedeva l'outfit completo, sennò probabilmente gli sarebbe caduta la mascella.
    Andiamo concesse, offrendole timidamente il braccio come un uomo d'altri tempi. Sperò che accettasse.
    Con il passo più sicuro che riuscì ad avere, iniziò a guidarla all'interno. Lei gli aveva porto quel calumet della pace e lui non aveva intenzione di sprecare la sua occasione.
    L'hotel era meraviglioso, l'ingresso era sormontato da una enorme pompeiana di vetro dal quale scendevano come dei fili, delle lucine bianche, a rendere più regale il tutto. Ma lui quasi non lo notò, troppo occupato a guardare la sua bella con la coda dell'occhio. Quella era la loro serata e non l'avrebbe sprecata. Lo doveva a loro due ma lo doveva anche a Julian, che aveva fatto di tutto perché stessero bene, consapevole che Cameron non si sarebbe potuto permettere nemmeno mezzo minuto all'interno di quel posto. Ed invece, avevano una suite enorme prenotata per quella notte, oltre che un tavolo al ristorante.
    Ed era proprio là che la stava conducendo: un ristorante dalle luci soffuse ed i divanetti in tessuto grigio chiaro. Su ogni tavolo, c'era una candela che rendeva l'ambiente molto più romantico.
    Prima le signorine le sussurrò e se in un'altra occasione avrebbe potuto sembrare canzonatorio, in quella suonò estremamente serio.
    Come si addiceva ad ogni posto di lusso, vennero immediatamente raggiunti da un cameriere in tenuta elegante che, discreto, salutò i due e lasciò sul tavolo dei cocktail di benvenuto: un paio di Vieux Carré. Qualcosa che non aveva mai assaggiato. Julian gli aveva detto che era stato inventato a New Orleans ma non aveva altre nozioni. Era formato da cognac, rye whisky, vermouth, Bénédictine e Peychaud’s Bitters, tutti perfettamente miscelati per garantire un sapore delicato al drink.
    Il cameriere lasciò loro anche un paio di menù. Ordina tutto quello che vuoi, questa sera non badiamo a spese. Non vedeva l'ora di chiederle di andare al ballo, ma aveva paura della sua risposta. E, ad ogni modo, ogni cosa aveva il suo tempo, quindi avrebbe trovato l'occasione giusta.
    Cameron Cohen


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    Lilith era una gran gnocca e diverse volte ne aveva fatto pensieri perversi con il suo migliore amico, tuttavia non aveva mai fatto una mossa nei suoi confronti. Non perché avesse paura del suo ormai ex fidanzato, quanto per rispetto della dolcissima biondina che aveva scelto di amare. Ma poi le cose erano andate completamente a puttane a causa sua. Ma da quando aveva conosciuto Liz, non aveva più saputo farne a meno; per lui era come la droga migliore del mondo. Invece di fargli del male a livello fisico, lo rendeva vivo, lo faceva sperare che ci fosse qualcuno che potesse realmente comprenderlo nonostante i suoi casini. La Freeman ci aveva seriamente provato, ma lei era amata da tutti, non poteva veramente capire come si sentisse ogni secondo della sua vita, ad essere il reietto della società.
    Ora però non stava più con Mia, mentre con Elisabeth le cose sembravano essere esplose. Serrò la mascella. Perché diavolo era dovuta andare a letto con Evans, rovinando tutto?!
    Come al solito, tendeva a non prendersi la sua parte di responsabilità, come se fosse tutta altrui la colpa. Ma, beh, in quel caso era convinto che la causa fosse unilaterale. Quindi, trovandosi solo come mai lo era davvero stato, aveva deciso di invitare Lilith ad uscire. Certo, non c'erano interessi romantici, voleva solamente svagarsi. La elegante bottiglia di vino e la passeggiata sotto le stelle? Solamente una facciata; Cameron sapeva essere solamente un mostro, nulla più.
    Ridacchiò sommessamente vedendola sussultare, scuotendo leggermente la testa, trovandola incredibilmente buffa, in quella sua vulnerabilità.
    Mi dispiace, principessa. La prossima volta ti manderò un telegramma. Ma, come aveva ben notato Lilith, sul suo volto non era presente il solito ghigno che lo aveva accompagnato per i tre anni precedenti, bensì un sorriso malinconico, quasi sincero.
    Sei un'arguta osservatrice, devo ammetterlo la canzonò senza malizia, sollevando una mano -sorprendendo persino se stesso- e scompigliandole i ricci ribelli come se fosse la sua adorabile sorellina. In effetti avrebbe potuto essere anche così (se non avesse voluto scoparsela) perché nonostante accademicamente fosse un anno più avanti, anagraficamente il più grande era lui, essendo stato bocciato diverse volte sia a Drumstrang che ad Hogwarts.
    Anche tu, comunque, non mi sembri proprio in forma. Questo outfit non grida "Sono Lilith ed ho più coglioni di tutti voi messi insieme" come al solito. Ed in effetti quello era proprio un velato complimento, visto che era davvero cazzuta quella ragazzina che sembrava un bocciolo di rosa appena sbocciato.
    Posò la propria mano su quella di lei, il cui indice era posato sul proprio petto, e lo spostò con una delicatezza incredibile, facendole poi fare un giro su se stessa per osservarla meglio, indugiando particolarmente su quel culo da sballo che, nonostante tutto, era perfettamente fasciato dai jeans.
    Adesso lo vedrai... rispose, enigmatico, agendo poi prima che lei potesse anche solo pensare di protestare.
    Fece una finta, fingendo di dirigersi verso l'uscita, ma invece si posizionò davanti a lei e si abbassò, dandole la schiena. Allungò le braccia all'indietro, posizionandole sul retro delle sue cosce e la tirò con forza verso di sé, in modo che adagiasse il corpo contro il suo, quindi si sarebbe sollevato, tenendola saldamente con due mani sotto i glutei, senza però stringere.
    Il treno Cohen sta per partire, si raccomanda ai signori viaggiatori, di tenere le braccia e le gambe all'interno del vagoncino. Ridacchiò ancora e, con lei in groppa, si diresse finalmente verso l'uscita della Sala Comune, guardando a destra e sinistra perché non ci fosse nessuno che potesse fargli storie.
    Sei leggera come una piuma le disse, accelerando l'andatura per uscire dalla scuola e mettersi parzialmente al sicuro. I prefetti giravano anche all'esterno, ma sicuramente non facevano il giro largo con il freddo che c'era di notte. Quindi, camminò senza più aggiungere altro, fino alla Riserva delle Creature e, precisamente, fino a Sherlock Holmo. Andò dal lato che li avrebbe coperti da chiunque avesse aguzzato la vista dalle finestre del castello, quindi l'avrebbe fatta scendere, girandosi in un lampo verso di lei, con il collo della bottiglia tra due dita. Qui non ci disturberà nessuno le sussurrò a pochi millimetri dalle sue labbra, prima di avvicinarsi al ramo più basso dell'albero. Reggimi la bottiglia, tesoro le annunciò, passandole il vino ed arrampicandosi come una scimmia. Quindi, la riprese e la posò al sicuro dove nasceva il ramo, quindi sul punto più ampio. Le allungò la mano perché lo seguisse in quell'arrampicata fino al punto più alto.
    Cameron Cohen


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    Era incredibile come ogni volta che Cameron pensasse di non essere mai stato così nervoso in vita sua, puntualmente si presentasse un'altra occasione pronta a smentirlo.
    Infatti era quella sera a renderlo nervoso come proprio mai lo era stato.
    Si trovava, precisamente, davanti all'hotel The Berkeley, la chiave di una suite in tasca, mentre in quella diametralmente opposta, aveva un'American Express che pesava come il piombo. Sì, probabilmente avrebbe dovuto ringraziare Julian per tutta la vita, anche se era convinto che lo avesse fatto con il cuore. Era rapidamente diventato il suo migliore amico, lo stava facendo per lui.

    Si erano scambiati una lunga serie di messaggi, quella mattina, e Julian gli aveva lasciato la chiave della suite e la carta di credito. Nonché libero accesso a tutti i suoi soldi e per Cameron che non aveva mai visto stanze più lussuose di quelle di uno squallido motel, era come aver raggiunto il Nirvana.
    Come se non bastasse, quando era uscito dal bagno, non aveva più trovato il compagno, ma qualcos altro. Una bellissima scatolina di velluto era posata sul suo letto, con accanto un bigliettino. Cam lo prese.

    Bro, brucia questo messaggio quando lo leggi. Pensavo che fosse troppo poco, un'altra piccola spinta. C'è un bigliettino bianco. Scrivile quello che vuoi e non fare il coglione. NIENTE CHIAVE DELLA NORVEGIA, OK?!
    Mi limoni quando torni!


    Sorrise ed in quel momento si sentì immensamente grato di avere il Miller come amico. Non per il solo gesto materiale, ma proprio perché l'aveva fatto per farlo felice, per aiutarlo a conquistare Liz.
    Aprendo la scatola, trovò un gioiello meraviglioso, un rubino rosso come le fiamme che gli ardevano dentro ogni volta che vedeva Elisabeth o le stava vicino.
    Insieme all'amico, aveva ponderato le caratteristiche di entrambe le ragazze che gli avevano stregato il cuore, per venirne a capo.
    Da un lato c'era Mia Freeman, dolcissima, intelligente, brillante e bellissima, una sicurezza costante, mai imprevedibile. Dall'altro lato c'era Elisabeth Lynch, un completo salto nel vuoto. Con lei non sapeva mai come comportarsi, cosa dire e fare per non sbagliare, era un vero e proprio fuoco che gli ardeva dentro. E forse era ciò che gli serviva per essere realmente felice.
    Aveva preso il biglietto bianco ed aveva scritto un semplicissimo messaggio:

    CITAZIONE
    Stasera mettiti il tuo vestito più bello ed indossa quello che c'è nella scatola. Al The Berkeley Hotel alle 20.
    Cam

    E, per sicurezza, aveva anche trascritto l'indirizzo esatto del luogo. Dopodiché, era riuscita ad intercettare Gyll e le aveva dato il pacco, raccomandandole di recapitarlo immediatamente sul letto di Elisabeth. Avrebbero dovuto affrontare, anche se separatamente, sette ore di Galeone, quindi prima glielo faceva avere, meglio era.

    E quindi ora si trovava lì, immobile e nervosissimo, nella speranza che avrebbe accettato l'invito. Aveva qualcosa di importantissimo da chiederle e tutto doveva essere perfetto nei minimi dettagli, per quanto loro due fossero l'incarnazione dell'imperfezione, degli sbagli e degli occhi alzati al cielo.
    Si sistemò la camicia un numero inquantificabile di volte pur di rendersi il più presentabile possibile. E come ultima chicca, aveva una busta argentata con all'interno un pacchetto piuttosto vintage.
    La sua Wonderland, meritava di potersi perdere tra le pagine di quel folle mondo dal quale aveva preso ispirazione. Ma non era un libro qualsiasi preso in libreria, bensì una delle prime copie di Alice in Wonderland, autografata da Lewis Carroll in persona. Aveva più di cent'anni, era un pezzo piuttosto vintage e raro. Era appartenuto alla sua adorata Arya... quel libro che aveva fatto compagnia al cigno sulla mensola.
    Per anni si era rifiutato di toccarlo, però poi aveva pensato che dovesse andare nelle mani di chi sapesse apprezzarlo realmente.
    Cameron Cohen


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    Wonderland. Questo era ciò che aveva detto ad Elisabeth. Il romanzo di Lewis Carroll era stata la sua ispirazione, quando ne aveva scorto i lineamenti. Ed adesso avevano rischiato di mandare a puttane tutto per una cazzata, per quegli stupidi sentimenti che non davano un attimo di pace al loro cuore già tormentato.
    Il ritorno di Joshua Evans aveva inclinato pericolosamente l'equilibrio che avevano eretto con così tanta difficoltà, mandando completamente in crisi il Cohen. Nonostante avesse reagito come se di lei non gliene fregasse proprio niente, era solamente un muro che aveva innalzato per proteggersi dalle emozioni sue ed altrui, in realtà si era sentito minacciato dal ritorno del primo amore di Elisabeth, perché aveva paura che gliel'avrebbe portata via per sempre, che avesse preferito stare con qualcuno di più semplice di lui, con meno complicazioni a livello emotivo. Non che conoscesse Evans, ma dall'altro del suo sentirsi inferiore, chiunque doveva essere più semplice di lui.
    Era passato qualche giorno dalla loro litigata così furiosa sui monti, da quando si erano sputati addosso quelle parole affilate come coltelli, da quando lui le aveva addirittura lanciato una bottiglia di vodka. Da quando aveva detto di amarla, anche se lei non aveva capito. E per fortuna.
    Aveva scritto a Lilith e non aveva idea del perché le avesse chiesto di uscire in quel modo così strano, ma aveva necessariamente bisogno di svagarsi e siccome anche lei aveva passato anni a districarsi in una relazione complicata, probabilmente avrebbe saputo capirlo meglio di chiunque altro, in quella scuola.
    Aveva quindi trafugato una bottiglia di vino rosso dalla cucina -il preferito della Lynch- ed una coperta dal suo armadio. Le aveva dato appuntamento nella Sala Comune, dove la sarebbe andata a prendere. Non che avesse preparato chissà quale sorpresa; la sua idea era di recarsi alla Radura sotto le stelle e bersi tutta la bottiglia di vino. Non aveva indossato nemmeno nulla di elegante, dei semplici jeans, una maglietta nera ed una giacca di pelle.
    Quando arrivò, la vide già là di spalle, e le si avvicinò si soppiatto, allungando in avanti il braccio munito di bottiglia e posandogliela contro la guancia, un mezzo sorriso malinconico ad aleggiargli sul viso. Il vino preferito di Elisabeth. Il pensiero che forse non avrebbe mai potuto fare qualcosa del genere con lei, gli fece stringere lo stomaco in una morsa.
    Niente sarebbe stato più lo stesso senza il suo personale Wonderland. Non sapeva come avrebbe fatto ad andare avanti.
    Cameron Cohen


    Dioptase
    III Anno
    Eterosessuale

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    *Il titolo è un richiamo al fatto che abbia paragonato Elisabeth ad "Alice in Wonderland".
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    Bro, sei proprio sicuro di questa idea? Domandò, uscendo dal bagno abbracciato da una nuvola di vapore, osservandolo di sbieco, frizionandosi i capelli con un asciugamano bianco, raccogliendo l'acqua in eccesso. Era da diverso tempo che non si dedicava del tempo per se stesso e che non si faceva una doccia così lunga e rilassante, troppo preso dall'incessante ritmo della sua vita piena di imprevisti nemmeno fosse una partita di monopoli.
    Avevano avuto un'idea folle, ma sicuramente avrebbe permesso loro di evadere dai loro pensieri, andando sul sicuro con una ragazza che -se solo avesse potuto- avrebbe preso il cazzo di tutti i ragazzi della scuola. Possibilmente in contemporanea. E beh, in un momento come quello, ne aveva estremamente bisogno.
    Dammi cinque minuti che mi vesto asserì. Al momento aveva solamente un asciugamano lasciato legato in vita. Si diresse verso il suo armadio e lo spalancò, guardando cos'avesse da offrire. Non era una donna, quindi non si sarebbe messo tre ore a lamentarsi di non avere assolutamente niente da mettersi, perciò afferrò una camicia ed un pantalone nero, che abbinò a delle vans bianchissime e anche lui indossò una giacca di pelle, osservando lo spettacolare risultato allo specchio.
    Canna prima di arrivare concordò, sventolando la bacchetta per accendere quel sottile tubicino di felicità, trovandosi estremamente d'accordo con la sua idea. Oggi niente Mia, Elisabeth o Regina. Oggi noi ci divertiremo. Il tono era abbastanza duro poiché era volto a convincere più se stesso che lui, perché temeva di non riuscire a togliersi le due ragazze dalla testa. Per questo prese una profonda boccata dalla canna, inspirando finché il fumo non lo invase fino ai polmoni, svuotandolo di parte delle sue preoccupazioni.
    Possiamo andare, bro!

    Mise piede sul molo Ygdrasill sette ore dopo e si dovette trattenere per non buttarsi sul pontile e baciare il duro legno, stanco di quel fastidioso ondeggiare del Galeone sulle onde. Avevano passato quasi tutto il tempo stesi in una cabina a fare pensieri impuri sulle ragazze migliori della scuola, come la Clarke, Zuleyka, la Murphy e tante altre, quindi il viaggio era parso più leggero.
    Finalmente possiamo smaterializzarci, che non siamo più su quell'isola di merda. Gli mise una mano sulla spalla e si concentrò, pensando all'hotel intensamente in modo da arrivarci senza che si spaccassero, quindi vorticò e sparì nel nulla.

    Riapparvero in un vicoletto affianco all'hotel e Cameron si spazzolò i vestiti come se fossero pieni di polvere, dopodiché si affacciò oltre il muro per guardare se Giada fosse già arrivata. E la vide a poca distanza da loro, un vestito che lasciava poco alla fantasia. Cristo fraté, mi sta venendo duro. Indicò con un dito il culo di Giada, leccandosi le labbra. Quindi prese l'iniziativa e mosse alcuni passi verso la troietta con la quale avevano deciso di svuotarsi le palle e le posò a sorpresa una mano sulla schiena, leggera.
    Buonasera Giada, sei stupenda. Quasi vomitò per quel complimento, ma doveva pur lavorarsela.
    Cameron Cohen


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    Rilasciò un profondo sospiro di sollievo che andò ad aleggiare tra loro.
    Doveva smettere di trattarla così nonostante tutto, perché seppur non stessero più insieme e fosse stato in grado di tradire quell'angelo, le doveva del rispetto per tutto quello che avevano vissuto.
    Ricordava con precisione ogni sensazione, ogni parola ed ogni discorso di quegli ultimi anni, fin da quando si detestavano a vicenda. Perché faceva così male? Era stato lui a rovinare tutto, non di sicuro lei. Non avrebbe potuto fare il pentito, adesso, quando poteva benissimo pensarci prima.
    Arrivare a quella consapevolezza fu come una stoccata troppo violenta perché si sentì quasi colpito fisicamente e cercò di indietreggiare come se lei gli facesse paura, ma aveva il muro alle spalle e non sarebbe potuto andare da nessuna parte.
    Non replicò alla sua triste battuta, perdendosi piuttosto nello studiare i suoi occhi che erano grandi ed azzurri come sempre, ma forse un po' più spenti. Avrebbe voluto ricordarli per sempre sorridenti come quella volta che le aveva organizzato il picnic rispettando il suo essere vegetariana, oppure come quando l'aveva portata in giro per Venezia. Ma, purtroppo, non sarebbe mai stato niente come prima.
    Sei sicura di voler andare da qualsiasi parte con me? Domandò lui, insistendo nel danneggiarsi ulteriormente, invece di cogliere al volo la sua proposta e trascinarla in qualche stanza più appartata dove avrebbero potuto parlare o, meglio, dove avrebbe potuto pretendere che tornasse sua com'era stata in passato. Comunque, non si mosse da lì, limitandosi ad osservarla.
    Se solo ne fosse stato capace, l'avrebbe dipinta in quel preciso istante con quei grandi pozzi blu e quei fili d'oro che le ricadevano dolcemente sulle guance. La sua piccola non era più sua e questo, nonostante la presenza costante di Liz nella sua testa e nel suo cuore, gli fece insolitamente male.
    Scostò la mano dalla sua presa come se fosse fuoco vivo, annuendo alla sua risposta come se non l'avesse veramente sentita.
    Hai ancora gli origami che ti ho fatto? Domandò invece, chinandosi a prendere quel libro che non aveva notato prima ma che le era caduto ed ora era aperto a circa tre quarti. Probabilmente la sua ex, si era già divorata tutte le pagine che venivano prima. In quel momento, era spalancato sulla pagina della Fenice. L'animale che risorge dalle sue stesse ceneri dopo la morte. Avrebbe voluto chiederle se anche loro avrebbero potuto agire allo stesso modo, ma sapeva che non sarebbe stato affatto possibile. Lei gli sarebbe rimasta fedele probabilmente, ma era conscio del fatto che Cam non le avrebbe riservato lo stesso trattamento e si rifiutava di ferirla ancora. Voleva solamente assaggiare le sue labbra per l'ultima volta, forse.
    Si sfiorò le labbra con le dita, sperando che lei gli rimanesse impressa per sempre. Vorrei provare solo ad essere tuo amico. Okay, originariamente non erano questi i suoi piani, ma si rifiutava di pensare ad una vita senza Mia, a prescindere da che tipo di relazione avessero.
    Cameron Cohen


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