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    Aveva aspettato di allontanarsi totalmente dalla vista di Elisabeth, prima di perdere il controllo. Nel salutarla, era parso calmo e contenuto, non voleva farle vedere quanto in realtà il suo cuore fosse sul ciglio del baratro ed un semplice alito di vento l'avrebbe potuto far cadere giù.
    Aveva aspettato di allontanarsi totalmente dalla vista di Elisabeth, prima di scorticarsi completamente le mani contro un albero.
    Si era allontanato per almeno un chilometro, così che oltre alla vista, ne fosse esente anche l'udito, poi aveva iniziato a colpire un albero ancora ed ancora, finché la corteccia non iniziò a cadere in pezzi ed il tronco a macchiarsi di sangue, nonché le sue mani a riempirsi di schegge fastidiose ma che lui nemmeno sentì.
    Solo due ore dopo -ormai era quasi il pranzo-, si decise a smetterla di farsi del male e riprendere la discesa per tornare al castello. Ovviamente, decise di non finirla di tormentarsi inutilmente durante tutto il tragitto.
    Aveva tradito Mia solamente per finire bruciato dal suo stesso fuoco, ma in fin dei conti era proprio quello che si meritava per aver fatto soffrire quel delicato fiorellino biondo al quale non avrebbe mai potuto chiedere scusa, perché non avrebbe cambiato quello che era. Mia non era per Cameron e Cameron non era per Mia. Lei aveva bisogno di qualcuno che la meritasse e che non rischiasse di distruggersi ogni cinque secondi, che non era odiato e che non odiava tutti i suoi amici. Aveva bisogno di qualcuno come Foster, come Adamas -se fosse stato etero-, persino come Evans. Ma i ragazzi come Cohen non avevano niente da offrire ad una come la Freeman.
    Con questa consapevolezza furiosa, con la rabbia che gli scorreva in circolo più prepotente del sangue, arrivò finalmente nei pressi della scuola.
    Non ci volle molto prima che entrasse e si dirigesse a passo spedito verso la propria sala comune, completamente disinteressato al suo stomaco che piangeva per la fame. E sarebbe davvero arrivato dai dioptase, dove avrebbe cercato quello stronzo di Julian per dirgli quanto fosse stato un idiota con Elisabeth e con Mia, quando... adocchiò proprio la biondina stessa.
    Era quasi mezzogiorno e probabilmente si stava dirigendo a pranzo, anche se conoscendola, probabilmente lo avrebbe pure potuto saltare per rifugiarsi in biblioteca a studiare.
    Non si vedevano da una quantità considerevole di tempo, complici le casate diverse e la quasi totale assenza di lezioni in comune. Ma vedendola, sembrò quasi scattargli qualcosa nel cervello: l'unico modo per dimenticare il passato, era abbracciarlo e farlo suo affinché diventasse il presente. O almeno, quella era la concezione che aveva lui.
    Si avvicinò quindi come un lupo famelico che aveva appena visto l'innocente cappuccetto rosso passeggiare nel bosco, quasi eccitato dall'idea che avrebbe finalmente potuto toccare nuovamente quella morbida pelle e quelle dolci labbra.
    Si fermò davanti a lei e, prima di poter dire qualsiasi cosa, le afferrò i polsi. Aveva bevuto una quantità considerevole di vodka ma non per questo aveva perso completamente il senno ed era ancora memore delle paure che Mark le aveva causato, quindi la presa fu leggera, attenta a non farle male. Sotto sotto, era ancora il Cameron dolce che lei aveva imparato a conoscere. La trascinò in una nicchia del corridoio invisibile alla vista a meno che non si fosse saputo esattamente cosa cercare.
    Mia sussurrò con voce roca, l'alito che sapeva da vodka. Sono stato un coglione e tu mi sei mancata. Perdonami. Ti prego, solo per oggi. Un turbine di disperazione lo aveva avvolto ed avrebbe fatto di tutto per non pensare almeno per un giorno. Compreso il piegarsi alla sua altezza e premere le proprie labbra sulle sue, costringendola -sempre delicatamente- contro il muro.
    Cameron Cohen


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    Non si sarebbe sbilanciata affermando che le cose ora andavano bene, ma se non altro stavano migliorando. Se si guardava indietro e analizzava la se stessa prima dell’estate poteva affermare con una certa onestà di aver fatto notevoli passi avanti, forse più di quelli che si sarebbe aspettata.
    La rottura con Cameron era stata come aveva sempre temuto: improvvisa, dolorosa e violenta. Aveva sempre avuto paura di che cosa le sarebbe successo nel momento in cui si sarebbe stancato di lei, almeno all’inizio lo aveva reputato inevitabile, eppure non era comunque pronta a quello che era successo. Certo, non aveva potuto prevedere un tradimento, quello era ben lontano dai suoi piani e in un certo senso forse era la parte che aveva fatto più male.
    Ammetteva senza problemi che la loro fosse sempre stata una coppia particolare, nessuno sembrava credere che lei e Cameron potessero durare a lungo e forse proprio quell’aspetto del loro rapporto l'aveva sempre intrigata. Non era una che ricercava relazioni complicate, le erano successe abbastanza cose da non volersi cercare nuovi problemi, eppure le sembrava che le loro differenze rendessero il loro rapporto ancora più voluto e profondo. Nonostante tutto si erano scelti no? Doveva esserci qualcosa di romantico nel loro superare le difficoltà senza separarsi.
    Era certo che ci fosse stato davvero, che il loro legame fosse stato saldo e sicuro almeno fino ad un certo punto, e nonostante tutto non riusciva a negare che quel che avevano condiviso era stato speciale, forse per certi versi impossibile da replicare. Sapeva di avere lasciato a Cameron parecchie "prime volte", cose che non avrebbe più sperimentato con nessun altro, non allo stesso modo.
    Forse la parte che aveva più faticato a digerire era che, nonostante gli sforzi fatti fino a quel momento, lui non avesse pensato di lasciarla ma di tradirla, per di più con Elizabeth Lynch. Non aveva niente contro l'altra ragazza, o quantomeno non la detestava prima di quell'estate, forse non aveva mai stravisto per lei ma aveva anche provato a fare dei passi nella sua direzione, a non escluderla troppo, ad essere comprensiva. Era arrivata addirittura a sentirsi in colpa per essere stata più distaccata del solito con una persona che sembrava capire Cameron così bene, e ora si sentiva sciocca per esserci ricreduta.
    Aveva davvero avuto senso sesto senso fin dall'inizio? Forse. In ogni caso si era impegnata parecchio per "farsela passare", e se anche non poteva affermare di stare bene fino in fondo, comunque le cose erano migliorate almeno in parte. Si sentiva meno tesa, anche ora che vivevano nello stesso posto, e non sentiva più le mani fremere ogni volta che incrociava la Lynch per i corridoi, anche se si assicurava succedesse meno spesso possibile. Sapeva bene di non poter evitare nè lei nè Cameron per sempre, ma fino a quel momento ci era riuscita senza enormi sforzi.
    Aveva anche ripreso confidenza con l'idea di essere circondata dalle persone, di non essere più rinchiusa nella sua cameretta, dove poteva piangere, disperarsi o solamente cercare il silenzio senza farsi problemi: essere tornata a scuola e, per di più, essere ancora Prefetto significava dover aver a che fare con gli altri studenti, farci anche amicizia quando e se possibile e provare ad essere la solita Mia di sempre. Ecco, forse quella parte era la più difficile da perseguire, forse non poteva tornare la "solita Mia di sempre" ma poteva comunque provare ad essere una versione di se decente.
    Si era accorta che era ora di pranzo solo per caso e si era inserita nel flusso di studenti diretti verso la Sala Grande mentre leggeva ancora un libro di Cura delle Creature Magiche appena recuperato in biblioteca, e proprio perchè immersa nella lettura aveva reagito in ritardo a quello che stava accadendo. Prima di rendersene conto si era ritrovata spinta contro una nicchia del muro, il libro che le cadeva sui piedi, i polsi tra le dita calde di Cameron e le labbra premute contro le sue. Sentì il cuore schizzare nelle tempie, il respiro farsi affannato e la cosa più istintiva che le venne da fare, sul momento, fu mordergli un labbro per poi cercare di divincolarsi per quanto possibile dalla sua presa.
    "Cosa cazzo fai?" si ritrovò a ringhiare, in una risposta che non le sembrava nemmeno sua e che si attenuò solo quando realizzò che sapore avesse ora sulle labbra. "Sei... ubriaco?! A quest'ora?" aggiunse quindi subito dopo, il tono già più basso e lo sguardo preoccupato, anche se velato ancora dalla rabbia e dal fastidio del momento.

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    Il sapore metallico del sangue lo colse totalmente alla sprovvista, andando a mescolarsi con quello più intenso della vodka, creando una dicotomia che, a conti fatti, non risultava così spiacevole. Almeno, non per lui e la devastazione che aveva nel cuore, non dissimile da quella che si lasciava dietro ogni volta che provava ad affezionarsi a qualcuno.
    Non riuscì ad opporsi troppo, non ne ebbe nemmeno le forze, ed indietreggiò, lasciandole i polsi liberi ma lanciandole un'occhiata di ghiaccio nei suoi occhi nocciola.
    Non ti facevo tipa da dire certe parole replicò Cameron quando si fu ripreso abbastanza da riuscire a parlare, indossando quel suo solito sorriso sgangherato di chi non ha paura di niente, da menefreghista e stronzo. Certo che preferivo che la bocca la usassi per altro sbuffò in un sussurro poco chiaro. Magari intendeva solo per baciarlo, no? Beh, Cohen non aveva la minima idea di quello che stesse dicendo o facendo, erano la rabbia e l'alcol, la disperazione e la frustrazione, a parlare o agire per lui.
    Non lo vedi? Stavo provando a scusarmi. Forse non era una buona idea scusarsi in quel modo dopo averla trattata male, averla tradita ed essersi comportato da grandissimo pezzo di merda, tuttavia era l'unico modo in cui sapeva esprimersi, nessuno gli aveva mai insegnato come ci si comportasse davvero e, d'altro canto, lui non si era mai eccessivamente impegnato per capire come si facesse.
    Non sono ubriaco. Ho solo bevuto un po' asserì, scivolando indietro e posando la schiena contro il muro, incrociando le braccia ed osservando la biondina dall'alto. Era un angelo, esattamente come si ricordava che fosse. Avrebbe voluto infilare le dita tra quei fili biondi e dimenticare tutto quanto per un'ora. E quindi lo fece, iniziò ad accarezzarle i capelli con la dolcezza di un tempo e lo sguardo velato di sincera malinconia. Il suo io più profondo stava lottando contro la vodka offerta da Elisabeth e per fortuna ebbe diversi sprazzi di sobrietà.
    Perdonami, Mia. Eravamo così belli, tu eri così bella. Ma ho rovinato tutto, come sempre. Ma ti avevo avvertito, ricordi? Io distruggo tutto ciò che tocco. E poi, improvvisamente, traditrice, una lacrima lo tradì come lui aveva fatto con la bionda, scivolandogli lungo la guancia. Non sapeva cosa gli prendesse esattamente, aveva cercato di mettere ordine dentro di lui, ma era stato impossibile... Elisabeth e Mia lo avevano mandato completamente in cortocircuito, non sapeva più come comportarsi con nessuna delle due. Aveva appena piantato un casino terribile -aveva ancora la guancia rossa per lo schiaffo- con la prima perché era stata di nuovo a letto con Evans, eppure lui non era molto diverso.
    Perché mi respingi? Hai un altro?
    Tipico di Cameron non capire proprio i suoi fottuti errori, non completamente, almeno.
    Cameron Cohen


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    Non si sarebbe mai definita violenta e quel genere di reazione non era da lei, tanto che sentì comunque le mani tremare leggermente, costringendola a nasconderle incrociando le braccia al petto. Sentì il senso di colpa montare quasi subito, anche se questa volta mescolato a più rabbia e fastidio del solito.
    Non amava essere aggredita in quel modo, ogni volta che qualcuno si intrometteva nel suo spazio personale in modo imprevisto si irrigidiva e le sembrava di tornare a quando, tempo prima, non tollerava nemmeno che un ragazzo la sfiorasse, anche se rendeva chiare le sue intenzioni. La cosa che più la infastidiva era che Cameron lo sapeva più che bene, aveva affrontato con lui ogni passo del suo percorso di guarigione, e ora si imponeva così?!
    Non l'aveva spaventata comunque quanto avrebbe dovuto, sospettava che una parte di lei lo avrebbe sempre riconosciuto anche in mezzo una folla, e avrebbe riconosciuto il suo tocco e il suo calore anche dopo anni. Le faceva male quella sensazione di famigliarità, la vaga sensazione che avrebbe potuto tornare a fidarsi di lui anche dopo tutto quello che le aveva fatto.
    Non riuscì a prendere con la solita leggerezza le sue parole però, e quando l'altro la apostrofò senti un brivido di vergogna e di ripugnanza comunque, all'idea che potesse davvero farle allusioni di un certo tipo dopo tutto quel che era successo. Poteva sbagliarsi, ma quello le sembrava più il Cameron stronzo che aveva sempre visto da lontano che il "suo" Cameron, che non le avrebbe mai suggerito di usare le sue labbra davvero altrove, non con quel tono almeno. "Se continui così penso che ne userò anche di peggiori." ammise con distacco, prendendosi qualche istante per studiarlo meglio, cercando di capire quanto fosse lucido e quanto invece mosso dall'alcool e non sapeva nemmeno cosa sperare.
    Una parte di lei preferiva pensare che fosse ubriaco marcio piuttosto che pensare che potesse trattarla così da sobrio, d'altra parte però cosa poteva essergli successo per ridurlo così a quell'ora? Avrebbe dovuto allontanarlo, le sembrava quasi di sentire Blake urlarle nell'orecchio di andarsene e lasciarlo da solo, ma alla fine lanciò un'occhiata alla Sala Grande e sospirò piano, arrendendosi all'idea di saltare l'ora di pranzo.
    "Direi comunque fin troppo per stare qui, forse è meglio andare in un posto più tranquillo?" propose, cercando di essere condiscendente e optare per il male minore. Forse davvero un po' di pace avrebbe giovato ad entrambi, anche se si pentì della sua offerta quando l'altro cominciò a passarle le dita tra i capelli, portando il suo stomaco a ritorcersi all'istante. Non era ribrezzo quello, anzi, si chiedeva come avrebbe mai potuto chiudersi in una stanza da sola con Cameron che cominciava ad accarezzarla e...piangere? In quel momento anche il suo cuore si strinse in una morsa, portando i suoi occhi a diventare lucidi.
    "Me lo avevi detto." rispose solo, a fatica, e in parte fu quasi felice di quella domanda fuori luogo, anche solo perchè la riportò alla realtà. Alzò gli occhi al cielo, prendendogli un polso per togliergli le dita dai propri capelli.
    "Ti respingo perchè hai fatto già la tua scelta Cameron, e ora non puoi tornare qui, baciarmi e pensare che sia tutto come prima."

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    Rilasciò un profondo sospiro di sollievo che andò ad aleggiare tra loro.
    Doveva smettere di trattarla così nonostante tutto, perché seppur non stessero più insieme e fosse stato in grado di tradire quell'angelo, le doveva del rispetto per tutto quello che avevano vissuto.
    Ricordava con precisione ogni sensazione, ogni parola ed ogni discorso di quegli ultimi anni, fin da quando si detestavano a vicenda. Perché faceva così male? Era stato lui a rovinare tutto, non di sicuro lei. Non avrebbe potuto fare il pentito, adesso, quando poteva benissimo pensarci prima.
    Arrivare a quella consapevolezza fu come una stoccata troppo violenta perché si sentì quasi colpito fisicamente e cercò di indietreggiare come se lei gli facesse paura, ma aveva il muro alle spalle e non sarebbe potuto andare da nessuna parte.
    Non replicò alla sua triste battuta, perdendosi piuttosto nello studiare i suoi occhi che erano grandi ed azzurri come sempre, ma forse un po' più spenti. Avrebbe voluto ricordarli per sempre sorridenti come quella volta che le aveva organizzato il picnic rispettando il suo essere vegetariana, oppure come quando l'aveva portata in giro per Venezia. Ma, purtroppo, non sarebbe mai stato niente come prima.
    Sei sicura di voler andare da qualsiasi parte con me? Domandò lui, insistendo nel danneggiarsi ulteriormente, invece di cogliere al volo la sua proposta e trascinarla in qualche stanza più appartata dove avrebbero potuto parlare o, meglio, dove avrebbe potuto pretendere che tornasse sua com'era stata in passato. Comunque, non si mosse da lì, limitandosi ad osservarla.
    Se solo ne fosse stato capace, l'avrebbe dipinta in quel preciso istante con quei grandi pozzi blu e quei fili d'oro che le ricadevano dolcemente sulle guance. La sua piccola non era più sua e questo, nonostante la presenza costante di Liz nella sua testa e nel suo cuore, gli fece insolitamente male.
    Scostò la mano dalla sua presa come se fosse fuoco vivo, annuendo alla sua risposta come se non l'avesse veramente sentita.
    Hai ancora gli origami che ti ho fatto? Domandò invece, chinandosi a prendere quel libro che non aveva notato prima ma che le era caduto ed ora era aperto a circa tre quarti. Probabilmente la sua ex, si era già divorata tutte le pagine che venivano prima. In quel momento, era spalancato sulla pagina della Fenice. L'animale che risorge dalle sue stesse ceneri dopo la morte. Avrebbe voluto chiederle se anche loro avrebbero potuto agire allo stesso modo, ma sapeva che non sarebbe stato affatto possibile. Lei gli sarebbe rimasta fedele probabilmente, ma era conscio del fatto che Cam non le avrebbe riservato lo stesso trattamento e si rifiutava di ferirla ancora. Voleva solamente assaggiare le sue labbra per l'ultima volta, forse.
    Si sfiorò le labbra con le dita, sperando che lei gli rimanesse impressa per sempre. Vorrei provare solo ad essere tuo amico. Okay, originariamente non erano questi i suoi piani, ma si rifiutava di pensare ad una vita senza Mia, a prescindere da che tipo di relazione avessero.
    Cameron Cohen


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    Non aveva idea di che cosa si aspettasse da parte sua, d'altra parte aveva già capito che le cose tra lui ed Elizabeth sarebbero durate, con ogni probabilità, e non poteva fare niente per contrastare quella verità. Lo aveva realizzato alla festa di inizio anno, quando li avevi visti assieme e aveva capito, suo malgrado, che erano troppo vicini, troppo in sintonia per poter essere stati una "scopata" e basta, come aveva detto Cameron la prima volta che si era confessato.
    Se non altro sospettava che la sincerità fosse un buon strumento anche in quel momento, se avessero anche cominciato a mentirsi a vicenda non aveva idea di che cosa di buono avrebbero potuto trarre da quel momento. E doveva pur essere una parte buona no?! "No." ammise alla fine, mordendosi piano il labbro inferiore. "Non penso sia saggio andare da qualche parte da soli ma sospetto non lo sia nemmeno rimanere qui." rispose poco dopo, cercando di addolcire la prima risposta in qualche modo.
    Vederlo allontanarsi da lei in quel modo faceva male, ma al tempo stesso non sarebbe riuscita ad accettare una vicinanza fisica come quella, così delicata e quasi gentile -in contrasto col resto- troppo a lungo.
    Aveva pensato più e più volte a che cosa sarebbe successo se si fossero parlati di nuovo, quando sarebbe successo. Sapeva che quel momento sarebbe arrivato ma pensava che sarebbe stato tutto più chiaro e netto, preciso e definito. In quel momento invece provava solo confusione, non capiva dove l'altro volesse andare a parare, che cosa di preciso volesse ottenere con quel discorso, perchè l'avesse cercata in primo luogo e che cosa volesse comunicarle. Per quel che la riguardava era piuttosto convinta che fosse lì per qualcosa che non fosse chiederle di tornare assieme o qualsiasi altra ragione ci fosse dietro a domande come quella che le aveva appena rivolto.
    Era...interesse? Come avrebbe dovuto sentirsi al riguardo? Si ritrovò a sospirare piano, corrucciando appena le sopracciglia per poi scuotere piano la testa. "Certo... certo che li ho ancora. Hai intenzione di chiederli indietro?" domandò di getto per poi cercare di riprendere il controllo e sospirare piano. "Non intendevo... solo sì, li ho ancora, certo che li ho ancora." provò a correggersi pur sapendo che era troppo tardi.
    Seguì lo sguardo dell'altro verso il libro rimasto aperto a terra ma non lesse niente nell'immagine della fenice, che svettava decisa sulla pagina, e si chinò per raccoglierlo giusto in tempo perchè le parole dell'altro la colpissero in pieno petto. Si portò il libro al petto e lo strinse appena, rialzandosi con più calma del necessario per cercare di soppesare le parole con cura. Provò a calibrare la sua reazione, a non essere troppo dura, ferma o fredda, anche perchè sospettava di non riuscirci su un argomento come quello. " Io... non credo di riuscirci adesso. Forse, un giorno ma... forse per te è stato facile, non lo so, ma per me non lo è. Non ancora almeno." ammise alla fine, cercando di mantenere fede alla sua promessa di essere quantomeno sincera

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    Sorrise.
    Su qualcosa sembravano essere d'accordo, ovvero sul fatto che non potessero andare da nessuna parte e restare soli perché o sarebbe finita con lei che gli tirava i libri oppure di lui che la convinceva a cedere elargendole false promesse romantiche. Non che volesse fossero false, ma semplicemente non aveva la benché minima capacità di mantenerle.
    E allora che cosa facciamo? Andiamo a pranzo? Propose senza troppa convinzione perché era convinto che lei non volesse mantenere quella vicinanza ancora per tanto. E lui neppure. Aveva paura delle sue azioni e delle sue reazioni, di tutto ciò che sarebbe potuto succedere se solo avesse ceduto a lei. No, non poteva. Non dopo ciò che era successo con Elisabeth solamente qualche ora prima. Non sapeva se non lo facesse perché sarebbe stato irrispettoso o per quale motivo, tuttavia doveva allontanarsi al più presto. Ma i suoi piedi sembravano incollati al pavimento.
    La sua testa scattò verso l'alto a quella risposta e protese entrambe le mani avanti, muovendole freneticamente, seguite dal medesimo movimento del capo. No, no, no. Non me li voglio riprendere. Sono tuoi, te li ho regalati. Volevo solo sapere se... beh, se li avessi buttati. Lui non aveva buttato proprio nessun regalo di lei e gli si sarebbe spezzato il cuore se lei lo avesse fatto. Non sarebbe stato pronto ad un "no, non ce li ho più": non avrebbe dovuto fare domande se non era pronto a sentire la risposta, eppure la fece comunque. Per fortuna, la risposta non lo deluse.
    La osservò con attenzione chinarsi a raccogliere il libro, i movimenti estremamente lenti e calcolati, silenziosi e molto... da lei. Avrebbe voluto, anche in quel momento, esitare prima di fare richiesta la quale risposta avrebbe potuto essere decisamente troppo pericolosa. Ed infatti, un pugnale gli si conficcò a fondo nel petto.
    Come... puoi dire una cosa del genere? Soffiò in un sussurro, portandosi una mano al petto come se davvero lei gli avesse infilato un coltello nel cuore. Non è stato facile, non lo è e non lo sarà mai. Sono un casino, Mia. Ti ho fatto del male, ho rovinato il fiore più bello di tutti. Fece una pausa, sollevando l'indice e trattenendo il respiro come se facesse fatica ad esalarlo. Ma non pensare mai che le mie azioni mi siano piaciute, che non me ne penta e che dimenticarti sia facile. Mai. Uscì dalla nicchia, mettendo una discreta distanza tra loro, con un altro sorriso triste sul volto, perché avrebbe dato qualsiasi cosa per tornare come prima, ma non si poteva e lo sapevano entrambi. D'altro canto, non voleva né poteva nemmeno forzarla, quindi si limitò a lasciarle tutto lo spazio che desiderava. Un giorno saremo amici, piccola Freeman. Un sussurro costernato, ma alla fine ce la fece a parlare.
    Cameron Cohen


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