Posts written by Alyce Coffey

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    Tanto quanto la delusione di Jacqueline nel sapere che la memoria di Alyce non era allenata nel ricordare il suo volto, la rossa sembrava non aver necessità di rimediare a quel cuoricino spezzato, quasi come se le pillole prese poco prima avessero inibito ogni suo senso. Non era cattiveria, la sua, ma semplicemente era in quello stato di tranquillità che le medicine le avevano procurato.
    Ascoltò le parole della bionda, annuendo di tanto in tanto, trovandosi ad inclinare il capo quando le disse che la sua specialità fosse ben altra.
    La curiosità della rossa, però venne mandata via per qualche istante a farla riposare in qualche angolo del suo cervello che ancora non ci è dato sapere, infatti la prima domanda che fece lei, fu totalmente un'altra.

    «Sai che gli incassi rientrano tutti qui dentro e che la paga non è poi così alta? Spesso ti troverai a far fronte alle richieste peggiori, non devi cedere e devi far sì che loro siano sempre soddisfatti. Ma se solo uno ti tocca, le sue man diventeranno pasto per il mio Muffin?»

    Come se l'altra sapesse chi fosse Muffin, poi. Tuttavia, il concetto era decisamente un altro: le ragazze di Alyce non andavano toccate. Lei avrebbe dato fuoco a chiunque avesse tentato di trattarle male.

    «Non c'è niente che tu debba fare, se non vuoi farlo. Non ci sono prestazioni gratuite o giri di prova. Qui dentro, tutti devono pagare per quello che fai. E ... Brian lo servo io. Per gli auror che arrivano qui, devi cercare di prendere da loro ogni singola informazione possibile. Gli uomini e le donne sono facili a parlare quando c'è di mezzo il sesso e l'alcol. Loro soprattutto, frustrati del cazzo.»

    Sputò veleno su quella categoria che a lei stava sempre più sulle palle, quindi cercò di dimetnicare il fatto che avesse parlato di Brian, come se potesse darle fastidio l'idea che andasse a letto con lei.
    La guardò intensamente. Quindi si piegò in avanti, avrebbe tentato di afferrare piano il suo volto, avvicinandolo al proprio macinando totalmente le distanze tra loro, fino ad un palmo dal viso dell'altra.

    «Se ti toccano, io prenderò i loro cuori, maciullerò le loro ossa e farò un tappeto con la loro pelle. Sono stata chiara?»

    Sembrava stesse minacciando lei, quando invece era solamente il contrario, mentre nelle sue parole cercò di imprimere quanta più autorità avesse dentro, stampando i suoi smeraldi negli occhi dell'altra.

    «Vuoi farmi vedere di cosa sei capace?»

    Glielo sussurrò alla stessa distanza che avrebbe annullato se lei non si fosse tirata indietro, quindi avrebbe indicato con gli occhi un privè alle loro spalle. A lei la mossa per ottenere quel posto.
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    «Hai sentito, Muffin? Un nuovo fratello. Nono, non ci piace questa cosa.»

    Il dito indice di Alyce stava giocando con le due zampette della sua acromantula nana, che sembrava elargire dolcezza solo alla propria padrona, mentre la rossa alternava una pillola, con un bicchiere di rum. Quell'apparizione di Evan di qualche settimane prima aveva mandato in crash tutto il lavoro che stava facendo, cercando di rimanere sobria e pulita. Cioé, pulita no, ma ecco, stava riuscendo a non avere un'overdose in quel periodo. Ma tutto stava andando lentamente a puttane, così com'era andata a puttane la sua infanzia, la sua adolescenza e tutto il resto della sua vita.
    Aveva visto uno spiraglio di grigio solo quando aveva incontrato Brian, ma quello spiraglio era andato a farsi fottere anche quella volta. Non aveva cercato il docente, sapeva che avrebbe risistemato il suo casino con un solo algido sguardo, dove a lei piaceva morire dentro quegli occhi. Era come se voleva sentire quella sofferenza frantumarla in mille pezzi, era come se volesse star male, non permettendo all'insegnante di lenire quelle ferite.
    Però c'era una persona che doveva sapere, c'era una persona che necessitava di conoscere quanto la sua vita stesse andando in frantumi, perché era la loro vita.

    «Muffin, Muffin, Muffin... dovresti mangiare... che ne dici se vai a recuperare qualche croccante dito di qualche stronzetto?»

    Sbiascicava, mentre ingoiava una nuova pillola. Aveva perso il conto, ma sapeva che aveva rovesciato sul bancone quasi tutti i tubicini dei suoi psicofarmaci, così da poter fare un sano aperitivo con essi.
    Quando arrivò Peter, i due omoni all'entrata arrivarono e in coro parlarono ad Alyce, che capì circa lo 0,0001% delle loro parole, se non sopra e fratello.

    «Oh, Pete

    Squittì il nome del fratellone alzando il capo, seppur con flemma cronica si sollevò, facendo rovesciare qualche bicchiere a terra, beccandosi gli sguardi preoccupati di Luke.

    «Ancora un bicchiere e vado.»

    Si mormorò a se stessa, afferrando una bottiglia di rum e attaccandosi. Mentre la rossa scolava le bottiglie, alla porta di Peter arrivò il barman. La spalancò senza bussare e i suoi occhi si soffermarono sul biondo.

    «Questa volta non regge. Se non ci pensi tu, lo farò io.»

    Algido come sempre, ma Peter ben sapeva che Luke, per Alyce, avrebbe dato anche l'anima in pasto ai dissennatori, anche solo per un'attenzione della rossa, che sembrava invece non averne per niente per l'altro. L'uomo se ne andò, scivolando e lasciando Peter in silenzio.
    Pochi attimi dopo, tra un casino frastornante di passi strascicati, arrivò la rossa. Inciampò nei suoi stessi passi, gli occhi avevano le pupille dilatate e quando aprì la porta, poco ci mancò che non cadesse di faccia a terra. Si salvò solo perché barcollando malamente, arrivò a scivolare sul fratello.

    «Peteeee»

    Mormorò, cercando rifugio nell'incavo del suo collo e insipirando il suo profumo così familiare. Le labbra si posarono sul collo del ragazzo, iniziandolo a baciare lentamente, mentre una mano, fredda come il ghiaccio, cercava di scivolare sul jeans del fratellone, ricercando l'intimo di lui.
    Sesso, droga e alcol.
    I rifugi perfetti per lei.
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    Passare dei giorni in Cornovaglia con Peter non era stata una cattiva idea. Alyce aveva sempre vissuto in funzione del fratello e questo aveva fatto sì che legassero in una maniera completamente differente da ciò che un rapporto fraterno avrebbe potuto contemplare. Il loro andava oltre ogni limite della decenza, erano cresciuti nell'inferno e l'uno era l'angolo di paradiso dell'altro.
    Lei non amava tanto al Cornovaglia, ma qualsiasi posto, insieme a Pete sarebbe stato bello, se fossero stati da soli. Aveva avvisato Brian che non ci sarebbe stata, quel weekend e che avrebbe passato le giornate con il fratellone. Non sapeva perché, ma sentiva di dover avvisare il docente della sua assenza, visto che ormai era diventato assiduo visitatore del suo loft, quindi preferì non nascondergli il fatto che se fosse andato da lei, non l'avrebbe trovata.
    Era notte e Alyce stava dormendo nel lettone con il biondo, lo facevano sempre quando erano piccoli e Peter aveva la capacità di far addormentare Alyce in un solo secondo. Questa cosa non era cambiata, riusciva a farla star bene anche senza le pillole, seppur le sue voci a volte tornavano, a differenza di quello che accadeva con Brian.
    Peter era la sua persona e questo non sarebbe cambiato davanti a niente. Anche quella notte era lì, con lei, mentre lei sonnecchiava avvinghiata a lui, una gamba sul suo bacino, le braccia attorno al suo petto e la testolina rossa posata sulla sua spalla, monopolizzando il suo corpo.
    Sentì l'altro agitarsi, la presa su di lui si strinse di più, mentre il corpo mezzo nudo della rossa strisciava su quello altrettando svestito del fratello. Era normale per loro dormire così, lei in intimo, lui anche. Nessuno avrebbe cambiato il loro rapporto.
    Nessuno.
    Era in uno stato di dormiveglia, quando quelle parole le arrivarono leggere, dolci e calde. Scivolò con il corpo ad aggrapparsi ancora di più al suo, quasi salendogli addosso, mentre mugugnava teneramente in quello stato tra il sonno e la veglia.

    «Anche io, Pete

    Gli mormorò, sollevando il capo a cercare le sue labbra per donargli un dolce bacio su quello inferiore. Piano sollevò le palpebre, ancora addormentate, mostrando lo smeraldo acceso dei suoi occhi.

    «Cosa c'è che non va, fratellone?»

    Domandò con una lentezza dovuta allo stato di sonnolenza, mentre il suo bacino sfregava su quello di lui.
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    Alyce era fuori da ogni schema sociale e non. Era strano per tutti non accorgersi di qualcuno davanti ai propri occhi, ma a meno che quel qualcuno non era Brian, per Alyce nessuno aveva talmente tanta importanza da poter attirare la sua attenzione e far tacere le voci che le affollavano la testa.
    Inutile a dirlo, ma nemmeno una bella ragazza poteva essere un'ottima distrazione per lei, che invece aveva da tenere a bada tutte quelle personalità che mettevano a dura prova la sua sanità mentale.
    Luke mise sul tavolo due bicchieri alti, probabilmente le aveva preparato una margarita, non che fosse il suo preferito, ma si intonava perfettamente con i gusti della rossa.
    Alyce non aveva nemmeno il barlume di nascondere il fatto che non si ricordasse minimamente della ragazza davanti a sé, ma quando questa nominò Luke, lo smeraldo della proprietaria si spostò sul barman per alcuni frangenti. L'uomo, dal suo canto, era distratto e di spalle a Jacqueline, mentre lucidava i bicchieri. Non ebbe nemmeno bisogno di voltarsi a guardare Alyce, sapeva che la rossa aveva puntato il suo sguardo su di lui e per tale motivo non fece altro che impilare un bicchiere in una fila, per poi sfilarlo, batterlo sull'acciaio e spostarlo di fila. Alyce annuì leggermente, quindi tornò con lo sguardo sulla bionda «Non ricordo affatto, ma non importa. Sei una ballerina? Una cameriera? Cosa, per l'esattezza?» - domandò iniziando a bere il suo cocktail.
    La rossa non era in carenza di personale, ma come aveva detto Luke, quella donna era parte dell'Acromantula e quello era il posto migliore per farla restare, qualora avesse avuto necessità di un lavoro «Sai già i nostri orari di lavoro, no?» - domandò sbuffando appena, non per noia, quanto per abitudine.
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    Tutto era stato aggiunto e gli occhi smeraldo della ragazzina dai capelli rossi non avevano lasciato un attimo via libera alla procedura, come se volesse coglierne ogni pratica e ogni mossa della pozionista. Magari un giorno sarebbe servito ripeterla, no?
    Ma forse anche no.
    Sussultò allo scoppio proveniente dal calderone e sorrise per essersi spaventata senza motivo. Aveva già riflettutto abbastanza su come avrebbe potuto distribuire quel virus, ma lei, in parte, aveva la strada spianata dal ruolo che aveva in quel locale che aveva fatto da testimone ad una grande creazione «Io mi occuperò di metterlo in qualche cocktail e di creare delle pasticche adatte. I miei clienti chiedono spesso delle droghe alle nostre ragazze. Un gioco da ragazzi.» - quindi con lo sguardo si rivolse a Luke, che era il diretto interessato della preparazione dei cocktails. Ce ne sarebbero state delle belle, ma ora c'era qualcosa che urgeva sapere «Mina, quanto è contaggioso? Insomma, noi rischiamo di prenderlo se lo spargiamo qui dentro?» - aggrottò la fronte, forse una delle domande che nessuno aveva posto, riguardante il contagio. Probabilmente era l'unica a cui interessava, ma insomma - bastavano già tutti i suoi problemi mentali, non voleva un virus potenzialmente letale ad infettarle l'organismo.
    Si avvicinò a prendere la sua boccetta e la rigirò tra le dita, guardandone il colore violaceo dalle sfumature smeraldo che si muoveva nel vetro della dose.

    15 giorni dopo

    «Io odio queste feste, Luke.» - la rossa continuava a lamentarsi in continuazione, vedendo un sacco di gente entrare nel locale. Sbuffava e risbuffava, come se la cosa potesse veramente servire a qualcosa. Luke continuava a preparare i cocktails di benvenuto «Sì, ma questo è il momento adatto per poter fare ciò che sai.» - il barman non aveva tutti i torti, ogni persona che entrava consumava e qualsiasi mago o strega lì presente era un potenziale contagiato.
    Alyce scese dal bancone delle bottiglie sul quale era seduta, quindi si mise a manovrare su alcuni bicchieri, aggiungendo poche gocce della pozione «Questi sono pronti.» - disse passando i bicchieri al bancone e guardando la gente berli senza alcun timore.
    «Sono stanca, vado giù. Chiamami se ci sono problemi e dai le pasticche alle ragazze.» - e così dicendo prese una bottiglia di rhum e scese in una delle stanze migliori che potesse aiutarla a recuperare serenità.
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    Strano come Mina sembrava aver attirato l'attenzione di tutti con semplici parole. Doveva ammettere che con l'arte oratoria ci sapeva fare.
    Alyce non badò all'impresa di Luke, consapevole che - essendo uno delle prime linee di Damien - sapesse il fatto suo.
    Un sorriso invece le si accese alle parole di Brian, che bastarono per compensare la necessità che aveva avuto durante la doccia, riaccendendole un attimo di eccitazione.
    Eccitazione che venne aumentata quando scoprì perchè erano là. Non poteva che trovarsi d'accordo con ogni parola e quando guardò lei, la rossa sorrise smagliante, a trentadue denti, confermando quanto si fosse divertita.
    Probabilmente molti dei presenti erano attori di quello che era stato l'attentato allo Stadio, ma ad Alyce poco interessava cosa veramente avessero fatto gli altri, piuttosto che quello che aveva fatto lei stessa.
    Si stava un tantino annoiando tra quei giri di parole troppo larghi per poter veramente avere l'attenzione anche della rossa; lei era più una da detto, fatto; sospirò appena, prendendo tra l'indice e il medio una ciocca di capelli rossi e iniziando a giocarci, così da cercare di non sbadigliare a tutto quel parlare della pozionista.
    La sua mente, in realtà, non era presente quando Mina prese alla larga il nocciolo della questione. Ma a cosa stava pensando Alyce? Facile. In quella stanza c'erano elementi a lei interessanti - Spike, Evan - ma a schiacciarli completamente c'era l'idea di quello che sarebbe venuto dopo. La sala torture era una delle stanze che Alyce prediligeva di più, non solo per la sua funzione principale, quanto come parcogiochi di fantasie sessuali che forse non avrebbe potuto espletare in posti diversi e con Brian presente lì, queste fantasie sarebbero potute essere realtà. Tuttavia, quando Mina parlò del virus, lo smeraldo di Alyce si sollevò e puntò di nuovo alla figura stravagante della donna dalle mille pozioni.
    Lasciò che fossero prima gli altri a lasciare il loro ingrediente sul tavolo, mentre osservava ogni singolo componente che veniva piazzato sul ripiano.
    Un passo dopo l'altro fu il suo turno ed eccola a poggiare la boccetta contenente il veleno di Muffin «Veleno di Acromantula. Più gocce ne vengono versate nella pozione, più questa diventa letale.» - un sibilo a voce bassa, diretto solo a Mina, con un ghigno perverso ad osservare la pozionista. Quindi scrollò le spalle e tornò alla sua poltroncina
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    La vera domanda era: perchè doveva andare al locale anche quando era il suo giorno libero? Insomma, ok che le piaceva stare lì dentro, ma aveva anche voglia di fare un po' il cazzo che le pareva, no?
    Oddio, non che avesse molto da fare di solito, ma quella sera sì. Quella era una delle poche sere in cui sapeva di poter passare un po' di tempo col suo supersexy prof. e non aveva altre intenzioni se non di tenerlo nudo tutto il giorno nel suo loft e sfruttare un po' delle sue ottime qualità da amante.
    Ed invece aveva dovuto rimandare questa aspettativa, per poter presenziare a quell'incontro di cui sapeva il minimo indispensabile.
    A rifletterci, era strano che ancora non si fosse stancata di lui, dopo tutto quel tempo; ci aveva quasi fatto - addirittura - l'abitudine a vederlo apparire nel suo loft senza nemmeno essere avvisata. Ma queste erano un altro paio di maniche, che se la signorina fosse andata in psicoterapia ogni settimana come avrebbe dovuto, avrebbe potuto affrontare con il suo big psicologo Barnes; uh, chissà cosa stava facendo il doc in quel momento.
    Sbuffò appena, recuperando i suoi abiti, dopo aver fatto una doccia calda, così da sostituire la mancanza di Brian con Mike e Tom, le dita della mano destra. Come al solito il suo outfit non era di quelli che sarebbe passato inosservato, ma a lei poco importava; per l'occasione non si stava nemmeno impegnando più di tanto, indossando una semplice minigonna a pieghe, alta di vita, con una cintura nera e una catena che pendeva da questa. Alla coscia destra era stata legata una giarrettiera di pelle. Il tocco finale lo dava l'outfit della parte superiore: una imbracatura di pelle rossa, con sopra una giacca nera, tenuta aperta a mostrare molta più pelle di quanta avrebbe dovuto; ai piedi le sue classiche Dottor Martens che si abbinavano con qualsiasi vestito avrebbe potuto indossare. Buttò giù un paio di pillole con un bel bicchierone d'acqua del rubinetto e via, capelli rossi leggermente spettinati, trucco semplice e labbra bordeaux ed era prontissima.

    Si materializzò, quindi, davanti la porta ben conosciuta del suo locale e nemmeno fece caso al fatto che entrandovi avrebbe sentito l'odore del professore. Quel giochino magico del profumo all'ingresso l'aveva fregata i primi giorni, adesso no. E poi, tenendo presente cosa li attendeva lì dentro, era piuttosto facile considerare che Brian sarebbe stato lì.
    Ed era così, infatti.
    Alyce guardò verso il bancone e subito individuò il docente che stava scambiando due parole con Luke. Cercò di arrivare a lui prima che cambiasse postazione, per salire sulle punte e «Quando finiamo, che ne dici di scendere di sotto a giocare un po' nella mia stanza preferita?» - aveva miagolato all'orecchio del docente, in maniera tale che potesse sentire solo lui, prima di ghignare appena e guardare verso Luke, facendo un piccolo cenno con il capo.
    No, non lo stava salutando, stava chiedendo da bere.
    Solo una volta ottenuto il suo alcol, si sarebbe voltata a vedere i presenti «Uh.» - disse sollevando le spalle e poi facendole ricadere subito dopo «Salve.» - salutò tutti, prima di poggiare il sedere alla spalliera di uno dei divanetti lì vicino. La mano sinistra scivolò nella tasca della giacca, per accertarsi che quello che doveva portare fosse lì. Sentiva la boccetta, ghignò.
    Non sapeva cosa mai potessero servire tutte quelle cose che ognuno aveva portato, ma era certa che si sarebbe divertita a vedere l'effetto del veleno di Acromantula, gentilmente offerto da Muffin, all'interno di un cocktail.
    Gli occhi di Alyce si spostarono su i presenti, uno per uno, soffermandosi in particolar modo su Spike ed Evan. Il primo aveva guadagnato un po' di considerazione qualche mese prima. Il secondo... il secondo ... l'ultima volta che si erano visti le cose avevano preso una piega strana e se solo quello che pensavano entrambi fosse stato vero, ciò avrebbe destabilizzato ancora di più la mente di Alyce, che già aveva poco da poter vantare in fatto di stabilità.
    Sbuffò ancora, rimanendo in attesa di quello che doveva succedere.
    Ingrediente portato: veleno di Acromantula nana
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    Era completamente persa nel suo post crisi di overdose per poter badare anche a chi stava seduto al bancone, Luke non aveva nemmeno avuto il buon gusto di dirle che avevano ospiti, quindi era stata colta di sopresa dalla voce di Jacqueline quando chiese al barman di fare un drink anche per lei.
    Sollevò piano lo sguardo smeraldo, con sotto le occhiaie che erano coperte malamente da un trucco semplice «Hm?» - assurdo come non si fosse accorta della presenza di qualcuno al bancone. Cercò di metterla a fuoco ma non aveva nessuna rimembranza di quel volto, ma non che lei avesse una buona memoria per i volti.
    Sospirò e guardò Luke annuendo appena. Il ragazzo sospirò non convinto di volerle preparare realmente qualcosa di da bere, visto le condizioni in cui riversava, ma ad un cliente non si poteva dire di no, giusto?
    Comunque, Alyce chiuse il registratore, spostando i galeoni che Jacqueline aveva messo sul bancone «La prossima volta.» - disse con un tono caldo, ma alquanto distaccato, non dovuto alla presenza della ragazza ma a tutto il resto che l'aveva preceduto.
    Alyce si voltò verso qualche cassetto che era alle sue spalle e ne prese delle noccioline che potevano accompagnare perfettamente la loro bevuta. Non si chiese nemmeno che cosa stesse preparando Luke, alla fin dei conti conosceva i suoi gusti e questo voleva dire che sapeva perfettamente cosa prepararle.
    Alyce posò le due ciotoline di arachidi e tarallini sul bancone e si sedette sul ripiano delle bottiglie alle sue spalle.
    Guardò la mano di Jacqueline, quindi guardò la propria e la pulì dal sale degli arachidi mangiati poco prima, sulla coscia, andando a stringere quella della bionda che aveva davanti «Alyce Coffey.» - aggrottò la fronte «Sei già venuta qui, vero?» - provò a ricordare qualcosa, ma la sua mente non era totalmente lucida per poter dare il meglio di sé.
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    Quella sera aveva avuto un altro importante impegno la rossa, per tale motivo al locale che gestiva era arrivata decisamente più tardi del solito, ovviamente avvisato il caro vecchio Luke del suo ritardo e che sarebbe stata irreperibile fino alla sua apparizione al locale.
    Ma cosa era successo, esattamente?
    Niente.
    L'impegno di Alyce era più o meno sempre lo stesso, riprendersi dalla favolosa ricetta che vedeva mescolati insieme alcol e psicofarmaci. Il suo stato d'animo, in quel momento, era più irrequieto del solito e il sesso con Brian sembrava non essere bastato a calmarle l'animo.
    Oddio, non che non fosse servito, in verità: aveva ancora le gambe indolensite e non era l'unica parte del suo corpo che aveva qualche dolore, ma il docente la mandava su di giri e questo era il risultato del loro rapporto sessuale, ogni volta che stava insieme, cosa che ormai era quasi prassi, viste le visite giornaliere che l'uomo faceva al suo loft, rimanendo anche diverse volte a dormire da lei.
    Sembrava che quest'idea di stabilità non la spaventasse più di tanto, quasi come se avesse fatto l'abitudine ad avere il sadico docente intorno a sé. E poi, ormai era risaputo di quanto quel ragazzo giovasse alla sua salute mentale facendo zittire tutte le voci che le affollavano la mente.
    Strano come un sadico e una psicopatica potessero creare un rapporto che dava un briciolo di normalità ad uno dei due, non è vero?
    Eppure ad entrambi andava bene così e non c'era nulla di migliore di poter scaricare la psicopatica con del selvaggio sesso.
    Solo che c'erano delle volte in cui Brian non tornava da lei a dormire, colpa di quei mocciosi che Alyce odiava tantissimo e che voleva vedere morti in una maniera atroce, che lo portavano a fare le ronde notturne in quella scuola di merda che non aveva niente di interessante (escluso Brian, ovviamente, ma ripetersi è inutile). E quella era stata una di quelle giornate, in cui Alyce aveva dormito da sola, le voci si erano fatte pedanti e lei aveva dovuto abusare di tutto quello che aveva in casa per potersi addormentare.

    Quando arrivò al locale, non era nelle migliori condizioni: shorts neri sfilacciati e molto sgambati, tanto che quando camminava lasciava fuori 2/3 delle chiappe, un top dello stesso colore che sembrava essersi ristretto in lavatrice per quanta pelle lasciasse nuda e degli anfibi neri, rinforzati alla punta con del ferro «Sono arrivata.» - disse passando oltre le guardie e arrivando come un fulmine dietro il bancone, dove Luke si fermò dal versare nel bicchiere quello che stava preparando a Jacqueline per guardarla da capo a piedi «Anche stanotte?» - lo smeraldo di Alyce non si sollevò dal registratore di cassa, dove stava contando il fondo che aveva lasciato dalla sera prima «Anche stanotte.» - disse semplicemente.
    Non si era accorta di cosa aveva attorno, perchè in quelle condizioni non avrebbe notato nemmeno se ci fosse stato suo frate--- oddio, quale dei due fratelli?!
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    Alyce non era un animale atto alla socializzazione, tanto quanto non fosse atto alla riproduzione. Ancora aveva in mente di potersi tatuare la runa della sterilità, perchè alla fin dei conti, essere genitori era uno schifo, si finiva ad odiare chi si metteva al mondo, anche quando lo si era desiderato tanto da fare in modo che non fosse solo uno il figlio, ma due o forse, addirittura più di due, no?
    Lei e Peter avevano imparato a caversala una con l'altro, eppure non era bastato a non dividere i due, quando Alyce era riuscita finalmente a scappare dalla casa paterna.
    Non era bello essere genitori, era una merda! E si finiva per far del male ai propri figli, per il puro gusto di voler il piacere tutto per sé.
    Era quello che era successo a lei e nessuno le avrebbe tolto dalla mente che i genitori sono anche altro.
    Ora, fare faccia a faccia con la realtà, significava dover ammettere di avere un padre che probabilmente ancora la stava cercando per completare il suo divertimento con lei, adesso che era cresciuta e anche più consapevole di quello che le avrebbe potuto fare, lui si sarebbe divertito ancora di più.
    Eppure aveva imparato che a quella domanda, su chi fosse il padre, lei avrebbe risposto sempre così, di essere figlia di puttana, una prostituta che poverina era stata poco attenta, tanto la madre non si discostava troppo dall'essere una puttana, anche solo per come l'aveva lasciata nelle mani di quella merda che lei diceva di amare.
    Ora, Evan era lì, a chiederle informazioni proprio su quella parte della sua famiglia che lei volutamente aveva deciso di voler nascondere. Guardò l'affiliato ridere e rise appena anche lei, ancora disgustata dall'argomento, quindi sospirò e buttò giù un bicchiere di whisky così da togliere l'amaro che aveva in bocca; poi quelle parole di lui, lo smeraldo si socchiuse appena, nascosto tra le palpebre, per poi riaprirsi lentamente, spento e distaccato «Ma davvero?!... e da cosa hai capito che mento? Dal fatto che a prescindere da chi sia mia madre, per avermi messa al mondo deve aver per forza avuto dello sperma dentro quella sua vagina di merda?! Magari è andata alla banca del seme, no? O forse sono stata solo un pompino sbagliato, se mi avesse ingoiato avrebbe fatto metà del suo dovere.» - era veramente infastidita da quelle domande, da quell'argomento. Non riusciva a parlarne serenamente nemmeno quando lo toccava con Brian, quindi perchè farlo con lui, che era un semplice soldato dell'Acromantula? Non si era preoccupata nemmeno di mitigare il linguaggio, come se ad Evan non servissero guanti bianchi per poter indorare la pillola.
    Quando rispose alla sua, di domanda sul padre, ad Alyce quasi andò di traverso la vodka che aveva versato per entrambi «Oh, sei qui perchè tuo padre è venuto a scoparsi qualcuna delle mie ragazze? Allora mi spiace, ma esco fuori respons---» - la sua frase si interruppe e il bicchiere che aveva in mano venne frantumato con un piccolo boom nel palmo della ragazza, quando il nome di Matthew Coffey le giunse all'orecchio «Porca puttana.» - disse, mentre prendeva un mucchio di rotolone di carta per tamponare il sangue nella sua mano. Le tremavano entrambe le mani nell'aver sentito quel nome, si girò di spalle al ragazzo «Non conosco nessuno di questi uomini.» - mentì ancora, non era possibile.
    Il fatto che Evan conoscesse il nome del padre, voleva dire due cose: o si era informato su di lei, per quale motivo? Oppure era... era... digrignò i denti.
    Non era possibile. Erano sempre stati solo lei e Pete. Lui non c'era. Da nessuna parte. E lei era quella più piccola. Perchè mai doveva essercene un altro?! E perchè era lì, davanti a lei?!
    «Senti, Evan, io non so di cosa cazzo parli, ok?» - mentire era la sua difesa. Soprattutto perchè «Non credo che Coffey sia morto. La carne triste non la vogliono nemmeno lassù.» - si era scoperta e guardando quel bicchiere vuoto venirle posto, prese con la mano non ferita la bottiglia «Fa il cazzo che ti pare, non ho voglia di versare bicchieri.» - quindi ne prese un sorso direttamente dalla bottiglia e sbattè il restante sul bancone, tra lei e Evan.

    Non poteva essere...
    Uscì da quel bancone, lo aggirò e si avviò verso la sala, come se dovesse mettere a posto qualcosa.
    Non può essere...
    «Uh. Abbiamo un altro fratello, anche lui carino.
    No, non è nostro fratello. E' un impostore.
    Ma noooo, come può mentire su questa cosa?!
    Anche noi mentiremmo sui nostri genitori...
    Sì, e poi lui è bugiardo dalla nascita, lo ha detto prima.
    Secondo me è nostro fratello e voi non volete credergli perchè avete paura.
    Noi non abbiamo paura di niente, sm---»
    - un posacenere volò contro un muro, all'improvviso, nel bel mezzo del finto silenzio di quella stanza «PORCA DI QUELLA PUTTANA, VOLETE STARE ZITTE.» - le mani di Alyce si allungarono a coprire tempie ed orecchie; no, questo era troppo da poter reggere.
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    L'illusione che la tranquillità potesse arrivare nelle mani di una come Alyce fu effimera ma allo stesso tempo piacevole anche solo al pensiero.
    Il mix di alcol e psicofarmaci che aveva fatto, le aveva fatto perdere per un attimo la lucidità tanto da finire nelle grinfie di quei due stronzi, ma Spike era stato attento e pronto ad intervenire, questo doveva ammetterlo e soprattutto l'aveva aiutata a liberarsi.
    Era strano quel loro modo di rapportarsi, era come se si fossero girati attorno fino ad odiarsi ed ora stessero firmando un armistizio di pace tale da renderli consapevoli di quanto insieme potessero essere una buona squadra.
    Questo era bastato ad Alyce per invitarlo a bere qualcosa con lei, nonostante il piccolo broncetto che aveva messo, quasi infantile, oltre che folle, sulle labbra, quando lui le aveva negato momentaneamente quel sorriso che l'aveva fatta esaltare poc'anzi.
    Sbuffò appena, scrollando le spalle «Oh, allora necessito di trovarmi con te in qualche...» - si voltò a guardarlo da capo a piedi, mentre la lingua biforcuta scivolava tra le proprie labbra, quasi a bagnarle «...evento particolare...» - fu quasi un sussurro il suo, un sibilo serpentesco, come un serpente a sonagli quando incontra la propria preda.
    Aprì la porta della stanza e ad accoglierci vi fu una delle suite migliori del Rouge, una di quelle che erano riservate a persone di spicco, ma che in quel momento Alyce aveva voglia di usare per se stessa. Entrò per prima, spalancando il legno, quindi fece segno al ragazzo di accomodarsi senza però condirlo prima di alcune parole, per essere chiari tra loro «Accomodati pure, ma sappi che quando chiudo questa porta, scatterà la serratura e sarà possibile aprirla solo tra un'ora. Tuttavia, avremo tutto quello di cui necessitiamo...» - sollevò un sopracciglio, mentre lo smeraldo non smetteva di puntare il vampiro, quasi a volerne studiare le volontà «Mi farebbe piacere che tu passassi quest'ora con me... sarebbe un evento... particolare...» - questa volta a ghignare appena fu lei, mentre lasciò la porta e la scelta al vampiro, scivolando lei all'interno della stanza.
    Il parquet era pulito e lucido, al centro della stanza vi era un letto piuttosto alto, con dei veli drappeggiati ai lati, non chiusi, a mostrare i cuscini e le lenzuola perfettamente bianche e pulite. Negli angoli vi erano un frigobar, un bancone con degli alcolici e bicchieri e alcuni divanetti e cuscini alti sparsi per il parquet. Vi era poi una seconda stanza, nascosta dai drappi pesanti e bordeaux, che celava un bagno lussuoso con una vasca idromassaggio per due, una sauna (spenta al momento) e dei lettini per messaggi. Quello non era l'angolo preferito di Alyce, che invece si era ricacciata a riempire due bicchieri di whisky ambrato per lei e Spike, sperando che la raggiungesse.
    Si sarebbe poi tolta le scarpe con maestria, per camminare a piedi nudi su quel parquet perfetto, senza alcun graffio e accomodarsi su uno dei puff poggiati a terra, mentre lo smeraldo andava di nuovo verso Spike.
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  12. .
    Due armi letali nello stesso posto, quella si che era la barzelletta più noir che si potesse raccontare ai posteri. Alyce e Philipp, due mondi diametralmente opposti, accomunati forse solo dalla letalità che potevano raggiungere entrambi.
    Alyce era un pesce fuor d'acqua in quella bottega, ma lei era sempre stata abituata ad essere l'outsider di ogni territorio e forse per questo non badò molto alle circostanze, quanto al ragazzo che aveva davanti.
    Non si faceva alcun problema a mostrarsi interessata a valutare la merce che esso esponeva, poco consapevole di che bestiaccia avesse davanti: una psicopatica ninfomane con la passione per le fantasie più assurde.
    La lingua sibilò tra le labbra, mentre risaliva con lo sguardo al volto del biondo. Non era brava solo ad osservare, la rossa, ma anche a giocare con le parole e quella levata di mento le fece comprendere che aveva colpito nel profondo. Ghignò appena, quasi come se stesse gustando con gli occhi quel bel bocconcino con cui doveva scendere in affari.
    Non si faceva problema alcuno a mostrare quell'interesse verso le armi - fisiche e metalliche - che erano in bella mostra in quella bottega, ma non dimenticava sempre il motivo per cui era arrivata lì, seppur Philipp la metteva a dura prova, sfoggiando quelle braccia disegnate dal migliore degli scultori. In quel momento, Alyce, si perse nei meandri della sua psicopatica mente, chiedendosi quanto fosse stato eccitante se adesso, seduta stante, quelle braccia l'avessero afferrata e girata di spalle e ... davvero lo aveva chiesto? Alyce si ritrovò sopresa dall'arroganza sensuale del fabbro, mordendosi appena il labbro e inclinando il capo verso la spalla sinistra «Sì.» - rispose secca, con quel sorriso tra il presuntuoso e il sensuale, nascondendo malamente un sorrisetto di chi sapeva il fatto suo «Tranquillo, non voglio comprare. Mi basta provare e ... toccare con mano.» - continuava forse a sfidarlo, diventando quasi un gioco a chi avrebbe mollato prima.
    Aveva accorciato le distanze senza alcun preavviso, proprio in linea con la sua folle mente imprevedibile. Lo smeraldo di lei passò dalla merce al biondo, con un'espressione di chi si sente sottovalutata, ma divertita dall'esserlo «Nelle grotte.» - rispose, sollevando un angolo delle labbra «Sono una donna piena di risorse e soprese...» - sibilò come una vipera, mentre ascoltava il suo dire.
    «Direi che ci siamo ben intesi. Voglio in questo, la stessa perfezione di... » - quasi rapidamente provò ad allungare la mano sinistra verso uno dei muscoli delle braccia, e se ci fosse riuscita avrebbe sfiorato a fior di pelle l'uomo «... questi.» - per poi allontanarsi e guardare le armi decisamente interessata.
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  13. .
    Ma davvero?
    Cioé seriamente due tipi stavano cercando di violentarla nel suo stesso locale?
    Maledizione, se solo fosse riuscita a prendere la propria bacchetta o ci fosse stato Brian in quel momento, era piuttosto certa che non avrebbero avuto modo nemmeno di avvicinarsi.
    Stringeva le gambe, sempre più strette, con l'intenzione di rendergli le cose difficili, non per paura alcuna «Dai...» - cercò di sbiascicare, come potesse convincerli a fermarli.
    Lei sapeva che non si sarebbero fermati, lo aveva già provato con il padre, e sapeva anche che in quei casi, quando non si poteva reagire, si doveva solo lasciar passare il tempo, avrebbero finito nel giro di poco e forse non avrebbe sentito niente.
    «Ragazzi... dai...» - sembrava quasi ridere del loro tentativo, come se la cosa la divertisse, ed in parte era proprio così, a dirla tutta.
    Era divertente sentire il loro fiato putrido addosso, credendo di poter essere un maschio alpha da riuscire a procurarle dolore con quella pratica con consensiente. Le dita ruvide del ragazzo che aveva davanti si fecero più insistenti. Senti la pelle lacerarsi sotto dei graffi che avrebbero bruciato appena, le gambe si aprirono e lui riuscì a ficcare una mano, mentre la sua mutandina veniva spostata.
    Lasciò cadere la testa in avanti, abbandonandosi e chiudendo gli occhi. Doveva azzerare tutte le sensazioni, così non avrebbe provato nemmeno dolore e schifo.
    Ma davvero stava succedendo di nuovo?
    Sentì quelle dita entrare di prepotenza e la sua intimità bruciare, mentre l'altro, quello alle sue spalle, rideva e chiedeva quando fosse il suo turno «Dominique - nique- nique s'en allait tout simplement. Routier, pauvre et chantant» - iniziò a sbiasciare una canzone, così da concentrarsi su altro, mentre sentiva il rumore della cintura e poi...
    Una voce, non troppo familiare, ma nemmeno sconosciuta. Il capo si sollevò di poco, notando la presenza di Spike poco più in là.
    Il suo primo pensiero fu "davvero? tra mille, proprio lui." mentre un ghigno divertito la fece vibrare appena «Adesso sì che è eccitante...» - sibilò come una serpe, mordendosi appena il labbro inferiore.
    «Siamo già in due, quando abbiamo finito te la lasciamo, ora spar---» - a vedere i canini del ragazzo, il tipo che aveva già cacciato il suo pistolino lasciò cadere il jeans a terra. Aly guardò verso le sue gambe «Ahahah. Ma davvero?! Cioé con quello?! Te lo hanno mai detto che lo hai piccolo?!» - rise divertita, stava completamente di fuori, era chiaro, oltrettutto piuttosto nella norma. Forse non era il momento giusto per stuzzicarli, ma era più forte di lei «Hey, psss... lui ha ragione eh. Dovreste lasciarmi andare.» - rise folle come sempre. Il tizio che la teneva stretta, strinse la presa quasi per paura, con lo sguardo terrorizzato da Spike «Oh... non si fanno male le signorine.» - disse, sentendo quelle dita troppo fastidiose. Quindi recuperò un po' di forze e di scatto tornò con la testa su, dando una testa al povero naso dell'uomo, per liberarsi.
    Sbuffò, quindi, facendo cadere a terra le sue mutandine ormai strappate e sfilandole dalle gambe, rimanendo, sotto la gonna, senza quel tessuto «Uffa, mi piacevano.» - si spolverò appena, quasi a togliersi di dosso delle ragnatele e poi andò verso Spike «Tranquillo, ora finiranno in un posto favoloso!» - lo smeraldo di Aly si accese di un luccichio psicopatico, mise due dita alle labbra e fischiò. In un niente arrivarono le due guardie «Sapete dove metterli. Chiamate Becca e ditele di intrattenerli fino al mio arrivo. On fire, please.» - era un messaggio in codice, un messaggio che chiedeva di chiudere quei due nella sala torture e di legarli con delle catene passate nel fuoco. Oh, poveretti.
    Tornò quindi a concentrarsi su Spike...
    Lo guardò da capo a piedi...
    Era un fottuto bastardo il destino, le aveva messo davanti l'unica persona con cui poteva scontrarsi. Eppure... «Puoi rifarmi quel sorriso? E' decisamente eccitante...» - ammise, mentre scivolava verso di lui, arrivando ad un passo «Direi che sono in debito... bevi qualcosa? Offre la casa...» - non era tipo da ringraziare in maniera canonica, quindi gli fece segno di seguirla, per salire delle scale verso il corridoio delle stanze «Ho bisogno di tranquillità...» -ammise semplicemente, aprendone una.
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    «Aly, davvero, dovremmo pensare ad una settimana di chiusura. Le ragazze non ce la fanno più.» - la voce di Luke era bassa, piuttosto priva di qualsiasi emozione, mentre seguiva a passo svelto la rossa, dentro il proprio locale «Se non ce la fanno, possono trovarsi un altro lavoro.» - decisamente una pessima giornata, quella che la rossa stava affrontando. Strinse gli occhi verdi, arrestando il passo e attendendo di sentire quello di Luke abbastanza vicino. Si voltò di scatto verso di lui, allungando una mano verso la sua maglia e afferrandola. Luke era abituato al contatto con Alyce, quindi non si sconvolse più di tanto. Lo smeraldo della pazza era negli occhi del barman, mentre un piccolo ghigno perverso le incrinava la parentesi delle labbra. Si avvicinò al suo orecchio, mentre il tono prendeva la melodia di un sibilo velenoso «Ascolta, te lo dico una sola volta, sono liberissime di uscire da quella porta e prendersi una vita di vacanza. Riuscirei a trovare altre nel giro di poche ore. Non si chiude. E se continui a chiedermelo, prenderò il tuo bellissimo gioiello e lo userò come ombrellino nel mio prossimo cocktail. Sono stata abbastanza chiara?» - il suo sorrisetto inquietante non si era spento, ma Luke non sembrò esserne spaventato. Sbuffò, annuendo appena e tornando al suo da fare, mentre borbottava qualcosa.
    Alyce roteò gli occhi al soffitto, riprendendo a viaggiare verso il tavolo in cui Al, John e Jack aspettavano da mangiare. Ci fu una sola cosa ad arrestare il suo passo, una vibrazione avvertita all'altezza delle fossette di Venere «Mh?» - piegò il braccio dietro ed eccola ad afferrare il suo telefonino e leggere il mittente del messaggio. La lingua biforcuta scivolò sulle labbra, bagnandole appena, quindi scorse le parole.
    «Ah ahn! Quindi ammetti che esiste un noi!» - con l'indice indicò lo schermo del proprio telefono ridendo, poi, da buona bipolare, sbuffò annoiata «Sì ma... dopo il lavoro decido io cosa si fa.» - piagnucolò ma senza inviare alcuna risposta.
    Fece retrofront e arrivò al bancone «Luke, io esco. Ho da fare. Bada a tutto e ... qualsiasi cosa succeda, me la sconterò con te.» - mandò un bacetto volante e lasciò il locale, ma prima di uscire prese l'apparecchio telefonico, allungò un braccio e si fece una foto con una didascali «Sto venendo...» - una frase a doppio senso, chiaramente ma che a lei poco interessava che senso volesse darle Brian, nel frattempo gli aveva mandato il suo outfit della serata e questo era ciò che contava.

    Quando giunse al pub, Alyce si sistemò i capelli tirandoli appena appena indietro e poi entrò. Quel posto sembrava la vecchia locanda a cui lei era stata sempre abituata, la puzza di birra si sentiva fin fuori alla porta, ma forse perchè lei non era più abituata a quell'odore.
    Lanter la osservò da capo a piedi, mentre proferì le medesime parole su quanto la sua mano avesse combattuto mille battaglie. Alyce la guardò, quella mano, ed era piuttosto certa che più che tagli di guerra, potevano essere calli da seg--- ops. Sorrise psicopatica, sollevando lo smeraldo sul locandiere «Zitto e sgancia una birra.» - sibillò piano e dopo aver preso quella che era una dubbia birra con note di miele (?), cercò negli angoli della locanda, il prof che tanto adorava.
    «Oh, eccolo...» - sussurrò tra sè, mentre ancheggiando si spostava tra gli sguardi dei presenti, a cui lei non degnava alcuna attenzione.
    Arrivata al tavolo, il verde dei suoi occhi cercò lo sguardo del professore, trovandolo eccitante come sempre, anche con quella «Pff... birra alla ciliegia?» - non ce la fece a non commentarla. Afferrò la bottiglia di Brian, sporgendosi appena verso di lui, quindi la scambiò con quella al miele che in realtà aveva ben poco di miele e molto di malto. Quindi si sedette proprio accanto al docente, avvicinando ancora un po' la sedia. Sì, era sicuramente una provocazione, ma che giocava anche a loro favore qualora avessero dovuto parlare di qualcosa di importante, no? «Allora, mio generale... qual è la questione di cui dobbiamo parlare?» - gli sussurrò appena all'orecchio, mentre le labbra, se lo avesse concesso si sarebbero posate a salutarlo con un leggero bacio, prima di staccarsi e bere un sorso del succo di ciliegia alcolico «Il capo ha un nuovo incarico per me?» - saettò nello smeraldo quella scintilla di eccitazione e follia, mista al sadismo che illuminò il suo sorriso, mentre si bagnava le labbra.
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    Non che fosse strano che uno dell'acromantula bazzicasse in quel posto, ma difficilmente chiedevano insistentemente di lei. Era qualcosa che capitava solo in casi eccezionali, quando qualcuno aveva necessità di accedere ad aree riservate. Nemmeno Brian rientrava tra quelli che chiedevano di lei, ma semplicemente perché lui entrava e si prendeva esattamente quello che desiderava. Ma tralasciando questo tergiversare, quando Alyce arrivò da Evan lo guardò intensamente come se ci fosse qualcosa di familiare in quello sguardo, qualcosa che non riusciva a capire, ma era come specchiarsi in una lastra riflettente. Scosse il capo, forse si era calata troppe droghe quel giorno, quindi cercò di nuovo di concentrarsi su quello che doveva realmente fare: prestare attenzione ad Evan.
    Eppure quella sensazione di averlo già visto, di avere ricordi confusi con lui, era troppo forte che iniziava quasi a farle girare la testa, forse doveva distrarsi e per farlo volse appena le spalle al biondo e preparò due shottini di vodka liscia, qualcosa di forte per far si che quel giramento di testa smettesse (?), funzionando palesemente al contrario.
    Sbattè il vetro sul tavolo, sentendo palesemente i suoi occhi addosso. Che diavolo voleva?
    Buttò giù la vodka, fresca e aspra come sempre, ma decisamente dall'effetto lenitivo e subito mise le mani avanti «Guarda che io non vado a le---» - lo smeraldo di Alyce, fino a quel momento privo di ogni singola emozione, spento e vuoto, si sollevò con lentezza in quello di Evan. Di nuovo quella sensazione.
    Quella domanda, però, l'aveva pietrificata. La mascella si indurì perché i denti strinsero come se volessero spaccarsi tra loro.
    Di scattò tornò dalla bottiglia di vodka e se ne verso un secondo shottino, lo buttò giù e «Sono figlia di puttana.» - disse guardando l'interno vuoto del bicchierino, prima di tornare su Evan «Sei venuto per questo? Mi spiace, non conosco mio padre.» - e mentre proferiva quella parola, Evan avrebbe potuto vedere la sua faccia deformarsi in un'espressione di disgusto, come se volesse vomitare a dire la parola padre.
    Che cazzo di domanda era, poi, quella? Non era sicuramente nella norma chiedere una cosa del genere, sapeva che c'era questa usanza nei paesi del sud italia, chiedere "a chi sei figlio tu?" ma qui non eravamo in sud Italia.
    Ancora vodka.
    Ancora lo guardò.
    «Il tuo?» - beh, alla fine erano domande per conoscersi, no?
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