Highway to Hell

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    Infilò un giubbotto pesante -non ne sapeva il motivo, visto che avrebbe usato la smaterializzazione- sopra gli abiti, semplicissimi, e sollevò da terra il sacchetto che aveva preparato. Al suo interno c'erano diverse bottiglie di rum, come richiesto dalla sorellina, nonché almeno dieci sacchetti di diversi tipi di patatine. Ma la cosa più importante, era incartata sul fondo del sacco: si trattava di Mrs. Kisses, l'orsetto che aveva fin da bambino, il primo suo acquisto con la paghetta che settimanalmente gli davano i suoi. Ovviamente, la davano solo a lui, non ad Alyce, ragion per cui lui andava sempre al negozio di caramelle e ne spendeva almeno la metà in dolcetti, che poi portava di nascosto alla piccola di casa, per farla sorridere e non farle pensare di non essere desiderata in casa, nonostante lui fosse sempre stato il primo a giustificare il comportamento dei genitori, come se fosse stato giusto.
    Mrs. Kisses, nome che aveva scelto personalmente lui, era colui che abbracciava quando aveva un brutto sogno e che riempiva di coccole e bacini per sentirsi meglio. Nonostante ormai Aly fosse adulta, sospettava che le avrebbe fatto piacere ricevere quel regalo, che ormai era pregno del profumo di Pete, e che lo avrebbe stretto ogni notte.
    Era rimasto piuttosto scosso dalle rivelazioni che lei gli aveva elargito e non sarebbe riuscito ad aspettare fino al giorno successivo prima di vedere la sua piccolina, quindi le aveva detto che sarebbe arrivato al più presto. Era davvero convinto che avrebbe preferito essere lui con le sue mani ad uccidere il padre, anche se in genere il biondo non era capace di far male ad una mosca. Tuttavia, aveva fatto qualcosa alla sorella, che non riusciva nemmeno a concepire e che aveva fatto accrescere il suo istinto di protezione verso di lei. Ma il fatto che forse avessero un fratello... no. Come aveva detto lei, erano sempre stati solo loro due e non avrebbe permesso che una terza persona turbasse quell'equilibrio che, con mille difficoltà, avevano costruito negli anni.
    Non c'era quando lui veniva preso di mira dai bulli né quando Alyce si cacciava nei guai, né quando il loro caro paparino si approfittava della sorella. Assolutamente non ci sarebbe stato nemmeno per i momenti successivi. buffò, indispettito come un bambino piccolo, infilando il magifonino in tasca e pensando intensamente al Rouge. Era abbastanza schifato dal doverci mettere ancora piede ed avrebbe voluto che la sorella lo chiudesse, ma sapeva di non poter battere troppo su quel punto. Vedeva che la rendeva libera e felice, quindi non poteva privarla di qualcosa così.

    Riaprì gli occhi al centro del locale, dopo essercisi smaterializzato. Non perse alcun tempo e si diresse verso le scale che conducevano ai privé di sopra. Non gli fecero problemi, le guardie, perché ormai persino i muri sapevano trattarsi del fratello maggiore di Alyce. Nessuno sano di mente e che teneva alle proprie palle, quindi, si sarebbe messo in mezzo, impedendogli di usare quel posto come fosse casa sua... Aly non si sarebbe limitata a licenziarli.
    Buonasera, come state? Domandò comunque, impeccabilmente gentile con chiunque. Mandatemi di sopra Alyce, per favore. Subito. Si concesse quell'imposizione finale, prima di salire le scale ed avviarsi verso una stanza vuota. Rapidamente, con un movimento di bacchetta, ripulì e sanificò la stanza perché non si sapeva mai, quindi si sedette su un divanetto e posò accanto a sé il sacchetto.
    Peter Coffey


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    «Hai sentito, Muffin? Un nuovo fratello. Nono, non ci piace questa cosa.»

    Il dito indice di Alyce stava giocando con le due zampette della sua acromantula nana, che sembrava elargire dolcezza solo alla propria padrona, mentre la rossa alternava una pillola, con un bicchiere di rum. Quell'apparizione di Evan di qualche settimane prima aveva mandato in crash tutto il lavoro che stava facendo, cercando di rimanere sobria e pulita. Cioé, pulita no, ma ecco, stava riuscendo a non avere un'overdose in quel periodo. Ma tutto stava andando lentamente a puttane, così com'era andata a puttane la sua infanzia, la sua adolescenza e tutto il resto della sua vita.
    Aveva visto uno spiraglio di grigio solo quando aveva incontrato Brian, ma quello spiraglio era andato a farsi fottere anche quella volta. Non aveva cercato il docente, sapeva che avrebbe risistemato il suo casino con un solo algido sguardo, dove a lei piaceva morire dentro quegli occhi. Era come se voleva sentire quella sofferenza frantumarla in mille pezzi, era come se volesse star male, non permettendo all'insegnante di lenire quelle ferite.
    Però c'era una persona che doveva sapere, c'era una persona che necessitava di conoscere quanto la sua vita stesse andando in frantumi, perché era la loro vita.

    «Muffin, Muffin, Muffin... dovresti mangiare... che ne dici se vai a recuperare qualche croccante dito di qualche stronzetto?»

    Sbiascicava, mentre ingoiava una nuova pillola. Aveva perso il conto, ma sapeva che aveva rovesciato sul bancone quasi tutti i tubicini dei suoi psicofarmaci, così da poter fare un sano aperitivo con essi.
    Quando arrivò Peter, i due omoni all'entrata arrivarono e in coro parlarono ad Alyce, che capì circa lo 0,0001% delle loro parole, se non sopra e fratello.

    «Oh, Pete

    Squittì il nome del fratellone alzando il capo, seppur con flemma cronica si sollevò, facendo rovesciare qualche bicchiere a terra, beccandosi gli sguardi preoccupati di Luke.

    «Ancora un bicchiere e vado.»

    Si mormorò a se stessa, afferrando una bottiglia di rum e attaccandosi. Mentre la rossa scolava le bottiglie, alla porta di Peter arrivò il barman. La spalancò senza bussare e i suoi occhi si soffermarono sul biondo.

    «Questa volta non regge. Se non ci pensi tu, lo farò io.»

    Algido come sempre, ma Peter ben sapeva che Luke, per Alyce, avrebbe dato anche l'anima in pasto ai dissennatori, anche solo per un'attenzione della rossa, che sembrava invece non averne per niente per l'altro. L'uomo se ne andò, scivolando e lasciando Peter in silenzio.
    Pochi attimi dopo, tra un casino frastornante di passi strascicati, arrivò la rossa. Inciampò nei suoi stessi passi, gli occhi avevano le pupille dilatate e quando aprì la porta, poco ci mancò che non cadesse di faccia a terra. Si salvò solo perché barcollando malamente, arrivò a scivolare sul fratello.

    «Peteeee»

    Mormorò, cercando rifugio nell'incavo del suo collo e insipirando il suo profumo così familiare. Le labbra si posarono sul collo del ragazzo, iniziandolo a baciare lentamente, mentre una mano, fredda come il ghiaccio, cercava di scivolare sul jeans del fratellone, ricercando l'intimo di lui.
    Sesso, droga e alcol.
    I rifugi perfetti per lei.
    alyce coffey

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    Peter non riusciva proprio a sedersi, nonostante ci fosse un invitante divanetto. Era in pensiero per la sorellina perché sebbene fosse ormai adulta, sapeva che quando qualcosa la sconvolgeva, non riusciva a ragionare lucidamente. E la notizia di un altro fratello, beh, annoverava tra le cose in grado di sconvolgere una come Alyce. Ma dopotutto erano sempre stati solo loro due a difendersi dal mondo esterno e persino dalla loro famiglia, luogo dove ogni bambino avrebbe dovuto trovare il suo primo posto sicuro. Ed invece no, aveva lasciato che quel mostro del padre abusasse ripetutamente di Alyce. Non se lo sarebbe mai perdonato.
    Stava andando avanti ed indietro nell'attesa che comparisse la sorella, quando la porta si spalancò e gli si illuminarono gli occhi. Si preparò ad abbracciare la sorella.
    Ly- Ma ben presto si accorse che invece dell'esile consanguinea, all'uscio si trovava un'omaccione che in comune con Alyce, aveva solo il fatto che lavorasse lì.
    Cosa...? Fece tempo a chiedere a Luke, prima di sbiancare. Sapeva esattamente a cosa si riferisse ma era convinto che quel problema fosse ormai sotto controllo, visto che era seguita da uno psicologo. Forse le sarebbe servito uno psichiatra, per il suo bene.
    Lo stava per ringraziare, quando uscì dalla stanza, lasciandolo solo con i suoi pensieri e le sue preoccupazioni dolorose. Doveva scendere a cercare Alyce. E lo avrebbe anche fatto, se non fosse stato per il fatto che fu lei a trovare lui.
    Barcollava visibilmente ed era un miracolo se si stesse reggendo in piedi, per non parlare delle pupille spaventosamente dilatate. Avrebbe voluto incazzarsi con lei, chiederle che diamine di problemi avesse e perché si riducesse sempre così, ma era certo che non avrebbe fatto che peggiorare le cose. Ly aveva bisogno di tutto il suo sostegno, non di un fratello da vedere come un nemico.
    Ly-Ly la chiamò con tutta la dolcezza che possedeva, andandole in contro per prenderla prima che cadesse a terra. La afferrò per le braccia, reggendola in piedi, anche se avrebbe dovuto farla sedere subito.
    Le strinse le braccia attorno alla schiena per stringerla a sé ed infonderle un po' di calore, visto che aveva le mani freddissime.
    Perché mi devi far sempre preoccupare così? Le sussurrò, la voce rotta, prima che lei iniziasse a baciarlo sul collo. Ma non si limitò a quello: sentì la sua mano gelata, scendere sul cavallo dei suoi pantaloni. Gemette, prima di bloccarla.
    Ly, no... non sei in te. La condusse sul divanetto e la fece sedere, pensando al modo migliore per farle vomitare tutto quello che aveva ingoiato. In quel momento di panico, non si ricordava se ci fosse qualche incantesimo. Ma non avrebbe nemmeno potuto metterle due dita in gola, con il rischio che gliele tranciasse con i denti.
    Ma di incantesimi proprio non ce n'erano, quindi avrebbe dovuto optare per il metodo più brutale ma anche più efficace. Okay, Alyce. Adesso sta ferma. Con una mano, le artigliò la mandibola perché tenesse aperta la bocca, mentre con l'altra, infilò un paio di dita all'interno della sua bocca, spingendo il più in fondo possibile. Si sarebbe sentita meglio dopo aver vomitato e ad ogni modo, non gli faceva schifo. Era la sua sorellina e si era preso cura di lei fin da piccola in qualsiasi condizione stesse.
    Peter Coffey


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