Un vento leggero si era sollevato dal mare, abbracciando l'isola fino ad i suoi territori più interni, a quel prato che era stato tirato a lucido così come il perimetro messo in risalto dalla porta naturale da cui poco distava un palchetto d'onore. Lì, a discapito delle forze della natura, vi era Victoria Burke, preside dell'accademia magica più prestigiosa ed in voga del momento, in un tailleur grigio antracite ma dal taglio fresco. Lo sguardo fiero ma distaccato della donna accoglieva gli studenti che aveva invitato la sera prima durante il banchetto di inizio anno. Un banchetto un po' scarno di informazioni e novità poiché aveva rimandato il momento pirotecnico alla fine di quella tre giorni elettrizzante, gli Hidenstone Games. Qualcuno avrebbe potuto pensare che, visto il mancato attacco di una terrorista e dei suoi scagnozzi o la visita di antichi fantasmi, la donna aveva optato di movimentare l'inizio dell'anno a modo suo, quando in realtà, tutto quello che desiderava era vedere quale fosse il livello dei suoi studenti, come avrebbero agito e quanto avrebbero cooperato, oltre a tastare la stoffa delle matricole che avevano messo piede a Denrise da pochissime ore.
Tre giorni, tre prove, la gloria. Ma chi, o meglio, quale squadra avrebbe dominato? Via il viola ed il giallo, il rosso ed il nero, il blu ed il verde; via gli occamy, i thestral ed ippogrifi; niente spillette e responsi dello Snaso Dorato. E allora come avrebbero fatto le nostre leve a capire per quale squadra avrebbero dovuto combattere? Semplice, un nuovo piccolo smistamento. Infatti davanti al palco che accoglieva Preside e docenti, vi era un grande tavolo ovale in ardesia, al cui centro, su un cumulo di pietre fumanti, vi era un vecchio calderone, con tre piedini in argento, dall'aria vecchia e dalla bocca stretta. Infatti, seppur invogliati a sbirciare il colore o la forma che avrebbero estratto non avrebbero visto altro che oscurità, la più profonda che potessero immaginare. Quattro erano gli oggetti che avrebbero potuto pescare: una foglia d'acero rossa, un candido fiocco di neve, una rondine oscura o una stella marina gialla. Quattro come le stagioni, quattro come gli ingressi -del tutto ex novo- del labirinto: nord per l'inverno, ovvero il fiocco di neve; est per la rondine, la primavera; sud come il sole caldo dell'estate e la sua conchiglia; ovest, l'autunno nei colori caldi delle foglie d'acero. Il quinto ingresso, quello originario, sarebbe stato il punto d'uscita, quello utile per decretare la classifica della prova che di lì a poco sarebbero stati chiamare a svolgere.
Per quelli che, invece, avrebbero declinato l'invito a partecipare ci sarebbero stati degli spalti, alti e solidi come quelli che circondavano il campo di quidditch, lungo l'intero perimetro per un tifo sentito o un tentativo di aiuto dall'esterno per i loro amici.
Il silenzio sarebbe calato sulla folla nel momento in cui la Preside avesse compiuto un piccolo passo in avanti, sul palchetto, per emergere dal corpo docente con eleganza e superiorità. «Benvenuti alla prima edizione degli Hidenstone Games!» La voce cristallina sarebbe arrivata potente anche agli ultimi della fila, i soliti ritardatari, mentre una piccola smorfia divertita appariva sul suo volto. «Ieri vi avevo anticipato che le prove sarebbero state tre, così come i giorni a nostra disposizione, ma non in cosa consistevano». Un piccolo schiocco di dita e sulle teste dei presenti sarebbe comparsa l'immagine olografica del labirinto. Per chi aveva avuto la fortuna o l'ardore di entrarvi avrebbe potuto constatare come questo fosse stato del tutto stravolto, mantenendo intatto solo l'esterno e giusto qualche corridoio all'interno. Infatti, erano visibili cataste di legna così come piramidi di massi, arbusti così vecchi da avere delle grandi chiazze, lì dove la corteccia era caduta a causa di vento, pioggia e neve; ma anche parti che provenivano dal porto di Denrise, prue di drakkar a picco. Luoghi che potevano essere usati come fortini. «Ma prima di rivelarvi in cosa consisterà...» lo sguardo accarezzò il calderone ai piedi del palchetto, «scopriamo qual è la vostra stagione»

Si dice che è nei momenti di difficoltà che si riesce a trovare un barlume di luce. E questo accadde anche per la De Maris, giovane promessa giallo viola che riuscì a fare della necessità virtù, sebbene non al primo tentativo. Dalla bacchetta emersero dei fili argentei, spessi ed intrecciati, che andarono ad ancorarsi alla montagna volante alla sua sinistra, conducendola dritta verso un porto sicuro fatto di una sezione piana, verdeggiante e punteggiato da una distesa di fiori magenta, di soli cinque petali, e dal profumo, invitante accentuato anche dal calore dei raggi del sole.
Infatti, un suo confratello era riuscito nell’impresa di scacciare la nebbia, sebbene per un raggio di cinque chilometri. Il Prefetto degli Opal nel non sbagliare direzione e raggiungere un Blake Barnes che aveva visto dalla sua bacchetta sprigionare qualche scintilla e nulla di più. Che fosse dovuto al panico che iniziava a dilagare per via dell'altezza cui era e del vuoto sotto i suoi piedi? Il suo peggior incubo si era fatto realtà, ma così come Louise aveva trovato la forza per sopravvivere, anche l'incendiario riuscì a dare alla sua magia un effetto diverso da quello che aveva inizialmente pensato: prive di comando e richiamate dall'aura del giovane mago in difficoltà, dalla parte bassa della montagna cui erano aggrappati, delle radici si allungarono, intrecciandosi tra loro fino a ricreare una sporgenza che avrebbe attutito eventuali cadute, ma priva della morbidezza delle fronde degli alberi che aveva desiderato. Ulteriore elemento a favore di Barnes risiedeva nella presenza di un corrimano creato ad arte dal suo amico più caro, cui avrebbe potuto aggrapparsi senza alcuna difficoltà.
Tutto si era svolto in pochi battiti di ciglia, ma questo non significava che l'essere che li aveva osservati fino a quel momento fosse rimasto in panciolle come accadeva ai nemici delle Sailor nei loro momenti di trasformazione. Le scintille sprigionate dal mancato depulso realizzato avevano fatto voltare il collo in direzione del duo che finalmente poté vedere cosa fosse: alto più di tre metri, dalla cintola in giù, coperto da quelli che un tempo erano stati pantaloni larghi alle gambe e stretti alla caviglia, si potevano scorgere zampe con tanto di zoccolo piantati nella roccia; il torso nudo era equiparabile a quella di un uomo in uno stato di grazia fisico, con braccia muscolose ed arti che culminavano in artigli lunghi, ricurvi ed affilati come quelli di un rapace. Ma quello che incuteva più timore era quello che veniva nascosto da un elmo fatto interamente di ossa, che lasciava intravedere un pizzetto ricurvo ed ispido su lineamenti così scarni da ricordare uno scheletro. Infatti non vi erano bulbi nelle fessure destinate agli occhi, ma solo cavità vuote da cui si sprigionavano due simmetrici bagliori rossi. Non avevano mai visto nulla del genere sui libri scolastici, quella creatura sembrava essere emersa da un mondo passato. I muscoli si tesero, caricando quello che fu un salto di meno di una mezza dozzina di metri, avvicinandolo in quella che fu una distanza davvero irrisoria viste le sue dimensioni. Sollevò dei piccoli frammenti di roccia, mentre zoccolo e artigli sinistri frenarono la sua discesa, dando modo però a Lighthouse di servirsi delle sue manette magiche. Mercurio duplice, che divenne una spada, che provocò un squarcio sul fianco scoperto di una ventina di centimetri, generando un profondo grugnito, che riverberò nella eco delle montagne, ed un movimento fulmineo in direzione di Blake. Sembrava che il destino ce l'avesse con lui, visto che si ritrovò con tre linee parallele, non tanto profonde, sull'avambraccio non occultato, fermandosi in una pressione del mostruoso palmo sulla pelle lacerata che iniziò a bruciare dall'interno. «Aakraman», un suono gutturale, profondo, un comando che significava solo una cosa. Attacca. Lui, Jesse Lighthouse.

Nel mentre, sulla terra, nessuno si accorse, complice la creazione di Barnes, di quanto stesse accadendo. Adamas Vesper cercava di ripristinare la forza di gravità attraverso la magia degli astri, fallendo, così come stessa sorte ebbero i tentativi di immobilizzare la scimmia ladra da parte di Giada e Ben. La strana coppia, però, con due magistrali incanti appellanti riuscirono a recuperare quanto era stato sottratto dalla creatura, con D'Angelo che fu premiato non solo dalla squama della Mc Carthy ma anche di una strana bussola che però non indicava mai il nord geografico. Fu proprio la perdita di quell'oggetto che portò le tre scimmie ladre a snudare i denti e partire all'attacco. Quella che aveva derubato l'Ametrina cercò di servirsi dell'enorme tronco alla destra dei due del biennio, finendo però col perdere potenza nel lancio ed atterrare ai piedi di Benjamin; la sorella invece ebbe maggior successo ai danni della Mc Carthy: si lanciò dritta verso di lei, palpeggiandola fino a recuperare la spilla ma anche la bacchetta, stringendole il polso con forza tale da provocargli un dolore lancinante.
La terza, infine, assaltò un Adamas che in quel momento notò ai margini del dirupo i resti di un pentagramma inscritto in un cerchio, precisamente la sua parte inferiore, alle cui punte basse vi erano Naudiz e Gebo, due rune che cozzavano con quella incisa sulla fronte della creatura, una Algiz al contrario, accorgendosi della stessa solo quando ormai si librò in volo -sfruttando le bizze di gravità- ed atterrando sul suo petto, graffiandolo profondamente e tentando di strappargli il monile a forma di caduceo.

Si sa che, tolte le vacanze, l’evento più atteso dell’anno per chi è ancora tra i banchi di scuola sia quello con la “E” maiuscola: la gita scolastica. Hidenstone, nella sua tradizione di seppur breve data, non si sottrae alla possibilità di offrire ai propri studenti di visitare e conoscere luoghi che difficilmente sono raggiungibili e, per questa primavera, la scelta della Preside Burke è ricaduta su un’isola antichissima, riscoperta negli ultimi mesi.
Tre ne erano passati da quando, dopo ere, le pietre originali si erano nuovamente manifestate. Tre mesi durante i quali tutto lo staff accademico aveva svolto sotto la supervisione di Victoria ogni genere di ricerca e analisi, sfogliando centinaia di volumi in diverse lingue, appartenenti a diverse epoche. Qualcosa stava per accadere, quello era evidente, ma cosa? La tensione nell’aria era ormai palpabile, e tra leggende e miti solo pochi avevano attirato la sua attenzione, ma mancavano ancora dei tasselli fondamentali, e lei non aveva idea di dove trovarli. Fu in quel contesto che giunse la notizia che un’isola era spuntata dal nulla nel Mar del Bengala, lasciando attoniti i predoni che navigando per quelle acque si aspettavano di trovare solo mare aperto a quelle coordinate.
Dopo essersi assicurata che nessun Popolo del Mare la reclamasse per sé o decidesse di mandare esploratori, si mise a studiare questo avvenimento. L’Isola era quasi sicuramente l’antica Skanda Purāṇa, scomparsa eoni fa in seguito ad un cataclisma con epicentro proprio in quella che fu Lemuria, l’antico continente scomparso.
L’annuncio ufficiale, ormai estremamente agognato dai ragazzi, venne fatto durante la colazione. Nessuno vide Victoria entrare, e non pochi si strozzarono al suo «buongiorno ragazzi». Prima di continuare la donna si assicurò di avere su di sé la totale attenzione dei giovani, quindi la sua voce tranquilla ma decisa risuonò nel rispettoso silenzio della sala: «Come ben saprete ogni anno Hiddenstone organizza, come ogni scuola che si rispetti, una gita scolastica». Fece una breve pausa, testando l’attenzione dei ragazzi; la loro agitazione era quasi palpabile, ma non una mosca volò in quel silenzio carico d’attesa. «Per quest’anno, in accordo coi vostri insegnanti, è stato deciso di proporvi una meta esotica, dove potrete appagare la vostra sete di esplorazione e avventura e, soprattutto, mettere alla prova le vostre conoscenze e le vostre doti», lo sguardo a sorvolare sui presenti ma senza mai soffermarsi. «la meta è un'isola recentemente riaffiorata dai fondali del mar del Bengala e che alcuni studiosi, tra cui io stessa, supponiamo possa essere la leggendaria isola di Skanda Purāna. La partenza è prevista tra mezz’ora dal porto di Denrise. Vi consiglierei di preparare un bagaglio leggero ed abiti comodi e adatti a camminare su terreni accidentati». Non appena Victoria finì il discorso nella sala sorse un vociferare conciso e agitato: l’eccitazione dei giovani era alle stelle.

Al porto di Denrise li avrebbe attesi là Dragone degli Abissi, la galera che era solita prelevarli e riportarli al molo di Yggdrasil ad ogni inizio e fine anno scolastico, dove oltre alla presenza di Victoria avrebbero potuto notare non solo i tre Responsabili di Casa ma l’intero corpo docente. Il viaggio, di quasi ventiquattro ore, li avrebbe condotti fino a Arichal Munai, un antico villaggio magico indiano, per spostarsi sulle keṭṭuvaḷḷam, simile alle drakkar per velocità ma non per forma, ottime per attraversare la spira del Kraken, potenti correnti marittime ad alta letalità. Infatti, gli occupanti avrebbero provato, sul finire del viaggio, non solo la precarietà delle imbarcazioni rispetto alla potenza del mare aperto, ma anche il familiare senso di nausea e stordimento dovuto all’uso della smaterializzazione. Davanti a loro apparirà un’isola alquanto particolare. Un atollo che ricorda la forma di Dagaz, ᛞ, se vista dall’alto, il cui punto di unione tra i due triangoli altro non è che il fulcro di due grandi cascate marine, una per lato. Dalle imbarcazioni è possibile notare come nella parte ovest dell’isola vi sia una fitta vegetazione per due terzi della superficie, divenendo più rada verso le cascate e permettendo ai visitatori di notare quelle che sembrano antiche rovine. Nella parte speculare, invece, gli sguardi più attenti e le menti più curiose verranno affascinati da ciò che la nebbia lascia loro intravedere: montagne dalla strana forma irregolare. Anello di congiunzione tra le due parti dell’atollo sono le coste irregolari che presentano una insolita pavimentazione rocciosa di una intensa sfumatura ambrata, lunga una decina di chilometri, facilmente percorribile nei dì di bassa marea, proprio come quel giorno, indicato dai timonieri come punto di sbarco, nella zona sud-ovest per alcuni, per altri a nord-est.
«Benvenuti a Skanda Purāṇa».

Gli ultimi momenti di un duello, quelli in cui dove tutto viene deciso su quale faccia cadrà la monetina, sono quelli più esaltanti. Idee dell'ultimo minuto, piani da rifare e ansia da prestazione potevano riversarsi negli animi dei duellanti in pochi battiti di ciglia. Erik si ritrovò nell'acqua in compagnia di un nuovo amico che lo guardò con i suoi occhietti curiosi. Cassian provò subito ad avvicinarsi al mago leggermente indolenzito. Si avviluppò alla bacchetta e al polso di Foster che riuscì a risalire con un ascendo, un po' traballante, che gli permise di tornare sulla piattaforma che un tempo fu un serpente marino. Lì, Nicholas, riuscì a colpirlo con un electro che diede al corpo di Erik una piccola scarica che riuscì a superare senza grandi difficoltà, troppo preso nel dar ordini al piccolo Cassian che era stato comprato con la promessa di buon cibo fresco una volta finito il duello. Il depulso funzionò magistralmente, tanto che Cassian finì addosso al Dioptase, proprio nella zona tra petto e spalla, con l'avvincino a mordicchiare -da buon pokemon ubbidiente- il ragazzino che crollò svenuto a terra, senza però cadere dalla piattaforma. Salvo sì dall'acqua, ma non dalla fine del duello. «E L'INCONTRO SE LO AGGIUDICA LO SPASIMANTE NUMERO UNO, ERIK FOSTER!» La voce di Ryan tornò ad occupare l'intera area del duello, proclamando vincitore proprio l'Ametrin. «FATE RINSAVIRE IL POVERO MC CALLISTER E INFORMATELO CHE DOVRà PAGARE UNA CENA! GRAZIE A TUTTI PER ESSERE VENUTI».

Tergiversare andava bene fino ad un certo punto ed Erik lo sapeva bene. Infatti, la comparsa del tramonto e il tremolio della bacchetta tra le dita portarono il Prefetto a passare al lato oscuro della forza. Per prima cosa optò di nuovo per le farfalle e, rispetto all'inizio del duello, qualcosa si smosse: uno sciame, piccino picciò, di farfalle scaturì dal catalizzatore, svolazzando -non tutte- verso il povero Nicholas che riuscì a confondere il Dioptase per una manciata di secondi. Infatti, nonostante gli essere esplosivi -che però lasciarono attorno a Nick un odore persistente di bruciato- riuscì a compiere un'azione davvero miracolosa. Erik fu travolto da un Ventus coi fiocchi, che gli fece perdere l'equilibrio e cadere di sedere all'interno del fossato pieno d'acqua. La fortuna risiedeva nel fatto che con il Meteo Recanto l'acqua non fosse più elettrificata, che nel mentre cadeva riuscì in qualche modo ad ampliare il ghiaccio che Mc Callister stava rompendo, arrivando a coprire le ginocchia, ma -soprattutto- a fare la conoscenza di Cassian, un piccolo cucciolo di avvincino. Oltre questo Erik fu colpito da un blando Petrificus al braccio non armato, sentendolo rigido ma ancora capace di muoverlo qualora ci avesse provato. «SIGNORI E SIGNORE, SECONDO VOI CI SARA' QUESTO APPUNTAMENTO ALLA FINE? E SOPRATTUTTO CHI PAGHERA' IL CONTO?»

Se don Abbondio fosse stato un mago avrebbe esordito così: «Questo duello non s'adda fare». L'animo romantico di Foster infatti aveva prevalso sulla vena sadica -in effetti non era mica Ensor- per cui il suo Flipendo non ne volle sapere di manifestarsi ai danni di Mc Callister. Sul serio stava nascendo una nuova coppia all'orizzonte? Gli O'Connor -soprattutto uno- non sarebbero stati contenti. Nick però decise di dar una spolverata agli incantesimi generici -con somma gioia della Ivanova e di Ensor- optando per un impedimenta, che riuscì a rallentare di poco il Prefetto. Poi qualcosa di magico accadde: «RAGAZZI, SIAMO PROPRIO AD UN VERO APPUNTAMENTO, GUARDATE LÁ». Le folgori cessarono di esistere, senza però far perdere la sua luminescenza al cervello nello scheletro, ed il cielo si tinse di pennellate violacee, rosa pesco, con punti rossi ed arancioni come le fiamme di un caldo camino o come la fiamma della loro passione. Perfino anime tristi come i pg di questa narratrice avrebbero sentito qualcosa smuoversi nel profondo. Tutti, tranne il nostro Smith. «VOLETE FORSE PRENDERVI UNA STANZA?» E proprio il marasma di emozioni finì con il far tremare, leggermente, la bacchetta in mano a Foster che però riuscì a mantenerla, proprio quando Nicholas iniziava a sentire il ghiaccio cedere. Sarebbe bastato un altro piccolo sforzo per liberarsi del tutto.

E alla fine le danze erano iniziate. Erik fu più lesto nel richiamare un incanto che conosceva bene, ma forse proprio la fretta non gli diede modo di creare le farfalle come avrebbe voluto. Infatti, dal catalizzatore uscì lo spettro di un lepidottero che svanì nel nulla, troppo blando per pensare di arrivare fino a Nicholas. Di contro però riuscì a vedere proprio un fulmine di un blu intenso abbattersi sul corso più piccolino -in alto a sinistra, dalla sua postazione- rendendo la superficie ribollente e, se affilava lo sguardo, poteva vedere delle piccole folgori increspare il pelo dell'acqua. Nel mentre Nicholas cercò di approfittarne con la pastoia total-body e tentare di sorprendere il moro, ma forse non era così sicuro della sua volontà, perché dal suo catalizzatore non uscì nulla. «SIGNORI E SIGNORE, QUI DUE SONO LE COSE: O CI SI STA PRENDENDO LE MISURE OPPURE I DUE SI VEDRANNO PER UN APPUNTAMENTO GALANTE», l'ilarità a riempire le parole del caposcuola. Di fatto i due duellanti sembravano essere impensieriti da tutt'altro, con il primo a cercare di porvi rimedio. Il glacius finì con l'impattare sui piedi del povero primino, che si ritrovò unito come un corpo e un'anima con la sua piattaforma, ciò rallentò i suoi movimenti ed anche il suo tentativo di mettere un bavaglio al maggiore. Fallì anche quello. «PER CASO VOLETE DEI BISCOTTINI AL BURRO INSIEME AL THE?!» Per quanto riguardava il rumore che aveva origine alla sua destra, Nicholas non percepì nulla.