Votes given by Emma Lewis

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    Thomas Richenford
    Auror | 22 anni
    Non aveva mai capito davvero cosa provasse per quella biondina. Era come se tutto quello fosse realmente strano, come se tutto quello fosse completamente assurdo. Lei era completamente diversa da lui e lui sapeva benissimo di essere stato uno stronzo con lei, di essere sparito come non si poteva neanche raccontare. Avrebbe dovuto vergognarsi immensamente e smetterla anche di parlarle, proprio perchè non si meritava tanta purezza, bontà e spontaneità. Era qualcosa di incredibilmente assurdo come dalla prima volta che si erano incontrati in riva al mare a denrise non era cambiato niente. Oddio, si forse qualcosa era cambiato eccome, ma non ci poteva fare niente, Thomas aveva un debole per lei e lo avrebbe dimostrato ogni volta che si fossero visti, come se la sua mente e la sua memoria fossero sempre ferme a quel momento, il suo profumo gli sapeva seriamente di buono e non poteva farci assolutamente niente. Sorrise alla ragazzina e poi ridacchiò. Hai ragione, ed io ti adoro anche per questo. Le tue guancie rosse mi fanno ricordare che esiste ancora l'autenticità nel mondo! Era sincero, veramente sincero. Poi si mise affianco a lei per sentire quel racconto e ridacchiò quando gli disse che si chiamava Thomas anche il suo gemello. Allora è destino! Deve esserci per forza un Thomas nella tua vita! Le diede un pizzicotto sulla sua guancia e poi il suo tono di voce così dolce lo fece sorridere. Diciamo che non è una notizia da dare a cuor leggero e che si smaltisce allo stesso modo, quindi non so, credo che sia la reazione di tutti quella di scappare, almeno come prima! Adesso vi sentite di più? Vi vedete più spesso? Chiese poi intrecciando le loro mani come aveva fatto lei e lasciando che l'odore dei suoi capelli gli inebriasse le narici. Si gli era mancata da morire, ne era certo.

    RevelioGDR
  2. .
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    Erik Foster | Ametrin | IV anno
    Il nuovo anno scolastico procedeva, ma un pensiero fisso attanagliava la mente del prefetto degli ametrini: il ballo invernale. Chi invitare? E se avesse invitato qualcuno e poi qualcun altro si sarebbe arrabbiato? E se avesse invitato la persona sbagliata? E se questo errore avrebbe pregiudicato la sua esistenza?
    No, forse non c'era bisogno di essere così drastici.
    Quel mercoledì faceva molto freddo. Molti studenti si erano dati appuntamento in sala grande per godere del tepore dei camini accesi, quindi l'ingresso del castello era il luogo perfetto per piazzare la sua trappola. La persona che avrebbe voluto invitare quell'anno, infatti, era una ragazza della sua stessa casata, bionda e sempre sorridente: Emma.
    Lei non era in sala comune e neanche in sala grande, quindi se non avesse voluto morire assiderata si sarebbe dovuta riscaldare in uno dei due luoghi. E se fosse andata in sala comune? Era improbabile, infatti la ragazza sarebbe uscita da poco da una lezione più vicina al piano terra e per cercare riparo dal freddo la Sala Grande sarebbe stata la soluzione perfetta.
    Erik attendeva dinnanzi al portone per la Sala Comune. Addosso aveva la divisa della sua casata. Era immacolata - segno che si era cambiato da poco, poiché la distruggeva ogni volta - e in mano aveva un bigliettino. Ogni qualvolta che qualcuno scendeva dalle scalinate il volto di Erik si illuminava, salvo poi spegnersi subito dopo nel notare che non si trattava di Emma. Cavoletti, forse sarebbe stato più saggio mandarle un messaggio! Quel pensiero non aveva tutti i torni, ma il non sapere niente di ciò che da li a breve avrebbe fatto, rendeva il tutto ancor più intrigante e sorprendente. O perlomeno io mi ricorderei di questo momento per anni e anni, se qualcuno facesse la stessa cosa per me.



    RevelioGDR
  3. .
    Con Emma Nathan si sentiva libero di esprimere ogni suo lato, anche quello che non pensava di avere come l'istinto di protezione. La sua mascotte, sorellina, e tanti altri diminutivi con cui era solita chiamarla, quindi proprio non capiva il perché di quella sua espressione stralunata ai difetti che aveva elencato di Jones o al perché avrebbe fatto meglio a tenersi distante o, per lo meno, a stare attenta al suo Thomas. Non conosceva il soggetto in questione ma la risma dei penedotati sì. Avrebbe voluto prenderla per quelle sue spalle esili e scuoterla fino a farle ritrovare la ragione ma si trattenne. Ovvio che l'avesse fatta sentire una principessa se quello significava l'accesso alle sue mutandine! Insomma, era l'A-B-C delle tecniche d'approccio. Avrebbe potuto distruggerle anche quel ricordo e proprio per quello preferì tacere per virare il discorso su quello che lo feriva ancora: l'allontanamento di Amelia. Sebbene non avesse più rapporti comunicativi con lei il ragazzo le era rimasto fedele, di fatto aspettandola, aspettando un evento che sembrava sempre più lontano dal verificarsi. E sentirsi dire che non si meritava chi non era capace di star con lui, un po' crollò. Perché aveva creduto che la sua ghiacciolina incarnasse la perfezione, dopotutto era stata la prima e sospettava ultima persona a farlo crollare in quel modo.
    Solo che non aveva pensato ad Emma. Non in quella veste.
    In realtà non ci stava pensando neanche in quel momento: il suo scopo era tirarle un tiro mancino, uno scherzo per farle capire però che lui era meglio di Lucas, Thomas e qualsiasi altro sbarbatello messi insieme. La vicinanza insopportabile, il tocco strategico, la voce roca e sensuale erano tutti stratagemmi e la Lewis sembrava esserci cascata con tutte le scarpe. «Penso che tu sia più che abbastanza per me», sebbene stesse scherzando con il corpo le sue parole erano serie. Ci credeva davvero nella superiorità di lei, che fosse troppo per lui, soprattutto per il Nathan che aveva conosciuto agli inizi di Hidenstone. «E no, non ti lascerei mai andare, te l'ho detto che gli altri sono stati dei folli a farlo». Quel gioco, quella vicinanza però rischiava di ritorcersi loro contro. Per una volta King ragionò con l'unico neurone che gli era rimasto e permise alla ragazza di allontanarsi da lui, solo dopo un bacio che lasciò sulla sua fronte. «Andiamo, farfallina, c'è un letto che ci aspetta». Il guadagnare riva, l'incamminarsi nuovamente verso la casa di quell'estate avevano dato il peso di quanto potesse tenerci alla consorella, da non voler rovinare quello che avevano per nulla al mondo. Una parabatai. Le allungò un telo mare. «Prima di fregarmi l'ennesima maglietta» le spiegò, mentre ne usava uno più piccolo per togliere l'umidità lasciata dall'acqua salata e dalla sabbia. Gambe e piedi erano un disastro, ma non aveva la forza di andare a sciacquarsi. «Se ti freghi tutto il letto ti spedisco a dormire fuori sull'amaca». Amica avvisata mezza salvata.
    Nathan Parker
    King

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    The biggest misunderstanding about me is that I'm just a bratty, gobby idiot.
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    Ametrin
    Wampus
    Quidditch

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    Avrebbe voluto dirle che quella faccia era nulla in confronto a quelle che aveva fatto in direzione del confratello, ma preferì tacere e gongolare alla rassicurazione della biondina. «Vorrei ben vedere», gongolò, arruffando piume immaginarie. Si chiamava pur King per un motivo, no?! Purtroppo per lui, però, Emma sembrava non voler mollare l'osso -leggasi Lucas- continuando ad insistere sul perché di tanta acrimonia verso il moro. «Oh, da dove vuoi che inizi?» Non gli aveva fatto nulla, personalmente, per quello che sapeva, ma ciò non significava che non avesse creato problemi a qualcuno che voleva bene. «Sembrava più una tua stampella che un fidanzato. Così in ansia che era un no praticamente a tutto», sembrava fosse il solo a ricordarsi il momento in cui Emma non credeva in se stessa, tanto da avere paura della sua stessa ombra. Non che le cose siano diametralmente opposte ora ma un netto miglioramento c'era stato. «E poi non mi sopporta neanche lui», mise il broncio come il migliore dei bambini, sbuffando nel sentire la sua affermazione successiva. «Sbagliato», si agitò facendo increspare l'acqua.
    «Sba»
    «glia»
    «to».
    L'indice paragonabile ai tergicristalli di un auto babbana. «Semplicemente per la mia migliore amica desidero il meglio e non smidollati o tipi che non sanno tenerselo nei pantaloni!» Che l'auror con cui era stata rientrasse nell'ultima categoria era poco ma sicuro. Rientrava in quella categoria in cui anche lui aveva militato, fino a quando una ghiacciolina non l'aveva fottuto alla grande.
    «Sai perfettamente qual è il suo nome», tutto il calore era sparito dalla sua voce, lo sguardo a volgere ovunque tranne che sulla sua amica. «Già, sparita, così e», prese un respiro, continuando a tenerla stretta a sé, «mi chiedo solo se valga la pena aspettarla ancora». Ormai erano mesi che non sapeva più nulla di lei, di dove fosse e come stesse. Non una risposta ad un messaggio, gufo o chiamata. Nulla di nulla. L'aveva lasciato senza avere neanche il coraggio di dirglielo.
    Se la sua mente vagava alla Dioptase, quella dell'Ametrina era tutta diretta a tutt'altro tipo di pensiero. «Eh?!» Fu la prima reazione istintiva. «Io e te?» Sembrava avesse appena avuto una botta in testa così forte da stordirlo, ma la studentessa sembrò quasi fare marcia indietro. «Mi stai davvero dando picche prima che possa provarci con te, Lewis?»
    Decise di vendicarsi. Se si fosse allontanata l'avrebbe ripresa per il polso e, delicatamente, l'avrebbe riavvicinata a lui, una mano a salire lungo il suo collo per scostare i capelli e fermarli dietro l'orecchio. «Proprio sicura?» Il tono di voce basso, roco, lo sguardo agganciato al suo mentre si avvicinava a lei, alla sua guancia, a quell'orecchio. «Non è che vorresti ripensarci?» Le mani salde sui fianchi, al di sotto di quella maglietta che gli aveva rubato, che sollevò per impartire l'ordine di allacciare le gambe attorno ai suoi. «Sai» si allontanò con deliberata lentezza per ritrovarsi vicini, a distanza di bacio, «noi due insieme, non sarebbe male come idea». Un bluff o forse no. Non restava altro che scoprirlo.
    Nathan Parker
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    Suggestione o meno,serial killer o meno, peperonata -oh, esiste una pizza ananas e prosciutto, vuoi vedere che non esiste una alla peperonata?!- o meno, Nathan Paker King accompagnò Emma Lewis al bagno da buon cavaliera qual era. E che cavaliere! Nessuna mano sul sedere, nessuna sbirciatina sotto la sua maglia che le aveva fregato per usarla come pigiama. Insomma, oltre ad una strusciata non tattica non c'era stato nulla. E che dire del suo essere cavalier servente, in ginocchio da lei per farla salire sulle spalle e poi buttarla nell'oceano?
    Il mood della paura e del sospetto avevano lasciato spazio a quello del relax e delle domande profonde che ogni tanto si sottoponeva. Sebbene poste in maniera saggia Nathan voleva sapere solo una cosa: per uno che si professa innamorato di una persona dopo quanto può riprendere a battere chiodo?
    C'era da dire che però lui fino. quelle vacanze alle Florida Falks non aveva più pensato al sesso, ma... le vacanze stavano finendo e quella rischiava di essere l'estate più triste sin dalla notte dei tempi.
    E chi, meglio della sua migliore amica che aveva amato uno stronzo, avrebbe potuto darle una risposta? Come due lontre nell'oceano, Nathan teneva vicino a sé Emma che però sembrò non voler assumere la sua stessa posizione. Forse perché voleva vedere meglio la sua smorfia di disgusto al sentirle dire di aver amato Jones. Ed una ola parte da lui, che torna a muovere le gambe per rimanere a galla, quando ripete che è stata lei a lasciarlo. Lo credeva quasi impossibile. Eppure si era liberata da qualcuno che le faceva solo del male, a suo modo di vedere. «Spero non amici come noi due, eh, se no mi offendo!» Ma il sorriso si spense al suono del suo nome per intero, in un tono che raramente aveva sentito da lei. Annuì all'accenno di Berlino, ben comprendendo dove il suo racconto stesse andando a parare. «Non c'è neanche bisogno di chiedermi se ti credo. Ovvio che sì!» La riprese bonariamente, circondandola con le braccia e stringendosela di più al petto. Probabilmente avrebbe sentito anche nascere la sua risata profonda prima ancora di sgorgare. «Forse dovrei costruirgli una statua, a questo Thomas, visto che ti ha fatto lasciarle Lucas». Le posò il mento sulla testa, continuando a cingerla e a lavorare per far rimanere entrambi a galla. «Però di una cosa mi spiace: è stato uno stupido, questo Thomas, a non cercarti più, dopo». Perché per lui era incomprensibile lasciare una come Emma dopo che aveva donato un momento così importante per lei. Perché se aveva bisogno di inzuppare il suo cazzo di biscottino avrebbe fatto meglio a cercare un'altra tazza. «No, ci ho ripensato. La statua la voglio solo per me». Per lui, il re dei migliori amici.
    Nathan Parker
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    Nathan era uno di quelli che prima agiva e poi ci pensava.
    Secondo voi, uno come lui, avrebbe mai potuto pensare che la sua migliore amica si potesse imbarazzare o sentire incomoda ad essere posata sulla sua erezione mattutina? Che risposte, ovvio che no! Soprattutto se il suo risveglio era stato brusco ma anche un po' provvidenziale a causa del soggetto del suo sogno. Del suo incubo.
    Ma Emma Lewis, che arrossiva e lui non poteva vederlo -al più avrebbe potuto percepirlo se le avesse toccato il viso- si mosse fino a trovare una posizione più congeniale strappandogli comunque un gemito. Dannazione, era un ragazzino nel pieno della sua fase eccitativa(?) e che non andava a letto con qualcuno da mesi, cosa ci si poteva aspettare?
    Il tempo delle scuse non arrivò visto che, in barba ad eventuali intrusi, iniziarono una lotta di solletico perché in due non facevano un cervello. No, okay, Emma era più sveglia di lui ma sembrava perdere i suoi pochi neuroni sani quando era con lui.
    Lui che comunque riprese la situazione in mano -no, non quella che pensate voi- sollevando la puffetta fino a condurla verso il bagno esterno al loro bungalow. Sballottando un po', giusto per fare scena e farla ridere nella remota ipotesi che lui la lasciasse cadere togliendo le mani che si trovavano sotto le sue cosce, giunsero a destinazione dove King l'adagiò a terra, chiamò un lumos e perlustrò il bagno alla ricerca di eventuali intrusi. «Em, non mi ricordo neanche cosa ho mangiato per cena, vuoi che mi ricordi di come abbia lasciato la finestra?» Chiese, aprendo ogni singola anta ci fosse alla ricerca di eventuali mostri, facendo un po' scena. Come c'era da aspettarsi, non trovò nulla di interessante, tranne quella finestra che chiuse. Probabilmente l'aveva aperto lui stesso dopo la sua ultima visita.
    «Via libera, fifona» comunicò ridendo, chiudendosi poi la porta dietro ed appoggiandosi ad essa mentre scrutava l'oscurità illuminata debolmente dal suo lumos. Non vedeva nulla di preoccupante, così spense quel puntino luminoso e incrociò le braccia fino a quando non avrebbe udito un lieve bussare alla porta, segno che Emma fosse pronta a rientrare.
    «Cavalluccio o manina?» la prese in giro, accovacciandosi comunque perché, conoscendola, sapeva che avrebbe optato per la prima opzione. «Se mi prometti di non scalciare o russare ti concedo di dormire con me» annunciò, anche se ormai il sonno per lui era passato. «Oppure...» lasciò in sospeso, prendendo a correre non in direzione della sua stanza, bensì verso l'oceano in cui si buttò con la biondina ancora sulle sue spalle. Tutto quello che avrebbero potuto vedere, ora, era grazie al riflesso della luna piena di quell'acqua stranamente calda per essere quasi l'alba.
    Una volta riemerso sul pelo dell'acqua, mettendosi davanti a lei, iniziò a sollevare schizzi d'acqua col solo scopo di infastidirla.

    Ora era come una stella marina, che si lasciava cullare dal moto delle onde, legato ad Emma solo dalle loro mani intrecciate. No, non erano due stelle marine, ma due lontre. Avete visto quanto sono carine? «Dopo che è finita con Lucas, per quanto tempo ti sei sentita persa?» Era la prima volta che accennava al suo ex, ma anche la prima a voler parlare di Amelia. Le mancava, ma non sapeva cosa fare. L'avrebbe cercata? L'avrebbe rivista? Sarebbero tornati insieme o tra loro era tutto finito? Era convinto che lui non si sarebbe più fatto fregare da una ragazza, dai sentimenti e dal suo cuore. L'aveva fatto una volta e gli era bastato. C'era però da dire che non era tornato alla sua vecchia vita, come se il suo volare di fiore in fiore avesse stancato persino lui. «Dopo quanto ti sei avvicinata ad un altro ragazzo?» Prese una pausa, chiudendo gli occhi. «L'hai cercato o è capitato per caso?» Ora era lui ad arrossire, perché con Emma avevano sempre parlato di empowerment e non di relazioni se non la loro amicizia e quella che li legava alla loro famiglia. Non avevano mai parlato di Amelia, se non per tranquillizzarla del fatto che non l'avrebbe mai messa in secondo piano, perché lei era la sua migliore amica e sarebbe venuta sempre prima di tutto. Eppure, qualche volta, l'aveva lasciata indietro, troppo preso dalla Dioptase.
    Nathan Parker
    King

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    |thomas seanàn roberts|



    E
    mma le era sempre sembrata il personaggio speciale di un videgioco, uno di quelli che sblocchi all'improvviso dopo un livello particolarmente difficile e che poi scopri di volere a tutti i costi. Per una parte della sua vita era stato totalmente ignaro della sua esistenza, convinto che la sua vita fosse tutto sommato piuttosto piatta e regolare, semplice in un certo senso: era stato adottato, aveva trovato una famiglia che teneva a lui, si era costruito una vita ... niente di sensazionale. Scoprire dell'esistenza di Emma lo aveva sconvolto: ricordava ancora il giorno esatto in cui quell'informazione era venuta fuori, dopo tutte le sue ricerche, e ricordava quella sensazione di straniamento che lo aveva invaso. Si era sentito all'improvviso catapultato in un film, uno di quelli drammatici con cui sua madre piangeva sempre, in cui due gemelli separati alla nascita scalavano montagne e attraversavano mari interi per ritrovarsi. Ecco, lui non era così avventuroso da pensare, come prima cosa, di partire zaino in spalla alla ricerca della sua gemella, ma aveva cominciato ad esplorare tutto Internet, che per lui era quasi la stessa cosa. Per mesi era diventata la sua ossessione, trovare quante più informazioni su di lei possibile era diventata la sua priorità. Ritornare all'orfanotrofio era stato un passaggio obbligatorio, quantomeno per poter raccogliere quelle informazioni che altrimenti avrebbe impiegato una vita a ottenere tipo, che so, un nome. Ecco, partire da un nome era più facile che creare un modello 3d del suo possibile viso basato sui propri lineamenti e sparpagliarlo nei forum di persone scomparse, tanto per dire. Non che ci avesse davvero pensato...!
    Aveva preso quel ritorno alle "origini" con l'entusiasmo che lo caratterizzava e la leggerezza di qualcuno che non aveva grossi traumi da superare legati al posto dove era stato cresciuto. Non aveva grande memoria di quell'unico anno passato lì, nessun trauma da dimenticare, nessuna triste storia da raccontare, eppure quando aveva varcato la soglia era stato travolto da una serie di ricordi che non pensava nemmeno di avere. Per come era fatto Thomas era molto probabile che molti fossero inventati sul momento, come lui che cercava di correre sulle scale con Emma, o i due che ruzzolavano per il corridoio al piano di sopra, ma gli lasciarono comunque una strana sensazione addosso.
    Quando aveva avuto abbastanza elementi per inquadrare la sua gemella la sua ossessione non era diminuita, anzi. Aveva provato a non pensarci, a darsi del "pazzo stalker" ogni volta che apriva i suoi profili social per spiare nella sua vita, ma alla fine non era stato abbastanza forte da impedirsi di andare Hidenstone anche solo per vederla. Poteva ripetersi che lo aveva fatto anche per sè stesso ma mentre la stringeva a se era difficile negare le sue vere intenzioni.
    Sorrise a sua volta, guardandolo con dolcezza. "No, direi di no!" affermò con convinzione, per poi seguirla mentre lo trascinava verso le attrazioni. Rimase sorpreso dalla sua scelta, sicuramente singolare, che lo portò a ridere all'istante. "Penso fosse il mio libro preferito da bambino... mi hai letto nella mente? Abbiamo qualche super potere segreto da gemelli?" buttò lì, anche se già esaltato anche solo all'idea.

    PARLATO - ASCOLTATO - NARRATO
    bymars


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    Era bellissima davvero e vedere che lui le faceva sempre lo stesso effetto fu bello, fu particolare e fu entusiasmante. Non sapeva ancora come definire quel suo volerla vedere, ancora non aveva veramente idea del perché le era mancata e se effettivamente le fosse mancata. Sorrise alla ragazza e poi le diede un pizzicotto sulla guanciotta rossa. Ma no, non dovresti imbarazzarti più con me! Sai benissimo che ti trovo bella, brillante, affascinante! Lo pensava davvero, ma glielo aveva detto più per spezzare la tensione che per altro. Non aveva mai esagerato con i complimenti, o almeno lui così credeva, ma era una persona che non nascondeva mai le cose positive che davvero pensava, ed Emma era veramente speciale per lui, anche se quando gli disse che doveva dirgli qualcosa, gli venne un vuoto nello stomaco intenso, immenso. Non aveva idea di quello che lei dovesse dirgli, ma il solo pensiero che non volesse vederlo più, che lei si era magari fidanzata e lui non poteva più toccarla, abbracciarla, e baciarla se ne avesse avuto voglia lo deprimeva, davvero, ma davvero tantissimo. Sospirò appena, ancora e poi lasciò che lei cominciasse a parlare mentre lui si sedeva vicino a lei sulla panchina dove poco prima era da sola. Era nervoso a vederla nervosa, ma lei era la priorità, e di conseguenza le prese la meni per farla smettere di torturarsi da sola. Le sorrise, e poi quando cominciò a parlare della sua vita, fece un piccolo sospiro di sollievo. Non voleva che lei lo allontanasse e non voleva tornare al periodo in cui non si parlavano più. Era assurdo e doloroso. Poi la guardò sorridendo a quella notizia. NON CI CREDO! Ma è una cosa meravigliosa, come hai fatto e soprattutto chi è? Lui lo sa? È a scuola con te? Andiamo racconta Em! Disse con entusiasmo. Sapeva della sua storia e sapeva del dolore che provava per quella lontananza. Ammirava la biondina proprio perché non era una che frignava spesso ed anzi, era una che non si dava mai per vinta ed aveva sempre il sorriso sulle labbra, nonostante tutto, nonostante tutti. Le sorrise attento per capire di chi si trattasse e come l’avesse trovato. In fondo Thomas era una scimmia curiosa e pazza!
    Thomas Richenford

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    citcitcit
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    Thomas Richenford - 21 anni
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    Correva. Era sul limitare di una foresta, ma più correva verso la radura più questa si allontanava. I muscoli gli dolevano, il respiro era così corto che le formule degli incantesimi erano spezzate così come i movimenti rigidi della bacchetta. Sapeva che doveva fare in fretta, che lei lo stava aspettando nella radura in cui erano finiti in una calda serata londinese. Sentiva i suoi lamenti, come se qualcuno le stesse facendo del male, il rumore dei rami secchi che si spezzavano sotto i suoi piedi. E poi un colpo. Ne seguì un'altro ed una manciata di altri più piccoli, ma ravvicinati. Il fastidio era ancora più reale della foresta in cui era. A quello si aggiunse il suo nome, abbreviato, poi una supplica. La voce era femminile ma non era la sua.
    Sgranò gli occhi ed invece del cielo scuro punteggiato dalle cime degli alberi Parker vide solo buio, immaginando però di trovarvi le travi a vista che producevano ombre allungate dal chiarore che sapeva venire dalla porta finestra lasciata aperta.
    Era nel suo letto nel bungalow che anche quell'anno i suoi genitori avevano affittato per l'estate e al suo fianco c'era Emma che lo scuoteva.
    Un sogno. Un incubo. Lo stesso che lo perseguitava da un po' di tempo. Non ne aveva fatto parola con la sua migliore amica perché non voleva affrontare la questione ad esso legato. Non voleva parlare di lei. Non poteva. Si stiracchiò, sperando che non l'avesse svegliata con le sue urla, incurante di essere solo con i boxer. Dopotutto non cambiava poi tanto visto che passavano quasi ventiquattro ore su ventiquattro in costume. «Che succede?» La voce roca, impasta dal sonno, la mano a passare sul viso per riscuotersi un po'. «Vuoi che ti tenga la manina, Lewis?» Scherzò, prima di sentirle dire di aver udito dei rumori sinistri. Non riusciva a vedere il suo viso ma chiaro fu il suo movimento che dal suo fianco, su quel microscopico letto singolo, la fece sedere su di lui, in particolare su una zona particolarmente presente nel momento del risveglio. «Em-» si interruppe, il corpo che iniziò a contorcersi per il solletico che l'altra finì con lo scatenare su di lui. «Guerra?» Erano due idioti, perché invece di partire subito in quarta alla ricerca di chi avesse prodotto suoni che avevano spaventato la bionda, si erano lanciati in una lotta all'ultimo solletico. Le braccia cinsero il corpo esile della sua consorella, i muscoli dell'addome vennero chiamati agli straordinari così come quelli della schiena per sollevare entrambi dal letto, permettendo di fatto alla ragazzina di cingergli i fianchi con le gambe.
    Una mano si staccò da lei per passare in rassegna, a tentoni, il comodino fino a trovare la bacchetta. «Non dovevi andare in bagno?» La prese in giro, iniziando a pensare che fosse tutto uno scherzo e che l'avesse svegliato appositamente perché magari aveva avuto un brutto incubo. In caso di equivoci le avrebbe pizzicato il fianco, giusto per divertirsi un po', pronto a sollevarsi dal letto con lei in braccio per scortarla verso il luogo designato al minimo cenno di assenso dell'Ametrina.
    Nathan Parker
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    Non sapeva neanche lui cosa gli diceva la testa, ma in genere, Thomas, faceva sempre quello che la testa gli diceva. Non era uno che si fermava troppo a riflettere sui suoi sentimenti e su quello che poteva provare davvero. Sapeva che alla fine non era male il fatto di rivederla, che comunque lei le aveva fatto battere il cuore per davvero ma che alla fine per una cosa o per un'altra si erano allontanati. Perchè lo avevano fatto? Non ne era certo, ma le circostanze, alcune situazioni, forse le persone che entrambi avevano intorno, avevano fatto si che alla fine non si vedessero più spesso come prima. Ma non era un problema quello, per Thomas. Alla fine il tempo e soprattutto alcune situazioni ti portavano sempre a staccarti da alcune persone. Avevano due stili di vita diversi, erano diversi quando pensavano alle cose, lui lavorava, lei andava ancora a scuola, lei aveva i suoi amici e i suoi impicci all'interno della scuola, lui invece aveva problemi come licantropi assassini, preti folli, gente africana o cose del genere che irrompevano ed ammazzavano gente a caso solamente per vedetta, lui rischiava la vita tutti i giorni ed aveva Xander, lei era ad Hidenstone e per quanto volessero rischiare la vita li dentro,Victoria aveva sempre un piano per ogni occasione, quindi non era del tutto reale. Ma Thomas non era uno che minimizzava le emozioni degli altri ne tanto meno era uno che si metteva a paragonare delle situazioni quindi, alla fine decise di vederla ed invitarla e quando la vide vestita in quel modo ringraziò il signore di essersi messo un abbigliamento decente e non essere uscito come sempre. Ma ci teneva a fare bella figura con lei ad essere bello ai suoi occhi, era strano, ma era esattamente così. Wao! Non ti vedo da un pò, ma vedo che sei sempre più bella! Le disse andandole incontro prima di sporgersi verso di lei per darle due baci sulla guancia. Emma Lewis lei mi sconvolge sempre. Aggiunse prendendole le mani e allontanadosi un pò per vederla meglio, se lei si fosse alzata. Come stai? Chiese poi seriamente. Era un come stai diverso da quelli di ciroctsanza, voleva sapere davvero come stava e non della scuola o cose del genere. Aveva bisogno di sapere cosa succedeva nella sua vita.
    Thomas Richenford

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    Thomas Richenford - 21 anni
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    |thomas seanàn roberts|



    T
    om si era sempre definito un ragazzo solare, o almeno era abbastanza certo che quello fosse un aggettivo sensato con cui descriverlo. Era abituato a cercare la parte positiva delle situazioni, aveva avuto una vita più o meno felice, alti e bassi a parte, e anche se non faceva tutto quello che facevano i suoi coetanei - non era Brooks, insomma- comunque era abbastanza soddisfatto della sua vita per come era. Certo, Marlee l'aveva sempre resa migliore, ma in ogni caso cercava di non farsi mai abbattere troppo dalla sfortuna e tutto sommato ci era sempre riuscito. Ecco, durante quell'estate trovare i lati positivi era diventato molto più difficile e per un po' non era riuscito ad uscire dall'idea di aver rovinato ogni singoloa spetto della sua esistenza per sempre. Un po' troppo drammatico? Forse, ma rimaneva comunque un ragazzino di fronte a ben più di una relazione che andava a rotoli.
    Da quando aveva visto Emma la prima volta era sicuro che fosse una ragazza gentile e allegra, anche quel suo animo così aperto e accogliente lo aveva convinto a farsi avanti e parlarle dei suoi sospetti, di quel che aveva scoperto anni prima, e anche se sapeva bene che scoprire di avere un gemello non era una passeggiata, si era alluso che con lei sarebbe stato tutto facile.
    Ricevere la sua scomparsa come risposta, scoprire che non lo aveva accolto a braccia aperte nella sua vita come si aspettava, lo aveva spiazzato: se già non era molto bravo a interagire con gli altri e aveva già rovinato abbastanza i rapporti con Marlee da non volersi spingere troppo oltre, comunque la reazione dell'altra era stata spiazzante già di suo.
    Avrebbe preferito di gran lunga vederla arrabbiata, sentirsi urlare in faccia che quello che le stava dicendo non aveva senso, che lei un gemello non lo voleva nemmeno, piuttosto che quella distanza improvvisa che lo faceva sentire sciocco e impotente. Si era domandato più volte cosa avesse sbagliato, cosa di preciso l'avesse convinta ad allontanarsi, ma sospettava di essere apparso, in generale, un po' troppo strano e inquietante.
    Dopotutto non poteva biasimarla e non era nella condizione mentale migliore per imporsi e ricordarle quante cose belle avrebbe potuto fare per lei, se solo gliene avesse data la possibilità. Sospettava che presentarsi alla sua porta -anche solo figurata- ridotto ad uno straccio per aver rovinato per sempre -almeno secondo la sua prospettiva- i rapporti con la sua migliore amica e, come aveva scoperto, crush epocale non fosse una buona idea e per una volta se n'era stato fermo.
    Certo, ora che erano uno di fronte all'altra avrebbe voluto invaderla di parole, sommergerla di scuse e provare a ricucire il loro rapporto, sempre che ci fosse mai stato.
    Era convinto che un ritardo come quello non potesse, in nessuno universo, giocare a suo favore e proprio per questo quando gli gettò le braccia al collo la prese al volo per puro miracolo, spiazzato. Non era quella la reazione che si aspettava, proprio no, ma non poteva dire che gli dispiacesse o che lo avesse rattristato, anzi sentire il suo calore risultò confortante e un vero sollievo.
    Sospirò piano, assaporando il suo profumo e il suo calore e corrucciò le sopracciglia quando arrivò addirittura a ringraziarlo. "Mmmh...prego? Credo...ma non serve ringraziarmi..." borbottò piano, sorpreso anche solo all'idea che si sentisse in dovere di ringraziarlo per qualcosa.
    Venne poi invaso dalle sue parole, e si sentì un po' più compreso e a suo agio perchè dopotutto anche lui non era poi molto diverso.
    "Non è solo colpa tua, anche io sono tipo sparito... non per te, è che è stata un'estate strana... mesi proprio strani in generale, non per via dell'estate in se... non volevo sparire e sono felice che tu mi abbia cercato." abbozzò un messo sorriso, rovinato solo dalle lacrime di lei. "Non stai piangendo per me vero? Non è necessario, non voglio farti piangere, sarei proprio un gemello terribile..." borbottò per poi stringerle la mano di rimando e ritrovarsi a guardare a sua volta il parco, sentendo una piacevole sensazione di famigliarità invadergli lo stomaco.
    "Adoro i parchi giochi! Scegli tu da dove cominciare."

    PARLATO - ASCOLTATO - NARRATO
    bymars

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    "Parlato" - 'Pensato' - "Ascoltato"

    Jessica aveva decisamente ragione, era caduto. O per meglio dire, inciampato. Insomma, non è che aveva proprio guardato benissimo dove mettere i piedi e tra i rami e i suoi stessi passii, si era impicciato mentre imprecava per aver trovato il cespuglio più scrauso del labirinto «Tutte a me, assurd--- ah!» - ma quel colpo di sfortuna, in realtà si rivelò una grande salvezza, quando sentì esplodere la pozione poco distante da lui. Sgranò gli occhi e cercò di spostare qualche foglia di quel coso spulciato che lo copriva, per vedere che Jessica aveva scagliato il suo lancio proprio verso di lui.
    «WHITEMORE!» - gridò il suo cognome, prima di scoppiare a ridere «Questa è una guerra che non dovevi iniziare, Jes!» - cercò quindi di afferrare una pozione, e se lei avesse risposto, avrebbe cercato di capire da dove provenisse la sua voce. Quindi, presa la boccetta, se la rigirò tra le mani e - guardandosi intorno per evitare eventuali altri lanci - si sollevò e tentò di colpire la prefetta mentre tornava indietro, guardandola negli occhi con aria divertita e quel ghigno appena appena accennato «Se ti prendo, sarai tutta appiccicosa... ti ricorda qualcosa?» - le fece un occhiolino, punzecchiandola appena.
    Per lanciare la pozione, si era sollevato di scatto, sperando di cogliere di sorpresa la corvina; quindi si era mosso rapidamente, o almeno ci avrebbe provato: aveva sollevato il braccio, caricato indietro e poi spinto con la spalla in avanti, sperando di coprire più spazio possibile e colpire la ragazza.
    Quell'anno stava iniziando davvero meglio di come era stato il precedente, ma non era ancora detta l'ultima.
    Dopo il lancio cercò di fare qualche passo dietro il cespuglio, tentando di ritrovare la sua trincea spennacchiata «JESS! Dopo questa guerra ti invito ad uscire con me.» - ridacchiò appena, si divertiva a punzecchiare la sua vecchia conoscenza; quella guerra si stava facendo più interessante di ciò che pensasse.
    Dietro di lui l'Ucraina e la Russia si stavano sfidando, ma ora aveva un solo obiettivo: Jessica. E chissà che quell'obiettivo non avrebbe portato a interessanti risvolti!
    Il post in breve: Inciampa dietro il cespuglio scrauso, ride un po' di Jessica e la mira con la pozione
    Azione 1: Cerca di colpire Jessica .
    Azione 2: -
    Mezza-azione: -
    Quirk Attivo: -
    Inventario:
    • -

    Skill:
    -
    Outfit: x
    Coraggio: 6
    Empatia: 6
    Intelligenza: 6
    Resistenza: 7
    Tecnica: 7
    Intuito: 6
    Destrezza: 6
    Carisma: 7
    Quirk:
    • Sexy Detective
      Diciamocelo, Julian ha solo una cosa in mente. +1 a Detector, inoltre con questa magia ha la possibilità di comprendere una singola cosa/azione che ecciti il bersaglio
    Julian Miller

    "
    Light my fire.
    "
    Studente, I anno - Dioptase

    code by ©#fishbone

  13. .
    Potremmo star qui ore a discutere di come Elisabeth Lynch fosse al vertice di un triangolo amoroso -con la speranza che non evolvesse in qualche strana figura geometrica o addirittura in una linea spezzata aperta- ma d'altronde, prendendo in prestito un antico detto e manipolandolo per risultare calzante, quando uno nasce triangolino non può di certo morire quadro.
    E così eccola cercare di indossare i panni della leader e dare uno schema di gioco valido ai suoi, incurante dell'odio che la primina che aveva corretto le stava inviando. Ormai era così abituata a riceverlo che non riusciva neanche ad identificarne una nuova adepta della setta: odiamo tutti Elisabeth Lynch. Non si poteva piacere a tutti, ma poteva essere preziosa per pochi. Come Cohen. E no, non stava ridendo dell'ametrina, ma di qualcosa che a parole non avrebbe mai saputo spiegare, perché il suo rapporto con il norvegese non era mai stato classificabile in qualcosa. Ci avevano provato ma avevano fallito. Entrambi.
    Ad ogni modo la Lynch emise un gemito nel vedere uno dei suoi -inteso come rossoneri- perire per colpa di uno della sua stessa casa, finendo con il vendicarlo dalla postazione sicura che Cameron aveva trovato per loro due.
    Cameron che aveva deciso di spiazzarla. Tentando di non dar a vedere quanto quelle due paroline dal suono forse ironico potessero destabilizzarla, Elisabeth -che già prima era diventata una statua nel sentire le sue labbra addosso- smorzò il tutto con uno sbuffo mentre i battiti del suo cuore dicevano tutt'altro, così come i suoi.
    Andato a segno il colpo contro Wood, comunque rimase all'erta, pronta a reagire al minimo schiocco di rami, fogliame spostato o passi leggeri. La vista -allenata per i numerosi anni di quidditch- era pronta a captare qualsiasi movimento. (E perché no, anche nell'aiuto del quirk).
    Se il fato l'avesse baciata, portandola a riconoscere un movimento che indicasse la presenza di una persona, non si sarebbe lasciata trovare impreparata. Pozione alla mano, braccio caldo e... «Poteva forse andare peggio?» Un pensiero che viaggio alla stessa velocità della bomba nera che lasciò le sue dita per colpire la bionda. Una mossa da meschina, forse, ma dettata dall'istinto e dalla voglia di combattere per vincere. Perché se avrebbe dovuto lasciar vincere quella piccola vocina che le consigliava di non farlo, di non peggiorare la situazione con l'Ametrin che si era ritrovata a vedere il ragazzo che amava con colei con cui l'aveva tradita, non sarebbe stata lei: Elisabeth Lynch, la persona più odiata sulla faccia della Terra.
    Elisabeth
    Lynch

    "
    Sometimes you have to stand alone. Just to make sure you still can.
    "

    Black Opal
    Serpeverde
    Battitrice

    code by ©#fishbone



    Cameron Cohen, Mia Freeman. Pensieri sparsi per Louise De Maris 💕

    Azione 1:<b> cerca di colpire Mia lanciando una pozione -va bene anche che neutralizzi quella di lei-
    <b>PP di riferimento:
    Intuito, 14, Destrezza, 16
    Quirk: Eppure io vedo qualcosa: Elisabeth ha il dono del sesto senso: +1 nell'individuare nemici occultati, inoltre godrà di +1 alla schivata nel caso li scopra dai loro attacchi nel turno seguente.

    PP
    Coraggio: 30
    Empatia: 8
    Intelligenza: 17
    Resistenza: 23+1 di conversione
    Tecnica: 17
    Intuito: 14
    Destrezza: 16
    Carisma: 18

    Oggetti
    Spilla Opale: spilla in bronzo a forma di Thurisaz con incastonato un opale nero. fornisce +4pp a Carisma e -2 a Empatia se indossato
    Paletto mercurio duplice (danni d20+2): che diventano una coppia di orecchini a forma di squalo e delfino. Toccando il delfino diventano un paletto rotondo e sottile; toccando lo squalo, uno squadrato e largo
  14. .


    |thomas seanàn roberts|



    N
    el caos che stava diventando la sua vita, gli sembrava che qualunque relazione nella sua vita finisse sempre per andare a rotoli, in un modo o nell'altro. Prima Marlee, poi Emma, ora aveva la sensazione non solo di essere una frana con i sentimenti, ma anche di non poter far funzionare un rapporto interpersonale nemmeno per sbaglio. Si era interrogato su che cosa avesse sbagliato, eppure non riusciva a saltarci fuori e più ci provava più gli sembrava di incasinare ulteriormente ogni cosa.
    Di sicuro non si aspettava che la scoperta di avere una gemella sarebbe poi sfociata in una situazione di impasse come quella, dove anche solo un messaggio da parte di Emma lo faceva saltare dalla sedia con il cuore che batteva a mille. Sapeva di averla comunque trascurata, i drammi con Marlee, il loro primo bacio, tutta quella nuova tensione tra loro gli avevano mandato il cervello in pappa e si sentiva incapace di gestire qualsiasi altra situazione, se non altro in modo serio.
    Aveva lasciato correre quasi per tutta l'estate, aveva provato ad agire come se niente fosse ma la verità era che non aveva nessuno con cui parlare di Emma, del loro rapporto, e avrebbe voluto chiarirsi le idee in merito prima di fare qualcosa ma la persone che lo aiutava, in quel genere di cose, di solito era Rere, e ora non poteva certo scriverle solo per quello, ignorando tutto il resto.
    Si sentiva un codardo per non aver fatto ancora nessun passo nella sua direzione, si sentiva sciocco per non aver provato a salvare almeno uno dei due rapporti più importanti che aveva in quel momento, ma bastò il messaggio di Emma per far schizzare le sue aspettative alle stelle, oltre che la sua ansia.
    Lo aveva cercato, significava che non lo detestava poi così tanto no? Era abbastanza sicuro di non aver fatto la migliore delle impressioni, come fratello gemello sospettava di avere parecchie mancanze e di fare anche un po' schifo a ricoprire quel ruolo, ma non gli era stato fornito nessun libretto d'istruzioni in merito e improvvisare non era mai stato il suo forte.
    Fu costretto a rileggere il messaggio più volte prima di riuscire a connettere i neuroni, superare la sorpresa iniziale e capire fino in fondo il senso di quelle parole. Voleva vederlo. Al Chessington World of Adventure, tipo il suo posto preferito di tutta Londra. A mezzogiorno. Quando riuscì finalmente a dare un senso a quelle parole rispose di getto, con un rapido "Sì, certo! Fantastico!" che probabilmente avrebbe dovuto rileggere prima di inviare, giusto per non sembrare il solito disagiato. Ovviamente rispose prima ancora di rendersi conto che mezzogiorno era fin troppo vicino, e che per lui il Luna Park era dall'altra parte della città, ma era troppo tardi rimangiarsi le proprie parole mentre correva a perdifiato dietro un autobus per non perdere la coincidenza e arrivare solo in elegante - e non disastroso- ritardo.
    Si era preparato più o meno alla cieca, senza preoccuparsi troppo di quel che pescava dall'armadio, troppo preso dalla fretta e dall'agitazione per pensare anche a quello.
    Alla fine sarebbe arrivato al luogo d'incontro in ritardo, se non altro di meno di quindici minuti... non era male no?! Comunque per guadagnare qualche minuto in più aveva dovuto correre come un pazzo dalla fermata dell'autobus fino all'entrata del parco, raggiungendo Emma con il fiato corto, dopo averla individuata tra la folla. "C-ciao! Ciao! Scusa io... ho calcolato male i tempi." provò a giustificarsi, passandosi una mano tra i capelli nel tentativo di dargli un vago senso.

    PARLATO - ASCOLTATO - NARRATO
    bymars

  15. .
    CASSEDY (CASSANDRA) HARTMANN
    Non si vive per accontentare gli altri! Davvero? Non lo avevo capito!
    30.07.2006, BERLINO - 16 ANNI - AMETRIN

    Era stata smistata da un giorno negli ametrin ed era qualcosa di incredibilmente assurdo. Per una volta nella sua vita aveva deciso una cosa per se stessa e si era anche realizzata. Sorrise quando si svegliò, si stropicciò gli occhi ed immediatamente si andò ad infilare sotto la doccia e subito dopo la sua bella divisa. Era contanta. Per la prima volta nella sua vita poteva dirsi contenta di quello che le stava succedendo. Non aveva visto nessuno delle vechie conoscenze, il giorno prima, in sala grande. Comunque, insieme alla sua divisa, quegli immancabili guanti. Scese più tardi, non fece colazione, si limitò ad immaginare le torte che c'erano ed il latte caldo o fresco, dipendeva dai gusti. Era sazia. Lo sentiva. Lo stomaco a quel pensiero già non brontolava più. Per quella giornata decise di indossare dei guanti neri, che le coprivano completamente le mani, con delle unghie corte, e con dello smalto messo il giorno prima viola. Ci teneva tantissimo alla sua casata ed ad essere ordinata e fare bella figura. Era veramente, ma veramente importante. Uscì da sola dalla sua camera e poi seguì il flusso. ok, dovevano andare a labirinto. Si strinse in uno scialle giallo e viola, per una folata di vento. Chissà se tutti gli evento ad Hidenstone sono così! Lo disse ad una ragazza che si era affiancata a lei, forse era del terzo anno, o forse più piccola, non ne aveva idea, questa, comunque decise di sorridere appena ed annuire. Poi accellerò il passo e Cassedy lo fece a sua volta arrivando di fronte alla preside. Quella donna le metteva un pò paura a dire la verità. Ma non voleva pensarci minimamente. Si fermò, al centro della folla e guardò i suoi compagni, erano tutti quanti molto carini, simpatici e soprattutto nessuno era da solo. Ecco, in quel momento si sentì un pò fuori luogo, ma poi fece un bel respiro profondo, si sistemò la gonna nervosamente e si voltò verso una ragazzina bionda. Ciao! Mi chiamo Cassedy Hartmann e sono del primo anno. Tu come ti chiami? Chiese poi sorridendole e tendendole la mano per stringerla. Se l'avesse stretta, avrebbe sentito una stretta di mano debole, aveva paura di far del male a qualsiasi essere umano. Poi sorrise vedendo una chioma conosciuta, affianco alla biondina. Ma quello è Erik!?Era una domanda un pò camuffata da affermazione. Ma cosa doveva fare esattamente? Oddio, nessuno che le diceva cosa fare e lei andava nel panico. Aveva bisogno di mangiare, anzi no, se ne sarebbe pentita, ma dio solo sapeva come in quel momento era l'unica cosa che voleva fare. Poi la invitarono a scoprire la sua stagione. Spero che io sia estate... anche se effettivamente ho i toni dell'autunno...! Pensò ad alta voce prima di pescare un qualche oggetto. La sua presa guantata, un guanto di cotone, non le dava modo di sentire al tatto in maniera indistinta, ma amava le sorprese!

    do it for the aesthetic -- ms. atelophobia




    Fa la sua entrata e decide di interagire con Emma Lewis! Vede vicino Erik e chiede conferma ad emma se sia affettivamente lei.


    Ps. Ho seguito un pò lo schema degli altri, spero di non aver dimenticato niente.
225 replies since 20/1/2020
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