To the very ends with you

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    Nath, Nath! Svegliati! Eddaiii sussurrò Emma, improvvisando uno strano balletto sul posto, mentre scuoteva il suo migliore amico, comodamente spaparanzato su quel letto singolo all'interno di quel Bungalow di legno che i suoi genitori avevano affittato per l'intera estate come avevano fatto l'anno precedente, ma che anche questa volta, avevano dovuto abbandonare per una settimana a causa di un imprevisto che li aveva tenuti a Londra più tempo di quanto sarebbe stato necessario. Così, visto che mancava poco all'inizio della scuola, avevano ben pensato di concedersi una vacanza insieme. Era il suo migliore amico e le era mancato terribilmente, così quando gli aveva scritto di quella possibilità, era quasi schizzata in aria dalla gioia. Aveva fin troppe cose da raccontargli e finalmente erano completamente soli.
    Quella, però, era la prima notte che passavano al Bungalow -erano arrivati il pomeriggio precedente e si erano concessi giusto un bagno nell'oceano- e lei non aveva ancora chiuso occhio, complici tutti quegli scricchiolii sinistri che sentiva. In realtà era solo perché la struttura era di legno, ma lei non aveva mai avuto abbastanza soldi per permettersi una vacanza che non fosse a Parigi nella casa del padre, ragion per cui non ci era abituata. Le sue notti erano state sempre tutte cullate dalla sicurezza, il calore ed il silenzio della sua modesta cameretta Londinese, di quella molto più grande parigina o, in alternativa, di quelle di Beauxbatons ed Hidenstone. Nath, ti prego piagnucolò, agitandosi ancor di più. Certo che aveva il sonno davvero pesante, eh. Lo osservò per un secondo, la coperta tutta accartocciata ai piedi del letto, l'amico mezzo nudo che occupava gran parte dello spazio a disposizione. Lo guardò con affetto, perché era una delle persone più importanti della sua vita... anche se non gli aveva ancora raccontato di aver passato un meraviglioso pomeriggio in compagnia del suo gemello ritrovato, né di aver... arrossì al pensiero di aver fatto l'amore -o era solo sesso?- con l'auror in una vasca da bagno a Berlino, poco prima di un concerto. Stava solo aspettando l'occasione giusta.
    Devo fare pipì continuò con il tono sempre più urgente, indicando la porta del bagno nel buio, consapevole che lui non avrebbe mai potuto vederla, che fosse sveglio oppure no. Ma ho sentito degli strani rumori provenire da là... aggiunse, esasperata. Beh, Emma aveva altre qualità che non fossero il coraggio, non per nulla era stata smistata nella casa dove il coraggio non era particolarmente richiesto, anche se la vita l'aveva messa davanti a sfide che l'avevano costretta a sfoderare gli artigli. In un estremo tentativo, gli salì a cavalcioni, sentendo un brivido percorrerle tutto il corpo nell'allargare le gambe per metterglisi sopra. Sperava davvero che quel movimento non fosse fatale per la sua vescica. Così, da quella posizione, iniziò a fargli il solletico.
    Emma Lewis


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    Correva. Era sul limitare di una foresta, ma più correva verso la radura più questa si allontanava. I muscoli gli dolevano, il respiro era così corto che le formule degli incantesimi erano spezzate così come i movimenti rigidi della bacchetta. Sapeva che doveva fare in fretta, che lei lo stava aspettando nella radura in cui erano finiti in una calda serata londinese. Sentiva i suoi lamenti, come se qualcuno le stesse facendo del male, il rumore dei rami secchi che si spezzavano sotto i suoi piedi. E poi un colpo. Ne seguì un'altro ed una manciata di altri più piccoli, ma ravvicinati. Il fastidio era ancora più reale della foresta in cui era. A quello si aggiunse il suo nome, abbreviato, poi una supplica. La voce era femminile ma non era la sua.
    Sgranò gli occhi ed invece del cielo scuro punteggiato dalle cime degli alberi Parker vide solo buio, immaginando però di trovarvi le travi a vista che producevano ombre allungate dal chiarore che sapeva venire dalla porta finestra lasciata aperta.
    Era nel suo letto nel bungalow che anche quell'anno i suoi genitori avevano affittato per l'estate e al suo fianco c'era Emma che lo scuoteva.
    Un sogno. Un incubo. Lo stesso che lo perseguitava da un po' di tempo. Non ne aveva fatto parola con la sua migliore amica perché non voleva affrontare la questione ad esso legato. Non voleva parlare di lei. Non poteva. Si stiracchiò, sperando che non l'avesse svegliata con le sue urla, incurante di essere solo con i boxer. Dopotutto non cambiava poi tanto visto che passavano quasi ventiquattro ore su ventiquattro in costume. «Che succede?» La voce roca, impasta dal sonno, la mano a passare sul viso per riscuotersi un po'. «Vuoi che ti tenga la manina, Lewis?» Scherzò, prima di sentirle dire di aver udito dei rumori sinistri. Non riusciva a vedere il suo viso ma chiaro fu il suo movimento che dal suo fianco, su quel microscopico letto singolo, la fece sedere su di lui, in particolare su una zona particolarmente presente nel momento del risveglio. «Em-» si interruppe, il corpo che iniziò a contorcersi per il solletico che l'altra finì con lo scatenare su di lui. «Guerra?» Erano due idioti, perché invece di partire subito in quarta alla ricerca di chi avesse prodotto suoni che avevano spaventato la bionda, si erano lanciati in una lotta all'ultimo solletico. Le braccia cinsero il corpo esile della sua consorella, i muscoli dell'addome vennero chiamati agli straordinari così come quelli della schiena per sollevare entrambi dal letto, permettendo di fatto alla ragazzina di cingergli i fianchi con le gambe.
    Una mano si staccò da lei per passare in rassegna, a tentoni, il comodino fino a trovare la bacchetta. «Non dovevi andare in bagno?» La prese in giro, iniziando a pensare che fosse tutto uno scherzo e che l'avesse svegliato appositamente perché magari aveva avuto un brutto incubo. In caso di equivoci le avrebbe pizzicato il fianco, giusto per divertirsi un po', pronto a sollevarsi dal letto con lei in braccio per scortarla verso il luogo designato al minimo cenno di assenso dell'Ametrina.
    Nathan Parker
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    Sentiva i muscoli di Nathan parecchio rigidi, come se non fosse completamente rilassato. Era il suo migliore amico, lo conosceva così bene che avrebbe potuto disegnare una mappa della sua anima senza che lui aprisse bocca, perciò si accorgeva subito quando c'era qualcosa che non andava. Si stava muovendo nel sonno. Movimenti lenti e leggermente tormentati, non ancora preoccupanti, ma quello unito al fatto che dovesse far pipì, le avevano fatto prendere la decisione di svegliarlo.
    Ci volle un po' ma alla fine percepì le palpebre di Nathan sollevarsi, per quanto non lo vide chiaramente per il buio. Sorrise, scuotendo la testa quasi esasperata.
    Non è questo iniziò, ben decidendo di sedersi su di lui come se nulla fosse, inconsapevole di qualsiasi cosa. Ecco, forse non fu esattamente una buona idea. Arrossì violentemente ma per fortuna sarebbe stato difficile scorgerlo al buio. Scusami gli sussurrò, muovendosi per trovare una posizione migliore per entrambi e forse facendo anche peggio. Sviò tutto iniziando a fargli il solletico, visto che sapeva che lo soffriva parecchio.
    Guerra! Esclamò, sollevando in aria il pugno e sorridendo al suo migliore amico, lasciando che le proprie mani scorressero sul suo corpo, solleticandolo proprio ovunque.
    Ma poco dopo si sentì sollevare, quindi per istinto avvolse le gambe attorno ai fianchi del suo migliore amico, mentre le braccia andarono ad avvolgergli il collo, i respiri mescolati, assieme alle loro risate. Sì, non c'era dubbio sul fatto che fossero due grandissimi idioti e che certo non era il momento di scherzare, visto che aveva sentito dei rumori inquietanti provenire solo da qualche metro più in là.
    Sì devo ancora andarci e velocemente, prima che ti bagni! Annunciò con tono d'urgenza, anche se il corpo era ancora scosso dai residui delle risate. Gli fece la linguaccia quando lui la pizzicò, andando poi a massaggiarselo con una mano.
    Annuì piano e si fece trasportare in bagno tutta contenta, senza mai scostarsi di un millimetro dal ragazzo, come se da un momento all'altro potesse uscire un mostro e rapirla. Forse non era niente sussurrò quando furono nei pressi del bagno, mentre si allungava per scostare timidamente la porta. Si aprì senza problemi e fu abbracciata da una tiepida brezza estiva, proveniente dalla finestra spalancata. Non l'avevi chiusa? Gli domandò, con la memoria che non era proprio eccellente. Si strinse con tutte le sue forze al corpo dell'altro e posò le labbra -con tutta la faccia- contro l'incavo del suo collo.
    Emma Lewis


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    Nathan era uno di quelli che prima agiva e poi ci pensava.
    Secondo voi, uno come lui, avrebbe mai potuto pensare che la sua migliore amica si potesse imbarazzare o sentire incomoda ad essere posata sulla sua erezione mattutina? Che risposte, ovvio che no! Soprattutto se il suo risveglio era stato brusco ma anche un po' provvidenziale a causa del soggetto del suo sogno. Del suo incubo.
    Ma Emma Lewis, che arrossiva e lui non poteva vederlo -al più avrebbe potuto percepirlo se le avesse toccato il viso- si mosse fino a trovare una posizione più congeniale strappandogli comunque un gemito. Dannazione, era un ragazzino nel pieno della sua fase eccitativa(?) e che non andava a letto con qualcuno da mesi, cosa ci si poteva aspettare?
    Il tempo delle scuse non arrivò visto che, in barba ad eventuali intrusi, iniziarono una lotta di solletico perché in due non facevano un cervello. No, okay, Emma era più sveglia di lui ma sembrava perdere i suoi pochi neuroni sani quando era con lui.
    Lui che comunque riprese la situazione in mano -no, non quella che pensate voi- sollevando la puffetta fino a condurla verso il bagno esterno al loro bungalow. Sballottando un po', giusto per fare scena e farla ridere nella remota ipotesi che lui la lasciasse cadere togliendo le mani che si trovavano sotto le sue cosce, giunsero a destinazione dove King l'adagiò a terra, chiamò un lumos e perlustrò il bagno alla ricerca di eventuali intrusi. «Em, non mi ricordo neanche cosa ho mangiato per cena, vuoi che mi ricordi di come abbia lasciato la finestra?» Chiese, aprendo ogni singola anta ci fosse alla ricerca di eventuali mostri, facendo un po' scena. Come c'era da aspettarsi, non trovò nulla di interessante, tranne quella finestra che chiuse. Probabilmente l'aveva aperto lui stesso dopo la sua ultima visita.
    «Via libera, fifona» comunicò ridendo, chiudendosi poi la porta dietro ed appoggiandosi ad essa mentre scrutava l'oscurità illuminata debolmente dal suo lumos. Non vedeva nulla di preoccupante, così spense quel puntino luminoso e incrociò le braccia fino a quando non avrebbe udito un lieve bussare alla porta, segno che Emma fosse pronta a rientrare.
    «Cavalluccio o manina?» la prese in giro, accovacciandosi comunque perché, conoscendola, sapeva che avrebbe optato per la prima opzione. «Se mi prometti di non scalciare o russare ti concedo di dormire con me» annunciò, anche se ormai il sonno per lui era passato. «Oppure...» lasciò in sospeso, prendendo a correre non in direzione della sua stanza, bensì verso l'oceano in cui si buttò con la biondina ancora sulle sue spalle. Tutto quello che avrebbero potuto vedere, ora, era grazie al riflesso della luna piena di quell'acqua stranamente calda per essere quasi l'alba.
    Una volta riemerso sul pelo dell'acqua, mettendosi davanti a lei, iniziò a sollevare schizzi d'acqua col solo scopo di infastidirla.

    Ora era come una stella marina, che si lasciava cullare dal moto delle onde, legato ad Emma solo dalle loro mani intrecciate. No, non erano due stelle marine, ma due lontre. Avete visto quanto sono carine? «Dopo che è finita con Lucas, per quanto tempo ti sei sentita persa?» Era la prima volta che accennava al suo ex, ma anche la prima a voler parlare di Amelia. Le mancava, ma non sapeva cosa fare. L'avrebbe cercata? L'avrebbe rivista? Sarebbero tornati insieme o tra loro era tutto finito? Era convinto che lui non si sarebbe più fatto fregare da una ragazza, dai sentimenti e dal suo cuore. L'aveva fatto una volta e gli era bastato. C'era però da dire che non era tornato alla sua vecchia vita, come se il suo volare di fiore in fiore avesse stancato persino lui. «Dopo quanto ti sei avvicinata ad un altro ragazzo?» Prese una pausa, chiudendo gli occhi. «L'hai cercato o è capitato per caso?» Ora era lui ad arrossire, perché con Emma avevano sempre parlato di empowerment e non di relazioni se non la loro amicizia e quella che li legava alla loro famiglia. Non avevano mai parlato di Amelia, se non per tranquillizzarla del fatto che non l'avrebbe mai messa in secondo piano, perché lei era la sua migliore amica e sarebbe venuta sempre prima di tutto. Eppure, qualche volta, l'aveva lasciata indietro, troppo preso dalla Dioptase.
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    Preferì non pensare alle sensazioni contrastanti del suo corpo e del suo spirito in quel momento, gettandosi in qualcosa che le fece spostare la mente: il solletico. Sapeva quanto Nathan ne soffrisse e ne approfittò. Con quel gesto, cercò anche di stemperare il disagio che sembrava aver avvolto entrambi, anche se in maniera diversa. Ma era meglio che non esagerassero o ben presto la sua vescica sarebbe scoppiata, messa a dura prova anche dal solletico -soprattutto da quello.
    Mi farai venire il mal di mare ridacchiò la ragazzina, mentre scendevano le scale del bungalow in direzione del bagno. Ma perché, poi, lo avevano messo fuori? Non era proprio l'ideale per chi, come lei, aveva paura persino della sua ombra. Rabbrividì involontariamente al pensiero di aver rischiato di percorrere quella strada senza il suo massiccio amico che la proteggesse da pericoli inventati proprio da lei e che in realtà non esistevano.
    Sbuffò quando la mise a terra, scuotendo la testa esasperata. Abbiamo mangiato la pizza guardando dei film dell'orrore. Forse per questo sento rumori e attribuisco loro caratteristiche che non hanno. Si strinse nelle spalle, lasciando comunque che lui ispezionasse il bagno prima che lei potesse entrarci. Stava ormai saltellando sul posto perché era al limite della sua resistenza, quindi quando lui le diede il via libera, si fiondò in bagno accostando la porta. Non la chiuse perché si sentiva più al sicuro sapendo che Nathan era a portata d'orecchio. Beh, ci pensò lui a chiuderla, alla fine... ma sentì il suo corpo adagiarsi contro la porta, quindi da un lato si sentì più al sicuro. Dall'altro, però, pensò che fosse un bell'ostacolo in caso di necessità.
    Finito di far pipì, batté il pugno contro la porta, facendogli capire che aveva finito, poteva aprire e potevano tornare a letto, anche se persino a lei il sonno era ormai evaporato. Involontariamente, si tirò più giù la maglietta -che aveva rigorosamente rubato a lui e che le arrivava alle ginocchia- e si mise dietro di lui. C'è bisogno di chiedere? Rise lei, illuminandosi quando lui si accovacciò capendo cosa avrebbe scelto ancor prima che lei parlasse. Adorava quanto la conoscesse bene.
    Salì sulle sue spalle ma non fece in tempo né a rispondere né a dire altro, perché il ragazzo si mise a correre. Ma non verso la casa di legno, ma verso l'oceano. Il cielo era ancora nero e punteggiato di stelle, ma sapeva che l'alba non era lontana. Quindi l'acqua doveva essere gelida sebbene fosse estate.
    EHIIII cosa stai facendo! Protestò ridendo, sentendosi sballottata contro la sua schiena. Non credeva che lo avrebbe fatto, nonostante avrebbe dovuto aspettarselo da lui, eppure... si buttò in acqua con lei addosso, vestiti compresi. Vabbè che non avevano molto addosso: lui i suoi boxer, lei la maglietta di lui ed un paio di slip imbarazzanti, ma niente che lui non conoscesse.
    Contrariamente a come aveva pensato, l'acqua era calda e si stava bene. Ma non per questo, aveva desiderato quegli schizzi addosso, ma non perse tempo a ricambiarli -dopo aver sputacchiato l'acqua salata che aveva minacciato di soffocarla.
    Gli tenne le mani mentre lasciava che il sale la tenesse a galla mentre lei muoveva placidamente le gambe senza troppo impegno. Era una delle cose che amava del mare, quella. Potersi rilassare senza doversi concentrare troppo sul rimanere a galla.
    Di sicuro non si aspettava quella domanda nel bel mezzo della notte mentre erano immersi nell'oceano a rilassarsi, ognuno con i propri pensieri.
    Lucas è stato il primo ragazzo che io abbia mai amato iniziò, mettendo più peso nelle gambe in modo da tornare eretta e posò i piedi sulla sabbia, trascinando anche lui in quel movimento in modo che fossero faccia a faccia, i "vestiti" completamente incollati al corpo. Per fortuna quella non era la sua maglia preferita.
    Dopo che l'ho lasciato, è stato un po' strano. Lui mi dava sicurezza ma... non faceva per me. Forse non era la routine, quella che cercavo. Non è durato troppo lo smarrimento ed ora siamo amici. Si strinse nelle spalle, chiedendosi dove volesse arrivare con quelle parole, forse troppo ingenua per capirlo da sola.
    Nathan il suo tono conteneva un insolito avvertimento, come a volerlo avvisare che quell'argomento era delicato, per lei. Lei si era avvicinata a Thomas mentre ancora stava con il Jones, anche se si era rifiutata in qualsiasi modo, di tradirlo, nonostante fosse stata vicinissima all'auror diverse volte. Si era lasciata andare solamente dopo, quando con l'ametrino era tutto finito. Per un attimo, il volto del compagno fu illuminato dalla falce lunare, evincendo quel leggero rossore che gli aveva colorato le guance. Si ammorbidì. L'ho conosciuto quando ancora stavo con Lucas confessò. Come non avevano mai parlato di Amelia, non avevano mai parlato nemmeno di Thomas, eppure erano migliori amici e sembrava si conoscessero da una vita. Aveva capito quanto fosse stato difficile per lui farle quelle domande, troppo imprigionato nella figura del maschio alpha. Quindi decise di ricompensarlo aprendosi a sua volta.
    Mi dava delle sensazioni diverse da quelle di Lucas, più adrenaliniche ma al contempo mi da anche meno sicurezze. Tutt'ora non lo sento da un po' e non so cosa siamo, dopo che... fu il suo turno di arrossire violentemente, così tanto che persino al buio più totale si sarebbe potuto vedere. ...che abbiamo fatto l'amore quando siamo stati a Berlino. Ti ricordi no? Ti avevo detto che andavo con un amico. E' stata... la mia prima volta. Il rossore non faceva che aumentare, tanto che si avvicinò l'amico ed affondò il viso nel suo petto, incollando il proprio corpo a quello di lui. La loro differenza d'altezza era quasi ridicola, visto che lei gli arrivava poco sotto il collo. Ho provato attrazione per lui fin da subito, ma non volevo mancare di rispetto a Lucas. Quindi non ho fatto nulla... mi credi, vero? Sussurrò, la voce speranzosa e soffocata dal petto bagnato e salato di lui.
    Emma Lewis


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    Suggestione o meno,serial killer o meno, peperonata -oh, esiste una pizza ananas e prosciutto, vuoi vedere che non esiste una alla peperonata?!- o meno, Nathan Paker King accompagnò Emma Lewis al bagno da buon cavaliera qual era. E che cavaliere! Nessuna mano sul sedere, nessuna sbirciatina sotto la sua maglia che le aveva fregato per usarla come pigiama. Insomma, oltre ad una strusciata non tattica non c'era stato nulla. E che dire del suo essere cavalier servente, in ginocchio da lei per farla salire sulle spalle e poi buttarla nell'oceano?
    Il mood della paura e del sospetto avevano lasciato spazio a quello del relax e delle domande profonde che ogni tanto si sottoponeva. Sebbene poste in maniera saggia Nathan voleva sapere solo una cosa: per uno che si professa innamorato di una persona dopo quanto può riprendere a battere chiodo?
    C'era da dire che però lui fino. quelle vacanze alle Florida Falks non aveva più pensato al sesso, ma... le vacanze stavano finendo e quella rischiava di essere l'estate più triste sin dalla notte dei tempi.
    E chi, meglio della sua migliore amica che aveva amato uno stronzo, avrebbe potuto darle una risposta? Come due lontre nell'oceano, Nathan teneva vicino a sé Emma che però sembrò non voler assumere la sua stessa posizione. Forse perché voleva vedere meglio la sua smorfia di disgusto al sentirle dire di aver amato Jones. Ed una ola parte da lui, che torna a muovere le gambe per rimanere a galla, quando ripete che è stata lei a lasciarlo. Lo credeva quasi impossibile. Eppure si era liberata da qualcuno che le faceva solo del male, a suo modo di vedere. «Spero non amici come noi due, eh, se no mi offendo!» Ma il sorriso si spense al suono del suo nome per intero, in un tono che raramente aveva sentito da lei. Annuì all'accenno di Berlino, ben comprendendo dove il suo racconto stesse andando a parare. «Non c'è neanche bisogno di chiedermi se ti credo. Ovvio che sì!» La riprese bonariamente, circondandola con le braccia e stringendosela di più al petto. Probabilmente avrebbe sentito anche nascere la sua risata profonda prima ancora di sgorgare. «Forse dovrei costruirgli una statua, a questo Thomas, visto che ti ha fatto lasciarle Lucas». Le posò il mento sulla testa, continuando a cingerla e a lavorare per far rimanere entrambi a galla. «Però di una cosa mi spiace: è stato uno stupido, questo Thomas, a non cercarti più, dopo». Perché per lui era incomprensibile lasciare una come Emma dopo che aveva donato un momento così importante per lei. Perché se aveva bisogno di inzuppare il suo cazzo di biscottino avrebbe fatto meglio a cercare un'altra tazza. «No, ci ho ripensato. La statua la voglio solo per me». Per lui, il re dei migliori amici.
    Nathan Parker
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    Aveva sempre avuto l'impressione che a Nathan, Lucas non fosse troppo simpatico. Onestamente non capiva proprio perché; il Jones era uno forte, dopotutto... gli interessavano gli stessi libri che interessavano a lei, adorava scrivere -lei gli aveva persino regalato una macchina da scrivere- ed amava la fotografia. In un primo momento, era sembrato perfetto, anche se man mano che il tempo passava, avevano imparato a scoprire i difetti l'uno dell'altra. Forse quello che avevano provato non era stato davvero amore, ma si erano adagiati in una condizione che faceva comodo ad entrambi. Ma comunque, lei gli voleva bene e potevano benissimo mantenere rapporti civili.
    Non fare quella faccia, Nath sbuffò Emma, incrociando le braccia sotto l'inesistente seno, guardandolo con il piglio più severo del quale fu capace. Praticamente nullo. Comunque no, nessuno potrà eguagliare il nostro rapporto lo rassicurò con gli occhi che brillavano. Nathan era la persona che aveva sempre desiderato affianco, qualcuno che non la giudicasse e non la facesse sentire sbagliata nonostante tutte le sue paure e problemi.
    Sorrise, andando incontro a quell'abbraccio. Era sempre stato così tra loro: nulla era impossibile da risolvere con un loro abbraccio.
    Gli colpì il pettorale con una mano, guardandolo con indignazione. Smettila! Si può sapere come mai ce l'hai così tanto con Lucas? Insomma, perché qualcuno stesse antipatico a qualcun altro, secondo Emma, doveva esserci per forza un motivo scatenante. Non credeva molto nell'antipatia "a pelle".
    Non ti piace nessuno dei ragazzi con cui esco gli fece notare, facendo spallucce. In effetti Thomas non si era più fatto sentire per moltissimo tempo, ma lei aveva deciso di giustificarlo: era un auror, aveva sicuramente tantissimi impegni che non prevedevano l'invasione di uno scricciolo biondo. Probabilmente sarebbe stata un peso per lui e nelle rare giornate libere, avrebbe preferito trascorrere il tempo nell'ozio più totale. Non poteva comunque nascondere al suo migliore amico, quanto la situazione d'incertezza le faceva male, ma come sempre era molto altruista e la prima cosa a cui pensò, fu la situazione dell'amico e del perché le avesse fatto quelle domande. Cosa c'è che non va? La dioptase... come si chiama... non si fa più sentire? In realtà si ricordava benissimo il suo nome, ma anche lei voleva fargli percepire il fastidio che provava nei confronti di Amelia, nonostante l'anno precedente avesse provato e riprovato ad esserle amica e farle capire che tra lei e Nath non ci fosse assolutamente nulla se non una profonda amicizia. Forse aveva giocato a suo sfavore il fatto che l'ametrino, le avesse tolto parecchio tempo per dedicarlo alla platinata tinta.
    Lo sai... ho pensato molte volte che noi due saremmo perfetti per stare insieme. Una pausa ed un sottile riferimento al fatto che all'uno non piacesse il partner dell'altra e viceversa. Però siamo troppo migliori amici, no? Era riuscita a friendzonare Nathan sebbene lui non si fosse dichiarato nemmeno col pensiero (?)
    Emma Lewis


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    Avrebbe voluto dirle che quella faccia era nulla in confronto a quelle che aveva fatto in direzione del confratello, ma preferì tacere e gongolare alla rassicurazione della biondina. «Vorrei ben vedere», gongolò, arruffando piume immaginarie. Si chiamava pur King per un motivo, no?! Purtroppo per lui, però, Emma sembrava non voler mollare l'osso -leggasi Lucas- continuando ad insistere sul perché di tanta acrimonia verso il moro. «Oh, da dove vuoi che inizi?» Non gli aveva fatto nulla, personalmente, per quello che sapeva, ma ciò non significava che non avesse creato problemi a qualcuno che voleva bene. «Sembrava più una tua stampella che un fidanzato. Così in ansia che era un no praticamente a tutto», sembrava fosse il solo a ricordarsi il momento in cui Emma non credeva in se stessa, tanto da avere paura della sua stessa ombra. Non che le cose siano diametralmente opposte ora ma un netto miglioramento c'era stato. «E poi non mi sopporta neanche lui», mise il broncio come il migliore dei bambini, sbuffando nel sentire la sua affermazione successiva. «Sbagliato», si agitò facendo increspare l'acqua.
    «Sba»
    «glia»
    «to».
    L'indice paragonabile ai tergicristalli di un auto babbana. «Semplicemente per la mia migliore amica desidero il meglio e non smidollati o tipi che non sanno tenerselo nei pantaloni!» Che l'auror con cui era stata rientrasse nell'ultima categoria era poco ma sicuro. Rientrava in quella categoria in cui anche lui aveva militato, fino a quando una ghiacciolina non l'aveva fottuto alla grande.
    «Sai perfettamente qual è il suo nome», tutto il calore era sparito dalla sua voce, lo sguardo a volgere ovunque tranne che sulla sua amica. «Già, sparita, così e», prese un respiro, continuando a tenerla stretta a sé, «mi chiedo solo se valga la pena aspettarla ancora». Ormai erano mesi che non sapeva più nulla di lei, di dove fosse e come stesse. Non una risposta ad un messaggio, gufo o chiamata. Nulla di nulla. L'aveva lasciato senza avere neanche il coraggio di dirglielo.
    Se la sua mente vagava alla Dioptase, quella dell'Ametrina era tutta diretta a tutt'altro tipo di pensiero. «Eh?!» Fu la prima reazione istintiva. «Io e te?» Sembrava avesse appena avuto una botta in testa così forte da stordirlo, ma la studentessa sembrò quasi fare marcia indietro. «Mi stai davvero dando picche prima che possa provarci con te, Lewis?»
    Decise di vendicarsi. Se si fosse allontanata l'avrebbe ripresa per il polso e, delicatamente, l'avrebbe riavvicinata a lui, una mano a salire lungo il suo collo per scostare i capelli e fermarli dietro l'orecchio. «Proprio sicura?» Il tono di voce basso, roco, lo sguardo agganciato al suo mentre si avvicinava a lei, alla sua guancia, a quell'orecchio. «Non è che vorresti ripensarci?» Le mani salde sui fianchi, al di sotto di quella maglietta che gli aveva rubato, che sollevò per impartire l'ordine di allacciare le gambe attorno ai suoi. «Sai» si allontanò con deliberata lentezza per ritrovarsi vicini, a distanza di bacio, «noi due insieme, non sarebbe male come idea». Un bluff o forse no. Non restava altro che scoprirlo.
    Nathan Parker
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    Emma si strinse nelle spalle, costretta a riconoscere che effettivamente Lucas a volte sembrava vivere in una bolla d'ansia, ma cercava sempre di farla sentire speciale, ragion per cui non aveva mai avuto motivo di dubitare sulla loro relazione, se non quando nella sua vita era entrato l'auror-ti-scopo-e-sparisco. Certo, si era fatto risentire ma non abbastanza per rassicurarla sul fatto che non fosse stata solamente un giochetto sessuale. Ma non era nemmeno troppo colpa di Thomas, semplicemente la bionda si faceva fin troppe paranoie su tutto quanto.
    Non capisco proprio come faccia a non sopportarti! Esagerò, posandosi una mano sulla fronte come se fosse incredibilmente stupita. Cosa che ovviamente non era, perché Nathan era allo stesso tempo facile e difficile da amare. A volte era così tanto insopportabile, ma lei lo adorava comunque.
    Gli sorrise, ripensando a tutto quello che avevano vissuto insieme. Lui era stato il migliore migliore amico che avesse mai avuto, perché aveva creduto in lei sempre persino quando era lei stessa a stentare a credere nelle proprie capacità. Lui aveva fatto sparire tutti i suoi dubbi e le sue insicurezze erano assai diminuite solamente grazie alle sue parole, che non erano solo bei complimenti gettati al vento ma anche fatti indissolubili.
    Forse hai ragione, ma Thomas sembra così... diverso. Mi tratta come una principessa. Si strinse nelle spalle, prima di inacidirsi al pensiero di Amelia. Era difficile che Emma prendesse in antipatia qualcuno, appunto, ma il pensiero che stesse facendo soffrire il suo migliore amico, era la cosa più insopportabile che ci potesse essere. Avrebbe sempre voluto vedere quel sorriso da schiaffi sul suo volto.
    Non ti meriti chi non è capace di starti accanto sussurrò contro il suo petto, rifiutandosi di rilasciare l'amico da quell'abbraccio che sapeva così tanto di casa. Non era brava con i discorsi, lei stessa era alle prime armi in ambito sentimentale, ma di una cosa era certa: Nathan si meritava il meglio.
    Troverai certamente qualcuna che capisca quanto vali lo rassicurò, accarezzandogli la schiena e tracciando le righe definite dei suoi muscoli, percependone il calore nonostante fossero in acqua.
    Sì, io e te. Che c'è di male? Non mi dire che non lo hai mai pensato replicò a metà tra il sorriso e la serietà. Non poteva negare di averci pensato alcune volte, ma quel pensiero non aveva né capo né coda. Pensi che non sia abbastanza, per te? Il suo tono era chiaramente ironico, anche se c'era il retrogusto di una paura che aveva fin da bambina, quando aveva preso coscienza del fatto che i suoi genitori avevano lasciato lei ed il gemello all'orfanotrofio.
    Sì perché se lo faccio, tu non potrai lasciarmi propose ridacchiando e ritornando con la mente al qui ed ora, non a situazioni ipotetiche e cose che Nathan non aveva mai detto o fatto.
    Stava per aggiungere qualcos altro, quando le dita di Nathan le si avvolsero al polso
    per ritirarla a sé nonostante i pochi passi indietro che aveva fatto, decisa a ritornare al Bungalow perché ormai l'acqua le stava facendo avere dei freddi brividi lungo la schiena. O almeno, credeva fosse il freddo.
    Io, sono... stava per dire "sicura", ma la parola non le uscì più quando sentì il suo tocco leggero sul collo mentre le sistemava i capelli dietro l'orecchio.
    Come ipnotizzata dal suo sguardo magnetico e dalle sue mani, posate sui suoi fianchi a procurarle qualcosa di molto simile a farfalle nello stomaco, si produsse in un leggero salto che venne aiutato dalla leggerezza percepita in acqua, e gli allacciò le gambe attorno ai fianchi, mentre le mani furono dietro il collo. La luna illuminava la scena ed immergeva i due in un bagno argentato. Le loro labbra erano così vicine che sarebbe bastato un soffio per toccarle. Forse per la prima volta, si chiese che sapore avessero, se fossero morbide, se fossero delicate... ma scosse la testa, non poteva avere quei pensieri sul suo migliore amico. Eppure non riusciva a scostare lo sguardo dal suo. Credo sia ora di rientrare... riuscì a pronunciare quelle parole in un sussurro, mentre il suo cuore diceva tutto il contrario, il battito accelerato che lottava per uscirle dal petto. Ho freddo. Doveva per forza spezzare quella situazione, altrimenti non aveva idea di che cosa sarebbe potuto succedere, dopotutto erano solo due adolescenti. Ed erano quasi nudi nel bel mezzo della notte immersi nell'oceano, i corpi a contatto. Sentiva chiaramente i suoi muscoli contro di lei. Posso ancora dormire con te?
    Emma Lewis


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    Con Emma Nathan si sentiva libero di esprimere ogni suo lato, anche quello che non pensava di avere come l'istinto di protezione. La sua mascotte, sorellina, e tanti altri diminutivi con cui era solita chiamarla, quindi proprio non capiva il perché di quella sua espressione stralunata ai difetti che aveva elencato di Jones o al perché avrebbe fatto meglio a tenersi distante o, per lo meno, a stare attenta al suo Thomas. Non conosceva il soggetto in questione ma la risma dei penedotati sì. Avrebbe voluto prenderla per quelle sue spalle esili e scuoterla fino a farle ritrovare la ragione ma si trattenne. Ovvio che l'avesse fatta sentire una principessa se quello significava l'accesso alle sue mutandine! Insomma, era l'A-B-C delle tecniche d'approccio. Avrebbe potuto distruggerle anche quel ricordo e proprio per quello preferì tacere per virare il discorso su quello che lo feriva ancora: l'allontanamento di Amelia. Sebbene non avesse più rapporti comunicativi con lei il ragazzo le era rimasto fedele, di fatto aspettandola, aspettando un evento che sembrava sempre più lontano dal verificarsi. E sentirsi dire che non si meritava chi non era capace di star con lui, un po' crollò. Perché aveva creduto che la sua ghiacciolina incarnasse la perfezione, dopotutto era stata la prima e sospettava ultima persona a farlo crollare in quel modo.
    Solo che non aveva pensato ad Emma. Non in quella veste.
    In realtà non ci stava pensando neanche in quel momento: il suo scopo era tirarle un tiro mancino, uno scherzo per farle capire però che lui era meglio di Lucas, Thomas e qualsiasi altro sbarbatello messi insieme. La vicinanza insopportabile, il tocco strategico, la voce roca e sensuale erano tutti stratagemmi e la Lewis sembrava esserci cascata con tutte le scarpe. «Penso che tu sia più che abbastanza per me», sebbene stesse scherzando con il corpo le sue parole erano serie. Ci credeva davvero nella superiorità di lei, che fosse troppo per lui, soprattutto per il Nathan che aveva conosciuto agli inizi di Hidenstone. «E no, non ti lascerei mai andare, te l'ho detto che gli altri sono stati dei folli a farlo». Quel gioco, quella vicinanza però rischiava di ritorcersi loro contro. Per una volta King ragionò con l'unico neurone che gli era rimasto e permise alla ragazza di allontanarsi da lui, solo dopo un bacio che lasciò sulla sua fronte. «Andiamo, farfallina, c'è un letto che ci aspetta». Il guadagnare riva, l'incamminarsi nuovamente verso la casa di quell'estate avevano dato il peso di quanto potesse tenerci alla consorella, da non voler rovinare quello che avevano per nulla al mondo. Una parabatai. Le allungò un telo mare. «Prima di fregarmi l'ennesima maglietta» le spiegò, mentre ne usava uno più piccolo per togliere l'umidità lasciata dall'acqua salata e dalla sabbia. Gambe e piedi erano un disastro, ma non aveva la forza di andare a sciacquarsi. «Se ti freghi tutto il letto ti spedisco a dormire fuori sull'amaca». Amica avvisata mezza salvata.
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    Sembrava che Nathan si divertisse a prenderla in giro, ma Emma era ben consapevole che lo facesse a fin di bene. Loro erano come fratelli, condividevano tutto e si dicevano tutto, si dicevano la verità reciprocamente anche quando questa faceva male. Erano anche soliti scherzare tra loro, ma quella domanda era quasi completamente seria. Nathan ed Emma, fidanzati, sarebbero stati così male? Non ne era sicura, lo aveva visto sempre come il suo fratellone protettore, che l'aveva aiutata e sostenuta fin da quando si erano visti per la prima volta e lei gli aveva teso la mano, al porto. Da allora erano diventati una cosa sola, praticamente erano già fidanzati... mancava solo la componente più intima, il sesso. Ma l'idea di fare sesso con Nathan, la straniva abbastanza. Però temeva comunque che lui credesse che lei non fosse abbastanza.
    Siamo... fece una pausa, chiudendo gli occhi quando le labbra del ragazzo incontrarono la pelle bagnata della sua fronte. Siamo una bella coppia, però. Era chiaro -almeno per lei- che con quel suo tono non intendeva "coppia" nel concetto che sempre le attribuiamo ma forse non tutti potevano capirlo. Se ne accorse e ci tenne a specificarlo, mentre tornava a sguazzare in acqua. Sei la mia metà, senza di te non riuscirei mai a stare. Vieni prima di qualsiasi ragazzo. Ti voglio un bene immenso e sei speciale, però stiamo bene così. Vero? I migliori amici migliori di tutto il mondo! Tagliò quindi il discorso, sorridendo tutta felice, annuendo con altrettanto entusiasmo alla sua proposta. Le si stavano raggrinzendo le dita e non vedeva l'ora di rimettersi tra le coperte.
    Rise e si passò il telo mare su tutto il corpo, eliminando gran parte dell'acqua, poi passò diversi minuti a frizionarsi i capelli per asciugarli il più possibile, osservandolo con occhi adoranti.
    Quando ebbe finito, si avvicinò e si infilò sotto le coperte, sbadigliando. Va bene, mi faccio piccola piccola. Si stiracchiò per alcuni secondi, girandosi verso di lui ed accoccolandosi contro il suo petto. Mi piacerebbe farti conoscere Thomas, dopo l'estate. Entrambi, i Thomas. Sì perché sia il gemello che l'auror avevano quel nome.
    Emma Lewis


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