Posts written by Jason K. Byrne

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    "Parlato" - 'Pensato' - "Ascoltato"

    Non avrebbe mai pensato di poter trovare compagnia in quella foresta, senza che il rischio e il pericolo fosse dietro l'angolo; per quanto avere una donna che appariva così nella foresta, non era certo sicuro, vista la scaltragine di quelle creature misteriose di cui comprenderne il linguaggio verbale e non era complesso e alquanto inutile, visto quanto spesso riuscivano a variare il loro modo di comunicare, da un'ora all'altra.
    Quando Morgan era arrivata, Seth non aveva voluto lasciare la presa con quel suo ringhio nei suoi confronti e, seppur Jason sapeva quanto animali e bambini avessero la capacità di riconoscere la natura delle persone a pelle, lui non si sentiva troppo minacciato da quella figura arcana che continuava a tagliare distanze a suo piacimento; per tale motivo aveva mandato via la bestia a quattro zampe e aveva permesso all'altra di potersi avvicinare ancora di più. Di contro, facendola avvicinare, avrebbe potuto lui stesso valutare meglio i suoi movimenti e tenerla sotto controllo.
    Scrollò le spalle a quello che per lui risuonava come ironia. Non commentò ulteriormente, seguendo ogni suo più piccolo passo, con lo sguardo nocciola.
    Era incomprensibile il suo atteggiamento, Jason non stava capendo chi fosse la preda e chi il predatore, in quel momento; entrambi sembravano girarsi attorno per capire quanto l'altro potesse essere pericoloso.
    Uno sbuffo ironico alla sua ipotesi che non fossero solo le sirene ad ammaliare gli uomini.

    «Non ti contraddico, tuttavia sembrate tutte brave a giocare con questo, ma poi...»

    Lasciò la frase in sospeso, quasi a voler lasciare a lei la possibilità di spaziare quanto volesse. L'idea del druido era che per quanto loro fossero abili ammaliatrici, tra i due sessi erano sempre quelle che si ferivano sentimentalmente, rischiando di rimanere vittime di loro stesse, innamorandosi di chi doveva essere loro preda, non riuscendo a risalire da quella che sembrava la necessità di ogni donna di trovarvi una coppia nell'altro.

    «So che molti uomini cadono vittime di donne, ad uno sguardo, ritrovandosi intrappolati da voi.»

    Si stava escludendo in maniera molto esplicita da quella categoria, come se la cosa non lo toccasse minimamente. Ed era così, innamorarsi e cader preda di una donna era un evento tanto unico quanto raro per il druido, che per la maggior parte del tempo avrebbe preferito essere sommerso dalle sue piante e dalle sue creature, piuttosto che crearsi problemi come aveva fatto Philipp. Le donne, per un uomo, potevano essere solo una debolezza.
    Tuttavia, in quello strano oblio di conversazione in cui erano ricaduti, si chiedeva come mai tale debolezza non la sentiva quando accanto a lui presenziava la figura di una delle donne dissimili da quelle che aveva descritto finora e, anche, da Morgan stessa.
    Cercò di allontanare tale pensiero, per non cadere nella trappola da cui tentava di scappare ogni volta che il gentil sesso gli si avvicinava.
    Annuì alle sue parole, per poi concedersi di prendere spazio in quel palcoscenico boschivo, mentre lei tentava di capire ancora troppo del druido, che invece non lasciava altro che traspirare possibili ipotesi su chi fosse veramente.
    Le iridi nocciola rimasero ferme su di lei, mentre parlava, il sorriso celato dalla sua barba, mentre la seguiva ancora una volta in quei passi che le facevano prendere ancora distanza.

    «E chi ha detto che siano quelli che tu debba temere?»

    Mormorò appena, raddrizzando la schiena e annuendo ancora una volta.
    Ora toccava a lui fare una domanda semplice, per carpirne meglio la natura di quella che era una donna totalmente diversa dalle altre del villaggio.

    «E tu... perché hai scelto la vita in mare, Morgan? Ti fa paura restare con i piedi per terra?»
    Jason K. Byrne

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    "Parlato" - 'Pensato' - "Ascoltato"

    Era tutto così strano che Jason aveva l'impressione che i fumi delle erbe che stava facendo bollire, stessero creando brutti scherzi alla sua mente. Non era possibile che davanti a lui avesse proprio la Brianna di cui Claire gli aveva parlato, erano troppi fattori strani e poi, quel suo ricordargli di essersi già incontrati non lo convinceva poi molto. Era come se lui avesse un vuoto che non riuscisse a colmare, ma che stesse giocando con i suoi ricordi, facendoli accavallare.
    Era certo, sicuro più di ogni altra cosa al mondo, che Brianna non fosse stata una delle sue conoscenze. Lei no. Claire sì. Cosa stava succedendo e perché l'entrata della rossa lo stava mandando così in confusione?
    Aggrottò la fronte, guardando Seth comportarsi come se riconoscesse la donna, alzò quella zampa proprio come quando si era presentato a Claire.
    Jason tirò un respiro profondo, gonfiando il petto, sotto quelle braccia incrociate che lo mettevano in una posizione di difesa di se stesso. Osservava il suo famiglio accostarsi alla donna, come se quell'odore fosse più familiare di quanto a lui fosse sconosciuto il volto di lei.
    Fu più rapido a pensare che a parlare e quella domanda gli venne fuori come brezza invernale, a strisciare verso la faccia dell'altra, quasi come se volesse sapere qualcosa di più di quell'offuscato ricordo che gli riportava alla mente solo il suo nome, legato a quello delal docente.
    Non mollò la sua figura con lo sguardo, fin quando lei non iniziò a parlare, fissando per brevi istanti con la coda dell'occhio la pergamena del suo ordine.
    Non tornerà più...
    Quelle parole lo colpirono allo stomaco, ma aveva imparato a non dimostrare le sue reazioni esternamente, quindi si tenne quella morsa alla pancia, come se potesse reggerla fino a quando non si sarebbe allentata.
    Le successive parole della rossa, tuttavia, non fecero altro che aumentare quella sensazione che l'altro cercava di ignorare. Era stata bene? Davvero? E allora perchè era andata via?
    Indurì la mascella, prendendo rapidamente dal tavolo quella pergamena, quasi volesse strapparla, bruciarla, lanciarla via o qualsiasi cosa per sfogare quel nervoso che aveva creato quella frase. Si girò di spalle, a prendere quello che l'altra necessitava, con gesti quasi frenetici, scatti di nervoso che aumentarono ad ogni singola parola dell'altra.

    «Mi fa piacere sentirlo. Ma il modo in cui lei è andata via, dimostrava il contrario. Avrebbe potuto mandare un semplice gufo per dirmi di non cercarla più, lo avrei fatto. Ed invece mi ha lasciato dopo quella breve serata senza alcuna notizia.»

    Si voltò, solo al termine di quelle frasi che vennerò dette guardando gli scaffali davanti a lui.
    Prese le bustine con dentro ciò che l'altra aveva ordinato, quindi le mise sullo stesso tavolo dove Brianna aveva lasciato poc'anzi la sua pergamena e la spinse verso l'altra, prima di fare un passo indietro, quasi a prendere le distanze.

    «Ti ha parlato di me?»

    Domandò con un tono davvero molto basso, quasi avesse ricacciato la sua voce dentro il proprio petto.
    Jason K. Byrne

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    "Parlato" - 'Pensato' - "Ascoltato"

    Amava i laghi perchè era nella loro natura non mostrare quanto tumulto ci fosse dentro di loro. Erano uno specchio d'acqua perfetto che se smosso un po' di più, potevano portarti verso il fondo, senza mai più riuscir a far ritorno. Ci si rivedeva spesso, in quella distesa pacata d'acqua, che gli somigliava come quasi niente in natura gli si era avvicinato così tanto. In quell'ultimo periodo, poi, aveva notato come non fosse semplice fare i conti con quello che aveva dentro, era come se ogni volta che ci provava, ne scappava lui stesso da solo, impaurito da ciò che vi avrebbe trovato. Ogni singola volta che si guardava dentro, vi rivedeva il volto dai lineamenti ben chiari di quella donna che aveva mosso passi, in punta di piedi, dentro di lui.
    Ne aveva pura, una dannata paura della quale non riusciva a scrollarsi il fremito di volerne rompere quelle barriere: Kàra. Quella donna che ogni singola volta che aveva incrociato la sua strada, aveva lasciato un pezzo di sé, prendendosi parte del druido, senza che lui nemmeno se ne accorgesse, per poi lasciarlo nuovamente a cercare di rimettere ordine nella confusione del tumulto che lei lasciava alle sue spalle, probabilmente senza neanche saperlo lei stessa.
    Ma la verità era che in quella confusione che si trascinava dietro, c'erano mille altri piccoli frammenti, forse la paura di veder l'altra sparire, così com'era successo con Claire quella volta che aveva osato di più era quella che premeva sulle spalle del druido, che si ritrovava a cercare di scacciare via ogni volta il pensiero della docente, anche quando era impossibile farlo, mentre sbocciavano fiori che avevano petali colorati come la porcellana che ne imperlava il viso.
    Non aveva parlato a nessuno di quello che Kàra suscitava in lui, quasi ancora troppo troglodita da pensare che fosse necessario parlarne con qualcuno per poter mettere chiarezza su questo punto. Aveva lasciato che la cosa cadesse nel fondo della sua mente, ben consono di non poterla ricacciare per chissà quanto tempo.
    E il tempo, proprio lui, sembrava volersi divertire proprio quella sera, dove quella sensazione di mancanza rendeva quel lago un pensatoio dove immergerci ogni singolo concetto assillante.
    Il nocciola era fisso sulla riva del lago, quando in lontananza a Jason parve di scorgere la linea che disegnava il corpo della protagonista. Non poteva essere, stava solo cadendo nell'inganno della sua stessa testa. Cercò di prendere un respiro e ripristinare quella certa meditazione, seppur l'occhio cadeva sempre in quella direzione. Calò le palpebre, quasi a voler chiudere il sipario su quella che lui credeva fermamente essere un ologramma della sua stessa mente, quando anche l'olfatto sembrò voler giocare con lui, ricordando quel profumo di...casa. Lo stesso che aveva provato quella volta che si erano incontrati fuori dal loro villaggio.
    Il frusciare delle foglie e del manto che i piedi di lei crearono, fu quasi un modo per abituare Jason all'idea che forse non fosse tutta una stupida illusione, seppur ancora non credeva. Ma la sua voce, quel suono di straordinaria melodia e serenità, gli giunse all'orecchio con calore assai più forte di quello che la fiamma generava ardendo. Riaprì le palpebre e volse a lei sguardo, trovandola quasi eccezionale, ninfa del lago di una qualche popolazione a lui sconosciuta, quel pallore che la rendeva una bambola di porcellana, ma di cui sapeva avesse il cuore impavido da affrontare per lui anche combattimento strenuante come aveva fatto in passato.

    «Allora sei reale...»

    Ne fece scivolare quel suono roco, senza preoccuparsi di schiarire la propria voce o di renderla più presentabile, gutturale e cavernosa, quasi provenisse dalle viscere della terra stessa. Sotto quella barba le labbra si piegarono in uno strano sorriso, melanconico quasi, ma che portava sfumature di un pensiero che si faceva sempre più vivido. E quella sensazione di mancanza, iniziava a diminuire stranamente.
    Lentamente, quasi timore a rompere quell'aria che passava tra loro, allungò una mano grande porgendola a palmo aperto verso lei, così - se l'avesse afferrata - avrebbe fatto accomodare l'altra al suo fianco, in un nuovo contatto ritrovato.

    «Forse una parte di me, sperava di incontrarti...»

    Non c'era bisogno di nascondere, perché ogni parola che veniva fuori, strappava via quel fastidio di assenza che aveva provato, fin quando non aveva sentito la sua voce così vicino, come se risvegliato dal profondo degli abissi. Le nocciole ne accarezzarono il volto, ogni lineamento, ritrovandolo esattamente al proprio posto, soffermandosi su quegli occhi che parlavano alla propria anima.
    Jason K. Byrne

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    "Parlato" - 'Pensato' - "Ascoltato"

    Jason avrebbe dovuto capire che quando si dice oggi voglio stare tranquillo qualcuno dall'alto decide di mescolare le cose e mostrare l'immenso potere del fato, facendo sì che i fili delle sue marionette - quali erano tutti loro - si intrecciassero fino a creare un nodo stretto difficile da sciogliere.
    La pioggia batteva sul vetro creando una melodia quasi rilassante e Jason non avrebbe mai pensato che quella pioggia potesse portare qualcuno a bussare alla sua porta, qualcuno che Jason pensava non potesse mai tornare. O meglio, non aveva proprio idea di che cavolo di fine avesse fatto.
    Quando sentì il campanello della porta aprirsi, Jason sollevò il busto, dapprima piegato per aggiustare delle pergamene in un cassetto della sua libreria, che riportava non solo manuali, ma anche boccette di chissà quale intruglio da annusare.
    Nel mentre si girava, il druido riconobbe la voce femminile, quindi invece di cacciare in malomodo quel visitatore, si protese per voltarsi e gentilmente declinare l'invito a lavorare oltre l'orario prestabilito.

    «Mi spiace, dovrete tornare---»

    Non fece in tempo a terminare la frase che lo stupore della donna bloccò qualsiasi altra parola. Fiammanti capelli, diamanti negli occhi ed un viso dai lineamenti decisamente memorabili. Jason era piuttosto certo di non riconoscere quel volto, lo avrebbe ricordato tra mille al villaggio, per la sua particolare forma e per i suoi colori così accesi.

    «Sì? Sono io.»

    Lo sguardo del druido si aggrottò appena, mentre sentì le zampe di Seth muoversi sul legno del pavimento, come se si stesse stiracchiando. Oh, no. Non aveva intenzione di sentire urla femminili alla vista del cagnolone, quindi quasi istintivamente serrò la strada all'husky, che - prontamente - virò ad aggirare la sua figura e lesto si avvicinò alla ragazza.

    «Seth. Vieni qua.»

    Lo ignorò. La sua meta era la donna, che non si fosse allontanata, avrebbe ricevuto il musone del cane sulla coscia. L'annusò poco, come se riconoscesse il suo odore. Questo fece stranire il druido che sciolse le braccia che aveva poco prima incrociato al petto, pronto ad agire qualora il compagno fosse diventato troppo molesto.
    A differenza di quello che si aspettava, Seth si sedette scodinzolante davanti a lei, quindi sollevò una zampa a poggiarsi sulla gamba di lei, come se avesse riconosciuto quella figura, tanto da presentarsi a lei nello stesso medesimo modo in cui si era presentato a Claire.
    Quel nome non gli ricordava nulla, Brianna...

    «Brianna? Mi spiace signorina, credo che la memoria inizi a far scherzi. Non ricordo di averla conosciuta, mi sa dire in quale occasione?»

    C'era gentilezza nel tono, mescolata ad una certa curiosità e incertezza; sperava di non aver ferito i suoi sentimenti confidandole sinceramente di non aver memoria del loro incontro, ma quando l'altra cacciò quella pergamena le nocciole di Jason scivolarono su quella scrittura, avvicinandosi di qualche passo al tavolo dov'era posata la conclamazione di chi avesse davanti. La riconobbe, era la sua calligrafia, ma quella pergamena non era stata certamente consegnata a quel volto.
    Si irrigidì per qualche istante, tornando a guardare la donna, questa volta con un'espressione più seria. Non era possibile, non era lei. Ricordava quel volto, ricordava quel sorriso, ricordava quell'insegnante che l'aveva stregato in quella foresta e verso cui si ea spinto a fare un passo fin troppo audace per lui. Scosse il capo.

    «Agrifoglio, amarillis ed eliconia...»

    Mormorò, fissando le sue scure iridi sullo sguardo più chiaro dell'altra. Qualcosa nella sua mente stava scavando a fondo, quell'incontro, quell'appuntamento con Claire, al Canto della Sirena. Sembrava che la pioggia esterna stesse lavando via quel fango che non permetteva all'altro, fino a quel momento, di ricordare.
    Brianna, una mia amica...
    Sì, ricordava debolmente quella frase, ma chi aveva davanti? L'amica di cui Claire gli aveva accennato o qualcuno che fingeva di esserlo? Eppure quella pergamena era qualcosa di troppo intimo per essere finita nelle mani di qualcun altro.

    «Perché ha questa pergamena? Ha fatto qualcosa alla signorina Murray?»
    Jason K. Byrne

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    "Parlato" - 'Pensato' - "Ascoltato"

    La diffidenza era un'altra delle caratteristiche più importanti di un denrisiano. Jason non era scappato a questa linea di DNA, a differenza di quanto aveva fatto per quella che concerneva il maschilismo, tipico di quelle zone. L'occhio del druido aveva tentato di catturare i particolari più importanti della figura femminea che gli si era palesata innanzi, tanto da cogliere come prima avvisaglia, la pistola. Forse questa era la ragione reale per cui non aveva allentato la tensione del cane che aveva affianco. Una donna, per Jason, era quel tipo di creatura magica (?) che andava tenuta a bada fin dal primo sguardo, la maggior parte di loro fotteva i cervelli ai migliori predoni. Era quello che il druido temeva esser successo a Philipp, che da quando era diventato il giochino di Kenna, lo aveva visto poco e niente, sempre occupato a vivere la sua storia d'amore con la bibliotecaria che non vendeva i libri ad un popolo di analfabeti. O almeno, questo era quello che credeva Jason, rimettendo nella donna, i motivi per cui lui e l'amico non riuscivano più a vedersi com'era un tempo.

    «Se un ottimo spirito di osservazione può rientrare nell'istinto fuori dal comune, allora direi la seconda.»

    Rispose con pacatezza e malcelato senso dell'umorismo, mentre implicitamente raccontava all'altra che non si era fermato a guardare solo il suo aspetto in quanto donna dalle fattezze poetiche e dagli occhi streganti. Seth si era allontanato, certamente a malincuore, visto che non era nemmeno lui convinto dell'intenzione dell'altra, ma Jason avrebbe sicuramente saputo difendersi da una pistola, quanto alla presenza della donna, era un pericolo su cui Seth non avrebbe potuto far poi molto. Non si trovò stupito al sentir nominare le sirene, trovandosi ad annuire piano.

    «In questo villaggio c'è sempre un qualche predone che parla dei suoi incontri con una qualche sirena. Donne che con il loro canto ammaliano marinai, fino a portarli alla morte...»

    Erano leggende? Era realtà? Non lo sapeva, ma quella specifica fu quasi necessaria, ritrovandosi a dettar alla sua mente un messaggio di allerta, come se non fossero solo le sirene ad ammaliare l'uomo con la propria voce.

    «Se per compagnia intendi pozioni, tisane e quanto di più possa servire per lenire i migliori veleni, allora sì. Ma a quanto pare, ancora non ho trovato nulla per il canto delle sirene

    Se si riferisse al vero canto delle creature in causa o alla voce di quella ragazza, non fu totalmente esplicito, eppure Morgan avrebbe potuto notare come il suo capo si sarebbe spinto ad indicarla, con un sorriso mal celato dalla folta barba. Ne acquisì il nome, quindi la seguì con lo sguardo, non smuovendosi di un millimetro quando lei andò a sedersi. Notò come la bandava tratteneva una folta chioma nera, contrastante colorazione rispetto al freddo dei suoi occhi e si ritrovò affascinato segretamente da quell'accostamento così duro. Si girò in sua direzione, posando il piede sullo stesso masso, quasi a sbarrare la strada, ergendosi davanti a lei, dopo che quella domanda arrivò a pungere l'orgoglio del druido. Un angolo delle labbra si sollevò quasi sarcastico, quindi se lei fosse rimasta dov'era, si sarebbe piegato fino a giungere a poco più di un palmo dal suo volto.

    «Cos'è? Hai forse paura a scoprire da sola a quale dio io sia devoto e se la castità sia il sacrificio che m'abbia chiesto?»

    Un ringhio roco, ma non sfumato di cattiveria, se non di sfida l'era stato rivolto alla donna, mentre lui pareva così pacato e tranquillo di quello che stava succedendo.
    Jason K. Byrne

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    Finalmente una notte senza nubi, né pioggia, né vento. Era una di quelle notti in cui si vedeva ogni singola costellazione puntinare il manto nero del cielo.
    Jason aveva chiuso tardi, ma non aveva alcuna voglia di tornare a casa. Seth aveva deciso di andare a dormire da Joanne, forse perché aveva compreso le intenzioni del druido di rimanere fuori quella notte.
    Jason aveva indossato uno dei suoi mantelli con il bordo impellicciato, non era reale quel pelo, sintetica per mantenere il suo buon cliché di non ammazzare alcun animale per potersi creare qualcosa di caldo. Eppure, abbracciato da quel tessuto sentiva che il freddo non si sarebbe avvicinato più di tanto.
    Voleva godersi un po' di tranquillità, cosa che nell'ultimo periodo, con l'arrivo imminente del Natale, sembrava non arrivare da nessuna parte, preso com'era da quegli Inglesi che continuavano ad entrare ed uscire dal suo negozio per comprare piantine di cui non avrebbero nemmeno più ricordato il nome, una volta usciti dalla bottega.
    Non capiva perché si ostinavano a fare regali che poi non sarebbero stati sfruttati per la loro bellezza e la loro reale funzione, eppure portavano soldi e questo a lui non dispiaceva mica.
    Dopo aver attraversato la boscaglia e aver raccolto qualche legno qua e là infilandolo nella sua sacca espansa, ecco le sponde del lato del lago che volgeva a Denrise. Era un paradiso unico, non toccato dalle stupide mani umane, rimasto racchiuso nella bellezza naturale che lo caratterizzava. Lo specchio d'acqua rifletteva le luci delle stelle che brillavano su di lui.
    Jason iniziò a posizionare un circolo di pietre, affinché al centro potesse ergere le basi per un falò, quindi mosse la bacchetta e lasciò fuoriuscire una fiamma che iniziò a dar vita a quello che era un piccolo focolare che avrebbe donato un po' di calore all'aria circostante.
    Quindi si sedette a guardare verso l'alto, con un ginocchio piegato e i gomiti che reggevano il peso del proprio busto.
    Era una pace, un riallineamento dei chakra quasi necessario dopo una lunga giornata di lavoro. Eppure sentiva qualcosa che mancava, sentiva che c'era quel non so che per cui da diverso tempo provava un senso di disagio.
    Non riusciva a spiegarsi questa sua sensazione, anche perché - per quanto ci provasse - non era bravo a leggere gli altri, figurarsi se stesso.
    Jason K. Byrne

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    Un'altra serata era terminata e la stanchezza si faceva sentire, Joanne aveva il giorno libero quella sera e non sapeva esattamente come spendesse quelle serate fuori, ma nemmeno gli interessava, perché era dannatamente adulta e sapeva quello in cui incappava se faceva la scema lì fuori.
    Bugia.
    Gli interessava. Vedeva in quella ragazzina una sorella minore da proteggere e lui non riusciva a starle dietro come voleva, tuttavia aveva capito che Joanne doveva crescere da sola e quindi stargli dietro in apprensione non avrebbe aiutato certamente a farla sbocciare (?).
    Seth si era messo dietro il bancone, al caldo, sonnecchiando tranquillo come se avesse lavorato più lui che il druido, quella sera.
    Stava finendo di ripulire i pestelli con cui aveva creato altre delle sue polveri speciali. Si chiedeva che tempo facesse la fuori, ma quando lo sguardo nocciola si posò sui vetri della finestra del suo negozio, la voglia di uscire da lì si fece meno pressante, vista la pioggia che continuava ad imperlare il vetro dell'apertura verso l'esterno.

    «Seth, ce stamo qui n'altro po'.»

    Comunicò quella piccola informazione al cagnolone che sembrò non volerne proprio sapere diversamente, non che avesse intenzione di uscire. Alla fin dei conti, meglio per Jason, avrebbe potuto sistemare le sue piante da interno, sistemare le pozioni in ordine di gradazione, spolverare i suoi narghilé e maledire Jonathan per averne rotti un paio, l'ultima volta.
    Si ritrovò per le mani un vecchio taccuino di appunti, dove vi erano un sacco di pozioni che avrebbe dovuto riproporre alla sua clientela.
    Era decisamente una di quelle giornate in cui perdersi nei ricordi. Mise a bollire un po' di acqua per poter poi infilarci dentro un po' di foglie svariate: melissa, lavanda e menta. Amava quel sapore fresco della menta quando veniva infusa nel calore dell'acqua.
    Lasciò andare la fiammella bassa, così che potesse cuocersi lentamente, nel frattempo iniziò a togliere qualche foglia malandata al bonsai di acero rosso giapponese, che dava un tocco natalizio sul tavolino della sala principale.
    Jason K. Byrne

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    Ancora una volta si trovava a fare i conti con una donna che cercava di fingere di non essere pericolosa. Jason aveva ormai imparato quel cliché, in quanto tutte - o la maggior parte di loro - rimaneva convinta che in quanto uomo, sottovalutasse l'altro sesso. E questo era un pensiero che nessuno avrebbe potuto togliere dalla testa del druido. Avere Morgan davanti non cambiava questa fermezza, anzi stava cercando di capire quanto lei fosse pericolosa, rispetto alle altre donne che aveva incontrato lungo la strada. Seth sembrava non averla molto a genio, ma aveva imparato che il cagnolone non avesse a genio qualsiasi tipo di donna si avvicinasse al druido, dopo diverse esperienze passate, quindi Jason non diede molto peso a quella che era solo la caratteristica di un fedele compagno.
    Rise profondamente, roco, alle sue parole
    «Siamo a Denrise, e la più signorina di voi donne ha in mano un'arma con cui salpa per mari alla ricerca di mostri marini, signorina
    Ricalcò quell'appellativo con cui lei stessa si era definita e spense quel sorriso solo apparentemente. Aveva a che fare con le donne troppe volte all'interno della sua giornata, aveva imparato quanto fossero pericolose e talvolta subdole e non credeva che la predona davanti a lui fosse da meno.
    «Siete più pericolose di quanto vogliate far immaginare...»
    Fu un mormorio quasi a voler puntualizzare su quel concetto, mentre gli occhi nocciola non lasciavano morire l'attenzione che aveva puntato sul suo volto. Quanti anni poteva avere? Sembrava una ragazzina in confronto a lui, si chiedeva da dove provenisse e perché fosse in quel bosco, ma viste le risposte a dir poco lascive, Jason avrebbe dovuto optare per scoprirlo in maniera diversa dalle domande dirette.
    Non aggiunse altro alla sua conferma riguardo la loro intelligenza, era come se in quel silenzio stesse valutando la merce che aveva davanti. L'occhio cadde su ogni particolare, ancor più su quella cintola da cui pendeva la pistola. Non temeva quell'arma, non era la prima volta che ne vedeva una e - anche qualora lei gliel'avesse puntata contro - era comunque tranquillo che sarebbe sopravvissuto e forse, se lei avesse sparato, si sarebbe trovata dietro le spalle un Philipp pronto a donarle tante di quelle botte che poteva star tranquilla che Seth sarebbe stato il suo ultimo problema.
    Ma togliendo di mezzo questo particolare inutile (?), ancora una volta si trovò a dover far faccia a faccia con una risposta che non rendeva quanto avrebbe voluto. Tuttavia, quando chiese di tenerlo lontano, Jason annuì lentamente, portando un passo davanti all'animale, lasciando che il percorso della donna fosse ancora più breve di quello che doveva essere, in maniera tale che tra lei e Seth si sarebbe frapposto lui. Il cane sollevò il capo a quel movimento del padrone, incrociando i suoi occhi per un breve frangente per poi capire che non doveva ancora muoversi. Si alzò sulle quattro zampe, stiracchiandosi. Jason, seppur non lo dava a vedere, con le orecchie era ben attento a dove andasse, mentre con gli occhi osservava la Vane. Un colpo di muso dietro le cosce del druido.
    «Va' pure, Seth.»
    Lo congedò momentaneamente, lasciando che il cane si allontanasse per il bosco, senza timore di perderlo.
    «E cosa avrebbe affrontato di peggio, una signorina come te?»
    Era incuriosito e lo dimostrava anche il suo sguardo che si assottigliò appena. Le iridi si spostarono da lei solo per guardare le erbe che aveva lasciato in terra, trovando più interesse nella figura appena giunta.
    «Sono un druido.»
    Affermò mostrando all'altra come non avesse timore di lei e di rivelarle chi avesse davanti.
    «Sai a cosa possono servire le erbe per uno come me?»
    Questa volta la mise alla prova, per tastare ancora una volta il terreno e capire se chi aveva davanti fosse preparata anche solo minimamente a riguardo.
    «Io ho allontanato Seth, che ne diresti di presentarci? Jason.»
    Non schiodava il suo sguardo da lei, era come se stessero giocando a chi avrebbe mollato prima.
    Jason K. Byrne

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    svengo
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    Jason sapeva che avrebbe dovuto mettere a tacere Seth, ma fino a quando non erano chiare le intenzioni della donna, forse avrebbe fatto fare un po' di mormorii al cagnolone, tenendolo sempre a bada, ben consapevole che non sarebbe scattato se lui non gli avesse dato ordine di farlo. Gli occhi scuri di Jason erano puntati su quel viso dai lineamenti particolari. Era certo che ne avrebbe riconosciuto le forme, se fosse stata una persona che già conosceva, eppure era come se qualcosa in lei non lo facesse stare tranquillo.
    Rise, tenendo dentro quel suono divertito per le sue parole «E allora sarà ancora più difficile calmare l'altra bestiolina - ammise con una sfumatura di ironia nel tono roco. Spostò il peso del corpo sulla gamba destra, sfiorando il manto tricolore del suo compagno «E cosa te lo fa pensare?» - era quasi curioso di sapere cosa fosse a incutere così tanto disagio, per quanto immaginava fosse la sua stazza, i suoi capelli e la sua barba che non aiutavano di certo e lo facevano sembrare un troll di montagna. Gli occhi del druido studiavano ogni sua mossa, non abbassava la guardia e cercava di prevederne i passi. Seth aumentò il tono del suo ringhio a quel colpo di reni, vendendola muoversi, quindi Jason lo afferrò dal manto sul collo e tirò verso di sé, facendo sì che abbassasse il tono nuovamente «Troppo casinisti, ubriaconi e con poca propensione ad accettare che una donna sia più intelligente di loro, giusto?» - aveva descritto il maschio medio del villaggio, non era difficile imbattersi in soggetti del genere e la stessa Rebecca, qualche giorno prima, aveva dato dimostrazione di pensarla ugualmente.
    «Suigh.» - un ringhio deciso e autoritario, che sembrava provenire dal terreno, fece vibrare il petto del druido, mentre il suo compagno sembrò zittirsi all'istante, con un pigolio che lo fece mettere a cuccia, poggiando la pancia a terra e le zampe anteriori in avanti, a mantenere il musetto che scivolò di lato.
    «Cercavo delle erbe.» - rispose semplicemente, non sciogliendo lo sguardo dal suo «Hai paura?» - per qualche istante dopo questa domanda, gli occhi di Jason rimasero sulla figura femminea, prima di scivolare verso Seth, indicando l'oggetto di quella sua domanda.
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    "Parlato" - 'Pensato' - "Ascoltato"

    La mancanza di Philipp e quella di Jonathan andavano sicuramente levigate in qualche maniera e se Jason si sarebbe dovuto accontentare di Rebecca, non gli era poi andata così male.
    Quanti avrebbero potuto dire che per sopperire alla mancanza dei propri amici, erano finiti in compagnia di una bella ragazza? A proposito di ragazze, chissà dov'era Joanne, in tutto questo.
    Vabbè, non erano affaracci suoi, era libera di andare dove voleva, quelli non erano affaracci suoi. E poi, adesso aveva davanti Rebecca, quindi perché pensare a Joanne?!
    Sbuffò all'idea di dover aspettare e sollevò un sopracciglio quando la ragazzina lo canzonò su quanto il locandiere avesse da fare a differenza di qualcun altro. Si avvicinò al suo volto, con estrema tranquillità e tentò di arrivare a pochi centimetri dal suo nasino perfetto «Se vuoi ti porto con me allo speziale e ti faccio vedere quanto c'è da fare.» - fu un ringhio divertito quello del druido, che poi si allontanò, qualora fosse riuscito ad avvicinarsi e buttò giù il suo primo boccale di birra «Che ne diresti di farmene un'altra?» - le spinse il bicchiere vicino, per aiutarla a recuperarlo, quindi cacciò altre monete e le mise sul bancone «Toccherà a te intrattenermi, allora…» - non era certo che fosse suonata come una cosa pulita, tuttavia era vero; in mancanza di Jon, c'era lei e quindi doveva essere il suo Jonathan con le tette, fino a prova contraria.
    Attese la sua birra con impazienza, mentre il loro discorso toccava altri mondi, volando su qualcosa che pungeva profondamente il druido, che veniva paragonato al restante degli uomini del villaggio, maschilisti e anche orribili, a suo parere. Buttò giù ancora una birra e ne chiese una terza, forse troppo preso da quella che era la pecca di un denrisiano «Va bene così, non preoccuparti.» - disse, seguendola con gli occhi mentre si avvicinava vertiginosamente a lui. Se fosse arrivata la terza birra, Jason l'avrebbe nuovamente bevuta e pagata, ma questa volta non ne avrebbe chiesta un'altra, concentrato a guardare quelle che erano le gambe di Rebecca, cinte dalla tela del jeans, risalendo poi verso il suo volto «Un modo ci sarebbe…» - la sua mano si sarebbe posata senza violenza, ne prepotenza all'altezza del ginocchio, per poi alzarsi e sovrastare la ragazza con la sua stazza da gigante. Si sarebbe piegato verso di lei, mentre con la mano libera dalla sua gamba le avrebbe delicatamente spostato i capelli dietro l'orecchio e sussurrato «… potresti lasciare che ti mostri come tratto una donna…»
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    "Parlato" - 'Pensato' - "Ascoltato"

    Senza Jon, il Canto non era lo stesso. Per Jason andare lì non era solo bere della buona birra e mangiare della buona salsiccia, mentre donne decisamente interessanti gli sculettavano davanti alla ricerca di uomini con cui guadagnarsi la giornata.
    Andare al Canto era un modo per passare del tempo con il suo amico, con il suo compagno di avventure e, in quel momento dove anche Philipp sembrava disperso per mari, Jason aveva bisogno estremo di lui. Come se avesse necessità di ripristinare la sua sanità mentale.
    Eppure, quella sera il locandiere non c'era, non c'era la loro casciara e a servirgli la birra arrivò una selvatica Rebecca.
    Era da molto che non incrociava la ragazza, da quel giorno al porto, quando anche lì avevano avuto un po' di tempo per parlare. Strano che Jonathan lasciasse Becca da sola con il suo locale e i suoi soldi, si fidava così tanto della ragazza? E no, non in quanto tale, ma in quanto estranea che non era Jonathan Baker, per la precisione.
    Lo sguardo perso di Jason si schiantò negli occhi chiari di lei, mentre apprendeva la dipartita del proprietario. Sarebbe stato poco mascolino mettersi a piangere e gridare quanto volesse Baker, in quel momento, quindi non lo fece e sbuffò deluso, rimettendosi quatto quatto a sedere, tenendosi quel rimprovero.
    «Ma che sta a fa?! Nsomma… il locale è il suo dovrebbe star qui a badare che tutto vada bene.» - abbassò il tono del suo vocione, mentre guardava la ragazza alla ricerca di un appiglio su cui aggrapparsi.
    Guardò la birra, in cuor suo sapeva che era perfetta per come l'aveva spillata, ma mentre poggiava le sue monete sul bancone, il suo povero cuoricino da druido chiedeva pietà perché quella birra non era stata servita dal locandiere di fiducia.
    Stava quasi per bere, quando le parole di Rebecca rovinarono tutto.
    Jason poggiò nuovamente il bicchiere sul bancone, facendo del rumore, quindi la guardò serio «Non a me, va bene, Wagner?» - questa volta era un tono quasi perentorio «Non so a cosa sei abituata in quelle stanze e in questo posto, ma non insinuare mai più la possibilità, seppur lontana, che io possa reputare te un essere inferiore in quanto donna.» - sembrava ferito dalla questione, tanto che lo sguardo del druido sembrava fin troppo incupito «Non hai la benché minima idea di come io possa trattare una donna, quindi non generalizzare più con me.» - e forse era vero, non sapeva, la biondina, quanto per Jason le donne fossero quasi sacre.
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    "Parlato" - 'Pensato' - "Ascoltato"

    Ogni volta che Jason aveva da raccogliere qualche erba, portava con sé il vecchio (?) e fidato Seth. Era come se una parte dell'anima del druido, forse la parte migliore, fosse stata divisa e messa in quel cane. Era l'unico con cui si lasciava andare a smancerie e spesso anche ad abbracci non troppo delicati e Seth sembrava capire ogni stato d'animo e ogni parola che il suo padrone gli rivolgeva.
    Quel giorno, il povero husky stava sopportando ore di sciorinate e lamentele riguardo il comportamento della ragazzina che lo affiancava al "Lo Speziale". E sembrava, il cucciolo, non risentirne di quelle lamentele, come se potesse star lì a pendere dalle sue labbra per ore ed ore.
    Eppure, ad un certo punto, mentre Jason era intento a raccogliere e lamentarsi e a lamentarsi e raccogliere, Seth cambiò direzione del suo sguardo, puntandolo verso delle fronde da cui aveva sentito un fruscio.
    Il druido sentì il ringhio del cane e, per quanto sembrasse distratto, Jason lo ascoltò come se stesse percependo il suo battito. C'era qualcuno.
    Finse di non preoccuparsi, continuando a fare quello che stava facendo «Buono Seth, ora andiamo…» - mormorò come se non avesse capito il motivo per cui stava ringhiando.
    Quando la voce femminile di Morgan gli arrivò all'orecchio, la schiena di Jason si raddrizzò e affiancò il suo fido compagno. Gli occhi scuri del druido scivolarono sull'intera figura della donna, fino a giungere al suo volto. Nulla di familiare.
    «Non è mai troppo tardi per una passeggiata nei boschi.» - risposte con tranquillità, mentre una mano si poggiava sulla testa dell'husky che continuava a vibrare, nonostante la richiesta della donna «Non ti conosce… difficilmente ascolterà la tua richiesta.» - e lui sembrava non aver dato al cane ancora l'ordine di mettersi tranquillo. Sorrise pacato, mentre incrociava le braccia al petto e rendeva più evidenti, sotto la t-shirt un po' troppo stretta e un po' troppo sottile per quelle temperature di novembre, i bicipiti ben allenati «Di passaggio o sei qui per restare?» - e la domanda forse fu troppo generica, lasciando a lei la possibilità di raccontare il motivo per cui era in quel bosco «In questo bosco è difficile trovare qualcuno che passeggia senza un vero motivo. Il tuo qual è?» - il suo tono cavernoso lasciava comunque una sfumatura di serenità, come se non avesse alcun timore o preoccupazione per la presenza della donna.
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    "Parlato" - 'Pensato' - "Ascoltato"

    Finalmente un giorno libero da ogni preoccupazione.
    Seth era a casa, la bottega chiusa e lui stralibero di godersi la sua giornata di ferie. Perchè diavolo non lo aveva fatto prima? Ogni singolo giorno stava diventando un sacco pesante ed era quasi un anno che quella stronza di Cora aveva deviato il ripetitore o fatto quello che doveva fare con quel coso, e Denrise non era più il villaggio pacato e tranquillo. Adesso tutti gli stranieri del cazzo potevano andare lì e usare i loro aggeggi idioti che rendevano le loro teste ancora più stupide. Jason non ne sarebbe uscito vivo, questo era certo. Non sopportava quegli apparecchi elettronici che gli inglesi si portavano dietro e odiava ogni loro suono fastidioso.
    Entrò felice felice nell'unica locanda del villaggio degna di nota (forse davvero l'unica) e spalancò la porta con tale entusiasmo che sussultarono i clienti dei tavoli lì vicino «JONATHAN, DAMME LA TUA BIRRA MIGLIORE, STANOTTE SE FA BALDORIA!» - quello era l'ingresso di scena del druido più zarro di tutta Denrise. Velocemente si avvicinò al bancone e si sedette ad uno degli sgabelli liberi, notando come dietro a questo non c'era Jonathan. Si guardò attorno, quindi fece leva sulle gambe per mettersi in piedi sull'asta poggia piedi dello sgabello e affacciarsi al bancone, cercando il suo barmam preferito «Ndo sta, Jo.» - era una domanda, nonostante il tono fosse molto poco interrogativo, e gli occhi marroni di Jason avrebbero girato verso chiunque avrebbe potuto rispondere a quella domanda «Ndo l'avete cacciato, a regà!» - tornò seduto, sbuffando innervosito «Mannaja, doveva annà male qualcosa stasera, ed ecco cosa?! Ora come se fa senza Jonathan Baker. Me sento male.» - si era diventato davvero tragico nell'ultimo periodo, ma la verità dei fatti era che fosse preoccupato che nessuno potesse dargli la sua desiderata birra.
    Jason K. Byrne

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