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    Denrise
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    "Parlato" - 'Pensato' - "Ascoltato"

    Era tornato da un po’ da quel viaggio in terra straniera e da quando era rientrato non aveva fatto altro che trovare un pretesto per invitare Kàra a passare del tempo da lui. Non ci trovava niente di male, era chiaro, ma alla fine non è che proprio aveva capito quella necessità di ritrovare la docente. Il suo modo di essere molto simile a lui, forse lo aveva portato a pensare alla donna un po’ troppo spesso, soprattutto dopo aver constata – in seguito a quel fortuito incontro – quanto condividevano anche sulle loro passioni. Rigirava tra le mani la bustina con dentro il seme dell’amorphophallus che si era procurato tempo prima, guardandolo senza davvero troppo interesse, mentre si poggiava al bancone del proprio negozio. Era vicino alla chiusura, probabilmente non aveva nemmeno pensato che forse per Kàra sarebbe servito del preavviso almeno di un giorno, ma quello che gli continuava a girare in testa, al druido, era il fatto che se non avesse invitato quella sera la docente da lui, non lo avrebbe mai più fatto, razionalizzando la cosa come una semplice coincidenza dettata dal fatto che si fossero visti poco tempo prima. Eppure era come se volesse negare a se stesso un qualcosa di così semplice, come il proprio interesse verso la donna. Ma prima di arrivare ad una cosa del genere, Jason avrebbe dovuto sbattere la testa contro il muro, sfondarlo e fare a pugni con la propria parte emotiva, cosa che sarebbe dovuta cascare la terra prima che accadesse. Doveva accontentarsi di credere che il suo fosse solo interesse accademico per qualcuno che ne sapeva di quella materia, ignorando il fatto che ci fossero altri druidi nel villaggio che avrebbero potuto affiancarlo in quella strana idea che gli era venuta.
    Sbuffò, mentre il seme veniva riposto in un cassetto del bancone, come se dovesse ancora pensarci prima di fare questo passo così complesso, per uno come Jason che non aveva idea di come potesse sembrare poco ridicolo agli occhi di qualcuno. Prese qualche erba che aveva messo ad essiccare ed iniziò a sceglierne qualcuna per poter creare un infuso che avrebbe scaldato la sua serata, magari portandolo all’illuminazione e al grande passo: la prima erba che iniziò a pestare fu la verbena, quella che serviva come base per una tisana rilassante, atta a calmare quel moto d’ansia che sentiva nello stomaco; un po’ com’era riuscita Kàra a fare, quando aveva rivelato che avrebbero fatto il viaggio di ritorno insieme. Insieme alla verbena ci avrebbe sbriciolato un po’ di biancospino, perfetto per la tachicardia che aveva avvertito quando aveva ritrovato in Kàra quell’aria di casa e quella sensazione di protezione che lo aveva portato a concentrarsi solo su di lei; aggiunse poi qualche pizzico di escolzia, il papavero della California, ancora una volta c’era un po’ di lei in quella scelta, non solo nella provenienza di quella varietà, ma anche nell’effetto che questa procurava, la rilassatezza di quel calore che aveva provato standole accanto. Concluse il tutto rilasciando dei petali di rosa dalla colorazione rosata molto tenua, fatti cadere dopo esser stati sminuzzati, mentre il druido sorrideva pensando a quanto fossero simili alla docente, nel loro candore e … sgranò gli occhi e lasciò tutti gli strumenti del mestiere. Aveva appena creato una tisana pensando a tutte le caratteristiche che la donna aveva avuto per lui, senza nemmeno rendersene conto. Sbuffò, mentre rivide Joanne tornare dal giardino sul retro e comunicargli che aveva annaffiato tutte le piante ed era pronta a chiudere «Joa, te spiace se te pigli Seth che te riaccompagna a casa e te lo tieni fino a domani. Io ho da sistemare ultime cose qua e preferirei farlo da solo.» – non poteva ancora dire che stava per invitare Kàra, perché dirlo ad alta voce avrebbe significato ammettere che provava un interesse, troppo difficile per lui. Quando Joanne lo salutò, Jason sorrise e sospirò, fischiando poi per far entrare la civetta bianca che aveva lì intorno, ormai aveva messo su casa nel suo giardino e non sarebbe stato lui a cacciarla
    CITAZIONE
    «Ehi Kàra, ricordi quella questione del seme di Amorphophallus? Ho un paio di semini, ti andrebbe stasera di raggiungermi allo speziale per iniziare questa ricerca insieme?
    Scusa per il poco preavviso, se hai già altri impegni non preoccuparti, possiamo vederci quando preferisci.

    Quindi avrebbe messo la pergamena in una busta e avrebbe inviato tutto al destinatario, con la civetta bianca come messaggero.
    Avrebbe atteso la donna, senza troppe speranze, seppur in cuor suo aveva l’ansia di sapere se sarebbe venuta o meno, mentre gustava quella tisana che aveva note di Kàra, sul dondolo del proprio giardino.
    Jason K. Byrne

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    |Kàra Onfroy| Docente Magia Verde



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    veva la sensazione che il viaggio a New York avesse cambiato parecchie cose, molte più di quante pensasse quando era partita da Denrise alla volta di quella terra straniera. Non era il tipo a cui piacevano i cambiamenti, aveva impiegato parecchio a convincersi a partire e alla fine lo aveva fatto solo perché i suoi pensieri non la lasciavano più in pace e aveva bisogno di distrazioni, di certo un viaggio così lungo rientrava nella categoria. E quello che temeva era successo anche se in senso più positivo del previsto: tornata a casa si era resa conto che non era tutto come prima, ma non in senso negativo, anzi. Era più leggera, per certi aspetti, si era trovata bene fuori da Denrise sopratutto grazie alla presenza di Jason e anche se forse significava che stava barando – perché Jason aveva Denrise dentro di sé e sembrava portarsi il villaggio con sé ovunque andasse – ma non le importava così tanto.
    Suo padre l’aveva ripresa spesso per essere più svampita del solito, più felice, anche se quello non era un problema, solo una sorpresa. Era sbagliato pensare che Kàra non fosse felice, lo era sempre, ma aveva ereditato dal patrigno una certa compostezza, che molti scambiavano per l’essere scorbutici ma che in realtà era più che altro un modo per non sbottonarsi mai troppo, per mantenere una facciata composta. Esprimeva anche la sua gioia, spesso, ma lo faceva con eleganza e riserbo, senza mai sbilanciarsi troppo.
    Ora, non si doveva pensare che avesse cominciato ad andare in giro saltellando per l’Accademia, quello no: era solo un po’ più sorridente, un po’ meno rigida del solito, un po’ più serena per certi aspetti, di certo più che nelle settimane precedenti, quando la cupezza data dalle ultime missioni l’aveva avvolta senza darle possibilità di liberarsi troppo facilmente.
    Non aveva pensato troppo alla motivazione per cui si sentiva così sollevata, ma riconosceva che Jason avesse migliorato il suo umore da quando si erano incontrati in quella serra e se non approfondiva più che altro era perché non avrebbe saputo da dove partire. Kàra era pratica delle emozioni umane, riconosceva di provare una certa simpatia per il denrisiano e di trovarlo affascinante, ma non era praticamente di amore e innamoramento, non su di sé almeno. Si sarebbe definita empatica senza troppi problemi, si era esercitata parecchio e anche lavorare tra studenti la aiutava a mettere alla prova il suo intuito ma non era così brava a capire sé stessa, a calibrare le sue reazioni e riconoscere i segnali di qualcosa che, in effetti, non l’aveva mai toccata prima di quel momento. Aveva davvero voglia di vedere Jason, di stare con lui, eppure non osava chiedere e l’unica cosa che aveva pensato di fare era andare più spesso nella sua bottega, anche se dopotutto si rendeva conto da sola che era un atteggiamento sciocco e infantile.
    Anche il suo Demiguise doveva aver notato qualcosa perché sembrava più sospettoso, era abbastanza sicura che Metcalfe avesse guardato tra le sue cose di recente nel tentativo di capire che cosa la distraesse tanto, come se potesse trattarsi di qualcosa di fisico e non solo emotivo e intimo. Kàra non era una che parlava molto, la gelosia del suo famiglio la faceva sorridere ma non riusciva a spiegare a sè stessa quel che stava passando, figurarsi parlarne ad alta voce con qualcun altro, umano o animale che fosse.
    Il messaggio di Jason la sorprese mentre stava preparando con cura dei mazzi di erbe da appendere ad essicare e anche lei faticò a ignorare il leggero sussulto che la scosse quando si rese conto di chi fosse il mittente, una volta ritirato il messaggio dal becco della civetta bianca. Si ritrovò a fissare la pergamena per qualche istante, un leggero sorriso che le si allargava piano sul volto mentre leggeva con calma ogni parola, più volte. Si chiese se fosse il caso di rispondere ma la donna rimaneva una di poche parole e preferì lasciare una leggera carezza sulla testa della civetta, recupera la sua borsa e il suo scialle al volo e fiondarsi da Jason prima ancora di rispondere.
    Avrebbe quindi bussato piano alla porta del negozio, il fiato vagamente corto, passandosi una mano tra i capelli per non sembrare una pazza o una scappata di casa, preparando un leggero sorriso per quando Jason le avrebbe aperto.


    PARLATO - ASCOLTATO - NARRATO
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    "Parlato" - 'Pensato' - "Ascoltato"

    Il deficit emotivo a Denrise era un vero e proprio virus. Se gli avessero raccontato cosa sembrava dall’esterno, Jason avrebbe iniziato a ridere, indietreggiando e barricandosi in casa, forse chiudendo anche magicamente le porte, così che nessuno potesse entrare a sbattergli in faccia la realtà. Ma qual era la realtà? La verità era che lui non aveva ancora aperto gli occhi sull’interesse che provava per la docente che aveva inviato a passare del tempo con lui quella sera; mentre attendeva il suo arrivo sembravano non riuscire a star un attimo fermo, aveva provato a rilassarsi sul dondolo, ma era durato meno di quel che aveva immaginato, quindi si era alzato ed era andato a riclassificare tutte le erbe, disponendole in ordine di rarità, variando completamente l’ordine precedente, che era alfabetico. Fatto questo aveva ripulito ogni ripiano della bottega, anche i tavolini che non erano stati utilizzati quel giorno e che erano immacolati da un qualsiasi granello di polvere. Aveva addirittura deciso di cambiare le piante che avevano adornato fino a quel momento il bancone, spostando il bonsai di gelsomino su una mensola alta e posando la lavanda sul bancone. Sospirò appena, soddisfatto, mentre guardava il suo operato, rendendosi conto di come Kàra non fosse ancora arrivata: magari non avrebbe accettato il suo invito, chi poteva saperlo, ma all’idea di non vederla, sentì qualcosa di molto simile al dispiacere invadere il suo stomaco.
    Aveva ancora il retrogusto dolciastro di quella tisana che aveva creato poco prima, pensando a lei, passò la lingua tra le labbra recuperando anche il più piccolo briciolo di quel gusto, quando la civetta tornò indietro. Jason sentì il cuore perdere un battito quando non vi trovò alcuna pergamena di risposta, quasi rassegnando all’idea di non vedere la docente. Prese il pentolino con l’acqua rimasta da quella con cui aveva fatto la propria tisana, quindi iniziò a ripulire tutto. Avrà avuto sicuramente i suoi motivi, questo era chiaro; probabilmente l’aveva avvisata troppo tardi o forse era impegnata con le serre ad Hidenstone, o forse stava dormendo e la civetta l’aveva svegliata. Insomma, qualsiasi motivo sarebbe stato un rifiuto per lui; probabilmente aveva azzardato troppo ad invitarla, aveva fatto un passo più lung--- sentì bussare alla porta e ci perse quasi la vita per lo spavento improvviso, essendosi ormai messo l’anima in pace che Kàra non sarebbe arrivata. Quel suo sussultare aveva fatto in modo che il druido si rovesciasse parte dell’acqua contenuta nel pentolino sul pantalone, all’altezza della coscia destra «Odino balordo.» – mormorò, mentre con uno straccio cercava di asciugare, ovviamente inutile mossa, visto che il tessuto andava messo all’aria per farlo asciugare, tuttavia si diresse alla porta, con in mano ancora lo straccio. Doveva essere Joanne, magari aveva lasciato qualcosa in bottega ed era tornata a prenderla, aprì mentre ancora tamponava sulla coscia, con il capo chinato sulla macchia, certo che Kàra non avrebbe accettato quell’invito e che non poteva essere lei a bussare «Joa’ te sei scord---» – lo sguardò punto sulle scarpe di chi aveva di fronte e sgranò gli occhi nocciola. Non appartenevano sicuramente a Joanne. Sollevò lentamente il capo e fece faccia a faccia con la docente. Lentamente il suo stupore si trasformò in un sorriso lento che si allargava sotto la barba del druido «Sei venuta.» – Capitan Ovvio salutò Kàra in quel modo, prima di accorgersene e ridere appena appena imbarazzato. Lanciò sulla spalla lo straccio e spalancò la porta «Kàra, prego accomodati. Ti aspettavo.» – in verità si era già rassegnato, ma non avrebbe ammesso una cosa del genere. Si avvicinò a lei, una volta dentro, spingendo la porta affinchè si chiudesse: fece un passo in sua direzione e allungò un braccio sinistro verso la sua spalla destra. Cioè, come funzionava? Ci si salutava come? Con Philipp e Jonathan come faceva? Ah sì, na pacca sulla spalla e manco sempre. Con le donne? Cioè con Joanne si davano il buongiorno normalmente quando lei arrivava, ma… ah quanti problemi e quanta impacciatezza (?) mentre non sapeva se avvicinarsi o meno e «Chiudo la porta. Sì.» – disse poi, prendendo un respiro e lasciando quel contatto fisico con la ragazza perso nel vuoto, mentre dava una mandata alla porta «Staremo in giardino, non vorrei che qualcuno entrasse e si rubasse tutto.» – commentò ironicamente, quasi a giustificare quel sequestro di persona «Tutto bene?» – le sorrise dolcemente, trovando il suo sguardo e di nuovo quella strana serenità che aveva rivisto in lei in California.
    Jason K. Byrne

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    |Kàra Onfroy| Docente Magia Verde



    P
    er una che faceva dell'empatia il suo principale pregio e che lavorava con le emozioni delle creature con le quali interagiva, era davvero ironico che fosse così impreparata ad una situazione simile. Era arrivata ad una età in cui non era di certo obbligatorio, ma quantomeno normale, sapere come gestire sensazioni come quella, o almeno avere una vaga idea di come si reagisse a quel genere di inviti.
    Avrebbe dovuto rispondere, quello era poco ma sicuro, e col senno di poi si sarebbe data indubbiamente dell'idiota per non aver dato a Jason nessuna indizio sulla sua decisione o alcun preavviso circa il suo arrivo. Da persona perfezionista quale era cercava sempre di mettere in primo piano la praticità ma anche le situazioni altrui: cercava di non giudicare, di non partire mai prevenuta e di mettere tutti a proprio agio, nel limite delle sue possibilità. Avrebbe potuto quindi dedurre da sola che non dare risposte potesse anche sottintendere un rifiuto e che forse il druido avrebbe voluto sapere prima del suo arrivo, che non poteva dare per scontato.
    Certo, agli occhi di Kàra lei aveva reso nota la sua simpatia per l'uomo e aveva sempre cercato di agire come faceva da quando aveva memoria: in modo chiaro e trasparente, perchè non era brava a mentire nè tanto meno a nascondere quel che provava, solo che non si era resa conto che Jason era esperto almeno tanto quanto lei di quei sentimenti e non aveva colto granchè di quel che lei aveva mostrato.
    Mentre aspettava che Jason andasse ad aprirle ebbe qualche istante per fermarsi e ragionare. Era più agitata ed entusiasta del solito: per essere una a cui in realtà piaceva starsene da sola e apprezzava la solitudine spesso più della compagnia, era davvero fuori dal normale sentirsi così tanto felice per un incontro, ancora di più uno organizzato all'ultimo che potenzialmente aveva stravolto i suoi piani. Ogni volta che lo realizzava Kàra si dava della "vecchia legnosa" da sola, sentendosi come un pezzo di corteccia che non riesce a piegarsi prima del suo stesso punto di rottura: era una a cui piaceva essere organizzata, avere tutto in ordine, e se alle volte compiva follie come quel viaggio in America comunque era affezionata alla sua routine, all'ordine delle cose, sopratutto quando si trattava della sua vita privata. Nel suo lavoro era abituata ad avere a che fare con l'imprevidibilità della natura, del suo decorso, che in realtà era sempre logico e sensato ma spesso impossibile da prevedere per un comune mortale, ma quando si trattava dei suoi impegni le piaceva avere un piano, quantomeno mentale, sempre ben delineato. Negli anni aveva costruito una routine sempre simile, che partiva all'alba e finiva a notte fonde, dove tutto era scandito dal naturale decorso del tempo, della luce, del calare e salire della temperatura, tutto calcolato per essere funzionale e pratico. Non impazziva quando qualcosa andava fuori dai binari, sapeva che poteva succedere, ma in quei casi aveva sempre piani secondari da riutilizzare o alle volte, quando nemmeno quelli funzionavano, si adattava ma con meno entusiasmo e allegria di quanto avrebbe voluto.
    Eppure, quando Jason le aveva spedito quell'invito non sembrava averci pensato due volte prima di recarsi alla sua porta, una reazione di certo fuori dalla norma e stava per farsi probabilmente troppe domande quando Jason aprì la porta e la salvò. La Docente non riuscì ad evitarsi un sorriso leggero, in risposta a quello dell'altro, annuendo con vigore e quasi con ovvietà. "Assolutamente." replicò, realizzando solo in quel frangente quel che aveva fatto e individuando il canovaccio sulla sua spalla. "Oh... perdonami. Io... ho pensato di venire qui prima di risponderti, mi è sembrata la cosa più sensata da fare... avrei dovuto avvisarti! Non volevo piombare qui da nulla." provò a giustificarsi, arrossendo leggermente quando l'altro le fece cenno di entrare, un rossore che si allargò quando lui cominciò a toccarla, senza che però lei sentisse il bisogno di allontanarlo. Si schiarì la voce a vuoto, annuendo con fin troppo vigore quando le spiegò che sarebbero stati in giardino.
    "Ma certo, e poi è meglio così, si rischia di fare dei disastri all'interno." ammise, sentendosi cretina nell'aver specificato una simile ovvietà con qualcuno che faceva quel mestiere da secoli. Si appigliò alla sua domanda all'istante, avviandosi verso il giardino di sua spontanea volontà, visto che ormai conosceva la strada, incrociando lo sguardo di Jason di nuovo e percependo questa volta quel senso di famigliarità e sicurezza che riusciva sempre a trasmetterle. "Bene. La fine del semestre e l'inizio di quello nuovo è sempre impegnativa a Hidenstone ma inizio a vedere la fine del tunnel. E tu invece? Spero di non aver sconvolto troppo i tuoi piani presentandomi qui."


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    Se avessero parlato di erbe, Jason avrebbe risposto. Se avessero parlato di avventure per mare, Jason avrebbe risposto. Se avessero commentato quanto tsundere fosse Philipp, Jason avrebbe risposto anche lì. Ma in tutto questo, se qualcuno gli avesse fatto notare quanto fosse disagiato nel rapportarsi con Kàra, Jason sarebbe stato zitto. Grande e grosso, aveva scoperto che con la docente sentiva una difficoltà disumana, come se riuscisse a toccare quei punti che Jason aveva paura di conoscere, quasi a voler entrare in punta di piedi in quell’antro della caverna buia dov’era impossibile accendere una luce. Eppure, lei ci stava riuscendo. Aveva risvegliato delle sensazioni che Jason aveva con sicurezza seppellito, come se non gli fossero servite fino a quel momento; non sapeva come gestire un’emozione? Bene, c’era il cestino delle emozioni, dove gettare tutte quelle strane sensazioni che non si sapevano comportare (?) e metterle in castigo. Lì ci aveva rinchiuso anche il disagio, tempo addietro, prima che tornasse a galla con Jonathan e Philipp, ma questa è un’altra storia da raccontare ai posteri, perché ora, quello su cui andava fatta chiarezza, era proprio quanto fosse impacciato quell’omone di due metri e poco più, al cospetto di quella donna che sembrava entrargli nell’anima con un semplice sguardo. Se avessero messo delle insegne luminose su quei due, sicuramente sarebbero state frecce che indicavano l’altro, con un cuore finale che stava a dire che c’era qualcosa di più del semplice bisogno di ricerca ad aver spinto Jason ad invitare la docente nel suo giardino (no, non stiamo parlando di cose porno, sia chiaro!).
    Difficile dire cosa stava succedendo dentro la sua testa quando la razionalità diceva che alla porta non era Kàra e il suo petto desiderava con tutto sé stesso scontrarsi con lo sguardo della Onfroy, aprendo i battenti. Era una lotta interiore più difficile di quella che aveva affrontato per liberarsi di Lloth, al cospetto dei druidi ed era certo che ci fossero mille rimedi per evitare di impazzire, ed uno di questi – si rese conto – era proprio dietro quella porta. Sì, proprio così: Jason aveva ipotizzato anche un bigliettino di scuse da mandare alla docente per l’improvvisa richiesta di raggiungerlo, ma quando aprì la legnosa e vi trovò davanti quello sguardo che aveva avuto nella testa per giorni interi, qualcosa dentro di lui si mosse a scombussolare lo stomaco, forse aveva qualche rimedio contro la nausea da qualche parte. Peccato che se lo avesse preso, avrebbe scoperto quanto poco sarebbe servito visto che non dipendeva da nessun disturbo specifico, se non dalle sensazioni che Kàra stava smuovendo dentro di lui. Quando spalancò la porta lo fece con tutta l’idea di trovarsi la sua sorellina adottata, con Seth a seguito, a ricordargli di portare qualcosa a casa che sicuramente avrebbe dimenticato, eppure le nocciole si scontrarono con quel volto che prese a pugni l’intestino del druido. Sembrava così perfetto, quel volto; quando sorrise si sentì quasi mancare qualche battito, riscoprendo come fosse riuscita ad annebbiare completamente qualsiasi precedente pensiero. Sorrideva con occhi e labbra, quella donna, e per Jason fu necessario prendere un respiro un po’ più importante prima di riuscire a bofonchiare ovvietà.
    Non appena la voce di Kàra risuonò in risposta alle sue parole, Jason cercò di capire da quando la sentisse così melodiosa. O forse era sempre stata così. Dannazione se era difficile concentrarsi e dire qualcosa di sensato, quando aveva lei davanti. Ma non era solo il dire, il problema, quanto anche il fare. Sgranò le iridi sentendo quelle giustifiche e mosse le mani davanti a lui «Nono, che te pare.» – tossì appena, come se gli fosse andato un rospo di traverso, schiarendosi (?) la voce cavernosa e riprendendo con un accento meno buzzurro e più da comune mortale, visto che lo sapeva fare. «Dicevo… ma quale piombare qui dal nulla. Se avessi perso tempo a rispondermi saresti arrivata più tardi e a quest’ora forse non saresti stata ancora qui e io mi sarei chiesto se c’avessi ripensato e…» – si accarezzò la nuca, sotto i capelli, accorgendosi di quanto stesse blaterando inutilmente «… sei qua. E va bene così.» – disse con un sorriso gentile, sotto quella barba curata. Quel suo tentennare sul saluto, poi, fece di nuovo cadere il disagio tra di loro, soprattutto quando vide quella pelle di porcellana colorarsi di rosso, rimanendone quasi incantato per un attimo, cercando poi una via di fuga nel chiudere la porta. Che scusa demente che aveva trovato, dannazione. Il fatto è che anche solo sfiorarla aveva mandato verso di lui una ventata del suo profumo e si era trovato destabilizzato, stupido druido. Si appese a quella spiegazione «Sì, certo. I disastri, per quello, chiaro.» – eh?
    Era normale tutta quella insicurezza da quando l’aveva vista? No. Per fortuna sembrò ritrovare subito un modo per riequilibrare le cose, scivolando su un discorso molto semplice, l’andamento della giornata. Si voltò a guardarla mentre scivolava verso il giardino, come padrona di quello spazio che finora era sempre stato solo suo – certo, ci lavorava anche Joanne, ma era sicuramente diverso da come stava guardando Kàra muoversi lì dentro. Per un attimo la immaginò a terminare la sua giornata lavorativa, giungere lì e chissà per quale motivo sistemare qualche boccaccio lasciato sul bancone, nell’attesa che Jason chiudesse per poi tornare a cas--- scosse il capo, allontanando quelle immagini balorde, cullato anche dal suo racconto. Rise appena «Altri sei mesi e la scuola finisce. Non so se sarete più contenti voi docenti o loro studenti.» – la seguì nel tragitto, ma prima di svoltare anche lui per il giardino ed uscire fuori, rimase nascosto per qualche istante, guardando verso l’alto «Thor, te prego, eh. Nun famme fa cavolate. Che poi me ce devi sentì te. Na famo scappà, ok? Me impegno io e te ce impegni pure te, che te ne dici?» – il suo pregare era così basso nel tono che avrebbe potuto sentire solo lui che stava pregando Thor di renderlo un tantino meno disagiato.
    Raggiunse quindi Kàra, affrettando il passo e arrivandole accanto «Io ho sistemato un po’ di cosucce qui e là, poi ho mandato Seth a stare con Joanne oggi. Ah, Joanne… la conosci, vero?» – domandò aggrottando la fronte, non certo che fosse scontato «Sconvolto i miei piani? Ma ti pare. Forse sono io che ho sconvolto i tuoi, ti ho dato così poco preavviso. Magari avevi da fare a scuola e … insomma, tu eri perfettamente nei miei piani.» – le disse, abbassando di poco il tono, mentre il cioccolato dei suoi occhi cercava il volto di lei, con quel sorriso affabile. Accese quindi delle piccole fiaccole sospese, che oltre a dare luce, facevano calore, quindi delle lanterne sul tavolino «Se hai freddo dimmelo, provvedo subito…» – disse, sfiorando appena la sua schiena quasi istintivamente, senza nemmeno pensare che quel gesto e quella frase, insieme, potevano parere un pochino disagiate.
    Jason K. Byrne

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    |Kàra Onfroy| Docente Magia Verde



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    ino a quel momento aveva dato tutta la colpa per l'imbarazzo e il disagio alla sua scarsa quantità di legami interpersonali. Eccezione fatta per suo padre, qualche anziana del villaggio dalla mentalità più aperta e qualche conoscenza più approfondita all'interno delle mura di Hidenstone, Kàra avrebbe potuto affermare con una certa franchezza di non avere veri e propri amici, di non aver una rete di conoscenze vera e propria, se non si teneva conto delle creature alle quali si era affezionata nel corso degli anni ma che sospettava non rientrassero proprio nella lista dei suoi affetti, non in quella socialmente accettata almeno.
    La cosa non l'aveva mai preoccupata più di tanto, non si era mai sentita sola e riusciva a stare bene anche senza essere avere miliardi di persone da poter chiamare amici. Forse una parte di lei aveva scelto quel tipo di vita, più o meno consapevolmente, anche perchè era la strada meno rischiosa: aveva ricevuto parecchi rifiuti anche quando era solo una bambina, quando tutti la guardavano come un mostro per via di origini che non potevano comprendere, e quello le aveva insegnato quanto poca fiducia meritassero la maggior parte di persone che la circondavano, poco importava che fosse vero o meno. Si era sempre battuta perchè gli altri cambiassero opinione, non nei suoi riguardi ma in generale lottava ogni giorno perchè tutti potessero avere una mentalità più ampia, perchè allargassero i loro orizzonti, e sarebbe stato ironico realizzare che proprio lei non riusciva a scrollarsi di dosso le vecchie convinzioni.
    Sapeva che non erano tutti accecati da vecchie leggende, sapeva bene che al mondo c'erano persone a cui non importava proprio niente che lei non sapesse da dove veniva, che le sue radici fossero state recise e sparse chissà dove, eppure una parte di lei non aveva mai avuto la spinta necessaria a cercarle, a mettersi in gioco. Sapeva bene come tutti avessero i propri demoni, i suoi forse non erano nemmeno tra i peggiori, a conti fatti, ma si era abituata a stare sola e faticava ad accettare l'idea di cambiare le sue abitudini e lanciarsi nel vuoto.
    Jason era una compagnia strana, unica nel suo genere: era una novità, ovviamente, portava con sè parecchie variabili ma al contempo sapeva di casa, senza che quella sensazione avesse alcun senso. Si rendeva conto di quanto quel che provava vicino a lui fosse illogico, sfuggiva ad ogni senso comune per quel che la riguardava: non lo conosceva da così tanto tempo, non sapeva quasi niente di lui eppure si sentiva sempre protetta e al sicuro quando erano assieme. Certo, il fatto che l'avesse salvata in battaglia giocava di certo a suo favore, il loro primo imprinting era stato intenso e decisivo per il loro rapporto, di questo ne era certa, ma era davvero tutto lì?
    Lo guardò curiosa nel sentire quell'accento particolare fare capolino ma siccome entrambi sembravano piuttosto incerti decise di non fare domande scomode, limitandosi ad annuire, cercando di convincersi a sua volta di aver fatto la cosa giusta. "Sono qua..." ripetè, realizzando solo dopo di sembrare una sciocca nel ridire le sue stesse parole "... e sono molto felice di esserci." aggiunse sincera, finendo però per arrossire leggermente suo malgrado, dandosi della sciocca per avere reazioni così stupide e incontrollate ad una banale conversazione tra amici.
    Si schiarì la voce, riscoprendo quanto fosse facile muoversi per la bottega, cercando comunque di non prendere il controllo della situazione: quello non era il suo posto, non aveva alcun diritto di muoversi come se lo fosse anche se era naturale spostarsi verso il giardino, ora che conosceva la strada. Si appigliò alla risposta di Jason per trovare qualcosa di più facile a cui pensare e di cui parlare, cogliendo la palla al balzo. "Hidenstone in realtà è davvero un posto eccellente, mi piace stare lì e continuerò ad andarci anche in estate sai, per la Riserva e per controllare le piante e le creature che si trovano lì... potresti fare un salto qualche volta, ho qualche esemplare interessante." buttò lì e l'invito le scivolò dalle labbra in modo così istintivo e naturale che se ne accorse a malapena. Così come si accorse in ritardo che l'altro era rimasto indietro. Si sarebbe fermata per aspettarlo ma lasciandogli comunque tempo e spazio per qualsiasi cosa stesse facendo, cercando di non intromettersi e dedicandogli, piuttosto, un sorriso sollevato e sincero quando tornò da lei. "Oh... Seth, ecco chi mancava qui! Spero tu non l'abbia allontanato per colpa mia, è un cane adorabile." osservò per poi annuire appena. "Di vista, non ci siamo mai presentate in realtà..." ammise riguardo a Joanne. Sentirgli dire quelle parole, quel "tu eri perfettamente nei miei piani", le causò una strana fitta allo stomaco, piacevole, certo, calda ma comunque anomala, una sensazione che non aveva mai provato prima. Impiegò qualche istante a digerire quella sensazione, e si ritrovò a sperare di provarla di nuovo, che non fosse la prima e unica volta. "Non preoccuparti, non hai sconvolto proprio nulla, sono felice di essere qui, davvero. E grazie per l'invito." rispose alla fine, con tutta l'onestà di cui era capace, schiudendo poi le labbra per la sorpresa quando Jason accese le lanterne, illuminando il giardino di una luce calda, soffusa e avvolgente. "Oh wow..." si lasciò sfuggire, spiazzata, guardandosi intorno e percependo un brivido deciso quando l'altro la sfiorò di nuovo, ritrovandosi a cercare il suo sguardo prima ancora di esserne consapevole, una leggera scossa elettrica che le percorse l'epidermide, leggera ma chiaramente percepibile. "Che meraviglia... per il momento sto bene, pellaccia denrisiana..." provò a scherzare alla fine, accennando una mezza risata impacciata.

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    Non sapeva davvero come comportarsi, era troppo impacciato e questo era dovuto al fatto che nell'ultimo periodo i suoi unici contatti umani erano stati Philipp e Jonathan che di umano avevano ben poco e più si avvicinavano a creature mistiche classificate xxxx nel grado di buzzurragine. Avere Kàra in bottega era stata una scelta più che ponderata, aveva scelto quel posto perchè si sentiva sicuro, una zona di comfort che avrebbe dovuto aiutarlo ad essere più rilassato, eppure ancora non riusciva a sciogliere la tensione di quell'appuntamento. Era un appuntamento? Sicuro era un incontro, alla fin dei conti lui era lì, lei pure e si stavano vedendo, quindi si erano incontrati. Ma il fatto che lui l'avesse invitata e avesse anche preparato l'esterno in maniera impeccabile, rendeva quell'incontro, qualcosa di molto più vicino ad un appuntamento. Il che era saltato alla mente del druido esclusivamente quando Kàra era giunta alla sua porta, trovando quella situazione piuttosto imbarazzante da non riuscire a controllarsi nemmeno nel gergo popolano che aveva usato. Per fortuna lei non chiese spiegazioni, seppur il suo sguardo parve più che incuriosito e apprezzò che non ricalcasse su quella sua mancanza di eleganza e di classe. Jason aveva notato che Kàra era capace di capire quando si sentiva in difficoltà e questo, per il druido era una cosa più che particolare, non ricordando nessuno che in precedenza era riuscito anche solo per sbaglio a carpire i suoi momenti di disagio, cercando addirittura di tirarlo fuori.
    Era felice di essere lì? Adesso, quello stupito era lui, che allargò gli occhi come se non si aspettasse quell'ammissone e nella sua mente un wow non mancò a farsi sentire, ma per fortuna riuscì a limitare la fuoriuscita di quell'esclamazione, per il bene di quell'incontro che poteva terminare con lei che gli sbatteva - giustamente - la porta in faccia, per la sua mancanza di tatto.
    Ma tornado a noi, era felice di stare lì e lo stupore sul volto di Jason si trasformò subito in un caldo sorriso, che si nascondeva sotto quella barba curata che sapeva di pino silvestre; la guardò arrossire, trovandola decisamente graziosa, le stava bene quella tinta un po' più rosata sulle guance e quasi aveva voglia di vederla ancora una volta. Kàra pareva essere fatta per stare in quella bottega, o meglio, per strappare gli spazi vuoti che vi erano in quel momento e che Jason non copriva. Aveva scelto, per rompere il ghiaccio, un argomento decisamente più consono a lei, così da provare a farla sentire un po' meno a disagio: la scuola. Si stupì ancora una volta di sentire quelle parole e questa volta, invece di contare fino a dieci, il druido si ritrovò a far scivolare dalle proprie labbra una domanda che mal celava il suo disinteresse «Ma come resterai lì. Non tornerai qui al villaggio?» - il suo tono parve quasi dispiaciuto, nonostante la spiegazione non facesse una piega e la trovava anche meno egoista di lui che stranamente sperava di vederla più spesso a girare per Denrise «Oh, sì. Certo, quasi dimenticavo la Riserva.» - bofonchiò calando il tono di un po' mentre prendeva un respiro profondo «Perchè no! Potrei darti una mano, se me lo permetterai. Che esemplari hai?» - anche se a Jason sembrava che l'unico esemplare che potesse essere degno di nota, in quel momento fosse Kàra, ma questi sono dettagli che il druido non avrebbe svelato nemmeno sotto tortura.
    Si trattenne per la sua preghiera, sperando che Thor non stesse dormendo e che fosse piuttosto attento a quello che aveva intenzione di fare, aiutando il povro Jason nella buona riuscita di quell'appuntamento, tanto più nel fatto di non fargli combinare casini. Sorrise quando la docente chiese di Seth, quindi Jason scosse la testa «Assolutamente no. Diciamo che Joanne non se la sta passando al meglio, quindi per essere certo che fosse al sicuro, ho mandato Seth. Solitamente l'accompagno io. Inoltre, avendo preso casa da sola, oggi quel mattacchione dormirà da lei, così almeno io posso occuparmi del mio giardino e di star---» - la guardò sgranando gli occhi, quindi si toccò la nuca «Cioé, insomma, di iniziare a lavorare insieme all'Amorphophallus.» - cercò di correggere il tiro, questa volta arrossendo appena lui, dal disagio e dalla figura che stava facendo poc'anzi.
    Il sorriso di Jason si ammorbidì di nuovo quando sentì quelle parole «Sai, mi piacerebbe che tu non aspettassi sempre un mio invito per venire... insomma, mi fa piacere se anche così, senza avvisarmi, venissi da me.» - e questa volta mantenne gli occhi nocciola sulla docente, mostrandole quanto fossero vere quelle parole, senza distogliere lo sguardo, e mantenendo una sicurezza che pensava di aver perso.
    La guardò soddisfatto, mentre lo stupore illuminava il viso della Onfroy, rendendolo ancora più bello sotto la luce calda di quelle lanterne. Inclinò il capo, mentre i suoi occhi trovarono quelli di lei, come se le stessero dicendo che era sempre stato là, senza allontanarsi, a guardare quel volto meravigliato nella sua semplicità e purezza «Sono contento che ti piaccia» - la mano non si spostò dalla sua schiena, trovando quasi in quel contatto la spiegazione di quella strana stretta al petto che il druido stava provando. Se Philipp avesse saputo di quelle strane sensazioni, lo avrebbe preso per i fondelli da oggi fino alla fine dei loro giorni (e forse anche oltre, visto la sua vissa per la negromanzia, secondo il Cacciatore). Ma non era l'unica cosa che voleva dire, sentiva un nodo alla gola che quasi non riusciva a mandare giù, quindi le dita sulla schiena di lei premettero appena «Ascolta, Kàra... devo farti assaggiare una cosa.» - disse, abbandonando a malincuore quel contatto con la docente, sentendo la sua mano perdere il calore recuperato e codiviso con il suo corpo e tornando sul retro della bottega, per prendere la tazza ancora fumante del té che aveva creato poco prima «Non è niente di particolare, eh... solo che mi piacerebbe sapere cosa ne pensi di questo nuovo té.» - e porse alla docente la tazza fumante del suo intruglio, quello che aveva preparato pensando a lei «So che ti avevo promesso una birra, non l'ho dimenticato, ma ecco... ti pensavo e ... assaggia.» - tagliò corto, sperando di non sembrare troppo scontroso.
    Jason K. Byrne

    "
    Macché davero?!
    "
    Druido, Speziale

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