Dominiyanni chi?

Kenna Ivonne MacEwen

Aveva chiuso il negozio ma non aveva avuto ancora modo di sigillare i battenti con la magia. Ad ogni modo era nel retro bottega a combattere con i gancetti di un reggiseno che proprio non aveva intenzione di sganciarsi. Alla fine ci riuscì, dopo diverse bestemmie, sfilandoselo con una rapidità disarmante: odiava quando c'era una base troppo larga a dividere le sue tette. Tette che ringraziarono per la libertà appena conquistata. Si stava godendo il fresco dopo una giornata impegnativa quando il suo nome pronunciato non la fece sobbalzare dalla paura. Una voce che conosceva fin troppo bene, purtroppo. Indossò velocemente la maglia fregandosene che i capezzoli potessero intravedersi: Morrigan aveva visto questo ed altro ed era certa che non l'avrebbe toccato minimamente. «COSA NON TI È CHIARO DI NEGOZIO CHIUSO?» La voce alta mentre superava la porta nascosta, camminava dietro il bancone fino ad arrestarsi davanti a lui, chiaramente adirata. «Ti ho mai detto quanto ti odio, Dragomir?» Una domanda che aveva il potere di scatenare ricordi del passato, mentre il verde smeraldo andò a carezzare un famiglio che aveva avuto la (s)fortuna di ritrovarsi il magitecnico come padrone. «Smaug, sempre un piacere rivederti», un inchino del capo in direzione del draghetto, pronta ad udire l'ennesima richiesta di lui. Dopotutto si rivolgeva a lei solo per avere qualcosa in cambio, non per il piacere di parlare con una vecchia amica. Le sopracciglia si sollevarono, minacciose, perché sapeva cosa celavano le parole di Morrigan. «E perché proprio l'isola della Madre?» Lasciò liberi i suoi pensieri di defluire dalle labbra schiuse ed imperlate della sola saliva.
«Andiamo Morrigan, sappiamo entrambi che non ti serve un libro per fare quello che sai fare bene» e sì, insignificante era l'essere poco livellati in carisma quando l'uomo ne trasudava da ogni singolo poro. «Perché sei qui?» Sia ben chiaro, da lì sarebbe uscito con un libro e lei con galeoni in più in cassa.

Kenna Ivonne MacEwen

Il seno era florido, teso e sensibile. Questo solo perché erano pochi i giorni che la separavano dall'ennesima mestruazione della sua vita. L'aspetto positivo era che, nonostante l'età, questo era ancora su complici le mancate gravidanze. Ad ogni modo venne sorpresa da Morrigan -in realtà dal player che aveva letto il narrato- e dallo sguardo che si posò proprio su di esso, quasi ad intuire che fosse libero di costrizioni.
«Vorrei poter dire lo stesso del tuo pacco», com'era la storia? Occhio per occhio, no? In fondo, ancora una volta, era venuto oltre l'orario di chiusura, proprio con la chiara intenzione di infastidirla. Così come le parole che ne seguirono ricordando di come avessero scopato più di un anno fa dopo anni ed anni di stuzzicamenti vari. Una scopata discreta, per carità, aveva persino un buono sperma, ma apprezzava di più Garlic. Avrebbe potuto dirglielo ma sarebbero state solo parole che lui avrebbe finito con il ritorcele contro. Così preferì lasciar cadere quell'osservazione, rifilandogli un'occhiata che avrebbe potuto prendere come meglio preferiva. Non le interessava. «Grazioso, proprio grazioso, Morry caro», voleva cancellargli quel sorriso con un bel pugno assestato. Per fortuna che c'era Smaug a migliorare il suo umore, anche se il draghetto sembrava soffrire degli stessi gusti del padrone. «Mi sta davvero guardando le tette?!» Un sopracciglio inarcato, mentre si avvicinava a Morrigan e di conseguenza al drago nano. Avrebbe allungato un braccio lasciando che lui decidesse se avvicinarsi e fidarsi di lei o ignorarla. Ad attenderlo ci sarebbe stata qualche grattatina dietro le orecchie -che tanto sarebbero piaciute a Giulietta- oltre che ad una visuale migliore dalla scollatura della semplice t-shirt che indossava.
E poi finalmente il docente rivelò il vero motivo per cui era lì, con tanto di tentativo di chiederle una sua mano, se l'avesse aiutato. A conti fatti avrebbe potuto guadagnarci qualcosa per quella storia. Un paio di passi e fu vicino a lui, non troppo però. «Potrei procurarti dei libri di sociologia magica urbana e di antropologia. Ricordami: l'isola era del tutto disabitata o c'erano forme di vita? Di società?» Le dita a tamburellare sul bancone con quella che era la mano che non avrebbe accarezzato Smaug qualora le si fosse avvicinato.

Kenna Ivonne MacEwen

Se fosse stata una sciocca, giovane, ragazzina in tutta probabilità sarebbe arrossita al ricordo dei gemiti che entrambi si erano lasciati sfuggire o anche la sensazione delle sue mani e della sua bocca ovunque, oltre che di lui dentro di lei. Ma Kenna non era così, purtroppo o per fortuna non era dato saperlo.
«Un Lord, devo dire», commentò invece, lasciando che la sua attenzione venisse catturata dal famiglio che sembrava però avere il pensiero unidirezionale del padrone. Perché mai meravigliarsi? «Un normale drago sì, il tuo? No, ha proprio preso da te», nonostante ciò lasciò che si adattasse a lei, fino a svolazzarle vicino per ottenere la sua dose di attenzioni. Tipico. Lo sguardo però era ad inchiodare l'uomo, verso cui si avvicinò a passo lento, chiedendogli effettivamente quali fossero le sue intenzioni. Voleva davvero dirsi di essere sorpresa dai discorsi di lui ma questi risultavano più che familiari, come una nenia che li aveva accompagnato a lungo e non solo in quel momento. Dragomir voleva lasciare il segno, sempre, e non farlo era stato a dir poco frustrante per lui. Venire meno al suo mantra, poi? Imperdonabile. Chissà se anche su di lei, dopo averle tolto le ragnatele, aveva avuto l'effetto di renderla migliore. «D'accordo, non hai avuto modo di esplorare. Nulla vieta però di tornarci», un sorriso complice, così raro da vederlo rivolto a lui. «Andata, allora, ti mando qualcosa via gufo oppure puoi sempre tornare a trovarmi», dopotutto sembrava avesse messo le radici all'interno del suo negozio, nonostante proclamasse di disprezzarlo. Anche lì, non fece altro che confermare un altro antico detto saggio: chi disprezza, compra. E lui aveva comprato, tanto, e non solo libri.
Un sopracciglio si sollevò in segno di muta domanda mentre vide che lui piuttosto che mantenere lo sguardo su di lei lo spostasse sui suoi tomi. «Non l'avevi già acquistato?» Aveva ricordi vaghi ma alla fine era fatti suoi se finiva con il riempirsi di copie, quel che importava era avere le tasche piene dei suoi soldi. «Ad ogni modo», un gesto della bacchetta e il volume atterrò sul bancone. Un altro e quello che aveva conservato per lui, dono di un suo amico studioso ad accompagnarlo. «Dominiyanni ti manda questo, spera che lo troverai utile», ovviamente era un dono. Peccato, avrebbe potuto guadagnarci davvero tanto.

Kenna Ivonne MacEwen

C'era poco da fare. Morrigan la conosceva così bene da sapere quali fossero le corde da toccare per farla cantare, vibrare od incazzare. Oppure tutte e tre le cose insieme. Erano simili, si plasmavano quando erano nella stessa stanza e finivano con il confondersi, chiaro segno era il suo sollevare gli occhi al cielo.
«Non chiamarmi amore, poi non è colpa mia se dimentichi di essere denrisiano e ti comporti da damerino», il che era vero se solo avesse osato guardare oltre il suo naso e fare una osservazione oggettiva. Fiato sprecato con lui, eppure non riuscì a farne a meno, anche perché aveva nominato nella stessa frase Parigi -che ringraziando Freya non ci metteva piede ormai da anni- e Victoria Burke, sommissima preside di sto piffero. «Quella stronza non sa un cazzo, meglio che continui ad essere così». E chiuse il discorso, dando ultime coccole a Smaug e concentrando la sua attenzione sul padrone che continuava a blaterare cose e forme di schiavitù. Il solo pensiero che fosse come tutti i prof e che schiavizzasse gli studenti era una cosa da farle accapponare la pelle. «Sì e reca la tua faccia da culo all'inizio del capitolo», sapeva anche che l'avrebbe preso come complimento più che come un'offesa. Così come lei aveva ben intuito i sottointesi ad eventuali contenuti inviati via gufo che erano sicuramente vietati ai minori. «Dimmi quando questo non accade», battito di ciglia ed espressione di chi la sa lunga.
Il libro venne appellato, il dubbio che l'avesse già acquistato condiviso e poi fugato dal diretto interessato. «Se lo dici tu», spallucce e poi la presa anche del dono dell'illuminare. Sul serio voleva ricambiare quel gesto con una totale carta straccia? «Sarà perfetto come carta igienica», un colpetto al suo avambraccio e poi si sarebbe incamminata al di là del bancone a mettere i libri in un sacchetto. «Fino a quando non hai rotto il cazzo avevo intenzione di farmi un bagno caldo e bere qualcosa. Ti inviterei, ma sai, potresti non trovarlo così avvincente». Era una provocazione? Forse! Ai posteri l'ardua sentenza. «Sono quindici galeoni, tesoro».