Unire l'utile al dilettevole

Kàra&Jason

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    Aveva rimandato a lungo la sua visita allo Speziale, e ancora non sapeva nemmeno lei perché. Forse banalmente nell’ultimo periodo aveva avuto così tante cose per la testa che aveva preferito chiudersi ad Hidenstone, nella Riserva, e annullarsi completamente a favore delle creature e delle piante che si trovavano lì. Si era ripetuta che avrebbe potuto andare quando si sarebbe sentita meglio, che poteva concedersi ancora qualche giorno, anche solo per presentarsi con la testa sulle spalle e non ancora troppo scossa da quel che era successo, ma alla fine aveva ceduto, imponendosi di smetterla di fare la sciocca.
    Sapeva anche lei che fare sempre la forte non serviva a niente, aveva imparato dalle piante stesse quanto fosse importante, alle volte, abbracciare le proprie debolezze e trarne vantaggio, anziché respingerle. Dopotutto Jason, il titolare dello Speziale, era stato gentile con lei, sembrava stare più o meno l’ultima volta che lo aveva visto e le aveva offerto una tisana per quando avrebbe avuto modo di passare per la bottega, e per qualche ragione lei aveva posticipato la cosa per giorni prima di decidersi.
    Non sapeva nemmeno lei perché, aveva lottato spalla contro spalla con Jason, aveva cercato di aiutarlo e proteggerlo, a suo modo, e quando si era resa conto di aver fallito si era sentita profondamente in colpa, eppure non comprendeva la ragione di quella stretta allo stomaco. Forse aveva paura di mettersi davanti alle sue debolezze, di accettare di aver fallito così tanto, anche se si sentiva comunque in dovere di aiutarlo, nel suo piccolo: poteva solo immaginare che cosa volesse dire aver vissuto quel che aveva vissuto lui, e dopo aver saputo più o meno i dettagli di quel che era accaduto ne era ancora più sicura.
    Aveva provato comunque a premurarsi che non stesse troppo male, sulla nave, ma non poteva certo pretendere che quello bastasse. Infondo avrebbe comunque dovuto fare i conti con quel che aveva vissuto, nel bene e nel male, e di certo lo Speziale non era un posto che voleva cominciare a sentire sbagliato o per cui voleva farsi venire fin troppe ansie. Aveva portato con sé Metcalfe, perché il Demiguise era difficile da convincere quando la sentiva non troppo calma, e non le si era tolto di dosso da quando erano scesi dalla Drakkar: l’insegnante cominciava a pensare che il Famiglio ce l’avesse con lei per averlo lasciato sulla Drakkar, e sospettava che non l’avrebbe perdonata troppo facilmente. Se non altro il suo modo per tenerle il muso era starsene tutto il tempo sulle sue spalle, emettendo qualche suono o tirandole i capelli ogni volta che faceva qualcosa che reputava “pericolosa” –che fosse anche solo muoversi troppo vicina ad una pianta cannivora o con delle spine. “Dovrai smetterla prima o poi, lo sai vero?!” lo riprese, dopo che il Demiguise aveva urlato nelle sue orecchie dopo che si era avvicinata troppo ad un mezzo-kneazle che stava camminando indisturbato per la strada e si voltò molto più a udire quel rumore che a guardare Kàra.
    Arrivò comunque davanti allo Speziale e non si concesse troppo tempo per tentennare: spinse la porta con più decisione possibile. Chiunque fosse stato al bancone avrebbe visto la donna entrare, vestita come sempre in modo abbastanza retrò, con dei pantaloni comodi, una camicia di lino abbastanza lunga, un corsetto elaborato e un cappotto di lana che assomigliava molto ad un mantello e che nascondeva la sua solita borsa di tela. Era come sempre ordinata ma al naturale, senza un filo di trucco e semplice, come in fondo era sempre stata: una denrisiana doc, per certi punti di vista, molto simile a quelle stesse anziane signore che la criticavano e che la consideravano dannata. Non aveva idea se Jason conoscesse quelle storie, impossibile non farlo per un che gestiva un posto simile, in centro a Denrise, e le importava? Non avrebbe saputo dirlo, infondo lui l'aveva già aiutata mostrandole comprensione e gentilezza, quindi probabilmente non ne era così toccato.
    “Buongiorno. Permesso…” si annunciò, cercando di mantenere la schiena dritta e una certa calma. Perché agitarsi, dopotutto?!





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    Da quella missione era diventato tutto più complicato, non c’erano erbe che servissero per riuscire a dormire decentemente. Sentiva le urla silenti di quella donna a cui era stata tolta la vita, quel parto che le aveva sventrato la pancia, tirando fuori il frutto abominevole di un rito di una Dea crudele. Sangue, morte e sacrifici. Non riusciva a chiudere occhio ormai da settimane senza avere un incubo che continuava a tormentarlo. Era diventato tutto troppo difficile e Seth, il suo fido amico, sembrava molto attento a tutti questi cambiamenti, tanto che ormai aveva iniziato a vegliare sul suo sonno e ogni volta che le urla di Jason portavano il druido a svegliarsi, l’husky era lì, pronto a poggiare il suo grande musone sull’addome del ragazzo, come a dirgli che lui era lì ed andava tutto bene. Eppure niente andava bene. Quella Dea cercava di comunicare con la sua mente e Jason non sapeva fin quando avrebbe retto senza impazzire; forse doveva andare da Philipp e Jon a cercare aiuto, ma lui si sentiva ancora troppo in difetto, anche se aveva agito per quello che credeva il bene del gruppo.
    Era dietro il bancone, mentre cercava di rimanere sveglio, sistemando i boccacci delle erbe essiccate con cui stava creando nuove tisane per il bene della sua concentrazione; doveva tenere la mente occupata in qualche modo, o sarebbe andata sempre peggio. Seth stava finalmente dormendo, sdraiato al centro della bottega, di tanto in tanto tirava qualche respiro più ampio e Jason si girava a guardarlo con un sorriso amorevole verso quella creatura che ormai era parte di lui. Forse doveva ringraziare quel giorno che l’aveva preso con sé, crescendolo come se fosse un suo pezzo mancante. Le orecchie dell’husky erano sempre all’erta, e quando la porta si aprì scattò su con la testona e guardò verso il legno che si apriva. Jason era ancora di spalle, un po’ lento nei movimenti a causa della mancanza di un sonno tranquillo. Quando Kàra salutò, Jason sgranò gli occhi nocciola, circondati da due occhiaie che non nascondeva assolutamente, facendo cadere in terra un boccaccio che fece un tonfo sordo sul legno del parquet.
    Si voltò verso la donna. Non la vedeva dal rientro dalla missione e non aveva avuto la possibilità, ancora, di scusarsi per averla lasciata sola. Sentendo la sua voce, lo stomaco si strinse, come se il senso di colpa lo avesse attanagliato. Il sorriso che si accese sul suo volto non fu il solito smagliante, la stanchezza faceva il suo, ma guardare la docente con l’idea di averla messa in pericolo, lo faceva star peggio di come quegli incubi notturni lo stavano facendo sentire.
    Seth, dal canto suo, non sembrava soffrire di alcun disagio nei confronti dei presenti e la sua coda pelosa iniziò a muoversi festosamente, mentre il quattro zampe si alzò e si avvicinò alla donna, annusandola mentre cercava tracce di biscotti e cibo in giro per le sue vesti. Ma quello che trovò il cagnolone fu molto più interessante: Metcalfe. L’husky sembrò quasi sussultare, facendo un saltello indietro e piegando le due zampe anteriori, per calarsi in un inchino, mentre il sedere rimase in su e la coda fece ancora più movimento. Un abbaio, verso il Demiguise, quasi come una richiesta ad andare da lui per giocare.
    «Seth. Cuccia.» – Jason finalmente riuscì a spiccicare parola, con la voce roca e cavernosa, ma il cane non sembrava voler mollare, tanto che ci riprovò. Jason scosse la testa «Scusalo, non vede spesso qualcuno con cui giocare che non siano uomini o donne.» – il volto si decise a guardare Kàra. I suoi occhi si addolcirono appena, mentre le mani si posarono al bordo del bancone, stringendolo, per eliminare dalla mente l’idea che aveva rischiato la vita per colpa sua «Pensavo non saresti mai venuta dopo…» – lo sguardo nocciola si spostò sul cane. Jason interruppe la frase, per poi guardare il Demiguise «Siete i benvenuti qui… Ti serve qualcosa?» – non voleva sembrare interessato solo al lavoro, ma in quel momento, il suo cervello era bloccato a quella missione «Ti ho promesso una tisana… se non andate di fretta potremmo prepararla e… loro potrebbero uscire nel giardino che c’è sul retro. Magari se ti va, puoi vederlo…» – propose, cercando di non sembrare troppo a disagio nel guardarla negli occhi.
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    Poteva immaginare come la missione che avevano portato a termine avesse segnato, a suo modo, tutti i partecipanti. Era difficile pensare che l’essere andati così vicini alla morte e l’aver assistito ad un rituale simile, ancora di più l’averlo subito, potessero non lasciar alcun segno sull’anima di esseri umani comuni, per quanto magici, forti o pronti a difendersi da chiunque con battutine e armi affilate. Proprio lei, che aveva fatto della cura degli altri parte del suo lavoro a Denrise, per tutti gli anni che aveva vissuto lì, non riusciva a rimanere impassibile all’idea che qualcun altro stesse soffrendo, incapace di non mettere le esigenze altrui anche davanti alle proprie. Eppure questa volta si era imposta un metodo diverso, aveva provato a prendere le distanze da tutto e tutti, a pensare prima a sé stessa che agli altri, cercando di ricordarsi che non poteva essere di alcun aiuto se era la prima a stare così male. Ed eccola lì, con più pensieri di prima, a chiedersi quante cose avrebbe potuto fare in tutto quel tempo sprecato a prendersi cura di ferite che di certo la solitudine non avrebbe guarito.
    Sussultò appena nel sentire il boccaccio impattare col pavimento, spiazzata da un rumore così forte e dall’esserne la causa principale. “Mi dispiace, non volevo spaventarti.” si scusò rapidamente, per quanto non si sarebbe mai immaginata di poter spaventare un uomo come Jason, non certo con un ingresso pacifico come quello. Cominciò a intuire di non essere un’ospite attesa –dopotutto non si era più fatta viva- e forse nemmeno troppo gradita, ma provò a sforzarsi e ignorare la stretta allo stomaco che si era fatta più intensa, dopotutto avrebbe avuto anche le sue ragioni per non volerla lì.
    Mentre lei si stava facendo tutte quelle domande, l’husky sembrava molto più a suo agio, pronto a distrarla abbastanza da portarla a non pensare al resto per qualche istante.
    Se Seth si era affrettato a dimostrarsi pronto a giocare, Metcalfe non sembrava dello stesso avviso: pronto a difendere la sua padrona, non perse un attimo a diventare invisibile e nascondersi meglio contro il suo collo, portando la docente ad accennare un mezzo sorriso divertito e alzare gli occhi al cielo, scuotendo la testa. “Sei proprio incredibile…” lo rimbeccò, per poi guardare Jason con gentilezza. “Figurati, non preoccuparti. E’ Metcalfe a non essere molto socievole e facile da spavent- EHI!” mugugnò, sentendo il Demiguise tirargli i capelli come se comprendesse già quel che stava per dire. Giusto per convincere il famiglio che stava facendo tante storie per niente allungò una mano verso Seth, sorridendogli appena. “Mi spiace, si convincerà a scendere prima o poi.” gli disse, nemmeno potesse capirla, mentre le parole di Jason le fecero stringere il cuore nel petto.
    Non poteva nemmeno immaginare che l’uomo si sentisse così tanto in colpa per quanto successo,lei d’altronde non ce l’aveva mai nemmeno avuta con lui: non pensava che niente di tutto quel che era successo fosse mai stata colpa sua, era anzi convinta che fosse proprio lei la colpevole di gran parte della tragedia. Dopotutto era lei che aveva lasciato che le sacerdotesse lo prendessero, che non lo aveva seguito nel portale e che aveva fallito nel raggiungerlo prima che il peggio accadesse. Non poteva immaginare che cosa stesse passando, ma le sue profonde occhiate che gli segnavano il viso la dicevano lunga su quanto quello non fosse un bel periodo. Non comprese comunque le sue parole, non del tutto almeno, inclinando appena la testa. “Posso andarmene se preferisci…” si sarebbe affrettata a dire, pur ascoltando le parole dell’uomo poco dopo: la stava invitando a restare, certo, ma Kàra non si aspettava che fosse scortese, alle volte le persone faticavano ad allontanare chi non volevano intorno. Certo, offrirle una tisana forse era un chiaro segnale che non volesse cacciarla, ma era evidente che le cose non fossero particolarmente facili.
    “Io… non voglio essere di nessun disturbo. Non sei obbligato ad onorare la promessa, non sono qui per questo o per farti sentire in colpa.” provò a spiegare, come sempre impacciata quando si trattava di mettere in ordine frasi di senso compiuto più profonde del solito. Le avrebbe fatto piacere restare? Certo. Metcalfe in realtà stava già provando a scendere lungo il suo braccio e mostrò parte del suo muso, tendendosi curioso verso Seth, fosse anche solo per dimostrare alla sua padrona che lui non era un codardo. “Come stai?” domandò comunque, in barba ai ragionamenti che aveva fatto fino ad un istante prima, incapace di trattenersi, cercando di guardarlo negli occhi per quanto fosse difficile.

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    Jason si sentiva un po’ in difficoltà, in quel momento, non tanto per la presenza di Kàra, quanto per quello che cui ancora non aveva fatto i conti: il senso di colpa nel non essere riuscito ad evitare quella situazione alla docente. Sembrava forse un po’ scortese agli occhi di lei, ma come poteva riuscire a spiegare quello che davvero gli attanagliava lo stomaco; insomma non era uno abituato ad ammettere quello che sentiva dentro, ad una persona, soprattutto se questa era una donna. Per l’amor di Odino, non è che era uno di quei maschi che pensava che non doveva apparire debole agli occhi del gentil sesso, ma credeva fermamente che se lo avesse fatto, il suo essere l’uomo su cui affidarsi in momenti di difficoltà sarebbe crollato rovinosamente. Avere Kàra in quel momento, davanti a sé, aveva scombussolato un po’ tutto e non sapeva se la donna fosse venuta per rinfacciargli quello che era successo o per riscattare la sua promessa. E se pure il motivo fosse stato il primo, lui non avrebbe battuto ciglio, sentendo che si meritava anche che lei gli lanciasse dietro ogni singolo oggetto presente in quella bottega. «Hm?» – si stupì di quella sua affermazione e scosse la testa «Scusa, ero solo sovrappensiero, non aspettavo clienti… perdonami.» – sorrise appena, quasi come se volesse farle capire davvero che non era dispiaciuto di quella visita.
    Seth, invece, era completamente l’opposto del druido: uno svergognato ricercatore di coccole e contatti con tutti. Tanto che quando il dolce demiguise sparì, il cane sembrò triste, mettendosi accucciato come un tappeto, ai piedi della docente, guardando verso l’alto con i suoi occhioni di ghiaccio e quasi dispiaciuto che non avesse potuto giocare con la creatura che la donna aveva portato con sé. I suoi occhioni da cucciolo bastonato sembravano aver avuto il giusto effetto e quando la donna si calò a dargli la sua dose di attenzione, la coda dell’animale iniziò nuovamente a spolverare il pavimento della bottega, tanto che all’avvicinarsi della mano di lei, il musone bagnato di Seth ci si scontrò in maniera vergognosa e senza ritegno. «Che venduto… sembra che tu non abbia mai abbastanza coccole…» – commentò il druido, con il suo tono cavernoso, scuotendo la testa, sorridendo esasperato.
    Si calò a raccogliere il barattolo caduto poco prima, quindi lo posò sul bancone e fece un profondo respiro. Tuttavia, quel respiro venne quasi strozzato nei polmoni quando le parole della donna giunsero come lame affilate al suo petto «Assolutamente no!» – forse ci mise un po’ troppa enfasi e se ne accorse tardi, toccandosi i capelli lunghi, sciolti, dietro la nuca «Nel senso… mi chiedevo se mai saresti venuta visto quello che ho fatto. Non sapevo come chiedertelo e… cioè, sapevo come chiedertelo, ma non ero convinto che avresti accettato un mio messaggio o un qualsiasi mio modo per cercare un contatto.» – fu un ammissione pesante, che lo portò a tirare un grosso sospiro, come se avesse detto quelle parole con una sola emissione di fiato. Tuttavia questo non sembrò convincere la docente, che anzi pareva quasi convinta del fatto che lui non apprezzasse la sua presenza lì. Mentre la sentiva parlare, girò attorno al bancone, per evitare che ci fosse il mobilio tra loro, avvicinandosi appena a Seth e guardando la donna con tenerezza. Una tenerezza che lo fece sciogliere in un dolce sorriso, mentre scosse nuovamente la testa «Onfroy» – continuava a chiamarla per cognome, come forma di rispetto nei suoi confronti «Io volevo che tu venissi a trovarmi.» – questa volta cercò di palesare più apertamente le sue intenzioni, parlò lentamente e con dolcezza, mentre incrociava le braccia al petto, sentendosi appena appena scoperto da lei per il suo sentirsi in colpa «Non sei tu a farmi sentire in colpa. Da quando siamo tornati ogni immagine di quella missione mi tormenta, non lo nego, ma la cosa che più mi distrugge è il fatto di averti lasciata da sola con quelle donne, legata e alla loro mercé. Odino solo sa quando quell’immagine mi è stata fatta vedere, quanta rabbia è cresciuta in me.» – aveva capito che per sbloccare quella situazione di disagio tra i due, doveva fare un passo più lungo della sua stessa gamba (che era più che lunga! N.d.a.: si parla di gamba nel vero senso dell’arto, chiaramente…), quindi continuò, prendendo aria e gonfiando il petto «L’unico modo che avevo per tentare di salvarti la vita era partecipare a quel rito, che poi l’ha messa ancora più in pericolo. Ed è per questo che io voglio chiederti scusa: per non essere stato all’altezza di proteggere te, una donna che doveva essere difesa. Ed anzi, ho messo a repentaglio la tua vita e quella dell’intero gruppo.» – chinò lo sguardo nocciola verso il cucciolo, che si era seduto accanto a lui e lo guardava dal basso, come se stesse ascoltando anche lui quelle parole. Rimanendo con lo sguardo sul cane, Jason aggiunse «Pensi di potermi perdonare?» – non rispose alla sua domanda su come stesse, perché quelle parole avevano rinchiuso più o meno tutto quello che sentiva dopo aver fatto rientro dall’Isola «Tu, invece, come stai?» – rimandò a lei quella richiesta, quasi come se fosse la sola cosa che al momento interessasse.
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    Non aveva pensato forse abbastanza a lungo sulle conseguenze della sua vita, concentrandosi più su quello che non aveva fatto che su quel che avrebbe potuto causare agendo. Non aveva pensato a che cosa la sua presenza avrebbe potuto risvegliare, al fatto che magari Jason poteva preferire un po’ di sana pace anziché avere qualcuno intorno che gli avrebbe inevitabilmente ricordato quel che avevano vissuto. Non conosceva Jason abbastanza da immaginare i suoi valori, o come potesse sentirsi in quel momento, si era limitata a cercare di intuire come potesse aver reagito all’orrore a cui aveva assistito e di cui era stato protagonista, il resto per lei rimaneva un mistero.
    Nel vederlo reagire così al suo arrivo non poté evitare di sentirsi ancora più colpevole, chiedendosi che cosa avesse sbagliato: forse avrebbe davvero dovuto evitare, magari mandare suo padre per il momento sarebbe stata una soluzione accettabile, anche se l’uomo se ne intendeva ben poco di piante avrebbe potuto lasciargli una lista dei suoi acquisti ed evitare di andarci di persona. Eppure… era davvero solo una questione legata agli acquisti? Sapeva bene di non essere lì solo per comprare qualche preparato o un calderone, pensare che fosse solo per quello era alquanto limitante.
    “Forse ho sbagliato orario… non ho controllato.” ammise piano, per poi lasciare che l’husky facesse il suo compito di spezza tensione. Lasciò che si prendesse le coccole, accennando un sorriso amorevole, come quelli che riusciva sempre a regalare agli animali di cui si prendeva cura. Se avesse potuto avrebbe cominciato a viziare l’husky con premietti e cibo, ma non aveva portato con sé altro che le mele, di cui Metcalfe andava matto, e qualche erba che finiva sempre per portarsi dietro. “Beh è irresistibile, ha ragione ad approfittarne.” gli fece notare tranquilla, per poi sussultare appena alla sua risposta, così improvvisa e a voce così alta. Lo ascoltò attenta mentre si spiegava e corrucciò le sopracciglia, ancora confusa. “Certo che avrei accettato un tuo invito… non hai fatto nulla per cui avrei dovuto rifiutarlo.” gli fece notare con franchezza, ancora senza riuscire a capire fino in fondo a cosa si stesse riferendo. Poteva intuirlo, ma una parte di lei si rifiutava di pensare che potesse riferirsi al non averla protetta quando non poteva fisicamente farlo, pur volendolo, impegnato altrove.
    Inclinò la testa sentendosi chiamare in quel modo, scuotendo appena la testa. “Kàra.” lo corresse istintivamente, con un tono gentile, dal momento che non era proprio necessario essere così formali, per quel che la riguardava. Lo ascoltò attento, sostenendo il suo sguardo e lasciandogli il suo tempo, per quanto ogni parole la colpisse direttamente al cuore, facendola sentire ancora più in colpa.
    Sbattè un paio di volte le palpebre, di fronte a quella affermazione: detta a una che era abituata a cavarsela da sola, e che di certo non aveva mai pensato di dipendere da un uomo nella sua vita, quella frase suonava piuttosto strana. Non che bisognasse sorprendersi, Kàra non era famigliare a certe convinzioni, per quanto ne conoscesse l’esistenza, e non si aspettava di certo che qualcuno potesse sentirle necessarie rivolte proprio a lei. “Perdonarti? Non ho niente da perdonarti. Non era tuo dovere proteggermi, per quanto io te ne sia grata, e mi fa male pensare che tu ti sia sottoposto a tutto quello solo per…salvarmi.” si sforzò di ammettere: sarebbe stato evidente il suo sforzo di esprimere a parole quel che stava provando, ma di fronte allo stesso tentativo da parte di Jason non potè fare a meno di trattenersi. “Mi dispiace non essere riuscita ad evitarlo. Se avessi agito diversamente forse… non sarebbe successo niente di così terribile e ora non dovresti batterti con demoni che non meriti.” ammise piano, sospirando profondamente. “Vorrei poterti aiutare.” ammise piano, e per quanto fosse difficile non abbassò mai lo sguardo, considerandolo uno degli sforzi che gli doveva per avergli causato tutti quei problemi. Infondo per lei era facile preoccuparsi per gli altri, era qualcosa che aveva fatto a lungo, da quando aveva deciso di fare il suo dovere a Denrise offrendosi di aiutare le persone e curarle quando necessario.
    Non era abituata a parlare di sé stessa, o a concentrarsi su come stesse, per quanto quando l’altro le rivolse la domanda finì per abbassare lo sguardo e prendersi qualche istante prima di rispondere, con un leggero sorriso conciliante: “E’ ancora valida la proposta per la tisana?”. Non è che non volesse rispondere, ma c’erano almeno due ragioni per le quali pensava che fosse meglio glissare: non voleva dargli nuovi problemi o nuovi sensi di colpa, ed era sicura che il proprio dolore fosse niente in confronto a quello che l’altro stava passando.

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    Il modo che aveva di parlare Jason quando era teso, era facilmente fraintendibile e lui cercava sempre di tentare di spiegazioni maggiori delle sue parole, pur incartandosi ancora di più di quello che già non era. E lo stesso stava accadendo davanti a Kàra, dove si era andato ad aggiungere anche il fattore senso di colpa che non era da sottovalutare. «No, non hai sbagliato... è aperto. E anche se non lo fosse stato, saresti potuta entrare lo stesso.»- ammise con un sorriso appena appena più addolcito rispetto alla tensione di poco prima.
    Seth, nel frattempo, stava facendo la sua parte di rottura, mentre appena avvicinava il naso ad annusare verso la donna. Jason lo guardò perplesso, mentre il cane divenne più insistente, come se stesse cercando qualcosa che profumava di buono «A meno che tu non abbia qualcosa da mangiare nascosto da qualche parte, credo che a Seth piaccia il tuo profumo.» - ammise poi, mentre il cane, sentendosi nominato dal padrone, arretrò di poco il suo passo. Scosse il capo rassegnato al fatto che Seth avesse successo ormai con tutti «E' un ottimo ruffiano, chissà da chi ha imparato ad essere così.» - ammise appena, dubbioso che fosse stato lui ad avergli insegnato l'amore e l'affetto per ogni essere vivente.
    Aveva forse alzato di troppo il tono, visto il sussulto che la donna ebbe, quindi si rimodulò immediatamente, per cercare di non sembrare troppo esuberante nel dire quello che voleva. Il suo sorriso si affievolì, come se le parole della docente avessero alleviato pochissimo il suo senso di colpa, quasi come se fosse stata una frase di circostanza, ma non lo fece pesare, perché non era una delle sue intenzioni «Allora la prossima volta mi farò coraggio e cercherò di contattarti in ogni modo mi sarà possibile.» - sincero replicò a quelle sue parole, mentre una mano scivolava sulla testa di Seth, che ora si era seduto accanto al druido, quasi come se fosse un calmante per l'uomo.
    «Kàra...» - ripetè lui, con quel tono roco e cavernoso, ma basso come se fosse ovattato dalla sua stessa barba. Le parole della donna mostrarono la sua stessa difficoltà nell'ammettere un qualcosa che forse risultava complicata. Jason le apprezzò, tuttavia, inclinando di poco il capo per osservarla da una prospettiva differente «Ho la pelle dura, non c'è niente che non possa sopportare, se è per difendere qualcuno...» - cercò di non rincarare la dose sul fatto che volesse proteggere lei, poi sussultò stupito, allargando le iridi nocciola alle sue parole e alla sua volonta di volerlo aiutare. Jason addolcì quello sguardo, cercando di sentirsi più rilassato ora che le cose si stavano pian piano rendendo chiare da parte di entrambi «Per quanto tu possa non crederci, il tuo essere qui, per me è già un grande aiuto.» - ammise con dolcezza, mentre Seth si rilassava, scivolando come un tappetino davanti ai suoi piedi «Non sei tu ad aver agito in maniera sbagliata, anzi sei stata coraggiosa e pronta. Una compagna di cui fidarsi, su un campo di battaglia.» - e per quanto quell'affermazione sembrava essere poco consona alle fattezze femminee, Jason fu veritiero con lui.
    Notò il suo cambio di sguardo, che scivolò verso il basso, prima di osservare quel sorriso tenue sul volto dell'insegnante. Annuì, visibilmente contento che il nodo che li stava aggrovigliando si stesse sciogliendo almeno un minimo «Certo che lo è.» - disse, facendole poi cenno di avvicinarsi e seguirlo. Le avrebbe fatto strada facendola passare dietro al bancone, cosa che non era concessa facilmente, ma invece di farla uscire per giungere il giardino, avrebbe dato quel permesso speciale alla donna, mostrandole prima il retro del bancone, con i boccacci e tutta la merce, poi il laboratorio dove preparava pozioni, essicava foglie e tutto il necessario, fino ad aprire un cancello che le avrebbe aperto la strada verso un giardino molto curato, con specie ricercate di piante originarie di Denrise, oltre alle tipiche.
    Avrebbe lasciato che Seth la seguisse, correndo nel giardino e scondinzolando festoso, mentre lui tornava dentro a preparare l'acqua da bollire.
    La mise sul fornelletto, quindi, per poi raggiungere la donna che avrebbe potuto vedere un piccolo gazebo dalle linee morbide, in ferro battuto bianco. Al centro di questo un tavolino fatto nel tronco di un albero tagliato e attorno dei cuscini morbidi «Questo è il mio angolo di paradiso, che ne pensi?» - la raggiunse alle spalle, parlando improvvisamente «Ah, se mi permetti vorrei farti assaggiare un infuso fatto con delle erbe coltivate da me: té nero, bergamotto e foglie di rovo, con un tocco di girasole.» - svelò alla donna, con un sorriso che si affacciava tra la barba.
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    Kàra aveva sicuramente sviluppato una certa capacità di intuire i bisogni delle persone, ma rimaneva figliastra del suo patrigno ed aveva vissuto troppo tempo con lui per non ereditare una certa incapacità di sapersi relazionare col prossimo. Era brava a darsi da fare quando c’erano situazioni di pericolo, Jason lo aveva notato da sé probabilmente, ma era molto più difficile ora che erano in “borghese”, non vedeva nessuna minaccia all’orizzonte e non c’erano ferite fisiche nell’altro che avrebbe potuto provare a medicare.
    Non colse del tutto la sua frase, finì per leggervi all’interno una gentile cortesia e non molto altro, non certo un qualsiasi secondo fine, se anche l’uomo ne aveva nascosto qualcuno. Avrebbe sorriso di fronte alla spiegazione della reazione di Seth, stringendosi nelle spalle. “Niente cibo a parte qualche mela per Metcalfe ma devo sapere di qualche erba particolare…” gli fece notare, pensando a che cosa poteva essersi impregnato sui vestiti abbastanza intensamente da piacere tanto a Seth. Forse qualche fiore? Avrebbe dovuto appuntarsi quella reazione e studiarla meglio, magari, anche se quello non era decisamente il frangente migliore.
    Le dispiaceva che l’altro avesse evitato di contattarla per paura di disturbarla, si era sempre sforzata per apparire come una persona disponibile e per non rifiutare mai il suo aiuto a nessuno, nemmeno alle persone che non apprezzava particolarmente, figurarsi a lui, per cui nutriva un certo rispetto e a cui doveva probabilmente la vita. “Non farti problemi, non ti sarà facile disturbarmi.” lo confortò come meglio poteva, immaginando che quelle parole potessero non bastare a riempire il suo dolore ma augurandosi che ne approfittasse in futuro, in caso di bisogno. Non aveva intenzione di farlo penare ancora, ancora meno per colpa sua: aiutare gli altri era spesso il miglior modo che aveva per aiutare anche sé stessa.
    Sorrise leggermente alle sue parole, sentendolo dire quanto la sua pelle fosse dura quando si trattava di aiutare gli altri e forse si rivide fin troppo in quelle parole, percependole fin troppo sincere e profonde per non credergli. Alla fine si arrese quindi, annuendo brevemente e accettando quella spiegazione, anche se continuava a pensare che quello non significasse che meritava quel che stava passando.
    “ Lo capisco bene, quel sentimento. E’ lo stesso che provo anche io. Ma temo che alle volte bisogni anche farsi aiutare.” osservò, anche dopo la sua sorpresa di fronte alla sua proposta. Apprezzava le sue lodi ma sospettava che nel profondo la sua presenza in quel posto potesse bastare per lenire il suo dolore. Che cosa poteva mai valere per lui? Si conoscevano a malapena e lei non si reputava così brava a far sentire meglio gli altri da non aver bisogno di altri aiuti. “ Mi fa sentire sollevata, ma penso che una Tisana della Pace possa aiutare ancora di più.” avrebbe replicato con l’innocenza e il buon cuore di chi vuole davvero sentirsi utile. “E ti ringrazio per la tua fiducia, anche tu ti sei rivelato un compagno di battaglia eccellente e premuroso… ma avrei dovuto fare di meglio.” osservò con gentilezza ma con un tono deciso, che non ammetteva repliche su quell’ultimo punto.
    Kàra seguì Jason, vagamente consapevole che quello non era un trattamento riservato a tutti i clienti ma senza immaginare quanto potesse rappresentare un’eccezione rispetto al solito . Si lasciò invadere dal profumo famigliare delle foglie essicate che si respirava per il laboratorio, buttando giusto lo sguardo qui e là più per deformazione professionale che per altro, ma quando raggiunsero il giardinetto cominciò a sentirsi seriamente a suo. Si lasciò invadere dal profumo intenso dei fiori che popolavano quell’angolo, forse non enorme ma di certo ben curato. “Che meraviglia.” si lasciò scappare, sorridendo a Seth che scodinzolava felice e provando a convincere Metcalfe a unirsi al cane. “Lo so che ti piace il sole, non fare quella faccia con me.” lo avrebbe ripreso, mentre ora del Demiguise era effettivamente visibile solo il musetto, risentito. Alla fine si fece comunque convincere a scendere dalle sue spalle, ma solo per accucciarsi sulle sue ginocchia a patto che la donna si sedesse al sole. Kàra non era abituata a venire sorpresa alle spalle e sussultò ancora una volta, le orecchie che ancora dovevano abituarsi alla voce cavernosa di Jason. Si sciolse comunque all’istante in un sorriso gentile e sinceramente colpito. “E’ un posto magnifico. E io ho un debole per il tè nero con il bergamotto.” ammise grata, per niente abituata a farsi servire. “Posso darti una mano?” domandò quindi, spontaneamente.


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    Doveva sicuramente rilassarsi un attimino, il druido, e per farlo cercava di appigliarsi ad ogni singola possibile distrazione e cambiamento di conversazione, così da non sembrare un palloso druido con un sintomo da stress post traumatico. Sorrise all'ammettere di lei che aveva delle mele per il suo compagno. Jason sospirò poggiando una mano sul muso di Seth così da accarezzarlo un attimo anche lui «Sì, sarà sicuramente qualche erba che ha lasciato il suo profumo sulla tua pelle.» - concluse con semplicità, certo che il suo lupo conoscesse bene le erbe e che ne fosse attratto particolarmente da quelle che potevano essere almeno lontanamente commestibili.
    Sorrise alla sua ammissione e scrollò le spalle «Allora la prossima volta non mi farò tutti questi problemi e manderò un messaggio in Accademia. Ah, a proposito, ho una curiosità: come stanno le serre ad Hidenstone? Quando sono venuto per sostituire la vecchia docente, beh, non erano ancora totalmente sistemate.» - assottigliò lo sguardo, come se la cosa fosse un sacco importante e lo era per uno come Jason che sembrava mettere al primo posto il verde e le creature magiche e non, prima dei maghi stessi. «Avete molti spazi da valorizzare in quell'Accademia, soprattutto molti spazi verdi. Non trovi?» - ma smorzare la conversazione con quell'argomento era poco valido rispetto al vero fulcro della situazione: il suo stato d'animo. Tirò un profondo respiro e non potè non ammettere che avesse ragione «L'ignoranza nel pensare che chiedere aiuto è un fallimento, purtroppo, è ancora nella mia natura, Kàra.» - chiaramente Jason era uno che riusciva ad ammettere le sue colpe e i suoi difetti ed una delle cose che ammetteva principalmente era la sua mentalità ancora troppo stretta su molti dictact che non riusciva a scrollarsi di dosso nonostante ci provasse.
    Rise sommessamente alle sue parole, annuendo per la tisana che sembrava davvero unire entrambi e mettere a tacere quel disagio che aleggiava.
    Una volta portata fuori, le cose sembravano andar meglio, Jason si sentiva sicuramente più a suo agio in quello spazio aperto e doveva essere davvero un toccasana anche per la profumazione delicata delle piante che venivano coltivate in quello spazio. Vedere sussultare Kàra lo fece ridere leggermente «Non volevo spaventarti. Qui c'è ogni pianta, spezia, radice e quant'altro che coltiviamo a Denrise. E immagino che tu sappia bene di cosa parliamo. Le nostre piante sono fantastiche, e i loro effetti sono sicuramente migliori di quelle a cui sono abituati a Londra.» - era pur sempre un patriota, questo non si sarebbe mai spento come sentimento.
    «Se ti dicessi di sì, ti sentiresti più a casa?» - domandò con semplicità, alla sua domanda di aiuto «Se è così, allora puoi aiutarmi. Su quelle mensole lì ci sono delle tazze, puoi scegliere quella che preferisci e portarle fuori. Gradisci dei biscotti per accompagnare il té?» - domandò mentre prendeva la teiera e la portava sul tavolo fuori con anche una ciotola in ceramica decorata con dei biscotti al burro «Posso farti una domanda personale? Ovviamente non rispondere se ti sembra troppo invadente, ma mi piacerebbe sapere perché hai scelto di diventare un'insegnante di Hidenstone.» - era davvero curioso. Lui ci era stato poco, fu quasi una punizione.
    jason byrne
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    parlato - pensato- ascoltato
    Ammetteva anche lei di avere bisogno di una distrazione, e probabilmente era andata lì anche per questo. Non che avesse bisogno per forza di non pensare a quel che era successo, anche solo occuparsi di qualcun altro come Jason, per esempio, per lei era un’ottima distrazione. Certo, si rendeva conto che parlare dei propri sentimenti e delle proprie emozioni potesse essere difficile, ancora di più per un Denrisiano, e accolse di buon grado il cambio di argomento, sorridendo dolce.
    “Non sapevo fossi stato ad Hidenstone ma sì, ora sono ormai complete e piene di esemplari interessanti. Puoi venire a dare un’occhiata qualche volta.” propose con cortesia, anche se il suo era un invito sincero, continuando ad annuire, trovando l’argomento interessante e stimolante. Riuscì a distrarsi dal malumore di poco prima pensando ad Hidenstone, alla sua Riserva e a quanto adorasse quel posto. “Oh sì, è vero. La Riserva in questa stagione è ancora più affascinante del solito, anche se ammetto che mi piace in ogni stagione. Non so se hai mai avuto modo di esplorarla tutta ma non è solo piuttosto estesa, ma ospita una ampissima gamma di habitat, tutte le creature che si trovano lì sono in ottime condizioni e allo stato brado. Certo, sono abituate alla presenza degli studenti e di noi insegnanti, ma si può dire che vivano liberamente come vivrebbero in natura” si dilungò a spiegare, presa dalla conversazione abbastanza da mordersi leggermente il labbro per darsi una regolata, alla fine del discorso.
    “Non volevo annoiarti, ma è davvero un posto magnifico. Vado sempre lì quando ho bisogno di riflettere o rilassarmi.” concluse quindi, e non aveva scelto le parole in modo casuale. Quando l’uomo ammise la sua debolezza gli rivolse un sorriso gentile e comprensivo, annuendo piano: conosceva bene i tipi come lui, il suo patrigno non era tanto diverso e ormai era convinta che tutti i Denrisiani fossero fatti della stessa pasta.
    “So quanto può essere difficile, ma già solo ammettere di avere un problema è il primo passo per risolverlo, almeno così dicono. Sono felice che tu ti stia aprendo con me, e non hai motivo di vergognarti di chiedere il mio aiuto.” replicò, cercando di apparire paziente e comprensiva come in effetti era. Non lo avrebbe obbligato a fare di più e non aveva intenzione di accusarlo per quanto quella scelta potesse essere stupida, sul lungo periodo, capiva piuttosto bene in realtà che non era nemmeno colpa sua.
    C’erano volte, come quella, in cui avrebbe voluto avere il potere di cambiare l’intera società e la sua mentalità, ma si rendeva conto di non esserne capace.
    “Oh lo so bene, lo Speziale ha una nomea eccellente. In effetti sono passata anche per comprare qualche pozione e un nuovo calderone, ma possiamo occuparcene più tardi.” spiegò per poi annuire con vigore e andare a recuperare le tazze, scegliendone una in creta grezza, dalla forma non perfetta ma per questo ancora più affascinante. La prese in mano con delicatezza, voltandosi alla sua domanda e annuendo, accennando un altro sorriso. “Nessun problema, davvero. In realtà me lo sono chiesta molte volte anche io… penso che la mia ragione principale sia quello di voler lasciare un impatto in qualcuno, di voler fare la differenza. Viviamo in un mondo dove molte persone non comprendono il valore della Natura e del pianeta su cui vivono. Vorrei che comprendessero l’importanza di prendersene cura, vorrei che imparassero qualcosa.” ammise genuinamente, provando a spiegare al meglio le sue ragioni, convinta che l’altro avrebbe compreso.



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    "Parlato" - 'Pensato' - "Ascoltato"

    Effettivamente, fino a quando non c'era andato anche lui, nemmeno Jason sapeva di aver messo posto ad Hidenstone. Non che fosse proprio na roba da metterci i cartelli in giro, ma comunque lo aveva fatto e, per quanto era ancora scosso da quell'esperienza oltre l'immaginario, era pur sempre una cicatrice sulla pelle dura del druido. Sospirò, infatti, sollevando gli occhi al cielo «Ahimè, sì. Sono stato ad Hidenstone mentre i docenti erano a una specie di festa. Diciamo che per me è stato piuttosto noioso, lo ammetto. Io preferisco questi spazi, il silenzio, la pace. Lì ci sono ragazzetti che girano ovunque e urlano un sacco.» - disse sincero, seppur con un dolce sorriso sulle labbra «Mi piacerebbe venire a vedere le serre adesso, ma te prego, quando non ci sono troppi studenti.» - rise questa volta, incalzando sulla sua ironia, per poi riprendere fiato e rendersi conto di come era riuscito a deviare il discorso rendendo quell'incontro più leggero e meno ... intimo? Aveva na fottuta paura di sembrare un molliccio, quando parlava dei suoi sentimenti, che tentava di scappare quanto più poteva da quelli. Ascoltò la docente parlare della riserva, pensando in cuor suo quanto fosse stato geniale cacciare quell'argomento, così da distrarre entrambi e trovarsi, in questo modo, in una sorta di zona di comfort in cui poter sostare momentaneamente «Non sono stato così tanto da riuscire a visitarla tutta, devo ammettere.» - storse un po' il naso, arricciando le labbra sotto la barba «E' il come in natura che non mi convince molto. E poi, volevo chiederti, magari tu sai darmi una risposta: hanno deciso loro di vivere lì?» - su questo era davvero curioso, rinchiusi lì dentro, non riusciva ad immaginare quanto fossero libere quelle creature.
    Scosse il capo «No, non mi annoia. Anzi, sono interessato a sapere come funziona questa cosa da voi. Insomma, per me la natura è tutta lì fuori. Seth ha deciso di rimanere qui, ma lui è libero di andare e venire quando e come vuole. Non so se mi spiego... ecco...» - si toccò la nuca, quasi imbarazzato da quanto non riuscisse a comprendere quanto potessero essere libere delle creature chiuse in un castello.
    Quando il tema tornò su quanto fosse necessario aprirsi quando si ha un problema, Jason fece di nuovo un passo indietro. La stessa semplicità con cui parlava delle piante e delle creature, non riusciva a mettercela in quel campo. Replicò con un sorriso appena abbozzato e uno sguardo che andò a poggiarsi su una delle sue piante, ne accarezzò le foglie, fingendosi occupato ad osservarla, fin quando quel silenzio non venne rotto nuovamente da quel suo parlare bene di Denrise e male di Londra. Il lupo perde il pelo, non il vizio!
    Sgranò gli occhi interessato alla cosa «Oh, davvero? Che pozione ti interessava? Magari te la posso metter da parte già ora.» - rispose cordialmente, prima di sentire la motivazione della sua scelta.
    Lasciò che il silenzio cadesse di nuovo, riflettendo su quelle parole con la fronte aggrottata, mentre versava la tisana in quella tazza scelta dalla docente «Quella tazza è una creazione artigianale della mia ormai defunta madre... era un'artigiana e lavorava la creta. Diciamo che in famiglia siamo sempre stati un po' dediti ai lavori artigianali: mi ha insegnato a creare dei mortai, addirittura.» - disse, come se dovesse per un attimo interrompere la sua riflessione.
    «Tu credi davvero che quelle poche ore possano fare la differenza in quei ragazzetti, Kàra?» - non sembrava molto fiducioso nelle nuove leve inglesi, ma forse questo era sicuramente una chiusura denrisiana «Ne conosco alcuni di loro. Non tanti, sia chiaro. Ma mi sembrano ancora troppo... piccoli... per poter capire quanto tutto questo sia importante. E' come se voi, ad Hidenstone, li proteggiate verso il vero mondo. Verso i veri pericoli...» - la guardò appena, non accennando sorrisi, ma solo uno sguardo leggermente preoccupato. Sapeva che far capire ai giovani quel valore era un qualcosa di importante, ma si chiedeva quanto quei giovani avessero una mente portata a questo.
    Seth si mise a sonnecchiare poco distante da loro, nel frattempo, come se tutto quel star dietro ai due, l'avesse stancato veramente.
    Jason K. Byrne

    "
    Macché davero?!
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    Druido, Speziale

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    Kàra Onfroy
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    parlato - pensato- ascoltato
    Era la prima ad aver sottovalutato Hidenstone, non pensava che decidere di insegnare in quella scuola potesse essere una scelta così decisiva, così importante per la sua vita. Aveva cominciato a pensare di diventare insegnante quasi per caso, anni prima, e aveva impiegato parecchio a convincersi che potesse essere davvero la sua strada, c’erano giorni in cui ancora si chiedeva se davvero fosse la cosa giusta, se potesse aggiungere qualcosa alla vita di quei ragazzi. Avrebbe sorriso appena alle sue parole, comprendendo le sue sensazioni e annuendo piano. “Ti capisco, l’Accademia sa essere molto caotica e sono la prima a preferire la tranquillità dei boschi e del villaggio, ma le serre sembrano in tutt’altro mondo, sono molto più silenziose…posso invitarti nei giorni meno caotici, in ogni caso.” avrebbe concesso alla fine, comprendendo bene il suo disagio e sentendosi ancora più vicina al druido.
    Non era facile per lei sentirsi capita: Denrise era piena di persone che condividevano la sua filosofia di vita, ma erano le stesse sempre pronte a guardarla dall’alto al basso, che la consideravano comunque diversa e distante da loro, mentre a Jason non sembrava importare quale fosse la sua famiglia o che strane leggende ci fossero sui bambini che venivano dal mare. Si sentiva compresa, e per quanto il momento più sentimentale non fosse durato poi così tanto, riconosceva da sé l’importanza che poteva avere avuto per l’altro. Non sembrava abituato a condividere troppo quel che provava, ed era felice di aver trovato un modo per alleggerire la conversazione, o quantomeno trascinarla in lidi che facessero sentire entrambi al sicuro.
    “Non è una risposta così semplice. Alcuni sono esemplari salvati da situazioni di pericolo, e posso assicurarti che controllo io stessa che abbiano tutto quello che possono desiderare. E’ vero, al Riserva è limitata, ma non è uno zoo babbano, hanno a loro disposizione una quantità di spazio illimitata, rispetto alle loro esigenze. Sono contraria all’idea di schiavizzare la Natura per le nostre esigenze, ma comprendo che alle volte sia necessario avvicinarla con più cautela, e per farlo la Riserva è il posto ideale, permette agli studenti di prenderci la mano, di imparare a prendersene cura.” provò a spiegare, cercando di trasmettergli quanto amore e rispetto mettesse nella cura di quel posto, come lo avevano fatto le persone prima di lei ed era certa avrebbero continuato a farlo. Si sarebbe opposta a qualsiasi tipo di sfruttamento o sofferenza, non avrebbe mai potuto assecondare un sistema che metteva la natura stessa in pericolo.
    Avrebbe osservato, dispiaciuta, la nuova reazione di Jason, decidendo saggiamente di evitare di parlare ancora di sentimenti, forse aveva già esagerato o superato un confine di cui non sapeva l’esistenza e non voleva davvero rompere. Sorrise appena quando si dimostrò già pronto a preparare ogni cosa. “Non volevo disturbarti… stavo pensando di acquistare del Distillato della Morte Vivente e un po’ di Pozione Cura Ferite, oltre che qualche seme-pop di Karpoi ed edera.” rispose tranquilla per poi passare le dita sulla tazza, ascoltandone la storia. Non si aspettava una rivelazione come quella, e anche se probabilmente non era niente di che non poteva fare a meno di essere ancora una volta grata che Jason si stesse aprendo con lei.
    Era arrivata lì con il senso di colpa per non averlo aiutato a sufficienza, per averlo abbandonato al suo destino, e ora cominciava a sperare che col tempo il ragazzo le avrebbe permesso di aiutarlo, anche non subito, magari si sarebbe fidato abbastanza da permetterle di offrirgli maggiore supporto, in futuro. “Si vede che tua madre aveva delle mani esperte, è perfetta. Davvero fabbrichi tu i mortai?” domandò con ammirazione e sorpresa.
    Si aspettava un certo scetticismo da parte sua, comprendeva che per un denrisiano Hidenstone rappresentava una realtà lontana, per certi aspetti diversa e forse peggiore della realtà a cui loro erano abituati.
    “Credo che ci sia un momento per tutto, e che difficilmente si possa riconoscere il pericolo senza averlo mai visto prima. Capisco il tuo punto di vista, so che Hidenstone può sembrare una gabbia sicura, ma posso assicurarti che cerchiamo tutti di mostrargli il pericolo, di prepararli ad esso, e di permettergli di essere maghi migliori quando lo affronteranno. Non possiamo pretendere che sappiamo combattere al meglio se nessuno gli ha mai spiegato come fare.” si ritrovò a rispondere, ed era evidente quanto fosse pronta al dialogo malgrado credesse comunque in ogni singola parola uscita dalla sua bocca.

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    "Parlato" - 'Pensato' - "Ascoltato"

    Jason aveva capito quanto Kàra fosse piena di soprese già sul campo, ma ora stava rivalutando la ragazza anche sul piano dei contenuti. Non sembrava una donna vuota, priva di qualsivoglia virtù e conoscenza, anzi, pareva quasi che ne fosse stracolma e mai sazia. Il suo dialogare era piacevole e sentiva che quasi aveva sbagliato a credere che in quella scuola ci fossero solo teste di cavolo a guidare quei ragazzi: certo, l'idea che permaneva era che comunque non erano all'altezza di quanto lo sarebbero stati i denrisiani, fuori da quelle quattro mura, ma sicuramente Kàra aveva guadagnato qualche punto in più. Quell'invito alle serre mosse sulle labbra del druido un sincero sorriso, seppur l'idea di entrare in quella fastidiosa Accademia si stava facendo sempre più cupa.
    Ma che voleva essere un giorno solo doveva stringere i denti e sopportare quel macchinoso castello «Ecco sì, nei giorni meno caotici è una giusta via di mezzo. Posso portare anche Seth?» - domandò sollevando un sopracciglio, quasi come se quella risposta avesse un peso importante per quello che sarebbe stata la sua presenza alle serre.
    Kàra, in una sola visita, stava riuscendo a fare breccia nel muro che ostacolava la fuoriuscita di sentimenti di qualsivoglia natura da parte di Jason e forse era per questo che il druido aveva preferito virare in bel altre mete di dialogo per evitare di stagnarsi in quel sentimentalismo che avrebbe scalfito ancora di più il suo animo. Era pur sempre un uomo e per quanto cercasse di distaccarsi dalle mentalità chiuse del Villaggio, aveva fisso quell'ideale che un uomo non deve mostrare le sue debolezze. A nessuno.
    «Uno zoo babbano?» - domandò incuriosito, come se non conoscesse di cosa stessero parlando. Incrociò le braccia al petto e si preoccupò di ascoltare con attenzione l'interessante spiegazione della Onfroy.
    Sospirò pesantemente alle sue parole, quindi, sollevando un attimo lo sguardo al cielo «Si sente che fai il tuo lavoro con amore, Kàra. Ma non condivido ancora questa forzatura. Quelle creature che voi salvate, ben venga se si rimettono in salute, ma poi hanno il diritto di scegliere la loro vita anche lontano da quella Riserva. E se una creatura non volesse essere avvicinata da uno studente?» - la domanda non era provocatoria, ma ancora una volta voleva capire come si muovessero quei fili.
    Il materiale che serviva a Kàra era stato un perfetto espediente per allontanarsi nuovamente dal discorso aperture «Ti preparo subito tutto, così poi non devi far altro che rilassarti e bere la tua tisana.» - abbzzò un sorriso, mettendo in una busta di canapa esattamente quello che la donna aveva richiesto.
    Tornò poi da lei, quindi, con la sua bustina di oggetti e annuì alla donna «Sì, davvero.» - il suo tono era quasi soddisfatto di poter dire quanto fosse capace anche lui di fabbricare qualcosa «La mattina aiutavo papà con le piante e le creature, il pomeriggio mi dedicavo ad affiancare mamma nella lavorazione della creta.» - adesso si sentiva sicuramente più rilassato di quando avevano iniziato a parlare e doveva essere grato a Kàra per questo e forse fu proprio questo a spingerlo a continuare quella conversazione su ideali e mondi un bel po' distanti tra loro, agli occhi di Jason «Io non ho imparato in una scuola a combattere... E poi, quanto tempo voi credete che debbano stare ancora su dei libri per poter essere dei bravi combattenti? Quanti anni sono che studiano quei ragazzi? E non sarebbe meglio far studiare loro lontano da quelle mura, nella vita reale, nel mondo... vero.» - per quanto fosse pericoloso e disastrato quel mondo, per Jason rimaneva comunque l'unica via per capire davvero a cosa si andava incontro.
    Distillato della Morte Vivente: 150G
    Pozione Cura Ferite: 20G
    Seme Karpoi: 120G
    Seme Rampicante da Battaglia (edera): 20G
    Totale: 217 (sconto: 310-30%=217G)

    Jason K. Byrne

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    Macché davero?!
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    Druido, Speziale

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