Lezione di Divinazione per il Biennio - Novembre 2020

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    La Lynch si ritrovò a sorridere in direzione del Dioptase, non prendendosela affatto per quell'appellativo che ormai la seguiva da quasi un mese, ed adorando quel modo di fare che su altri però avrebbe sopportato poco. Che cosa strana erano le affinità. Uno crede di poterle governare ma in realtà sono loro a detenere le redini del potere. Potere che però sembrava far gola anche al destino beffardo. Già, perché una scompigliata -quanto ultraunicornosa- Lewis varcò la soglia dell'aula con tante di quelle scuse da provocarle una leggera carie al molare destro, sebbene avesse scoperto un lato tutt'altro che zuccheroso in cabina, visto che l'aveva pietrificazata senza un valido motivo. Ovviamente secondo lei eh.
    Per cui, eccola lì, con i suoi capelli biondi, l'aria perennemente sulle nuvole e quel visino che sprigionava dolcezza da tutti i pori, avvicinarsi a lei e lasciarsi scivolare sulla sedia vuota accanto a lei. «Eh? Oh, no... certo...» E per fortuna che arrivò il professore a tirarla fuori da un leggero velo di imbarazzo, propinando loro un test che scatenò una reazione avversa nell'Ametrina. «Guarda che ti è consentito prendere i libri, eh...» Le fece notare, forse un po' troppo acida, prima di prender a rispondere alla domanda che aveva scelto tra quelle proposte.
    Fortuna volle che neanche dopo aver terminato il compito ebbero modo di perdersi in convenevoli, con l'illustrazione di un incanto e la parte pratica esposta da De Long-Pree che la fece sembrare così fragile da far rabbrividire l'ex Serpe. I sogni che facevano erano per lo più oscuri, nei periodi di forte stress erano più gli incubi che i sonni senza immagini, per cui averne qualcuno in aula e magari risvegliarsi urlante non era proprio nelle sue intenzioni.
    Eppure, finì con l'alzarsi e dirigersi su uno dei diversi letti a baldacchino, cercando quello più lontano ed in disparte, come a voler ricrearsi una piccola privacy nonostante fosse più che esposta agli sguardi degli altri. Ma lei era fiera, no? Una piccola giovane acida insolente che non si faceva arrestare da niente e da nessuno che non fossero... i suoi demoni.
    La castana si sedette sul letto, sfilando le scarpe dai piedi, senza slacciarle, e sedersi all'indiana sul bel mezzo del materasso rigirandosi la bacchetta tra le dita. «Tranquilla, alla fine è solo una prova pratica, no?» Cercò di tranquillizzarsi scacciando il pensiero costante che le faceva da sottofondo, ovvero la pressione dell'ambizione di dover essere perfetta a tutti i costi e recuperare punti, onore e rispetto agli occhi dei suoi stessi compagni di Casa.
    Solo quando si sentì sicura, l'Opale puntò con la bacchetta verso la propria fronte, tracciando un piccolo cerchio e pronunciare la formula dell'incanto di ispezione onirica. «Inspicio Somnium». Solo dopo si sarebbe lasciata cadere all'indietro, affondando la testa sul comodo guanciale e allungando le gambe, mentre sentiva gli occhi farsi sempre più pesanti e le palpebre calare il loro sipario.

    Non seppe quanto tempo fosse trascorso: probabilmente una manciata di minuti, forse anche secondi, di certo non un'ora o altrimenti sarebbe stata già pronta a percorrere i corridoi verso una nuova lezione. Fatto era che dell'aula di divinazione non c'era più traccia, al suo posto un oscuro ed abbandonato parco divertimenti.
    L'unica fonte di luce era una Luna piena, che giocava a nascondino con alcuni banchi di nuvole, e il lumos della sua bacchetta che non si ricordava neanche di aver castato.
    Avanzava cauta, un passo dopo l'altro, stando bene attenta a dove metteva i piedi. Tutto sembrava avere una colorazione grigia, in tante tonalità e vari livelli di saturazione; tutto era così silenzioso che quasi riusciva a sentire il sangue scorrerle nelle vene; tutto era così triste, malmesso ed abbandonato che anche lei si sentiva così, come se fosse semplice spettatrice della deriva dei tempi.
    Il fascio della bacchetta illuminava qualche metro avanti a lei, creando ombre lunghe e sinistre che andavano ad oscurare un vecchio ufo catcher, così simile a quello del molo, se non fosse per i vetri rotti e qualche peluche squartato da coltellate. Vi si avvicinò, cercando di capire se ci fosse qualcosa di colorato tra loro, così come si era appuntata a lezione, ma non vi trovò niente se non desolazione ed un uso spropositato della violenza.
    Riprese il suo cammino, sobbalzando nel sentire un piccolo scoppio alla sua destra dopo appena un centinaio di metri. Delle strane scintille prive di colore uscivano da quello che doveva essere il quadro elettrico, da cui spuntava una grossa leva che urlava di voler essere abbassata. «Fili scoperti, quadro che va d'incendio ed io sarei così pazza da abbassare quella cosa?» Una risata di scherno uscì dalle sue labbra, echeggiando tra le vecchie giostre ormai ferme da tempo e corrose dalla ruggine, mentre come per magia il meccanismo si abbassò autonomamente facendo partire una musichetta sinistra, l'accensione delle lampadine non fulminate e l'avvio di una giostra di cavalli le provocò una insolita pelle d'oca.
    Il Lumos della bacchetta ormai si rese obsoleto tanto che un veloce Nox lasciò le sue labbra dischiuse, continuando però a tenere sollevato il bastoncino per un eventuale attacco o azione difensiva.
    Riprese il suo cammino, superando rapida i cavalli che continuavano ad oscillare su quei pali rigidi, chi con zampe mozzate e chi privo di testa, chi con il fianco squarciato e chi presente solo per un terzo della sua forma originaria. Ma nessuno di loro aveva aloni strani, così continuò ad avanzare, superando un vecchio chiosco di dolciumi e popcorn che però ora rilasciavano solo olezzi di cibo in putrefazione, tanto da costringere la strega a cambiare percorso e puntare verso una piccola stradina dove sarebbero dovuti esserci tiri a segno, lanci di cose, ganci e pesche varie, insieme a macchine da scontro, piscine di palline e gonfiabili ormai squarciati dalle intemperie. Fu in un angolo nascosto, proprio vicino ad una piccola piazzetta con delle panche in pietra con incise delle rune, che vide una gabbia dorata al cui interno vi era un'aquila che strideva con forza e cercava di sbatacchiare le sue ali, come se le chiedesse di essere liberata. Il tutto sembrava avvolto dal colore delle pergamene ingiallite dal tempo, dandole un'immagine poco marcata ma ben chiara. «Passato...» Sussurrò, avvicinandosi e fissando i suoi occhi in quelli sfocati dell'animale. Come avrebbe potuto liberarla? Sarebbe bastato un semplice alohomora, un cistem aperium su quello che sembrava non essere così solido ma al tempo stesso realistico? Nel mentre il suo cervellino lavorava frenetico, alla ricerca -tra le varie nozioni apprese- del significato del volatile chiuso in una gabbia. L'aquila era sinonimo di autorità, di forza, di carisma a cui era stata tolta la cosa più importante: volare. Il volo altro che non era la libertà di esprimersi e priverla significava snaturare l'animale. Ma cosa però significava per lei e il suo passato? Doveva essere anche piuttosto recente vista comunque la "nitidezza" di quell'immagine così potente da farle comprendere quanto in realtà non potesse fare tutto per tutti. «La vecchia bacucca...» Un pensiero si affacciò nella mente dell'Opale. E se l'aquila non fosse sta altro che lei, privata della possibilità di esprimersi per colpa di regole applicate a lei con una eccessiva rigidità? Lei, che era stata costretta a ripercorre un anno che aveva già vissuto parzialmente, a non poter librarsi verso il suo futuro, ma per l'appunto chiusa in una gabbia? Quanti avevano dubitato di lei e delle sue capacità? Non era stato forse anche per quello che la Spilla le era stata revocata? Non era forse per quello che non le venivano dati i giusti riconoscimenti?
    Non lo sapeva ancora con certezza, avrebbe fatto meglio a trovare il rosso e l'azzurro per avere un quadro completo.
    Superata la piazzetta la strega decise di prendere il percorso a destra, che sembrava rimandarla verso il cuore di quello che era stato un parco divertimenti, con l'attrazione principale che si stagliava alle luci fioche riattivate dalla magia. Una ruota panoramica che però non era messa in risalto da nulla se non dal classico gioco che aveva contraddistinto le altre parti. Fu però alle spalle di ferro e vetro sospesi nel vuoto che vide un bagliore azzurrino, nitido, che sembrava circondare quelle che un tempo erano state montagne russe. «No, ma davvero? E chi l'avrebbe mai detto che il mio presente sia costellato da alti e bassi, da improvvise salite e brusche discese?» Commentò acida, senza pensare minimamente di fare tutto quel cammino ben sapendo il significato piatto che nascondeva.
    Però quell'indizio le stava dando una grande mano per avere un quadro d'insieme più completo: per una volta non ci sarebbe stato nessun conto aperto con il lutto di sua madre, una situazione sentimentale disastrosa ed una amicale ancora peggiore. Tutto sembrava indirizzarsi verso la sua ambizione, il voler essere la prima a tutti costi, nonostante gli ostacoli che le erano stati presentati. Un sottile filo rosso sembrava unire quelle tessere, lo stesso rosso che avrebbe dovuto indicare il suo futuro, prossimo o lontano che fosse. Ora aveva paura di scoprire a cosa corrispondesse. E se qualcosa l'avrebbe costretta a tornare indietro, dopo tutto quel saliscendi cui era stata sottoposta? E se invece la sua realizzazione sarebbe stata posta così tanto in là nel tempo da risultare invisibile? «Aura nebulosa... devo trovare l'aura nebulosa...» Ora sentiva la voglia di correre, di cercare, di scoprire, di sapere.
    E corse, con il cuore in gola, le suole che sollevavano pietrisco e vetri, insieme a polvere finissima. Correva, verso le zone più buie e scure di un luogo che aveva ospitato famiglie, risate, bambini, che aveva fatto da scenario a primi appuntamenti o ad un semplice gita fuori porta tra amici tutta all'insegna del divertimento. Correva, disperata, fino a quando non vide un bagliore, leggero, un guizzo rosso in una nube che però non era né troppo fitta ma neanche troppo rada. Il cammino era lungo, ma cosa l'aspettava? Si addentrò, finendo con il ritrovarsi davanti ad una scala antincendio rossa, seppur in alcune parti presentava la vernice scrostata dagli agenti atmosferici. Una scala che portava verso l'alto e che quindi avrebbe dovuto salire. Il respiro leggermente affannato, le guance arrossate e le falangi che stringevano convulsamente il suo catalizzatore. Il piede destro si sollevò rapido ma ridiscese con una lentezza snervante fino a toccare il primo gradino. Lo trovò solido, nonostante il tonfo del metallo che incontrava la suola delle sue scarpe. A quel primo piede seguì una mano sul corrimano e l'altro piede, e poi ripercorse tutto di nuovo, ancora, ancora, scalando una scala che però non la portava da nessuna parte. «Dannazione, sono pronta, perché non riesco ad arrivare in cima?» Ancora una volta il luogo lasciò che la sua voce riecheggiasse nel silenzio più assoluto. Salire le scale significava essere pronti per fare un salto di categoria, raggiungere il proprio obiettivo solo per farne uno nuovo. E lei sembrava salire all'infinito, senza però giungere al ballatoio.

    Fu con quell'ansia che tornò alla realtà, svegliandosi di soprassalto, con un leggero strato di sudore ad imperlarle la fronte. Ed ora... ora non le rimaneva far altro che dire a De Long-Prée quello che aveva sognato. Beh, in realtà non solo a lui. Ingoiò a vuoto un paio di volte, prima di riuscire a prender parola. «Io mi sono trovata in un parco divertimenti. Solo che non era funzionante o nuovo di zecca. Direi che abbandonato a se stesso sia la giusta definizione.» Le iridi cerulee correvano un po' ovunque, finendo con il posarsi più volte su Cohen, come a voler prender coraggio da lui, senza sapere quale era stato il suo terribile sogno.
    «Tre sono stati i simboli o le immagini che ho incontrato. Un'aquila chiusa in una gabbia, dal colore della pergamena ingiallita e dai bordi non proprio marcati, però ecco faceva riferimento ad un passato abbastanza recente.» Ed il dito indice della mano sinistra rimase sospeso nel vuoto fino a quando il medio non si aggiunse. «Le montagne russe erano azzurre, segno del presente che mi porta ad ondeggiare tra vari ostacoli, sensazioni e difficoltà... difficoltà.» Portò il suo sguardo chiaro sul docente, sperando che non le chiedesse di specificare, ancora una volta, quali esse fossero. «Ed infine salivo una scala antincendio rossa ma avvolta comunque da un'aura nebulosa. Questa non era né spessa né rada, come se fosse un futuro prossimo ma non immediato.» E aveva unito l'anulare, salvo poi chiudere la mano in un pugno e dare il via alla sua interpretazione finale. « C'è un filo che unisce questa triade di passato-presente-futuro. Mi sono state tarpate le ali, recentemente, e questo mi ha costretta a risollevarmi da una condizione che odio, difficile, dove se nessuno credeva in me, perché dovrei farlo io? Ma vicino a questi momenti di sconforto ci sono anche momenti di gioia, di soddisfazione, dove sento di avere uno scopo, un posto nel mondo. Proprio il caso di dire che stia vivendo su una montagna russa... ed il futuro... che non sarà domani, ma probabilmente di qui a qualche anno, dovrebbe vedermi vincitrice di una sfida che mi sono sempre posta. Non mi resta altro da fare che resistere, aggrapparmi alla sbarra di sicurezza di quelle montagne russe e lottare, superare i momenti di down, vivere i momenti di felicità ma mantenendomi concentrata sull'obiettivo finale: il successo. » Il successo, quello più personale, quello più realizzativo. Quello di una Serpeverde. Quello di una Black Opal.
    Elisabeth
    Lynch

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    Sometimes you have to stand alone. Just to make sure you still can.
    "

    Black Opal
    Serpeverde
    Battitrice

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    Interagisce con Emma Lewis e Cameron Cohen.

    Passato: aquila in gabbia.
    Presente: Montagne Russe.
    Futuro: salire le scale.


    Edit: su concessione del proffy. <3

    Edited by Elisabeth Lynch - 1/12/2020, 01:39
     
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    Cameron Cohen
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    Il compito teorico era stato abbastanza facile, persino un ragazzo ormai svogliato come lui, era riuscito a scrivere qualcosa, solo che quando arrivò la spiegazione di cosa avrebbero dovuto fare, il suo cuore perse qualche battito. Si bloccò un secondo, le labbra serrate. Avrebbe potuto rifiutarsi? Certo, ma con quale scusa? Non poteva certo dire alla classe che la notte stava sveglio per ore a causa di quegli incubi ricorrenti ed estremamente dolorosi. O meglio, poteva... ma il suo orgoglio non glielo permetteva. Solo Mia sapeva di questi incubi, ma nemmeno con lei era mai entrata nei particolari. Così come non sapeva cosa fosse successo a sua sorella, a sua madre o a suo padre. Forse avrebbe dovuto parlargliene, ma ancora non era pronto. Voleva solamente imparare a fidarsi di più della ragazza, per quanto comunque il suo livello di fiducia nei confronti della bionda, fosse di molto superiore rispetto a quello che aveva per gli altri, anche se l'ex Prefetta Opale, stava pian piano penetrando quella cortina di nebbia solida che si era avvolto attorno. Sospirò, sentendo la sua carezza ed annuì. Grazie... sussurrò a Mia, cercando di improvvisare un sorriso, per quanto poco ne avesse voglia. Non succederà nulla di male. Quella, più che altro, era una rassicurazione verso se stesso, più che per lei. Ricambiò mestamente il sorriso di Liz, prima di tornare a concentrarsi verso la propria ragazza. Aveva scelto, la biondina, un paio di letti che fossero abbastanza vicini, quindi prima di stendersi nel suo, avrebbe lasciato un fugace bacio sulla fronte dell'ametrina, andandosi poi a coricare ed estraendo il suo catalizzatore.
    Inspicio Somnium mormorò, disegnando nell'aria un cerchio davanti la propria fronte. E da lì fu il buio. Non durò tanto, anche se lui lo avrebbe tanto voluto. Non sognare, sarebbe stato il vero sogno per il castano, ma purtroppo sapeva che non sarebbe andata proprio così.

    Quando aprì gli occhi, un bianco quasi accecante, gli colpì gli occhi tanto da costringerlo a socchiuderli per capire dove si trovasse. Sembrava una stanza interamente vuota e soprattutto, bianca. Non sapeva dove si trovasse, ma era abbastanza certo di una cosa: aveva tutte le caratteristiche del cyberspazio. (Ehi, fin da piccolo, ha avuto l'opportunità di vedere molte serie babbane sull'argomento) Stava giusto per chiedersi cosa ci facesse lì e quale fosse lo scopo di tutto quello, quando un tocco lo fece sobbalzare. Esitò a girarsi, temendo ciò che si sarebbe potuto trovare davanti, ma doveva farlo. Prese un grosso respiro e fece un mezzo giro su se stesso, trovandosi davanti all'ultima persona che avrebbe mai voluto vedere: una figura non troppo alta, gli arrivava al mento con la testa, aveva dei lunghi capelli biondi -tipici della Norvegia- ed un paio di occhioni curiosi ed azzurri. Erano passati anni, certo, ma lei restava sempre uguale. E come avrebbe potuto cambiare? Era morta, ormai. La cosa strana era che a ricoprirla, vi era una patina color vecchia pergamena. Anche i suoi vestiti possedevano quel colore, così come la sua pelle. Ma lui l'avrebbe riconosciuta tra mille. Arya. Sussurrò, allungando le dita e posandole sulla guancia liscia e morbida della ragazzina. Non ci poteva credere, non di nuovo. Come colto da un'improvvisa scossa, indietreggiò finché non si scontrò contro qualcosa. Era una specie di palazzo dall'aria super tecnologica, ma da dov'era apparso? Non fece tempo a tramutare a voce quella domanda, che attorno a lui cominciarono a spuntare vari edifici futuristici e sicuramente controllati da una tecnologia avanzatissima. E poi vide, affianco alla sorellina... lei stessa, solo che in versione robotica. Inclinò la testa, incapace di capire il senso di tutto quello, mentre il cuore gli martellava contro le costole a velocità micidiale, quasi a minacciarlo di volergli uscire dal petto da un momento all'altro. Sei... sei reale? Domandò, cercando di fare respiri profondi per non cadere nel panico com'era successo l'ultima volta, alla lezione di magitecnica. Un sorriso sbilenco apparve sulle labbra della ragazzina, ma non rispose. Non subito. Nemmeno il robot affianco a lei si muoveva. Sei reale? Ripeté Cameron, stavolta cercando di infondere una maggior sicurezza nella sua voce. Stavolta, Arya si avvicinò e gli posò l'indice della mano destra, proprio in corrispondenza del cuore. Sono reale solo se tu vuoi che io lo sia... sussurrò, enigmatica, mandandolo in confusione più che mai. Gli ci volle qualche attimo per ricordarsi che quella particolare colorazione, fosse quella del passato. Era abbastanza nitida, poiché il fatto era avvenuto solamente pochi anni prima... anche se a Cameron bruciava ora come allora. Tu sei morta. Fece, senza sapere dove avesse trovato il coraggio per pronunciare quelle parole, eppure era la realtà. Tu sei il mio passato... tu sei qui perché... non ti ho mai dimenticata e ti vorrei con me... furono le sue ultime parole. Uno sbuffo seguito da una risata amara, uscirono dalla bocca del dioptase. Tuttavia, non ti avrò mai più. Quell'uomo ti ha portata via per sempre. Addio, sorellina. Mormorò, chiudendo gli occhi e girandosi di nuovo. Doveva smettere di fare sogni così distruttivi per lui. Una leggera folata di vento e lei non c'era più, scomparsa. Affranto, decise di aggirarsi tra quegli edifici così tecnologici e futuristici. I suoi passi risuonavano per le strade deserte, sebbene lui si sentisse milioni di occhi addosso. Forse qualcuno lo osservava dalle finestre dei palazzi, ma lui proprio non poteva saperlo. Camminando, cominciò ad infondersi in lui la consapevolezza che quel sogno, la vista di sua sorella robotica, fosse una specie di segno. Segno che avrebbe voluto che, in un futuro utopico, che riuscissero a trasportare il corpo di sua sorella e riportarla in vita, in qualche modo. Ma ciò era davvero impossibile. Cammina e cammina, senza nemmeno accorgersene, le bianche e dure strade, furono sostituite da un manto erboso corto e da terra, oltre che da diverse croci per terra. Anche quelle erano in tema con quel mondo futuristico, a quanto pareva. Non erano fatte di cemento ma di duro metallo bianchissimo -probabilmente tinto- ed erano perfette, nessuna irregolarità affiorava lungo la chiara superficie. Era in un... cimitero del futuro? Come spinto da una forza misteriosa, iniziò a cercare una lapide ben precisa: Arya Cohen. Ovviamente non la trovò, però si accorse subito che quel posto aveva anch'esso un'aura... anche se stavolta era di un azzurro chiaramente definito. Si spaventò e si bloccò sul posto, cercando di non avere un'altra crisi, ma era davvero molto difficile, visto ciò che lo tormentava. I suoi occhi nocciola erano sbarrati, terrorizzati di ciò che si trovava davanti. Non voleva stare in quel cimitero, voleva risvegliarsi, tornare in aula. Si diede un chiaro pizzicotto sul braccio usando tutta la sua forza, ma ottenne solo una chiazza rossa. Stava per perdere le speranze, quando... una macchiolina azzurra iniziò a crearsi davanti a lui. Era davvero assurdo, poiché essa era ricoperta a sua volta da un'aura rossa. Lo riconobbe immediatamente come un fuoco fatuo che si avvicinava, anche se il terrore non voleva saperne di lasciarlo, però ad un certo punto... il fuoco entrò in contatto con la sua faccia, poi più nulla... nuovamente il buio. Quel suo sogno utopico e futuristico, era scomparso.

    Riaprì gli occhi, spalancandoli e fissando il soffitto del letto a baldacchino. Il ciuffo castano incollato alla fronte, il cuore che galoppava contro il suo petto, le dita che artigliavano le lenzuola. Il respiro era accelerato. Si sollevò quasi con difficoltà, mettendosi a sedere sul letto a gambe incrociate. Dovette prendersi un attimo prima di dire che cosa avesse visto. Prese dei respiri profondi, atti a tranquillizzarsi. Quando sentì di essere pronto, iniziò a descrivere.
    Mi trovavo in una... una specie di cyberspazio ed all'inizio era tutto bianco, ma poi man mano hanno iniziato ad apparire dei palazzi dall'aria super tecnologica e... si fermò. No, non se la sentiva di dire a voce alta tutto quello, perciò si alzò ed andò al suo banco dove trovò un foglio di pergamena ed una penna. Si sedette ed afferrò l'oggetto, iniziando a scrivere. Insomma, mi trovavo in questa città ed all'improvviso mi è apparsa mia sorella... il colore era quello della pergamena, chiaro simbolo del passato. Mia sorella è morta, è stata uccisa. E quindi credo che ciò significhi che io la rivoglia con me, cosa che è vera. Significa che sono ancora legato a lei, che non riesco ad andare avanti. Una volta che ho realizzato ciò, mi sono ritrovato in un cimitero ed ho iniziato a cercare disperatamente la sua lapide, sebbene sapessi che non l'avrei trovata. Significa che non ho ancora accettato la sua morte, che ho un conto in sospeso ed è così davvero, non so se l'accetterò mai. Infine, quando la paura prese il sopravvento, mi apparve davanti un... fuoco fatuo. Se non ricordo male, rappresenta il raggiungimento della pace interiore, il superamento di un momento difficile... quindi mi auguro che significhi che riuscirò ad andare avanti. Concluse, piegando il foglietto a metà ed andandolo a consegnare al docente
    Stat scheda Dioptase
    CODICE ROLE © dominionpf


    Passato: sorella morta (Click)
    Presente: Cimitero (Click)
    Futuro: Fuoco blu (Click)
     
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    Emma Lewis
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    Fece giusto in tempo a vedere il cuoricino viola di Nathan in risposta al suo messaggio, prima di partire come un razzo verso la loro aula. Una volta arrivata, per non apparire il terzo incomodo, andò sedersi poco più in là, affianco ad Elisabeth Lynch. Doveva ancora capire che tipo di rapporto avessero, però in quel momento proprio non aveva tempo. Ad ogni modo, sembrava accettare la sua presenza, insomma... non le aveva lanciato nessuna maledizione da strega brutta e cattiva, quindi poteva già ritenerla una vittoria. Ma quando la rimbrottò, la ragazzina non sapeva se mettere il broncio o mettersi a piangere. Era stata crudele. Fortunatamente, almeno il docente si mostrò comprensivo e le diede la possibilità di andarsi a sedere senza toglierle punti né altro. Guardò male Nathan a quella frase, incrociando le braccia al petto. Passo troppo tempo con te... borbottò, scuotendo i lunghi capelli biondi, prima di intraprendere il suo tema. Ricordava alcune nozioni da un suo studio da autodidatta, anche se aveva paura di aver fatto una grande confusione e di aver mischiato diversi concetti, ma sarebbe stato da lei. Quando poi apprese il loro compito, la Lewis spalancò gli occhi, ammirata. Sembrava davvero un compito super divertente ed interessante... non vedeva l'ora di buttarsi sul letto che avrebbe scelto. Andrè fece appena tempo a finire la sua spiegazione, che l'ametrina si fiondò su il primo letto che vide, stringendo la stecchetta magica tra le falangi. Mosse un movimento circolare verso la sua fronte, sorridendo. Sembrava che il suo umore fosse drasticamente cambiato.
    Inspicio Somnium pronunciò, stendendosi e mettendosi comoda. Chiuse gli occhi, prima di cadere in un sonno profondo e sicuramente pieno di sogni.

    Quando riaprì i suoi splendenti occhi azzurri, una ventata di neve le sferzò la faccia... però non sentì freddo. Non aveva addosso la sua divisa, bensì dei comodi ma pesanti abiti da scii. Se li ricordava bene. Erano azzurri chiaro in tinta con i suoi occhi, in testa aveva un berretto dello stesso colore con tanto di para orecchi ed un paio di occhialoni da scii. Era la sua "divisa" quando andava in montagna con i suoi genitori. Adorava quello sport, anche se una volta le era costato la rottura di un osso. Ricordava di non aver sentito dolore, non subito, come se il freddo avesse anestetizzato le sensazioni da lei provate. Si era resa conto della gravità della situazione solo una volta che la ebbero riportata a valle. Ma non smise di sciare nemmeno dopo quell'esperienza, considerandolo solo uno stimolo a migliorare. Ad ogni modo, davanti a lei si parò un bosco innevato... e poté chiaramente individuare quell'aura giallina di cui parlava il docente; significava qualcosa del passato. Emma comunque fissò gli occhi affascinati verso i lunghi tronchi ed i cumuli di neve ai piedi di essi. Era qualcosa di stupendo; la superficie bianca scintillava alla luce del sole che penetrava tra i rami e la ragazza non esitò ad addentrarsi in quel luogo così magico e misterioso. I suoi scarponi affondavano nella neve, procurando un rumore altamente piacevole alle orecchie della giovane. Lei, tra la neve, si sentiva a casa. Avrebbe voluto avere degli scii oppure uno slittino, ma anche camminare tra il bianco non era poi così male. Le sue dita guantate sfioravano dolcemente la corteccia gelida degli alberi. La ragazza parve camminare per ore, finché non arrivò in una specie di radura anch'essa tinta di bianco dove poteva godere di una spettacolare visione del cielo, meravigliosamente azzurro e primo di nuvole. Inarcò un sopracciglio quando si accorse che a dividere lei ed il cielo, vi era una patina azzurra, quindi capì di come si trattasse del presente. Ne era comunque affascinata ed avrebbe voluto rimanere a fissarlo ancora per ore, lasciandosi cadere tra la neve. Si sedette, iniziando a disegnare cerchi sulla neve, sorridendo come una bambina. Si sentiva incredibilmente serena in quel luogo fatto di calma e serenità. All'improvviso, però, un verso acuto ruppe il silenzio e la ragazzina, alzando lo sguardo al cielo, vide un falco di colore bianco lucente, un po' come quella neve, che stava planando. Solo quando si appollaiò su un ramo, Emma si accorse che era ricoperto da una patina rossa. Lo guardò, incuriosita, ma non osò avvicinarsi. Potevano essere animali molto pericolosi ed imprevedibili, quindi si limitò a fissarlo ammirata ma a distanza. Solo guardando in quella direzione, si accorse di un grosso pezzo di corteccia abbandonato su un cumulo di neve. I suoi occhi si fecero a cuoricino. Si alzò dal punto dov'era seduta e corse in quella direzione, appropriandosi dell'oggetto naturale. Lo infilò sotto il braccio e si mise a saltellare come uno stambecco, finché non riuscì ad uscire dal bosco. Guardò quel panorama innevato e buttò la corteccia a terra, sedendovisi sopra e dandosi la spinta con le braccia. WIIIII! Esclamò, mentre lo slittino improvvisato continuava a prendere velocità lungo il pendio nemmeno troppo ripido, invero. Da quanto non mi divertivo così... e se proponessi a NattyPie di farci un paio di giorni in montagna? Oh sì, sarebbe troppo figo! Urlò all'aria, una volta arrivata a valle, sbattendo contro un ennesimo cumulo di neve. Si alzò, mettendosi a ballare sulla neve appiattita da milioni e milioni di passi, felice. In quel sogno si sentiva davvero bene ed avrebbe tanto voluto che non finisse, però questo proprio non era possibile. Sbuffò, sentendo che una forza esterna, la stava strappando da quella realtà alternativa, disturbandola. Le montagne innevate iniziarono a svanire a poco a poco, facendosi sempre più sfuocate e meno chiare. Questo procedimento andò avanti per un po', finché il paesaggio non fu sostituito dalla realtà.

    Aprì gli occhioni azzurri e si guardò attorno, cercando di capire chi fosse -come ogni volta che si svegliava- e dove si trovasse, realizzando di essere a Divinazione, solo dopo diversi secondi che parvero minuti lunghissimi. SONO VIVA! Esclamò, un po' a caso, manco avesse rischiato di morire. Nattttt dopo ho una cosa da proporti! Fighissima! Annunciò, prima di tornare a guardare il docente, cercando di buttare giù un'interpretazione del suo sogno. Alloooooooora! Io mi trovavo nelle montagne innevate -troppo belle! Mi han ricordato quando andavo a sciare. Mi sono anche rotta una gamba LOL- dicevo... il primo simbolo che ho trovato, riguardante il passato, è stato un bosco innevato... la neve nei sogni, dovrebbe rappresentare sentimenti come la solitudine ed in effetti è stato proprio così per un periodo, precisamente quando ho scoperto di essere stata adottata. Mi sentivo incredibilmente spaesata e sola ma fortunatamente è passata -non di pomodoro- come poi indica anche il secondo simbolo, un cielo completamente azzurro che rappresenta la pace e la libertà e, sebbene non abbia raggiunto tutti i miei obiettivi ancora, in questo anno e mezzo, da quando ho iniziato a frequentare Hidenstone, sono riuscita a superare diverse paure e problemi. Come per esempio quella di non avere amici o, parzialmente, le vertigini... sono addirittura nella squadra di Quidditch! Wao! Insomma, per finire... ho visto un falchetto bianco come la neve. Era bellissimo ed avrei voluto avvicinarmi ma sono animali pericooolosi se ti avvicini troppo... e simboleggia una chiarezza sul futuro ed infatti io so cosa voglio! L'anno prossimo voglio intraprendere il percorso di Cura e diventare tipo una medimaga, poi vorrei anche migliorarmi in alcuni ambiti come il tiro con l'arco ed il pianoforte... insomma, quelle cose lì! Si stoppò finalmente, lasciando che anche altri parlassero.
    Stat scheda Ametrin
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    Passato: Bosco innevato (Click)
    Presente: Cielo sereno (Click)
    Futuro: Falco bianco (Click)
     
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    Dark Side of Super Sayan

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    »Ryu Okami [X]
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    Consegnai il mio testo al professore, attendendo quindi in silenzio che tutti gli altri finissero, così da non disturbarli, e così, quando tutti ebbero finito, ecco che il professore prese a spiegare della parte pratica di quella lezione. In primis, ecco che il professore De Long Preé ci spiegò la differenza trai sogni divinatori, e quelli che al contrario non predicevano il futuro: la cosa era, a dire il vero, alquanto semplice, i sogni divinatori erano quelli in cui la persona riusciva a riconoscere determinati simbolismi, o comunque particolari, più chiari e definiti di altri, mentre nei sogni non divinatori il tutto era più nebuloso e meno concreto, tanto che era solita la dimenticanza da parte dei dormienti rispetto al sogno stesso. Appurata tale differenza, ci venne spiegato come riconoscere se un determinato particolare era simbolo di passato, presente o futuro, ed infine ci si spiegò l'incanto utile a eseguire la lettura divinatoria del sonno. Avevo ora tutti gli elementi necessari per portare avanti l'esercizio, e così, andandomi a stendere su di uno dei letti liberi, mi puntai la bacchetta alla tempia, eseguii un lieve giro e pronunciai l'incanto, Inspicio Somnium, andandomi poi ad addormentare... era il momento di vedere cosa i sogni avevano in serbo per me.
    Dapprima, tutto ciò che mi trovai attorno, una volta entrato nel sogno, fu il buio, l'oscurità più totale ed opprimente, che però, veloce, andò a sfatarsi, lasciando spazio invece a quella che appariva come una antica città giapponese, una di quelle del periodo medievale... e non era la sola cosa a esser divenuta tale, Nani!? Perché diavolo sono vestito come Goemon Ishikawa? Non potei che sentenziare, nel vedermi indosso una diavolo di parrucca ed un kimono a dir poco pacchiano che eran stati da sempre simbolo del famoso ladro dell'antico Giappone, ma, solo dopo averne visto il colorito azzurro, capii che quello era uno de simboli, il simbolo della mia situazione presente.
    Non ebbi però il tempo di pensarvi su, che un ruggito mi distrasse, facendomi sbiancare: un orso, un dannatissimo orso mi caricò, un diavolo di bestione dal colorito simile a quello di una pergamena, che per quando mi misi a correre, spaventato, mi prese, buttandomi a terra con una violenta zampata; non potei far altro che tentar di proteggermi, frapponendo le braccia tra me e il suo muso, trovandolo però a strapparne a morsi le carni, ormai divenute d'un rosso molto acceso. Sentir i denti della bestia ben fissi nella mia carne, per poi strapparla con violenza, mi causò un dolore tale che mi ritrovai a svegliarmi di botto, ansimando pesantemente, A-accidenti! Sentenziai quindi io, visibilmente scosso.
    Mi alzai, allontanandomi velocemente da quel dannato letto, per poi rimettermi al banco, e, ripresomi dallo shock, quando il professore mi ebbe chiamato per esporre il sogno, ecco che presi parola: Allora... esordii schiarendomi la voce, Nel mio sogno mi sono ritrovato, d'un tratto, a vestire i panni del famoso ladro Goemon Ishikawa, ladro del medioevo giapponese, una cui città era sfondo del sogno; senza preavviso poi, un'orso è spuntato dalla via, e mi ha attaccato, e, nel momento in cui mi ha preso, buttandomi a terra con violenza, ha iniziato a..., sospirai ancora sconcertato da quel dannato sogno, Ha iniziato a sbranarmi vivo... lì mi sono svegliato, spiegai; L'orso, sono sicuro, era color pergamena, ad indicare il passato, e l'attacco di un orso solitamente significa che una persona non riesce ad esprimere se stessa, e che deve quindi reprimere le proprie emozioni; l'abbigliamento da ladro, azzurro ad indicare il presente, mi pare denotasse come una persona, divenuta egli stessa il ladro, non si trovi a suo agio con la sua vita, mentre le mie carni strappate dall'orso, d'un rosso acceso, per quanto il significato sia insolito dovrebbero indicare un ritrovamento dell'equilibrio. G-giusto professore? Domandai infine.
    Se la mia interpretazione era corretta, quel sogno mi stava descrivendo alla perfezione, con tutta la rabbia e l'odio che avevo represso, e che attualmente mi stava facendo sentire sempre peggio, anche se probabilmente, stando a ciò che avevo visto, forse sarebbe tutto migliorato... dovevo ammetterlo, la divinazione mi sembrava sempre meno idiota come materia.

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    Stato Psicologico: //
    Casata: Black Opal
    Abilità: Metamorfomagus

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    Vedere Emma varcare la soglia dell'aula fu davvero divertente, peccato che non ci fu un grande show perché non c'era Ensor davanti a loro, bensì quel cucciolone di André De Long-Prée. Non lo vedeva proprio come uno capace di arrabbiarsi -se così neanche Lancelot Olwen, ma lui era riuscito in quell'incredibile impresa- e quindi tra l'arrivo in ritardo, la prova scritta e subito dopo la spiegazione di ciò che di lì a poco sarebbero stati chiamati a fare, non aveva avuto modo per poter accogliere al meglio la Lewis. Per fortuna però che al suo fianco ci fosse Amelia, che sembrava scongelarsi ad ogni suo attacco, anche perché fu la prima a stuzzicare la fantasia del ragazzone con quella battutina tutt'altro che puro e semplice. «Oh, ancora per poco, Farley, ancora per poco.» La rassicurò scegliendo il letto accanto al suo, sedendovisi e tracciando poi un piccolo cerchio sulla fronte con il suo catalizzatore, pronunciando deciso «Inspicio Somnium» distendendosi poi sulla schiena, lanciando un'ultima occhiata alla Dioptase prima di abbassare le palpebre e lasciandosi abbracciare dal sogno.

    «Urca, che figo! Ma sono Spongebob!» Okay, non si era trasformato in una spugna, però era comunque finito in una città subacquea. Non c'erano palazzi così come nella tradizione europea, ma neanche di quella americana. La città era interamente fatta dalla flora marina e i suoi abitanti erano pesci, stelle marine, coralli e razze. In realtà più che Spongebob probabilmente era Nemo, solo che non aveva smarrito la via di casa al più doveva trovare la sua strada e il senso di quel sogno. Eppure, non riuscì a resistere dall'essere il perfetto idiota che era e così iniziò a canticchiare: «Zitto e nuota, nuota e zitto, e nuota, nuota...» Così come faceva Dory che accompagnava Marlin alla ricerca di suo figlio. Davanti a lui, ad ogni movimento delle labbra uscivano delle bollicine d'aria ma il bello era che lui respirasse senza alcun ausilio, e neanche gli occhi sembravano risentire della salinità dell'acqua. Nuotava, in forma umana, facendo compagnia a piccoli polipetti, pesci pagliaccio, fino a quando non si trovò ad osservare una scena che un po' strideva con quelle immagini di gioia e spensieratezza. Sul fondale vi era un'orca -orca spiaggiata- circondata da un'aura chiara, come quella delle pergamene vecchie di secoli e dai tratti fortemente sfumati, niente affatto nitida. Era come se fosse lontana distante, ma neanche il tempo di interrogarsi che un branco di piranha si avvicinò a lui con aria minacciosa senza però ferirlo. Erano contrassegnati da un alone azzurro, deciso, fin troppo realistico. E subito dietro di loro, avvolti da un rosso brillante che cercava di combattere una aura nebulosa leggerissima, ecco uno squalo ed un delfino, in una danza tutta loro da risultare praticamente irreale.

    Fu con quell'ultima immagine che il ragazzo abbandonò la sua città subacquea per tornare alla triste realtà. Era ancora un po' frastornato, tanto che guardò dubbioso Emma che l'aveva chiamato una volta svegliatosi. «Eh? Ne parliamo dopo, devo controllare una cosa prima che me ne dimentichi.» Ed andò verso il banco che aveva occupato per controllare tra i suoi appunti e solo dopo avrebbe chiesto la parola al professore. «Io ero in una città subacquea, ma non come Atlantide, più come... ha mai visto 'Alla ricerca di Nemo'? Ecco una cosa come quella. E ho visto una orca spiaggiata color pergamena... credo... credo che si riferisca al senso di fallimento che ho provato negli ultimi anni ad Ilvermorny. Tutti i miei amici erano sicuri di cosa fare da grandi, mentre io... avevo un sogno ma l'avevo messo da parte.» Avrebbe guardato solo il professore, rivelandosi debole e fragile dietro quella maschera da giullare. «E poi c'era un banco di piranha, solo che non mi hanno attaccato ed erano così... azzurri... credo che sia come mi senta ora, inferiore rispetto a tutti, anche se sono grande anagraficamente parlando. E... una parte di me comunque dà peso alle parole degli altri, anche se fingo che vada tutto bene se mi chiamano giullare o idiota... in fondo sono il primo a vedermi così» E poi, per la prima volta, direzionò il suo sguardo sulla Farley, certa che lei fosse uno degli animali che danzavano. «Ed infine... c'erano uno squalo ed un delfino che danzavano. Erano rossi, nitidi, come se fossero prossimi e... credo che il delfino fossi io, perché comunque sono una persona aperta, solare generosa... mentre lo squalo è una persona che... è dura, aggressiva, ma che secondo me nasconde un cuore morbido... e poi, non stavano combattendo erano... felici...» E con quell'ultimo pensiero avrebbe sorriso, un po' spaventato per quello che celava quell'ultima parte di sogno ed il suo significato. Se aveva pensato fino a quel momento ad uno scontro di ghiaccio e fuoco ora vi vedeva solo un delfino ed uno squalo. «No, non farò la stessa fine di mio padre!» Peccato che avesse già fatto più di un passo verso quella direzione.
    Nathan Parker
    King

    "
    The biggest misunderstanding about me is that I'm just a bratty, gobby idiot.
    "

    Ametrin
    Wampus
    Quidditch

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    Interagisce con Amelia Farley e Emma Lewis.

    Sogno:
    - orca spiaggiata: passato;
    - piranha: presente;
    - squali e delfini: futuro.
     
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    Andrè De Long-Prée
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    Dopo aver dato il via a quell’esercitazione, il professore avrebbe lasciato ai ragazzi tutto il tempo di abituarsi a quella strana ambientazione, e soprattutto di prendere sonno. Una volta che tutti furono dormienti, quindi, il professore si mise tranquillamente sulla cattedra, sempre seduto con il suo classico stile di accavallare le gambe elegantemente, prendendo a limarsi le unghie in maniera piuttosto frenetica, essendo un estremo maniaco dell’ordine e della pulizia. Dove vedeva un angolo con una singola imperfezione, ecco che andava con tutta la minuziosità che lo contraddistingueva a limarle. Passò così i primi dieci minuti, cercando di fare il minor rumore possibile così da evitare di svegliarli, per poi prendere immediatamente a correggere i compiti che i ragazzi avevano eseguito con tanto zelo nella seconda parte della lezione, sorridendo di tanto in tanto e rendendosi sempre molto conto delle loro capacità di sorprenderlo con ragionamenti ottimi e ben eseguiti, sempre rispettando la corretta terminologia nella maggior parte dei casi, e presentando il compito in maniera chiara ed elegante.
    Il docente si limitò ad accennare un piccolo sorriso nella correzione dell’ultimo di quella lunga pila, scrivendo tutti i voti sul proprio blocco note personale, ai quali avrebbe poi aggiunto i voti relativi alla parte pratica che stavano svolgendo. Notò le prime persone svegliarsi, ed ascoltò con estrema attenzione il racconto di ognuno e la loro interpretazione, accennando di tanto in tanto un lieve sorriso come ad essere totalmente d’accordo con loro. Si passò una mano nel ciuffo biondo, sistemandoselo per bene sul capo e mantenendo quel sorriso sulle labbra, prima di prendere a parlare in seguito all’ascolto dell’ultimo studente. “Molto, molto, molto bene ragazzi! Come sempre, siete stati sorprendentemente puntuali e precisi nel rispetto delle consegne, oltre che estremamente talentuosi.” Ed accennò un breve sorriso in direzione di Elisabeth ed Adamas, che erano chiaramente i primi due che aveva sott’occhio e che gli stavano più vicino a livello spaziale. Poi lo sguardo si allargò a tutto il resto della classe. “Ho apprezzato molto la vostra capacità di mettervi in gioco, di guardarvi dentro. C’era qualcosa di personale nei vostri racconti, e persino io me ne sono accorto, motivo per il quale non posso che esserne felice!” Brevissima pausa prima di continuare con l’elogio, giusto per schiarirsi la voce. “Alcuni di voi hanno anche creato un’ottima interpretazione totale del sogno, mentre alcuni si sono limitati ad analizzarlo per simboli singoli. I risultati sono stati comunque ottimi, sebbene io abbia chiaramente preferito di gran lunga le esposizioni più complete, proprio come un’interpretazione deve essere!” E si fermò ancora qualche istante.
    Lo sguardo andò poi verso la porta, la quale immediatamente si aprì con fare molto delicato, lasciando ovviamente tutti gli studenti liberi di andare qualora volessero. “La lezione finisce qui, troverete i risultati appesi in bacheca il prima possibile. Siete stati davvero bravi, continuate così, e mostrate a tutti le vostre abilità nella divinazione! Au revoir!” E l’ultimo saluto fu pronunciato con un accento francese perfetto, a testimonianza della sua reale madrelingua alla quale era fedelmente ancorato.
    RevelioGDR

    BENVENUTI AI VOTI DELLA LEZIONEEEEE! Allora, innanzitutto devo cominciare con il dire che siete stati davvero tanto tanto bravi. Anche meglio della lezione scorsa, e questo denota anche che molti di voi siano cresciuti anche come player, secondo me! Quindi, davvero, innanzitutto complimenti vivissimi sotto questo punto di vista. <3
    Per la valutazione ho adottato il classico metodo in ventesimi che è quello utilizzato di norma qui nel forum, ed ho effettuato la suddivisione dei venti punti in questo modo: DUE punti all'entrata, OTTO alla parte teorica e DIECI alla parte pratica. Ci sono stati anche dei 'mezzi punteggi', proprio per rendere la valutazione il più chiara e fedele possibile alle vostre prestazioni, e la conversione dei decimali ha previsto l'arrotondamento per eccesso nel caso di punteggio decimale uguale o superiore allo 0,5 e per difetto nel caso in cui fosse stato minore.
    Bando alle ciance, non vi assillo più con queste scemità (?), ed ecco a voi i voti suddivisi per casa di appartenenza!

    AMETRIN - punti totali: 107
    Aibileen: 2 + 8 + 7,5 = 17,5 -> 18. Voto: E. Premi: 1 PP intuito, 1 PP carisma, +2 EXP.
    Mia: 2 + 6,5 + 9 = 17,5 -> 18. Voto: E. Premi: 1 PP intuito, 1 PP carisma, +2 EXP.
    Addison: 2 + 6,75 + 8,5 = 17,25 -> 17. Voto: O. Premi: 1 PP intuito, 1 PP carisma.
    Adamas: 2 + 8 + 9,5 = 19,5 -> 20. Voto: E+. Premi: 1 PP intuito, 1 PP carisma, +6 EXP.
    Nathan: 2 + 7 + 9 = 18. Voto: E. Premi: 1 PP intuito, 1 PP carisma, +2 EXP.
    Emma: // + 7 + 9,5 = 16,5 -> 17. Voto: O. Premi: 1 PP intuito, 1 PP carisma.

    BLACK OPAL - punti totali: 82
    Ryu: 2 + 7 + 8,5 = 17,5 -> 18. Voto: E. Premi: 1 PP intuito, 1 PP carisma, +2 EXP.
    Elisabeth: 2 + 8 + 10 = 20. Voto: E+. Premi: 1 PP intuito, 1 PP carisma, +6 EXP.

    DIOPTASE - punti totali: 86
    Cameron: 2 + 6,75 + 9 = 17,75 -> 18. Voto: E. Premi: 1 PP intuito, 1 PP carisma, +2 EXP.
    Aidan: 2 + 6,5 + 8 = 16,5 -> 17. Voto: O. Premi: 1 PP intuito, 1 PP carisma.
    Amelia: 2 + 7 + 9 = 18. Voto: E. Premi 1 pp intuito, 1 PP carisma, +2 EXP.

    Ovviamente 1 PP a intuito ed 1 PP a carisma anche ad Andrè! <3

    Eccoci qui! Complimenti ancora! Se avete domande o dubbi, sono a vostra disposizione sia via messaggio qui sul forum che su telegram! Bacioni! <3


    Edited by Andrè De Long-Prée - 3/12/2020, 21:35
     
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35 replies since 5/11/2020, 17:07   793 views
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