Happiness is a butterfly

Mia&Jessica

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    Era ora di cena ormai inoltrata e Mia si trovava seduta a tavola, circondata dai suoi compagni di casata, l’odore del cibo che la avvolgeva. Era in momenti come quello che comprendeva quanto fosse fortunata a trovarsi in un posto del genere, non si poteva dire che avesse mai fatto la fame ma a Villa Nott aveva imparato anche l’importanza del cibo, del buon cibo in particolare. Era cresciuta nelle cucine, grazie alla madre e alla conoscenza delle altre “domestiche”, e non aveva mai vissuto quella condizione in modo negativo: quello era uno dei posti che preferiva, c’era sempre almeno un forno acceso, odore di buone cose nell’aria e un chiacchiericcio costante e confortevole. Le piaceva l’idea di trovarsi lì, dove nessuno l’avrebbe giudicata per le sue origini, oltre al fatto che tutte le cuoche avevano finito per prenderla in simpatia e raccontarle buffe storie su alcune famiglie per cui avevano lavorato anni prima. Si trattava di un’atmosfera in vecchio stile, a parte gli arredi moderni le ricordava quasi uno di quei libri ambientati nell’Ottocento che alle volte si era trovata a leggere, se non altro per il modo in cui i Nott avevano costruito la loro tenuta e organizzato i domestici.
    Per quanto continuasse ad essere timida, a volte almeno, e a stare bene anche con sé stessa –anche se ormai non era più così tanto vero-, a cena era portata a fare conversazione, anche solo perché si trovava in un contesto dove era difficile evitarlo. Comunque ascoltare le conversazioni degli altri, soprattutto se non aveva niente di interessante da dire, rimaneva una delle sue attività preferite ed era così che era venuta a sapere di alcune ricerche che ancora non aveva portato a termine. L’informazione le arrivò per puro caso, mischiata ad altri pezzi di discussioni di cui le importava ben poco, e la portò ad alzarsi rapidamente in piedi, nonostante la cena non fosse ancora finita. Non si trattava di compiti urgenti, ma aveva bisogno di un libro che si trovava in biblioteca per terminare le sue ricerche, e preferiva di gran lunga evitare di aspettare l’indomani, quando avrebbe avuto le lezioni e poco tempo per recuperare il volume che le serviva. Dopotutto, non le sembrava che Blake avesse piani per movimentare la serata, Cam per ora non le si era ancora avvicinato pronto ad infastidirla con le sue battutine e si prospettava una serata tranquilla, non aveva comunque più fame quindi tanto valeva andarsene prima che fosse troppo tardi.
    Si alzò e uscì dal salone, immersa nei suoi pensieri e nella sua scaletta mentale di cose da fare, senza nemmeno rendersi conto di non essere sola. A quell’ora la maggior parte degli studenti erano riuniti per la cena, questo faceva sì che i corridoi fossero per lo più deserti, eccezion fatta per chi come Mia si allontanava prima da tavola o chi era in ritardo, in ogni caso ben pochi. Si stava dirigendo con passo sostenuto e la testa tra le nuvole verso la biblioteca, quando qualcuno le bloccò la strada. Non si era nemmeno resa conto di non essere da sola e sussultò anche solo per la sorpresa, subito dopo sostituita da ben altro. Il suo stomaco si chiuse non appena realizzò di avere davanti a sé niente di meno che Mark, con un ghigno soddisfatto dipinto in faccia. L’aveva raggiunta appena dietro l’angolo di un corridoio, in un posto nascosto e isolato rispetto al resto, dove difficilmente qualcuno avrebbe potuto vederli se non fosse passato proprio di lì. Si sentì all’istante in trappola, un topolino stretto nella morsa soffocante di un serpente.
    “Eccoti, Mia Freeman, è da un bel po’ che non facciamo una chiacchierata io e te.” parlò il ragazzo, rimarcando in modo rivoltante e stridulo il suo nome. Lo odiò, pronunciato da lui, e cercò invano di allontanarsi e scivolare via dalla sua presenza. “Smettila, Mark. Non ho tempo da perdere.” si sforzò di dire provando a mostrarsi ferma e sicura di sé nonostante non lo fosse affatto. Il ragazzo ovviamente non abboccò e le rivolse un nuovo ghigno, sornione. “Wow, la gattina ha gli artigli affilati. Peccato che io abbia davvero voglia di passare del tempo con te.” disse in modo estremamente fastidioso, cercando poi di toccarle i capelli. Si sentì morire in quel momento, avrebbe voluto piangere, gridare, prenderlo a schiaffi e si rese conto di quanto la sua presenza fosse ben più soffocante di chiunque altro. “Ma a me non va, Mark. Davvero. Devo ricordarti cosa ti ha fatto Charles?!” sibilò, cercando disperatamente di difendersi. Non ottenne niente, il ragazzo ridacchiò spudoratamente. “Ma mia cara, Charles non è qui.” le fece notare, e per quanto lei fosse la prima a saperlo sentirglielo dire non fece altro che peggiorare la sua attuale condizione, facendo definitivamente sprofondare il suo stomaco. Non sapeva più a che cosa appigliarsi, ora, non aveva di come difendersi in modo efficace, cercò con lo sguardo una via di fuga o un modo qualunque per allontanarsi.


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    Un'altra giornata stava, finalmente, volgendo al termine. Jessica aveva notato che il tempo passava sempre più lento quando non aveva lui accanto... e questa consapevolezza non le servì a stare meglio, anzi la spaventava. Non poteva avere una storia con un professore, assolutamente no... Nonostante i bei momenti che avevano vissuto, doveva provare a dimenticarlo, doveva puntare gli occhi su qualsiasi altro ragazzo che fosse uno studente, indifferentemente da anno e casata. Un sospiro lasciò le sue labbra mentre sbocconcellava delle patate dal suo piatto, senza troppo entusiasmo in realtà. Tutto era buonissimo e magnifico, ma la corvina aveva lo stomaco chiuso. Gettò uno sguardo alla tavolata degli Opali; sembravano tutti felici... mentre lei non condivideva tutta quella voglia di conversare. Lasciò cadere pesantemente la forchetta sul piatto e iniziò a pensare ad una scusa per alzarsi ed andarsene, quando vide qualcosa che non glielo fece pensare due volte. Vide Mia che usciva dalla Sala Grande ma non fu quello ad impensierirla, bensì vedere il ragazzo dioptase, seduto vicino a Cameron, che si alzava poco dopo. Perché la stava seguendo? Oltre a questo, comunque, la preoccupava anche il fatto che Mia si fosse alzata da tavola così presto. Non le sembrava da lei, magari stava male? Decise che l'avrebbe seguita. Forse si stava preoccupando inutilmente, ma negli ultimi mesi aveva imparato a prestare attenzione ad ogni minima cosa, perché poteva essere un segnale di qualcosa di più grosso. Io vado, ho dei compiti da recuperare disse semplicemente a Blake, seduto al suo fianco, dandogli un veloce bacio sulla guancia. Fortunatamente aveva la bacchetta sempre con sé. Magari se Mia davvero fosse stata male, avrebbe potuto provare qualche incantesimo. Sgattaiolò dietro di lei, come se nulla fosse. Vide anche il ragazzo che la stava seguendo. A quel punto ne era abbastanza certa. Ma forse avevano una storia e volevano stare un po' soli e lei non doveva intromettersi. Stava ponderando davvero l'idea di tornare indietro, magari non a cena ma virare nella Sala Comune dei Black Opal e stendersi nel suo letto lasciando così che i pensieri avessero il via libera per intasarle la mente già abbastanza incasinata. Non si ricordava se lo avesse visto a cena o meno, era stata tutto il tempo con lo sguardo basso e vacuo. Guardava il piatto ma senza vederlo davvero. Non voleva ammettere davvero che si fosse innamorata di Daniele. No, lei non era innamorata... era solo una cotta passeggera... ma non ci credeva nemmeno lei. Si portò una mano alle tempie e massaggiò. Sentiva che le stava salendo un mal di testa epocale. Ma mentre faceva questi pensieri, sentì delle voci. Si fermò dietro l'angolo e ascoltò.
    Eccoti, Mia Freeman, è da un bel po’ che non facciamo una chiacchierata io e te.
    Non sembrava una frase molto amichevole.
    Smettila, Mark. Non ho tempo da perdere.
    Wow, la gattina ha gli artigli affilati. Peccato che io abbia davvero voglia di passare del tempo con te.
    Ma a me non va, Mark. Davvero. Devo ricordarti cosa ti ha fatto Charles?!
    Charles... doveva essere il fratello di Mia.
    Ma mia cara, Charles non è qui.
    Sembrava davvero una minaccia. Sporse la testa e, automaticamente, strinse con forza la bacchetta. Non poteva restare a guardare. Quel ragazzo, Mark a quanto pare, non sembrava avere buone intenzioni e stava premendo Mia contro un muro in una specie di nicchia.
    Ehi tu... hai sentito cos'ha detto? Chiese, stringendo la bacchetta posta all'interno della tasca. Il dioptase si girò e la guardò in modo piuttosto inquietante. Fece un sorrisetto ed allungò un po' troppo le mani, con arroganza. Dovresti raccontare alla tua amichetta quanto ti sei divertita con me, Mia sibilò con voce viscida. Bastò questo a Jessica per capire che non era la prima volta che si vedevano, che forse erano fatti addirittura risalenti a Hogwarts e che Mia non fosse troppo felice di averla vicina. Estrasse la bacchetta e la puntò. Pietrificus Totalus! Fu un attimo. Il corpo di Mark si irrigidì e cadde a terra con un tonfo sonoro. Jess, a passo svelto, si avvicinò alla bionda e le mise dolcemente una mano sulla spalla. Tutto bene, Mia? chiese, preoccupata e anche un po' scossa per ciò che aveva appena visto. Chi era quello? E cosa voleva? Non stava indagando, non la stava accusando di nulla, voleva solo sapere. Era curiosa, come sempre, ma anche preoccupata che le avesse fatto o che le potesse fare qualcosa.
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    Avrebbe dovuto superare quello shock ormai, ogni giorno si riprendeva per non essere in grado di andare oltre qualcosa che era comunque successo anni prima, avrebbe voluto essere più forte, riuscire ad allontanare del tutto i ricordi di quello che era successo e passare oltre. Mark continuava a rappresentare un grande scoglio per lei, rimaneva una persona che temeva e di cui aveva paura, qualcuno che puntualmente evitava. Era la stessa ragione per cui aveva cercato di prendere le distanze da Cam, almeno all’inizio: il loro legame l’aveva spaventata, non era riuscita ancora ad accettare l’idea di essere legata anche lui ma in un certo senso non dovendolo avere troppo intorno aveva provato a farsene una ragione. Cameron si stava dimostrando ben diverso dall’amico, e dopotutto lei e Mark non si vedevano da quando lui si era presentato a casa sua.
    Ogni volta che ci ripensava aveva i brividi: come era ovvio, pensava che casa sua fosse un posto sicuro e protetto, quando lo aveva visto sulla porta non aveva potuto fare a meno di chiedersi come avesse fatto a trovarla. Certo, non era un segreto di stato e Charles lavorava anche per il Ministero quindi c’erano modi per riuscire a sapere dove si trovassero, ma l’idea che Mark si fosse impegnato abbastanza da trovarla e avesse cercato intensamente di raggiungerla l’aveva terrorizzata. Per giorni non era riuscita a dormire tranquillamente e ancora adesso la spaventava l’idea che il ragazzo potesse pensare di impegnarsi così tanto solo per inseguirla, che cosa era davvero disposto a fare per lei?
    Era terrorizzata all’idea di quel che avrebbe potuto farle, anche se si trovavano a Hidenstone. Proprio come l’aveva spaventata quando si era presentato a casa sua, ora aveva paura perché pensava che la scuola fosse sicura e ora invece si sentiva ancora una volta in trappola. Si era illusa di essere diventata già un vecchio giocattolino, di averlo stancata e che avrebbe smesso di pensare a lei, ma era chiaro che non fosse così. Aveva paura di quali fossero le sue idee, aveva paura di quel che gli passava per la testa. Perché l’aveva seguita? Da quanto la teneva d’occhio? Cameron sapeva tutto quello ed era suo complice? Non riusciva a credergli, gli era sembrato così fragile nella Sala delle Necessità e non era pronta ad accettare l’idea che potesse sbagliarsi così tanto su qualcuno.
    In quel momento non sapeva cosa fare, era ovvio che stesse provando con tutta sé stessa a difendersi, a mostrarsi più forte di quanto non fosse, per quanto fosse difficile. Non voleva dargliela vinta, si stava davvero sforzando per riuscire a non farlo sentire così tanto forte da poterla schiacciare anche se non le sembrava che stesse funzionando. Stava provando a trovare un modo per andarsene quando Jessica fece la sua entrata in scena. Mia sentì un improvviso sollievo invaderla, subito sostituito però da una nuova urgenza: l’ultima cosa che voleva era che la ragazza finisse in mezzo a quella situazione, aveva paura che Mark potesse prendersela anche con lei e che non finisse più di tormentarla. “Va tutto bene…” provò a mormorare ma si rese conto da sola di quanto poco risultasse convincente.
    Ad ogni modo Mark si impegnò particolarmente per attirare su di sé l’ira di Jessica, se anche avesse voluto fermarla non ci sarebbe riuscita dal momento che era evidente che quell’idiota l’avesse istigata. La sua frase la fece sentire sporca e sbagliata, avrebbe voluto sotterrarsi, e stava per ribattere –anche se non sapeva nemmeno lei cosa avrebbe detto- quando la ragazza tirò fuori la bacchetta e lo pietrificò. Mia rimase immobile, a fissare la scena con occhi sgranati per qualche istante, sotto shock. “Io…sto bene…” sussurrò piano, cercando di darsi una calmata e di vedere tutto sotto una luce più chiara e razionale.
    Si guardò comunque indietro un paio di volte, per cercare di assicurarsi che Mark fosse ancora lì. Era giusto lasciarlo lì così? Era giusto quello che Jessica aveva appena fatto? Non ne aveva idea, sicuramente non si sarebbe azzardata ad aiutarlo o soccorrerlo in quel frangente, non voleva nemmeno pensare a quel che il ragazzo avrebbe potuto farle. “Forse dovremmo allontanarlo da lì…” sussurrò piano senza sapere nemmeno lei che cosa fare. Non era in grado di ragionare lucidamente in quel momento, la sua testa era un caos e i suoi pensieri erano estremamente intrecciati tra loro, non riusciva nemmeno a parlare come e quanto avrebbe voluto. Che cosa avrebbe potuto dirle? Non poteva parlarle di Mark, Jessica aveva sicuramente altri problemi per la testa e non voleva essere un peso. Non aveva mai parlato con nessuno di quel che era successo, aveva sempre avuto paura ad aprirsi così tanto, forse temeva che nessuno le credesse o che tutti la reputassero stupida, non avrebbe saputo dire nemmeno lei, e così facendo non aveva fatto altro che dare sempre più potere a Mark, che il ragazzo ne avesse la percezione o meno.
    Sospirò piano, cercando di riprendersi. “Va tutto bene…” sussurrò di nuovo, senza nemmeno rendersi conto di averlo già detto, rendendo la frase ancora meno credibile.



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    In quel momento si chiese da quanto andasse avanti quella situazione che, era abbastanza evidente anche dalle parole del ragazzo, non era una cosa isolata. Si rimproverò anche per il fatto che avrebbe dovuto accorgersene prima, che non avrebbe dovuto lasciare che Mia affrontasse tutto -qualsiasi cosa fosse- da sola. Ma era sempre stata troppo concentrata dai suoi problemi, dal caos che era la sua vita, per accorgersi che forse quella della ragazza non era tutta rose e fiori come pareva. Ancora non sapeva le dinamiche tra lei e quel Mark, o se in qualche modo centrasse anche Cameron, il suo migliore amico, ma sicuramente non era qualcosa di piacevole. Jessica era stata davvero troppo presa da Daniele, dal fatto che finalmente aveva potuto smettere di nascondere ciò che provava; finalmente aveva potuto baciarlo, ci era andata a letto... e poi c'era Jones. Un bel casino. Andava a letto anche con lui, ma era completamente differente la situazione. Ci andava per dimenticare il fatto che fosse innamorata di un professore, il fatto che non era una cosa fattibile... voleva bene a Lucas, quello sì, ma nient'altro. Non sapeva davvero come affrontare tutto quello. Certo, ne aveva parlato sia con Blake che con Aaron, ma in fin dei conti come avrebbero potuto aiutarla? Magari parlarne con qualcun altro, con una ragazza, le avrebbe fatto bene. Non che si aspettasse grandi consigli, era una situazione tutt'altro che semplice e dare consigli era forse impossibile se quella situazione una persona non l'aveva vissuta sulla propria pelle, ma magari avere anche un'opinione femminile le avrebbe giovato. E magari ne avrebbe parlato proprio con Mia; dopotutto il loro rapporto si stava evolvendo e, forse, sapere che Jess si fidava a tal punto di svelarle una cosa così compromettente, così privata... l'avrebbe aiutata ad aprirsi a sua volta. Dopotutto, la corvina le avrebbe potuto mettere in mano l'arma perfetta per distruggerla. Non aiutava la propria reputazione, se tutti sapevano che andava a letto con un docente. Avrebbero potuto pensare che lo facesse solo per ottenere buoni voti, che fosse una facile... mentre lui sarebbe senz'altro stato licenziato, se non peggio.
    Quando la scena le si aprì davanti agli occhi, la biondina provò a dirle che andava tutto bene, ma la corvina non se la beveva. Come poteva andare bene? Era piuttosto evidente che ripudiasse la vicinanza del dioptase, che però non avesse la forza per scansarlo. L'Opalina non poteva in alcun modo permettere che qualcuno facesse del male ai suoi amici... e come si era buttata tra le braccia di un pericolo sconosciuto, quale Naga, per i suoi amici, non avrebbe esitato nemmeno un secondo a difendere Mia. Jessica era una ragazza alla quale non fregava assolutamente nulla delle regole, a volte era impulsiva, non le importava di usare un incantesimo contro un suo compagno, in fin dei conti stava facendo del male a Mia, perciò l'altra non ci pensò due volte prima di pietrificare Mark.
    Quell'idiota cadde a terra senza più una parola, ovviamente, quindi Jessica si avvicinò alla ragazzina per sincerarsi che stesse bene, tuttavia il suo tono insicuro, fece sì che non credette alle sue parole.
    La osservò inarcando un sopracciglio. Sì, hai ragione. Rispose solo, prima di puntare la bacchetta contro di lui. Ma faremo a modo mio aggiunse, prima di concentrarsi. Finite incantatem disse, puntando la bacchetta verso il ragazzo. In men che non si dica, purtroppo, il corpo di Mark non fu più di pietra, ma prima che potesse riprendersi dallo shock, la corvina aggiunse, disegnando una S con la bacchetta, Silencio in modo che il ragazzo non potesse più pronunciare parola. Ascoltami bene, perché non mi ripeterò due volte. Iniziò, sempre puntando la bacchetta contro Mark. Prova solo ad avvicinarti ancora, e la prossima volta non sarai così fortunato. Concluse, lapidaria. Poteva anche essere più grande di lei di un anno, ma Jessica sapeva il fatto suo e non si sarebbe fatta mettere i piedi in testa da nessuno. Era tra i più bravi della classe per un motivo preciso, mentre a quanto le risultava, i voti di lui erano scadenti. Ed ora vattene, o un licantropo arrabbiato sarà l'ultimo dei tuoi problemi aggiunse, prima di girarsi nuovamente verso Mia. Alla rinnovata affermazione che andasse tutto bene, Jessica tornò a metterle delicatamente una mano sulla spalla. Vieni, allontaniamoci. Annunciò, gettando un'occhiata a Mark che la guardava con un'espressione mista di incredulità e disprezzo, ma lei non aveva paura. Non aveva paura di nessuno. Condusse la biondina in un corridoio parallelo e si sedette su una panca, sperando che lei la imitasse. Ascolta, non ti voglio obbligare a raccontarmi nulla spiegò, sorridendole comprensiva. Ma sediamoci un po', ti va? Sai, capiti proprio al momento giusto ridacchiò lei, sperando di allentare un po' la tensione. C'è una cosa che mi sto tenendo dentro da diverso tempo ormai ed avevo bisogno di parlarne con qualcuno. Credo tu sia una persona della quale mi posso fidare
    Jessica Veronica Whitemore-Scheda- -Stat.-
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    Aveva provato fin da subito una naturale e istintiva sintonia con Jessica, non poteva evitare di ammetterlo. La trovava una ragazza solare e alla mano, non poteva fare a meno di considerarla decisamente carina e simpatica ed era una delle persone a cui si era legata più facilmente, dopo Blake. Eppure non aveva mai pensato di confidarsi con lei, era qualcosa che in effetti non aveva mai fatto con nessuno, e di certo non pensava che si sarebbe mai trovata ad affrontare una situazione simile insieme all’altra ragazza.
    Si sentiva esposta, nuda. Sapeva che Jessica non poteva intuire niente a parte quello a cui aveva concretamente assistito, era ben consapevole che solo lei conosceva gli effettivi eventi che avevano portato lei e Mark fino a quel punto, ma le sembrava che ora Jessica conoscesse ogni dettagli, che solo guardandola potesse intuire ogni cosa. E aveva paura. Non aveva mai parlato di quel che era successo con Mark, anche se era stata obbligata da quest’ultimo a spiegare qualcosa al fratello. Di sua spontanea volontà non aveva mai condiviso quell’esperienza, quel dolore, come si era sentita subito dopo, e non aveva mai pensato di poterlo fare. La verità era che Mia si sentiva in colpa per quel che era, si sentiva sbagliata per aver permesso a qualcuno di farla soffrire così tanto e di farla sentire così debole. Era colpa sua, aveva dato lei tutto quel potere a Mark, gli aveva permesso di sentirsi forte, in grado di farle tutto quel che voleva, era chiaro che la colpa non fosse di nessuno se non sua.
    Per lei era difficile riuscire a dimenticarsi di essere lei ad essersi innamorata, per prima, del ragazzo, in quella che era una cotta adolescenziale che però l’aveva portata dritta nelle sue grinfie. Temeva il giudizio di chiunque avesse sentito il suo racconto, dubitava che avrebbero potuto davvero capirla e non voleva perdere Jessica. Si sentiva sbagliata alla sola idea di raccontarle il suo passato con Mark e non se la sentiva di aprire bocca in merito.
    Non voleva nemmeno cacciarsi nei guai, temeva che fare male a Mark non potesse essere la soluzione dei loro problemi eppure Jessica era una persona piuttosto decisa ed era chiaro che non avrebbe cambiato idea. La studiò per qualche istante e si ritrovò a guardarla mentre la allontanava dal ragazzo, di cui Mia sentì lo sguardo penetrante ma anche sconfitto suila schiena. Si sarebbe sentita sollevata se solo non avesse già visto Charles minacciarlo, e non avesse assistito al ritorno di Mark. Quanto le sarebbe stato lontano questa volta?
    Non voleva comunque essere cattiva, dire a Jessica che temeva la sua iniziativa avrebbe avuto poco successo sul lungo termine, ma non voleva rovinare i suoi piani e lei si stava mostrando indubbiamente gentile. Sapeva che molti altri avrebbero ignorato la cosa, sarebbero passati oltre facendo finta di nulla e si sarebbero tenuti fuori dalla faccenda. Era indubbio che ora Mark avrebbe preso di mira anche Jessica adesso, e Mia cominciò ad avere paura che potesse farle del male. “E se ora se la prendesse con te?” sussurrò piano, quasi soprapensiero, mentre preoccupata la seguiva poco distante, sedendosi al suo fianco.
    La ascoltò attenta, ancora scossa dal precedente incontro, e cercò di concentrarsi sulle sue parole. Non si aspettava che si potesse aprire così tanto con lei, avevano legato di certo ma non pensava di aver fatto molto per guadagnarsi la sua fiducia. Forse la ragazza aveva solo bisogno di qualcuno con cui parlare. “Ma certo, dimmi pure…” sussurrò piano, cercando di allontanare i propri problemi e concentrarsi solo su Jessica. Non si sentiva ancora calma o padrona di sé, ma era più semplice concentrarsi sui problemi della ragazza che sui propri.
    Lei, d’altro canto, non era certo pronta a parlare di quel che le era successo, di che cosa avesse portato i suoi rapporti con Mark ad incrinarsi fino a quel punto, e per quanto le fosse grata per il suo intervento non sarebbe riuscita a parlarle apertamente dei suoi traumi così, dal nulla. Dubitava che la ragazza volesse parlarle dei suoi problemi, d’altronde, ma era pronta ad ascoltarla a prescindere, anche se spiazzata da quel momento: non credeva che Jessica si fosse affezionata a lei, Mia finiva sempre per legarsi alle persone ma convincersi che nessuno potesse volersi legare a lei.
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