Rituale Parabatai - Jesse&Erik

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    Lancelot OlwenDocente di Rune
    'Beh... quindi... alla fine... lo facciamo'
    Neanche Lancelot riusciva davvero a crederci, ma eccolo lì, alle 21.00 di sera ad attendere nella propria aula Erik Foster e Jesse Lighthouse per una lezione molto attesa, anzi, per un rito molto atteso.
    'E' stata una giornata lunga per tutti, ma... oggi è un equinozio e li ho fatti aspettare fin troppo... è ora di rimediare' e quale modo migliore di rimediare se non imporre ai ragazzi due riti nell'arco delle stesse 24 ore?
    Lancelot era rimasto colpito dal legame dei due, folgorato, addirittura, sicché non aveva potuto negare oltre ciò che stava rimandando da tempo, nell'attesa di comprendere se quel giorno si fosse drogato o avesse davvero visto qualcosa di speciale nei due.
    La risposta era ovviamente nel mezzo, ma al biondo piaceva credere fosse solo la seconda. Si era cambiato quella sera, optando per una camicia blu cobalto cui aveva aggiunto dei pantaloni bianchi come la neve.
    In attesa dei ragazzi sistemò l'aula al meglio: predispose un cerchio di dodici candele azzurre che liberavano un forte odore di alghe e mare. Socchiuse le finestre, regolò la luce delle candele sul tenue e fece un'altra infinta serie di accortezze legate alla propria ansia che terminarono solo quando i due entrarono "Benvenuti ragazzi. Sono contento di vedervi" affermò facendo apparire due cuscini, azzurri anch'essi, come quello che poi fece comparire fuori dal cerchio e ove prese lui posto, ponendosi nella posizione del loto.
    "So che siete qui per il rito e so che sapete tutto oramai" affermò lui sopravvalutando l'assennatezza dei due "Però... permettetemi di rubarvi qualche minuto per spiegarvi esattamente cosa sia il rito parabatai... anche perché, come avrete imparato oggi, non è qualcosa da prendere alla leggera..."
    Ovviamente la domanda del biondo era della sua tipologia preferita: retorica. Sicché enunciò quelle parole e procedette dopo un piccolo sorriso "Il rito parabatai consiste nell'incidersi vicendevolmente una runa apocrifa, la runa Vinir, la runa dell'amicizia. Nessuno sa che suono codifichino le rune apocrife, ma il loro potere magico è ben noto e forse proprio perché non sappiamo cosa vogliano enunciare esse manifestano poteri magici superiori al nomale. Per esempio, una volta incise, non se ne andranno mai, in nessun modo, con nessuna magia. Vi uniranno fino alla vostra morte, letteralmente, e vi impediranno di incidervi un'altra runa parabatai per sempre, anche dopo la morte del vostro compagno..."
    Non era un pensiero allegro ed infatti nel dirlo il sorris del ragazzo si irrigidì, forse anche perché pensò a Brianna. Si concesse un attimo di dolore, poi procedette "I parabatai sono i compagni d'armi. Sono amici, compari, fratelli. Sono due persone che senza nessun scopo amoroso decidono di dedicare la propria vita l'uno all'altro. I parabatai si giurano reciprocamente di condividere per sempre le armi e il campo di battaglia, ma questo non va inteso solo in senso fisico: si giurano di essere sempre dalla stessa parte, di lottare sempre l'uno per l'altro. Di essere anche disposti a metter l'altro davanti a sé stesso. Questo è il rituale parabatai, questo dovrete giurare oggi."
    Lancelot fece passare lo sguardo tra i due poi riprese a parlare "Il legame vi renderà più forti, vi renderà partner perfetti in battaglia. La runa vi farà comprendere scaldandosi se l'altro soffre o viene ferito e concentrandovi su di essa potrete capire se sta bene e cosa gli sta accadendo. Se tenterete di proteggere, curare o potenziare il vostro parabatai, la runa vi supporterà e renderà le vostre magie più potenti, per inverso, se per disgrazia una vostra magia offensiva o una fattura dovesse colpire il vostro parabatai, esse lo proteggerebbero un po', a ricordarvi che non importano gli errori, gli imprevisti, le condizioni: voi dovrete sempre esserci per l'altro e dovrete sempre essere pronti ad aiutarlo"
    Lance abbassò gli occhi e si perse un istante nel fuoco delle candele, poi tornò ai due "Ho visto come avete scelto le vostre rune nominali, so che siete pronti, ma vi prego di prendervi un ultimo istante per comprendere se è davvero questo che volete: un giuramento di esserci sempre e per sempre per l'altro, per sostenerlo indipendentemente dalla giustizia o moralità della battaglia. Un'amicizia assolutamente platonica che però porrà sempre e comunque l'altro al primo posto. E' qualcosa di grosso, di importante, e se aveste qualche altra domanda, o doveste dire qualcosa all'altro, beh, questa è la vostra ultima occasione: io starò qui, ma manterrò il segreto su qualsiasi cosa voi vi confidiate o decidiate di condividere. Non lo rivelerò a nessuno, neanche alla preside o ai vostri genitori o al Ministero: sarò vostro testimone, sacerdote e complice. Quindi, per favore, guardate in cuor vostro se ci sono dubbi o perplessità ed esternatele, poi, confermatemi che volete procedere e io inizierò col rito."
    Lancelot aveva parlato con una cerca calma e un sorriso disteso, ma i suoi occhi saettavano tra i due e tradivano una certa tensione 'E' una grossa responsabilità. So cosa sto facendo ma... ma è una grossa responsabilità' legare due vite, due destini, era qualcosa che lo affascinava, del resto le rune di relazione erano il suo campo proprio per come riuscivano ad ammaliarlo, tuttavia un conto era lo studio, un conto era vedere due appena maggiorenni scambiarsi giuramenti inscindibili. Nonostante tutto, non riusciva a non aver dubbi e l'unica via che aveva trovato era fare tutto alla lettera come nei manuali, non dando nulla per scontata o ovvio, ma anzi insistendo su ogni passaggio. Questo era quello che poteva fare per loro, ma anche per sé stesso.
     
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    Erik Foster | Ametrin | II anno
    Erik era ancora leggermente sbigottito dal sogno che aveva appena fatto e dovette ammettere che quando il docente lo fermò a fine lezione dicendogli di tornar in aula quella stessa sera fece fatica a credergli. E se è un heartless? Batté due volte le ciglia. MAMMINA, MA HO FATTO UN SOGNO A TEMA KINGDOM HEARTS! Se ne accorse solo in quell'istante, giungendo poi alla conclusione di essere sveglio poiché chi sognava se stesso come protagonista di una storia già conosciuta lì per lì non era conscio di come si sarebbe evoluta la storia.
    Naturalmente accettò l'invito del docente e trascorse il resto del pomeriggio a gongolare con Jesse sul fatto che sarebbero diventati shadowhunters o, in un certo senso, angeli. In questo momento lui è il mio mondano, insomma sarebbe la versione maschile di Clary prima che Jace gli svelasse la verità. Poi, siccome Erik aveva la capacità di spiegarsi di un'oca con una bottiglia incastrata sul becco, non era certo di quanto Jesse avesse capito di quel discorso.
    I due amici si separarono solo per la cena. Erik raggiunse la tavolata della propria casata dove, come di consueto, si abbuffò di cibo. Se il rito dovesse andar male, almeno non voglio patire la fame. E di sete, c'è il succo di zucca! Ultimamente aveva sempre una scusa per mangiare molto e quella sera si riempì il piatto con la deliziosa frittata con asparagi, zafferano e crema di pecorino, due fagottini di ricotta all'erba cipollina e le immancabili patate arrosto.
    Nonostante fosse prefetto, molti continuavano a guardar male il suo piatto a causa della dieta vegetariana che seguiva. Sembrava quasi discriminato perché non mangiava carne e non ne capiva il motivo, insomma l'ametrino non era neanche antipatico come i vegani, quindi perché tale comportamento? Alla fine divorò la cena in un batti baleno per poi tornar in camera e cambiarsi, pronto poi per dirigersi nell'aula di Antiche Rune giusto pochi minuti prima delle 21.
    Varcò l'ingresso dell'aula solo dopo l'arrivo di Jesse e salutò il docente con la mano destra. Buonasera prof, come mai il cambio d'abito? Insomma, lo studente indossava ancora la stessa divisa di quella mattina ed era difficile che anche gli stessi docenti cambiassero il proprio abbigliamento. La cosa più difficile per Erik fu osservare le candeline e resistere dalla tentazione di farle cadere. Fremeva dalla voglia di farlo, tanto che fu costretto a chiudere gli occhi e contar mentalmente fino a dieci.
    Ascoltò attentamente le parole del docente e annuì di tanto in tanto. Tanto noi siamo eroi e gli eroi non muoiono mai. E con Avengers: Endgame come la mettavamo? In quel momento non pensò a tale film e si concentrò unicamente su se stesso e sul rapporto con Jesse. I due si erano trovati sin da subito e la loro fu una di quelle amicizie spontanee che poco aveva a che far con sentimenti negativi come l'odio, l'invidia e il rammarico. A pensarci bene, lungo il loro anno di amicizia,ci fu solo un momento in cui l'ametrino mise in dubbio il buon senso della loro amicizia: quando aveva temuto per la vita di Jesse. Non sapeva cosa gli fosse preso durante il campus estivo, tuttavia pensava sempre al peggio quasi come se Jesse fosse il centro del proprio mondo, invece, giorno dopo giorno, realizzò come quei suoi sentimenti erano stati in un certo senso alterati e in fondo era fiducioso sulle proprie capacità. Insomma, aveva ferito anche Dean, ma non l'aveva mica ammazzato, no?
    Scosse rapidamente la testa. Lance spiegò come i parabatai fossero compari, amici, fratelli. Chi meglio di Jesse reincarnava questa descrizione? Ne avevano passate tante insieme e tante altre avventure dovevano ancora vivere. Sempre insieme, ci diamo forza a vicenda. E riguardo il mettere l'altro davanti a sé?
    Beh, lì proprio non aveva dubbi. Erik era sempre stato un puro altruista, ma specialmente con l'Opale era disposto a rinunciare alla propria felicità per garantire il suo bene. Stava girando intorno sempre al medesimo concetto: se tempo addietro era disposto a rinunciare alla propria amicizia per l'altro era proprio per il suo bene.
    Sono sicuro di voler proseguire con il rito. Affermò, cercando poi la mano dell'amico nel tentativo di stringergliela per dargli sicurezza.Sei con me?

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    Jesse A. Lighthouse | Prefetto Black Opal
    Il risveglio dal rituale della runa nominale fu per Jesse molto movimentato: un attimo prima stava andando forse incontro alla morte in un campo militare iracheno e un attimo dopo era di nuovo nell'aula di rune, con il docente che rifilava loro bevande dalla discutibile composizione che lui finì col tracannare più perché non aveva la forza di rispondere e rifiutare che altro.
    Il latte con erbe preparato da Olwen lo placò, in effetti, lasciando che il suo cuore cessasse di battere rapido come le ali di un colibrì e consentendogli progressivamente di ricollegarsi con la terra e i suoi pensieri. Cercò ovviamente Blake ed Erik per assicurarsi che stessero bene, quindi ascoltò le ultime farneticazioni del biondo e si apprestò a lasciare l'aula, anche se, in vero, si attardò un poco, del resto non aveva forse detto che avrebbero - di nuovo, e se Dyo voleva per l'ultima volta - della runa parabatai?
    Il ragazzo aveva cincischiato convinto che sarebbe stato suo compito, ancora una volta, intavolare il discorso, ed invece fu proprio il biondo a bloccarli e prendere l'iniziativa: quella sera, approfittando ancora dell'equinozio, li avrebbe uniti nel sacro vincolo del parabatai, non avessero cambiato idea lungo la strada, e, oggettivamente, Jesse non avrebbe cambiato idea per nulla al mondo, sicché, semplicemente, diede appuntamento all'uomo per quella sera. O meglio, lo diedero, del resto lui ed Erik quel giorno, di fatto, si separarono solo per mangiare e andare al bagno.
    Erano sempre stati uniti, tanto che non solo nessuno aveva il dubbio che si volessero bene, ma molti si erano anche progressivamente convinti che fossero fidanzati insieme. C'era gente, per dire, che non ci provava con Jesse convinta che lui stesse con Erik, portando la condizione sessuale del Black Opal oltre qualsiasi livello di trash!
    Non si separarono mai e non fecero neanche un compito. Erik parlava di angeli, mondani, luci e ombre e Jesse, in fondo, riusciva solo a pensare che non avrebbe potuto chiedere altro dalla vita 'Se questo vuol dire avere un parabatai... ditemi dove posso firmare'
    Si tenne leggero a cena, lanciando delle occhiate all'amico ogni tanto, e lanciandone molte di più all'orologio 'Arrivano queste nove?!' pensava infatti lui ogni cinque minuti, trovando che il tempo avesse rallentato in maniera esasperante per lui: era impaziente, entusiasta; sapeva che quell'unione non avrebbe cambiato niente, ma in fondo al suo cuore sapeva che avrebbe cambiato tutto: Erik avrebbe avuto un rapporto unico con lui e lui, in un modo o nell'altro, volente o nolente, avrebbe dovuto riconoscere al mondo, e soprattutto a sé stesso, il fatto di non essere solo e destinato a rimanerlo 'Vergine sì. Solo no!'
    "Se ora troviamo Olwen strafatto giuro che lo prendo a sberle finché non si ricorda cosa deve fare e lo fa!" borbottò all'amico poco prima di entrare in aula, con una punta di violenza più tipica di Tessa che del ragazzo e figlia di quell'impazienza che lo stava pervadendo e che derivava da quella sensazione, da quella coscienza, che quella sera una delle più grandi paure e ansie del ragazzo avrebbe subito un duro colpo.
    Le foglie segnarono l'ingresso dei due e quindi all'aspirante marine non rimase che guardarsi intorno e trovare il docente cambiato e sobrio "Buonasera... beh... siamo qua!" affermò lui.
    Si accomodò tra le candele come richiesto dall'uomo e non sbuffò allo straparlare di questi solo per rispetto della sua figura e per non indispettirlo, casomai potesse cambiar idea. Un po' scalpitante, il ragazzo si trovò comunque ad ascoltare il docente, apprendendo come in effetti molte delle cose che i due si erano dette erano sbagliate, o, quantomeno, fuori tema 'Sì, ecco... niente angeli...' si trovò lui a pigolare, lanciando uno sguardo all'amico, curioso di vedere come stesse reagendo a tutta quella storia, quasi la mancanza della componente angelica potesse fargli cambiar idea.
    Alla fine del proprio sproloquio, Olwen chiese ai due se ci fossero cose che ancora volessero chiedere o dirsi 'Ci siamo...' timidamente il ragazzo si volse lievemente con tutto il corpo verso Erik e lo attese. Questi non esitò, cercò la sua mano e gliela strinse nel tentativo di dargli sicurezza 'Lo vuole' traendo un sospiro lungo, Jesse ricambiò con dolcezza la stretta e per un istante restò con gli occhi socchiusi, riflettendo su quello che stava accadendo, che stava cambiando 'Lo vuole... davvero' "Ovunque e comunque, Erik. Credo di non aver mai voluto mai così tanto qualcosa..." abbozzò lui con un piccolo sorriso, voltandosi poi al docente, annuendogli, sollevato e felice.
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    Lancelot OlwenDocente di Rune
    Il sacerdote aveva molte funzioni nei rituali ed alcune esulavano le mere competenze tecniche/magiche: il sacerdote era il punto di riferimento di chi eseguiva il rito, fungeva da guida, da faro, era colui che era tenuto a garantire la trasparenza, la libertà e la sicurezza di chi effettuava il rito: in più di un senso, al sacerdote veniva affidata la vita dei soggetti in questione.
    Lancelot non aveva una grande esperienza come sacerdote e la sua indole forse lo rendeva poco propenso a prendersi grossi pesi sulle spalle, prova ne fu che tra i tre quello più spaventato, quello più necessitante di una guida, appariva essere proprio il biondo, e ciò fu chiaro fin dalle prime parole, fin da quando il moretto della coppia individuò la fase Gira la moda di Lancelot.
    "Oh, niente... è una serata importate, volevo essere impeccabile... per voi" propose allargando un sorriso come se qualcosa come la camicia ben stirata e di firma potesse interessare a due disgraziati come Jesse ed Erik, i quali, probabilmente, avrebbero apprezzato trenta volte di più la velocità alla forma. Lancelot forse questo lo intuiva, ma non aveva comunque desistito, questo perché in prima battuta era lui a necessitare di quell'aspetto: si sentiva insicuro ed essere impeccabile esteriormente era in ciò un aiuto.
    Fece accomodare i due e li ammorbò con la sua voce spiegando loro cosa sarebbe accaduto da quel giorno in poi avessero accettato: parlò delle cose belle, ma non negò gli aspetti negativi, quindi, dopo tanto ciancare, passò a loro la parola, pronto a chiarire qualsiasi ansia o dubbio, ricevendo da entrambi una sonora pernacchia.
    'Che teneri che sono...' si era ripromesso di essere il più professionale possibile, ma quando Erik cercò la mano dell'amico e questi ricambiò volgendosi anche verso di lui, il docente non poté non inclinare un piccolo sorriso "Ci avrei giurato" propose lui scotendo un poco la testa nel mentre si alzava "Allora... spogliatevi, così cominciamo"
    Una proposta interessante, anche se forse più adatta a contesti più propri di altre sezioni del forum. Lancelot lanciò uno sguardo ai due, quindi si portò verso la sua cattedra, iniziando nel mentre a parlare "Nei riti che coinvolgono le Rune di Relazione, come Vinir, la nudità ha un significato profondo: indica intimità, ma anche l'abbattimento di qualsiasi differenza e difesa. Il rito si è eseguito per secoli con entrambi i parabatai nudi, ma è ormai accettato da duecento anni che con nudi si possa intendere anche in intimo" il ragazzo si chinò dietro la propria scrivania ed iniziò ad aprire cassetti su cassetti con fare sempre più agitato "Insomma: restate in mutande e andrà bene!"
    Il ragazzo enunciò quelle parole facendo spuntare per un istante la testa da oltre il piano di scrittura, poi tornò dietro alla ricerca di qualsiasi cosa stesse cercando 'MA DOVE L'HO FICCATO: ERA QUI!' iniziò lui a pensare, imprecando sempre di più nella sua mente, cessando la propria frenesia solo quando, nel terzo cassetto, trovò una ciotola in porcellana bianca "EUREKA!"
    Sollevato, Lancelot schizzò in piedi con la ciotola, portandosi poi convintamente verso i due, tornando a sedersi davanti a lui. Posò quanto trovato poco prima a terra e quindi protese in avanti le mani "Volete darmi i vostri vestiti così li metto da parte?" domandò lui con gentilezza, provvedendo poi ad allontanarli con anche l'aiuto della magia, lasciandoli lì, sui loro cuscini, armati solo del proprio affetto e delle proprie bacchette.
    'Sembrano proprio due guerrieri' entrambi avevano un fisico tonico e un po' romanticamente il ragazzo vide in loro due giovani eroi, un po' come si erano birrazzamente raccontati a lezione. Sorrise, annuì ancora, poi tornò a parlare "Questa è la runa Vinir" disse lui tracciandola in aria con la propria bacchetta, cosa che richiese più gesti "Come vedete è un simbolo più complesso delle rune che normalmente tracciate: richiede più gesti e anche una certa precisione: il mio consiglio è di compierlo almeno in tre tempi" suggerì lui, lasciando ai due un po' di tempo per osservare il simbolo e quindi metabolizzarlo.
    Lancelot avrebbe probabilmente parlato per ore dei significati simbolici che si celavano dietro Vinir, dal colore blu, passando per la forma centrale che ricordava un tao, ma anche due mani che si stringevano, ma c'erano fin troppe cose da spiegare senza perdersi in quei dettagli. "Il rito parabatai è diviso in due parti. La prima richiede che incidiate sulla pelle dell'altro la runa parabatai. Vinir si considera dritta quando i due bracci laterali sono posti orizzontalmente o poco inclinati: se sono verticali, la runa dell'amicizia indica sudditanza e viene considerata all'ingiù" spiegò lui "Potete incidervela dove volete: ci sono varie scuole di pensiero, ma alla fine, un po' come i tatuaggi, è una scelta molto personale. Prima di incidere la runa sull'altro, il parabatai deve recitare una promessa. Le parole non sono casuali, danno forza alla runa che si vuole andare a tracciare, quindi sceglietele con cura e assicuratevi che vengano dal cuore" sì, insomma, un po' come se si dovesse aprire una porta socchiusa ai confini del sole (?) "Chiedetevi cosa vuol dire per voi essere amici dell'altro, anzi, parabatai: cosa giurate che farete sempre per lui? Questo dovete dirvi."
    "Quando avrete entrambi inciso la runa, io dovrò potenziare le rune e attivarle e... a quel punto sarete messi alla prova" affermò lui con un lungo e sofferto sospiro, segno che probabilmente stava venendo la parte spiacevole "I parabatai giurano di esserci per l'altro, di lottare con lui, di patire le sue stesse pene... ciascuno di noi ha un suo concetto di dolore, basato sulle sue esperienze, sulle sue paure: quello che la runa parabatai vi chiederà è di tenervi per mano e, senza mai interrompere il contatto, sopportare quello che l'altro inconsciamente reputa essere la massima forma di dolore che ha sperimentato o sperimenterà in futuro"
    Il biondo si zittì e per una volta non fu una pausa retorica "Il vostro corpo non subirà danni per questo rito, ma non illudetevi: sarà orribile. Dovrete fare appello a tutta la vostra volontà per non cedere... e contare l'uno sull'altro."
    Lance aprì ancora una volta la bocca, ma poi al posto di parlare ancora sospiro. Prese la ciotolina e la sollevò "Io sarò sempre qui, in qualsiasi momento, per qualsiasi cosa. Non potrò aiutarvi a vincere il dolore, ma ci sarò... sempre." insistette lui, cercando gli occhi di entrambi per far capire quanto ci tenesse al fatto che sapessero, quella sera, di poter contare su di lui "Rflettete su dove volete la runa, poi... tracciatele. Potere servirvi di questa lozione" spiegò lui, sollevando il coperchio e rivelando una poltiglia bluastra la cui origine non era stata spiegata, forse per impedire ad Erik di piangere (?) "Oppure potete usare l'incantesimo di Marchiatura, il Chorium Runae, che avete iniziato a studiare quest'anno: la scelta è vostra. Usare la lozione ovviamente semplifica molto il disegno, mentre con la magia ci vuole molta concentrazione e un polso fermo, ma... le rune parabatai tracciate con la magia possono in alcuni casi impreziosirsi con scritte tratte dal discorso che si è fatto prima di tracciarle... quindi, diciamo che è una tecnica più complessa, ma che a molti lascia un ricordo più personale...."
    Lancelot non li avrebbe consigliati su quale approccio scegliere, semplicemente avrebbe tenuto in mano la lozione e avrebbe lasciato che i due si accordassero come reputavano opportuno.
    <div style="font-size:10pt; font-family:times new roman; border-top: dotted forestgreen 2pt; padding-top:5px">

    Marchiatura


    Eccoci alla prima parte del rito, ragazzi.
    In questa parte di role dovete per prima cosa recitare una promessa, un giuramento, all'altro player riguardo il vostro impegno come parabatai, quindi incidere la runa su una parte del suo corpo (mi raccomando, accordatevi in off).
    Come già detto, ci sono due approcci: usare la lozione (più semplice) o il Chorium Runae (più complesso, ma che potrebbe lasciare nel tatuaggio alcune parole della promessa che il mago ha recitato prima di inciderla).
    Qualunque sia la vostra scelta, non descrivere la riuscita o meno della magia, perché quello sarà mio compito quando esiterò: il risultato (dimensione, qualità della forma, colore e presenza di scritte e altro) sarà in funzione della qualità del post e dei vostri punti in Tecnica.
    Buona fortuna!
    <div>
     
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    Erik Foster | Ametrin | II anno
    Quando il docente rispose al perché fosse vestito in quel modo, l'Ametrino non poté evitare di sentirsi leggermente a disagio. Acciderbolina! Avessi saputo anche io mi sarei reso presentabile! Ruotò così lo sguardo in direzione di Jesse. Se vuoi puoi aspettarmi qui. Potrei andar in camera e mi cambio, insomma, ho un vestito elegante, doveva essere per il ballo d'inverno, ma non ci sono problemi. Manco fosse una trottola impazzita ruotò nuovamente il capo verso il docente. Dice che è più adatto il papillon o il cravattino? Oramai so annodare entrambi alla perfezione! Fu allora che esplose il suo lato più folle. Insomma, in un momento come quello, per l'esecuzione di un rito come quello il vestiario non era importante, tuttavia Erik tendeva a farsi in quattro per le persone a cui voleva bene. E voglio che questo rito vada bene, non che Jesse se lo ricordi come la volta in cui il docente si premunì di essere più elegante di lui.
    Ad ogni modo i vestiti forse non erano così importanti, almeno non tanto come la ferma volontà di voler far quel percorso insieme. Sì, si trattava di un percorso fatto di mille tappe e lo avrebbero attraversato insieme, uno accanto all'altro. Sorrise quando Jesse manifestò la sua volontà di proseguire, così non restò altro da fare che procedere.
    Ehm, con lo spogliarci intende dirci di rimanere in intimo? Insomma, credo che sarei piuttosto a disagio nud-ehm totalmente nudo di fronte al docente. La risposta per fortuna arrivò subito e si ritrovò ad effettuare un sospiro di sollievo quando seppe che andava più che bene rimanere in intimo. Meno male! Sa, prof, nel mondo babbano di solito i docenti che chiedono queste cose non sono molto ben viste. Affermò con la sua classica innocenza, condita con un pizzico di ingenuità. Insomma, il padre di Erik era un uomo estremamente complicato e spiegargli ciò che stava accadendo sarebbe stato poco semplice. Senza far troppe storie cominciò a liberarsi della camicia, poi con un rapido movimento con le caviglie delle scarpe e infine dei pantaloni. Era rimasto con un semplice paio di slip blu elettrico.
    Lasciò che il docente portasse via i propri vestiti e prese posto su un cuscino color lavanda. Lì cercò nuovamente la sinistra di Jesse con la propria destra. Ehi, come ti senti? Era davvero una domanda da fare? In un certo senso sì. Erik stava bene, si sentiva in pace con se stesso e nonostante quella situazione sulla carta poteva sembrar ricca di disagio, in realtà fu tranquilla. Era vicino al suo migliore amico e non molto lontano c'era uno dei docenti che preferiva di più in accademia che in qualche modo concretizzava il loro affetto, cosa poteva chiedere di meglio?

    [...]


    Superate il discorso riguardo le raccomandazioni e il procedimento, giunse il momento di darsi da fare. Io preferirei che la runa fosse qui. Indicò con l'indice nei pressi della zona addominale, leggermente a sinistra. Potendo scegliere la parte del corpo dove riceverla, preferì una zona visibile solo a lui e a nessuna altro. Non amava mettere in mostra i propri sentimenti verso il prossimo, specialmente se ciò poteva ferire altre persone care. Voleva bene anche a Blake e detto francamente non voleva incidere la runa in modo tale che lui potesse vederla ogni volta che rivolgeva lo sguardo verso di lui.
    Jesse, non mi sono organizzato nessun discorso, quindi ciò che sto per dirti lo faccio a cuore aperto. L'amicizia è fatto di gesti eclatanti, di aeroplani che tirano striscioni sugli stadi, di proposte esplosive, di parole struggenti, nel saper rischiare anche a costo di soffrire. Per la nostra amicizia tirerò fuori quel coraggio che so di non avere. Tu, viaggiatore costante e io, prigioniero di Liverpool. Le nostre vite sembrano così diverse, incompatibili. Eppure ogni volta che ti vedevo ridere insieme a me provavo qualcosa di fortissimo, e io, istintivo, ho seguito quelle sensazioni e per la prima volta nella mia vita mi sono lasciata trasportare dalla corrente delle emozioni, senza pensare alle conseguenze. Già, a quelle stesse conseguenze che rischiava di distruggere il loro rapporto durante il campo estivo. Non riuscirò mai a liberarmi di quegli incubi, però riuscirò a volerti bene a modo mio. La voce si fece ad un tratto più bassa. Manteneva i propri occhi fissi su di lui e la mano che prima aveva preso cominciò a carezzarla.
    Poi è arrivato quel al Canto della Sirena con tanto di biglietti per il viaggio dei nostri sogni. Giorno dopo giorno sei diventato il mio punto di riferim- Dovette bloccarsi. Gli occhi stavano diventando lucidi e il battito cardiaco cominciò a galoppare senza sosta. Merlino, non credevo fosse così difficile. Sei diventato il mio punto di riferimento, il mio presente e sicuramente anche il mio futuro perché tu sei il mio migliore amico.
    Ti prometto che sarò lì a ridere con te ogni volta che sarai felice, e la tua roccia quando avrai bisogno di sostegno. Mi emozionerò sempre a vedere il tuo nome apparire sulle lettere, a sentire parlare di te e non darò mai per scontato qualsiasi momento insieme. Cercherò sempre di farti sentire speciale ed apprezzato per farti brillare ogni giorno di più. Ti prometto che il nostro rapporto sarà sempre senza filtri e che sarò il tuo più grande complice. Sarò sempre pronto ad emozionarmi quando compirò missioni che solo con te posso affrontare. Ti prometto di star dalla tua parte sempre e comunque, ma soprattutto ti prometto che ti vorrò bene in maniera pura e fiera perché più di chiunque altro tu mi hai spinto a credere nell'impossibile. Non ho bisogno che il mondo mi ami, ho bisogno dell'affetto di una sola persona, e questa persona sei e sarai sempre tu.
    Di preciso a quale promessa la voce divenne rotta? Prima o dopo quelle rare stille salate che cominciarono ad incorniciare il proprio viso.
    Dovette prendersi qualche momento per riprendersi prima di utilizzare la lozione blu, incidendo poi la runa parabatai. Certo, poteva utilizzare l'incantesimo di Marchiatura, ma il licantropo era sbadato e lo sapeva. Non posso rischiare di rovinare tutto.




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    Edited by Alexander Olwen - 15/10/2019, 10:51
     
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    Jesse A. Lighthouse | Prefetto Black Opal
    Era stata una giornata spossante, anche se l'adrenalina aveva impedito fino a quel momento al Prefetto di percepirlo, eppure il suo corpo era più lento e distratto del solito e ciò non poteva negarlo, anche se ancora riusciva a fingere così non fosse 'Oggi... succederà davvero?' si chiedeva lui, quasi terrorizzato che, ancora una volta, il docente potesse rimandare quella giornata per una qualsiasi ragione 'Deve finire questa sera, non se ne può più!'
    Più che dalla stanchezza il moro lo era dall'attesa: erano mesi che desiderava quel legame - forse da una vita intera - e ormai che lo stava per afferrare sentiva di non poter rimandare, vivendo tutto come un dramma.
    Il problema dell'abito, dunque, fu un dramma "Oh, cavolo, non ci ho pensato!" esclamò lui osservando la propria divisa, non particolarmente in forma già dalla mattina e resa ancora più lisa e stropicciata da quella difficile giornata, provando un attimo di terrore 'No... no, non voglio rimandare!' pensava lui con un piccolo attacco di panico che quasi divenne un infarto quando Erik propose di tornare nelle proprie stanze per cambiarsi 'Se ci allontaniamo è la fine!' ovviamente non era la fine di nulla, ma ormai il Lighthouse era partito per la tangente, anche se la paura lo rese anche più acuto del solito "Potremmo usare Vestis per indossare cose appropriate!" propose lui di getto, sobbalzando poco dopo "Sempre che le Rune non si offendano di abiti trasfigurati, certo... non voglio indispettire le signore lettere, ecco!"
    Se la trasfigurazione indispettisse le rune ci sarebbe stato da discutere, ma fortunatamente non fu quello il momento per scoprirlo, giacché, in vero, i loro vestiti andavano benissimo, o meglio, lo andavano come qualsiasi altro, visto che andavano tolti: i rituali si effettuavano in mutande, da almeno 200 anni: prima nudi direttamente!
    "Beh, meglio: il prof non è certo un pedobear e comunque io non so mettermela la cravatta da solo. Sarebbe stato un macello!" propose lui allegro, soprattutto perché sollevato dallo sparire della problematica.
    Si spogliò come un ragazzino con davanti due gemelle mezze nude, rimanendo nell'arco di pochissimi istanti in slip. Fu a quel punto che forse si rese conto che non tutti i suoi problemi non fossero risolti.
    "Ehm... le signore rune troveranno offensivo questo simbolo?" chiese lui indicandosi il pacco, o meglio ciò che era inciso sul tessuto al suo di sopra: la S di Superman. Si trattava di slip azzurri con bordi rossi dominati dalla suddetta S, decisamente non molto sobri, anche se neanche il blu elettrico di Erik pareva molto adeguato "Sì, ecco, se è un problema... li tolgo: ho dormito con Erik, mi ha già visto e... beh... ecco... ci tengo a far tutto bene... per me, per lui... per noi ecco... per lei, anche, ovviamente!"
    Cercando di gestire l'imbarazzo e la tensione, il ragazzo si mise seduto con le gambe incrociate così strette da sentir quasi male. Si voltò alle parole dell'altro, quasi fosse scoppiata una bomba data la velocità "I-io?!" sobbalzò, servendo all'altro i suoi enormi occhi azzurri "Benone... mi sento solo... tipo quando ho dato i GUFO... speriamo solo che vadano bene come loro... o anche meglio..." sospirò sottovoce, portando una mano alla schiena dell'altro "E tu?" sussurrò con un piccolo timido sorriso "Hai freddo?"
    Si sarebbe potuto disquisire sulla bizzarra distribuzione dei geni della nonna di Jesse, ma Lancelot non era lì per sentire gli assurdi discorsi tra i due ragazzi e doveva fare il proprio dovere, chiarendo cosa stessero facendo e quanto sarebbe stato difficile.
    'Lo preferisco da cannato...' pensò sottilmente Jesse nel sentire il tono di voce profondo dell'uomo, tono che sentì a lungo visto quanto amava parlare, quasi ad annoiarlo, anche se non vi riuscì solo per il fatto che diceva cose che per lui erano troppo importanti, troppo attese.
    "Ok... va bene... sopporterò il male: per lui lo posso fare!" disse di getto, raddrizzando la schiena e sentendo una scarica elettrica quasi, legata al fatto che ciò che li aspettava si sarebbe rivelato difficile, un aspetto che trovava consono: detestava le cose semplici e uno dei suoi primi insegnamenti era stato che le cose belle andassero conquistate soffrendo 'E questa sarà bellissima!' decretò lui, annuendo probabilmente al nulla cosmico, nel mentre Erik, meno perso nel suo mondo, decideva ove voleva la runa.
    "Ok..." disse voltandosi verso di lui e annuendo, andando quindi a storcere la bocca nel mentre rifletteva cosa volesse fare 'Sì... ecco... boh...' per la sorpresa di assolutamente nessuno non aveva assolutamente le idee chiare.
    Si prese alcuni istanti di silenzio soppesando diverse idee, finendo con l'individuare due punti che lo intrigavano: il polso e la spalla 'Sì... sarebbe fico. Da duri ecco!' pensava lui, grattandosi casualmente un fianco, nel mentre avanzava nei suoi ragionamenti, in cerca di una risposta, che però non giungeva 'Il polso è fico, vedrei sempre Erik... ma sembrerebbe un tatuaggio... e la spalla... boh, fico, ma fa tanto quelli che dedichi alla mamma...'
    Iniziò ad oscillare avanti e indietro sempre più confuso, ma alla fine drizzò le spalle, segno che qualcosa aveva partorito "Anche io sul fianco... ma a destra!" disse lui, toccandosi il punto in questione, forse con troppo entusiasmo, visto che lo schiocco ricordò quello di uno schiaffo. Il giovane strinse lievemente un occhio, ma non disse nulla, forse anche perché erano arrivati alla parte più melensa del rituale.
    "Oh beh, se non hai niente di preparato tu figurati il casino che combinerò io!" esclamò lui sbottando, anche se poi rapidamente si zittì tappandosi la bocca, rendendosi conto come quello fosse un momento tutto per Erik.
    Per Erik l'amicizia era fatta di gesti eclatanti, importanti, forse anche un poco tamarri. Jesse sorrise a quelle parole, ma poi tornò serio 'Erik...' sentirlo parlare di coraggio, di un coraggio che non possedeva, lo stranì quasi, vista l'immagine che lui aveva dell'altro, ma del resto il coraggio era la forza di resistere alla paura e il moretto stava in quel momento sfidando uno dei suoi massimi terrori.
    'Ci sono...' posò le mani sulle cosce e, quasi perfettamente immobile, fu solo orecchie per il suo futuro parabatai: lo sentì parlare di opposti, di sorrisi, di un legame crescente. Lo sentì rievocare il Canto della Sirena, quando tutto, per lui cambiò, e il giovane divenne il suo Bucky, ma anche e soprattutto il suo punto di riferimento.
    'ERIK!' la sua posa plastica fu infranta dalla sua mano, che cercò quella dell'altro, che ormai aveva gli occhi lucidi, un po' come lui, che ormai stava ripercorrendo quell'estate, con tutti i suoi dubbi e i suoi dolori, chiedendosi quanto fosse stato idiota a non capir tutto prima 'Idiota, idiota e idiota!' si diceva lui, ignorando come vi fossero stati dei fattori al momento ancora occulti a rendere quelle decisioni particolarmente incomprensibili.
    Sì sentì chiamare punto di riferimento, passato, presente e futuro. Lui lo aveva spinto a credere nell'impossibile e a quel punto Jesse dovette strizzare gli occhi nel mentre ormai piangeva a sua volta. La stoccata finale fu il sentirsi dire che non aveva bisogno che il mondo lo amasse, se aveva lui, ed infatti a quel punto si trovò a singhiozzare.
    Singhiozzò con fatica per un poco, rosso in volto e troppo imbarazzato per aprire gli occhi e vedere gli altri due osservarlo 'Che figura... che figura del cazzo!' riusciva lui solo a pensare, cercando di fare lunghi respiri per domare il suo cuore e obbligarlo a rallentare.
    Pian piano riprese il controllo: rallentò i battiti, sentì la pelle meno arsa e alla fine si rassegnò anche ad aprire gli occhi "Mi... Mi dispiace... molto..." disse lui, distrutto dall'imbarazzo, passandosi l'avambraccio destro sugli occhi per asciugarseli nel mentre il tocco reso freddo dalla lozione di Erik lo marchiava.
    Trattenne il fiato a fatica, quindi quando l'altro concluse, aprì la bocca, senza però emettere un suono.
    Riprovò, ma emise solo qualche verso strano, quindi, con frustrazione, emise un urlo, che rimbombò un tutta la stanza, poi rimase immobile alcuni istanti, riaprendo gli occhi solo quando si sentì davvero pronto.
    "Se tu hai tirato fuori il coraggio... che per inciso io ho sempre visto in te, eh... io penso... penso che tirerò fuori la calma..." e incredibilmente il parlare del ragazzo stava davvero rispecchiando quella virtù, manco di colpo qualcuno gli avesse fatto un trapianto di cervello.
    "Non ho mai capito cosa hai visto in me, ma so cosa ho visto in te: coraggio - lo ribadisco - allegria, spensieratezza, intelligenza... bellezza addirittura" affermò lui alzando gli occhi al cielo "Sei entrato nella mia vita per due pesche e da subito... da subito ho capito che per te avrei fatto di tutto, anche tipo rompermi l'osso del collo" ridacchiò "Poi... è arrivato il campeggio estivo... e lì è successo qualcosa che non ho mai davvero capito... però nel non capirci niente una cosa l'ho capita, ho capito che ero uno stronzo" sospirò.
    Socchiuse gli occhi, fece alcuni respiri costringendosi a non piangere, poi li aprì "Io... io avevo fatto di te il centro del mio mondo, in pratica, ma... ero così tanto grato delle tue attenzioni, così tanto spaventato di perderti che non c'era altro. Ti volevo bene... ma agivo sempre per paura o per senso di colpa, non davvero per quello che provavo... è... è strano da dirsi, ma quando mi hai allontanato... io ho capito che non ti avevo mai permesso davvero di entrare nella mia vita. Quella volta... ha cambiato tutto"
    Altri respiri "Quindi... quindi cosa ti prometto? Ti prometto che avrò sempre fiducia in te, nelle tue parole e nelle tue intenzioni... anche se non le capirò... anche se mi sembreranno strane... io prometto che ti darò sempre fiducia e ti sosterrò sempre. Sarò sempre dalla tua parte, sarò sempre al tuo fianco... ci sarò quando vorrai piangere e ci sarò quando ti vorrai divertire. Ti prometto che metterò sempre davanti a tutto la nostra amicizia, il tuo bene e la tua felicità: mi caccerò nei guai con te... e per te mi caccerò anche nei guai, se sarà necessario" ridacchiò lui, inframezzati da alcuni colpi di tosse.
    Altri respiri, quasi rotti "Erik, qualsiasi cosa farai, dirai, ovunque sarai e qualsiasi saranno le tue idee, io ti prometto... io ti giuro che ti sarò sempre e comunque fedele. Per te, e solo per te, io sarò la forma più pura e più assoluta il motto dei Marines: Semper Fidelis."
    Sfinito, Jesse continuò ad osservare con enormi occhi l'altro, sentendosi come se avesse corso una maratona. Con poca grazia afferrò la lozione e si allungò in avanti, verso il corpo dell'altro.
    "Qui... sei sicuro..." e poi si interruppe per un istante "Sei sicuro. Qui lo vuoi?" riformulò le proprie parole, abbozzando una leggera risata, iniziando poi a spargere la lozione bluastra, andando a disegnare con cura qualcosa che al ragazzo, alla fine, ricordava un orologio "Scusami se è fredda..." ridacchiò lui, portando a compimento il proprio disegno.
    RevelioGDR
     
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    Lancelot OlwenDocente di Rune
    Lancelot si era chiesto, qualche volta, come mai avesse rimandato tanto quel giorno con Jesse ed Erik. Si era detto che era stato mosso da prudenza, distrazione e un po' trascinato dall'estate, ma sotto sotto temeva che fossero stato soprattutto due sentimenti a guidarlo: l'invidia e la paura.
    L'invidia era per qualcosa che lui non aveva mai eseguito: il rito parabatai era delicato, importante, ma quando aveva iniziato a studiarlo ed aveva maturato la convinzione di poterlo desiderare per sé, le cose erano andate diversamente e l'unica persona con cui lo avrebbe fatto si rivelò non compatibile. Anche lui avrebbe voluto quel legame e lo avrebbe voluto dalla loro età; in un certo senso lo aveva, ma quel bollino, quel certificato DOC, gli mancava, e quella mancanza gli pesava, spingendolo a chiedersi se alcune cose della sua vita sarebbero cambiate con quella runa incisa, magari velocizzando il suo ritorno nel Regno Unito.
    La paura, invece, era un sentimento più misero e semplice: i ragazzi si dovevano mettere in gioco come amici, ma lui come sacerdote, come adulto, come runista, come mago e anche come insegnante. Tutto di lui, della sua autorità, della sua competenza, era con quel rito messo in discussione e lui non poteva negare fosse pesante, estenuante.
    "Beh siamo maghi non pedo-non-voglio-sapere" ridacchiò lui quando invitò gli altri due a spogliarsi "Noi troviamo sempre soluzioni creative e significative"
    E lo spogliare i due senza che questi si vergognassero o lui diventasse un prete era un requisito essenziale di quella sera, dell'intimità necessaria a svolgere davvero il rito, dove loro sarebbero stato il fulcro e lui la bussola. Una bussola molto stabile, per tenere a bada l'esuberanza e la follia dei due "Tranquillo Jesse, sono certo che le rune, il cosmo e la magia non si dispiaceranno per il simbolo di Superman. Se ti senti a disagio puoi toglierle o cambiarti - senza però usare la trasfigurazione - ma se a te sta bene così, sta bene anche al rito"
    Parlò con voce calma, gentile, condiscendente, cercando lo sguardo del giovane e cercando in ogni modo di trasmettergli calma e rallentare tanto il suo parlare quando il battito del suo cuore 'Sei un bravo ragazzo, Lighthouse, un bravo perfetto persino: datti il tempo e lo spazio che meriti' si diceva lui, dedicando le attenzioni al più bisognoso della coppia, come anche lo stesso Erik dimostrava, usando il proprio tocco per raggiungere scopi simili a quello del docente.
    La tenerezza del lycan colpì molto Lancelot, specialmente quella sera 'Non si vergognano di niente, sembra che siano nati per questo...' normalmente la nudità metteva a disagio le persone, le allontanava quasi, eppure ciò non stava capitando ad Erik, il cui tocco non incontrava esitazioni od ostacoli, in una intimità che lui poteva solo paragonare a quella che aveva vissuto con Xander 'Ma lui... è mio cugino...' e soprattutto non era un rapporto qualsiasi.
    Li lasciò esplorare i propri corpi alla ricerca del punto giusto ed osservò le loro dinamiche, con un Jesse più remissivo ed un Erik materno, osservò poi, in silenzio, i due aprirsi vicendevolmente in uno scambio di parti che rese più fragile Erik, rompendolo nel pianto, prima che lo stesso succedesse anche all'opale.
    In silenziò, fece levitare verso di loro un pacchetto di fazzoletti, perché potessero ricomporsi e proseguire, quindi assistette anche alla seconda parte, molto più solenne e formale e fedele a quella calma che nessuno avrebbe mai associato all'opale ma che ora stava incarnando alla perfezione, fino a culminare in quel motto, in quel giuramento, la cui forza risuonò per tutta la stanza più delle urla con cui trovò la forza di parlare.
    'Sono davvero, speciali...' si trovò ancora a pensare, finendo con il prendere anche lui un fazzoletto. Non che stesse piangendo, non eravamo a quei punti, ma sì, si era commosso, tanto per le parole del primo quanto per quelle del secondo.
    "Bene ragazzi..." esordì lui, evitando di chiedere scusa o scherzarci su: era felice, grato, di quella serata, e voleva godersela a pieno, offrendo il meglio di sé "Vi siete scambiati le vostre promesse, vi siete guardati dentro, cercando chi vorreste essere da oggi in poi, ora... ora dovete dimostrare di avere la forza e la tenacia per reggere tutto ciò"
    Stranamente l'ansia e il dispiacere che aveva provato pensando a quella parte del rito ora era terribilmente smorzata, sicché li osservò ed indicò ad entrambi la mano sinistra.
    "Stringetevi la mano sinistra" affermò con decisione "Se fate caso... ricorda molto la runa Vinir, secondo alcuni è da quello che deriva..." affermò, incapace di non dispensare piccoli sermoni, anche quando si concentrava "Non dovrete mai lasciarvi la mano, almeno finché il rituale sia concluso: se lo farete, il rito fallirà."
    Duro ed inflessibile declinò quell'unica vera regola, quindi si alzò, tracciando con l'Incantesimo di Marchiatura la Vinir sulla mano di Erik "Tra pcoo traccerò la stessa runa anche sulla mano di Jesse e a quel punto la prova inizierà: vi siete fatti carico della vita dell'altro e quindi la runa vi chiede di dimostrarlo, sopportando il dolore più terribile che l'altro possa immaginare o abbia sperimentato."
    Incapace di proseguire oltre si chinò, osservando il candore della mano di Jesse, così piccola, in un certo senso, ed innocente "Potrebbe essere un dolore davvero provato, o solo una grande paura, qualcosa che si ricollega all'altro, comunque. In genere è un dolore che fa sperimentare sensazioni vicine al morire, alla vera paura. Il vostro corpo non subirà alcun danno, temporaneo o permanebte, ma le illusioni che proverete saranno vivide e potrebbero riguardare tutti i vostri sensi. Il vostro compito, come vi ho già detto, è di poter reggere per l'altro... finché la runa lo reputerà necessario: anche il farlo per un tempo indefinito è parte della prova. Quando il dolore terminerà... allora la prova sarà superata"
    Non usò mezzi termini, deciso a prepararli al peggio, a ciò che li aspettava "Lo state facendo per l'altro, e per voi stessi, certo... ma lo state facendo anche con l'altro." fece presente lui, aprendo un piccolo sorriso "Un parabatai c'è sempre nel dolore e voi dovete esserci per l'altro: cercatelo e aiutatelo a resistere. Non siete isole: siete una coppia, ricordatevelo, sempre, per tutta la vita... comunque vada questa prova"
    Annuì ed incrociò lo sguardo di entrambi i ragazzi un'ultima volta, quindi, lentamente, per dar tempo ai due di ripensarci, puntò la bacchetta sulla mano di Jesse "In bocca al drago, ragazzi: Chorium Runae."

    Prova del dolore


    Come ha spiegato Lancelot, una volta incise entrambe le rune i due candidati sperimenteranno un dolore lancinante affondante le proprie radici nelle esperienze e nelle paure dell'altro.
    Vostro compito è resistere e, nelle maniere in cui lo reputerete coerente, incoraggiare e sostenere l'altro.
    La qualità e le scelte del post determineranno il successo o il fallimento della prova: la prova di resistenza sarà valutata in funzione del parametro omonimo, mentre l'eventuale sostegno/incoraggiamento scalerà su Empatia e fornirà un bonus al punteggio non del proprio PG, ma dell'altro.
    Se anche uno non supererà la prova, entrambi falliranno.
    Avete carta bianca sul tipo di dolore/esperienza da far vivere al PG, ma vi ricordo che il vostro PG vivrà la manifestazione di dolore che descrive dell'altro, quindi vi raccomando di confrontarvi alla fine di effettuare una scelta coerente.
    Avete un post a testa per far tutto; mi raccomando, non siate autoconclusivi: sarò io a decidere se la prova è superata o meno.
    In bocca al lupo!
     
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    Erik Foster | Ametrin | II anno
    Erik non era mai stato quel tipo di ragazzo che aveva sempre la risposta giusta a portata di mano, tuttavia quando Jesse rispedì la domanda al mittente - chiedendo come l'amtrino si sentisse - questo non volle far scena muta. E io come mi sento? Poteva banalizzare il momento in mille modi diversi, ma alla fine scelse di essere il più naturale possibile. Mi sento come un bambino in un parco divertimenti per la prima volta. C'erano un sacco di attrattive che lo incuriosivano, innumerevoli cose che voleva fare, ma anche spaventato da tutta quell'imponenza che si innalzava di fronte a lui. I parabatai quanto erano diversi da quelli che conosceva tramite shadowhunters? Cassandra Clare era una strega? E, domanda ancor più importante, perché la scrittrice non si era soffermata maggiormente su tutti i dettagli di quel rito dall'apparenza così complicato?
    Non ho freddo, sto bene. Aggiunse poi, lasciandogli un determinato occhiolino determinato a indurlo a credere alle proprie parole. Disegnare la runa era sicuramente più semplice rispetto al lasciarsela disegnare. Grazie alla sua condizione di lupo mannaro col tempo aveva moderatamente imparato a resistere al freddo, ragion per cui quando il moro applicò la lozione, l'amentrino sentì solo un leggero fresco che in parte alleviava ciò che stava provando.
    Arrivò lo scambio delle promesse. Entrambi i ragazzi aprirono il loro cuore per parlare senza filtri. Erik era certo della sua amicizia con Jesse e forse proprio a causa di questa consapevolezza fu per lui un momento estremamente toccante quando si ritrovò ad ascoltare le parole dell'Opale. Mi vuole davvero bene e me lo sta dimostrando. No, cosa dico? Me lo dimostra tutti i giorni, ogni ora che trascorriamo insieme e anche le milioni di lettere quando siamo lontani. Jesse era una sua anima affine e non importava quale artificioso rito i due avrebbero fatti, sarebbero comunque rimasti legati da un'amicizia diversa da tutte le altre.
    Prese ben due fazzoletti, uno per asciugarsi le lacrime ed uno per soffiare il naso. Quanto poteva essere umiliante piangere di fronte a qualcuno? Parecchio? Ecco, a dir il vero Erik non provò la minima forma di vergogna. Quelle versate non erano lacrime dettate dalla rabbia e dal nervoso, bensì dalla commozione e se c'era qualcosa che aveva imparato dai numerosi anime che seguiva era che non c'era mai motivo di vergognarsi se si piangeva di gioia. Nonostante la morbida carta avesse asciugato il viso, le gote erano ancora rossastre e gli occhi lucidi. E non abbiamo ancora finito! Si disse, ruotando poi il capo verso Lance quando proseguì ad istruire i ragazzi su ciò che avrebbero dovuto fare.
    Allungò la mano sinistra verso di Jesse. Io non ti mollo. Disse dolcemente, facendo poi una linguaccia all'amico. In fin dei conti quanto poteva essere complicato non lasciar una mano? Erik era stato forgiato nel fuoco di abbracci dalla durata superiore di cinque minuti, cosa poteva mai essere una stretta di mano? Oh, beata ingenuità!
    Il docente effettuò l'incantesimo che serviva da attivazione al rito e subito un dolore lancinante parve investire la mente del ragazzo. Questo corrugò la fronte, chiuse gli occhi e strinse non solo i denti, ma anche la mano libero. Cosa stava succedendo? da dove provenivano quelle sensazioni? Se avesse urlato, Jesse e Lance lo avrebbero udito? Erano tutte ottime domande che fiondarono in testa, venendo poi investite da quella che era la sua reale paura: la morte di Jesse per causa della sua forma da licantropo. L'esperienza era quella vissuta sotto il periodo del campus estivo, quando pochi giorni prima c'era stata la notte di luna piena in cui aveva quasi ammazzato il loro docente di Cura delle Creature Magiche. Era un'ansia continua, una tortura che accompagnava i propri incubi, che lo seguiva almeno una volta al mese, di cui non poteva liberarsi neanche volendo. L'esperienza di Erik riguardava un senso di impotenza, incapace di portar speranza e gioia, l'esperienza di Erik riguardava alla concreta possibilità di ferir l'altro. Faceva male? Durante quelle notti Erik sentiva una forza invisibile stritolargli il cuore, il respiro mancare e l'incertezza di essere una buona persona.
    Invece Erik cosa avrebbe visto? Quale tipo di dolore avrebbe provato? Erano tutte curiosità a cui avrebbe trovato presto risposta, peccato che a certe domande una risposta forse era davvero l'ultima cosa che volevamo.
    Si sentì improvvisamente solo, ecco poi sopraggiungere mille sguardi taglianti e di metaforico tale espressione aveva ben poco. Possibile che Jesse avesse paura del giudizio del prossimo? Eppure percepì il proprio corpo trafitto da mille tagli e sentì un'innaturale sensazione di calore, la stessa che provava chi stava sanguinando. Strinse con maggiore forza la mano a Jesse, mentre cercò di farsi forza per evitare di soccombere, abbandonando così la presa. Il dolore provato in alcune parti del corpo era più forte rispetto che in altro, ma ciò solo in un primo momento. Pochi secondi trascorsero e il dolore parve essere divenuto un virus espanso all'interno di tutto il corpo. Non si sentiva più a suo agio, si sentiva sbagliato, si sentiva oppresso. Se solo avesse potuto probabilmente avrebbe cominciato a rotolare per scacciare via quell'orribile sensazione, purtroppo però non era ammesso. Strinse di denti e puntò un pugno chiuso contro il pavimento. Merda. Merda. MERDA!
    La sua soglia del dolore non era estremamente elevata, ma doveva sopportare, doveva farlo per Jesse.

    RevelioGDR


    Edited by Erik Foster - 21/10/2019, 19:46
     
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    Jesse A. Lighthouse | Prefetto Black Opal
    Un amico, un miglior amico, era una persona che ti amava, ti capiva al volo, ma che era anche capace di compensare i tuoi difetti.
    Erik su molte cose in effetti non compensava per un cazzo i difetti di Jesse, ma per alcuni di essi era sostanzialmente una panacea universale, come nel caso dell'ansia. In quel momento, il black opal era con lo stomaco serrato dalla tensione, terrorizzato che l'altro potesse tirarsi indietro o che Lancelot - o le rune direttamente - potessero definirli incompatibili.
    C'erano tante cose che aveva voluto nella vita, ma essere legato, per sempre, ad Erik era un impegno tanto serio quanto cruciale per lui 'E non solo perché... perché saremo sempre amici... ma anche perché... io voglio stare sempre con lui' aveva imparato quell'estate la differenza tra bisogno e affetto e ora sapeva di aver bisogno di Erik, ma anche di volergli un bene dell'anima, un bene per il quale sarebbe stato disposto a tutto, anche eseguire il rito nudo, cosa sulla quale, comunque, Lancelot lo rassicurò.
    'Uh allora almeno non è pedofilo' pensò lui con la sua consueta follia leggera, alzando poi le spalle "Ok... allora mutande siano" affermò, informandosi poi delle condizioni dell'amico, sempre con quel peso sullo stomaco.
    Proprio perché era il suo complementare, lo fece ridere "Sei incredibile... tu non vedi l'ora di vedere cosa succederà... io spero solo che tutti sappiano quanto ti voglio bene" scosse lui brevemente la testa, comunque, incredibilmente, sollevato da quella buffa risposta, anche perché Lancelot era stato molto chiaro sulla durezza di ciò che avrebbero dovuto sperimentare.
    Tracciò la runa su Erik e gli sorrise, chiedendosi quante ragazze avrebbero pagato per essere al suo posto. Un po' egoisticamente, si sentì speciale, unico: gli piaceva avere una sua nicchia personale nel mondo e nel cuore di Erik; in fondo, alla fine, era lì per quello, non certo per dei bonus che non pensava avrebbe mai davvero sfruttato.
    "Neanche io ti mollo. Manco morto!" deciso, ricambiò lo sguardo dell'amico stringendone la mano. Si erano commossi, e lui si era imbarazzato non poco per la cosa, poco prima: avevano parlato a cuore aperto e Lancelot non aveva battuto ciglio se non aiutandoli a ricomporsi.
    Sapeva cosa provava l'altro e sapeva cosa provava lui: se quella era una prova di resistenza, di amicizia, di affiatamento, lui non l'avrebbe fallita.
    'Nulla può essere terribile... se sono con te' quello non lo disse, e in effetti fu molto appropriato, visto che di lì a poco si sarebbe dovuto rimangiare tutto.
    "Cosa?!" il primo colpo arrivò sulla sua guancia, ove poi si portò la mano destra, libera, osservando Erik confuso, poi il docente 'Chi mi ha schiaffeggiato?' si chiese lui, interrogando cogli occhi il docente, salvo poi emettere un altro verso di sorpresa quando ricevette il secondo.
    'E'... la prova?' si chiese per un istante, spaventato, annaspando lievemente, nel mentre, davanti a lui, anche Erik sembrava in difficoltà "Erik tutto..." ma gli fu impossibile sincerarsi verbalmente delle condizioni dell'altro, perché, nel mentre la sua mano andava al ventre, liscio ed intonso, egli si sentiva morire, come se qualcuno gli avesse appena tirato un pugno in pieno petto.
    "Togliti" ringhiò di colpo una voce, brutale e maschile, lievemente impastata. Lui si guardo intorno, spaventato, senza trovar nessuno: era solo nella sua mente "Togliti di mezzo Erik!"
    Lui non era Erik, ma sgranando gli occhi, ancora, fissò l'amico e a bocca aperta si rese conto di una cosa "Non me ne vado. Può farmi quello che vuole. Non me ne vado. Non ti lascio qui" improbabile che l'altro potesse capire, non sapeva neanche quanto fosse reale, concreto, legato a sue esperienze almeno, ciò che stava sperimentando, ma era certo che mai lo avrebbe lasciato con un uomo così brutale, o lasciato chiunque altro.
    Anche il non-Erik della visione doveva aver risposto come lui, o forse aveva sentito le sue parole ed infatti con un urlo, che suonò nelle sue ossa come un ruggito, si avventò su di lui, colpendolo con una forza, una violenza, che lui non aveva mai sperimentato sul suo corpo.
    'Non urlare, non piangere, non emettere versi!' smise quasi di respirare per farlo: strizzò gli occhi ed incassò le spalle nel mentre quel mostro lo colpiva allo stomaco, una, due, tre volte, tanto che alla fine ebbe i conati di vomito.
    'Merda!' disse lui, volgendosi di lato e scoprendosi a sputare saliva e forse anche un po' di cena: forse era un'illusione, forse una reazione psicosomatica, non ne aveva idea 'Erik ha sempre fame. Mangia sempre un sacco' rifletté lui mentre i conati lo piegavano in due e la sua ansia di perdere l'equilibrio, e quindi la stretta, lo uccideva quasi quanto chiedersi quante volte Erik in vita sua avesse vomitato, magari per qualcosa del genere.
    Staccò la destra dal suo addome, privandosi anche di quel conforto, di quell'inutile scudo, e la congiunse alla sinistra, per tenersi meglio all'amico "Non ti lascio... non ti... lascio... non... ti lascio" gemette lui un po' di volte, salvo poi dover emettere un urlo, perché preso a tradimento, che poi divenne un verso quasi asmatico: quella sensazione, invece la conosceva bene 'Calci... mi ha bloccato le costole...' aveva sperimentato quella sensazione in estate, durante il corso di tae kwon do, era successo fin troppo spesso a lui e agli altri: la violenza del colpo, il dolore, bloccava per qualche ragione che non capiva i muscoli costali, dando la orribile, terrificante, sensazione di non poter respirare.
    Non poter respirare risvegliava in fondo al proprio cuore la paura di morire, nulla come soffocare ti faceva desiderare la vita. In allenamento era successo e lui come gli altri aveva allargato le braccia e subito il maestro era corso a togliergli il corpetto e aiutarlo a respirare.
    Ma lì non era un allenamento e il mostro - perché non aveva il coraggio di chiamare uomo una persona del genere - non si fermò a sentirlo rantolare "Ora sei contento, eh, eh, EH?!" urlava lui insistendo, colpendolo ripetutamente con calci su calci sempre nello stesso punto, tanto che alla fine sentì, il rumore - e il dolore - di una costola che si rompeva, forse anche due o tre.
    Non disse nulla, era talmente tanto sotto shock per quello che stava succedendogli, per quella violenza gratuita ed irrazionale, che riusciva solo a pensare a due cose 'Non devo mollare... la mano...' si diceva lui, che per quanto si stesse sentendo morire sentiva il suo braccio forte e deciso, nonostante lui fosse piegato di lato, nel mentre quell'essere si metteva a prenderlo a calci in volto.
    Il secondo pensiero, però, non era per lui 'Ce l'ha... con Erik... sempre e solo con Erik...' poteva essere una paura, poteva essere qualcosa che gli era successo, ma quella confidenza, quell'insistenza, a Jesse faceva credere che fosse una persona vicina a lui, magari proprio di quella famiglia di cui mai parlava.
    'Lui... è stato così... ha paura... di finire così?' era tremendo quello che stava vivendo: ebbe la sensazione terrificante di dover sputare un dente, che si manifestava con un dolore che martellava direttamente nel cervello, così come la rottura del setto nasale, ormai prossima, eppure la cosa che più lo distruggeva era il fatto che lui, il suo Erik, potesse subire quello 'No... no... no!'
    Erano illusioni: si sentiva il viso tumefatto, la bocca insanguinata e il cervello come se vi stessero trapanando dentro, eppure, a detta del prof. Olwen era tutta una enorme illusione 'Tranne le lacrime...' si disse, senza vergognarsi: non aveva mai provato qualcosa di così orribile. E non aveva mai pensato che una cosa tanto atroce potesse succedere ad Erik.
    Le sue braccia funzionavano, quindi rafforzò la stretta, sperando che l'altro potesse avvertirlo "Non.. lasciarmi..." soffiò: in teoria, se tutto era un'illusione, lui poteva respirare, parlare, lui poteva far tutto come se fosse sano. Doveva solo crederci, superare i suoi limiti e crederci "Se ti faranno questo... lo saprò... e verrò a salvarti"
    Quasi insensibile al dolore che l'uomo gli stava causando colpendolo alla testa, Jesse, cercò con l'occhio sinistro di vedere l'altro, di parlargli "Non lasciarmi... per favore..." ricordava benissimo quale fosse la più grande paura di Erik, ovvero quella di ferirlo, di fargli del male e intuiva che se aveva paura che il Mostro potesse fargli questo, di certo non avrebbe voluto Jesse lì.
    Ma lui voleva esserci, con tutto sé stesso. Voleva esserci e aiutarlo 'O morire con te'
    Ovviamente non lo pensava davvero, non del tutto, semplicemente era così distrutto, piegato, dal dolore, che ormai si stava rassegnando allo stesso. Ma lui non avrebbe perso i sensi, così come non se ne sarebbe andato: se quello era ciò che gli riservava il destino, a lui, in fondo, andava bene anche così 'Meglio che soli... meglio... meglio che lui da solo...' non era solo la sua paura di rimanere solo a parlare, era anche l'amore che provava per l'altro e che ora, finalmente, gli permetteva di capire, forse, ciò che Erik aveva provato a luglio: neanche lui voleva che Erik soffrisse. Anche lui, in fondo al suo cuore, avrebbe desiderato rannicchiarsi in un angolo del mondo e subire tutto il male che spettava all'altro, purché lui non stesse male.
    'Non posso farlo... ma se non lascerò questa mano... potrò esserci'
    RevelioGDR
     
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    Lancelot OlwenDocente di Rune
    Non era la prima volta che eseguiva il rituale Parabatai ed era piuttosto certo non sarebbe stata l'ultima: adorava le rune di relazione ed adorava come potessero sugellare alcuni legami. Aveva imparato, ovviamente, che la runa non faceva il legame, ma aveva imparato come lo temprasse, lo rendesse superiore e soprattutto, intoccabile da parte di nessuno.
    Amava quel rituale, forse più di tanti alti, ma, in vero, non riusciva anche ad odiarlo, proprio per la sua crudeltà, la sua violenza intrinseca 'Spero... spero di non essermi sbagliato' incise la seconda runa su Jesse e Lancelot si tirò indietro. I due sorridevano, si facevano coraggio, ma ben presto l'orrore di quella prova trasfigurò i loro visi, e quindi le loro posture.
    'Fatevi forza... vi prego...' si mise seduto, sollevando le ginocchia ed immobile li osservò, spettatore innocente ed impotente di quello scempio. Il primo sguardo che vide fu di Jesse, che lo fissò sconvolto 'Vedi me Jesse, o c'è qualcun altro nei tuoi occhi?' si chiese lui, ben sapendo la potenza di quella runa.
    Osservò il suo stupore ed intuì fosse un dolore fisico, lieve, iniziale 'E' un'escalation di violenza...' si disse lui osservando anche il dolore contrarre e spezzare Erik, che però al momento si stava contenendo.
    Osservò il moro e lo vide tenersì diversi punti del corpo, quasi stesse subendo ferite a raffica, non poteva avere idea di cosa stesse succedendo, ma conosceva ormai i ragazzi da un anno e si erano giusto presentati quella mattina, sicché, un'idea gli sovvenne 'La guerra: lui vuole essere un marine'
    Molto crudele, in vero, che il sogno di uno fosse l'incubo dell'altro, quasi dovesse far male a tutti e due. In vero, non era la prima volta che lo vedeva: infatti aveva già detto di odiare quella prova, no?
    Jesse partì più in sordina, ma dopo un po' si piegò di lato, vomitando davvero: il dolore poteva causarlo e ciò accadde, anche se lui, provvidenzialmente, fece subito sparire tutto 'Questo posso farlo...' pensò lui, vedendo il suo corpo sussultare e rendendosi conto che quei due, probabilmente, erano simili anche nel dolore: quello era un pestaggio, in piena regola, non a caso poco prima lui aveva detto che non se ne sarebbe andato, parlando né con Erik né con lui.
    'Lance... finirà... ce la faranno, e staranno bene...' pulì dove Jesse aveva sporcato, ma poi dovette rimanere lì ad osservarli, pregando che tutto finisse, quanto prima, eppure il tempo non sembrava scorrere e il loro dolore era tale da farlo quasi impazzire 'Dei... vi prego... basta... sono così giovani: si vogliono bene, lo so io, lo sapete voi. Basta, basta!' si rannicchiò nelle sue ginocchia e iniziò a sua volta a singhiozzare, anche se non ne aveva diritto, ma era più forte di lui 'E' tutta colpa mia...' si stava dicendo, sollevando il capo solo alle parole di Jesse, flebili, ma decise.
    I due si erano mormorati molte cose, ma quelle parole lo colpirono 'Lo sta...supplicando...' non gli era mai capitato di vedere una coppia che si implorava di non rompere il rito: a volte era successo il contrario, ma quella supplica, quasi l'altro potesse cambiare idea, era una novità 'Lui pensa... che questo sia un qualcosa che Erik...' il biondo sgranò gli occhi e per un istante si portò una mano alla bocca: era possibile che Erik Foster subisse violenze domestiche?
    'Lui? Un ragazzo così solare e tranquillo?' a bocca aperta osservò il moro resistere alla sofferenza, fino all'ultimo. Poi, contemporaneamente, loro cessarono di agitarsi e soffrire.
    A bocca aperta, Lancelot li osservò, tremante "E' finita..." mormorò "E' finita!" strillò poi gettandosi nel cerchio ed andando a toccare i due 'La runa, la runa!' agitato, cercò sul corpo, di Erik, quello che avrebbe dovuto esporla meglio, data la disposizione, la runa di Vinir, torvandola, azzurra e blu, perfettamente riuscita e finita esattamente dove Jesse l'aveva tracciata.
    'Ce l'hanno fatta...' si disse lui, a bocca aperta, annaspando, rendendosi poi conto di star solo pensando "Ce l'avete fatta, ce l'avete fatta!" disse lui, urlando, isterico, quasi volendoli abbracciare: aveva già fatto rituali del genere, ma mai su due suoi allievi. Era stato orribile, per lui, ma ora, per fortuna, era finita.
    O quasi 'Lance... Lance... controllati!' si disse lui, scotendo la testa e cercando di ritrovare la fermezza e la calma che gli occorreva per chiudere davvero, formalmente, quel rito "Vinir... Vinir, la runa dell'amicizia, della lealtà, vi ha riconosciuto degn. Jesse Aurelius Lighthouse, Erik Foster: agli occhi del cosmo e delle divinità voi siete ad ora Parabatai. Possiate voi affrontare le avversità del mondo con la certezza di non essere mai soli."
    Recitò quella formula, poi si passò un avambraccio sugli occhi, alzandosi e facendo apparire un materasso e quindi, sopra di esso.
    "Non esistono... tradizioni... ma il dolore... è potente e personale... e intimo... e immagino avrete cose da dirvi... o forse non avrete solo la forza di spostarvi. Riposatevi qui, anche tutta la notte... avete il mio consenso... se poi vorrete tornare in camera fate pure ma... ma voglio che abbiate un posto dove riposare... insieme..."
    Non aveva potuto far molto per loro, che poi non era manco così vero, ma quello poteva farlo: ne aveva i poteri e quindi lo fece.
    "Erik... Jesse... congratulazioni... e buona notte" sussurrò lui, lasciando poi l'aula ai due, chiedendosi se, la mattina, li avrebbe ancora trovati lì o li avrebbe invece visti in sala grande.
    A lui, in fondo, poco importava 'Sono parabatai: insieme o separati, non sono mai soli.'

    Conclusione


    Ok, come ho già detto su telegram, si metta agli altri che questo coglione di master si è commosso per questa prova.
    Come si sarà intuito, avete superato la prova, complimenti!
    La bassissima resistenza di Erik è stata compensata dall'incoraggiamento di Jesse e questo ha fatto sì che entrambe le prove fossero più che sufficienti per concludere il rito.
    Segno nelle schede il legame, che da oggi avete il permesso di giocarvi sia a livello narrativo sia parametrico.
    Ancora compliementi!

    Punti da assegnarsi:
    Lancelot: 8PE
    Jesse: 6PE
    Erik: 6PE
     
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9 replies since 6/10/2019, 19:13   490 views
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