Votes taken by Amelia Farley

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    Non sapeva nemmeno lei che cosa si aspettasse di preciso di causare presentandosi al ballo, per di più senza un cavaliere ufficiale. Per una così popolare, che era sempre stata circondata da galoppini pronti a muoversi ad un suo cenno, era difficile immaginare di andare ad un ballo scolastico da sola. Certo, si trattava solo di una formalità, nella sua testa lei stava andando lì per Nathan ma non era la stessa cosa di andarci con lui. Eppure aveva organizzato ogni dettaglio con il suo solo metodo, attenta ad ogni minima variabile e con tutta l'intenzione di mostrarsi al meglio delle sue possibilità, come sempre ma anche più del solito.
    Parker probabilmente non era consapevole di quel che aveva scatenato, ma dire ad Amelia che era arrivato ad odiarla e prometterle qualcosa di incerto, senza sicurezze, aveva fatto scattare nella ragazza un atipico -almeno per lei- senso di protezione. Non tanto verso l'altro, anche se in un certo senso era così, ma più che altro nei confronti del loro rapporto: se prima era stata lei quella che aspettava l'altro, che pretendeva di essere cercata, ora aveva intenzione di lottare più che mai per impedire a quella relazione così instabile di scivolarle tra le dita.
    Era un po' come se, nonostante si conoscessero da abbastanza ormai e fosse sicura di piacere a Nathan -non poteva davvero odiarla no?!-, avesse intenzione di conquistarlo di nuovo.
    Si era quindi infilata in un abito verde bosco, di pura seta, che lasciava la schiena completamente nuda e al quale aveva abbinato un morbido scialle bianco, giusto perchè solo le persone giuste notassero alcuni dettagli e anche per dare all'abito, altrimenti troppo semplice, un tocco di eleganza in più.
    Si era poi prodigata in un'acconciatura complessa di trecce, che lasciava solo alcune ciocce strategiche libere sul viso e il resto del capelli sciolti solo sulla schiena, a completare il suo outfit facendola sentire una principessa. Aveva optato per dei tacchi abbastanza alti da farla arrivare appena sopra le spalle di Nathan - e non poteva negare di aver fatto proprio quel calcolo- e aveva poi stipato tutto quanto in una tasca interna del vestito, ovviamente stregata con un incantesimo di Estensione per poter infilare tutto quello di cui aveva bisogno.
    Avrebbe fatto il suo ingresso nel corridoio che portava alla Sala Grande con una camminata felina, elegante e ben calibrata, cominciando da subito a guardarsi intorno alla ricerca di un paio di occhi di un nocciola ben specifico. Non aveva idea se Nathan sarebbe andato davvero, le aveva promesso niente certezze e niente come prima, sospettava quindi di doversi aspettare la sua assenza, nonostante una parte di lei fosse già convinta del contrario.
    Detestava le illusioni, detestava più che altro la sensazione che ne seguiva, quel senso di stupidità che la travolgeva ogni volta che si scontrava con la dura realtà: non sempre le cose andavano come avrebbe voluto, e malgrado si impegnasse perchè tutto andasse secondo i suoi piani, aveva lo stesso accettato i compromessi di Nathan come se niente fosse. E quel che era peggio era che non se ne era ancora pentita.
    Aveva intenzione di dirigersi verso i tavoli con il cibo e le bevande, alla ricerca di qualcosa di più sofisticato della cioccolata calda, ma venne interrotta nei suoi piani nello scorgere una zazzera castana che spiccava sulle altre. Non aveva trovato i suoi occhi ma il cuore di Amelia mancò comunque un battito prima di accelerare nel tempo, anche se avrebbe volentieri omesso di sentirsi così solo dopo aver visto il ragazzo da lontano.
    Si impose di non velocizzare troppo il passo, raggiungendolo comunque piuttosto in fretta, riuscendo però a non sbirciare sul suo telefono e accennare un mezzo sorriso. "Posso chiederti un ballo, Parker ?" avrebbe domandato, nascondendo in gran parte l'agitazione e la tensione per un eventuale rifiuto.
    Amelia Farley

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    Se c'era una cosa che Amelia detestava essere quello era "banale e prevedibile". Era stata cresciuta con la convenzione di dover essere unica e irripetibile, una persona indimenticabile agli occhi di tutti, degna del suo cognome, e faticava ancora a staccarsi da quella visione di sè stessa. Per lei la maschera che si era creata era un vanto, non qualcosa di cui vergognarsi o un limite, ed era abituata a studiare chiunque avesse intorno al fine di "fare colpo".
    Non la reputava più nemmeno una forzatura, cercava sempre di cogliere i punti deboli o quantomeno le caratteristiche di chi aveva di fronte, giusto per assicurarsi di essere sempre un passo avanti a chiunque. Non che avesse dubbi in merito, era sicura delle proprie capacità e raramente arrivava al punto di metterle in dubbio, tanto che ogni processo era ormai inconscio, come se la sua mente ci tenesse a proteggerla dalla dura realtà dei fatti: Amelia Farley era umana esattamente come tutti gli altri.
    Ridacchiò di fronte a quella provocazione, segno che non aveva intenzione di lasciarsi scalfire da parole come quelle, per poi stringersi nelle spalle quando l'altro rise alla definizione di novellino. Non lo ricordava affatto, se si erano incrociati a lezione per qualche ragione lo aveva eliminato dalla sua memoria e le sembrava strano riuscire a dimenticare qualcuno dalla risposta così pronta. Certo, la sua attenzione era stata monopolizzata in modo imbarazzante nell'ultimo anno, e avrebbe incolpato senza fatica Nathan per quella dimenticanza, eppure non poteva essersi rimbecillita a tal punto da ignorare un tizio sveglio fino a quel punto. Lo avrebbe notato prima o poi no?!
    Inclinò la testa, incuriosita.
    "Non ti ho visto in giro, oppure ti sei mimetizzato molto bene tra tutti gli altri. Per essere uno non prevedibile non mi sei rimasto in testa." gli fece notare con leggerezza, come sempre provocatoria, mentre cercava di indagare in qualche modo su chi fosse. Non sapeva nemmeno da dove nascesse quell'interesse, in genere non le importava granchè della storia di chi aveva davanti, ma ora non poteva che essere incuriosita.
    Non era comunque incuriosita a sufficienza da provare interesse per i suoi malesseri, non aveva intenzione di cadere nella trappola delle domande personali e non voleva davvero sapere che cosa lo tediasse abbastanza da voler cominciare da capo.
    "Beh non conosci me, è già un buon inizio. Amelia Farley." colse l'occasione per presentarsi con un sorrisetto sornione, come se davvero non conoscere lei equivalesse a non conoscere nessuno, o quantomeno a non conoscere qualcuno di parecchio rilevante.
    Alla sua domanda rubò un altro morso del suo sandwich, per poi lanciargli un'occhiata di sfida. "Non ho bisogno di sorprenderti ogni secondo." replicò con la sua solita supponenza, come se avesse già fatto abbastanza per spiazzarlo, per poi studiarlo apertamente qualche altro istante prima di fare la sua deduzione. "Nessun altro avrebbe cominciato a parlarmi durante la pausa pranzo pensando di uscirne vivo. Apprezzo se non altro il tuo coraggio." concluse alla fine con sguardo divertito per poi fare qualcosa di davvero imprevedibile: gli tese il suo secondo sandwich, comunque meno imbottito del suo, con una leggerezza che quasi non le apparteneva, non con gli sconosciuti almeno. "Preferisco che non cominci a salivare sul mio." lo punzecchiò, giusto per condire la sua offerta.
    Amelia Farley

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    Non si reputava una esperta di quelle cose e odiava abbastanza le commedie romantiche da non avere troppi riferimenti in merito, eppure le poche puntate di “Una mamma per amica” che aveva intravisto nella televisione di Ashley quando era più piccola le suggerivano che quel genere di confessioni, in genere, fossero meno arrabbiate e sofferte e più romantiche. Non che a lei del romanticismo fosse mai importato granché, e non si poteva sentire la mancanza di qualcosa che non si aveva mai avuto, giusto?
    Passata la sorpresa iniziale, che l’aveva lasciata immobile a fissare Nathan senza battere ciglio il suo esordio fu abbastanza prevedibile. “Sei un’idiota, cazzo.” pronunciò senza vergogna, gli occhi più lucidi e le guance che si coloravano di un rosa deciso. Avrebbe voluto prenderlo a schiaffi, insultarlo, forse anche morderlo in quel momento e in un modo non troppo sexy. Come in tutte le cose Amelia non era tipo da compromessi, come lei vedeva spesso la vita in bianco o in nero, anche le sue reazioni -ancora di più dopo la trasformazione- erano sempre travolgenti, in positivo come in negativo. Era felice di quel che Nathan le aveva detto? Certo, il cuore le batteva all’impazzata nel petto e sentiva una sensazione allo stomaco che solo quello stupido Ametrin alto due metri poteva causarle, eppure non era quella l’emozione prevalente. Tutto quello che sentì montare fu rabbia, per come si era appena definito per lo più e per l’aver assunto ipotesi basandosi solo sul fatto che lei, proprio lei, con i sentimenti non era così brava come dava a vedere.
    In quel momento non pensò troppo a che cosa si potesse dedurre dalla sua prima frase, e non si trattenne dal dargli un pugno sul petto: Amelia era minuta, non avrebbe potuto fargli troppo male e per quanto lo colpì con decisione non come fa nemmeno ferirlo, dopotutto.
    Gallopin’ gorgons… tu pensi davvero che io avrei scelto di passare del tempo con te se non ti reputassi brillante, affascinante e dannatamente sexy?! Pensi davvero che avrei anche solo pensato di rivederti se non ti avessi ritenuto una delle persone migliori che abbia mai incontrato?!” ringhiò con rabbia, snocciolando una serie di complimenti senza nemmeno rendersene conto. Più parlava, più il nervosismo misto alla paura -innegabile- di averlo davvero perso cominciarono a farla da padrona, togliendole il fiato e anche quella lucidità che cercava sempre di mantenere. Cominciò a prenderlo a pugni più volte, con forza decrescente, mentre il cuore cominciava a rimbombarle nelle orecchie e qualche lacrima -di rabbia avrebbe detto lei- le segnava le guance.
    “Sei arrivato nella mia vita, mi hai incasinato la testa… non riesco a fare altro che pensarti, cazzo, e tu te ne reagisci così?! Solo perché non so come diavolo gestire tutto quel casino che mi invade lo stomaco ogni volta che sei intorno?!” continuò alzando la voce, incurante di spaventare quel cosetto che ora Nathan si portava dietro e che, in ogni caso, lo aveva distratto troppo per i suoi gusti. Se non altro ora erano vicini, una parte di lei gongolava nel poter sentire il suo profumo e il suo calore di nuovo ma per paura che decidesse di allontanarsi di nuovo alla fine lo afferrò per la maglia, per non lasciarlo andare.
    In quel momento non era in grado di pensare davvero e analizzare tutto ma quel “amavo”, al passato, distrusse ogni briciolo di compostezza rimasta, gettandola in quello che per lei poteva definirsi panico, una nuova sensazione ben più spiacevole delle altre.
    “Va all’inferno Nathan Parker King, mi sono innamorata di te al primo sguardo e tu nemmeno te ne sei accorto.” ringhiò alla fine, gli occhi che assumevano ora un nuovo riflesso, il respiro sempre più corto e la sua mente che sembrava farsi meno lucida mentre tremava contro di lui. Era chiaro che non aveva intenzione di lasciarlo andare, così come era chiaro che in quel momento non fosse affatto padrona di se stessa, stava a Nathan decidere se fosse un bene riuscire a farle perdere il controllo fino a quel punto oppure no.
    Amelia Farley

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    Aveva pensato parecchie volte, negli ultimi mesi, a loro due, a come si erano incontrati, a come avevano finito per costruire qualcosa di concreto nonostante le sue aspettative e il fatto che non avesse mai pensato di trovare un fidanzato o qualsiasi cosa Nathan fosse. Si rifiutava ancora di usare vere e proprie etichette, forse non era ancora pronta per una definizione che rendesse tutto ancora più concreto e reale.
    Le piaceva quello che avevano costruito, si era resa conto da sola di quanto le mancasse quel rapporto quando erano lontani, e forse proprio quella sensazione la spaventava, l'idea di dipendere da qualcuno per essere felice -anche se si trattava comunque di una dipendenza relativa- non la faceva impazzire eppure sospettava di non avere già più scelta. D'altra parte stava con Nathan la faceva sentire bene, e forse quella era la parte peggiore: come poteva rinunciare a qualcosa di positivo, raccontandosi di non averne bisogno?
    Alzò le sopracciglia quando l'altro parlò di come le cose semplici lo annoiassero, non si aspettava una stoccata di quel tipo e quella andò a segno subito, come se lo avesse detto direttamente a lei. "Fortuna allora che sono io ad averti trovato." cercò di difendersi, mostrando però così di essere stata punta nel vivo.
    Sospettava di meritarsi quel genere di risposte, l'acidità, la freddezza, il distacco che lei aveva sempre riservato a chiunque altro e che ora le si ritorceva contro. Dopotutto Nathan era diverso anche per quello, riusciva a farla sentire in modi che non avrebbe mai reputato "suoi" prima di quel momento, sentimenti che non contava di poter provare ed emozioni che non le appartenevano. Anche quel senso di mancanza, il bisogno di avvicinarsi di più, la voglia di abbracciarlo...erano tutte sensazioni profonde e improvvise, che non era sicura di poter controllare e per una che aveva sempre avuto il coltello dalla parte del manico quello equivaleva a mostrare il fianco e combattere bendata contro un nemico imprevedibile. Non certo una situazione che avrebbe ricercato volontariamente, ecco.
    Non aveva comunque intenzione di abbassare le difese del tutto, aveva ancora una dignità e un certo orgoglio e comunque pensava di essere, almeno in parte, nel giusto. Nathan forse si era sentito ignorato, ma non aveva capito niente di lei? Proprio lui, così empatico e attento a tutti non riusciva a capire quanto per lei quella situazione fosse nuova? Non meritava nemmeno un po' di comprensione?
    "Sarebbe bastato quello? In genere è la gente che mi cerca, nessuno mi evita, vedrò di annotarmi questa osservazione." replicò, con un tono che rimaneva comunque sulla difensiva e che suonava come una scusa ma comunque nel suo stile. Sospirò piano, cercando di non irrigidirsi troppo comunque, non era davvero lì per litigare e non aveva fatto lo sforzo di cercarlo per mandare poi tutto all'aria.
    "Pinguini comunque non è male come soprannome, non si discosta molto dalla realtà." gli concesse comunque, accennando un vago sorrisetto. Non aveva tutti i torti, forse lei non li avrebbe definiti così ma quell'osservazione le forniva comunque del materiale: Nathan aveva comunque continuato a seguirla, aveva visto quel che aveva pubblicato, significava che dopotutto provava ancora un certo interesse.
    Non era una cosa scontata, doveva ammettere di essersi immaginata una conversazione ben diversa da quella che stavano avendo, con Nathan che si mostrava molto più disponibile e accondiscendente ma doveva ammettere che quella versione del ragazzo non gli dispiaceva poi così tanto, anzi era eccitante sapere che aveva intenzione di tenerle testa e non darle ragione a priori.
    "Non mi serve nulla, volevo rivederti." replicò, stringendosi appena nelle spalle, cercando comunque di trovare qualcos'altro da aggiungere, e si sorprese nell'avere sincero interesse nel continuare a parlare. "Mi sembra che anche tu ti sia divertito quest'estate, comunque."
    Amelia Farley

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    Era abituata a persone che cadevano ai suoi piedi senza fatica, era stato così per gran parte della sua vita, e se non era per la sua bellezza o la sua sicurezza era facile che fosse per il suo cognome. A Hidenstone aveva cominciato a usare meno certi privilegi in proprio favore, aveva una cricca meno nutrita di seguaci e la cosa forse non le dispiaceva nemmeno troppo, ma trovava ancora eccitante l'idea di avere di fronte qualcuno non pronto a pendere dalle sue labbra ad un suo battito di ciglia. Era intrigante, e in effetti a guardarlo bene il ragazzo aveva qualcosa di abbastanza luminoso negli occhi da risultare curioso, se non altro: sembrava ben consapevole del gioco a cui stava prendendo parte, come se fosse abituato a quelle sfide, come se non fosse la prima volta che si ritrovava di fronte qualcuno come lei e provava a tenerle testa.
    Era abbastanza certa che quello fosse proprio il genere di ragazzo che sua madre avrebbe guardato storto, con quell'aria da "comune mortale" e non certo ragazzo benestante che caratterizzava tutti i ragazzi che aveva sempre intorno, e al contempo l'aura di trasgressione, come se non avesse nella mente il viso di qualcun altro in quel momento. Qualcuno che avrebbe davvero voluto rivedere ma che ancora non aveva approcciato...avrebbe dovuto farlo lei?! Sul serio?! Almeno il moro ora la stava degnando di attenzioni, mentre qualcun altro non l'aveva ancora nemmeno cercata.
    Scosse appena la testa, fingendo che la sua risposta non fosse nemmeno lontanamente vicina alla realtà. "Prevedibile" sbuffò con il solo scopo di infastidirlo ma senza perdersi nessuno dei suoi movimenti mentre si stiracchiava, con gesti fluidi e dettati dall'abitudine, e prendeva posto ben più vicino a lei di quanto avrebbe voluto, almeno fino a poco prima.
    Giusto per fargli pensare che gliene importasse ancora meno tornò a dare un morso al suo toast, stringendosi nelle spalle per tutta risposta, in un silenzioso "se per te questo è poco socievole".
    Si ritrovò comunque anche fin troppo sulle stesse onde dell'altro, inclinando appena la testa in un gesto di assenso. "Si vede che sei un novellino ma non posso darti torto." concesse, forse fin troppo buonanime, per poi corrucciare le sopracciglia quando l'altro si diede dell'imbecille da solo. Avrebbe anche potuto dargli ragione senza troppi sforzi, in effetti era un imbecille o comunque lo avrebbe insultato anche a caso più che volentieri, giusto per sfizio, ma sospettava che non si sarebbe definito così a caso, con tanta leggerezza, dal nulla.
    Le mancava un po' di sana competizione in quelle mura, anche se ne aveva trovata molta più di quante pensasse era un po' che non gli capitava a tiro qualcuno interessante e sicuro di se come Josh e non potè fare a meno di sciogliersi in una risatina sincera quando sentì quelle parole. "Sai? Avrebbe più senso dire il contrario, sono famosa per venire qui quando le persone là dentro hanno cominciato a diventare fastidiose." replicò con naturalezza per poi regalargli un'altra occhiata più approfondita per poi inclinare appena la testa e indicare con un cenno la sua spilla. "Oh... ora si spiegano molte cose. Ametrin." osservò con il tono di chi voleva sottolineare chissà che cosa, un mezzo sorrisetto di sfida sul volto.
    Amelia Farley

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    Diversamente da quello che si poteva pensare, la distanza che aveva messo tra se stessa e Nathan non faceva parte di un contorto piano per farlo ingelosire o per permettere al ragazzo di realizzare quanto si potesse sentire perso e solo senza di lei. Una volta, anche solo un anno prima, avrebbe organizzato qualcosa del genere, anche solo per confermare di avere un certo ascendente su di lui e di non essere sostituibile con qualsiasi altra, ma ora non aveva progettato niente, era successo e basta.
    Non aveva mai desiderato davvero prendere le distanze, e aveva pensato al ragazzo molto più di quanto le piacesse ammettere, ma non aveva idea di come fare altrimenti e dal momento che Nathan non era ancora tornato da lei strisciando -come facevano tutti quanti, prima o poi, per le sue esperienze passate- alla fine si era convinta a prendere lei in mano la situazione. C'era qualcosa di piacevole quanto strano in quella decisione, ma aveva dovuto lottare parecchio contro la paura di risultare patetica, sciocca o peggio ancora disperata prima di realizzare che se non lottava per quel che voleva aveva ben poche speranze di ottenerlo, per una volta.
    Una come Amelia non era abituata a cercare nessuno, non lo aveva mai fatto prima, non era stato necessario: erano le persone ad avvicinarla, a cercarla, ad elemosinare il suo sguardo e le sue attenzioni, e malgrado sapesse da sempre che Nathan era diverso da tutti gli altri, fino a quel momento sentiva di non aver realizzato quanto.
    Una parte di lei apprezzava quell'indipendenza, l'idea che l'altro sapesse fare a meno di lei ma scegliesse di volerla al suo fianco perchè lo voleva, non solo per mero bisogno di sentirsi importante con una come lei accanto. Eppure quell'incertezza, quell'essere stata ignorata, bene o male, per un'estate intera l'aveva anche portata a chiedersi se la stesse scegliendo per davvero, dopotutto, o se il loro fosse stato solo un flirt nato per caso, continuato per divertimento, e niente di più.
    Certo, dopo essersi obbligata ad analizzare a ritroso il loro rapporto ammetteva che era sempre stato Nathan a cercarla, e dopo un'altra attenta e lunga analisi aveva convenuto con se stessa che poteva compiere qualche sforzo in più per fargli capire che anche lei lo voleva. Avrebbe dovuto essere scontato, per lei era evidente come lo trattasse sempre diversamente, ma forse non era così.
    Inclinò la testa quindi, osservando la scena a distanza più ravvicinata, fermandosi solo a qualche passo dai due. "Ti sei scelto un nuovo amico esigente." osservò, e già mostrare interesse per quel che stava facendo le sembrava un chiaro segno di quanto potesse essergli mancato. Non abbastanza però, visto che Nathan le rispose con più freddezza di quanto immaginasse.
    Normalmente si sarebbe irrigidita, forse addirittura offesa per quella poca considerazione, ma non era lì per farsi adulare e forse cominciava a intuire di aver davvero sbagliato per una volta.
    "Ti stavo cercando." rispose con leggerezza, come se si trattasse di una ovvietà, inclinando appena la testa. "Non è stato facile trovarti in effetti, comincio a sospettare che mi stessi evitando di proposito." aggiunse con un mezzo sorriso, forse più sicuro di quanto non si sentisse, mentre cercava di mettere da parte l'improvviso bisogno di avvicinarsi di più.
    Amelia Farley

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    Era stata un'estate...caotica. Non appena Hidenstone aveva chiuso le porte per la pausa estiva si era ritrovata coinvolta in uno dei mille campus estivi ai quali sua madre l'aveva sempre obbligata a presenziare, una sorta vacanza pagata tra altri ragazzini ricchi che lei aveva sempre amato e odiato assieme. Da un lato adorava l'idea di primeggiare e mettersi in mostra con gli altri suoi coetanei, quelli che condividevano le sue stesse cifre di eredità e che lei non vedeva l'ora di veder affondare. Dall'altra parte però quell'anno era tutto diverso: aveva lasciato la scuola dopo aver passato un anno con Nathan, e non era certo abituata ad avere legami così profondi e importanti per così tanto tempo.
    Non aveva idea di come gestire quel genere di rapporto nel lungo termine, non era nemmeno abituata a chiedersi quel genere di domande, ad avere dubbi su come e quanto tenere i contatti con qualcuno, quindi alla fine aveva agito come faceva sempre, senza cambiare granchè. Non aveva evitato l'altro del tutto, non ne aveva ragione e ogni volta che pensava di dimenticarsene qualcosa di strano le prendeva lo stomaco, ma comunque non si era sforzata di trascinare avanti le cose, non si era fatta sentire granchè e aveva continuato a postare foto della sua vacanza e della sua estate.
    Si era goduta meno il campus estivo di quanto avrebbe voluto, si era isolata più del suo solito e si era ritrovata a godere di più dei momenti di solitudine, finendo per partire da sola per le Highlands per qualche giorno solo per godere di una libertà di cui non pensava nemmeno di avere bisogno. Le era servito, si sentiva molto più connessa a se stessa e cominciava ad accettare anche la sua natura di licantropo, tutto sommato.
    La sua vacanza fuori programma l'aveva portata a saltare i primi giorni di scuola, ritornando ad Hidenstone con un leggero ritardo che le aveva permesso di saltare i giochi di inizio anno, cosa che le era dispiaciuta solo perchè non aveva avuto la possibilità di vincere in ogni gioco possibile.
    Comunque il ritorno a scuola non aveva cambiato granchè le cose tra lei e Nathan, sospettava che entrambi fossero stati abbastanza impegnati da non incrociarsi mai per davvero e non sapeva che cosa pensare. Non si era chiesta che cosa avrebbero fatto una volta tornati sotto lo stesso tetto, non si era domandata cosa volesse davvero da loro due ma, per quanto strano, le mancava e non aveva intenzione di ignorarlo come poteva fare con chiunque altro.
    Così alla fine, contro ogni aspettativa, aveva chiesto in giro dove fosse il ragazzo e si era addentrata nella Riserva solo per raggiungerlo. Le bastò vederlo da lontano per sentire lo stomaco contorcersi e si rese conto di non sapere ancora che cosa dirgli di preciso o che cosa fare. Forse avrebbe dovuto sforzarsi di progettare qualcosa prima di finire lì, ma era troppo tardi perchè non l'avesse vista e lei non era così codarda da tornare sui suoi passi.
    Alla fine optò per uno dei suoi soliti sorrissetti e un cenno leggero della testa, indicando non solo Nathan ma anche all'animaletto - che da lontano non era sicura di saper identificare- che sembravava dormirgli addosso. "Ti sei dato alla vita da eremita?" buttò lì con più leggerezza possibile, cercando di nascondere ogni parvenza di nervosismo.
    Amelia Farley

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    Cominciava, per certi versi, ad accettare anche gli imprevisti, sopratutto quello che riguardavano interazione con persone che i Farley non avrebbero mai frequentato normalmente. Era abbastanza certa di non aver incontrato il ragazzo in uno dei suoi ricevimenti, e questo la riportava all'idea che con ogni probabilità non faceva parte dell'élite inglese, un elemento che lo rendeva interessante forse proprio perchè fuori dalla sua "comfort zone". Già il fatto che sua madre lo avrebbe guardato storto la convinceva a non ritrarsi subito, se non altro non sarebbe stata una conversazione monotona no?!
    Si strinse nelle spalle alla sua domanda, accennando un mezzo sorriso divertito. "Ai posteri l'ardua sentenza" rispose piccata, senza sbilanciarsi troppo ma senza comunque negare di aver lanciato una simile accusa. Per quel poco che ne capiva di esseri umani, di certo l'altro non aveva intenzione di mollare la presa e non sembrava nemmeno smidollato a sufficienza da farsi intimidire.
    Forse anche perchè sembrava intenzionato a darle del filo da torcere, e si era svegliata con il piede giusto, sedersi non troppo distante da eliminarlo del tutto dal suo campo visivo sembrava la soluzione migliore.
    Non si aspettava che rimanesse zitto, e se gli lanciò solo un'occhiata dubbiosa alla sua affermazione sull'essere un esperto di pericolo, quanto gli chiese di offrirgli qualcosa ottenne una reazione di certo più articolata.
    Alzò un sopracciglio perfettamente pettinato, senza mancare di passare meglio lo sguardo sull'altro, studiandolo in silenzio per qualche istante. "C'è ancora cibo in Sala Grande. Nulla ti vieta di andartelo a prendere." replicò, prima di azzannare il suo panino e cominciare a mangiare di gusto, di certo senza mandarlo a quel paese ma nemmeno invitandolo a unirsi al suo spuntino.
    Era indubbio che l'altro, per quanto fastidioso, avesse comunque una qualche scintilla capace di accenderla in positivo: poteva dire con onestà di non sentirsi quasi mai così, trovava i suoi compagni di scuola spesso irritanti, se non scontati, banali e noiosi, e le eccezioni rimanevano ben poche. Di certo non si aspettava di trovare una di queste eccezioni proprio quel giorno, e non era nemmeno sicura se fosse un'allucinazione, sintomo di follia o chissà che altro.
    Come era già successo cominciò, suo malgrado, ad arrovellarsi circa che diavolo avesse quel tipo di tanto interessante per il suo inconscio. Che cosa poteva mai trasmetterle? Era davvero diverso dagli altri? A primo acchito sembrava solo più simile a lei del solito... forse era quello ad attrarla tanto?
    Sentiva i suoi occhi addosso, se non altro l'interesse era reciproco e riusciva a farla sentire meno idiota.
    "A parte per sfidare la sorte e, forse, essere uno sfigato, perchè i Giardini Pensili? Dovrebbe essere quel periodo dell'anno in cui tutti, finalmente, vi decidete a stare dentro." buttò lì, giusto per indagare meglio quell'assurda sensazione.
    Amelia Farley

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  9. .
    Numero cinque Certo, scrivimi in MP che ci accordiamo <3
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    Vorrei far resuscitare Amelia, se qualcuno ha voglia di qualche role <3

    Numero di partecipanti: quanti volete
    Sezione in cui aprire: Indifferente
    Info aggiuntive: Amelia è un licantropo, se può servire come info <3
  11. .
    Amelia Farley
    Dioptase

    SHEET | STAT| SOCIAL| DRESS
    parlato - pensato- ascoltato
    Si rendeva conto di essere alquanto irrazionale, non si trattava di qualcosa che le persone potevano davvero "copiare", il diventare un licantropo, ma fino a quel momento aveva fatto del suo essere "diversa" la sua unica fonte di conforto, e ora che sapeva che non era più così diversa che cosa avrebbe mai potuto inventarsi?
    Era una maledizione, sua madre glielo aveva detto più o meno direttamente mille volte e sua sorella anche di più, eppure aveva risposto a quelle assunzioni -per lo più nella testa - ripetendosi che lei sarebbe stata comunque migliore di una qualunque maledetta, che avrebbe mostrato di essere forte, una ragazza che sapeva cavarsela da sola e non negava di aver fatto di quella parte di sè un vanto rispetto a tutte le altre ragazze che aveva incontrato.
    Essere un licantropo era solo parte della sua natura ma si era obbligata a considerarlo un tratto distintivo, sopratutto negli ultimi tempi: lei era anche altro ma non poteva dimenticare quella parte di sè, era alquanto impossibile ignorarla ormai.
    Non pensava di poter condividere quel momento con qualcun altro, si sentiva vulnerabile e arrabbiata, che fosse più o meno sensato: ora Aibileen provava a rubarle la sua sicurezza, a ricordarle che lei non era l'unica che poteva sopravvivere a tutto quello in un momento così delicato della vita di ognuno?!
    Si ritrovò a squadrare l'altra, realizzando di quanto sembrasse comunque diversa dalla ragazzina balbettante che aveva incontrato l'anno prima, più matura...forse erano i capelli o il fatto che non sembrasse intenzionata a scoppiare a piangere da un secondo all'altro. O forse di quello non era poi così sicura.
    Amelia non sapeva cosa fosse l'affetto famigliare, non aveva ricevuto un'educazione basata sull'amore, e sua madre non si era mai dimostrata protettiva, dolce o gentile con lei, nè tanto meno suo padre o Ashley. Stava imparando a conoscere quel tipo di attenzioni, spinte solo dall'affetto, con Nathan e ancora faticava a comprenderle fino in fondo, figurarsi se poteva immaginare che Aibileen fosse mossa da un sentimento simile! Perchè mai poi?
    Alla sua domanda ne approfittò per darsi di nuovo un tono, raddrizzando meglio la schiena e annuendo brevemente.
    "Certo che so dove ci troviamo" replicò con sicurezza, tralasciando il fatto che lo sapesse perchè aveva percorso quella foresta forse fin troppe volte.
    Non aveva riflettuto a lungo prima di fare la sua domanda, non aveva pensato al fatto che fare quella domanda significasse scoprirsi a sua volta ma dopotutto avrebbe potuto negare ancora per molto?!
    Sospirò profondamente di fronte alla sua rivelazione, e se qualcuno avrebbe potuto pensare che stesse giudicando Aibileen per le sue lacrime, qualcun altro avrebbe potuto notare il suo silenzio, il fatto che non commentò per quella rivelazione anche se avrebbe potuto. Lasciò che quella confessione vibrasse in aria per qualche istante, prima di decidere di doversi occupare della propria pelle d'oca: prima ancora di rispondere si allontanò dalla ragazza senza dire niente, avvicinandosi ad un albero cavo poco distante, dal quale estrasse una vecchia sacca che aprì con sicurezza. Dopo le prime trasformazioni aveva capito che non poteva portare niente con sè ma non poteva nemmeno girare nuda. Estrasse dal borsone una camicia a maniche lunghe, palesemente non sua - sì Nathan, ecco dov'è finita la tua camicia bordeaux...! - e lanciò una felpa abbastanza lunga e larga ad Aibileen, senza preoccuparsi se l'avrebbe presa o meno al volo. "Sono passati più di un paio d'anni ormai." disse solo, col tono più piatto che riuscì a trovare.

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  12. .
    Ehilà <3
    Vi offro la mia dispotica e un po' antipatica Amelia <3
  13. .
    Amelia Farley
    Dioptase

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    parlato - pensato- ascoltato
    Non aveva senso, sia perché Amelia non accettava la possibilità di condividere quel posto con qualcun altro, sia perché Aibileen era l’ultima persona che si sarebbe immaginata di incontrare poco dopo una luna piena, nel cuore del bosco. La ragazzina, timida e balbettante, non aveva proprio l’aria di una che poteva sopravvivere al bosco di notte, così selvaggio e imprevedibile soprattutto di notte. No, Aibileen al massimo poteva risultare “al proprio posto” in una radura battuta dal sole e piena di farfalle, Amelia era convinta che solo lei stessa potesse appartenere ad un posto così poco accogliente, almeno tra loro due. Non era così tanto narcisista da credere di essere l’unica licantropa al mondo, ma di certo non pensava di avere compagnia in quel posto e non aveva voglia di avere compagnia e interagire con qualcuno proprio adesso.
    Ancora meno aveva voglia di trovarsi di fronte la preoccupazione stucchevole di Abileen, che la stava riempiendo di domande e trattando come una bambina o una principessa in pericolo. Forse era tutta colpa di una educazione atta a crescerla come autonoma e sempre forte, di fronte a qualsiasi cosa, ma non era proprio abituata ad attirare la preoccupazione degli altri, anzi la viveva come una debolezza più che come una fortuna. Non le piaceva essere consolata, lei sapeva benissimo salvarsi da sola e non aveva alcun bisogno che Aibileen si struggesse o si preoccupasse della sua incolumità.
    “Certo che sto bene!” tagliò corto, rispondendo in modo forse fin troppo piccato e prendendosi qualche istante per osservarla con più attenzione, convinta che non stesse dicendo la verità. Come poteva essersi persa proprio quella notte? Proprio in quel bosco… C’era qualcosa di diverso nella ragazza, e non era solo il fatto che balbettasse meno, aveva qualcosa di diverso nel modo di porsi e soprattutto nella sua nudità. No, nessuno si sarebbe perso senza vestiti in un bosco e se Amelia, con chiunque altro avrebbe potuto sospettare, una notte di baldoria e di particolare intimità, non avrebbe potuto fare quel genere di assunzione sulla ragazzina che aveva di fronte.
    No, c’era solo una risposta possibile, in quel caso, e quella consapevolezza le invase la mente cancellando qualsiasi altra cosa, comprese le parole di Aibileen che si persero nell’etere, scontrandosi solo con lo sguardo duro ma comunque spiazzato della bionda, che la fissò immobile per qualche istante prima di aprire di nuovo la bocca.
    “Sei stata morsa. Quando?” domandò alla fine, a bruciapelo, senza alcun giro di parole e senza farsi problemi ad indorare la pillola o spiegare a che cosa si stesse riferendo, era abbastanza sicura che l’altra lo avrebbe compreso da sola e, in caso contrario, avrebbe comunque capito qualcosa dalla sua reazione.

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  14. .
    Amelia Farley
    Dioptase

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    parlato - pensato- ascoltato
    Non si spiegava nemmeno lei la motivazione per quell’inizio, avrebbe potuto ignorarlo, appellandosi alla propria superiorità, e fare finta di niente, ma non era quello il giorno giusto. Forse era anche colpa di Nathan o, più in generale, del fatto che ultimamente fosse molto più difficile discutere con qualcuno, stava cominciando ad attorniarsi di fin troppe persone con cui litigare non era così semplice e non era più sul punto di tirare fuori ogni pretesto pur di prendersela con qualcuno. Non con Nathan, e tutti gli altri sembravano troppo poco interessanti perché lei si concentrasse su di loro, dedicandogli il proprio tempo. Forse Adrien avrebbe dovuto ritenersi addirittura fortunato, doveva avere qualcosa di diverso se si era sprecata anche di rispondergli e dargli filo da torcere!
    Se fosse stata più ribelle avrebbe usato la propria bacchetta sul momento, davanti a tutti gli studenti in biblioteca, trasformando quella bocca nel becco di un’anatra e costringendolo ad andarsene in giro così, e invece si limitò a fulminarlo con lo sguardo ripromettendosi di fargli pagare quella scenata in un altro momento, quando non se lo fosse aspettato.
    Dopotutto Amelia era una che la vendetta la masticava parecchio, ed era sicura che la pazienza ripagasse sulla lunga, donando ad ogni punizione un certo retrogusto ancora più piacevole e dolce del solito e lei ne sapeva qualcosa. Si limitò a stringere i pugni all’ennesimo nomignolo, segnando anche quello nella lista di cose per le quali quell’insulso ragazzino avrebbe dovuto pagare, prima o poi.
    Tesoro nessuno ti ha insegnato a tenere a freno la lingua? Sono sicura che dov-…” cominciò a dire, per poi sentire il telefono vibrare leggermente nella tasca, con un rumore ben preciso che solo un contatto della sua rubrica poteva vantare, Interruppe la conversazione senza farsi problemi, con l’intenzione di far sentire Adrien ancora più insignificante –o almeno nella sua testa quello era l’obiettivo- e le bastò una rapida occhiata allo schermo per corrucciare appena le sopracciglia chiare e irrigidirsi appena.
    Senza dare spiegazioni, che di certo l’altro non meritava, cominciò a chiudere il suo libro e radunò rapidamente le sue cose. “Salvato in corner. La prossima volta non ricapiterà.” disse solo, gelida, lasciando che Thunder le saltasse su una spalla e avrebbe lanciato ad Adrien un’ultima occhiata, superiore, squadrandolo dall’alto al basso. “Non sprecare troppo tempo sui libri, hai proprio l’aria di uno che comunque non riuscirà a superare l’anno.” lo apostrofò con freddezza, per poi voltargli le spalle e andarsene con passo regale e sicuro.

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  15. .
    Amelia Farley
    Dioptase

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    parlato - pensato- ascoltato
    Da quando era stata trasformata aveva passato la maggior parte del tempo a pensare che quella del lupo fosse una natura che non le apparteneva, sbagliata ed estranea, e solo negli ultimi tempi stava imparando ad accettare il fatto che, nel mondo animale, forse era la creatura che riusciva a catturare meglio la sua natura, tutto sommato. Sembrava stupido, un cambiamento profondo e radicale, ma dopotutto stava cambiando anche lei e non era sicura che fosse colpa solo di quel morso che portava, ormai indelebile, sul fianco destro.
    Aveva sempre avuto una certa forza d’animo, una parte di lei che, ribelle, saltava fuori quando lei stessa non se lo aspettava e la portava a lottare con le unghie e con i denti contro quello che la sua famiglia le aveva cucito intorno, con una certa dedizione. Guardandola, non era così difficile immaginare la sua parte più selvatica, nemmeno quando cercava di fingersi sempre perfetta e impeccabile: lo era, le occhiate di ammirazione che aveva sempre ricevuto negli anni erano una conferma, ma c’era sempre una parte di lei tumultuosa, nascosta sotto la superficie, la stessa che la rendeva più intrigante, fatale.
    Cominciava a rivedersi anche nella sua parte più bestiale, anche se continuava a respingerla a tratti, perché incontrollabile, diversa da qualsiasi cosa avesse mai messo in conto, lontana da tutti i suoi piani e dai suoi progetti, eppure c’era poco che potesse fare ormai per tornare indietro. Forse anche il fatto che avesse affrontato tutto quel percorso di accettazione da sola non aveva fatto altro che rallentarlo: non aveva mai condiviso quel segreto con nessuno, la sua famiglia non ne parlava mai apertamente, e anche se le avevano offerto tutto l’aiuto che poteva volere non c’era niente che avesse trovato utile o fattibile fino a quel momento.
    Aveva conosciuto poche altre persone come lei prima di quel momento, era abituata alla solitudine e a dire il vero aveva cominciato a sentirsi così potente anche perché era sola. Ogni traguardo, ogni briciolo di consapevolezza e controllo in più, era tutto merito suo e poteva anche illudersi di essere l’unica in quelle condizioni, quando intorno a lei, sopra, sotto, ovunque non c’era altro che il bosco, pieno di creature spaventate da lei, dalle sue zampe possenti, dal suo ringhio basso e vibrante.
    Non si aspettava compagnia, mai, ma ancora meno si aspettava una compagnia femminile e…conosciuta. Aveva impiegato qualche istante a mettere a fuoco i contorni della ragazza, ma quando il cognome della compagna aveva lasciato le sue labbra, con quel tono pregno di sorpresa, si era già data una risposta da sola: aveva cambiato taglio di capelli, appariva diversa in quel frangente, ma era senza dubbio la balbettante e timida Aibileen Beatrix quella che aveva di fronte. E quell’incontro cominciò ad avere sempre meno senso.
    Si ritrovò addosso le mani tiepide dell’altra prima ancora di poterlo evitare, e tentennò per qualche istante prima di scostarsi bruscamente, cercando di ritornare in sé e mettersi sulla difensiva, cancellando con cura ogni traccia di stupore. “Sto bene” replicò alla fine, cercando di apparire impassibile e intoccabile come sempre, scrutando però l’altra con sospetto cercando di vagliare tutte le ipotesi. “Che cosa ci fai tu qui?” avrebbe domandato alla fine, cercando di evitare di pensare all’ipotesi più ovvia – e più assurda-, parlando come se la foresta fosse sua.


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99 replies since 31/5/2020
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