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.Amelia Farley
DioptaseAmelia era sicura che l’odore della foresta prima o poi le si sarebbe attaccato addosso in modo permanente, e non c’era niente che odiasse di più dell’idea che qualcuno potesse scambiarla per una strana figlia della foresta. Lei, una Farley, che si ritrovava nuda nel cuore di un bosco come una persona qualunque, le ossa doloranti e il respiro corto, costretta a rivivere quell’incubo ogni mese, con i segni del morso che l’aveva resa così visibile sulla schiena. Già i giorni prima della luna piena non erano i migliori, per il suo umore, e se dopo la trasformazione avrebbe dovuto sentirsi meglio, in realtà ogni volta non faceva altro che percepire il peso di quel che era diventata.
Gli uccellini cantavano debolmente intorno a lei, come se avessero paura di indispettirla e causare una sua qualche ragione. Provò a concentrarsi sui pensieri più positivi che riusciva a trovare in quel momento, nel tentativo di calmare il battito del suo cuore e riprendere la sua solita compostezza. Le piaceva la sensazione di libertà assoluta e di superiorità, le piaceva sentire le piccole creature del bosco scappare quando udivano i suoi passi felpati sulle foglie; le piaceva essere una creatura forte e inarrestabile, avere una parte di sé più selvaggia, non vincolata alle regole normali e libera da ogni freno inibitore; anche se detestava essere un lupo, era qualcosa che la rendeva diversa dalla sua famiglia, un atto di ribellione che la sorella non avrebbe mai osato compiere, qualcosa che molti non avrebbero avuto il coraggio di fare.
Non che fosse stata una sua scelta, era stato un incidente, qualcosa contro cui lei stessa si era ribellata, per quanto non avrebbe esitato a sbattere in faccia a chiunque la sua fierezza anche verso quel lato di lei che a stento sopportava. Non aveva imparato a convivere con quella sua parte animale, nemmeno dopo tutto quel tempo, e dopo l’ennesima trasformazione si trovava spiazzata e smarrita come dopo la prima.
Mentre si infilava una felpa, nel tentativo di proteggersi dall’umidità dell’alba che le stava già penetrando nelle ossa, si chiese distrattamente se un giorno sarebbe andata meglio, se ad un certo punto sarebbe stata capace di accettare anche quel lato di se e farsene una ragione. Aveva sempre avuto una notevole autostima e la licantropia aveva minato, almeno in parte, l’amore che provava per sé stessa, per quanto all’esterno si mostrasse sempre come la solita Amelia, stronza e sicura di sé.
Avvolta in una felpa pesante, che le copriva metà cosce, la bionda cercò di darsi una sistemata ma chiunque l’avesse vista in quel momento avrebbe potuto dedurre senza alcun problema che non doveva aver avuto una notte facile, quantomeno, visti i capelli ridotti un disastro, le occhiaie profonde e gli occhi spiritati. Un qualunque mago o esperto di creature magiche avrebbe capito che cosa fosse nel giro di qualche secondo.
Avrebbe voluto solo andare in un posto sicuro, rannicchiarsi da qualche parte e dormire, dimenticandosi di quella notte fino alla prossima luna piena, e invece la sua mente registrò un rumore non troppo lontano e sentì i propri muscoli tendersi, la spina dorsale scattare verso l’alto, mentre tutti i suoi sensi si facevano all’erta per capire da dove provenisse quel rumore. Una delle poche cose positive dell’essere un licantropo era che il suo sesto senso, da dopo la trasformazione, le sembrava molto più vivo e attivo che mai: sapeva percepire cose che prima avrebbe ignorato –forse era solo maturata- e si fidava molto più del suo istinto rispetto a prima. Al momento aveva la sensazione che non avrebbe avuto a che fare con un animale qualsiasi, se non altro non di piccola taglia, ma siccome non era solita scappare, si limitò a cercare di capire da dove provenisse, rimandando a dopo il decidere cosa fare.code made by gin. -
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Edited by Aibileen Beatrix - 22/10/2021, 20:16. -
.Amelia Farley
DioptaseSapeva di essere sola in tutta quella storia, fin dall’inizio. Non aveva mai pensato di poter finire in una situazione simile, ovvio, ma nell’esatto momento in cui aveva capito quel che le stava succedendo la solitudine l’aveva avvolta in una morsa soffocante. In quell’istante aveva perso gran parte del rispetto e dell’ammirazione della sua famiglia, costretta a riguadagnarsi con fatica il suo posto, con Ashley sempre presente a ricordarle che c’era qualcuno che di tutta quella fatica e quell’impegno non aveva affatto bisogno.
Forse era per questo che Amelia era sempre acida e scostante, fredda: una parte di lei sapeva il trattamento che le avrebbero riservato se avessero saputo chi era, per nascondere la sua imperfezione sembrava sempre pronta a staccare la testa a chiunque insinuasse che non era impeccabile come fingeva di essere. Dopotutto era stata cresciuta con l’obbiettivo di essere integra, tutta d’un pezzo, sempre ammirabile in ogni sua forma, e il suo lato da lupo si scostava parecchio da quell’ideale.
In quelle notti di luna piena era selvaggia, sporca, letale, imperfetta, tutto quello che aveva sempre provato ad evitare. La sua mania di perfezione e di grandezza, il suo essere fiera e decisa, avvolta negli abiti migliori, sempre pettinata e a modo, svaniva nel nulla come sabbia tra le dita quando si trasformava: non riusciva nemmeno a riconoscersi, alle volte, la sua mente scompariva del tutto, oscurata dalla fame e da istinti carnali che non sapeva come gestire.
Non si poteva dire che quella parte non fosse in lei anche prima di essere morsa: Amelia aveva sempre avuto una parte inarrestabile, fuori dalle righe, ribelle per certi aspetti, che veniva fuori di tanto in tanto e la portava sempre un po’ più distante dalla filosofia dei Farley e dalle loro imposizioni. Passava la maggior parte del tempo a comportarsi come l’erede di una famiglia borghese quale era, ma poi c’era sempre una parte di lei che scalpitava per uscire, da un momento all’altro: ed era per questo che finiva spesso con i ragazzi sbagliati, quelli che la sua famiglia non avrebbe mai accettato, o si infilava in qualche locale di fronte al quale sua madre sarebbe sbiancata e avrebbe cominciato a lanciare gridolini shoccati.
Era sempre in bilico su una linea molto sottile, a metà tra un mondo e l’altro, e quell’equilibrio delicato e fragile le era sempre piaciuto, in qualche modo. Era in quei momenti nei quali decideva se essere un’Amelia o l’altra che sentiva di avere controllo sulla propria vita e le proprie scelte, era in quei frangenti che le sembrava che nessuno potesse dirle cosa fare e cosa non fare, che nessuno potesse imporsi in alcun modo, che tutto fosse nelle sue mani. Per una che era nata in una famiglia dove tutti sembravano avere il diritto e la voglia di decidere per lei, prima ancora che lei ne fosse in grado, doveva ammettere che quella sensazione non era niente male e, anzi, creava dipendenza.
Perché la bionda non era per niente abituata a sentirsi sopraffatta e detestava il sapore di quell’emozione, aveva cominciato a cercare di trarre il meglio anche dalla sua nuova condizione, o quantomeno fingere di farlo. Si era raccontata parecchie bugie da quando era stata trasformata, come illudersi di avere il controllo su ogni istante di quel processo anche se si trattava sempre di qualcosa di inarrestabile e totalizzante. Non era più lei quando il lupo si impossessava del suo corpo, ma le piaceva fingere che non fosse così.
Non era da lei accettare passivamente le sensazioni negative, in ogni caso, e anche se le ragioni per le quali sopprimeva sempre tutto forse non erano tra le più sane, comunque il risultato era che cercava sempre di apparire fiera, inattaccabile, anche quando non si sentiva così, soprattutto quando c’era un pubblico a osservarla. E se fino a qualche istante prima anche lei era stata vulnerabile, la gola secca e la testa che pulsava dopo una notte di cui, come al solito, ricordava solo una minima parte, la sua schiena si fece dritta, rigida, fiera, nell’istante in cui le sembrò di sentire qualcosa muoversi nel bosco.
Amelia in quel momento appariva sicura nella sua nudità, fredda, distaccata, con l’atteggiamento di chi apparteneva a quel posto e che aveva tutto il diritto di starci: i capelli scompigliati, la pelle chiarissima sotto le prime luci dell’alba, l’aspetto selvaggio riuscivano a renderla, se possibile, ancora più eterea del solito. Le era già capitato di incontrare altre persone nella foresta ma non lì e non si aspettava di certo di incrociare qualcuno di così famigliare. “…Beatrix?” il cognome della ragazza lasciò le sue labbra tramite un sussurro, forse fin troppo sorpreso, mentre la guardava senza capire se quel che stava vedendo era reale o frutto solo della sua immaginazione.code made by gin. -
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Edited by Aibileen Beatrix - 20/11/2021, 23:49. -
.Amelia Farley
DioptaseDa quando era stata trasformata aveva passato la maggior parte del tempo a pensare che quella del lupo fosse una natura che non le apparteneva, sbagliata ed estranea, e solo negli ultimi tempi stava imparando ad accettare il fatto che, nel mondo animale, forse era la creatura che riusciva a catturare meglio la sua natura, tutto sommato. Sembrava stupido, un cambiamento profondo e radicale, ma dopotutto stava cambiando anche lei e non era sicura che fosse colpa solo di quel morso che portava, ormai indelebile, sul fianco destro.
Aveva sempre avuto una certa forza d’animo, una parte di lei che, ribelle, saltava fuori quando lei stessa non se lo aspettava e la portava a lottare con le unghie e con i denti contro quello che la sua famiglia le aveva cucito intorno, con una certa dedizione. Guardandola, non era così difficile immaginare la sua parte più selvatica, nemmeno quando cercava di fingersi sempre perfetta e impeccabile: lo era, le occhiate di ammirazione che aveva sempre ricevuto negli anni erano una conferma, ma c’era sempre una parte di lei tumultuosa, nascosta sotto la superficie, la stessa che la rendeva più intrigante, fatale.
Cominciava a rivedersi anche nella sua parte più bestiale, anche se continuava a respingerla a tratti, perché incontrollabile, diversa da qualsiasi cosa avesse mai messo in conto, lontana da tutti i suoi piani e dai suoi progetti, eppure c’era poco che potesse fare ormai per tornare indietro. Forse anche il fatto che avesse affrontato tutto quel percorso di accettazione da sola non aveva fatto altro che rallentarlo: non aveva mai condiviso quel segreto con nessuno, la sua famiglia non ne parlava mai apertamente, e anche se le avevano offerto tutto l’aiuto che poteva volere non c’era niente che avesse trovato utile o fattibile fino a quel momento.
Aveva conosciuto poche altre persone come lei prima di quel momento, era abituata alla solitudine e a dire il vero aveva cominciato a sentirsi così potente anche perché era sola. Ogni traguardo, ogni briciolo di consapevolezza e controllo in più, era tutto merito suo e poteva anche illudersi di essere l’unica in quelle condizioni, quando intorno a lei, sopra, sotto, ovunque non c’era altro che il bosco, pieno di creature spaventate da lei, dalle sue zampe possenti, dal suo ringhio basso e vibrante.
Non si aspettava compagnia, mai, ma ancora meno si aspettava una compagnia femminile e…conosciuta. Aveva impiegato qualche istante a mettere a fuoco i contorni della ragazza, ma quando il cognome della compagna aveva lasciato le sue labbra, con quel tono pregno di sorpresa, si era già data una risposta da sola: aveva cambiato taglio di capelli, appariva diversa in quel frangente, ma era senza dubbio la balbettante e timida Aibileen Beatrix quella che aveva di fronte. E quell’incontro cominciò ad avere sempre meno senso.
Si ritrovò addosso le mani tiepide dell’altra prima ancora di poterlo evitare, e tentennò per qualche istante prima di scostarsi bruscamente, cercando di ritornare in sé e mettersi sulla difensiva, cancellando con cura ogni traccia di stupore. “Sto bene” replicò alla fine, cercando di apparire impassibile e intoccabile come sempre, scrutando però l’altra con sospetto cercando di vagliare tutte le ipotesi. “Che cosa ci fai tu qui?” avrebbe domandato alla fine, cercando di evitare di pensare all’ipotesi più ovvia – e più assurda-, parlando come se la foresta fosse sua.code made by gin. -
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Edited by Aibileen Beatrix - 5/12/2021, 12:05. -
.Amelia Farley
DioptaseNon aveva senso, sia perché Amelia non accettava la possibilità di condividere quel posto con qualcun altro, sia perché Aibileen era l’ultima persona che si sarebbe immaginata di incontrare poco dopo una luna piena, nel cuore del bosco. La ragazzina, timida e balbettante, non aveva proprio l’aria di una che poteva sopravvivere al bosco di notte, così selvaggio e imprevedibile soprattutto di notte. No, Aibileen al massimo poteva risultare “al proprio posto” in una radura battuta dal sole e piena di farfalle, Amelia era convinta che solo lei stessa potesse appartenere ad un posto così poco accogliente, almeno tra loro due. Non era così tanto narcisista da credere di essere l’unica licantropa al mondo, ma di certo non pensava di avere compagnia in quel posto e non aveva voglia di avere compagnia e interagire con qualcuno proprio adesso.
Ancora meno aveva voglia di trovarsi di fronte la preoccupazione stucchevole di Abileen, che la stava riempiendo di domande e trattando come una bambina o una principessa in pericolo. Forse era tutta colpa di una educazione atta a crescerla come autonoma e sempre forte, di fronte a qualsiasi cosa, ma non era proprio abituata ad attirare la preoccupazione degli altri, anzi la viveva come una debolezza più che come una fortuna. Non le piaceva essere consolata, lei sapeva benissimo salvarsi da sola e non aveva alcun bisogno che Aibileen si struggesse o si preoccupasse della sua incolumità.
“Certo che sto bene!” tagliò corto, rispondendo in modo forse fin troppo piccato e prendendosi qualche istante per osservarla con più attenzione, convinta che non stesse dicendo la verità. Come poteva essersi persa proprio quella notte? Proprio in quel bosco… C’era qualcosa di diverso nella ragazza, e non era solo il fatto che balbettasse meno, aveva qualcosa di diverso nel modo di porsi e soprattutto nella sua nudità. No, nessuno si sarebbe perso senza vestiti in un bosco e se Amelia, con chiunque altro avrebbe potuto sospettare, una notte di baldoria e di particolare intimità, non avrebbe potuto fare quel genere di assunzione sulla ragazzina che aveva di fronte.
No, c’era solo una risposta possibile, in quel caso, e quella consapevolezza le invase la mente cancellando qualsiasi altra cosa, comprese le parole di Aibileen che si persero nell’etere, scontrandosi solo con lo sguardo duro ma comunque spiazzato della bionda, che la fissò immobile per qualche istante prima di aprire di nuovo la bocca.
“Sei stata morsa. Quando?” domandò alla fine, a bruciapelo, senza alcun giro di parole e senza farsi problemi ad indorare la pillola o spiegare a che cosa si stesse riferendo, era abbastanza sicura che l’altra lo avrebbe compreso da sola e, in caso contrario, avrebbe comunque capito qualcosa dalla sua reazione.code made by gin. -
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.Amelia Farley
DioptaseSi rendeva conto di essere alquanto irrazionale, non si trattava di qualcosa che le persone potevano davvero "copiare", il diventare un licantropo, ma fino a quel momento aveva fatto del suo essere "diversa" la sua unica fonte di conforto, e ora che sapeva che non era più così diversa che cosa avrebbe mai potuto inventarsi?
Era una maledizione, sua madre glielo aveva detto più o meno direttamente mille volte e sua sorella anche di più, eppure aveva risposto a quelle assunzioni -per lo più nella testa - ripetendosi che lei sarebbe stata comunque migliore di una qualunque maledetta, che avrebbe mostrato di essere forte, una ragazza che sapeva cavarsela da sola e non negava di aver fatto di quella parte di sè un vanto rispetto a tutte le altre ragazze che aveva incontrato.
Essere un licantropo era solo parte della sua natura ma si era obbligata a considerarlo un tratto distintivo, sopratutto negli ultimi tempi: lei era anche altro ma non poteva dimenticare quella parte di sè, era alquanto impossibile ignorarla ormai.
Non pensava di poter condividere quel momento con qualcun altro, si sentiva vulnerabile e arrabbiata, che fosse più o meno sensato: ora Aibileen provava a rubarle la sua sicurezza, a ricordarle che lei non era l'unica che poteva sopravvivere a tutto quello in un momento così delicato della vita di ognuno?!
Si ritrovò a squadrare l'altra, realizzando di quanto sembrasse comunque diversa dalla ragazzina balbettante che aveva incontrato l'anno prima, più matura...forse erano i capelli o il fatto che non sembrasse intenzionata a scoppiare a piangere da un secondo all'altro. O forse di quello non era poi così sicura.
Amelia non sapeva cosa fosse l'affetto famigliare, non aveva ricevuto un'educazione basata sull'amore, e sua madre non si era mai dimostrata protettiva, dolce o gentile con lei, nè tanto meno suo padre o Ashley. Stava imparando a conoscere quel tipo di attenzioni, spinte solo dall'affetto, con Nathan e ancora faticava a comprenderle fino in fondo, figurarsi se poteva immaginare che Aibileen fosse mossa da un sentimento simile! Perchè mai poi?
Alla sua domanda ne approfittò per darsi di nuovo un tono, raddrizzando meglio la schiena e annuendo brevemente.
"Certo che so dove ci troviamo" replicò con sicurezza, tralasciando il fatto che lo sapesse perchè aveva percorso quella foresta forse fin troppe volte.
Non aveva riflettuto a lungo prima di fare la sua domanda, non aveva pensato al fatto che fare quella domanda significasse scoprirsi a sua volta ma dopotutto avrebbe potuto negare ancora per molto?!
Sospirò profondamente di fronte alla sua rivelazione, e se qualcuno avrebbe potuto pensare che stesse giudicando Aibileen per le sue lacrime, qualcun altro avrebbe potuto notare il suo silenzio, il fatto che non commentò per quella rivelazione anche se avrebbe potuto. Lasciò che quella confessione vibrasse in aria per qualche istante, prima di decidere di doversi occupare della propria pelle d'oca: prima ancora di rispondere si allontanò dalla ragazza senza dire niente, avvicinandosi ad un albero cavo poco distante, dal quale estrasse una vecchia sacca che aprì con sicurezza. Dopo le prime trasformazioni aveva capito che non poteva portare niente con sè ma non poteva nemmeno girare nuda. Estrasse dal borsone una camicia a maniche lunghe, palesemente non sua - sì Nathan, ecco dov'è finita la tua camicia bordeaux...! - e lanciò una felpa abbastanza lunga e larga ad Aibileen, senza preoccuparsi se l'avrebbe presa o meno al volo. "Sono passati più di un paio d'anni ormai." disse solo, col tono più piatto che riuscì a trovare.code made by gin. -
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Edited by Aibileen Beatrix - 20/3/2022, 14:00.