Did you do it to copy me ?!

Amelia&Aibileen

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    Amelia Farley
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    Amelia era sicura che l’odore della foresta prima o poi le si sarebbe attaccato addosso in modo permanente, e non c’era niente che odiasse di più dell’idea che qualcuno potesse scambiarla per una strana figlia della foresta. Lei, una Farley, che si ritrovava nuda nel cuore di un bosco come una persona qualunque, le ossa doloranti e il respiro corto, costretta a rivivere quell’incubo ogni mese, con i segni del morso che l’aveva resa così visibile sulla schiena. Già i giorni prima della luna piena non erano i migliori, per il suo umore, e se dopo la trasformazione avrebbe dovuto sentirsi meglio, in realtà ogni volta non faceva altro che percepire il peso di quel che era diventata.
    Gli uccellini cantavano debolmente intorno a lei, come se avessero paura di indispettirla e causare una sua qualche ragione. Provò a concentrarsi sui pensieri più positivi che riusciva a trovare in quel momento, nel tentativo di calmare il battito del suo cuore e riprendere la sua solita compostezza. Le piaceva la sensazione di libertà assoluta e di superiorità, le piaceva sentire le piccole creature del bosco scappare quando udivano i suoi passi felpati sulle foglie; le piaceva essere una creatura forte e inarrestabile, avere una parte di sé più selvaggia, non vincolata alle regole normali e libera da ogni freno inibitore; anche se detestava essere un lupo, era qualcosa che la rendeva diversa dalla sua famiglia, un atto di ribellione che la sorella non avrebbe mai osato compiere, qualcosa che molti non avrebbero avuto il coraggio di fare.
    Non che fosse stata una sua scelta, era stato un incidente, qualcosa contro cui lei stessa si era ribellata, per quanto non avrebbe esitato a sbattere in faccia a chiunque la sua fierezza anche verso quel lato di lei che a stento sopportava. Non aveva imparato a convivere con quella sua parte animale, nemmeno dopo tutto quel tempo, e dopo l’ennesima trasformazione si trovava spiazzata e smarrita come dopo la prima.
    Mentre si infilava una felpa, nel tentativo di proteggersi dall’umidità dell’alba che le stava già penetrando nelle ossa, si chiese distrattamente se un giorno sarebbe andata meglio, se ad un certo punto sarebbe stata capace di accettare anche quel lato di se e farsene una ragione. Aveva sempre avuto una notevole autostima e la licantropia aveva minato, almeno in parte, l’amore che provava per sé stessa, per quanto all’esterno si mostrasse sempre come la solita Amelia, stronza e sicura di sé.
    Avvolta in una felpa pesante, che le copriva metà cosce, la bionda cercò di darsi una sistemata ma chiunque l’avesse vista in quel momento avrebbe potuto dedurre senza alcun problema che non doveva aver avuto una notte facile, quantomeno, visti i capelli ridotti un disastro, le occhiaie profonde e gli occhi spiritati. Un qualunque mago o esperto di creature magiche avrebbe capito che cosa fosse nel giro di qualche secondo.
    Avrebbe voluto solo andare in un posto sicuro, rannicchiarsi da qualche parte e dormire, dimenticandosi di quella notte fino alla prossima luna piena, e invece la sua mente registrò un rumore non troppo lontano e sentì i propri muscoli tendersi, la spina dorsale scattare verso l’alto, mentre tutti i suoi sensi si facevano all’erta per capire da dove provenisse quel rumore. Una delle poche cose positive dell’essere un licantropo era che il suo sesto senso, da dopo la trasformazione, le sembrava molto più vivo e attivo che mai: sapeva percepire cose che prima avrebbe ignorato –forse era solo maturata- e si fidava molto più del suo istinto rispetto a prima. Al momento aveva la sensazione che non avrebbe avuto a che fare con un animale qualsiasi, se non altro non di piccola taglia, ma siccome non era solita scappare, si limitò a cercare di capire da dove provenisse, rimandando a dopo il decidere cosa fare.




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    Aibileen Beatrix
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    << Ahi, ahi, ahi, ahi ahi!!! >>

    Esclamò Aibileen senza più alcun ritegno, lasciando che le ginocchia le cedessero e poggiando il sedere a terra e la schiena contro un albero, abbracciandosi le braccia a dir poco doloranti.

    "Chissene importa se mi divora qualche creatura letale o solo particolarmente affamata e spaventosa... Chissà quali e quante povere creature ho divorato io... Lui... Noi..."

    Un nodo allo stomaco l'assalì, pieno di disgusto. Quando la sensazione che nulla al mondo potesse contare aveva cominciato ad assalirla, il panico l'aveva colta. Era come se ogni cosa, piano, piano, avesse cominciato a perdere di colore e d'importanza. Non solo la sua vista era considerevolmente calata ma, al contempo, una fame vorace, violenta ed insaziabile aveva cominciato a assalirla, divorarla da dentro lo stomaco, fino ad annebbiare ogni suo pensiero.

    "Che cosa sono diventata..."

    Pensò, con le lacrime agl'occhi. Voleva piangere, e non per via del dolore fisico che ancora poteva sentire ad alcuni punti specifici delle sue ossa. Ma non la potevano imbottire di sonniferi, quanto meno, quella belva che non la piantava di divorarle il cervello, farle fare cose, una volta al mese, delle quali non solo non si sarebbe ricordata (e, in realtà, il peggio di tutto quello, risiedeva proprio in quel minuscolo, essenziale dettaglio), ma delle quali non si sarebbe mai e poi mai davvero perdonata?!?
    Si trattava della sua terza trasformazione in lupo mannaro, ed era stata lei ad esprimere la richiesta di trasformarsi nella Foresta di Denrise... I suoi genitori non erano ancora andati a parlare alla Preside Burke del suo "problemino con la luna piena", e lei non immaginava minimamente che da settembre, una volta al mese, si sarebbe ritrovata incatenata nelle Segrete di Hidenstone, per evitare il più possibile di ferire chi e cosa le stava intorno!
    Aveva desiderato, quindi, "prepararsi mentalmente" al modo in cui le era sembrato più logico che avrebbe passato le notti di luna piena, da quel settembre in poi.

    "In poi... Non finirà proprio mai?"

    Lo sgomento s'impossessò di lei. Forse, l'idea di lasciarsi morire mangiata da chissà quale mirabolante creatura non era poi così male. "Figlio della Terra ritorna alla Terra", il ciclo della vita continua, e fine della sua storia.

    "No, non lo è... Ma non ce la faccio."

    Non aveva scelto lei di entrare in quel "gioco": ma era successo. La posta in gioco, appunto, era alta, altissima... Non era l'unica licantropa a non riuscire ad accettare la propria condizione, di quello ne era più certa. La situazione dei licantropi nel Mondo Magico le era chiara fino ad un certo punto, era pur sempre una diciassettenne che s'interessava alla politica e all'attualità il giusto, spendendovi il tempo che riusciva a trovare per farlo... Ma, anche se ancora non sapeva esattamente per cosa, qualcosa per il quale valeva la pena lottare c'era. Di quello ne era più che certa.
    Lei e gli altri licantropi non volontariamente nocivi dovevano avere una possibilità di vivere più pacificamente e senza pensieri insieme agli altri maghi! Suo Zio Leslie, Pozionista e Medimago di talento, nel frattempo, stava ancora cercando di trovare il modo di preparare, riuscendovi al primo colpo e senza farsi scoprire, una Pozione Anti-Lupo.
    E lei, intanto, aveva gl'occhi vacui, persi in una notte fatta di non ricordi e di rimorsi sconosciuti, i capelli corti scompigliati e con qualche foglia ancora incastrata dentro ad alcuni ciuffi.
    Era stanca, stremata ed ancora stordita, dolorante, ma alla fine si decise: prese un lungo, lunghissimo respiro, e si rialzò, asciugandosi le lacrime bloccate agl'angoli degl'occhi con le mani chiuse a pugno.
    Il suo sguardo si riaccese, rinvigorì.

    "Visto che non riesco ad arrendermi... Avanti!"

    Si spronò, con una rabbia dentro al petto che la spaventava, rabbia verso la creatura pericolosa che si era annidata, insidiata con un tuffo doppiocarpiato dentro al suo petto, la testa, le ossa; ovunque. Ovunque dentro di lei. Eppure, al contempo, non riusciva ad impedirsi di pensare che persino lei, sì, proprio quella creatura pericolosa, potesse nascondere qualcosa di buono, un lato ben dissimulato che potesse placare tutta quell'oscurità che portava con sé, tutta quella cieca, vuota... Fame. Fame di tutto. Fame nel niente.
    Che non aveva nulla a che vedere con il niente verso il quale Aibileen sembrava star camminando in quel momento, perché in realtà pieno di tutto, di quel "qualsiasi cosa" che rappresentavano i lanci verso l'apparentemente vuoto, verso l'Ignoto.
    Vulnerabile come non lo era mai stata: nuda, infreddolita, spaventata... Persa.
    Forte.
    Forte come non lo era mai stata.



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    Edited by Aibileen Beatrix - 22/10/2021, 20:16
     
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    Amelia Farley
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    Sapeva di essere sola in tutta quella storia, fin dall’inizio. Non aveva mai pensato di poter finire in una situazione simile, ovvio, ma nell’esatto momento in cui aveva capito quel che le stava succedendo la solitudine l’aveva avvolta in una morsa soffocante. In quell’istante aveva perso gran parte del rispetto e dell’ammirazione della sua famiglia, costretta a riguadagnarsi con fatica il suo posto, con Ashley sempre presente a ricordarle che c’era qualcuno che di tutta quella fatica e quell’impegno non aveva affatto bisogno.
    Forse era per questo che Amelia era sempre acida e scostante, fredda: una parte di lei sapeva il trattamento che le avrebbero riservato se avessero saputo chi era, per nascondere la sua imperfezione sembrava sempre pronta a staccare la testa a chiunque insinuasse che non era impeccabile come fingeva di essere. Dopotutto era stata cresciuta con l’obbiettivo di essere integra, tutta d’un pezzo, sempre ammirabile in ogni sua forma, e il suo lato da lupo si scostava parecchio da quell’ideale.
    In quelle notti di luna piena era selvaggia, sporca, letale, imperfetta, tutto quello che aveva sempre provato ad evitare. La sua mania di perfezione e di grandezza, il suo essere fiera e decisa, avvolta negli abiti migliori, sempre pettinata e a modo, svaniva nel nulla come sabbia tra le dita quando si trasformava: non riusciva nemmeno a riconoscersi, alle volte, la sua mente scompariva del tutto, oscurata dalla fame e da istinti carnali che non sapeva come gestire.
    Non si poteva dire che quella parte non fosse in lei anche prima di essere morsa: Amelia aveva sempre avuto una parte inarrestabile, fuori dalle righe, ribelle per certi aspetti, che veniva fuori di tanto in tanto e la portava sempre un po’ più distante dalla filosofia dei Farley e dalle loro imposizioni. Passava la maggior parte del tempo a comportarsi come l’erede di una famiglia borghese quale era, ma poi c’era sempre una parte di lei che scalpitava per uscire, da un momento all’altro: ed era per questo che finiva spesso con i ragazzi sbagliati, quelli che la sua famiglia non avrebbe mai accettato, o si infilava in qualche locale di fronte al quale sua madre sarebbe sbiancata e avrebbe cominciato a lanciare gridolini shoccati.
    Era sempre in bilico su una linea molto sottile, a metà tra un mondo e l’altro, e quell’equilibrio delicato e fragile le era sempre piaciuto, in qualche modo. Era in quei momenti nei quali decideva se essere un’Amelia o l’altra che sentiva di avere controllo sulla propria vita e le proprie scelte, era in quei frangenti che le sembrava che nessuno potesse dirle cosa fare e cosa non fare, che nessuno potesse imporsi in alcun modo, che tutto fosse nelle sue mani. Per una che era nata in una famiglia dove tutti sembravano avere il diritto e la voglia di decidere per lei, prima ancora che lei ne fosse in grado, doveva ammettere che quella sensazione non era niente male e, anzi, creava dipendenza.
    Perché la bionda non era per niente abituata a sentirsi sopraffatta e detestava il sapore di quell’emozione, aveva cominciato a cercare di trarre il meglio anche dalla sua nuova condizione, o quantomeno fingere di farlo. Si era raccontata parecchie bugie da quando era stata trasformata, come illudersi di avere il controllo su ogni istante di quel processo anche se si trattava sempre di qualcosa di inarrestabile e totalizzante. Non era più lei quando il lupo si impossessava del suo corpo, ma le piaceva fingere che non fosse così.
    Non era da lei accettare passivamente le sensazioni negative, in ogni caso, e anche se le ragioni per le quali sopprimeva sempre tutto forse non erano tra le più sane, comunque il risultato era che cercava sempre di apparire fiera, inattaccabile, anche quando non si sentiva così, soprattutto quando c’era un pubblico a osservarla. E se fino a qualche istante prima anche lei era stata vulnerabile, la gola secca e la testa che pulsava dopo una notte di cui, come al solito, ricordava solo una minima parte, la sua schiena si fece dritta, rigida, fiera, nell’istante in cui le sembrò di sentire qualcosa muoversi nel bosco.
    Amelia in quel momento appariva sicura nella sua nudità, fredda, distaccata, con l’atteggiamento di chi apparteneva a quel posto e che aveva tutto il diritto di starci: i capelli scompigliati, la pelle chiarissima sotto le prime luci dell’alba, l’aspetto selvaggio riuscivano a renderla, se possibile, ancora più eterea del solito. Le era già capitato di incontrare altre persone nella foresta ma non lì e non si aspettava di certo di incrociare qualcuno di così famigliare. “…Beatrix?” il cognome della ragazza lasciò le sue labbra tramite un sussurro, forse fin troppo sorpreso, mentre la guardava senza capire se quel che stava vedendo era reale o frutto solo della sua immaginazione.

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    Aibileen Beatrix
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    Era particolarmente difficile associare la figura di Aibileen Beatrix con quella selvaggia, imprevedibile, spesso lacerante e distruttiva del lupo mannaro. L'Ametrin proveniente dalla Terra dei Canguri era, in effetti, timida, dai modi sovente insicuri ed accomodanti, ma Aibileen, dietro le sue riflessioni spesso prudenti, nascondeva un'anima di esploratrice, di curiosa e di perseverante testardaggine quando si trattava di passioni, questioni e persone alle quali teneva particolarmente.
    Le persone che avevano potuto notare, sperimentare e persino condividere con lei il suo entusiasmo e la sua voglia di sperimentare, erano anche abbastanza numerose, ma quelle che avevano potuto anche solo scorgere il suo lato più testardo e convinto... Decisamente no! Esso veniva, in effetti, la maggior parte delle volte inibito dalla sua timidezza e dalle sue insicurezze.
    Aibileen era arrivata a sentire una feroce paura verso se stessa, una paura mista ad incomprensione che, in quel momento, la stava spingendo verso un bivio decisivo: o reagisci, o ti annienti.
    Lo sguardo della ragazza si era riacceso, ed in quel momento, in quel momento di massima vulnerabilità ed impotenza, si era rialzata, accettando implicitamente tutte le proprie fragilità, tutte le incomprensioni che continuavano ad affollarsi dentro di lei... Accettando di non spendere ulteriore tempo prezioso soffermandovecisi oltre, almeno per le restanti 24 ore. Una forza istintiva, testarda, selvaggia la stava spingendo ad avanzare, andare oltre l'ombra che tanto l'atterriva, per quanto, consciamente, sapesse perfettamente che questa non avrebbe smesso di seguirla, di avanzare dietro di lei, con lei.


    ... E quindi?

    "E quindi si va."

    Non avrebbe scommesso su se stessa neanche un euro. Ma chissene frega. Avrebbe continuato ad alzare la testa, rimettersi in piedi e ad andare avanti. A cercare di capire di più. A sperare in delle soluzioni magari non miracolose, ma quanto meno capaci di attenuare alcune delle conseguenze della loro condizione di licantropi!
    Perché, nonostante tutte le sue insicurezze e paure, quella era la scelta che aveva sempre, alla fine, fatto: essere se stessa ed andare avanti. Voleva credere, tra l'altro, che esistesse anche nel licantropo che le albergava dentro una "parte buona", con la quale sarebbe stato possibile dialogare, un giorno. Necessitava, in quei primi mesi, riuscire a separare la creatura da se stessa il più possibile, per evitare alla sua testa di esplodere troppo spesso, per via dei suoi eccessi di disperazione.
    La parte testarda di se stessa, inoltre, accettava già abbastanza a fatica il fatto di non avere scelta sul fatto di doversi trasformare, una volta al mese, in un lupo mannaro... Ci mancava soltanto che si permettesse pure di arrendersi! Si sarebbe insultata, in maniera assai variegata, variopinta e, sì, pure pesante, per il resto della sua vita!
    Non sapeva che cosa si sarebbe ritrovata davanti, in quel che rimaneva di quella notte passata nella foresta di Denrise ma, in qualche strano modo, si sentiva pronta ad affrontarlo...

    "OH MERLINO!"

    Con gl'occhi e la bocca belli spalancati!

    << Amelia! >>

    Corse subito verso di lei, visibilmente preoccupata da morire per la bionda e selvaggia ragazza, posando entrambe le mani sulle sue spalle.

    << Stai bene? Sei ferita? Ti è successo qualcosa? >>

    Mentre parlava, Aibileen guardò attentamente la compagna, alla ricerca di qualsivoglia ferita, smorfia di dolore o di paura.

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    Edited by Aibileen Beatrix - 20/11/2021, 23:49
     
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    Amelia Farley
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    Da quando era stata trasformata aveva passato la maggior parte del tempo a pensare che quella del lupo fosse una natura che non le apparteneva, sbagliata ed estranea, e solo negli ultimi tempi stava imparando ad accettare il fatto che, nel mondo animale, forse era la creatura che riusciva a catturare meglio la sua natura, tutto sommato. Sembrava stupido, un cambiamento profondo e radicale, ma dopotutto stava cambiando anche lei e non era sicura che fosse colpa solo di quel morso che portava, ormai indelebile, sul fianco destro.
    Aveva sempre avuto una certa forza d’animo, una parte di lei che, ribelle, saltava fuori quando lei stessa non se lo aspettava e la portava a lottare con le unghie e con i denti contro quello che la sua famiglia le aveva cucito intorno, con una certa dedizione. Guardandola, non era così difficile immaginare la sua parte più selvatica, nemmeno quando cercava di fingersi sempre perfetta e impeccabile: lo era, le occhiate di ammirazione che aveva sempre ricevuto negli anni erano una conferma, ma c’era sempre una parte di lei tumultuosa, nascosta sotto la superficie, la stessa che la rendeva più intrigante, fatale.
    Cominciava a rivedersi anche nella sua parte più bestiale, anche se continuava a respingerla a tratti, perché incontrollabile, diversa da qualsiasi cosa avesse mai messo in conto, lontana da tutti i suoi piani e dai suoi progetti, eppure c’era poco che potesse fare ormai per tornare indietro. Forse anche il fatto che avesse affrontato tutto quel percorso di accettazione da sola non aveva fatto altro che rallentarlo: non aveva mai condiviso quel segreto con nessuno, la sua famiglia non ne parlava mai apertamente, e anche se le avevano offerto tutto l’aiuto che poteva volere non c’era niente che avesse trovato utile o fattibile fino a quel momento.
    Aveva conosciuto poche altre persone come lei prima di quel momento, era abituata alla solitudine e a dire il vero aveva cominciato a sentirsi così potente anche perché era sola. Ogni traguardo, ogni briciolo di consapevolezza e controllo in più, era tutto merito suo e poteva anche illudersi di essere l’unica in quelle condizioni, quando intorno a lei, sopra, sotto, ovunque non c’era altro che il bosco, pieno di creature spaventate da lei, dalle sue zampe possenti, dal suo ringhio basso e vibrante.
    Non si aspettava compagnia, mai, ma ancora meno si aspettava una compagnia femminile e…conosciuta. Aveva impiegato qualche istante a mettere a fuoco i contorni della ragazza, ma quando il cognome della compagna aveva lasciato le sue labbra, con quel tono pregno di sorpresa, si era già data una risposta da sola: aveva cambiato taglio di capelli, appariva diversa in quel frangente, ma era senza dubbio la balbettante e timida Aibileen Beatrix quella che aveva di fronte. E quell’incontro cominciò ad avere sempre meno senso.
    Si ritrovò addosso le mani tiepide dell’altra prima ancora di poterlo evitare, e tentennò per qualche istante prima di scostarsi bruscamente, cercando di ritornare in sé e mettersi sulla difensiva, cancellando con cura ogni traccia di stupore. “Sto bene” replicò alla fine, cercando di apparire impassibile e intoccabile come sempre, scrutando però l’altra con sospetto cercando di vagliare tutte le ipotesi. “Che cosa ci fai tu qui?” avrebbe domandato alla fine, cercando di evitare di pensare all’ipotesi più ovvia – e più assurda-, parlando come se la foresta fosse sua.


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    La ragazza si stava naturalmente, sentitamente preoccupando per Amelia, verso la quale, sì, aveva sempre provato una sorta di timore misto ad ammirazione e rispetto, ma... Non era solo il fatto che, in quell'estate, stessero cambiando fin troppe cose, era proprio il fatto di vedere Amelia lì, apparentemente sperduta, per quanto sempre sicura di sé, nella Foresta di Denrise, vestita solo di una felpa, a risvegliare in lei il lato materno-protettivo che aveva ben avuto il tempo di sviluppare con e per i suoi cugini, sin da quando erano piccolissimi!
    Il tono di voce, il modo di fare e la domanda di lei non mancarono di destabilizzarla, nonché di farle abbassare lo sguardo a terra per qualche istante, però, alla fine, la sua preoccupazione ebbe la meglio e, stringendo una mano a pugno e prendendosi qualche istante per respirare ben profondamente ed a fondo, finì con il rialzare il proprio sguardo verso la coetanea Dioptase:

    << M.. Mi sono persa... Ma tu? Sicura di star bene? >>

    Più di qualche lavoro sulla fiducia in se stessi e sulla sicurezza, c'era chiaramente da farlo, ma era diventata sicuramente più reattiva dell'anno scorso, nelle situazioni difficili! La mancanza di senso di quella situazione non sembrava toccarla particolarmente, in compenso: con la balzana famiglia con la quale era cresciuta, più spesso tendente al Caotico che al Legale, Aibileen poteva dirsi avvezza non tanto ad affrontare, da sola e di petto, i pericoli ai quali non aveva avuto modo di pensare e ai quali non era, soprattutto, abituata, ma agli imprevisti, paradossalmente, decisamente sì!

    << C.. Che cosa ti ha portata qui? Stavi scappando da qualcuno? >>

    Nel mentre, a causa del suo essersi improvvisamente fermata, nonché concentrata sull'avere una conversazione e, quindi, sul mondo esterno... Sentì che, ecco, sì, nonostante la nausea e tutto il resto, stava cominciando ad avere sempre più fame.
    ...
    E che doveva trovare il modo di poter avere appresso, durante e dopo la trasformazione in licantropa, la propria bacchetta. Decisamente. Che cos'aveva da offrire, in quel momento, ad Amelia, a parte la sua preoccupazione e quel che sapeva di campeggio?

    << H.. Hai fame? Una volta uscite da qui, h.. Hai una meta particolare verso cui andare? >>

    Domandò, sforzandosi, con tutta se stessa, di restare sul pezzo e su quanto stava accadendo, e di prestare il meno possibile attenzione all'imbarazzo che sì, decisamente, stava provando, nel trovarsi nuda davanti ad una sua compagna... E che rispettava ed ammirava particolarmente, pergiunta!

    "Parlato" - 'Pensato' - "Ascoltato" | SchedaStat.
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    Edited by Aibileen Beatrix - 5/12/2021, 12:05
     
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    Non aveva senso, sia perché Amelia non accettava la possibilità di condividere quel posto con qualcun altro, sia perché Aibileen era l’ultima persona che si sarebbe immaginata di incontrare poco dopo una luna piena, nel cuore del bosco. La ragazzina, timida e balbettante, non aveva proprio l’aria di una che poteva sopravvivere al bosco di notte, così selvaggio e imprevedibile soprattutto di notte. No, Aibileen al massimo poteva risultare “al proprio posto” in una radura battuta dal sole e piena di farfalle, Amelia era convinta che solo lei stessa potesse appartenere ad un posto così poco accogliente, almeno tra loro due. Non era così tanto narcisista da credere di essere l’unica licantropa al mondo, ma di certo non pensava di avere compagnia in quel posto e non aveva voglia di avere compagnia e interagire con qualcuno proprio adesso.
    Ancora meno aveva voglia di trovarsi di fronte la preoccupazione stucchevole di Abileen, che la stava riempiendo di domande e trattando come una bambina o una principessa in pericolo. Forse era tutta colpa di una educazione atta a crescerla come autonoma e sempre forte, di fronte a qualsiasi cosa, ma non era proprio abituata ad attirare la preoccupazione degli altri, anzi la viveva come una debolezza più che come una fortuna. Non le piaceva essere consolata, lei sapeva benissimo salvarsi da sola e non aveva alcun bisogno che Aibileen si struggesse o si preoccupasse della sua incolumità.
    “Certo che sto bene!” tagliò corto, rispondendo in modo forse fin troppo piccato e prendendosi qualche istante per osservarla con più attenzione, convinta che non stesse dicendo la verità. Come poteva essersi persa proprio quella notte? Proprio in quel bosco… C’era qualcosa di diverso nella ragazza, e non era solo il fatto che balbettasse meno, aveva qualcosa di diverso nel modo di porsi e soprattutto nella sua nudità. No, nessuno si sarebbe perso senza vestiti in un bosco e se Amelia, con chiunque altro avrebbe potuto sospettare, una notte di baldoria e di particolare intimità, non avrebbe potuto fare quel genere di assunzione sulla ragazzina che aveva di fronte.
    No, c’era solo una risposta possibile, in quel caso, e quella consapevolezza le invase la mente cancellando qualsiasi altra cosa, comprese le parole di Aibileen che si persero nell’etere, scontrandosi solo con lo sguardo duro ma comunque spiazzato della bionda, che la fissò immobile per qualche istante prima di aprire di nuovo la bocca.
    “Sei stata morsa. Quando?” domandò alla fine, a bruciapelo, senza alcun giro di parole e senza farsi problemi ad indorare la pillola o spiegare a che cosa si stesse riferendo, era abbastanza sicura che l’altra lo avrebbe compreso da sola e, in caso contrario, avrebbe comunque capito qualcosa dalla sua reazione.

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    Per quanto l'attimo d'introspezione di poco prima l'avesse, in qualche modo, "rimotivata", Aibileen si sentiva rassicurata da quell'incontro. Amelia era non solo una bravissima studentessa, ma era anche dotata del sangue freddo e della temibilità che alla meticcia australiana, visibilmente, mancavano.
    Era, in compenso, decisamente preoccupata per lei, sperava davvero che non soffrise anche lei del suo stesso "problemino con la luna piena"... Indubbiamente, la figura leggendaria del lupo, sotto più di un punto di vista, le si addiceva, ma non voleva pensare alla compagna in una situazione così, ai suoi occhi, sofferente ed incontrollabile come quella della trasformazione in licantropo!
    D'altronde, l'Ametrin proveniente dalla Terra dei Canguri non solo era, appunto, un'Ametrin, ma era, soprattutto, cresciuta con dei cugini combinaguai, di pochi anni più piccoli, con i quali aveva avuto modo di preoccuparsi più che abbondantemente! Aveva decisamente, in quello, preso dal lato paterno della famiglia, in particolar modo dal padre, un romanziere babbanofilo emotivo e sensibilone, che pubblicava perlopiù libri per ragazzi.
    Aibileen era stata la figlia tanto voluta, tanto attesa ed era stata, di riflesso, ricoperta di attenzioni, di affettuosità e di attese soprattutto incentrate sul fare di lei una ragazza il più indipendente e lucida possibile, sì, ma soprattutto felice.
    Ed infatti, il modo di fare spiccio con il quale Amelia le rispose, la spinse a porsi ancora più domande su come lei potesse stare. Si morse il labbro inferiore, decidendo, alla fine, di non insistere, ben sapendo che, tanto, non avrebbe cavato un ragno dal buco facendolo e non volendo, oltretutto, rischiare di risvegliare in lei i ricordi di dolori e di difficoltà particolari legati alla situazione che stava vivendo. Si limitò, quindi, ad osservare la bionda coetanea con uno sguardo poco convinto, cercando di sostenere, con parecchie difficoltà, quello più indagatore di Amelia che, per sua fortuna, non durò molto.


    << T.. Tu conosci bene la Foresta di notte? Sai dove ci troviamo? >>


    Aibileen poteva vantare di avere un discreto senso dell'orientamento, ma non perdere la strada in una Foresta Eterea non ancora pienamente illuminata stava costituendo, per lei, una sfida degna di nota. In pieno giorno, grazie alle lezioni pratiche del Professor Ensor, poteva dire, ormai, di riuscire ad orientarvisi con abbastanza scioltezza, invece.
    L'affermazione e la domanda improvvise di Amelia la fecero trasalire, nonché abbassare lo sguardo per qualche secondo. Dovette riprendere il proprio respiro un paio di volte, prima di riuscire a guardare nuovamente la coetanea dritta negl'occhi, non riuscendo però minimamente a nascondere il turbinio di emozioni contrastanti che stava provando in quel momento:


    << Q.. Questa estate... >>


    Girò lo sguardo verso un gruppo di alberi poco distante da loro, e si portò un polso ad entrambi gli occhi, per cancellarvi la traccia delle lacrime che erano andate a disegnare il bordo dei suoi occhi, senza per quello uscire. Poi, quando trovò la forza di tornare a guardare Amelia con gli occhi non troppo lucidi, si rivoltò verso di lei.


    << ... E.. E tu? >>


    ... Doveva decisamente trovare il modo di portarsi dietro la bacchetta durante le trasformazioni, in modo da poterla usare in seguito alle notti di luna piena. Non le avrebbe fatto schifo una maglietta, un vestito o qualsiasi altra cosa del genere, in quel momento.
    Trovarsi nuda di fronte allo sguardo di Amelia la stava mettendo sempre più a disagio ed in imbarazzo, più che altro perché ci stava facendo sempre più caso.


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    Si rendeva conto di essere alquanto irrazionale, non si trattava di qualcosa che le persone potevano davvero "copiare", il diventare un licantropo, ma fino a quel momento aveva fatto del suo essere "diversa" la sua unica fonte di conforto, e ora che sapeva che non era più così diversa che cosa avrebbe mai potuto inventarsi?
    Era una maledizione, sua madre glielo aveva detto più o meno direttamente mille volte e sua sorella anche di più, eppure aveva risposto a quelle assunzioni -per lo più nella testa - ripetendosi che lei sarebbe stata comunque migliore di una qualunque maledetta, che avrebbe mostrato di essere forte, una ragazza che sapeva cavarsela da sola e non negava di aver fatto di quella parte di sè un vanto rispetto a tutte le altre ragazze che aveva incontrato.
    Essere un licantropo era solo parte della sua natura ma si era obbligata a considerarlo un tratto distintivo, sopratutto negli ultimi tempi: lei era anche altro ma non poteva dimenticare quella parte di sè, era alquanto impossibile ignorarla ormai.
    Non pensava di poter condividere quel momento con qualcun altro, si sentiva vulnerabile e arrabbiata, che fosse più o meno sensato: ora Aibileen provava a rubarle la sua sicurezza, a ricordarle che lei non era l'unica che poteva sopravvivere a tutto quello in un momento così delicato della vita di ognuno?!
    Si ritrovò a squadrare l'altra, realizzando di quanto sembrasse comunque diversa dalla ragazzina balbettante che aveva incontrato l'anno prima, più matura...forse erano i capelli o il fatto che non sembrasse intenzionata a scoppiare a piangere da un secondo all'altro. O forse di quello non era poi così sicura.
    Amelia non sapeva cosa fosse l'affetto famigliare, non aveva ricevuto un'educazione basata sull'amore, e sua madre non si era mai dimostrata protettiva, dolce o gentile con lei, nè tanto meno suo padre o Ashley. Stava imparando a conoscere quel tipo di attenzioni, spinte solo dall'affetto, con Nathan e ancora faticava a comprenderle fino in fondo, figurarsi se poteva immaginare che Aibileen fosse mossa da un sentimento simile! Perchè mai poi?
    Alla sua domanda ne approfittò per darsi di nuovo un tono, raddrizzando meglio la schiena e annuendo brevemente.
    "Certo che so dove ci troviamo" replicò con sicurezza, tralasciando il fatto che lo sapesse perchè aveva percorso quella foresta forse fin troppe volte.
    Non aveva riflettuto a lungo prima di fare la sua domanda, non aveva pensato al fatto che fare quella domanda significasse scoprirsi a sua volta ma dopotutto avrebbe potuto negare ancora per molto?!
    Sospirò profondamente di fronte alla sua rivelazione, e se qualcuno avrebbe potuto pensare che stesse giudicando Aibileen per le sue lacrime, qualcun altro avrebbe potuto notare il suo silenzio, il fatto che non commentò per quella rivelazione anche se avrebbe potuto. Lasciò che quella confessione vibrasse in aria per qualche istante, prima di decidere di doversi occupare della propria pelle d'oca: prima ancora di rispondere si allontanò dalla ragazza senza dire niente, avvicinandosi ad un albero cavo poco distante, dal quale estrasse una vecchia sacca che aprì con sicurezza. Dopo le prime trasformazioni aveva capito che non poteva portare niente con sè ma non poteva nemmeno girare nuda. Estrasse dal borsone una camicia a maniche lunghe, palesemente non sua - sì Nathan, ecco dov'è finita la tua camicia bordeaux...! - e lanciò una felpa abbastanza lunga e larga ad Aibileen, senza preoccuparsi se l'avrebbe presa o meno al volo. "Sono passati più di un paio d'anni ormai." disse solo, col tono più piatto che riuscì a trovare.

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    Non solo gli avvenimenti di quell'estate, ma anche tutto quello che aveva vissuto l'anno prima ad Hidenstone, l'aveva cambiata, dando il via ad una lucidità maggiore riguardo a ciò che poteva provare e perché, per esempio!
    Era, in compenso, innegabile che si sentisse sempre più attratta dai momenti di silenzio, dai luoghi all'aperto dove poter correre, gridare e via discorrendo più precisamente da quanto aveva vissuto durante il mese di giugno. Pathos a palate. Si sentiva davvero già una maggiorenne?

    "Ma neanche un po'!"

    Le venne da pensare, con uno sbuffo interiore ben marcato. Guardò nuovamente Amelia con ammirazione, quella sua compagna e coetanea che avvertiva spesso così sfuggente, schiva e, al contempo, incredibilmente matura, intelligente; indipendente. Eppure...

    "Quanta sofferenza si porterà dentro, senza nemmeno darsi l'autorizzazione di pensarvi?"

    Fu un pensiero istintivo, prima di vedere la ragazza che aveva incontrato in quel "post-luna piena" (altro che after!) aprire l'apertura di un nascondiglio, e tirarne fuori...

    "Una camicia?!"

    Se la lanciò da una mano all'altra un paio di volte, prima di riuscire ad afferrare l'indumento in maniera abbastanza convinta; e convincente (?).

    "... Sarà di Nath?"

    Non esitò, comunque, un istante a cominciare ad indossarla, mormorando un imbarazzato:

    << G.. Grazie.. >>

    Poi, cominciò a litigare con i bottoni (e con l'imbarazzo!). Nel mentre, non osò guardare Amelia nemmeno per un istante! Dopo aver lasciato perdere i primi bottoni della camicia, Aibileen riuscì, dopo qualche istante, a rialzare nuovamente i propri occhi verso quelli della bionda coetanea... E si avvicinò a lei. Con l'intenzione istintiva di prenderle una mano. Se la compagna l'avesse lasciata fare, Aibileen avrebbe portato due dita sul suo palmo candido ed aperto, in silenzio, alla ricerca non sapeva nemmeno tanto bene lei di cosa...

    "... Di una Connessione?"

    Non si sentiva, onestamente, con le capacità e l'esperienza di aiutare concretamente chicchessia, eppure... Un "Mi dispiace" le sarebbe sembrato così assurdo da dire, in quel frangente, per quanto così intensamente sincero! Avrebbe, allora, osservato la mano di Amelia, mentre con le dita avrebbe disegnato in essa cerchi e ghirigori brevi ed appena accennati. Erano due anni che soffriva quel dolore, ai suoi occhi, terrificante alle ossa, alla testa, dappertutto? Per non parlare delle nausee (o quelle erano soltanto una sua prerogativa d'irrecuperabile emotiva?)! Avrebbe cercato d'immaginare la compagna trasformata in lupa mannara, mentre sarebbe tornata a guardarla in volto...
    L'avrebbe guardata con un'espressione seria e solenne, forse anche troppo seria e solenne, per Aibileen Beatrix.
    Fino a quando non sentì il proprio stomaco, sempre il solito guastafeste, brontolare, ciò che condusse la ragazza a proporre alla coetanea di vestisizzarsi di tutto punto per potersi recare in zone abitate, dove poter prendere qualcosa da mangiare.

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    Edited by Aibileen Beatrix - 20/3/2022, 14:00
     
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