Votes taken by Killian Ambrosia Degan

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    Se cadessi in un secchio di tette usciresti con un cazzo in mano

    Meldof a Callan
    The Witcher
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    Killian Ambrosia Degan
    Auror | 29 anni
    A Killian quell'uomo sembrava sempre più confuso, il perché era da ricondurre al fatto che Aaron stava cercando di ricordarsi dove l'aveva già vista. Non era complicato: stessa età, stessa scuola e, di conseguenza, probabilmente anche le stesse lezioni. Un sorriso, le parole del Medimago fecero scaturire quell'increspatura all'insù nelle labbra dell'Auror. La ragazza non avrebbe potuto dire se conoscesse Aaron durante il periodo scolastico, non era per nulla fisionomista e le persone di quel periodo era come se fossero dietro ad una tenda spessa, rendendola incapace di riconoscerle grazie anche ai suoi vuoti di memoria. Durante l'infortunio aveva battuto la testa e non era inusuale che Killian avesse dei buchi temporali e quindi la ragazza non sapeva se durante una lezione di Pozioni avesse accidentalmente versato del Pus di Bubotubero sulle mani del ragazzo rendendole piagate. «Grazie per il complimento, sei molto gentile.» Guardandolo negli occhi, cercando di capire se i suoi fossero blu o grigi dato che erano nascosti nella penombra del locale. «E no, non credo che tu sia uno stupido, capita che non ci si ricordi nomi o fisionomie.» Aggiunse per tranquillizzare il ragazzo. «Sì, ci conosciamo. Sono stata alla tua festa di Natale ma per quanto riguarda il periodo scolastico ad Hogwarts non credo di ricordarmi di te, io ero una leoncina.» L'auror aveva un vantaggio su Aaron, le visite di riabilitazione che faceva al San Mungo avevano una cadenza di quindici giorni e ogni tanto per i corridoi dell'ospedale lo incrociava. «Beh diciamo che ho un vantaggio, in effetti, spesso vengo al San Mungo per delle visite di riabilitazione alla gamba oppure quando vengo a trovare la mia gemella che sta facendo uno stage formativo per diventare Magiveterinaria e mi capita di vederti al bar o in giro nei corridoi.» Ammise rivelando come il Magipsicologo fosse un volto che riconosceva. Gli fece cenno sullo sgabello di accomodarsi e quando si sarebbe seduto Killian gli avrebbe detto. «Scherzi?!? Io non vivo senza caffè! Me lo inietterei per endovena ogni mattina. In borsa ho sempre un thermos pieno di caffè esclusivamente espresso.» Finendo la frase con una risatina autoironica estraendo il thermos dalla borsa a riprova di quanto detto. «Lavoro al ministero, sono un'auror. Sbaglio o mi sembri un poco scocciato? Posso chiederne la ragione se ti va di parlarne?» Killian aveva cambiato modo di relazionarsi senza chiudersi troppo in un ermetismo grazie alle persone che aveva conosciuto di recente e ritrovando quel poco di fiducia nel genere umano.

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    Killian Ambrosia Degan
    Auror | 29 anni
    «Ovvio che le cose sarebbero differenti!» Avrebbe risposto.
    Stringendo le mani di Krasus e fissando lo sguardo su quell'occhio serpentesco.
    «Se fossimo assieme quelle feste le eviteremmo come la peste.» Ridendo nell'immaginare loro due in fuga da un qualsiasi evento mondano.
    Che cos'è l'amicizia per Killian?
    Se lo era chiesto molto spesso negli ultimi tempi.
    La ragazza se lo era domandato anche durante la folle corsa in moto per raggiungere la villa di Krasus.
    Era giunta alla conclusione che, se prima dell'infortunio era circondata da questi cosiddetti "amici" avendo addirittura un ragazzo con cui passava gran parte delle serate. Dopo l'infortunio queste persone erano sparite come neve al sole facendola sprofondare nella solitudine e nella depressione. Al momento Killian aveva pochi solidi rapporti: sua sorella Shanessa era una presenza costante e, senza le sue cure, difficilmente si sarebbe ripresa così in fretta; i suoi genitori continuavano a sostenerla e a darle tutto il loro affetto incondizionatamente; al di fuori della famiglia Killian vedeva una certezza al pari della gemella solo in Krasus.
    Killian osservò la porta bianca con finiture in acciaio azzurro e quando sentì il motivetto le venne da ridere perché le sembrava di essere una bambina tornata indietro nel tempo dove i campanelli polifonici la facevano ridere e sentire la frecciatina dell'amico la fece ridere ancora di più. Si era aspettata una battuta simile da Krasus e in quel momento, osservandolo mentre apriva la porta di casa, il commento sul fatto che lei fosse un ubriacona la lasciò perplessa. Era come se il merlo dicesse al corvo
    «“Quanto sei nero!”» Lì non aveva bevuto solo lei e Krasus non poteva vantare una resistenza migliore della sua. Killian si portò la mano alla bocca soffocando un reflusso gastroesofageo ma, brilla com'era, non le riuscì di trattenere un sorriso ebete seguito ad una leggera risata. Gli occhi arrossati e lucidi, quasi a palla, della ragazza si fissarono su quelli dell'Auror suo collega e, battendo con il pugno un paio di colpetti sulla spalla di lui, Killian esordì dicendogli. «Bella ziii…» La voce strascicata e lenta. «Non è che io ti ho mai visto andare ad acqua!» Una risata e poi avrebbe aggiunto. «Sai bene anche tu che fa ruggine sull'acciaio, figurarsi ad uno stomaco umano!» Una volta entrata in casa poté notare come il suo amico possedeva molte cose, quello osservando l'interno della casa era un dato di fatto, Killian vide come gran parte degli oggetti posseduti da Krasus fossero di metallo o, comunque, color acciaio. La cucina, in particolare, aveva molti utensili e elettrodomestici in acciaio e quello la fece ridere di gusto. Era raro che maghi di una certa levatura avessero elettrodomestici moderni e, in un mondo magico fermo al medioevo, poté considerare come con il nuovo secolo l'avvento della magitecnica avesse accorciato il divario tra Babbani e maghi in fatto di tecnologia. Krasus era un mago proiettato anima e corpo nel ventiduesimo secolo con qualche sbavatura tendente al gotico come si poteva notare nel camino. Anche la passione per il gotico era un qualcosa che li accomunava: Killian aveva supplicato Shanessa, il che si traduceva nel averla costretta, ad assecondare la sua idea per trovare un appartamento in cui convivere che appagasse il suo gusto stilistico. Avrebbe dato uno sguardo al divano quando Krasus né parlò, trovandolo invitante e pronto a darle un caldo abbraccio. «Sporcarlo? Mh…» Si sentiva un po' lo stomaco sottosopra dopo tutto quel bere, come se fosse stata sparata in aria e fosse tornata a terra in meno di un secondo, tipo una giostra dei parchi adrenalinici, ma non così tanto da dare di stomaco. Avrebbe abbandonato la terza bottiglia di rhum, lasciandola su un ripiano e distogliendo lo sguardo dal divano gli avrebbe detto. «No, lascia stare, niente divano. Altrimenti corro il rischio di addormentarmi. E non ti assicuro neppure che la mia attenzione sia abbastanza alta in biblioteca.» Rimpianse il fatto che, il proprio bastone da passeggio, era stato lasciato nell'armadietto del suo ufficio e, facendo cenno a Krasus, avrebbe seguito l'amico fino alla biblioteca.
    Non era sicura che, una volta trovate le informazioni, avrebbero potuto procedere da soli per eseguire il rito. Quella pratica la conosceva per sommi capi e non era certa che le notizie avute corrispondessero alla realtà e non aveva fatto in tempo ad ampliare queste nozioni.

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    Killian Ambrosia Degan
    Auror | 29 anni

    9 Agosto 2022

    Era il loro compleanno.
    Suo e di Shanessa
    Appena sveglia era corsa in camera sua, balzando sopra il lettone per torturare la sorella col solletico e Killian aveva ricambiato il favore. Solo quando Shanessa ne aveva avuto abbastanza e si era calmata Killian l'aveva avvolta insieme a lei sotto la coperta, abbracciandola forte. Aveva appoggiato la fronte su quella della sorella "Buon compleanno sorellina, grazie per tutto." Sussurrò sottovoce.
    Amava la sorella più di qualsiasi altra cosa, al di sopra di ogni inimmaginabile concezione. Certo a volte la trattava proprio male ma avrebbe dato sangue e ossa e tutto ciò che aveva di sano e non nel corpo per lei.
    Avevano fatto colazione con le immancabili pizzette per Killian e dei MonteCristo Sandwich,un toast imbottito con prosciutto e formaggio che viene poi passato nell’uovo sbattuto, per poi essere fritto in padella nel burro e servito con marmellata di fragole, anche se la ricetta originale prevede una spalmata di maionese e senape miscelato e cosparso di zucchero a velo dopo la cottura, per poi uscire di casa. Si erano dirette a Londra, passando tutta la mattinata da Harrods dove Shanessa aveva fatto dello shopping sfrenato mentre Killian aveva cercato un nuovo bastone così per sfizio e comprato il regalo alla gemella. Avevano pranzato in una steak house Argentina e passeggiato per un po' per le vie della città prima di rientrare. Con un gentilissimo quanto affettuoso
    «Vai a dormire o ti spezzo le ossa.» aveva lasciato alla sorella il tempo di riposarsi in previsione del suo turno notturno e lei, impaurita dalla minaccia, aveva salito le scale di corsa e ridendo. Aveva approfittato del suo riposo per uscire a cavallo e rilassarsi un paio d'ore, per tornare in tempo per fare una doccia, indossare una tuta in cotone, preparare una Carbonara e uno spuntino notturno per la sorella.
    Aveva un sorrisino malizioso quando l'aveva accompagnata alla porta e stava per uscire di casa
    «Che c'è?» Le chiese «Niente, stavo ripensando a oggi. Siamo state bene e dovremmo farlo più spesso.» Rispose, guardando l'orologio da polso, abbracciandola e dandole un bacio. Killian le aveva augurato buon lavoro e, una volta chiuso la porta, l'aveva chiusa a chiave per poi dirigersi in salotto e sedersi comodamente con un libro e un cookie grande come un disco in mano ma non aveva fatto in tempo a mettersi comoda che un rumore alla porta la fece rialzare «Hai di nuovo dimenticato le chiavi, Shiny?» Urlò mentre andava ad aprire, ficcandosi il biscotto in bocca. Biscotto che per poco non le cadde dalla bocca quando vide chi era alla porta «Grazie, molto gentile» Rispose agli auguri con un sorriso imbarazzato, incredula di quella apparizione «Non vorrei essere scortese ma…» Facendosi da parte per farlo entrare «Come cazzo hai fatto a trovarmi?» Chiese, indicandogli la strada verso il salotto, guardare il proprio abbigliamento e darsi una manata in fronte.

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    Edited by Killian Ambrosia Degan - 2/11/2022, 21:31
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    Killian Ambrosia Degan
    Auror | 29 anni
    Cicatrici
    Tutti portano delle ferite, visibili e invisibili
    Ci sono segni che vengono portati con orgoglio perché simboleggiano una conquista, una realizzazione.
    Alcune faticano a guarire perché vengono inflitte da chi pensavi ti fosse amico, da un amore perduto, dall'insoddisfazione.
    Altre che faranno sempre soffrire perché sono sfregi che non guariscono, che continuano a sanguinare, a volte molto a volte poco ma che comunque sono presenti e sono dovute all'eterna guerra che combattiamo con noi stessi per gli sbagli, i rimpianti, i sensi di colpa.
    Ma ce ne sono altre che ti spezzano… Ti risucchiano l'anima
    L’impatto è brutale, la sensazione è quella di essere dilaniata da una deflagrazione improvvisa e devastante e ti senti subito tramortita, la nausea sale e si diffonde velocemente, gli ingranaggi dentro la testa si inceppano come se venissero spenti, come se ti fosse caduto il mondo addosso
    Quando pensi di avere tutto ciò che desideri, quando ti senti soddisfatta dei risultati ottenuti con impegno, quando ti senti completa, hai un lavoro che ami, uno sport che adori, amici fidati, un “fidanzato” con cui progetti il futuro, la famiglia orgogliosa di ciò che sei diventata quando tutto sembra perfetto…arriva la sorpresa. Ecco che, pronta, arriva la sorte e ti chiede il conto. E resti lì, immobile in quel lasso di tempo che sembra non passare mai e ti incolpi di tutto e ti fai mille domande, domande la cui risposta sai che non arriverà, sei sopravvissuta al dolore, alla disperazione, alla paura, alle lacrime che sono ancora qui, col cuore in tumulto, il respiro affannoso e gli occhi sbarrati e, senza rendersene conto, scivoli inarrestabile verso l’oblio ma la verità è che dentro ti senti morire e poi… Il vuoto… L'ombra di te stessa… Uno spettro
    Ma ti rialzi, ricominci a vivere un respiro alla volta, un passo incerto dopo l'altro, in punta di piedi anche se a volte ti senti a pezzi ma nonostante il dolore, continui a vivere nascondendo il male che ti tormenta. Cerchi di non pensarci, di evitare alcuni pensieri ma la mente dimentica di avere pietà delle tue richieste, dei tuoi timori e così, impotente, ti arrendi ai ricordi, ti abbandoni alla loro dolcezza, ti fai cullare dal loro respiro chiedendoti dove si era persa, dove fosse finita quella ragazzina curiosa e determinata, quella sognatrice ribelle
    La vita è dura, molto spesso è crudele, le insidie sono dietro l’angolo che ci aspettano, pronte a complottare contro ciò che ci rende felici.
    Killian aveva la gamba sfregiata a ricordarle la sua colpa, la protesi della rotula e il tutore per non dimenticare i suoi sbagli, gli attacchi di panico come ammonimento durante il giorno e la sera, quando rimaneva sola, quando stanca andava dormire e la parte cosciente cercava ristoro dagli attacchi di ansia, durante la notte quando si svegliava di soprassalto per gli incubi, allora sì che sentiva il cuore come trafitto da cento lame roventi, sentiva il cuore piangere… Il suo battito si insinua nella testa e comincia a far male e ti ripeti che domani sarà un nuovo giorno, una nuova recita, una nuova battaglia ma che domani potrebbe andare meglio.
    Ma la vita, quella stessa vita che per suo diletto ti aveva tolto tutto, sembra quasi pentita della crudeltà con cui ti ha trattato e, inaspettatamente, ti fa un dono.
    Da quando era rientrata e ripreso a lavorare aveva incontrato molte persone, partecipato a feste e ripreso la parvenza di una vita normale. Tutto sembrava procedere normalmente ma la batosta era stata feroce e lei procedeva con cautela, guardinga e all'erta in quei nuovi rapporti.
    E poi, un giorno, si erano visti.
    Era da poco rientrata al Ministero, lavorava solo mezza giornata perché si stancava presto, il mal di testa non le dava tregua e le sedute riabilitative erano quasi tutti i pomeriggi. Stava uscendo, lo sguardo rivolto al pavimento, quando l'ombra di una figura che stava entrando in quel momento, incrociò la sua. Dall'apice della testa le due ombre si incrociarono e fusero, Killian sollevò lo sguardo per vedere chi, in quel preciso momento, stava per scontrarsi con lei e si fermò incontrando i suoi occhi. Il tempo stesso sembrò fermarsi, diluirsi all'infinito. Due eterocromatici occhi la stavano fissando e in quegli occhi, Killian, sembra specchiarsi. Li, nell'angolo più remoto, vide lo stesso oscuro buio denso e intenso, talmente simile al suo che avrebbe potuto chiamarlo per nome. Sentí una vibrazione partire da quell'anima e arrivare a far vibrare la sua. Non sapeva quanto tempo era passato ma improvvisamente tutto tornò normale e lei ricominciò a muoversi verso l'uscita chiedendosi se fosse stato reale o lo avesse solo immaginato, costringendola a voltarsi per verificare di non averlo sognato ma lui era lì, con quegli occhi insoliti ancora fermi su di lei… Ma ne aveva anche paura. Aveva paura che il fato, il destino o chi per esso sia, in un momento di rilassatezza e spensieratezza vedendola troppo felice, le portasse via anche quella piccola briciola di umanità che le restava e pregava con tutte le forze che distogliesse, se la stava osservando, lo sguardo.
    Killian temeva che, con tutta la fatica e le paure, tutto quello che stava pian piano ricostruendo venisse spazzato via.
    Krasus era entrato a far parte della sua vita come un vento soffice e caldo, una luce lunare chiara e argentea, era riuscito a rischiare i cupi nuvoloni dentro di lei.
    Un movimento alle sue spalle e questo la fece sorridere e uscire dal circolo vizioso di quei malinconici ricordi. Erano arrivati a destinazione e lei, persa nella brodaglia della memoria, non si era accorta della strada che portava all'abitazione dell'amico ma aveva sentito la rassicurante pressione del suo corpo sulla schiena. Sapeva di aver bevuto troppo ma quelli non erano pensieri dettati dall'effetto dell'alcol ingerito. Killian adora veramente quell'uomo dalla grande presenza fisica e, quando lo guardava, non poteva fare a meno di chiedersi come, un corpo così piccolo, riuscisse a contenere un anima così tanto grande.
    Il loro volersi bene era qualcosa di unico e, molto spesso, non servivano le parole per dimostrarlo… molte volte si erano sostenuti a vicenda, spesso si erano ritrovati a ridere senza una spiegazione… i momenti più belli erano quelli che Killian passava con lui… ma quella sera avevano bisogno, entrambi, di parole, parole di conforto, parole d’amicizia, parole che provocassero una risata… e per tutta la sera avevano condiviso risate, confessioni, e segreti… segreti che solo loro sanno… Erano poche le persone di cui si fida ciecamente, si potevano contare su tre dita di una mano, a cui avrebbe affidato la propria vita senza battere ciglio.
    Krasus era una di queste.
    Non aveva mai preso in considerazione un parabatai, non lo aveva programmato, eppure, senza pensarci troppo, le era venuto spontaneo e lei non aveva fatto altro che dare voce a quel sentimento che la legava così saldamente al guerriero. E lo aveva chiesto a lui, al suo Agente K.
    Sollevò la testa a guardarlo, sorrise prima di distoglie lo sguardo e prendere la mano che le dava per aiutarla a scendere dalla moto.
    «No, non così tante, scappavo pur di non partecipare a feste e veglioni.» Ammise ridacchiando «La casa dei miei, in Italia, è enorme… Un piccolo castello.» Osservando con occhio critico la costruzione «Io però preferisco questa, è più gestibile e confortevole… Credo che quella mia e di mia sorella sia ancora più piccola…» Disse, riportando lo sguardo sul compare. Killian non aveva avuto bisogno di confermare il fatto che, si, avrebbe accettato l'offerta di fermarsi da lui per un po', era sicura che lo avesse letto nei suoi occhi. «Che dici? Mi fai vedere anche dentro o mi devo procurare una tenda da campo? Sai com'è… Avrei freschello e un altro goccio per brindare alle nostre anime lo prenderei volentieri.» Estraendo dalla giacca la bottiglia che aveva comprato prima di uscire, mostrandogliela con un sorriso.

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    Killian Ambrosia Degan
    Auror | 28 anni
    Killian, arrampicata sullo sgabello con il piede della gamba sinistra appoggiato a terra, avrebbe stretto con la mano libera il bancone, combattendo quella sensazione di ansia che sentiva accumularsi sulla bocca dello stomaco e la tensione lungo la propria schiena. Ma se da una parte la ragazza era concentrata a tenere sotto controllo il suo stato ansioso dall'altra era intenta a osservare i vari stati d’animo che man mano comparivano sul volto di chi aveva davanti a sé. Se Aaron Barnes, al posto della fronte, avesse avuto uno schermo, l'Auror avrebbe assistito ad una scenetta in stile Inside out, dove le emozioni la facevano da padrone. «Ahhh.... Tranquiiilloooh.» Disse, cercando di non ridere in faccia al malcapitato Medimago. Immaginarsi quella scenetta comica in qualche modo l'aveva tranquillizzata e, grazie a questo, la sua presa sul bancone si allentò per poi lasciarla del tutto. Non era ancora del tutto rilassata, ancora sentiva il groppo che le si era formato in gola. Sorrise, accennando una lieve increspatura verso l'alto tra le sue labbra. «Oh, non preoccuparti. Dicono che parlare da soli sia segnale di intelligenza.» Affermò osservando la mano che le veniva tesa dall'uomo che si stava presentando come Aaron. Killian sapeva bene chi si trovasse di fronte: la prima volta che aveva visto quell'uomo era stato alla festa di Natale a casa sua e gli aveva stretto la mano! In più la ragazza lo vedeva di tanto in tanto lungo i corridoi o al bar del S. Mungo dove, appunto, lavora sua sorella Shanessa. Accettò quindi la mano. «Piacere, Killian.» Notando come l'uomo continuasse a guardarla come se la conoscesse. Probabilmente vedeva la sua faccia tutti i giorni in quella della sorella Shanessa e, a quanto pare, non si ricordava di averla già conosciuta alla festa di Natale. Era stata in compagnia di Vath per tutto il tempo ma durante la serata si era esibita sul palco cantando “Sweet Child of Mine” dei Guns n' Roses di fronte a tutti gli ospiti, accettando la sfida che le aveva lanciato una certa Robin. «Caffè, è caffè… Grazie, molto volentieri.» Accettando l’offerta da parte del medimago sorridendo cordiale.
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    Killian Ambrosia Degan
    Auror | 28 anni
    L'orologio analogico sopra la scrivania segnava le sei del pomeriggio quando distolse lo sguardo dal pc per controllare l'ora. Tolse gli occhiali e, pizzicando tra le dita il punto dove poco prima erano appoggiati, chiuse gli occhi per un attimo per poi iniziare a prepararsi. Avrebbe spento il computer, messo il portatile in borsa, infilato le scarpe, allacciato la fibbia e, una volta recuperato il bastone, sarebbe uscita dall'ufficio chiudendosi la porta alle spalle. Era strano vederla uscire a quell'ora, in una qualsiasi altra giornata di lavoro non sarebbe riemersa dal suo pc non prima delle otto di sera. Non era altrettanto strano vederla entrare in un bar o in un pub come parentesi di stacco alla fine della sua giornata lavorativa, per un caffè, un aperitivo o una cena da asporto quando sapeva di non trovare nessuno in casa, a parte gli elfi domestici, perché la sorella faceva il turno di notte. Ma quella non era cominciata come una solita giornata. Quella mattina Shanessa era uscita di casa insieme a lei dicendole che sarebbe smontata presto dal lavoro e, di conseguenza, le gemelle si erano accordate per un aperitivo, dandosi appuntamento al termine del proprio turno. Shanessa le aveva dato il nome di un locale e lei ci era arrivata senza problemi, era entrata e aveva cercato un angolino tranquillo al bancone. A prima vista il posto non sembrava male, aveva ordinato un caffè e, nell'attesa che arrivasse anche la gemella, estratto il portatile per finire, o almeno provarci, la relazione che stava scrivendo. Era concentrata in quello che stava facendo che sentire qualcuno parlare in mezzo a quel brusio la fece sobbalzare e quasi rovesciare la tazzina. «Come prego?» Avrebbe chiesto pensando ce l'avesse con lei e rivolgendo lo sguardo smeraldino verso chi aveva parlato.

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    Edited by Killian Ambrosia Degan - 13/10/2022, 03:45
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    Killian Ambrosia Degan
    Auror | 28 anni
    Sorrise, contagiata dal sorridere seminascosto dell’amico.
    Effettivamente aveva ragione, più si innervosiva e arrabbiava e più boionava, una combinazione perfetta tra uno scaricatore di porto e un camionista.
    «Ma non mi dire!» Commentò, non riuscendo a trattenere la risata «Fortuna eri lì a goderti tutta la scena altrimenti il Ministero avrebbe dovuto darmene uno nuovo…» Ricordando come l’amico, con espressione angelica, comodamente seduto sulla poltroncina, le avesse chiesto «❝Kill, va tutto bene?❞» Solo quando l’aveva vista sollevare lo schermo per scaraventarlo fuori dalla finestra… La finestra magica… Lo aveva visto ghignare esattamente come stava facendo adesso.
    Sospirò guardandolo, sentendo la muscolatura rilassarsi e la tensione alle spalle diminuire. Anche il principio di mal di testa che sentiva pulsare sulla fronte sparì.
    «E’ vero ma la paura stimola anche l’audacia mio caro alpha. Altrimenti non avremmo scelto questo lavoro.» Lo canzonò, ricambiando l'occhiolino e sorridendo. Inclinando leggermente la testa, il gomito puntellato sul tavolo e appoggiando il mento sul palmo della mano, osservò la figura della persona che le stava di fronte. «Davvero? Un bastone tutto tecnologico e tutto mio? E’ fantastico! Grazie…» Uno sguardo adorante e affettuoso che metteva a nudo i sentimenti che provava per lui, non solo in quel frangente ma in tutto il rapporto che li coinvolge. Non era innamorata di lui, questo lo sapeva, come lo sapeva Krasus, ma a suo modo lo amava. Come Shanessa è la sua gemella di sangue, anche il suo agente K, se non fosse per alcuni insignificanti dettagli, avrebbe potuto esserlo per quanto riuscivano a comprendersi.
    Krasus lo è del suo spirito, della sua essenza.
    Riuscivano a parlare di tutto, passando da un argomento all’altro come se niente fosse, per poi riprendere il discorso da dove lo avevano interrotto, riuscivano a far sembrare meno tremendo, come la dipendenza della ragazza, anche il ragionamento più difficile e pesante.
    E nessuno avrebbe mai potuto far del male a Krasus, fisicamente o emotivamente, senza poi rimanere incolume dalla sua rabbia. Sapeva che riusciva benissimo a cavarsela da solo ma aveva sviluppato un profondo istinto di protezione nei suoi confronti. Come se quel pezzo di marcantonio ne avesse bisogno.
    «Tu dici, tesoro?» Chiese quando le tastò il bicipite e lei, per tutta risposta, gonfiò il muscolo ridendo. Certo, non era una bodybuilder ma aveva muscoli sodi ed elastici, tranne sulla gamba, anche se, con il costante allenamento, non era più sfibrata e fragile come un ramoscello. «A volte non mi sento così forte come dici…» Bofonchiò, lo sguardo alle boccette di morfina appoggiate tra loro. «Avrei potuto venire subito da te e invece… Mi sono lasciata tentare ancora una volta.» Sorridendo, quando le accarezzò il viso per asciugare la lacrima, abbracciandolo più forte che poteva quando la strinse. Sapendo che non amava quel tipo di contatto, eppure, per lei, lo faceva. «Anche io ci sarò sempre per te.» Lasciandolo andare quando tornò a sedersi, ridendo alla frase sulla sorella che si differenzia da lei solo per il colore di capelli e la ex casata di appartenenza. Un'emozione intensa le accelerò il battito cardiaco alla frase successiva, talmente forte che lacrime di gioia tornarono a pizzicarle gli occhi. Non c’era niente da fare, adorava quell’uomo e tutto ciò che rappresentava per lei. Per quello e per la fiducia che le ispirava aspettò con ansia e un leggero timore la risposta alla sua domanda, senza mai staccare gli occhi da Krasus, la mano stretta sul bicchiere vuoto, in attesa che lo riempisse. Un urletto di gioia incontenibile scaturi dalle labbra, svelta come una folata di vento si alzò dalla sedia e, zigzagando tra gli ostacoli, con slancio saltò al collo di Krasus, baciandolo dove capitava. «Cazzarola…» Rendendosi conto di aver aspettato la risposta tesa come la corda di un violino. Neanche gli avesse chiesto di sposarla… Ma quella richiesta ci si avvicina molto «È un piacere e un onore anche per me… Averti come mio parabatai!» Esclamò gioiosa, baciandolo ancora una volta prima di tornare a sedersi. «Festeggiamo!» Battendo il bicchiere ancora vuoto sul tavolo, invitandolo a riempirlo.

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    Killian Ambrosia Degan
    Auror | 28 anni
    Quando Krasus le riportò alla mente lo scherzo che anni prima lei gli aveva fatto una calda risata proruppe dalle sue labbra e il sorriso restò incollato al suo volto per svariati secondi. «Hey! Se non ricordo male quello scherzo era nato solo perché tu avevi iniziato quella "faida" di scherzi qualche giorno prima dato che mi avevi fatta dannare con il mio computer! Sapevi benissimo che ci capisco solo il necessario di tecnologia ed ero già alle strette perché avevo un rapporto da fare e TU non hai esitato nemmeno un secondo nel fare uno screenshot dello schermo ed eliminare dal desktop tutte le icone quando mi sono allontanata per prendere due caffè nel bar dell'atrium! Ho passato un'intera mattinata a scervellarmi prima di capire che cos'avevi fatto!» Disse, divertita ma con una punta di risentimento nella voce. Sorrise quando la definì “mia dama”
    Amava quei momenti, erano preziosi e speciali e tutti per loro perché la faceva sentire al centro dell’universo, una comfort zone, una presenza solida e si strinse forte nel suo abbraccio.
    Sia Krasus che Killian sapevano con certezza che nessuno dei due avrebbe mai smesso di preoccuparsi l’uno dell’altro
    «Mhm, certo. Perché dovrei preoccuparmi…?» Mugugnò ironica sollevando la testa nello stesso istante in cui lui si abbassava per baciarle la fronte e il fatto che Krasus parlasse del suo essere Animagus in quel modo la lasciò perplessa perché l'amico sapeva bene che anche lei lo fosse e, di certo, nemmeno lei aveva una forma animale tenera e coccolosa. Era un felino, certo, ma nemmeno così tanto innocuo. «Hey…» Iniziò a dirgli poggiando una mano su quella del suo Agente K. «Tu non perderai il controllo e non farai male a nessuno, ne sono più che certa!» Commentò con tono più che convinto «Sei sempre tu anche in quella forma» Conosceva quel suo timore e Killian gli sorrise cercando di rassicurarlo e analizzò una cosa che, in quel momento le strappò un risolino. Senza Krasus era persa nel mondo della Magitecnologia, ignorante quanto una melanzana e si era sempre affidata in tutto e per tutto a lui. D'altro canto lei aveva delle capacità che Krasus, invece, non possedeva. La sua abilità con le creature Magiche, interagendo con loro sfruttando una profonda empatia, cosa che aveva utilizzato moltissimo nel mondo dell'equitazione e che, forse, poteva tornare utile con il Krasus drago di komodo. Non avevano mai pensato di sperimentare questa possibilità e Killian non aveva mai chiesto sapendo quanto avesse timore di fare del male involontariamente.
    «Ma certo! Il pubblico» Esclamò, battendosi una mano sulla fronte «Come ho fatto a non pensarci…» sghignazzando per la piega tragicomica della discussione, annuendo quando confermò che sarebbe tornato, prendendo la mano che stava sfiorando la sua «Un bastone tecnologico? E’ un'idea fantastica!» Con tono leggero, cercando di smorzare quella sensazione di pesantezza al cuore, facendo sì con la testa, confermando che non avevano bisogno di scuse. Lo guardò allontanarsi per recuperare la sedia e si morse un labbro, trattenendosi dalla voglia di scusarsi ancora. L’argomento spinoso della sua dipendenza non era facile da gestire per nessuno dei due e Killian, notando come Krasus stringesse il bicchiere, si accorse di quanto si preoccupasse e reagisse con molta istintività quasi aggressiva. Eppure era lì, pronto a sostenerla e confortarla. Lui che in quel momento aveva bisogno di calma e concentrazione per la lega duelli «Hey…» Cominciò a dire ma interrompendosi quando parlò anche lui, trovando un po’ strano non facesse commenti sull’amico ministeriale ma lasciando cadere quell’argomento.
    Quando i discorsi si facevano troppo difficili o pesanti Krasus sapeva benissimo come prenderla e attenuare la tensione che si veniva a creare, col cibo, Killian si accese come un sole estivo non appena vide la tavoletta di cioccolato posarsi sul tavolo e con fare ammiccante
    «Mi vuoi tutta ciccia e brufoli?» Domandò sorridendo sorniona «Sai cosa ci vorrebbe con questo?» Chiese quasi retoricamente. «Del cognac d'annata per esaltare il suo sapore.» Interrompendosi, il suo agente K posò sul tavolo un telefono e anche una chiave, dicendo che poteva utilizzare entrambi gli oggetti per avere un po' di pace. L'offerta era senza dubbio generosa e Killian inspirò sorridendo e sentendo un leggerissimo prurito ai lati degli occhi, si schiarì la voce, prese chiave e telefono. «Grazie… Lo so che la vita fa schifo, la gamba me lo ricorda tutti i giorni e anche questo schifoso tutore che porto sotto i pantaloni o Splendid Dancer che è morto per un mio errore.» Disse, non era la prima volta che parlava di Splendid Dancer con Krasus e l'amico sapeva quanto lei tenesse a quel cavallo. A quel pensiero la ragazza si rabbuiò, il pizzicore agli occhi si fece più intenso e il flebile sorriso sul suo volto si spense del tutto. Si era ripromessa di non pensarci più eppure, ogni tanto, la mente ritornava a quel periodo della sua vita. Guardò gli oggetti che ancora teneva in mano, sapeva di poter contare su di lui, una persona con un animo grande quanto la sua corporatura. «Ok, niente scuse. Vengo con te senza protestare…Come diceva quella? Domani è un altro giorno…» Guardò il guerriero seduto di fronte a lei e sorrise «Grazie per esserci sempre.» Prese il bicchiere di rum con la mano libera e, sollevandolo verso Krasus, avrebbe fatto un gesto d'intesa con lui battendo il vetro sul tavolo di legno e, portandolo alla bocca, lo bevve tutto in un sorso. «Io non sono sola, ho mia sorella» Lo guardò dritto negli occhi «E ho te Krasus, che sei diventato parte integrante del mio mondo in poco tempo e che continuerai a farne parte.» Era pronta a dar fondo alla bottiglia di rum sul loro tavolo e quelle a seguire ma prima di perdere troppa lucidità e trasportata dal forte sentimento che provava per lui «Krasus, vorresti essere il mio parabatai?» Chiese, quasi con timidezza, sorridendogli.
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    Killian Ambrosia Degan
    Auror | 28 anni
    Alle parole di Krasus Killian ritrasse la mano dalla tasca del collega e amico, appoggiandola poi sul suo giubbotto per strofinarla un paio di volte sopra di esso, il viso contratto in un'espressione di profondo disgusto, la bocca storta, il naso arricciato, le palpebre socchiuse e la fronte corrugata. «Sei disgustoso.» Proferì seriamente, sostenendo quello sguardo schifato su di lui per alcuni secondi e dandogli una leggera spintarella per allontanarlo, cosa che si sarebbe rivelata inutile dato che sarebbe stato più semplice spostare una montagna. Killian dopo aver fatto la sostenuta per quel breve frangente si sarebbe aperta in un sorriso, non aveva bisogno di molto per far capire all'amico che stesse scherzando ne Krasus per capirla. Avrebbe mugugnato la propria insofferenza riguardo all'argomento donne, troppo abituata a vederlo scapolo: non la preoccupava l'avventura di una notte e via per Krasus ma che l'amico potesse trovare una potenziale compagna solo per poi rimanere deluso e affranto o che la "potenziale" compagna andasse ad intaccare quella particolare intimità che c'era tra loro. «Lo sai che mi scoccia quando ti butti via per niente!» Dandogli una gomitata nel fianco dato che la spinta non aveva sortito alcun effetto. «Mi sta bene che ti trovi qualcuna ma basta che non rompa i coglioni per quello che c'è tra me e te o perché una sera ti porto fuori per sbronzarci… O qualsiasi altra cazzata le venga in mente perché ha il ciclo!» Accalorandosi in tutto quel discorso, insofferente e gelosa.
    Gelosa, si.
    Per via del legame così forte che li unisce e che poteva andare a dissolversi con la comparsa di una persona che non avrebbe saputo capire, sia da parte di uno che dalla parte dell'altra, il legame profondo che condividevano. Spazzando via l'argomento con un gesto della mano, trovando inutile parlarne fintanto che il problema non ancora non esisteva. Focalizzando l'attenzione sulle parole dell'amico. Si immaginò Krasus con una benda sull'occhio, in puro stile piratesco, e ridacchiando gli avrebbe detto.
    «Che brutta immagine che mi hai fatto visualizzare! In effetti no, non mi accontenterei di una benda ma quell'occhio mi piace, ti dona un tocco selvaggio e un poco rispecchia la tua altra anima…» Killian avrebbe fatto una leggera pausa, squadrando la massiccia corporatura dell'auror e, come sempre da quando lo conosceva, sorridendo delle proprie parole. Krasus non aveva bisogno di artifici o altro per apparire selvaggio. «… Non la dovresti nascondere o vergognartene…» Parlava tanto eppure Killian stava facendo esattamente il contrario di Krasus. Dispensare consigli e predicare la cosa giusta da fare era sempre stato il suo forte ma non per lei stessa e, anziché cercare di migliorarsi, razzolare male. Il discorso però valeva solo per Krasus, perché almeno lui cercava di risolvere la situazione grazie a quella Druida mentre lei ancora temeva gli appuntamenti di fisioterapia dalla Medimaga Rowen. Alla scelta del drink Killian alzò la mano portandola alla fronte nel classico saluto militare per uscirsene con un parodistico. «Sì, signor Capitano!!!» Ci mancava solo che Krasus creasse una o con la bocca, esclamando un "Ohhhhh", esattamente allo stesso modo del Capitano pirata in SpongeBob, ridendo di quella posa plastica venuta così, idiotamente. «E rum sia!!!» Ma tornando seria sentendo quello che diceva. Killian scoccò un'occhiata omicida all'amico assottigliando talmente tanto lo sguardo da sembrare che gli occhi fossero chiusi, il sorriso fino ad allora presente sul volto della ragazza si raddrizzò fino a sparire e, puntandogli un dito contro il petto iniziò a picchiettarlo. «Non provare a tornare dalla Lega Duelli ferito altrimenti ti faccio a pezzi io!» E con una smorfia ironica aggiunse «Anche perché, se torni sotto forma di coriandoli, sarebbe difficile che ti rimonti come un puzzle.» Esclamò dura, per poi aggiungere con più dolcezza «Sappi che ci sarò sempre per te, indipendentemente da come tornerai.» Avrebbe annuito riguardo il discorso della pelle dura, associandola anche al fatto che l'amico come Animagus sapesse trasformarsi in un drago di Komodo lasciandosi contagiare dalla risata e rispondendo. «Ne ho una collezione intera ma per te potrei farmene fare uno nuovo di zecca.» Avrebbe fatto un movimento convulso alla sensazione di caduta, cercando di riparare la gamba infortunata da eventuali danni tuttavia, grazie al tempestivo intervento di Krasus, venne tenuta in piedi.
    Non si stupì di quella reazione da parte dell'amico, quasi come se l'aspettasse e che più di una volta per colpa della stanchezza, l'irrigidimento dell'arto o un cedimento del ginocchio, le facesse perdere il già precario equilibrio e che Krasus fosse sempre intervenuto per tempo, evitando che cadesse, soprattutto quando non portava con sé il bastone come in quel caso. Con affetto gli accarezzó una guancia, sollevandosi in punta di piedi per poterlo fare e sorridergli con gratitudine, se fosse stato seduto gli avrebbe teneramente baciato le labbra
    «Scusa, ti ho fatto allarmare.» Sussurrò quando lo vide portare la mano alla schiena. Si sarebbe seduta al tavolo evitando momentaneamente di guardarlo e, anche se non aveva segreti con Krasus, o meglio, quasi non né aveva visto che questo ancora non lo sapeva, per quanto lui sapesse della sua dipendenza, parlarne non le risultava semplice. Era come se fare uso della morfina la rendesse "normale", la vecchia Killian. Gli avrebbe detto tutto e, frugando nella tasca interna della giacca, avrebbe estratto un flaconcino trattenendolo nel pugno. «No… » Avrebbe iniziato a dire, titubante. «No, niente di "quella" merda stupefacente o allucinazioni, però…» Fece una smorfia con la bocca, riflettendo sulle parole successive, sapendo che con il gesto che stava per fare avrebbe fatto impazzire e preoccupare l'amico. Avrebbe appoggiato sul tavolo la boccetta ancora sigillata. «Ho trovato uno che me le procura… Però è ancora chiusa.» Come se questo fatto potesse tranquillizzare Krasus, il suo Agente K. Omise il fatto che quella fosse una di tre, di cui né aveva già fatto uso di una. «Ma non è quello il problema... È che mi sento osservata, mi sento seguita e non so se sia frutto della mia immaginazione o della realtà. Sono ossessionata da quelli che sembrano flash e dalle ombre che mi seguono… E, proprio in questo momento, mi è sembrato di vedere un'ombra.» Ammise. «Proprio mentre ti stavo baciando.» Indicando la vetrina di fronte a sé. «Il fatto è che non ho più il coraggio di uscire di casa… Di entrare in uno dei miei social perché ci trovo sempre nuove foto taggate di me, di Vath o di entrambi assieme… Per non parlare dei commenti… » Un brivido di apprensione la attraversò quando nominò il biondo ministeriale. Sapeva che tra Krasus e Vath c'è una bella amicizia e lei non voleva essere fonte di incomprensioni o litigi e che tra i due non poteva fare paragoni per quanto erano diversi.
    Krasus è una costante.
    Anche quando non era presente fisicamente riusciva a sentirne la presenza rassicurante, a sentirsi protetta, a non doversi nascondere da come si sentiva realmente, a non doversi trattenere dalla Killian che sentiva di essere.
    Vath è un'incognita.
    Era talmente incognita che, sentiva l'obbligo di misurare parole e emozioni, incapace di comprendere fino a che punto potersi sentire libera, di essere se stessa, perché avvolto in un'aura di austerità e controllo che fatica a capire, nonostante lui le avesse detto di provare una sorta di attrazione.
    Eppure, nonostante questo, le veniva spontaneo chiedersi perché non riuscisse ad essere così rilassata anche con il ministeriale. Perché, con lui, si sentiva sul filo del rasoio
    Avrebbe fatto un sospiro profondo.
    «E questa cosa mi sta mettendo pressione, non riesco più a concentrarmi. Mi sento sempre come se fossi costantemente giudicata, come se facessi qualcosa di sbagliato… » Si era ripromessa di dirgli tutto e, di nuovo, andò a frugare nella tasca interna della giacca. Estraendo lentamente anche le altre due fialette e appoggiandole sul tavolo, una delle quali semi vuota. Guardandolo negli occhi mentre compiva quel gesto, voleva che vedesse quanto si sentiva frustrata e vulnerabile e non dubitava del fatto che la vedesse realmente «Mi sembra di impazzire…» Sbottó prendendosi la testa tra le mani, lisciandosi i capelli e risollevarla per tornare con lo sguardo su Krasus. Non aveva giustificazioni né andava a cercarle, soprattutto da lui che la conosceva e capiva. Avevano basato il loro rapporto sulla fiducia e la sincerità e non voleva cominciare adesso a mentire al suo migliore amico perché, quello, avrebbe segnato uno stadio di dipendenza più profondo di quello che era realmente. Sapeva che avere sempre con sé la morfina, sempre a disposizione, rappresentasse un metodo di fuga seducente pari al canto delle sirene. Allo stesso tempo, però, era una prova di volontà, una sfida ardua che si giocava di giorno in giorno. E, come nelle migliori partite di D&D, a volte vinceva e a volte perdeva. Adesso non aveva più segreti. Adesso Krasus sapeva e lei, nel suo piccolo, si sentiva più leggera «Credo che non prenderò il mio gettone mensile.» Borbottó, tanto per sdrammatizzare un po', con un sorriso birbantello sul volto ma senza distogliere lo sguardo dagli eterocromatici occhi di Krasus.

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    Edited by Killian Ambrosia Degan - 2/10/2022, 00:57
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    Nome e Cognome PG : Killian Ambrosia Degan
    Prestavolto: Alycia Debnam-Carey
    Razza/Abilità: Umana/ Animagus
    Occupazione: Auror

    Edited by Killian Ambrosia Degan - 6/9/2022, 19:04
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    Killian Ambrosia Degan
    Auror | 28 anni
    Folle…?
    Forse. Ma il fatto era che le piaceva vederlo così rilassato e sorridente, dare gas alla moto, lasciarlo correre come se dovessero attraversare lo spazio/tempo in direzione di un altro multiverso. Quando erano insieme Krasus era il Suo Krasus, libero da maschere, sciolto nel parlare e rilassato nel agire. Avevano un rapporto in cui si compensavano e sostenevano a vicenda, condividendo cibo, bevande e sangue. E vederlo ridere di gusto dopo averla presa in giro senza cattiveria o meschinità era una cosa che la faceva stare bene e se per questo era folle allora si, lo era completamente. Sorrise ricambiando l'abbraccio, passandogli il braccio dietro la schiena, infilando la mano nella sua tasca posteriore e, vista la differenza di statura, appoggiandosi al petto con la testa.
    «Hey!» Esclamò ridendo e dandogli un colpetto sul fianco quando la prese in giro per il suo francese, facendogli tornare alla memoria i primi episodi di pettegolezzi sul loro conto. Killian in un primo momento aveva cercato di raffreddare quel rapporto, soprattutto per il fatto che, le stesse voci di corridoio, lo davano impegnato sentimentalmente con una, anzi due. Lui però non era d'accordo con la sua decisione e, anche se non aveva mai né confermato né smentito, aveva fatto in modo che il rapporto ne uscisse più forte delle dicerie che circolavano e da allora era stato un continuo crescere e rafforzarsi. Lì, nella tranquillità di quell'abbraccio, ridendo e alzando la testa per guardarlo le sembrò di cogliere un paio di lampi e, alzando gli occhi al cielo, avrebbe notato che era sgombro da nuvole. Non diede peso a quelle strane luci, forse le aveva solo immaginate o forse erano i fari di una macchina di passaggio, continuando ad ascoltare l'uomo «Ammettilo! Lo fai apposta a farmi questi tranelli» Rispose ridacchiando, confusionando il nome del locale e poi ridere insieme a lui «Ah… Ha visto la foto sul giornale… E ha deciso di aiutarti… Ahha, credici… Ecco, che sia chiaro soprattutto a lei. Sei tutto mio» Avrebbe ribattuto con una smorfietta e ridendo quando si accorse che si tratteneva. Aveva tolto gli occhiali, era rilassato, si stavano divertendo e, appoggiando un gomito sul tavolo, avrebbe appoggiato il mento alla mano continuando a guardarlo mentre diceva di averla già provata la benda e ironizzare su chi doveva impressionare «Ah beh scusa eh! E io non conto?» Avrebbe chiesto con una piccola smorfia mentre, al nome di Vath, le sembrò di rivedere quelle luci, ridendo per l'espressione che aveva fatto. «Cosa prendiamo? Birra? Whisky? Rum?» Chiese mentre controllava il telefono e glielo passava per leggere il messaggio «Ma è fantastico! Sono fiera di te mio eroe!» Disse con entusiasmo, alzandosi per abbracciarlo con trasporto. «Come la mettiamo però con la maledizione? Non sarà di intralcio?» Domandò preoccupandosi per lui. I Superquattro, campioni indiscussi della Lega duelli, erano tosti da affrontare ma se Krasus, punta di diamante negli scontri, era arrivato fin lì c'erano buone possibilità che tornasse vincente. «Vedi di tornare integro, non sopporterei il dovermi iscrivere alla Lega per vendetta!» Dandogli una spintarella «Bisogna festeggiare!» E senza doversi abbassare più di tanto, visto che Krasus da seduto era basso quando lei, scoccandogli un bacio. Fu in quel momento che vide quella che sembrava la sagoma di una persona e il flash di una macchina fotografica o un semplice telefonino, allontanarsi dalla vetrata del pub. «Porca di quella puttana di Morgana!» Avrebbe detto con rabbia, colpendo il tavolo con un pugno, sapendo che era ormai troppo tardi per inseguirlo con quel buio ma soprattutto non voleva rovinare il momento e la serata con l'amico. Guardò i suoi occhi, quello rettile e quello grigio, sorrise, gli scoccò un altro bacio e, facendo spallucce, tornò a sedere. «Stasera pago io, ordina quello che ti pare. Si festeggia e tu non devi protestare!» Disse guardandolo con affetto. E, mentre loro ordinavano per festeggiare lo sfidante, qualcuno, in quel momento, avrebbe ricevuto una notifica sui suoi social pubblici.

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    Killian Ambrosia Degan
    Auror | 28 anni
    Vederlo alzarsi dalla sedia e pronto ad uscire le risollevò un po' il morale, sapeva di averlo in qualche modo dispiaciuto, glielo aveva visto scritto su quel bel faccino, per un momento le era sembrato un bimbo sperduto con lo stesso sguardo della gemella. Troppo spesso Shanessa aveva assistito a quella scena, soprattutto appena uscita dall'ospedale. Ancora adesso, che gli episodi si erano affievoliti, la costringeva a correre in camera sua perché era tormentata dagli incubi, o a trovarla in giro per casa nel cuore della notte perché svegliata da un attacco di panico.
    Dolore e impotenza
    Quella era l'espressione che vi leggeva sempre, come quella di Thomas poco fa, purtroppo per lei però non poteva farci niente. Andavano e venivano come un temporale estivo, lasciandola esausta e demoralizzata, triste per chi aveva assistito. Quello era uno dei motivi per i quali aveva preso in considerazione il licenziamento, in quello stato avrebbe potuto essere più un pericolo che un aiuto per i colleghi o per un incarico rischioso. Adocchiando il computer, mentre si alzava, con la voglia di premere invio su quella lettera, raccogliendo il bastone e andando verso la libreria armadietto da dove recuperò il portafoglio per poi seguire fuori dall'ufficio il giovane collega.
    «Grazie, molto gentile.» Disse sorridendogli, accompagnando il ringraziamento con un cenno della testa. «E sono sicura che con la tua esuberanza quel brutto momento sarà presto dimenticato» Avrebbe detto sorridendogli mentre le teneva aperta la porta facendola uscire per prima e soppesando la domanda che le rivolse subito dopo. Non voleva mentire a Thomas, non era una buona base per cominciare a conoscere una persona. Killian non andava in giro a sbandierare ai quattro venti che il papà era a conoscenza di avere tre streghe in giro per casa. Come non diceva che, con un giusto equilibrio, tra Babbani e Maghi avrebbero potuto godere di collaborazione reciproca, optando quindi per una mezza verità, rimandando la completezza a quando si sarebbero conosciuti meglio. «Perché altrimenti mio papà non avrebbe potuto assistermi… Certo ora non sarei ridotta così…» Avrebbe risposto sollevando il bastone. «La guarigione sarebbe stata veloce e completa ma comunque non abbastanza da non aver bisogno di assistenza e non me la sono sentita di escluderlo…» Concluse, camminando al fianco di Thomas e uscendo all'aria aperta. Non percorsero molta strada dopo essere usciti dal ministero, sbucando in un sobborgo dall'aria storica, in una piazzetta decisamente carina e accogliente, con tanto di fontana al centro. «Codroipo!» Avrebbe esclamato «E bravo Thomas! Questa è una bella sorpresa.» Disse sorridendo al ragazzo, avvicinandosi alla fontana.

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    Killian Ambrosia Degan
    Auror | 28 anni
    Aveva sentito la risposta ovattata dal casco ma non aveva fatto in tempo ad alzare la visiera per rispondere «Ah sì? E da quando tengo la guardia alzata con te?» Gli aveva urlato da dentro il casco e, sentendo l'avvertimento, aveva fatto appena in tempo a circondargli la vita con le braccia, ridendo di gusto al "Bruh", che era già sfrecciato fuori dal garage. E poi fu tutto un susseguirsi di emozioni; il rombo del motore, le vibrazioni che sentiva trasmesse dalla sella, la velocità, vedere i fanalini di coda delle auto come piccole lucciole rosse passargli accanto e un'improvvisa scarica di adrenalina le provocò un urlo di euforia. Allentò la presa, seguendo in sincronia i movimenti di Krasus, stando attenta a non sbilanciare troppo il peso della moto quando perse un po' di aderenza nella curva. Tolse il casco appena si fermarono e, prendendo la mano dell' amico, smontò senza lasciarla andare, ridendo come una ragazzina. «No, non hai perso il tocco ma è migliorabile» Rispose con una smorfia «Merci mon… Quello.» Guardando l'edificio dall'esterno non sembrava male, la vista sul Tamigi con le lucine che brillavano sull'acqua era particolare. Lo seguì all'interno del locale, le luci non erano soffuse ma neanche fastidiose, una leggera penombra, un vociare indistinto e musica «Questo Prospect of Whitby mi sembra una buona scelta e una bella alternativa alla 'Taverna del Diavolo'» Disse guardandosi attorno alla ricerca di un tavolo tranquillo e in ombra, dandogli così l'opportunità di poter togliere gli occhiali se avesse voluto e, dopo essersi seduti al posto scelto, avrebbe ripreso l'argomento «Un druido e pure denrisiana… E che sembra felice di aiutarti… Gli hai mandato una foto assieme alla lettera? Perché posso capire… "L'interesse"» Gli disse, sottolineando le virgolette con le dita «Sei anche il mio eroe! Il mio Agente K!» Aggiunse, fingendosi gelosa per poi ridere, sperando di risollevargli un po' il morale «Spero riesca ad aiutarti a risolvere il problema, non ti ci vedo fermo fino a settembre… Anche se…» Disse pensierosa, sapendo quanto gli costasse non essere in attivo e stare fermo ad osservare gli avvenimenti «Una benda non ti sarebbe d'aiuto nel frattempo? Se copri l'occhio puoi sempre dire di avere un'infiammazione o qualcosa di simile» Suggerì all'amico «Saresti il mio Agente K pirata… Potresti fare colpo su…» Suggerì con un'occhiata furba.

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    Killian Ambrosia Degan
    Auror | 28 anni
    Killian e Krasus avevano legato subito, diventando compagni di merende e bevute scoprendo che avevano molto in comune. La passione per le moto, dungeons & dragons e alcune letture. Con lui non aveva bisogno di mettere dei paletti, di mantenere le distanze, il "suo" Agente K sembrava sapere sempre fin dove potersi spingere anche se ogni tanto battibeccavano riuscivano comunque ad andare d'accordo parlando del più e del meno, di cose serie o di cazzate. Non aveva bisogno di nascondersi, con lui si sentiva libera di essere quello che realmente era.
    Una drogata che ancora sentiva il bisogno quasi fisico della morfina, che ogni tanto abbondava con l'alcol, isterica e nevrotica, una stronza per come trattava le persone.
    E quella sera Killian sentiva il bisogno di staccare ed era già sua intenzione scrivergli, prima però voleva passare da casa e cambiarsi ma era stata battuta sul tempo. Ricambiando il sorriso che le rivolgeva quando si avvicinò a lui ma guardandolo semiseria per il nomignolo e accorgendosi che stava trattenendo una risata. Era bello vederlo sorridere sapendo quello che stava passando e infatti non tardò a dirlo.
    «Ti sei informato su cosa puoi fare per toglierla? Hai trovato qualche informazione a riguardo?» Chiese con preoccupazione avvicinandosi e, quando si sarebbe alzato gli occhiali, osservando l'occhio rettiliano che aveva da qualche giorno «Mh… Non più del solito, oggi è abbastanza tranquilla» Rispondendo alla sua di preoccupazione e salendo in sella dietro di lui, sistemando i piedi sugli appositi sostegni «E da quando diamo peso a queste cose?» Rispose al suo dubbio sul pub «Va bene quello se ti ispira» Disse iniziando a mettere il casco ma fermandosi prima di infilarlo del tutto «Spero che quell'occhio non ti impedisca di dare gas a questo gioiellino» Lo avrebbe stuzzicato ridacchiando, infilando e allacciando il casco, sistemandosi e segnalando che era pronta a partire.

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