Due cuori, una sola anima

Killian e Krasus, rito Parabatai

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    Stardust Bringer

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    Krasus Thunderbolt
    Adulto | 29 anni

    Fortuna che la moto aveva un pilota automatico. Scolarsi due bottiglie di rum in due è notevole anche per auror del loro rango, ma il vero livello alcolemico che gli faceva vibrare la testa non proveniva dall'alcolico ambrato, bensì dalla serata passata con Killian, e la sua proposta. E l'euforia che essa scatenò nel guerriero.

    Lo sapeva che forse avrebbe dovuto andarci piano... nessuno dei due era messo bene, una con i suoi spettri psicosociali e l'altro... beh, letteralmente coi suoi spettri, punto. Eppure, quella figura ridente che ora cavalcava la moto dinanzi a lui (Krasus aveva insistito affinchè ella gli stesse seduta di fronte), quella specie di angelo caduto malamente su una gamba, che meritava il regno celeste eppure era rinchiusa in quell'inferno terreno con lui... non poteva più starle lontano.

    Quella notte sarebbero stati legati indissolubilmente (o quasi) attraverso un semplice quanto antico rituale magico, ma il legame vero non aveva nulla a che fare con la magia: il Fato che li aveva condotti sullo stesso sentiero impervio, le loro anime sì affini ma anche diverse, le loro nemesi, le loro conquiste e le loro speranze... ci sono leghe infinitamente più durevoli del migliore degli acciai, e il legame delle loro anime era decisamente la migliore in assoluto.

    Sfrecciando tra le strade di Londra, alcune deserte e altre no, avviandosi verso la campagna, e quindi la dimora dell'auror, respirava gli aromi della sua collega e cara amica, ma inspirava anche la sua allegria, contagiosa, bella, vera. Rise con lei, parlando del passato, del presente e del futuro.

    Krasus, vorresti essere il mio parabatai?

    Le sue parole rimbombavano nella sua mente come un mantra, anche se i loro discorsi non sfioravano l'argomento. Non c'erano risposte giuste o sbagliate, a quella domanda: c'era solo la verità, ed essa era che lui per lei ci sarebbe stato. Sempre. In qualunque tempo o luogo, in questo o qualsiasi altro mondo.

    La grande casa a due piani, le cui pareti azzurre e i rivestimenti in quercia si stagliavano nitide nel fascio luminoso della Harley, si avvicinò velocemente, e la moto venne spentagli di fianco.

    Sono sicuro che avrai avuto modo di vedere magioni molto più sfarzose, ma a primo impatto come ti pare?

    Chiese a Killian, senza perdere le note allegre del suo tono e al contempo aiutandola a smontare dalla sella.
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    Killian Ambrosia Degan
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    Tutti portano delle ferite, visibili e invisibili
    Ci sono segni che vengono portati con orgoglio perché simboleggiano una conquista, una realizzazione.
    Alcune faticano a guarire perché vengono inflitte da chi pensavi ti fosse amico, da un amore perduto, dall'insoddisfazione.
    Altre che faranno sempre soffrire perché sono sfregi che non guariscono, che continuano a sanguinare, a volte molto a volte poco ma che comunque sono presenti e sono dovute all'eterna guerra che combattiamo con noi stessi per gli sbagli, i rimpianti, i sensi di colpa.
    Ma ce ne sono altre che ti spezzano… Ti risucchiano l'anima
    L’impatto è brutale, la sensazione è quella di essere dilaniata da una deflagrazione improvvisa e devastante e ti senti subito tramortita, la nausea sale e si diffonde velocemente, gli ingranaggi dentro la testa si inceppano come se venissero spenti, come se ti fosse caduto il mondo addosso
    Quando pensi di avere tutto ciò che desideri, quando ti senti soddisfatta dei risultati ottenuti con impegno, quando ti senti completa, hai un lavoro che ami, uno sport che adori, amici fidati, un “fidanzato” con cui progetti il futuro, la famiglia orgogliosa di ciò che sei diventata quando tutto sembra perfetto…arriva la sorpresa. Ecco che, pronta, arriva la sorte e ti chiede il conto. E resti lì, immobile in quel lasso di tempo che sembra non passare mai e ti incolpi di tutto e ti fai mille domande, domande la cui risposta sai che non arriverà, sei sopravvissuta al dolore, alla disperazione, alla paura, alle lacrime che sono ancora qui, col cuore in tumulto, il respiro affannoso e gli occhi sbarrati e, senza rendersene conto, scivoli inarrestabile verso l’oblio ma la verità è che dentro ti senti morire e poi… Il vuoto… L'ombra di te stessa… Uno spettro
    Ma ti rialzi, ricominci a vivere un respiro alla volta, un passo incerto dopo l'altro, in punta di piedi anche se a volte ti senti a pezzi ma nonostante il dolore, continui a vivere nascondendo il male che ti tormenta. Cerchi di non pensarci, di evitare alcuni pensieri ma la mente dimentica di avere pietà delle tue richieste, dei tuoi timori e così, impotente, ti arrendi ai ricordi, ti abbandoni alla loro dolcezza, ti fai cullare dal loro respiro chiedendoti dove si era persa, dove fosse finita quella ragazzina curiosa e determinata, quella sognatrice ribelle
    La vita è dura, molto spesso è crudele, le insidie sono dietro l’angolo che ci aspettano, pronte a complottare contro ciò che ci rende felici.
    Killian aveva la gamba sfregiata a ricordarle la sua colpa, la protesi della rotula e il tutore per non dimenticare i suoi sbagli, gli attacchi di panico come ammonimento durante il giorno e la sera, quando rimaneva sola, quando stanca andava dormire e la parte cosciente cercava ristoro dagli attacchi di ansia, durante la notte quando si svegliava di soprassalto per gli incubi, allora sì che sentiva il cuore come trafitto da cento lame roventi, sentiva il cuore piangere… Il suo battito si insinua nella testa e comincia a far male e ti ripeti che domani sarà un nuovo giorno, una nuova recita, una nuova battaglia ma che domani potrebbe andare meglio.
    Ma la vita, quella stessa vita che per suo diletto ti aveva tolto tutto, sembra quasi pentita della crudeltà con cui ti ha trattato e, inaspettatamente, ti fa un dono.
    Da quando era rientrata e ripreso a lavorare aveva incontrato molte persone, partecipato a feste e ripreso la parvenza di una vita normale. Tutto sembrava procedere normalmente ma la batosta era stata feroce e lei procedeva con cautela, guardinga e all'erta in quei nuovi rapporti.
    E poi, un giorno, si erano visti.
    Era da poco rientrata al Ministero, lavorava solo mezza giornata perché si stancava presto, il mal di testa non le dava tregua e le sedute riabilitative erano quasi tutti i pomeriggi. Stava uscendo, lo sguardo rivolto al pavimento, quando l'ombra di una figura che stava entrando in quel momento, incrociò la sua. Dall'apice della testa le due ombre si incrociarono e fusero, Killian sollevò lo sguardo per vedere chi, in quel preciso momento, stava per scontrarsi con lei e si fermò incontrando i suoi occhi. Il tempo stesso sembrò fermarsi, diluirsi all'infinito. Due eterocromatici occhi la stavano fissando e in quegli occhi, Killian, sembra specchiarsi. Li, nell'angolo più remoto, vide lo stesso oscuro buio denso e intenso, talmente simile al suo che avrebbe potuto chiamarlo per nome. Sentí una vibrazione partire da quell'anima e arrivare a far vibrare la sua. Non sapeva quanto tempo era passato ma improvvisamente tutto tornò normale e lei ricominciò a muoversi verso l'uscita chiedendosi se fosse stato reale o lo avesse solo immaginato, costringendola a voltarsi per verificare di non averlo sognato ma lui era lì, con quegli occhi insoliti ancora fermi su di lei… Ma ne aveva anche paura. Aveva paura che il fato, il destino o chi per esso sia, in un momento di rilassatezza e spensieratezza vedendola troppo felice, le portasse via anche quella piccola briciola di umanità che le restava e pregava con tutte le forze che distogliesse, se la stava osservando, lo sguardo.
    Killian temeva che, con tutta la fatica e le paure, tutto quello che stava pian piano ricostruendo venisse spazzato via.
    Krasus era entrato a far parte della sua vita come un vento soffice e caldo, una luce lunare chiara e argentea, era riuscito a rischiare i cupi nuvoloni dentro di lei.
    Un movimento alle sue spalle e questo la fece sorridere e uscire dal circolo vizioso di quei malinconici ricordi. Erano arrivati a destinazione e lei, persa nella brodaglia della memoria, non si era accorta della strada che portava all'abitazione dell'amico ma aveva sentito la rassicurante pressione del suo corpo sulla schiena. Sapeva di aver bevuto troppo ma quelli non erano pensieri dettati dall'effetto dell'alcol ingerito. Killian adora veramente quell'uomo dalla grande presenza fisica e, quando lo guardava, non poteva fare a meno di chiedersi come, un corpo così piccolo, riuscisse a contenere un anima così tanto grande.
    Il loro volersi bene era qualcosa di unico e, molto spesso, non servivano le parole per dimostrarlo… molte volte si erano sostenuti a vicenda, spesso si erano ritrovati a ridere senza una spiegazione… i momenti più belli erano quelli che Killian passava con lui… ma quella sera avevano bisogno, entrambi, di parole, parole di conforto, parole d’amicizia, parole che provocassero una risata… e per tutta la sera avevano condiviso risate, confessioni, e segreti… segreti che solo loro sanno… Erano poche le persone di cui si fida ciecamente, si potevano contare su tre dita di una mano, a cui avrebbe affidato la propria vita senza battere ciglio.
    Krasus era una di queste.
    Non aveva mai preso in considerazione un parabatai, non lo aveva programmato, eppure, senza pensarci troppo, le era venuto spontaneo e lei non aveva fatto altro che dare voce a quel sentimento che la legava così saldamente al guerriero. E lo aveva chiesto a lui, al suo Agente K.
    Sollevò la testa a guardarlo, sorrise prima di distoglie lo sguardo e prendere la mano che le dava per aiutarla a scendere dalla moto.
    «No, non così tante, scappavo pur di non partecipare a feste e veglioni.» Ammise ridacchiando «La casa dei miei, in Italia, è enorme… Un piccolo castello.» Osservando con occhio critico la costruzione «Io però preferisco questa, è più gestibile e confortevole… Credo che quella mia e di mia sorella sia ancora più piccola…» Disse, riportando lo sguardo sul compare. Killian non aveva avuto bisogno di confermare il fatto che, si, avrebbe accettato l'offerta di fermarsi da lui per un po', era sicura che lo avesse letto nei suoi occhi. «Che dici? Mi fai vedere anche dentro o mi devo procurare una tenda da campo? Sai com'è… Avrei freschello e un altro goccio per brindare alle nostre anime lo prenderei volentieri.» Estraendo dalla giacca la bottiglia che aveva comprato prima di uscire, mostrandogliela con un sorriso.

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    Krasus Thunderbolt
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    Ci sono notti senza stelle, in cui le dolci carezze dell'anima a noi affine ci mancano così tanto da far piangere le rocce su cui ci appoggiamo per non cadere.
    Ci sono stelle senza notti, fulgenti nei mattini ambrati, soavi nei pomeriggi sereni e così speranzosi nelle sere rosee, nelle quali l'anima a noi affine accarezza con le sue morbide labbra il nostro collo, e col suo soffice spirito fa riverberare le corde nei nostri fragili muscoli cardiaci con note mai udite prima.

    E poi per Krasus c'era lei, non un astro, ma il suo firmamento, la sua cintura di Orione, capace di reggerlo anche dalle cadute più infernali. La sua musa, da cui traeva luce contro le ombre della solitudine e coraggio contro i sospiri della Morte.
    Fuochi fatati e sospiri di stelle danzavano negli occhi dell'auror, mentre sorrideva a Killian, la sua Kill, assassina dei brutti pensieri e delle giornate grigie, artista delle sue emozioni.

    Ah beh, ne so qualcosa anche io

    Disse, scuotendo la testa

    Uff, non dissimile da quella di mio zio, a Los Angeles... la sua maestosità è soffocante, più che un'abitazione pare un'opera d'arte, qualcosa di irreale... e tutto sommato, abitare un dipinto tende a darmi fastidio... poi oddio, se ci fossi tu le cose sarebbero differenti

    Le prese le mani, specchiandosi nel caleidoscopio di stelle e tenebre che erano i suoi occhi la fuori, al buio.

    Era arrivato da poco a Londra, doveva ancora fare la spola tra i vari agenti sparsi per la capitale britannica e gli uffici del Ministero. Non aveva molti amici, e i conoscenti erano pochi. Era passato dall'essere un istruttore capo a qualcosa di più di una semplice recluta, e subiva il contraccolpo del tutto, era carico, sì, ma depresso dall'idea di dover ricominciare daccapo, da solo, in un posto a lui così estraneo.

    E poi lì, mentre rientrava da una delle sue ronde, uno scintillio argentato aveva attirato la sua attenzione, e fu solo grazie ad un sospiro del Fato che i loro corpi non si urtarono. Uno sguardo spento e infastidito si alzò verso il suo viso, e subito vi fu una scintilla, in fondo a quegli occhi tutto sommato così caldi. Una scintilla che, di riflesso, brillò anche nel cuore del guerriero, piantando il seme dei sentimenti che lo permeavano in quel momento.

    Vi era una risonanza in quella donna, che lasciò l'auror come in stasi, e per un attimo, per un dannato infinito interminabile e volubile attimo, il mondo perse il suo asse, la Luna scomparve e il Sole smise di brillare nel cielo, ed era li, in piedi di fronte a lui.

    Poi le leggi della Fisica si schiarirono la gola e tutto tornò come se niente di tutto ciò era veramente accaduto. O quasi.

    Krasus sorrise a quella persona a lui così cara.

    Ok ubriacona, come vuoi. Io avevo giusto giusto preparato la legna da ardere...

    le fece l'occhiolino, accompagnandola cavallerescamente al blindato d'ingresso, color avorio con finiture in acciaio azzurro. Estrasse una chiave dalla giacca e la girò nella toppa, ove parve cadere; subito, un insieme di scricchiolare e cigolare di ingranaggi suonò a suo modo un motivetto per accogliere i due, che si ritrovarono in un ingresso spartano, piastrellato da un laminato in pvc rimembrante legna candida e avente due archi che davano rispettivamente su un corridoio buio, sulla sinistra, e un salottino in stile vittoriano sulla destra, illuminato dalle fiamme ardenti in un camino candido come il marmo di cui era fatto, le cui decorazioni alternavano grifoni, draghi e fenici.

    Dirimpetto alla porta d'ingresso ve n'era una aperta su una cucina buia, ma le cui finestre mostravano le luci del profilo della città di Londra, in lontananza.

    Se prometti di non sporcarlo, possiamo raggiungere il divano per festeggiare

    Disse ridendo

    Scherzi a parte, di sopra invece ho una piccola biblioteca dove spero che possiamo trovare istruzioni per il rito... sperando di essere ancora abbastanza lucidi per decifrarle

    La risata era incontenibile, ma leggera, pura. Pura come l'amore che provava per la sua Kill.
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    Edited by ShiningDragon - 5/11/2022, 01:16
     
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    Killian Ambrosia Degan
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    «Ovvio che le cose sarebbero differenti!» Avrebbe risposto.
    Stringendo le mani di Krasus e fissando lo sguardo su quell'occhio serpentesco.
    «Se fossimo assieme quelle feste le eviteremmo come la peste.» Ridendo nell'immaginare loro due in fuga da un qualsiasi evento mondano.
    Che cos'è l'amicizia per Killian?
    Se lo era chiesto molto spesso negli ultimi tempi.
    La ragazza se lo era domandato anche durante la folle corsa in moto per raggiungere la villa di Krasus.
    Era giunta alla conclusione che, se prima dell'infortunio era circondata da questi cosiddetti "amici" avendo addirittura un ragazzo con cui passava gran parte delle serate. Dopo l'infortunio queste persone erano sparite come neve al sole facendola sprofondare nella solitudine e nella depressione. Al momento Killian aveva pochi solidi rapporti: sua sorella Shanessa era una presenza costante e, senza le sue cure, difficilmente si sarebbe ripresa così in fretta; i suoi genitori continuavano a sostenerla e a darle tutto il loro affetto incondizionatamente; al di fuori della famiglia Killian vedeva una certezza al pari della gemella solo in Krasus.
    Killian osservò la porta bianca con finiture in acciaio azzurro e quando sentì il motivetto le venne da ridere perché le sembrava di essere una bambina tornata indietro nel tempo dove i campanelli polifonici la facevano ridere e sentire la frecciatina dell'amico la fece ridere ancora di più. Si era aspettata una battuta simile da Krasus e in quel momento, osservandolo mentre apriva la porta di casa, il commento sul fatto che lei fosse un ubriacona la lasciò perplessa. Era come se il merlo dicesse al corvo
    «“Quanto sei nero!”» Lì non aveva bevuto solo lei e Krasus non poteva vantare una resistenza migliore della sua. Killian si portò la mano alla bocca soffocando un reflusso gastroesofageo ma, brilla com'era, non le riuscì di trattenere un sorriso ebete seguito ad una leggera risata. Gli occhi arrossati e lucidi, quasi a palla, della ragazza si fissarono su quelli dell'Auror suo collega e, battendo con il pugno un paio di colpetti sulla spalla di lui, Killian esordì dicendogli. «Bella ziii…» La voce strascicata e lenta. «Non è che io ti ho mai visto andare ad acqua!» Una risata e poi avrebbe aggiunto. «Sai bene anche tu che fa ruggine sull'acciaio, figurarsi ad uno stomaco umano!» Una volta entrata in casa poté notare come il suo amico possedeva molte cose, quello osservando l'interno della casa era un dato di fatto, Killian vide come gran parte degli oggetti posseduti da Krasus fossero di metallo o, comunque, color acciaio. La cucina, in particolare, aveva molti utensili e elettrodomestici in acciaio e quello la fece ridere di gusto. Era raro che maghi di una certa levatura avessero elettrodomestici moderni e, in un mondo magico fermo al medioevo, poté considerare come con il nuovo secolo l'avvento della magitecnica avesse accorciato il divario tra Babbani e maghi in fatto di tecnologia. Krasus era un mago proiettato anima e corpo nel ventiduesimo secolo con qualche sbavatura tendente al gotico come si poteva notare nel camino. Anche la passione per il gotico era un qualcosa che li accomunava: Killian aveva supplicato Shanessa, il che si traduceva nel averla costretta, ad assecondare la sua idea per trovare un appartamento in cui convivere che appagasse il suo gusto stilistico. Avrebbe dato uno sguardo al divano quando Krasus né parlò, trovandolo invitante e pronto a darle un caldo abbraccio. «Sporcarlo? Mh…» Si sentiva un po' lo stomaco sottosopra dopo tutto quel bere, come se fosse stata sparata in aria e fosse tornata a terra in meno di un secondo, tipo una giostra dei parchi adrenalinici, ma non così tanto da dare di stomaco. Avrebbe abbandonato la terza bottiglia di rhum, lasciandola su un ripiano e distogliendo lo sguardo dal divano gli avrebbe detto. «No, lascia stare, niente divano. Altrimenti corro il rischio di addormentarmi. E non ti assicuro neppure che la mia attenzione sia abbastanza alta in biblioteca.» Rimpianse il fatto che, il proprio bastone da passeggio, era stato lasciato nell'armadietto del suo ufficio e, facendo cenno a Krasus, avrebbe seguito l'amico fino alla biblioteca.
    Non era sicura che, una volta trovate le informazioni, avrebbero potuto procedere da soli per eseguire il rito. Quella pratica la conosceva per sommi capi e non era certa che le notizie avute corrispondessero alla realtà e non aveva fatto in tempo ad ampliare queste nozioni.

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    Krasus Thunderbolt
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    Le sorrise

    Ovviamente migliori

    La guardò con uno sguardo sincero... molto brillo per la verità, ma sicuramente sincero.
    Ridacchiò.

    Dici? Però effettivamente basterebbe una tua piccola spinta per far vacillare quella flebile fermezza, che sì, mi tiene legato alle persone, ma no, non per amore, per forza

    Le sussurrò all'orecchio, forse per essere sensuale, forse solo perchè non ricordava bene il profumo della donna, oppure solo guidato dallo spirito, sia esso quello profondo e puro o quello terreno e alcolico:

    Chi ha il mio cuore invece...

    Portò una mano della guerriera al suo pettorale sinistro

    ...mi ha incatenato, ma senza costrizione alcuna. Libere catene d'argento, indissolubili e invicibili, preziose, ma solo per noi

    Tiratosi indietro, non riuscì a tenere ferma la voce, che divenne presto una risata

    Ti giuro, non riesco ad elaborare le mie stesse parole, figurati cercare informazioni per il rituale! Ma dai, noi siamo eroi

    [...]

    Alla sua risposta, la osservò attentamente

    Killian

    Disse greve, anche se un angolo della sua bocca iniziava a tremolare

    Certo che ho bevuto acqua. Ma sai, le nostre imprese sono così mirabolanti che l'alcol l'ha sfrattata quando non guardavo.

    E niente, la battuta era triste, ma la mente stanca dell'auror era ormai calibrata sui quei livelli lì.

    Scherzo scherzo, siamo maghi, anche se lo sporcassimo, potremmo farlo tornare come nuovo

    Il che, visto com'erano ridotti, avrebbe potuto tranquillamente significare trasformarlo in materia prima, tipo assi di legno galleggianti su una poltiglia di petrolio, dove minerali di ferro li insultavano silenziosamente per aver perso lo status di molle. Si esagera, naturalmente. Anche se...

    Dai, facciamo del nostro meglio

    Le sorrise, deciso di andare fino in fondo a quella storia, anzi, desideroso (quanto timoroso) di farlo. Vedendo che senza bastone, e con i sensi compromessi, Killian aveva il passo un po' incerto, la prese delicatamente tra le braccia, stendendo nella manovra un pilastrino di legno blu con sopra un Alexa Echo dot, che decise di non spegnersi, così, per forza di volontà.

    Facciamo finta di niente?

    Krasus ridacchiò, facendola volteggiare lungo un lungo (e per fortuna largo) corridoio. Spinta una porticina decorata a bassorilievi runici, con presenza di pittogrammi, geroglifici e lettere di vari alfabeti, alcune sfere si illuminarono di una luce calda, illuminando la loro posizione e spegnendosi una volta passati. Giunto ad un ampio tavolo, al centro di un mini labirinto aventi pareti di scaffali colmi di tomi e libricini, parte del quale portava alla porta d'ingresso, poggiò delicatamente Killian su una poltroncina. Si grattò il mento.

    Ecco la mia "ricchezza"

    Allargò le braccia per indicare quella mini biblioteca

    Adesso... hai idee su da dove iniziare?

    Chiese, sedendosi sul bracciolo della poltrona che ora accoglieva la giovane. L'unica luce accesa era, al momento, una sfera sostenuta da un draghetto nero, posata in mezzo al tavolo. La luce calda li avvolgeva, separandoli dalle tenebre come le gocce di pioggia separano il cielo dalla terra.
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