Nuova recluta!

Killian&Thomas

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    Auror

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    Thomas Richenford ~ AurorAvrebbe potuto aprire un comitato di benvenuto e non avrebbe mai sbagliato un colpo. Non sapeva da quanto tempo era li quella ragazza, ma sapeva che non era possibile avere persone nella stessa squadra e non conoscerle minimamente. Inoltre Thomas era una persona così sicura di se stessa e così socievole che non poteva in nessun modo essere scortese! A prescindere da tutto e da tutti non riusciva a far sentire una collega nuova! Che poi era davvero nuova? Questo non ne aveva idea, ma sapeva che presto lo avrebbe chiesto a lei in prima persona. Inoltre si vociferava che fosse una gran bella ragazza e lui come poteva resistere anche solo alla curiosità di vederla? No, impossibile, non era da Thomas, non era per niente da lui. Aveva mandato un messaggio a Madison e gli aveva detto che non doveva preoccuparsi, che stava a fare nuove conoscenze e che sarebbe tornato immediatamente al suo posto per finire quei due trecento verbali che anche questa volta Xander aveva deciso di lasciare sulla sua scrivania. Ma lui cosa non avrebbe fatto per il suo idolo? Ecco, Thomas era uno che divagava, se in italiano, o in inglese ci fosse stata la parola "divagone" Thomas ne sarebbe stato sicuramente il proprietario. Sorrise con la sua bustina della colazione in mano e non appena ebbe trovato l'ufficio di Killian bussò appena, aprì un pò la testa e vi ci infilò la testolina. é permesso? Chiese con allegria e gentilezza. Era fatto in quel modo, non poteva farci assolutamente niente. Era un ragazzino curioso, attento alle nuove amicizie e sempre in cerca di qualcosa, qualcosa che non sapeva neanche lui cosa fosse. Si, forse un eterno peter pan, solo con la maturità e la diligenza tipica di un auror! Attese una risposta rimanendo esattamente in quella posizone. Nel dubbio ho portato la colazione! Disse poi facendo affacciare anche il suo sacchetto. Era capace di fare amicizia anche con i sassi a dire il vero, quindi sperava che la sua collega fosse simpatica!


     
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    Killian Ambrosia Degan
    Auror | 28 anni
    Lo sguardo scorreva sullo schermo del laptop personale che, la maggior parte delle volte, si portava dietro da casa per eventuali ricerche incrociate su due PC. Stava esaminando eventuali errori, correggendoli, avendo scritto quel testo subito dopo essere tornata al lavoro e che, per vari motivi e scuse, non si sentiva più in grado di svolgere. Aveva completamente svicolato le missioni, non si era più messa in lizza per partecipare a nessun caso. Il lavoro per cui aveva studiato e lottato non lo sentiva più parte di lei, non si sentiva più in grado di adempiere le proprie competenze di Auror. La lettera di dimissioni era pronta da tempo ma non trovava mai lo spunto per spedirla. C'era sempre un qualcosa che la faceva tentennare, un subdolo istinto che insinua il dubbio di stare facendo la scelta sbagliata. Alzò la mano, puntando il dito sul tasto enter, quando qualcuno bussò e una voce allegra e gentile la salutò. Questa volta fu un giovane uomo a fermarla dallo spedire la missiva. L'arto si fermò a pochi millimetri dal pulsante, la testa ancora abbassata sullo schermo, sollevò lo sguardo oltre il bordo degli occhiali da lettura e vide una testa spuntare dallo spiraglio della porta. Il ragazzo non si era permesso di aprire del tutto la porta come se cercasse, in qualche modo, protezione ma stava sorridendo. Un sorriso genuino, dolce e gentile che gli illuminava l'espressione del viso arrivando fino agli occhi, dalla posa in cui era non riusciva a vedere molto ma, l'espressività del viso e la gentilezza nel parlato, le suggerirono avesse qualche anno meno di lei. Osservò il giovane che, nel frattempo, aveva messo in bella vista un sacchetto e sorrise di rimando, contagiata da quel modo di fare sbarazzino. Era stata la parola magica, pronunciata nel mettere in bella mostra l'involucro, che l'aveva distolta dalle sue valutazioni e schiodarsi dalla posa plastica in cui era ferma. Si alzò dalla poltroncina, afferrò il bastone e chiuse con un colpo secco il portatile. «Salve, sono Killian.» Disse raggiungendolo, aprendo la porta per farlo accomodare e porgendo la mano. «Piacere.» Fece segno di accomodarsi dopo avergli stretto la mano, se lui gliela avesse data. Il ragazzo, entrando, avrebbe potuto notare che, anche se piccola, la stanza era accogliente e confortevole ma con un tocco poco caratteristico, risultando privo di personalità. Era un ufficio dalle tonalità calde del mogano, con alcuni libri, oggetti da collezione e d'arredamento sulla scaffalatura della libreria alle spalle della sedia girevole in pelle nera. Una struttura da lavoro che, con il basamento e il tavolo, aveva la forma di una C, mentre la scrivania era di sagoma ovale su cui era posata una lampada, un telefono, un vaso di rose dai petali aranciati e uno Charming Computer. Sopra la scrivania si trovava un lampadario, di forma ovoidale, con al suo interno sei lampadine, al momento spente. Solo un'immagine dava un tocco di carattere a quell'ambiente dove non c'era nemmeno una foto. Alla destra di Killian si trovava una finestra magica che dava su una prateria con una piccola mandria di cavalli selvatici al pascolo. Cavallini della Giara, per l'esattezza, una razza tipica ed endemica della Sardegna. Alti poco più di un metro e venti al garrese, con colori che vanno dal baio, al morello o sauro bruciato. «Prego, accomodati pure. Grazie per la colazione.» L’Auror si sarebbe seduta nuovamente al proprio posto, sulla sua poltroncina, tirando fuori a sua volta un pacchetto con all’interno due contenitori. Uno di essi conteneva dei dolcetti: Thomas avrebbe potuto riconoscere i classici Cookies americani con delle grosse pepite di cioccolato al latte. I biscotti erano più piccoli dei classici e il motivo era dovuto al fatto che la gemella amava farli di quelle dimensioni perché, a suo dire, era più adatta. Era Shanessa quella che, in casa, aveva la passione per la cucina. Killian, di fatto, era negata a fare da mangiare. Certo, sapeva fare l'impasto per la pizza o preparare un piatto di pasta ma nulla a che vedere con le capacità di raffinata arte culinaria o pozionistica di Shanessa. «Questi li ha fatti mia sorella, serviti pure. Mi sembra giusto poter ricambiare il favore.» Lo sguardo di lei si sarebbe focalizzato su quello del giovanotto in attesa di una risposta.

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    Thomas Richenford ~ AurorIl modo di fare di Thomas era quello spensierato di un ragazzino sempre allegro. Aveva un passato truce e veramente assurdo, ma il sorriso non lo aveva mai person. Anzi, proprio per il suo passato era uno che sorrideva più degli altri apprezzando la vita in maniera intensa, assaporandola come se fosse sempre l'ultimo giorno. Era diventato auror per una ragione ed adesso quella ragione era sparita. Ma doveva ammettere che se la stava cavando benissimo anche da solo. Forse si era sottovalutato troppo, forse aveva creduto troppo nel suo mentore e troppo poco nelle sue capacità, fatto si era che aveva deciso di andare li e fare conoscenza. In fondo lo faceva sempre, Thomas era uno che faceva amicizia e dava confidenza anche alle pietre. Era uno che non riusciva veramente a stare in disparte ed avere il muso. Quando vide la ragazza china ed intenta a fare qualcosa sul suo laptop cercò anche di non essere troppo indiscreto rimanendo sul ciglio della porta e non aprendola del tutto. In fondo era più che comprensibile se gli avesse detto di non rompere e di uscire dalla sua stanza. Impossibile farlo con quel visino, ma comunque gli era capitato in quel palazzo e di conseguenza si aspettava di tutto da tutti. Sorrise alla donna poi quando si presentò ed entrò guardandosi intorno. Oh, figurati! Il minimo che io possa fare per darti la benvenuta! So che non sei proprio di qui! Anche io quando mi sono trasferito mi sentivo un pesce fuor d'acqua ma poi con le giuste amicizie ci si trova anche bene! Si, anche quello era tipico del ragazzo tendeva a fare tutto da solo, o meglio, era uno che parlava tranquillamente di tutto e con tutti, quindi aveva detto le cose che gli erano sembrate in quei due minuti, o comunque aveva dedotto da solo sapendo che non era di li. Le sorrise ancora, anzi, non smise mai di farlo ed il suo tono era sempre gentile e leggermente discreto. Ecco si, forse la parola discreto non era proprio per Thomas, ma ci stava provando. Si guardò intorno, l'ufficio della ragazza era completamente diverso dal suo, sia perchè era il triplo, sia perchè era una stanza da sola e sia anche perchè era ordinato, senza nessuna carta e filo appeso. Era qualcosa di incredibile! Cavolo se era incredibile tutto quello. Posò il suo sacchetto sulla scrivania ovale e poi la guardò incuriosito quando cacciò i biscotti. Oddio sono i miei preferiti! Anche mia sorella maggiore sa cucinare molto bene!Si chiama Evelyn, invece la tua? Prese un biscotto e poi lo alzò leggermente verso di lei come per ringraziarla e far finta di brindare con un biscotto. Si, era un simpatico burlone e dopo tutto aveva ancora 21 anni!Come ti stai trovando? Da quanto tempo sei arrivata? E vai con le domande! Il suo tono rimaneva cordiale e gentile. Non era un interrogatorio, solamente pura e semplice curiosità, ma Killian avrebbe potuto leggerglielo negli occhi. Poi ci pensò, come se ci fosse qualcosa che si era dimenticato!Oh cavolo! Io sono Thomas Richenford! Disse poi sorridendole e porgendole la mano per stringerla alla sua.


     
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    Killian Ambrosia Degan
    Auror | 28 anni
    Killian osservava il ragazzo stupita dal suo atteggiamento cordiale, notando come faticasse a trattenere la sua esuberanza. Era affascinata dal suo atteggiamento, dalla spontaneità che usava nei suoi confronti e le veniva spontaneo continuare a sorridergli. «Grazie, devo ammettere che una volta rientrata al lavoro non mi è stato dato molto tempo per interagire con colleghi… E… Diciamo che ho qualche difficoltà a relazionarmi con tutti.» Thomas era così spensierato che a Killian faceva venire in mente lo stile di vita adottato da Timon e Pumba l'"Hakuna Matata" che in lingua Swahili significa senza preoccupazioni. Una personalità come quella del ragazzo che aveva di fronte mal si sposava con la professione dell'Auror, o almeno, questo era ciò che, con il comportamento della maggior parte dei vecchi dipendenti, avrebbe potuto pensare un'esterno alla vista del giovane. Non riuscì a trattenere una risatina quando a Thomas gli si illuminarono gli occhi alla vista dei biscotti, spingendo il contenitore verso di lui in un tacito invito a mangiarne quanti voleva «La mia si chiama Shanessa Elisio, lavora al San Mungo.» Rispose, lasciando cadere una ciocca di capelli dall'orecchio inclinando leggermente il capo a squadrarlo meglio. «Ma a differenza della tua la mia ha poco meno di un minuto di differenza rispetto alla mia età: Gemelle dei Gemelli?» Disse mantenendosi divertita nel tono ma rendendosi conto della pessima battuta. «E invece no, siamo del leone anche se Shanessa tende a glissare considerandosi una fiera Serpe.» Thomas sembrava un bambino che aveva trovato il regalo chiesto a babbo natale, anzi con quella sua spontaneità quasi sembrava uno di quegli elfi di natale irrequieto e incapace di stare fermo passando da un discorso all'altro con l'agilità di un acrobata. «Sicuro di non avere sangue di folletto che ti scorre nelle vene?» Disse, con una punta di ilarità. Killian, alla sua domanda su come si trovasse, aprì il portatile girandolo verso di lui «Non molto direi…» Borbottò, lasciandogli leggere la lettera di dimissioni senza aggiungere altro.
    Sghignazzando poi quando si ricordò, con stupore e candore di non essersi presentato
    «Piacere di conoscerti Thomas.» Stringendo la mano che le porgeva e lieta della piega che stava prendendo quell'incontro.

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    Thomas Richenford ~ AurorKillian aveva capito tutto del ragazzo. Lui era esattamente come lo aveva immaginato: una persona molto spensierata e che amava stare tranquillo e circondarsi di persone che, effettivamente volessero stare con lui per divertirsi senza fare troppe prediche e troppe morali. Thomas non amava le persone pesanti, non amava chi pensava troppo prima di fare qualsiasi cosa. Lui era una persona strategica, ma di pancia, era una persona fin troppo candida che voleva sempre avere persone intorno e non amava la solitudine. Thomas era così, esattamente come lo si vedeva e la cosa gli piaceva un sacco. L'essere limpido e trasparente, secondo lui, lo rendeva vero, lo rendeva seriamente una persona originale ed autentica. Non gli piaceva essere la brutta copia di qualcuno, non gli piaceva per niente essere l'ombra di qualcuno. Pensò per un momento a Xander ed al fatto che in tutti quegli anni aveva cercato di somigliargli il più possibile senza mai riuscire a raggiungere neanche la metà di quello che era lui. Ma la verità, era semplicemente che Thomas non riusciva ad essere una persona così egoriferita, anzi, era proprio il contrario, la generosità fatta persona, ed era proprio per quel motivo che era andato da Killian per presentarsi ed essere il più cordiale possibile. Oh beh, magari non sei tu che hai problemi a relazionarti ma sono gli altri che non sanno cogliere la tua essenza! Non tutti riusciamo ad essere socievoli in maniera convenzionale, ma questo non vuol dire che non lo si è! Aggiunse poi sorridendole e facendole l'occhiolino mentre cacciava anche i cornetti che aveva portato alla ragazza. Poi prese i due caffè e mentre mangiava un biscotto sorrideva, ascoltava il racconto della ragazza. Oddio un medimago in famiglia, con il nostro lavoro, è veramente perfetto! Anche io ho la mia medimaga di fiducia! Bella, preparata e molto simpatica, si chiama Evelyn Rowen!E quella dimostrava tutta quanta la sua generosità del caso. Era pazzesco quello che riusciva a creare con una persona che non aveva mai visto. Figo avere una gemella! Qualcosa di pazzesco. é vero che una sente le sensazioni dell'altra? Era un ragazzo veramente molto molto curioso e non si vergognava di esserlo. Rise per quella domanda posta in maniera veramente simpatica e si strinse nelle spalle. Oddio, pensandoci... in famiglia non siamo molto alti! Rise per la cazzata che aveva detto e poi ridacchiò. Ma quando vide la lettera di dimissione posò il biscotto edanche il caffè divenendo quasi serio, perchè attribuire tale aggettivi e stati d'animo a Thomas era impossobile. E come mai questa decisione? Nah dai! Non è possibile. Un auror non può decidere di non esserlo più. Se posso, come mai questa decisione? Chiese interessato. Si, per lui era normale parlare con tutti ed anche con una certa facilità e confidenza.


     
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    Killian Ambrosia Degan
    Auror | 28 anni
    Aggrottò le sopracciglia, accavallando le gambe, appoggiando i gomiti ai braccioli della sedia e, come d'abitudine mettendo le mani a guglia, un polpastrello conto l'altro, picchiettando gli indici contro la bocca, ascoltando meditabonda le parole del giovanotto seduto di fronte a lei. C'era un fondo di verità in quello che diceva, una verità buttata lì con candore e scioltezza. Non riuscì a fare a meno di sorridere, rivedendo una parvenza di quello che era lei tempo fa': Estroversa, esuberante, scavezzacollo e, con il suo modo casinista, riusciva a ridere e far ridere la gemella fino alle lacrime. Lacrime che ora erano di impotenza per i maltrattamenti gratuiti che Shanessa subiva e, oltrepassato il limite di sopportazione, sfogava prendendola per il colletto, scuotendola e urlandole in faccia «Rivoglio mia sorella! Ridammela stronza!» Per poi stringerla in un abbraccio disperato. Una zona buia che difficilmente sarebbe tornata alla luce, uno spettro che vagava nel passato vivendo nei suoi incubi e che, in quel momento, usò come contatto con il giovane auror così simile a come era stata. «È vero solo a metà quello che dici. Non sono solo gli altri che non sanno cogliere la mia essenza, come dici tu, sono anche io che li tengo a distanza. Poco prima di tornare al lavoro ho inviato la richiesta che mi venisse assegnato l'ufficio più piccolo a disposizione per poter restare da sola.» Confidò, indicando con un gesto lo spazio ristretto del piccolo locale, stupendosi per la spontaneità nel dirlo a Thomas, ricambiando l'occhiolino con un sorriso e indicando il bastone al fianco della poltroncina «No, non sempre. Avere una medimaga che vive con me, nel mio stato non è semplice. Non sono neanche libera di scoreggiare che Shanessa si allarma immediatamente… Ops… Scusa la volgarità» Disse a Thomas sorridendo «Ah sì! Conosco la medimaga Rowen, vado da lei per le mie visite di controllo.» Killian era stupita dal continuo cambiamento del ragazzo, non faceva in tempo a rispondergli che lui aveva già una domanda pronta su un altro argomento. Sembrava una mitraglietta, un vulcano di idee e curiosità, non poteva dire di non provare un leggero timore ma neanche di sentirsi a disagio. Forse era anche per quello che non ne era spaventata, Thomas era in perpetuo mutamento ma spontaneo, questo le dava la possibilità di credere che non sapesse neanche il significato della parola cattiveria e di riuscire a rispondere con altrettanta spontaneità. «Si è così. Da piccole riuscivamo a completare l’una il discorso iniziato dall’altra, avevamo un modo di comunicare nostro, se io mi facevo male lo percepiva anche lei. Shanessa però ha sempre avuto la passione di fare intrugli con cui curarmi. Le gemelline catastrofine… Crescendo siamo diventate più individuali, abbiamo sviluppato gusti e modi di fare diversi, frequentato due casate differenti. Ma ci compensiamo e quella connessione resterà sempre.» L'accenno di una nota dolente nel tono quieto della voce, addolorata per tutte le cattiverie nei confronti della gemella e della simbiosi che le univa. Lo invidiava. Stava ridendo della battuta sui folletti e, dopo averle risposto, era scoppiato a ridere e Killian aveva provato un moto di invidia per la sua spensieratezza. «Fossi in te indagherei… Non si sa mai…» Rincarò con lo stesso tono canzonatorio, il sentimento di prima già nel dimenticatoio ma Thomas le stava chiedendo della lettera e non stava ridendo. Sorrise al collega per quel tentativo di serietà.
    «Hai ragione, un auror resta sempre un auror ma io non sento più di esserlo… E sinceramente… Volevo trasferirmi in Irlanda, dove sono nata, e continuare una delle tradizioni di famiglia. Fare la domatrice di draghi, come mamma, sarebbero sicuramente meno pericolosi delle persone» Una pausa di riflessione, indecisa se continuare o meno «Ho paura della gente… Mi terrorizza proprio, Thomas» Confessò, rispondendo a Thomas, sulla scia di quelle affinità da spirito libero.

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    Thomas era la semplicità fatta persona. Non era una persona cattiva, ma non era una persona stupida. Non era uno di quelli che si faceva fregare a prescindere, ma tenedeva a dare possibilità infinite per qualsiasi cosa. Insomma, era una persona buona, un legale buono che cercava sempre di fare la cosa giusta per gli altri e mai per se. Era come se l'essere altruista era la sua priorità. Era qualcosa di assurdo e non riusciva veramente a farne ammeno. Quella ragazza era forse nuova del suo dipartimento e voleva conoscerla, farla integrare. Perchè mai doveva passare le pause pranzo da sola nel suo ufficio? Per lui non era minimamente pensabile una cosa del genere, specialmente se era al suo stesso pieno. Era una persona inclusiva e quello era innegabile e poi era carina ma soprattutto simpatica. Scosse il capo per quello che disse. Certo, la colpa è sempre nel mezzo, esattamente come la verità. Ma nella vita ci vuole perseveranza. Se oggi mi avessi chiuso la porta in faccia, allora io sarei tornato domani, ed anche dopo domani se fosse stato necessario, perchè nessuno vuole stare da solo senza un motivo e boh, forse sono io quello strano, ma se sento che c'è da qualche parte, un qualche motivo, allora non riesco, in nessun modo a mettermi da parte. Quindi si, ok, tu hai voluto un posto dove starnene da sola, ma nessuno ti è venuto a chiedere il perchè. Ed a volte sapere il perchè di qualcosa è importante e ti aiuta sicuramente a trovare una soluzione! Contorto, confusionario come al solito, ma vero e gentile. Thomas pensava davvero quello che diceva, non poteva farci assolutamente niente e la cosa, a volte, lo penalizzava un sacco. Sorrise ancora alla mora e sentì quella spiegazione sulle gemelle. A lui mancava sua sorella delle volte, ma non poteva dire di capirla sempre, anzi, spesso non aveva idea di quello che gli diceva la testa ed era veramente, ma veramente un casino! Oddio che cosa strana. Insomma è figa come cosa, ma anche strana. Sapere di avere una persona, praticamente, uguale a te, nell'unica cosa che ci differenzia tutti deve essere qualcosa di sensazionale. E mi piace. Io e i miei fratellastri viviamo insieme, abbiamo un buon rapporto ed anche un grandissimo legame, ma... ecco non credo di provare davvero quello che prova Eve. Non sempre almeno! Quella sembrava essere più una riflessione tra se e se, ma condivisa perchè per lui la condivisione era tutto. Sorrise ancora prima di ridacchiare per quella cosa del folletto, e poi annuì come per dirle che sicuramente l'avrebbe fatto. Ecco, appunto, era una persona simpatica e socievole. Poi il discorso si fece più serio e di conseguenza Thomas assunse un atteggiamento più compatto. La sua ultima frase gli fece posare una mano sulla mano della ragazza. Quello che dici penso che sia la confessione più vera fatta da un vero auror. Le persone fanno paura a tutti, abbiamo dei modi di ragionare a volte strampalati e che non sempre siamo tenuti a capire, ma le paure vanno affrontate, a prescindere. Io credo che saresti un'ottima addestratrice di draghi, ma credo anche che il corpo auror andrebbe davvero a perdere una persona speciale e capace. Il suo tono era dolce, era comprensivo e non era li ne per giudicarla ne tanto meno per farle cambiare idea. Thomas non era per niente il tipo. Perchè hai paura delle persone? Chiese poi curioso, ma questa volta più discreto.
    Thomas Richenford

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    Thomas Richenford - 21 anni
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    Killian Ambrosia Degan
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    Ormai era un dato di fatto.
    Fare uso della cinesica su un soggetto come Thomas Richenford non solo era inconcludente ma anche del tutto inutile. I suoi gesti, la mimica facciale, il tono della voce, la posa rilassata del corpo mentre parlava. Tutto faceva pensare ad uno stato emozionale tranquillo, se così si poteva definire l'espansività del giovanotto, mentre Killian era ancora mezza addormentata e, senza la sua dose massiccia di caffeina mattutina, stava valutando l'idea di darsi malata e tornare a letto. Come faceva, invece, Thomas ad essere così attivo e pieno di energia? La ragazza si passò stancamente il palmo della mano sulla fronte, rintanandosi nella sua tazza colma di caffè. Dopodiché la mano libera andò a pizzicarsi alla base del naso come a volersi schiarire le idee, doveva ricomporsi, ritrovare quella voglia di vivere e rispondere qualcosa di senso compiuto al ragazzo di fronte a lei. Quel ragazzo era come un torrente in piena, non faceva altro che parlare e per lei era difficile seguire certi discorsi ad un'ora così indecente. A malapena gradiva che le si rivolgesse il buongiorno! Il suo cervello, in quella fase della mattinata, era come uno di quei Charming Computer che dovevano attendere l'avvio delle loro funzionalità base. Poco prima aveva risposto a Thomas Richenford sulla scia di quell'intontimento in cui l'io interiore la faceva da padrone mentre il dominio della razionalità era ancora assente. Eppure la giovane Degan si era impegnata a fare quell'analisi sulla cinesica di Thomas, quindi il cervello era presente, era la voglia di dare troppa confidenza che la intimoriva. Fin dall'incidente si era chiusa nel suo guscio protettivo,allontanando addirittura chi le era caro, isolandosi sempre più e facendosi sospendere dal lavoro per via dell'infortunio. Si era talmente abituata alla solitudine che, adesso, le era difficilissimo avere rapporti sociali, schivando qualsiasi tipo di interazione con l'essere umano. Eppure non era arida di sentimenti, continuava ad occuparsi con molta cura del proprio cavallo Shadow Dancer un frisone maschio che aveva preso dopo essersi separata da Splendid Dancer. Solo quando si accorse del silenzio calato nella stanza Killian sollevò lo sguardo sul collega e, assumendo un'espressione confusa, chiese.
    «Ehm… come scusa?» Se lui avesse ripetuto la domanda la giovane Auror avrebbe assunto un'aria pensierosa. «Ah…» Avrebbe maledetto mentalmente il Signore, tutti i santi e le Madonne risvegliandosi e rimanendo all'erta per quell'analisi di Thomas, per poi esaminare i vari fattori che l'avevano portata all'antropofobia. «Beh… Nel mio caso la colpa non è nel mezzo. È una psicosi sviluppata durante i mesi trascorsi nell'ospedale Babbano messa in atto dal mio subconscio come metodo di difesa. Ci sono momenti… periodi…» Killian si fermò dal parlare mostrandosi confusa, far capire certi stati d'animo alle persone che non soffrivano di ansia, depressione o disturbi simili era pressoché impossibile e non esistevano parole adatte, come in quel caso che stava disperatamente cercando il termine giusto. «No neanche periodi… vabbè fa nulla… in cui nonostante tutto sembri andar bene c'è quel senso di oppressione al petto che ti fa provare inadeguatezza e solitudine anche in mezzo ad una folla di persone. E non c'è modo di placarlo…» Un profondo respiro e indicandolo disse. «Lo vedi? Questo spazio tra te e me è il mio metro di "sicurezza". Una distanza necessaria per consentirmi di non mandare troppi imput al cervello e rischiare un attacco di panico…» Si schiarì la voce, sperando che l'argomento fosse stato chiuso il più in fretta possibile, ricordandosi solo ora che Thomas aveva portato la colazione. Allungò la mano e prese il sacchetto incuriosita da cosa ci fosse al suo interno ma solo per mascherare lo stato d'animo evadendo sulle risposte da dare a Thomas. Quella sensazione opprimente al petto si stava facendo presente anche in quello stesso momento e solo per averlo accennato e, nonostante tutti gli accorgimenti del caso, Killian quasi faticava a respirare, si schiarì la voce cercando di deglutire, eppure sentiva di aveva la gola completamente asciutta.
    Il panico si stava prendendo via via sempre più spazio e, solo l'ambiente familiare del suo ufficio aveva il potere di lenire quel blackout imminente. Accavallò la gamba sinistra sulla destra e, con il gomito appoggiato sulla scrivania poggiò stancamente il capo sulla mano chiusa a pugno. Era più forte di lei, doveva controllare quella sensazione, eppure sentiva di essere sul punto di rottura con le lacrime che minacciavano di rompere gli argini delle sue palpebre.
    «Scusami» Biascicò, evitando di guardarlo, risentita di farsi vedere in quel momento di debolezza.


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    C'erano delle volte in cui Thomas si ritrovava a fare discorsi profondi con persone completamente strane e decontestualizzate. Sapeva che non sempre riusciva a ogliere immediatamente l'essenza di chi aveva davanti, ma quando succedeva non sapeva se ridere o piangere. Quella ragazza, da prima era stata solare, gli aveva parlato della sua gemella, poi offerto i biscotti della stessa, ed ancora aveva detto che voleva dimettersi, si era aperta completamente ed adesso, sembrava quasi che non lo stesse neanche ascoltando e che stesse parlando da solo. Non disse nulla, alla fine era una persona cortese e cordiale, in genere era sempre uno che riusciva a mentenere la sua allegria viva ed era palese che quella ragazza avesse dei problemi di gestione del controllo della sua persona. Non sapeva dire se effettivamente fosse ansia o altro, ma dopo tutto il suo discorso, il fatto che lei risposte in quel modo quando la domanda era stata fatta stesso da lei, lo lasciò quasi perplesso. Ma era ovvio che volesse cambiare discorso e di conseguenza il giovane auror non disse assolutamente niente. Rispose parzialmente alla sua domanda, anche se era evidente come, sembrasse non ricordare assolutamente niente della loro precedente conversazione.Killian, non serve darmi tutti questi dettagli se non vuoi parlarne. Insomma è comprensibile, quindi, cambiamo argomento. Era sempre stato un gentil uomo e soprattutto era uno che detestava quando le persone di fronte a lui fossero non proprio a proprio agio per colpa sua e di quello che diceva o dell'argomento che metteva in mezzo. Thomas amava conversare di qualsiasi cosa, era uno che cercava sempre di conoscere chi aveva di fronte e spesso e volentieri ci riusciva anche senza neanche troppi sforzi. Ma quando la vide posare la testa nella sua mano chiusa a pugno sulla scrivania, Thomas si preoccupò davvero.Non devi scusarti. Ti va di andare a fare due passi? Usciamo da qui, prendiamo un pò di aria e ti faccio vedere un negozietto che fa delle torte che wao! Ti giuro li dentro passa tutto. E la smettiamo di parlare di auror, di panico, di persone. Anzi, ti porto in un posto dove le persone non ci sono neanche per scherzo. Saremo solamente io e te, e ti giuro che a me neanche mi sentirai respirare. Sarò li solamente se avrai bisogno di una mano a fare qualsiasi cosa. Ecco com'era davvero Thomas Richenford. Era un altruista nato, uno che non riusciva mai e poi mai a lasciare persone da sole, a fare qualcosa di brutto a qualcuno. Non era una persona macchinosa, non era uno che sapeva fingere o che non sapeva mostrare quello che davvero provava. Era preoccupato e non aveva nessuna intenzione di mollarla, ne in quel momento ne mai.
    Thomas Richenford

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    Thomas Richenford - 21 anni
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    Killian Ambrosia Degan
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    Il silenzio con cui Thomas ascoltò tutto quello sfogo da parte sua le diede conferma di quanto aveva ipotizzato poco prima, il ragazzo era corredato di un animo gentile e una delicatezza che faceva a gara con l'esuberanza. Provò un senso di pesantezza nel essersi esposta così in sua presenza e al primo incontro ma, da quel lato, non poteva farci molto. Ansia e attacchi di panico erano come la famosa "Spada di Damocle", sapeva che erano presenti ma mai quando sarebbero potuti accadere né cosa li provocasse, come in quel caso. Molte volte arrivavano per la troppa vicinanza, altre perché provava un senso di timore, oppure in piena notte mentre dormiva. Non era mai lo stesso motivo, sentimento o stato d'animo, si sentiva sempre in bilico, incerta, a chiedersi se fare o non fare, dire o non dire, provare o non provare potesse scatenare uno di quei maledetti attacchi. Si schiarì la voce, cercando di ricomporsi alla meno peggio, lisciando i pantaloni da fantomatiche pieghe, districando le gambe, ravviandosi i capelli con le mani, ascoltando la proposta di Thomas di cambiare argomento. Sorrise e annuendo rispose al ragazzo. «Non è questione di dettagli o il non volerne parlare, sarebbe anche uno sfogo e invece non riesco perché… Hai visto poco fa.» Disse, alzando le spalle in segno di impotenza «Va bene, di cosa vorresti parlare allora?» Chiese e, in quell'istante il suo Magifonino suonò, Killian avrebbe sollevato il telefono dalla scrivania guardando l'anteprima del messaggio appena arrivato. ❤️Soith❤️ Era scritto sulla bolla, sua sorella Shanessa le scriveva Killian? Aprì il messaggio e come suo solito rispose Sì, è il mio nome...😏 Sorridendo e immaginando l'espressione esasperata della gemella, appoggiandolo sul tavolo e tornando a rivolgere la sua attenzione al collega. Si rilassò e gli sorrise quando le propose di uscire per fare una passeggiata e, quando le sue orecchie percepirono la parola magica "torta", avrebbe controllato l'ora annuendo «Anche un pezzo di pizza non mi farebbe schifo…» Rilanciò, facendo spallucce notando che era ancora presto ma lei era dell'idea che non è mai troppo presto o troppo tardi per la pizza. «Mi piace la tua compagnia, non vedo il motivo per cui ti devi fare da parte, anzi, ti ringrazio e mi farebbe piacere poter continuare il discorso che abbiamo iniziato.» Replicò «Accetto volentieri una passeggiata ma lascio decidere a te se sarà torta o pizza o altro» Avrebbe rimarcato «Sorprendimi!» Avrebbe detto a Thomas, rivolgendogli un sorriso.

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    Soith: Stronzetta in irlandese




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    Doveva ammettere che dopo quella conversazione aveva quasi capito che il periodo era nero per tutti, ed anche se poteva sembrare leggermente egoistico, doveva ammettere che la cosa un pò lo rassicurava, un altro pò lo spaventava, ma comunque non lo faceva sentire completamente solo. Sorrise alla ragazza quando disse che non era una questione di dettagli ne tanto meno di quello di cui stavano parlando e si tranquillizzò all'istante. Le sorrise e scosse il capo. Non devi neanche ribadirlo! Aggiunse poi sorridendole dolcemente. Erano colleghi e la cosa che lei avesse firmato davanti a lui le dimissioni per licenziarsi dal corpo auror lo avevano veramente scosso e voleva fare di tutto pur che quella lettera venisse completamente strappata o comunque non consegnata, ma non disse nulla. Non era il caso di metterle ansia, diciamo che per quello se la cavava già da sola. La vide messaggiare e poi confessargli che un pezzo di pizza non le sarebbe dispiaciuto. Sorrise e si alzò dalla sedia. Andiamo allora! Magari ti sorprendo davvero! Aggiunse poi pensando a dove poterla portare per farle mangiare anche qualcosa di gustoso. Oh, la mia parlantina è veramente una garanzia! Aggiunse per spezzare un pò la tensione. Poi riflettè appena andando verso la porta ed aprendola e facendole segno di passare prima lei, si era veramente un gentil uomo, non è che faceva solamente finta. Poso chiederti perchè sei stata ricoverata in uno ospedale no -mag? Il suo accento americano spiccava e le parole utilizzate venivano proprio da qualcosa che lui aveva sempre vissuto. Quelli erano i momenti che si capiva lontano un miglio che Thomas non era inglese, non lo era neanche per sbaglio a dire la verità e della cosa non ne faceva minimamente mistero. Ovviamente se non voleva rispondere poteva anche non farlo. Se la ragazza lo avesse seguito, Thomas l'avrebbe portata fino a fuori al ministero e condotta così in una piccola piazzetta li vicino, bella spaziosa, ariegiata. Si, aveva deciso che niente spazi troppo piccoli, niente di troppo impegnativo in quel momento, non voleva che lei si sentisse di nuovo male o in imbarazzo.
    Thomas Richenford

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    Thomas Richenford - 21 anni
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    Killian Ambrosia Degan
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    Vederlo alzarsi dalla sedia e pronto ad uscire le risollevò un po' il morale, sapeva di averlo in qualche modo dispiaciuto, glielo aveva visto scritto su quel bel faccino, per un momento le era sembrato un bimbo sperduto con lo stesso sguardo della gemella. Troppo spesso Shanessa aveva assistito a quella scena, soprattutto appena uscita dall'ospedale. Ancora adesso, che gli episodi si erano affievoliti, la costringeva a correre in camera sua perché era tormentata dagli incubi, o a trovarla in giro per casa nel cuore della notte perché svegliata da un attacco di panico.
    Dolore e impotenza
    Quella era l'espressione che vi leggeva sempre, come quella di Thomas poco fa, purtroppo per lei però non poteva farci niente. Andavano e venivano come un temporale estivo, lasciandola esausta e demoralizzata, triste per chi aveva assistito. Quello era uno dei motivi per i quali aveva preso in considerazione il licenziamento, in quello stato avrebbe potuto essere più un pericolo che un aiuto per i colleghi o per un incarico rischioso. Adocchiando il computer, mentre si alzava, con la voglia di premere invio su quella lettera, raccogliendo il bastone e andando verso la libreria armadietto da dove recuperò il portafoglio per poi seguire fuori dall'ufficio il giovane collega.
    «Grazie, molto gentile.» Disse sorridendogli, accompagnando il ringraziamento con un cenno della testa. «E sono sicura che con la tua esuberanza quel brutto momento sarà presto dimenticato» Avrebbe detto sorridendogli mentre le teneva aperta la porta facendola uscire per prima e soppesando la domanda che le rivolse subito dopo. Non voleva mentire a Thomas, non era una buona base per cominciare a conoscere una persona. Killian non andava in giro a sbandierare ai quattro venti che il papà era a conoscenza di avere tre streghe in giro per casa. Come non diceva che, con un giusto equilibrio, tra Babbani e Maghi avrebbero potuto godere di collaborazione reciproca, optando quindi per una mezza verità, rimandando la completezza a quando si sarebbero conosciuti meglio. «Perché altrimenti mio papà non avrebbe potuto assistermi… Certo ora non sarei ridotta così…» Avrebbe risposto sollevando il bastone. «La guarigione sarebbe stata veloce e completa ma comunque non abbastanza da non aver bisogno di assistenza e non me la sono sentita di escluderlo…» Concluse, camminando al fianco di Thomas e uscendo all'aria aperta. Non percorsero molta strada dopo essere usciti dal ministero, sbucando in un sobborgo dall'aria storica, in una piazzetta decisamente carina e accogliente, con tanto di fontana al centro. «Codroipo!» Avrebbe esclamato «E bravo Thomas! Questa è una bella sorpresa.» Disse sorridendo al ragazzo, avvicinandosi alla fontana.

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    Sperava seriamente che non mandasse le dimissioni. Sperava davvero che alla fine l'avrebbe convinta a non farlo. Thomas ci teneva particolarmente al suo lavoro, al suo ruolo e al modo in cui gli auror riuscivano sempre a cavarsela. Avevano sempre una formazione mentale migliore e più forte degli altri, forse per gli allenamenti e soprattutto per quelli che erano costretti comunque a vedere e a sentire. Tra gli interrogatori, urla di parenti che perdevano le persone che amavano, persone che ridevano sguagliatamente delle disgrazie degli altri. Insomma erano pessimi, eppure erano persone fin troppo reali. Il primo anno in quel dipartimento, per Thomas era stato un inferno, adesso, doveva ammettere che cominciava a piacergli tutto quello, cominciava a capire chi aveva davanti e come comportarsi. Cominciava seriamente a capire come riuscire a gestire ansia, emozioni, sensazioni belle e brutte, istinti di picchiare dei bastardi che se lo meritavano e non farsi abbindolare da persone che alla fine non erano per niente quelli che dicevano. Non disse nulla, comunque. Alla fine aveva mostrato fragilità e Thomas era un bravissimo ragazzo, non gli piaceva approfittare delle paure degli altri. Quindi, alla fine senza perdere ulteriore tempo, uscirono da li e quando arrivarono a destinazione, Thomas allargò le braccia come per dirle "eccoci qua!" Poi fece un gran respiro. Beh, hai fatto la scelta giusta anche se magari adesso ne paghi qualche conseguenza in più! Ma insomma! La famiglia è la famiglia e se hai un buon rapporto con tuo padre è giusto preservarlo! Thomas amava suo padre, al contrario di sua madre che odiava. Ma più che odiava sapeva che molto delle sue insicurezze sentimentali e disagi erano legati ai suoi continui abusi. Ma non gliene faceva poi neanche una colpa, almeno non più del dovuto. La guarigione da cosa? Lo chiese in maniera buona, ma forse troppo spontanea ed invadente, infatti alzò le mani in segno di resa. Scusami! é che sono una persona curiosa e penso che tu sia una ragazza molto interessante, quindi... ma insomma se non vuoi rispondermi, non farlo! Aggiunse poi seriamente prima di farle cenno comunque di seguirlo. Aveva deciso di portarla in quel posto perchè potevano mangiare qualcosa all'aperto e la cosa gli piaceva in maniera particolare. Hai visto? Buon per me, non mi sembri una che si possa sorprendere facilmente! Certe volte, la sua gentilezza era davvero disarmante!
    Thomas Richenford

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    Thomas Richenford - 21 anni
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