The Power of Three will set us free

ven, 09.12.22 | Florian Fortebraccio

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    San Mungo
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    Inutile negarlo: nella vita accadono eventi capaci di segnare dei veri e propri giri di boa nel cammino dell'esistenza. La fine di un percorso scolastico, la firma sul primo contratto di lavoro, la perdita di una persona cara e la venuta al mondo di qualcuno che ti farà sentire davvero, per la prima volta, la terra mancare sotto i piedi, rendendo pallide imitazioni ciò che è venuto prima e ciò che accadrà dopo. Nella vita di Eilidh tutto è riconducibile ad un nome: Brianna.
    Due persone diverse accomunate da un nome dal significato di forte, nobile, inferno. La prima è quella che l'ha accompagnata dalla sua adolescenza fino all'ingresso nell'età adulta: una figura cui appoggiarsi, confrontarsi e contare anche nei momenti più oscuri e delicati. Una persona, la sua persona, che aveva perso per un orribile scherzo del destino. Ma procediamo per gradi.
    Il primo giro di boa ricollegabile alla prima Brianna era avvenuto al loro quinto anno ad Hogwarts, dopo una breve parentesi al primo -o secondo anno?- dove una piccola uragano infastidita da Cad aveva sollevato un dito medio che la rossa pensò essere rivolta a lei, quando davanti ad una coppa di gelato più grande delle loro facce avevano dato inizio ad un rapporto che avrebbe delineato il suo futuro da grande. Con la loro alleanza si erano aggiunti altri protagonisti alla loro storia, dai cugini Olwen con Xander il suo primo amore e Lancelot, il cavaliere senza macchia con cui spesso si era scontrata ma che in realtà finiva con l'essere quella figura ai margini di un'esistenza che avrebbe sempre provato a proteggere (e viceversa); con Bellamy, il suo migliore amico ben prima dell'arrivo di Barnes nonché il grande amore della Scott; con Annie-Macrae, la sua migliore amica che aveva allontanato al momento della morte di Brianna. Non aveva evitato solo la Welsh, era volata dall'altra parte del mondo, peregrinando alla ricerca di quel sé che era stato sotterrato insieme alla tomba -vuota- di Brianna. Dalla baia del Golfo fino alla terra dei fuochi, Mae aveva appreso di nuovo il modo del meravigliarsi delle piccole cose come i bambini, guardando tutto ad occhi spalancati e trovando il suo nuovo inizio in un villaggio ai confini dell'Argentina nella figura di Sewati e del piccolo Logan. Un'esperienza breve, intensissima, che le aveva lasciato in dono un'amore perfetto ma nel momento sbagliato -interrotto dall'ascia della morte- ed una cascata di ricci esplosiva che imparò ad amarla fino a chiamarla mamma. Ed in quel viaggio si era riconciliata con la Brianna che aveva fatto scattare in lei la vena di auror, tornando a Londra con un'altra Brianna. La seconda.
    Nel momento in cui aveva scoperto di aspettare una figlia non c'erano stati dubbi sul suo nome: Brianna. Solo Brianna, se non si consideravano i tre cognomi che poi ne seguivano, precisamente quello del padre biologico, il suo e quello dell'uomo con cui aveva iniziato a costruire la sua famiglia fino a quando non li aveva messi in pericolo.

    Quel venerdì mattina era iniziato in modo alquanto strano: aveva trovato Logan nella culla della sorella, stretti in un abbraccio, con la piccola che teneva il viso nascosto nei suoi riccioli ribelli e i pugnetti stretti sulle braccine di lui. Di solito baby Bri odiava che qualcuno occupasse i suoi spazi, soprattutto il suo materassino su cui si sdraiava in diagonale e a stella marina. Li aveva svegliati con solletico e coccoline, issandoli ognuno su un fianco e preparando loro una colazione salutare, a base di pancake conditi con frutta fresca e crema di nocciole. Uno solo per l'indemoniata di casa a scapito di un maggior quantitativo di frutta.
    Aveva in mente di approfittare di quella giornata di riposo per dedicarsi a tutte quelle incombenze che aveva posticipato nel corso della settimana una volta lasciati i due all'asilo. Se Logan non fece problemi, dimostrandosi contento di andare a scuola, Brianna quel giorno le rimase attaccata come un koala fa con il suo albero di eucalypto, non mollando la presa neanche per un attimo. Era quasi prossima al ritardo all'appuntamento delle nove con Annie tanto da optare di tenere la piccola, sicura che l'amica sarebbe stata felice di viziare la sua nipotina, e dirigersi veloce fino al Paiolo Magico, da lì entrare nella Londra vera e andare ad occupare uno dei tavolini di Florian Fortebraccio. Nessuna delle due medimaghe aveva scelto quella location come luogo d'incontro, bensì la signora Scott. Eleanor, con cui era rimasta in solidi rapporti nel corso degli anni, spedendole cartoline dall'America e andandola a trovare con il pancione prima e sua figlia poi, era stata una sorta di madre silenziosa per lei, molto più presente della sua, tanto da rendere Inverness casa molto più di Wigtown. Ad ogni modo la sera prima la donna le aveva scritto che si sarebbe trovata a Londra per l'intero fine settimana e che avrebbe tanto desiderato rivedere anche Annie insieme a lei. Nessun accenno a Logan e Brianna, cosa che l'aveva portata a credere che volesse incontrarle per dar loro qualcosa che aveva ritrovato della figlia e che sapeva avrebbe reso vera e propria gelatina le due amiche superstiti di quel trio che tanto aveva fatto negli anni d'oro hogwartsiani.
    E così eccola lì, seduta allo stesso tavolino di quella prima volta, con un'altra Brianna che le era stesa addosso, mezza occultata dal cappotto che la Rheon indossava, visto che l'aveva sollevato per usarlo come coperta. Testa su cuore, braccia a stringerla, il suo profumo a riempirle le narici. Non le restava da far altro che attendere.
    Eilidh Mae
    Aileanach Rheon

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    It's never too late to become who you want to be. I hope you live a life that you're proud of, and if you find that you're not, I hope you have the strenght to start over.
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    Annie-Macrae Welsh e Brianna C. Scott.
     
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  2. Brianna C. Scott
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    Brianna C. Scott
    Auror | 29 anni
    Le erano mancate come l'aria.
    Le era mancato tutto della sua vita, prima di ricoprire il posto da protagonista in quella di qualcun altro. Qualcuno più sfortunato di lei, che tuttavia le aveva concesso un'unica, immensa fortuna: rivederle.
    Non si sentiva più Brianna Scott da molto tempo, e tornare ad esserlo, dopo averlo anelato per anni, non era stato come si era aspettata. Abbandonare il viso che per un lustro aveva imparato a conoscere nel dettaglio era stato a dir poco traumatico, trovando se stessa, la vera se stessa, invecchiata all'improvviso.
    Era ancora giovane, in fondo, con la medesima cascata di capelli ramati, gli stessi occhi del colore del ghiaccio sporco e quelle lentiggini che mai aveva imparato a tollerare. Claire era stata più bella, algida e fiera, una tigre in confronto all'animo più docile e al contempo più caldo della scozzese.
    Sua madre era stato il primo scoglio a consentirle, una volta superato, di tornare alla propria vita. Le lacrime della donna furono solo il seguito di un'incredulità che la rese nervosa, titubante, timorosa e infine sollevata da qualunque peso avesse reso quella sua vita degli ultimi anni un inferno in terra. Le era stato concesso un unico favore, quello di far sì che sua madre non morisse per la seconda volta; la perdita di John era stata per lei insopportabile, non poteva realmente credere di aver perso anche sua figlia.
    In quei primi giorni di dicembre, Brianna tornò a casa da Eleanor e le disse ciò che aveva in mente. Aveva trascorso giorni a pensare a come avrebbe dovuto dire a entrambe del suo ritorno, del fatto che la sua morte fosse stata una copertura, e a come avrebbe potuto farsi perdonare da loro.
    Aveva scoperto che sua madre era rimasta in contatto con Eilidh per tutti quegli anni e quella consapevolezza le fece trarre un sospiro di sollievo: si erano tenute compagnia a vicenda, quelle due donne meravigliosamente forti che tuttavia erano sole al mondo, o quasi. Eleanor non le disse proprio tutto, con la scusante che le cose migliori le avrebbe sentite proprio da lei.
    Decisero un giorno, poi la signora Scott contattò Eilidh e le disse di farsi trovare da Florian, lì dove tutto era iniziato per la metamorfomaga e sua figlia, e di dire ad Annie di raggiungerla. Aveva voglia di incontrarle, aveva detto loro, aveva bisogno di vederle.
    Nel pensare che sarebbe stata lei a incontrare le due amiche che per lei avevano rappresentato una vera e propria famiglia, Brianna non riuscì a smettere di piangere tra le braccia della madre, consapevole di quanto le fossero mancate.
    Il giorno che aveva atteso per anni era finalmente arrivato.

    Camminava avanti e indietro nel vicolo precedente la svolta che l'avrebbe condotta alla gelateria della sua adolescenza, non del tutto certa di cosa avrebbe dovuto dire loro. Iniziare decantando un ritorno dal mondo dell'aldilà non sembrava la cosa più giusta da fare, ma in qualche modo avrebbe dovuto far presente di non essere uno spirito intenzionato a tormentarle. Annie in effetti se lo sarebbe meritato, ma non aveva il cuore di fare una cosa simile.
    Forse.
    Avrebbe fatto meglio a far dire a sua madre qualcosa, dar loro un indizio o semplicemente sincerarle della salute della figlia, rediviva, che tornava nel mondo dei morti. Ma più ci rifletteva, più sapeva che la cosa giusta da fare era raccontare loro tutta la verità.
    E avrebbe dovuto farlo lei.
    Si sfregò le mani con fare nervoso, all'angolo di quella via, lasciando che lo sguardo vagasse sulla strada principale senza scorgere le due chiome che ricordava. Dalle labbra la condensa di un fiato spezzato per l'emozione.
    «Non sono morta, era solo una copertura...» ripeteva come un mantra, quasi fosse la cosa migliore da dire in simili circostanze. Non conosceva nessuno in grado di aiutarla a indorare la pillola con chi aveva pianto sulla sua bara cinque anni prima.
    Deglutì e si avviò verso la gelateria, da lontano l'insegna che sapeva di patibolo.
    «Mi dispiace non avervelo detto, non potevo. Era per la vostra sicurezza...» altra frase che avrebbe dovuto placare gli spiriti delle due donne - ormai tali - più focose che avesse mai conosciuto. Con ogni probabilità l'avrebbero odiata, ma quanto meno sarebbero state ben felici di incontrarla ancora una volta, prima di farla a pezzi.
    Si soffermò fuori dalla porta ancora per qualche attimo, il fuoco nelle sue vene pronto ad ardere non appena i suoi occhi si fossero posati su chi sedeva al tavolo che lei ed Eilidh avevano condiviso per anni.
    Spinse la porta d'ingresso e il campanellino annunciò il suo arrivo, le iridi di ghiaccio andarono alla ricerca di volti familiari segnati dal tempo trascorso, e quando quelle stesse iridi misero a fuoco il viso di Eilidh, Brianna seppe di essere nell'unico posto in cui era destinata a stare in quel frangente.
    Ma il fiato si spezzò solo quando lo sguardo cadde su un fagotto parzialmente nascosto dal cappotto dell'amica. Una bambina dai capelli scuri screziati di azzurro, un segno inconfondibile che chiariva l'unico indizio che sua madre le aveva concesso: "c'è una sorpresa. Forse due. Ma sono certa che Eilidh sarà ben felice di mostrartele."
    Con le mani che coprirono parte del viso, Brianna lasciò che solo gli occhi fossero ben visibili nel momento in cui Eilidh avesse sollevato i propri fino a riscontrare la sua figura. Le lacrime le appannarono la vista e tutti i buoni propositi di costruire un discorso sensato e ricolmo di scuse vennero meno.
    «Mae...» quel nome che aveva usato solo lei in passato. Quel diritto che si era arrogata tanto tempo prima e che avrebbe ripreso immediatamente a esercitare. Quel fiato sospeso tra le emozioni che la travolsero come un mare in tempesta sarebbe giunto alle orecchie della metamorfomaga e, solo laddove questa avesse ricambiato il suo guardo, Brianna avrebbe abbassato le mani mostrando un volto coperto di lacrime di gioia e nostalgia, di tristezza per tutto ciò che si era persa e di felicità per la consapevolezza di poter recuperare.
    «Sono ancora in tempo per quella cioccolata?»
    E quella volta sarebbe rimasta. Nonostante tutto e a qualunque costo.
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    San Mungo
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    "Parlato" - 'Pensato' - "Ascoltato"

    Molte erano le cose cambiate nella sua vita da quando aveva terminato gli studi. A partire dal suo percorso al San Mungo che la vedeva ormai impegnata quasi ventiquattro ore al giorno e dove ci passava dal reparto allo studio, anche il suo vivere con i Barnes era stato un passo decisivo, che aveva fatto per non sentire la solitudine nel suo loft, dove - certo - ci tornava quando aveva bisogno di spazio, ma ormai era diventato solo un luogo dove passare del tempo con Lancelot. Tempo che ormai si era anche ridotto visti gli impegni di entrambi.
    Tutta la sua vita era soggetta a costanti cambiamenti, anche quelli non programmati. Lo aveva capito fin dall'adolescenza, quando i cugini Olwen erano partiti, quando aveva dovuto dividere il suo cuore e perderne una parte. Le certezze in quel percorso erano sempre state poche e quelle che l'erano rimaste erano ancora meno di quante pensasse, fosse si potevano ridurre a due: Eilidh ed Aaron.
    Erano le sole persone che erano sempre rimaste, seppur la prima aveva deciso di allontanarsi per un periodo forse troppo lungo, ma che aveva ritrovato ben preso al suo rientro, quando il tempo sembrava non essere mai passato per loro.
    Eppure, ricordava quei tempi in cui tutto quello era molto più facile, quando il solo problema era capire perché Lancelot non l'avesse ancora invitata al ballo e che vestito indossare per una festa di compleanno che avrebbe portato al disastro più totale.
    Quando erano tre.
    Il numero perfetto.
    Il trio che avrebbe retto a qualsiasi intemperia.
    Quella triade che aveva iniziato con esplosioni e calzini scomparsi, quaderni di appunti che venivano fatti sparire, ma che era comunque un modo per esserci. Quante volte si era fermata a pensare a quello che avevano perso? Forse troppo, forse abbastanza da sperare - un giorno - di riuscire a creare un portale temporale per poter tornare indietro e fermare gli eventi, gridare ad una Brianna che quello che avrebbe fatto da lì a breve l'avrebbe portata alla sua morte, così da evitare il danno irreparabile di quel funerale che aveva portato a quel viaggio in Scozia che sembrava durare troppo, prima di giungere su quella tomba - vuota - a piangere la morte di un pezzo di quel triangolo equilatero. Non erano riusciti a recuperare il suo cadavere, nemmeno quel corpo aveva avuto degna sepoltura eppure, tutti loro, avevano creduto a quella prematura ed ingiusta morte.
    Quella perdita che aveva fatto capire al gruppo che erano, che da quel momento non sarebbero più stati quelli di una volta, mai più, seppur stavano viaggiando insieme verso la Scozia, proprio come quel Natale...
    Tutto era cambiato e quel giorno, tali ricordi, tornarono a galla quando Eilidh le diede quell'appuntamento, Eleonor, la mamma di Bri, voleva vederle entrambe. Sapeva che Eilidh vi era rimasta in contatto, lei non ci era riuscita, lei aveva cercato di dimenticare quanto quella perdita avesse fatto male e quanto ora non sarebbe mai più stato lo stesso. Era come se fosse caduto il piedistallo che teneva in piedi tutt'e tre.
    Accetto, tuttavia, quell'incontro, non volendo far altro che rivedere in quella donna che era la signora Scott, in quel volto, ritrovare anche solo un briciolo di quei lineamenti che si mescolavano sul volto della figlia.
    Florian Fortebraccio, il luogo prescelto.
    Era lì, davanti ai suoi occhi e doveva solo avere il coraggio di muovere i passi per giungervi definitivamente, aveva indossato qualcosa di semplice, un vestito nero, sfiancato, che in lunghezza giungeva a fin poco sopra il ginocchio, tacco alto di un decoltè nero e un cappottino sabbia a coprire il suo outfit, con uno sciarpone panna ad attorcigliarsi attorno al proprio collo. Socchiuse le iridi celesti, prendendo un respirone ed entrando in quel locale, pronta a vedere la signora Scott dopo tutto quel tempo.
    Il campanello della porta trillò ancora, Annie non era consapevole che fosse la seconda volta che suonasse, in così poco tempo e che la persona che fosse entrata prima di lei, fosse proprio Brianna.
    Cercò con lo sguardo Eilidh, trovandola al solito tavolino che amava, legata anche lei a ricordi troppo forti da mandar via, ma non era sola. E non si riferiva di certo alla piccola Bri che giaceva sotto il suo cappotto. Davanti al suo tavolo c'era qualcun altro.
    Quei colori, quella corporatura.
    Le fiamme di quei capelli erano familiari e - per quanto potesse ricordare, non appartenevano alla signora Scott - eppure sembravano troppo familiari. Avrebbe potuto riconoscerli ovunque, ma continuava a ripetere dentro di sé che fosse impossibile che questo potesse succedere. Mise le mani nelle tasche del cappottino, stringendo fortemente il telefono e il catalizzatore da una parte e il portabanconote dall'altra. Sentiva il cuore palpitarle forte nel petto. Un tonfo che le annebbiava vista ed udito. Prese un respiro e, mentre la stretta allo stomaco si faceva più forte, mosse passi dietro quella figura, arrivando in tempo per ascoltarne la voce.
    Era lei?
    Non era possibile.
    Annie sgranò le iridi di ghiaccio, che piano divennero liquide come se si stessero sciogliendo, quindi sentì le mani diventarle sempre più calde e il volto cercare di divampare al massimo, quasi a raggiungere il rosso dei suoi capelli. Una mano si sarebbe allungata a tentare di afferrare un suo braccio per farla girare in sua direzione e se questo fosse avvenuto, Annie avrebbe sentito il cuore fermarsi per un momento troppo lungo.
    «Bri?»
    Sembrava strano anche proferire quella parola, per quanto la nipotina che Eilidh le aveva donato avesse lo stesso nome dell'altra.
    Se solo tutto questo fosse avvenuto, dopo una manciata di attimi incontabili, Annie avrebbe mollato di scatto il braccio della scozzese, facendo un rapido passo verso di lei e spingendola con entrambe le mani, mentre lacrime scesero sul suo volto e la voce le si rendeva isterica in gola.
    «Non è possibile! Non sei tu! E' un pessimo scherzo!»
    Avrebbe alternato ogni frase con una spinta, una spinta di rabbia ma che conteneva un desiderio di scaricare su di lei tutto il dolore che aveva provato davanti a quella tomba vuota. Il carattere della Welsh non era cambiato poi tanto, impulsiva ed esplosiva come sempre, anche nel momento in cui stava spingendo Brianna, mentre piangeva copiosamente, manco avesse visto un fantasma (?).
    «Non sei tu e se sei tu ti odio. Ti odio perché ci hai abbandonato, eri morta! Ora non lo sei più! Ci hai lasciato sole! E ora torni? E vuoi pure una cioccolata? Io la cioccolata te la getto in faccia, hai capito?! Dimmi che non sei tu, per favore. Dimmi che è solo uno scherzo di pessimo gusto... non sei tu... Bri non l'avrebbe mai fatto...»
    E quelle ultime parole furono un sussurro, mentre i pugni stretti si fermarono di spingerla, cadendo inermi lungo i fianchi, mentre il volto veniva abbassato a guardare la punta delle proprie scarpe.
    Annie-Macrae Welsh

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    Amor, ch'a nullo amato amar perdona.
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    Doveva essere uno scherzo del destino. No, no, sbagliato. Non "doveva", non poteva essere vero. Non poteva esserlo, non voleva, non c'era modo. Non in quel mondo, non se si sentiva ancora viva. Non poteva essere vero, perché la realtà non cambia, la menzogna sì.
    Un riflesso nello specchio gemello comunicante era stato un segnale che non aveva ignorato, arrivando a mettere a soqquadro l’appartamento di Brianna Scott ad appena un paio di mesi dall’averla sotterrata davanti agli occhi spenti e ormai privi di lacrime della donna che l’aveva messa al mondo. Dal quattro settembre, giorno ufficiale della sua morte, Eilidh non era più stata la stessa persona, perdendo il sorriso, i legami ma anche la ragione: quella mente da corva continuava ad analizzare elementi che aveva raccolto, così come il dossier su quella dannatissima missione che aveva fatto rubare a Xander prima di entrare in quelle mura che avevano ancora il suo profumo, seppur privo dell’intensità cui era abituata. Più volte si era chiesta se in quell’appartamento tra polvere ed olezzo del chiuso potesse captare anche una fragranza delicata di lavanda, bucato appena fatto e cacao o se ormai sarebbe stata persa per sempre. Eppure, nonostante il tentativo di ostinarsi a crederla viva l’avesse portata alla follia e poi nella più cieca e profonda depressione, la Rheon aveva compiuto piccoli passi di risalita dal burrone, aiutata dall’amore -seppur breve- di un uomo capace di ridarle speranza, che dopo un lutto profondo e doloroso ci sarebbe stata sempre la possibilità di continuare a vivere, anche se in maniera diversa, perché c’erano piccoli miracoli lungo il cammino che avrebbero avuto il dono di rischiarare la strada. La sua strada si era illuminata con Logan ed il piccolo avocado cui aveva dato il nome della sua persona, Brianna, augurandole di essere forte, leale e sincera come la donna che era cresciuta con lei. E fu proprio quella bambina di un anno e mezzo a dimostrare di essere figlia dell’uragano multicolore. A cavalcioni sulla sua coscia sinistra, Bri si mise dritta, spingendo con le manine sul seno alla ricerca di spinta e poi stabilità di posizione, portando via con sé un lembo di cappotto che ricadde morbido lungo il fianco, mentre una figura ferma davanti a loro, nascondeva parzialmente quel viso che, seppur più vecchio dall’ultima volta che l’aveva visto, rimaneva inconfondibile per quella forma di occhi, quel colore grigio perla o tempesta a seconda dello stato d’animo, che l’avevano perseguitata nei suoi sogni e perfino nella realtà. «Non è possibile», le mani erano ancora sul corpicino di sua figlia ma la sua mente non era più tra loro, impegnata a proteggere la medimaga dal dolore che sapeva sarebbe arrivato di nuovo. Doveva essere uno scherzo del destino, lo stress o persino qualche visione allucinatoria sintomo di qualche tumore al cervello, ma non poteva essere vero. Brianna Claire Scott era sotterrata al cimitero di Inverness da tre anni, due mesi e quattro giorni, non lì, i capelli rosso fuoco come quella vigilia di Natale di quasi dieci anni prima. La piccola Bri, sorda alla presa della madre, si scostò fino a voltarsi verso l’auror incurante di averle rifilato un paio di gomitate allo stomaco con anche un paio di calci alle gambe e all’addome. Non ricordava che il fratello fosse così irruento più o meno alla sua età. Un gemito di dolore le uscì, soffocato però dall’arrivo di Annie, insieme a quel diminutivo che pronunciò la Scott. O forse era successo prima? Ma poi, era la realtà o ancora frutto del suo sogno, quindi doveva ancora svegliarsi, prepararsi -lei ed i bambini- e poi incontrare Eleanor? Una realtà alternativa di quello che avrebbe desiderato al posto di vedere quella donna che per lei era stata una madre? Nel vedere la zia baby Bri si dimostrò per un attimo confusa nel vederla così rabbiosa, ben lontana dallo zuccherino che le portava ogni sorta di pensierino ogni qualvolta passava a trovarla o che lei portasse Brianna con sé a lavoro. La piccola metamorfa, curiosa peggio della Rheon, scese dalle sue gambe, ondeggiando verso le due donne, incurante dei toni della Welsh e studiando la Scott come se volesse riconoscerla. Come avrebbe potuto farlo? Eppure, vedere sua figlia andare ad aggrapparsi al capospalla dell’ex Prefetta Grifondoro fu un duro colpo. «B-basta», gracchiò, cinerea in volto, posando una mano sul tavolino per accertarsi che almeno quello fosse tangibile. «Non penso di» tentò di alzarsi, traballando sulle gambe che sembravano non avere alcuna intenzione di sorreggere il peso, soprattutto emotivo, che si stava portando dietro. «sentirmi be-». Scivolò sulla sedia, mancandola per buona parte, sbattendo con la fronte al tavolino e collassando, di fatto, sul pavimento di Florian Fortebraccio, il luogo dove quindici anni prima era iniziato tutto.
    Eilidh Mae
    Aileanach Rheon

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  5. Brianna C. Scott
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    Brianna C. Scott
    Auror | 29 anni
    Cercare di spiegare a parole il loro rapporto e ciò che provava nei confronti di quelle due donne sarebbe stato troppo riduttivo, in qualunque modo lo avesse fatto - e ci aveva provato innumerevoli volte. Annie era la sorella che non aveva mai avuto, con cui aveva condiviso gioie, dolori, confessioni, amori e liti furiose e i ricordi ne erano la più grande testimonianza; Eilidh era la sua persona, l'unica in grado di leggerla fin nel profondo di quegli occhi glaciali e nel cuore di un animo più complesso e contorto di quanto avesse mai dato a vedere e di quanto altri avessero mai provato a immaginare.
    Lasciarle era la cosa più difficile che avesse mai fatto, paragonabile unicamente al dolore che aveva provato nel pensare di togliere a sua madre la figlia che le era rimasta.
    Nessuno avrebbe potuto capire il rapporto che le tre ragazze condividevano, ad eccezione di loro stesse. Ed era sempre andata bene così.
    Non aveva chiesto mai niente a sua madre su di loro, perché l'unica cosa che le importava era che fossero sane, salve e felici. Sapeva di cosa fosse capace il mondo crudele che le circondava, in cui erano immerse, e sapeva anche di aver fatto sì che, con la sua farsa, soffrissero, ma almeno sarebbero state salve. Aveva sempre nutrito questo istinto, il bisogno di proteggerle da tutto e tutti, persino da se stessa.
    Brianna era certa che se fosse successo qualcosa a una sola delle due, sua madre glielo avrebbe detto. E con quella convinzione era andata avanti per anni.
    Per questo non aveva saputo quanto Annie fosse diventata bella, forte, una donna di cui sarebbe andata fiera ogni giorno. Vederla lì, di fronte a sé, mentre la spingeva contro il bancone, mentre prendeva a pugni un corpo che avrebbe potuto abbracciare, Brianna non riuscì a frenare le lacrime che le sgorgavano dagli occhi, sentendosi mancare il respiro non per i colpi, quanto per la gioia di rivederla, di risentirla, di tornare indietro nel tempo come non era più riuscita a sperare.
    Tentò di fermare entrambi i suoi polsi, ché se l'una aveva affinato la precisione della mano ferma, l'altra aveva dedicato anni a rafforzare riflessi e muscolatura. Si prese del tempo per guardarla, si odiò per averla fatta piangere, ma nessuna di quelle sensazioni riuscì a reprimere la felicità di sentir tornare ogni pezzo di quel complesso puzzle che era la loro esistenza al proprio posto.
    «Non vi ho...» Tentò di placare i gesti dell'amica, provò a calmarla infilando parole tra le sue, cercando di farla tornare alla ragione mentre il cuore sembrava volerla spingere a tutt'altro. «Annie... Annie non vi ho lasciate sole.»
    Sapeva che, conoscendo Annie, se solo avesse provato ad abbracciarla come voleva, avrebbe ricevuto un pugno in testa e non avrebbe potuto avere niente da ridire.
    «Sapevo che non sareste mai state sole insieme
    Avrebbe abbassato il tono di voce solo quando e se l'altra l'avesse ascoltata, ma non avrebbe mai smesso di cercare quegli occhi azzurri con i propri, di poco più chiari ma altrettanto limpidi e bagnati di ricordi.
    «Sono io.»
    "Ho dovuto farlo".
    Voleva e doveva dirglielo. Aveva così tante cose da dire a entrambe.
    E lo avrebbe fatto, pensò mentre rivolgeva il proprio sguardo a Eilidh, sforzandosi di attendere ancora un momento prima di rivolgerlo alla bambina.
    "Dov'è?"
    Quella stessa bambina che si appese a lei e che la costrinse ad abbassare lo sguardo, lasciandosi scrutare come il più raro dei doni.
    Brianna si accertò che Annie non la facesse fuori, prima di staccarsi da lei quel tanto che le bastò ad accovacciarsi sulle ginocchia, raggiungendo quasi l'altezza della piccola.
    Si sarebbe fermata a guardarla, a riconoscere ogni dettaglio di Eilidh in lei, ma quest'ultima si alzò e, nell'attirare lo sguardo plumbeo della rossa, svenne.
    Dopo un attimo di smarrimento, Brianna si rese conto di quanto appena accaduto e, stando bene attenta a non travolgere la bambina, si lanciò su Eilidh, raccogliendola con entrambe le braccia in modo da farle poggiare la testa sul proprio grembo.
    Le fece aria con la mano, le schiaffeggiò delicatamente il viso chiamando il suo nome, e a quel punto sollevò lo sguardo su Annie.
    «Facciamo che mi ammazzi dopo. Adesso però vediamo di pensare a lei?»
    Era cambiato tutto, ma per un momento fu come se non fosse cambiato nulla e all'improvviso tornarono indietro e furono di nuovo in quella scuola, lontane da occhi indiscreti, a vivere la loro vita insieme.
    RevelioGDR
     
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