Capodanno (Celtico)

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    Kether Westerly McLean | Commesso Olivander
    "Ecco Anthony..." Kether si trovava nel salotto dell'appartamento delle madri. Al momento era seduto a terra sulle ginocchia, alla giapponese, e aveva lavorato tanto alacremente quanto lietamente ad uno stecco di legno che infine restituì al proprietario "Ovviamente non è un lavoro da mastro artigiando di alto livello quale vuol essere Olivander, ma sono sicuro che per un po' andrà bene: ti conviene comunque passare in bottega o andare dal fabbricatore per una sistemata e una valutazione della compatibilità"
    Il ragazzo mostrò un sorriso sicuro e sincero al mago che aveva davanti, un omone alto quasi due metri e biondo, dall'aria piuttosto rude, ma gentile, il quale ricambiava lo sguardo divertito. Agitò la bacchetta "Non ti dirò che hai fatto un buon lavoro solo perché l'ho detto a fin troppi ragazzini della tua età in ginocchio e non mi sembra appropriato in mezzo ai tuoi tre genitori... e terrei anche a precisare che OVVIAMENTE si parla di MOOOOLTI anni fa"
    Il bacchettaio neanche si disturbò a ruotare al cielo agli occhi, forse troppo divertito dallo sguardo omicida e geloso di suo padre, Cameron, o forse perché imbarazzato ma orgoglioso dallo sguardo meravigliato delle sue madri, che esplosero all'unisono in un urletto quando Anthony fece comparire tra le loro mani un mazzo di rose, giusto per essere sicuro che la bacchetta fosse in perfetto ordine.
    "Coooome nuova!" trionfò lui, prendendosi un buffetto dal compagno.
    "Gradirei non testassi la tua bacchetta sulla mia migliore amica e sua moglie, nonché madri di mio figlio! Ti ricordo che siamo troppo giovani per essere genitori a tempo pieno!" propose lui, facendo ridere il castano con una battuta che, anche solo dieci anni prima, lo avrebbe mortalmente ferito, ma che ora, a 24 anni era semplicemente ciò che voleva apparire, ovvero uno scherzo. Suo padre non aveva né il carattere né le intenzioni di essere un genitore a tempo pieno, questo era vero, ma ciò non lo rendeva meno dolce nei suoi confronti e in un certo senso presente, del resto, quando aveva seriamente avuto bisogno di lui, c'era sempre stato, lasciandogli per il resto il doveroso spazio per crescere con la sua vera famiglia.
    'Però... è bello averli tutti qui' era il sogno di ogni figlio avere i genitori insieme, ovviamente, specialmente da piccoli, e nel vedere Laura annusare i fiori che invece Monica studiava con sospetto e scrupolo si rese anche conto di quanto fosse contento, per una volta, di poter integrare le donne che lo avevano reso ciò che era con la magia, quella non rituale almeno, giacché loro, comunque, erano e rimanevano streghe wikkan.
    "Bene... ora che abbiamo avuto i nostri fiori, abbiamo cenato e la bacchetta di Anthony è in ordine... possiamo pregare?" Monica pareva aver concluso che i fiori fossero sostanzialmente normali, sicché lasciò che Laura li sistemasse in un vaso e intanto lasciò vagare i suoi occhi neri profondi su tutti i presenti, finendo ovviamente sul figlio, che annuì.
    "Certo, mamma. Siccome ci sono dei maghi, è saggio che prima di praticare qualsiasi rito si controllino le bacchette: la magia a volte percorre vie tortuose e pericolose... o almeno così mi ha insegnato il mio mentore, il signor Olivander"
    Un verso di scherno attirò tutti gli occhi su Anthony, il quale dapprima sgranò gli occhi e poi tossicchiò imbarazzando "N-non è niente... è solo... Olivander lo conosciamo pure noi in Kansas... mi fa strano pensare che il mio figlioccio sta in quel negozio... e fa lavoretti del genere" affermò rigirandosi la bacchetta ancora una volta e storcendo la bocca in maniera tale da rendere palese a cosa stesse pensando nonostante tutto. Cameron sospirò, così come Monica. Laura, fortunatamente non era in stanza e Kether fu grato del silenzio che gli permise di superare quell'impasse.
    "Mi aiuti, mamma?" con tranquillità il ragazzo si avvicinò all'altare domestico delle madri, accendendo con una bacchetta un bastoncino di incenso, ritrovandosi preso intorno entrambe le madri, cosa che lo fece ridere. Scosse la testa, accettò la lavanda e i fiori di rosa, così come i semi di zucca, che gettò tutti nel contenitore in ottone, sopra a della brace, che infine appiccò, spargendo altro purificante e piacevole odore.
    "Lo fa Kether il rito? Pensavo lo praticasse Laura..." chiese mezzo sottovoce l'americano enorme, osservando poi in effetti Laura prendere posto accanto al figlio, carezzandogli il capo e dandogli un bacio sulla tempia sinistra, nel mentre il ragazzo allentava le corde della sua felpa, lasciando emergere il marchio che il dio Pan aveva impresso su di lui, alla base della gola.
    "E' la mamma la sacerdotessa di casa... ma... un anno e mezzo fa sono stato benedetto dal dio Pan, quindi... sta a me celebrarlo in questa per lui mesta notte"
    "TU HAI FATTO COS- scusate" gridò terminando squittendo il kansasiano, nel mentre Kether socchiudeva gli occhi, inspirava ed espirava sempre più lentamente cercando in sé la calma e tramite essa il calore che sempre ormai lo congiungeva al dio delle selve.
    "O incarnazione del Dio Cornuto, protettore delle selve e degli animali, incarnazione del terrore della natura, flautista dei boschi, primo dei satiri. Tu che in questa fredda notte saluti la tua sposa e ti rechi a dar conforto alle anime dell'aldilà squarciando il velo che a noi è negato, ti prego, posa su di noi il tuo gentile occhio e proteggici"
    Kether non ebbe bisogno di sentire i sospiri di stupore dei suoi cari per comprendere di star rilucendo: la magia di Pan in lui era forte e gentile e come sempre il dio aveva prontamente risposto al suo richiamo, confermandogli ancora una volta la benevolenza che gli aveva concesso di cui lui non poteva che essere immensamente ed eternamente grato.
    "Oh Triplice dea madre che sei figlia madre e sposa così come fanciulla, donna e vecchia, tu che in questa notte versi disperate lacrime per il tuo sposo, permettici di unirci al tuo cordoglio e pregare per i nostri cari defunti in questa notte in cui il velo..."
    La dolce voce di Laura non era cantilenata o noiosa, ma Kether in quel momento era troppo pieno della potenza divina per ascoltarla fino in fondo "Tu che sei uno e molteplice, a cavallo tra miti, leggende così come la vita e la morte, ti prego benedicici e prega per noi." legato coi fili dell'amore ai suoi cari, Kether si perse nel suo profondo fino a cadere in una sorta di trance, lasciando che le parole fluissero dalle sue labbra così come le sentiva sue "Intercedi per noi con le tue molteplici forme. Intercedi con Cerunnos dalle lunghe corna, e Ammone il profeta. Intercedi con Fauno e Silvano, protettori delle selve e dei boschi. Intercedi con Dioniso del mistero e Herne il cacciatore. Donaci la loro protezione e intercedi per noi anche con Orfeo delle stelle e Osiride del cielo, che ti accompagnano nel tuo triste viaggio"
    Senza disturbare la madre o i suoi cari, Kether lasciò fluire la sua preghiera così come la sentiva, avvertendo in sé il proprio stesso marchio mutare nel mentre in quella curiosa notte si sentiva connesso con tutte le entità che aveva invocato e altre, molte altre, alcune, a lui molto affini come Freyr e Baldr, altre, invece infinitamente distanti come Belphomet e Loki "Tu che come la tua sposa e lo stesso Destino condividi nomi, aspetti e popoli, veglia su di noi in ciascuna di esse, e donaci la saggezza di accettare le evoluzioni del futuro, per quanto inattese e infauste, nella convinzione che poi, al termine del dolore, vi sarà una nuova rinascita, così come è per te"
    Quasi contemporaneamente, anche Laura terminò, sicché, colmi del potere degli dei, tutti insieme, in pace con sé e fiduciosi verso quel nuovo anno celtico, poterono serenamente dire "Piace che sia."
    RevelioGDR


    Anche se la formulazione è un po' insolita, sto richiedendo il pantheon neopagano... per quanto mi sia degnato di nominare un dio norreno solo alla penultima riga, ahahha
     
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    Gli Snasi
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    Provino superato.

     
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