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.Marina Stonebrug"Eventually, everything connects."
Capitava di rado che Marina Stonebrug si scomodasse così tanto per un cliente. Si potevano contare sulla punta delle dita le persone che vantavano qualità così interessanti da affascinare una druida che mediava tra mortali e divinità, e Krasus Thunderbolt rientrava tra queste.
Sebbene Denrise avesse abbracciato da poco una politica spinta all'isolazionismo, nessuna persona orientata alla divinazione aveva avuto il coraggio di interrompere i contatti con il mondo esterno. Marina, in particolare, non mancava di fare colazione ogni giorno con un bel periodico ad accompagnare le specialità della sua isola, e proprio in uno di questi aveva letto dell'auror.
Capitava di rado che qualcuno riuscisse a scomodare Marina, ma capitava ancora più raramente scontrarsi con una divinità e sopravvivere. L'unione delle due cose avrebbe reso il signor Thunderbolt estremamente fortunato e ciò lo avrebbe testimoniato la lettera di risposta della stessa druida.
Gentile signor Thunderbolt,
La invito a non preoccuparsi di alcun disturbo. È sempre un piacere trovare una soluzione ai problemi posti dal fato.
A tal fine le scrivo per notificarle la presa in carico della richiesta. Da quel che mi è parso di capire dall'articola sulla sua persona reputo che Oxleas Woods potrebbe rivelarsi un luogo perfetto per risolvere la situazione.
La invito a raggiungermi nel luogo citato il xx-xx-xxxx, almeno un'ora prima del tramonto.
Quando arriverà, mi cerchi, non le sarà arduo distinguere una denrisiana dagli occhi cerulei e dal profumo di incenso.
Cordiali saluti,
M. Stonebrug
La sobria lettera sarebbe stata recapitata da un gabbiano direttamente all'indirizzo lasciato dal signor Thunderbolt, quello della sua stessa dimora. Il volatile avrebbe consegnato volentieri la missiva, per poi reclamare del pesce come pegno e ripartire verso l'orizzonte.
Qualora l'auror avesse deciso di recarsi nel bosco, non avrebbe dovuto cercare più di tanto, se avesse dato peso all'olfatto più che alla vista o all'udito. Una scia di incenso lo avrebbe guidato tra un cerchio di olmi spaventosamente simmetrico, di cui la fronte proiettavano uno spesso stato di penombra che rendeva arduo anche il solo osservare a un palmo dal naso.
«Ben arrivato, Marina Stonebrug, qui per servirla».
La druida avrebbe mosso qualche passo tra le foglie che coprivano il terreno, evitando la mezza dozzina di candele che aveva acceso poco prima, per arrivare a un metro dall'auror.
Occhi del colore del cielo primaverile, pelle della tonalità del latte, indossava dei lunghi jeans e una canottiera viola cobalto. Sulle spalle svettava un mantello singolare formato da nodi e corde intrecciati che avrebbe potuto ricordare, con un minimo di fantasia, le reti di un pescatore denrisiano.
«Dunque... cosa è successo?».
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SPOILER (clicca per visualizzare)Nella lettera non ho specificato la data perché non mi piace datare le role, scusami ahah. -
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Edited by ShiningDragon - 1/6/2022, 13:27. -
.Marina Stonebrug"Eventually, everything connects."
Non si sorprese nel notare come a raggiungerla fosse stato un possente varano di komodo. Gli auror, si sa, sono l'elité della società militare londinese e tra di loro non sarebbe stato arduo immaginarsi un magibiologo tanto abile da addestrare un rettile simile o - addirittura - prenderne le sembianze grazie alle doti di animagus.
Le bastarono pochi secondi per accettarsi che tra le due ipotesi fosse la seconda a far riscontro con la realtà.
Le squame del kizawi si fecero meno rade in pochi istanti mentre la postura del nuovo arrivato si faceva lentamente più umana. Krasus Thunderbolt, dubitava fosse qualcun altro, era un bell'uomo, sia per il fisico allenato, sia per la confidenza che le sue doti avevano alimentato.
I tratti da rettile frutto della maledizione avevano parzialmente scheggiato tale aspetto dell'altro, ma non abbastanza da scandalizzare una druida navigata come Marina. Il fatto che l'altro fosse ancora vivo o, per lo meno, lontano dall'essere confinato nel corpo di una rachitica lucertola lasciava ben sperare.
«È un piacere».
Fu un sorriso a chiudere quelle formalità mentre la liscia mano della druida andava a intrecciarsi a quella più vissuta dell'auror. Un tocco leggero ma impossibile da dimenticare, lo stesso di un'amante.
«Lungi da me rubarle il suo tempo prezioso, signore».
La gamba destra disegnò un arco mentre un primo passo della strega la portò abbastanza lontana dal mago affinché la presa che li univa fosse libera di spezzarsi. Una serie di passi, poi, diede iniziò a un lento cerchio attorno al londinese, come se lui fosse un ago e lei la grafite di un compasso.
«Trattenersi dal rivelare delle informazioni potrebbe essere tanto prudente quanto deleterio in una situazione simile, è certo di voler proseguire su questa strada?».
Se l'altro glielo avesse concesso, Marina si sarebbe fermata alle sue spalle per poi sollevare la mano destra. L'indice sarebbe andato a scivolare sul collo, lento, per saggiare la consistenza delle scaglie.
«Il fatto che delle protuberanze simili si siano formate sul suo corpo mi lascia intendere che la Dea voglia deriderti, per un motivo o per un altro. Data la densità e la durezza immagino potrebbero persino aiutarti a sopravvivere in futuri scontri...».
Alle parole fece eco un dolce silenzio in cui Krasus avrebbe potuto dire la sua.
«Oltre a quanto raccontato, hai mancato di rispetto la dea in qualche modo? E, a prescindere, sei pentito per ciò che hai fatto?».
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La navigata furbizia con cui l'auror diede colore e tono alle sue affermazioni fece sbocciare un sorriso sulle algide labbra della druida. Con la stessa naturalezza, Marina continuò nella sua analisi, lasciando allo sguardo il compito di accarezzare più volte il fisico di Krasus.
«Noto una certa ambizione in lei. È stato forse smistato tra i Serpeverde, ai tempi?».
La voce della strega entrò in armonia con l'indistinto cinguettio di qualche usignolo celato nella vegetazione, trovando nell'eco degli ultimi venti l'unico compagno.
«Chiedo perché è opportuno rendere sottile il velo di sapere che ci separa, affinché il resto del rito possa scorrere privo di intoppi».
Krasus se ne sarebbe certamente andato con qualcosa in più, quella sera, ma ai druidi veniva insegnato il valore dell'equilibrio. Non si può ricevere, senza dare, e chiunque cerchi di spezzare questa legge potrebbe dar via a un domino che porterà al Ragnarok.
«Scelta saggia quella di precludermi solo i dettagli burocratici. Immagino annoierebbero me nella stessa misura in cui annoierebbero lei, signore».
L'indice percepì il collo farsi rigido come la magia era solita fare quando in battaglia veniva congiurato un Protego magistrale. La reazione non scosse la donna. I riflessi di un auror, si sa, sono alla stregua di quelli di un predatore.
Quando l'auror si smaterializzò, poi, un sopracciglio curvò verso l'alto e l'iride si macchiò di intensa curiosità. Vedere la prestanza fisica dell'altro le riempì il cuore di malinconia perché averlo tra le fila dei predoni sarebbe stato certamente più produttivo dell'averlo a rischiare la vita per qualche ricco londinese. Con la stessa rapidità con cui quelle riflessioni avevano trovato spazio nella sua mente, Marina si ritrovò a processare quanto appena visto.
«Come immaginavo... lavoro spesso con Astri e Divinità e, francamente, nella sua situazione non avrei cercato di fare altrimenti».
Le mani cinsero i fianchi mentre i gomiti andarono a formare angoli smussati.
«Percepisco nelle sue parole, per la prima volta, una certa nota di indecisione che non era ancora emersa. Tanto mi basta a credere che, si, si è pentito, ma non del tutto».
Il volto risalì lentamente finché gli sguardi dei due, incoronati dagli ultimi raggi di sole, non finirono per scontrarsi.
«Rifletta su quanto successo, perché nessun mago o strega è mai stato abbastanza potente per sconfiggere una Dea del calibro di Ragarra, e dunque l'unica soluzione per spezzare la sua maledizione sarà il pentimento».
La strega avrebbe dato all'auror il tempo di ribattere perché era certa che lo avrebbe fatto, ma ciò non avrebbe cambiato le cose. Divinità, e maghi o streghe potenti, andavano viziate. Pochi passi l'avrebbero portata ai piedi di uno tra i vari alberi in cui era occultato un borsone.
Indice e pollice sospinsero la zip rivelando all'interno uno spazio espanso ordinato come un campo militare. Le braccia avrebbero cercato per pochi istanti per poi far riemergere tre rami lunghi appena pochi piedi.
«Scelga quello che crede la rappresenti di più».
Acero, prugnolo, e tasso. Tre legni che un esperto di magitecnica come Krasus Thunderbolt non avrebbe esitato a riconoscere. La domanda restava, però, quale avrebbe scelto.
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«Oh, molto interessante».
Le labbra di velluto si curvarono a formare un piccolo cerchio che tradì la sorpresa di quanto scoperto. Se a un primo acchitto Marina fece ammenda di essere in errore, finì per compiacersi di aver scoperto non solo dove Krasus Thunderbolt si fosse formato, ma anche quale tra le quattro case di Ilvermorny lo aveva accolto.
Da sempre gli istituti magici suddividono gli studenti in base ai tratti salienti della loro personalità. Marina aveva scoperto come gli stereotipi non si adattassero mai completamente allo stereotipato, per lo meno tra le personalità maggiormente degne di rilievo - come Krasus -, ma la fama di una Casa era un'ottima linea guida per quello che ci si sarebbe dovuti aspettare.
«Ha pagato?».
Cullò il prugnolo tra le mani di Krasus, arrendevole alla stregua di una amante sedotta dal guerriero che l'aveva salvata da un drago o qualche demone.
«Intendo chiamarla con il nome di un'altra dea o attaccarne il portale.
Cosa pensa sarebbe successo non lo avesse fatto?».
La druida portava il nome del mare e come questo sapeva piegarsi e adattarsi a ogni contenitore, rimanendo impossibilitata a farsi vincolare da manette o catene di qualsiasi specie. Amava la libertà, quasi quanto il sapere e il potere, e per questo si stava odiando per quelle parole, ma non avrebbe potuto fare altrimenti.
Krasus doveva mettersi in discussione, ma nessuno lo avrebbe spinto a cambiare la sua natura.
Lo stesso, però, non si sarebbe potuto dire del prugnolo.
«Ignis».
Una scoccata e dalla bacchetta della druida si liberarono lingue di fuoco che andarono ad avvolgere la punta del ramo, avvolgendolo di fiamme d'un arancio stordente.
«Non temere il fuoco, non ti brucerà».
La mano sinistra andò a sfiorare quella dell'auror, dal basso verso l'alto, come a voler sorreggerla e a spingerlo a non vacillare. Non che ce ne fosse bisogno: l'auror aveva già dato riprova di una volontà straordinaria, impossibile da piegare o spezzare.
Lo stesso non poteva dirsi del prugnolo, la cui punta finì per carbonizzarsi e scindersi in una nube nera che - lenta come una serpe - iniziò a tracciare un cerchio di cui Thunderbolt era il centro.
«Ha già avuto esperienze con altre divinità o progetta di averne, Krasus?».
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L'ombra di quel sorriso serafico scivolò tetramente nel baratro, lasciandosi alle spalle un volto indifferente e un'occhiata indagatrice ma vergine di giudizio. Che Krasus Thunderbolt fosse coraggioso e pronto a dar battaglia sembrava ormai un dato di fatto, che le sue strategie e tattiche si basassero su conoscenze hollywoodiane era invero segno di autentica follia.
Fece appello alla sua determinazione e al suo controllo per rivolgere lo sguardo verso il basso, il celeste dei suoi occhi a decriptare il labirinto di scaglie e artigli che ne aveva martoriato la carne, al non banale compito di trattenere una risata.
«Che stolta che sono. A Denrise mi ostino a rimanere aggiornata sul piano spiritico cercando percorsi e similitudini tra il cielo stellato e il mondo che ci circonda, o pagando a peso d'oro tomi antichi quando basterebbe guardare un film per farlo».
Da parte sua Marina vantava una professionalità che aveva imparato a vestire come un cavaliere fa con un'armatura, motivo per cui persino i più misogini tra i capitani di Denrise tendevano a catturarne le attenzioni per averla al loro fianco come druida o navigatrice. Non sarebbe stato l'infernale fascino del londinese a sciogliere il solido metallo di una reputazione che aveva temprato e raffreddato nel proprio sudore e sangue, certo, ma forse l'altro era riuscito ad aprire una crepa da cui certamente aveva iniziato a passare un filo di luce.
Tornò in sé per continuare con il rituale, le attenzioni equamente divise tra Krasus e il fumo del prugnolo.
«Se è così che ora si formano gli auror, tornerei indietro per rivalutare il percorso che ho scelto di seguire. O forse potrei imbucarmi in uno dei vostri cinema se lei avesse il piacere di farmi da guida».
La sinuosa figura di Marina riprese a camminare attorno a Krasus, il corpo a tracciare vuoti nella nube di fumo nero come la pece, le dita a danzare nel vuoto silenziose come stelle in un cielo notturno. Silenti come questo, serpi di pece prive di corpo o solidità azzannarono la pelle del guerriero. Al morso, un uomo navigato come l'americano, avrebbe potuto percepire un dolore pungente ma trascurabile, simile al pizzico di una vespa mandarinia o al morso di un ragno violino.
«Passerà più in fretta di quel che può immaginare, mi creda. Il dolore è fondamentale in rituali simili, così come lo è il pentimento: maggiore è il secondo, minore sarà il primo».
Quanto avrebbe sofferto e quanto si sarebbe pentito lo avrebbe potuto sapere soltanto l'altro. Marina non avrebbe messo in discussione l'altrui virilità per un paio di lacrime.
«Per distoglierla da questa sofferenza potrebbe parlarmi di altro. Le consiglio di farlo. Una mente che resta immobile durante questo rituale si scopre fiacca e pigra, delle volte si addormenta senza più destarsi».
Iniziò con tono alieno, inarcando le sopracciglia sulla fronte di ceramica per rivelare l'assenza di cattiveria in un gesto simile. Era una druida, era una professionista, non avrebbe goduto nel far soffrire un cliente più del dovuto. Neppure il più arrogante. Neppure se questo era riuscito a fare un solco nell'armatura della sua professionalità.
«Ad esempio potrebbe dirmi se valuta come migliore una battaglia che si conclude con il maggior numero di vittime tra gli avversari o con il minor numero di perdite tra i propri ranghi».
Sentire l'opinione dell'altro avrebbe fatto bene alla druida quasi un decimo di quanto sarebbe giovato all'auror.
«Apollo? Apollo è una divinità vera e propria. In quale occasione i vostri percorsi si sono intrecciati?».
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Lo stoicismo era un vanto di molti druidi ma non il suo e il modo in cui sul suo volto riecheggiò l'alba rovente di un fervido sorriso ne fu la riprova. Le labbra risposero alla risata dell'altro come le fredde carne scavate dall'acqua reagiscono al più sciocco dei rumori con una nobile eco.
«Girano voci che numerosi membri del mondo artistico siano supporter di Cora Delaine e del suo movimento, Excalibur. Non esito a credere alle sue parole, quindi, ma mi interesserebbe comunque saperne di più».
Sarebbe stato interessante e utile alla stessa maniera scoprire il punto di vista di un auror sulla terrorista che aveva portato alla scissione di Denrise dal resto del mondo. Cora Deleine era stata blasfema per molti denrisiani, altri ancora - come Marina - credevano che la scelta della donna fosse stata incredibilmente ponderata. Da aritmante ad aritmante poteva capirne le linee di pensiero che l'avevano portata a tanto, ad esempio. Se Denrise si fosse scissa dal Ministero a causa dell'inefficienza di quest'ultimo nel trattare con questa terrorista, lo stesso Organo Statale avrebbe potuto investire meno risorse nella lotta al terrorismo di quanto avrebbe potuto fare in tempo di pace.
Un piano elegante e ben bilanciato come un sigillo aritmantico di cui erano stati soppesati tutti gli angoli e tutte le relazioni numeriche.
«La ringrazio per la disponibilità, allora».
La voce calda e dolce come una scia di miele avrebbe potuto portare alla più ambita delle morti sia le zanzare che le mosche, ma di fronte a sé Marina aveva un essere bene diverso. Non sarebbe stato facile far valere il proprio charm sull'altro.
«E credo lei abbia ragione. Sbaglio nel paragonare gli auror di Londra ai più grezzi guerrieri di Denrise».
Aveva dell'ipnotico il modo in cui sillabe e parole lasciavano le sue labbra in un ritmo che, più della canzone, ricordava lo stendere trame di un ragno intento a disegnare tele per la sua preda.
Non era malizioso, invero, il suo rituale al punto che, mentre le serpi di fumo dilaniavano la carne di un atroce dolore fin troppo umano per spaventare un auror, scaglie da rettile sparivano a vista dalla pelle. Il braccio destro venne purificato completamente tornando non solo ai fasti che avevano caratterizzato uno dei più affascinanti auror del ministero, Krasus, prima della fatidica missione, ma la stessa pelle parve acquistare una brillantezza che avrebbe rischiato l'occhio persino del più stoico. Figuriamoci del meno.
«Il vostro compito non è vincere una battaglia ma difendere».
C'era un motivo per cui mai degli auror erano riusciti a piegare Denrise. Ciò che per i primi era un'occasione da evitare, gli abitanti dell'isola la ricercavano per scontare in cielo la più nobile delle fini. Non c'era morte più onorevole di quella di fronte a un valido avversario, nemici abbattuti o alleati salvati risultava marginale per un credente delle vecchie tradizioni.
«La scelta dei termini con cui dà forma ai suoi pensieri è estremamente affascinante. La parole gita lascia intendere un qualcosa di innocuo ma sappiamo entrambi che non sia stato così. Il piano astrale è pregno tanto di occasioni quanto di pericoli e mi scopre a invidiarla per non aver preso parte a tale avventura».
Sorrise serafica ed enigmatica come una sfinge.
«Ma se vuole ricongiungersi ad Apollo, saprà chi contattare nel caso lei voglia una guida o una mano a riguardo».
Marina si concesse un occhiolino in direzione di Krasus per lasciare quest'ultimo libero di trarre ogni possibile conclusione a quanto appena detto.
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