Into the unknown

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    Marina Stonebrug
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    Tra le costanti che avevano da sempre accompagnato la breve vita di Marina vi era una crociata all'ignoto che l'aveva spinta prima tra le mura di Hogwarts, dunque a vagare nel resto del mondo. Nel castello scozzese aveva stretto amicizie, scoperto emozioni, e compreso come l'universo intero non avrebbe mai potuto soddisfare la sua fama. Ambiziosa, si, e come tale era stata assegnata alla più discussa delle case, quella dei Seperverde.
    Aveva avuto modo di discutere con Kenna in seguito al suo ritorno a Denrise, dunque aveva accompagnato la donna e il resto dei pochi guerrieri coraggiosi nelle sale infernali che si sviluppavano negli abissi dell'isola.
    L'esperienza l'aveva fatta crescere, intrecciando la sua vita a quella di Rebecca Wagner, ma le era costata anche un'amicizia. La scomparsa di Nara Keratack Gleen l'aveva colpita al cuore come una freccia avvelenata, senza ucciderla, ma costringendola a un dolore che non avrebbe mai avuto il coraggio di esprimere o condividere, tantomeno esorcizzare. La rossa, però, le aveva dato la riprova di come il suo cuore fosse indomabile quanto le tempeste congiurate da Odino per punire i miscredenti, e Marina Stonebrug era certa che avrebbe fatto ritorno, prima o poi.
    Del resto, i principi restano, ma le necessità cambiano, e l'ombra di una guerra aveva ormai abbracciato Denrise.
    Marina aveva raggiunto il Leabharlann alla luce di ciò. Gli stivali in cuoio nero suonarono una marcia funebre che sancì l'arrivo di fronte all'enorme portone del negozio, mentre una tiepida brezza primaverile accarezzava le forme della druida coperta da un abito cerimoniale, viola come gli imperatori e la potenza degli astri.
    «È permesso?».
    Si era recata nel luogo nella prima mattinata perché l'Osservatorio era sotto manutenzione, e non dubitava minimamente che Kenna MacDonald avesse potuto ritardare più di qualche minuto a presentarsi in quello che, più di un luogo di lavoro, doveva essere diventato ormai una seconda casa.


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    Gli eventi della spedizione al villaggio africano ancora si ripercuotevano sull'animo della magistorica. Era quanto mai innegabile come quanto accaduto avrebbe lasciato dei pesanti strascichi nella sua vita, più che in quella degli altri. Con l'arrivo dei brasiliani e con la sua presenza su una delle navi che supportavano Katrina era ben consapevole di come non avrebbe visto arrivare missive dal dipartimento manufatti magici e storici per una consulenza. Una mancanza di introiti, ma anche un'ombra silenziosa che andava a macchiare un curricula di tutto rispetto. Da contro peso vi era stata però la visita di una vecchia sacerdotessa che, dopo un confronto con il capovillaggio, le aveva concesso libero accesso al tempio, elevandola a sacerdotessa. All'inizio aveva pensato che fosse uno scherzo, che lei, la più rigida e di poche ampie vedute scozzese, nonché restia a tutto ciò che avesse a che fare con l'esoterico, ma soprattutto il culto, aveva a disposizione ben due supporter al circolo dei riti. Non aveva potuto far altro che acconsentire con un cenno del capo, evitando di parlare perché non era perfettamente consapevole di quali parole avrebbero abbandonato la sua lingua. Era un passo importante quello, lo doveva ammettere, un senso di accettazione raro per una donna straniera, inglese, benché quell'appellativo fosse già sprezzante per lei che era molto più a nord di quell'epiteto comune. Senza nascondere la possibilità di apprendere nuovi riti e mettere mano magari su testi o manufatti che fino a quel momento non avrebbe pensato neanche esistessero.
    Ma tempo al tempo, dopotutto aveva ancora una libreria da mandare avanti e quindi i battenti sarebbero stati aperti, pronti a ricevere nuovi e vecchi clienti. I rumori di stivali la precedettero, insieme a una stoffa viola svolazzante, il colore sacro ad Ade oltre che in una veste sacrale. «Marina», una veste di un marrone caldo e brillante, con ricamate delle rune di un paio di tonalità più chiare, poteva intravedersi solo per la parte del busto. I capelli erano stati lasciati cadere morbidi sulle sue spalle, muovendosi nel seguire i passi che la portarono al di là del bancone. «Mi aspettavo di vederti alla chiamata di Katarina», un sorriso ampio sul volto che però non coinvolgeva del tutto lo sguardo. «Credo l'avresti trovato interessante».
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    Il fascino di Kenna Ivonne MacEwan era simile a quello di una creatura di cui tutti avevano il desiderio di poter parlare e il febbricitante terrore di poterla incontrare dal vivo, in carne e mortalità. Una manticora, forse, di quelle che a lungo avevano dato colore agli incubi più oscuri degli spezzaincantesimi o magiarcheologi, il cui lavoro ruotava attorno allo sfidare l'ignoto nella speranza che ne valesse la pena.
    Marina Stonebrug, dal canto suo, era certa che la pena la valesse. Per lo meno se l'incontro era con Kenna.
    «Kenna».
    Il capo della druida si inclinò appena, in un gesto tanto colloquiale quanto di rispetto. Dunque le iridi blu come gli zaffiri celati nel ventre di Denrise andarono a ricercare lo sguardo più selvaggio dell'altra, mentre il mento tornava alto, per sostenere l'amichevole scontro di due personalità così definite.
    «Interessante come ogni vento che, soffiando, porta con sé possibilità e pretese».
    Proferì quelle parole con una calma e un calore serafico, quasi l'accettazione di Sigurd di quella straniere nella sua terra avesse potuto effettivamente ammorbidire l'opinione di Marina sulla ex consorella.
    «Sfortunatamente, il caso ha riservato per me oneri diversi. Farò il possibile per presenziare alla prossima chiamata».
    Molti tra i denrisiani avevano avuto l'ardire di dimenticare quanto successo nel Niflheimr, l'abisso di Denrise, ma non lei. Aveva riservato gran parte del suo tempo libero a sé stessa, per indagare, senza però aver ottenuto risultati che potessero soddisfarla in qualche modo. Quando Katerina si era presentata al molo, Marina era oltre mare e oltre Europa, in Grecia, per presenziare a un congresso sulle entità dimenticate.
    «Ho saputo che l'impresa è stata onerosa tanto in termini di sacrifici quanto di sforzi. C'è qualche aneddoto che ti andrebbe di condividere?».
    La sua fama di sapere era più simile a quella di un corvo che un serpente, riversandosi del secondo l'ambizione dietro ai motivi delle sue ricerche.
    «Magiavvocatessa, magiarcheologa, insegnante, negoziante, e tanto altro... hai vissuto proprio una vita degna di essere ricordata, Kenna».
    O forse preferiva essere appellata con il titolo di Sacerdotessa?


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    Il problema delle persone del passato è che non sempre rimangono lì, fermi nella loro dannatissima bolla, chiudendovi anche le problematiche a loro correlate. C’era stato Black che, in uno strano duello, le aveva rivelato di essere stato innamorato di lei quando erano solo due studenti; Morrigan, la sua nemesi più diretta, un’attrazione che veniva mascherata da una finta indifferenza e da battute non sempre tali; infine, la donna dalle vesti violacee e dagli occhi magnetici. Marina era diventata una bella donna, con delle curve perfette ed un sorriso che poteva mozzare il fiato. Probabilmente, se non avesse avuto una relazione con il Garlic, avrebbe valutato l’ipotesi di passare una notte con lei. Eppure, tra lei ed il fabbro, nonché Capitano della Nightwing, le cose si erano fatte più serie rispetto a quando avevano limonato duro contro il muro di una casa a poche centinaia di metri da lì. All’epoca era ancora una docente, ad un passo dall’alcolismo cronico.
    Mentre ora, aveva più nomi della regina dei draghi. Quasi. «Allora alla prossima chiamata potremmo fare squadra», di rimando la stava invitando sulla Drakkar di Garlic senza passare dal Capitano. Ci avrebbe pensato poi a giustificarne la presenza. Al momento era impegnata nel porgere un cenno del capo, in segno di affermazione, circa le vite che erano andate perdute in un triplice attacco. «Più che un aneddoto una preoccupazione per il futuro», ammise a mezza bocca. «Gli equilibri con Malta sono saltati e Denrise non è un paese famoso per essere diplomatico», qualcosa che dall’esterno non era mai riuscita a comprendere, sin da quando aveva messo piede per la prima volta sull’isola. Ma vivendo con loro, frequentando uno di loro, aveva iniziato a vivere, pensare ed agire secondo i loro usi e le loro consuetudini. E la lista che ne seguì dalle labbra piene della denrisiana non fece che ricordarle come fosse perfettamente equiparabile ad una gatta con nove vite. Quante ne rimanevano? «Hai dimenticato giocatrice di Quidditch», lo disse in tono scherzoso, il meglio che poteva fare per essere un pizzico simpatica. «Sono sempre la cara e vecchia Kenna», incrociò le braccia sotto il seno, posando un fianco contro la superficie solida del bancone. «Comunque, in cosa posso esserti utile per oggi? Pensavi già a qualcosa?»
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    Del mare Denrise aveva fatto sia sostentamento che modello da imitare. Nelle acque che circondavano i più grandi paesi del passato, i denrisiani avevano trucidato bestie, forgiando artefatti destinati ad alimentare mire e sogni, ma anche predato navi, arricchendosi alla stregua di re o imperatori.
    Raramente il mare, poi, sapeva accettare il debole.
    Ma Kenna di debole aveva ben poco, e le gesta che l'avevano vista come protagonista ne erano la riprova. Un dungeon mortale che si sviluppava nelle viscere di un iceberg maledetto dagli dei. L'impresa contro la Sacerdotessa che aveva fatto del culto dell'oscura Lolth ragione di essere. Dunque la discesa negli abissi infernali di Denrise. E ora poteva addirittura vantare in quella lunga lista un'impresa con la leggendaria capitana Northgate.
    Marina avrebbe persino potuto provare invidia, se non fosse stata troppo distratta dall'incredibile dose di carisma che l'altra poteva vantare.
    «Non dire così, o passerò il resto dei miei sogni a pregare gli dei affinché la guerra si faccia più intensa. E solo per averti al mio fianco».
    Proferì quelle parole rivestendole di una patina di rispetto e ironia, la prima per le gesta appena citate dalla MacEwan, la seconda perché sono pochi i druidi che ambiscono veramente al sangue. Lei non era tra questi, per ora, ma era anche vero che portava il nome del Mare, condividendone la semplicità con cui un fenomeno esterno sapeva mutarne la natura.
    Eventuali parole di commiato sarebbero rimaste sepolte all'altezza della gola, perché non esisteva altra morte oltre a quella in un campo da battaglia per un Denrisiano che si rispetti. Chi soffriva, era chi finiva per sopravvivere, vuoi per i cari scomparsi, vuoi per aver perso un'occasione per raggiungere il Valhalla.
    «Giocatrice, giusto».
    Mosse qualche passo nella tela di Kenna, evitando di rimanerne intrappolata, per poi far scorrere lo sguardo sui tomi che la circondavano, senza riuscire a celare un sorriso quando l'altra si definì vecchia. Le persone sono giovani quanto la loro visione risulta degna di essere considerata moderna, e quella della ex docente sembrava tenere in considerazione sia il presente che il passato o futuro.
    «Malta è un avversario ostico. Denrise e i villaggi che le hanno giurato fedeltà hanno lo stesso potenziale bellico, ma lei ha anche il supporto di vari ministeri. Cosa faresti, se fossi Sigurd?».
    Maggiore la difficoltà, maggiore l'onore.
    «Cercavo una copia di Oracolo dei Sogni, sapresti aiutarmi?».
    Avrebbe dunque ruotato il volto verso l'ex compagna di casa, accompagnando al gesto un sorriso.
    L'oniromanzia è un'arte che conosceva già, certo, ma d'altronde aveva scelto di visitare il negozio per rivedere Kenna, più che rimpinguare gli scaffali della sua libreria privata.


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    Da grandi azioni derivano grandi responsabilità, mai parole furono più profetiche e veritiere, nonché costante della sua vita.
    Ai tempi della scuola si era fatta notare per il suo rigore, per la sua etica, per il suo essere profondamente legale, giudice, tanto da meritarsi dapprima la spilla da Prefetto dei Serpeverde e poi quella di Caposcuola. I riconoscimenti non finirono lì, continuando anche al di là dell’oceano, in una terra straniera che aveva potenziato, stravolto e riformulato molte delle sue convinzioni. Il suo essere una discreta discente, con l’amore per la creazione di legami tra aree che sembravano distanti tra loro, avevano attirato l’attenzione di una delle più potenti streghe di quel secolo, ottenendo una cattedra e la guida di una delle case. Aveva avuto la fiducia di Victoria Burke per diversi anni, prendendo molto spesso potere e parola, fino a sostituirsi a lei in situazioni cruciali, come quella di rimproverare una studentessa troppo poco matura, senza pensare alle conseguenze delle sue azioni non tanto sulla sua vita, quanto più per qualcuno che avrebbe dovuto contare su di lei per molto tempo, come un figlio. Forse si era presa troppi spazi, libertà, coltivato anche altri interessi e legami di potere da perdere di vista l’insegnamento, tanto da non vedere il suo contratto non rinnovarsi e costringerla a reinventarsi. Da lì aveva iniziato il suo processo di integrazione a Denrise, fino ad essere riconosciuta come qualcosa che da sempre aveva visto come lontana da lei. Il rispolvero di quanto aveva vissuto in quasi due anni le diede il peso di quanto poco si fosse lasciata coinvolgere davvero dalla vita, compiendo sbagli ed uscendo più volte del previsto dal percorso che aveva seguito rigidamente. Non sapeva dire se la miccia fosse stata quella sera di quasi tre anni prima, ad una delle taverne, dove aveva lasciato che Garlic la sbattesse contro il muro per una raccolta fuori stagione di limoni; così come probabilmente l’esplosione c’era stata nel momento in cui aveva visto Maverick dopo più di un decennio, finendo con lo spostare il suo asse gravitazionale.
    Il nocciolo di tutto quello risiedeva nella consapevolezza che era l’insieme di tante piccole azioni, che l’avevano condotta fino a lì, in quel negozio, davanti ad una vecchia consorella. Una consorella curiosa, con cui non aveva un profondo legame, ma che era capace di smuoverla un po’ con i suoi quesiti. «Per Feyr, no, niente preghiere», si aprì in una rara risata, alla possibilità di lei di recarsi al tempio per ottenere una strada più veloce e diretta al Valhalla. «Cosa farei se fossi al posto di Vikkard?» Ripeté la domanda, guidandola verso il patio e poi indicandole la seduta dura, appellando con un colpo di bacchetta bicchieri ed una serie di bottiglie, dove la sacerdotessa avrebbe potuto servirsi sia di un succo dai frutti tropicali, che da alcolici per affrontare meglio il discorso, così come della semplice acqua fresca. Tutto mentre questa narratrice finiva col tormentarsi sul fatto che quando c’eran di mezzo determinati personaggi Kenna finisse sempre col richiedere dell’aiuto alcolico. «Farei leva sui legami che ho costruito nel corso del tempo, oltre a quelli storici che Denrise ha stretto nel corso dei secoli. Così come diversi sono i villaggi che appoggiano i crociati, anche noi abbiamo i nostri alleati», iniziò, servendosi una generosa dose di acqua che mandò giù velocemente. «Negli anni Denrise ha accumulato tanti nemici, ma ha anche fatto fin troppi favori. Quindi, cercherei di recuperare anche quelli, studiare una strategia per valutare quale sia l’opportunità più vantaggiosa, se attaccare e rimanere fedele ai propri usi oppure se evolversi e valutare la strada della diplomazia». Accompagnò l’ultima parte con una leggera smorfia, segno di quanto invero fosse cambiata nel vivere -e convivere- da Denrisiana. «Invece, se tu fossi al posto del capo villaggio, cosa faresti?» Una domanda che prima o poi avrebbe posto a Morrigan, perché sapeva che da lui avrebbe avuto parole molto più visionarie e rivoluzionarie. Senza nulla togliere a Marina.
    Un colpo di bacchetta fu fatto alla richiesta della verde argento, limitandosi ad un cenno affermativo. Infatti, una volta rientrate nella parte principale del Leabharlann avrebbe visto il volume richiesto sul bancone, pronto per essere portato via dietro pagamento, ovviamente.
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    La vita era più di un gioco d'equilibri, e qualcuno stoico e distaccato come Kenna l'avrebbe persino potuta paragonare a un libro in cui, avventura dopo avventura, si accumulavano capitoli e riflessioni. Marina, però, vedeva in quel mondo d'azzardi e scelte che erano i giochi qualcosa di più affascinante, e la druida era certa che anche la MacEwan fosse dello stesso avviso.
    Una donna del suo calibro non avrebbe avuto problemi a scalare i ranghi di qualche studio legale o università d'oltreoceano, difendendo le cause dei più ricchi tra i magimiliardari o formando le menti dei giovani adulti più promettenti. Al contrario aveva preferito alla stabilità di quel successo certo il rischio che caratterizzava il supportare un progetto singolare come quello di Victoria Burke, da prima, e poi le imprese dei denrisiani, da poi.
    Sé molti avrebbero ricollegato quel giudice di sani principi che era Kenna MacEwan alla solidità della terra e della roccia, Marina avrebbe optato per il fuoco e il suo desiderio di crescere, in bilico tra pericoloso incendio e ammaliante focolare.
    «Niente preghiere».
    Le concesse, mentre un sorriso amichevole e accondiscendente le saliva ad incurvare le labbra. Era impossibile, a suo dire, ignorare l'esistenza degli dei dopo averne affrontati così tanti in questa o quella spedizione. Doveva essere, ancora una volontà, quella volontà di fuoco che la caratterizzava a convincerla - o ad averle fatto capire - che non avrebbe avuto bisogno di nessun supporto dal cielo per ottenere ciò che avrebbe voluto ottenere.
    Il suo piano, poi, era impeccabile.
    «Vorrei criticare le tue parole per fornire un qualche spunto di riflessioni, ma mi risulta impossibile non condividerle dalla prima all'ultima».
    Una risposta onesta dal patio in cui l'ex caposcuola l'aveva condotta, sorseggiando l'invitante succo di frutta qualora l'altra glielo avesse concesso. Anche perché in teoria la role era aperta di prima mattina - o forse no? non ricordo - e per esperienza un bel bicchiere di sambuca o rum a quest'ora ti riduce a un'ameba ritardata.
    «Sebbene entrambe le forze in gioco abbiano degli alleati, quando si va a guardare alla causa di tale scontro non si può che risalire a un conflitto di ideali più che imprese o azioni».
    I primi ad aver dato problemi, contro ogni aspettativa, erano stati i crociati.
    Alla peggio qualche Denrisiano si era fottuto la moglie di qualche Maltese. Niente di straordinario.
    «Vogliono mostrare al mondo intero come loro siano più potenti di noi».
    Noi, i denrisiani, Marina, ma anche Kenna lì con lei.
    «Sfruttando il vantaggio politico come sé fosse vento favorevole nelle loro vele».
    Un diabolico sorriso venne celato dall'ennesimo sorso che diede calore al palato, mentre le palpebre pendevano verso il basso.
    «Ma noi non abbiamo mai smesso di credere alle antiche storie che gli anziani tramandano alle nuove generazioni. Storie di eroi, e artefatti, ma anche risorse».
    Lo sguardo del colore del cielo in tempesta emerse dalla pacatezza della druida per ricercare quello dell'altra.
    «Se fossi Sigurd, ricercherei queste risorse dimenticate ora che il conflitto deve ancora entrare nel vivo. Con un potenziale bellico leggendario, così forte da far tremare terra e oceano, avremo un disincentivo alla guerra tanto concreto da vincere prima ancora di lanciare un singolo schiantesimo».
    Amore o paura. Questi i principali strumenti per governare. Del primo aveva fin troppi dubbi, ma del secondo non le mancavano certezze.
    E con quelle parole probabilmente il loro piccolo angolo dei rinfreschi si sarebbe concluso, in un modo tanto soddisfacente quanto saporito. Il sentore di frutta a tangere le labbra, i dovuti ringraziamenti per l'ospitalità, e se Kenna si fosse rivelata pronta a congedarla, avrebbe pagato per poi concludere con un.
    «È stato un piacere.
    Spero di rivederti al mio fianco nella prossima spedizione, Kenna»
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    Doveva ammettere che rispetto al loro primo incontro, dopo diverse decadi, Kenna avesse finito col trovarsi maggiormente a suo agio in quel frangente con la Stonebrug. Sedute ad una delle panchine in pietra del patio, complice una discreta giornata -non sapeva neanche questa narratrice in quale momento del dì fossero- primaverile, le due disquisivano di argomenti che avrebbero fatto storcere il naso al capovillaggio, non tanto perché donne quanto più per non essere Predone. L’ultima volta che aveva controllato le due serpi in seno non disponevano di una drakkar o di una ciurma. Ad ogni modo si trovò concorde con le parole della consorella, cercando di non mostrarsi sorpresa alle parole di lei circa la presenza di manufatti magici potenti e sorridendo, un po’ accondiscendente, quando parlò di guerra di ideali. «Sappiamo entrambe che i conflitti non nascono davvero da un conflitto di ideali, quanto più per ragioni economiche. Denrisiani e maltesi si combattono per avere la supremazia su tutti i mari ormai da secoli, per arricchirsi delle risorse delle terre conquistate». Le bevande avevano fatto ormai il loro corso ed il momento del commiato davanti alla cassa era infine giunto. «Sono quindici galeoni per il libro di Imago», comunicò incartando il libro e porgendoglielo con grazia. «Sarei curiosa di ascoltare uno dei racconti degli antichi denrisiani, magari la prossima volta che ci sarà un incontro potresti inviarmi un gufo», solo ai meri fini di conoscenza, sia chiaro. E poi sperava che il suo nuovo rango di sacerdotessa la rendesse ben vista agli occhi della comunità degli antichi saggi. Era nelle leggende, alcune le aveva scoperte quando era ad Hiddenstone, che si trovava l’aspetto più veritiero e profondo della comunità legata alle divinità borrente. «Ad ogni modo ci vedremo presto, ho intenzione di venire a ficcanasare nel tuo negozio alla ricerca di qualcosa di interessante». Quanto all’auspicio di trovarsi a combattere fianco a fianco in una prossima spedizione la magistorica si limitò ad annuire con un cenno del capo, ben consapevole che Garlic non avrebbe avuto da ridire della sua presenza, soprattutto se l’invito partiva da lei.
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    -15 galeoni dalla camera blindata di Marina
    +2 galeoni per la camera blindata di Kenna
     
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