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    Avevano ballato, stretti l'una all'altro, fino a quando il disco non finì. Non c'erano state altre parole a quell'ammissione di Brooks circa i sentimenti che nutriva per lei.
    Da una parte Amalea era felice, di sapere che non fosse l'unica a provare qualcosa di diverso nei confronti del suo amico di sempre; dall'altra viveva con la paura costante di svegliarsi e scoprire che tutto quello fosse stato solo un sogno.
    Non erano una coppia, non avevano mai parlato di quello che era successo nella stanza delle necessità o del ritorno nella sua vita di Marlee e ciò che ne comportava. Viveva in un limbo che aveva preferito accettare, accumulando sotto il tappeto i granelli di polvere fatti di paure, insicurezze ed incertezze della vita tutta. In qualche modo continuava a sentirsi ancora insoddisfatta, come se qualcosa in lei mancasse come un pezzettino di un puzzle che era andato perduto in un trasloco. Aveva evitato anche di confrontarsi con qualsiasi anima viva -ma anche morta- perché non voleva essere messa davanti alla realtà: nei fatti cosa erano lei e Brooks? Amici che ancora non sapevano cosa ci fosse tra loro? O erano semplicemente tornati ad essere Ama&Brooks amici come sempre?
    Era tutto un bel casino, da cui l'unica nota positiva, se così si poteva chiamare, era da riscontrarsi in un ago della bilancia che aveva iniziato finalmente a scendere. Certo, era ancora con dei chili di troppo, ma il suo fisico sembrava essere valorizzato da quelle curve frutto dei geni latini e non appesantito come un tempo. Si trovava più carina se si guardava allo specchio, ma per sentirsi tale c'era ancora tanta strada da fare.
    Quel sabato sera indossava un vestito rosso, con la scollatura a cuore e le maniche lunghe, che la stringeva in vita per ricadere morbido sui fianchi. Ai piedi un paio di chelsea boots rigorosamente neri. I capelli lasciati liberi di ricadere in morbide onde. Aveva inviato un messaggio a Brooks una decina di minuti prima chiedendogli di raggiungerla nella Sala Multimediale al terzo piano. L'aveva prenotata per tutta la sera così che, se avessero voluto, avrebbero potuto finalmente dare inizio alla loro maratona di film Marvel. Lo avrebbe atteso con la schiena posata ad uno dei pouf colorati che arredavano la stanza, il telecomando abbandonato sulla coperta su cui era seduta e poco più avanti un vassoio con delle bibite ed una varietà di snack da consumare durante la visione dei film.
    Per l'ennesima volta, nel giro di mezzo minuto, si ritrovò a sbloccare il magifonino per vedere se l'altro le avesse risposto, trovandosi davanti a due miserabili spinte blu che continuavano a fissarla imperterrite. «Dove sei?»
    Amalea Davidson

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    Brooks O'Connor
    Un bel casino.
    Brooks non aveva altro modo per descrivere la sua vita da quando Hidenstone era iniziata. Un bel casino, un casino più grande di lui.
    Amalea gli piaceva, ma il ricongiungimento con Nick e soprattutto Marlee che non vedeva da anni, aveva fatto crollare ogni sua certezza, ora non ci capiva più niente. Aveva chiuso il capitolo Marlee il dicembre precedente. Avevano fatto l'amore sui divani della loro sala comune, lo avevano fatto indisturbati ed era mentalmente tornato indietro ai tempi in cui potevano farlo come e quando volevano, quando stavano insieme e non vedevano ancora la distanza come un problema. Ma era stata una volta isolata, con il cuore pesante ma anche più leggero, colmi di tristezza ma di orgoglio reciproco, avevano chiuso quel capitolo della loro vita in mezzo al bosco con dei microfoni da karaoke in mano. Lo avevano chiuso ma adesso erano pronti a cominciarne un altro da amici, migliori amici. L'avrebbe sempre amata, senza mai smettere, in un certo senso, come aveva detto lei alla lezione congiunta di Pozioni ed Incantesimi. Poi c'era Nick e qui il tutto si complicava ulteriormente. Si era riscoperto innamorato di lui troppo tardi, quando il suo cuore iniziava ad appartenere ad un altro. Sapeva del suo innamoramento epocale per Clive, sebbene non lo avesse mai realmente cagato, ma non era questo il problema... il vero problema era Fitz. Brooks amava il gemello e non avrebbe mai voluto mettersi in mezzo, anche se in alcuni momenti un'invidia viscerale, lo avvolgeva.
    Ma aveva cercato di chiudere anche quel capitolo. Gli aveva detto che lo amava e lo aveva baciato. Non mirava a qualcosa, non voleva che smettesse di interessarsi al gemello e si mettesse con lui, voleva solamente togliersi ogni peso in modo da affrontare la cerimonia parabatai con un nuovo spirito.
    E poi c'era Amalea. Non si erano parlati per mesi dopo quanto avvenuto in Guferia e quando lo aveva fatto, si erano baciati di nuovo e si erano reciprocamente dichiarati di piacersi e poi avevano ballato fino a non sentire più i piedi, uno accanto all'altro. Ma... una volta usciti da quella stanza dove tutto sembrava magico, era come se qualcosa non fosse realmente scattato. Si erano un po' persi di vista. Continuavano a vedersi, anche se più di rado, soprattutto a lezione, ma non avevano mai più parlato di quanto successo.
    Quella sera stava giocando con Popcorn, seduto sul bordo del letto nel suo dormitorio, quando il suo cellulare vibrò e siccome lui non era poi così furbo e lo aveva messo sul bordo del comodino, cadde a terra. Fortunatamente c'era un pelosissimo tappeto ad attutirne la caduta. Sbuffò e si chinò a raccoglierlo. Sbloccò lo schermo e vide che si trattava di Amalea. Visualizzò il messaggio ed assimilò le informazioni, ma come era solito fare, non rispose. Non che fosse cattiveria, ma spesso e volentieri se ne scordava. Si alzò dal letto e indossò alla bel e meglio una maglietta bordeaux a coprire il suo fisico asciutto ma atletico, mentre tenne semplicemente i pantaloni grigi della tuta che fungevano da pigiama. Lasciò Popcorn a rannicchiarsi sul suo cuscino e si caricò Mirai in spalla, zampettando poi fuori dalla sala comune.
    Quando arrivò in sala multimediale, fu accolto dalla penombra. Poi il suo sguardo attento ad ogni dettaglio, cadde sulla ragazza seduta su un pouf colorato, quasi al centro della stanza. Osservandola, si diede dello stupido per non aver pensato di vestirsi con un po' più di criterio, ma ormai il danno era fatto e lei lo aveva sicuramente visto. Si avvicinò, quindi, ammirando sempre meglio le forme dell'amica coperte dal vestito. Non c'era malizia nel suo sguardo, lui l'aveva sempre trovata bellissima nonostante ciò che pensasse lei.
    Ciao Ama la salutò, chinandosi su di lei per un fugace bacio sulla guancia. Brooks era in evidente stato di imbarazzo, sebbene non fosse la prima volta che si vedevano, dopo il loro ballo. Ma era la prima volta che si vedevano da soli. Di sera. Trascinò un pouf affianco a lei e vi sprofondò, indossando un sorriso a trentadue denti.
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    Stava quasi per lanciare il dispositivo dall'altra parte della stanza ipertecnologica quando sentì un rumore provenire dalla borsa che aveva lasciato vicino al pouf verde bosco. Sembrava come se qualcuno cercasse di bucare il cuoio pesante e di liberarsi. Prese il catalizzatore e si avvicinò alla borsa, a mezza luna, sollevando la patta e con la punta del catalizzatore in avanscoperta. Fece per castare un incantesimo quando sentì uno squittio(?). Si affacciò anche con il viso e vide come Yume stava cercando di scalare la montagna facendo leva su un vecchio taccuino in copertina rigida nera. «E tu che ci fai qui?» Era convinta di aver lasciato il suo famiglio al sicuro delle coperte del suo dormitorio, ma a quanto sembrava la creatura era molto più intelligente di quanto pensasse. Di solito la presenza di Brooks significava anche la presenza di sua sorella Mirai e, talvolta, anche di Popcorn. «Vieni, andiamo ad aspettarli», lo prese tra le mani e tornò al suo posto, lasciando la bestiolina libera di nascondersi sulla sua spalla con una tendina dei suoi capelli. Delle volte gli ricordava quando Brooks finiva con l'addormentarsi sulla sua spalla quando cercavano -cercava- di fare i compiti delle vacanze, finendo con lo sbavarle addosso.
    Sorrise a quel ricordo, incrociando le gambe nella posizione del loto e inclinando indietro la testa. Perché si era dovuta innamorare del suo migliore amico?
    Un rumore di passi che si avvicinava la mise in allerta e quando vide la testolina di O'Connor superare la soglia della stanza, insieme al corpo, la Davidson sollevò la mano in segno di saluto, iniziando a mordicchiarsi, incerta, l'interno della guancia. «Ehi», inspirò a fondo il suo profumo mentre le lasciava un bacio veloce sulla guancia. Probabilmente era diventata di tutte le sfumature di rosso. «Oddio! E ora?» Sgranò gli occhi, mentre seguiva i suoi movimenti fino a vederlo sprofondare su un pouf e non sedersi accanto a lei. Istintivamente richiamò le ginocchia al petto, allungando una mano verso lo schermo piatto della televisione supermoderna, già pronta su una delle piattaforme di streaming. «Ehm, sì, pensavo di vedere qualche film della Marvel, ma se vuoi vedere altro, ecco, sì, ehm, dimmi pure» e non riuscendo a continuare a guardarlo in faccia si girò verso la tv, allungando indietro il braccio per passargli il telecomando e, di fatto, le redini della serata. Erano impacciati entrambi più del solito. «Oppure potremmo vedere qualche serie tv...» aggiunse, mentre sentiva il musetto di Yume darle piccoli colpetti alla mandibola, come a volerla rassicurare.
    Amalea Davidson

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    Brooks O'Connor
    C'è Yume? Borbottò, mentre Mirai zampettava fuori da dietro le sue spalle, annusando l'aria come se avesse sentito l'odore del fratello. Probabilmente era così.
    Continuò a fissarla negli occhi chiari che tanto gli piacevano, incerto su come proseguire quella conversazione. Volse lo sguardo ad osservare l'enorme schermo che campeggiava su una parete di quell'aula molto più tecnologica di qualsiasi altra cosa avessero mai visto ad Hogwarts.
    Oppure potremmo parlare, che dici? Propose, afferrando il telecomando dalle mani di Amalea e mettendolo da parte, accanto al proprio pouf. A lui non piaceva parlare di cose serie, era sempre impacciato quando lo faceva, preferiva scherzare e divertirsi, ma capiva quanto poco fosse possibile tutto quello. Soprattutto in quella situazione, non poteva semplicemente ignorare il problema sperando che le cose si sistemassero da sole e che lui ed Amalea tornassero ad essere migliori amici come ai tempi di Hogwarts senza alcuna ripercussione. Avrebbe dovuto chiudere l'ennesimo capitolo della sua vita per aprirne un altro. Non sapeva esattamente cosa provava per Ama, non era certo di esserne innamorato, non come aveva amato Marlee o come amava Nick. Però gli piaceva davvero tanto ed era certo che prima o poi sarebbe riuscito nell'impresa di dimenticare -sentimentalmente parlando- l'amico. Ma per ora non voleva farla illudere, non voleva usarla per dimenticare il dioptase, sarebbe stato stupido ed ingiusto. E glielo avrebbe detto, sperando che lei avrebbe capito. La sincerità era sempre il perno in ogni relazioni di qualunque tipo essa fosse e in quella non sarebbe certo mancata.
    Ascoltami Amalea, per favore, e non interrompermi finché non ho finito. Quelle parole furono pronunciate con dolcezza, mentre le sue mani andarono a cercare quelle di Amalea per stringerle forte. Prese un profondo sospiro, prima di iniziare a parlare.
    Tu mi piaci, Ama, mi piaci davvero. Sei fantastica, sei più che una migliore amica e vorrei tanto dirti che ti amo, che ora possiamo stare insieme... ma non posso. Mi dispiace. Fece una pausa, sperando che non avrebbe reagito troppo male, anche perché non aveva ancora finito di parlare. Sono successe molte cose dal nostro ballo. Ho... sono stato con Marlee, ma con lei ho chiarito. Avevamo bisogno di chiudere definitivamente la relazione, visto che non lo abbiamo mai fatto. Però... ho scoperto che sono innamorato di Nick. Altro sospiro, i suoi occhi facevano sempre più fatica a rimanere incatenati a quelli di lei. Però diventeremo parabatai, ho chiarito e chiuso anche con lui in modo da non avere rimpianti. A questo punto, la ragazza avrebbe potuto chiedersi, allora, quale fosse il problema e cosa li tenesse divisi. Ma Brooks le avrebbe detto anche quello. Però... non voglio usarti per dimenticarlo, capisci? Io vorrei tanto darti ciò che tu ti aspetti da me, ma non posso. E non voglio farti soffrire concluse, lasciandole le mani e cadendo all'indietro sul pouf. Aveva preferito togliersi subito il peso, infatti ora si sentiva un po' più libero. Stava ad Amalea la prossima mossa. Prese una lattina di sprite ed iniziò a berla. Sentiva la gola riarsa.
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    «Gioca a nascondino con i miei capelli», confermò la strega, osservando un Mirai zampettare disperato alla ricerca del fratello, quasi come lei faceva con Brooks. Maledizione, quanto potevano essere così simili a loro quei due fratelli?
    Si costrinse a mandare giù il groppo che le era cresciuto in gola, continuando a fingere che tutto stesse andando per il meglio e a proporre di guardare qualcosa insieme, ma a quanto pare, per quella sera, O'Connor aveva deciso di affrontare la situazione di petto. Annuì, ad entrambe le domande, divenendo un pezzo di ghiaccio quando il ragazzo prese le mani tra le sue. Stava per succedere e lei non era pronta. Probabilmente non lo sarebbe mai stata.
    Sapeva che le cose non andassero bene, sapeva che aveva preferito la via della fuga invece di vedere la realtà. Lo sapeva, dannazione, persino il suo corpo lo aveva capito prima di lei, lanciando chiari segnali di allarme eppure aveva preferito continuare a dimostrarsi cieca. In una cosa però si mantenne ferma, mantenne la promessa di rimanere in silenzio e lasciarlo parlare. Come altrimenti avrebbe potuto fare? Ogni parola di Brooklyn la stava uccidendo sempre di più e non aveva nulla a che fare con il dolore che le aveva procurato quando le aveva dato della puttana perché aveva baciato Tom, quando ancora non lo conosceva.
    No, qui c'era la fiducia che era stata irrimediabilmente compromessa, perché nonostante non fossero una coppia lui l'aveva tradita, in primis come amica, tacendole il caos che lo aveva coinvolto nelle ultime settimane, persino dopo la sorpresa che lui aveva organizzato per lei.
    Per tutto il tempo Amalea rimase con le ginocchia al petto, i gomiti posati su di esse a sorreggere le braccia stese verso di lui per permettergli di tenere le sue mani. Ma lui, in quel momento, non stava semplicemente stringendo le sue falangi, no, stava stritolando quel suo povero cuore che gli aveva affidato non quel giorno nella stanza delle necessità, ma la prima volta che si erano incontrati i loro occhi.
    A dispetto di quello che avrebbe mai pensato, immaginandosi in una situazione del genere, Amalea non urlò, non pianse, sostanzialmente rimase inerme a fissare occhi che le stavano dicendo verità capaci solo a distruggerla pezzettino dopo pezzettino. Probabilmente per tutto il tempo aveva trattenuto il respiro, non accorgendosi neanche di come Yume si fosse sollevato su due zampine per premere con forza le altre due sulla sua guancia.
    «Io non mi aspettavo niente da te se non avere al mio fianco il mio Brooklyn». La voce risultò atona, come se avesse perso davvero tutto il calore del corpo, il suo soffio vitale. «E la cosa peggiore di tutte sai qual è?» Chiuse gli occhi, perché dubitava di riuscire ancora a mantenerli aperti su così tanta sofferenza. Cosa gli aveva fatto di male per ricevere tutto quello? «Dici che non vuoi ferirmi, ma alla fine non fai altro che quello». Yume ricadde sulla sua spalla e poi nella piega del suo abito, mentre lei sfilò le mani da quelle di lui, portandone una al petto, come se potesse mitigare il dolore che le attraversava il petto. «Sempre».
    Se da una parte si aspettava che tra lui e Marlee, prima o poi, potesse succedere qualcosa del genere, ciò che l'aveva sconvolta di più era il fatto che O'Connor si fosse innamorato del suo amico, del suo prete confessore che l'aveva aiutata proprio con il suo rapporto con l'irlandese. Avrebbe voluto ridere, ma credeva che insieme ad una risata da tracollo emotivo si aggiungessero anche le lacrime e, dannazione, non voleva perdere l'ultimo briciolo di dignità. «Non me lo merito», mormorò, fallendo nel suo tentativo, portando la fronte sulle ginocchia, iniziando a piangere sommessamente con Yume a zampettarle lungo le spalle e a guardare malissimo Mirai e Ryan, rei di aver fatto piangere la sua padroncina.
    Amalea Davidson

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    Il discorso sui due Geko del vento venne presto archiviato a favore di qualcosa di più serio, più profondo e più preoccupante.
    Brooks aveva iniziato a parlare a ruota libera, dirle ciò che era accaduto e ciò che pensava per una completa trasparenza con la sua migliore amica, ma forse quella stessa trasparenza avrebbe dovuto essere pervenuta mesi addietro.
    Durante tutto il suo discorso, non distolse mai lo sguardo -sebbene con difficoltà- dalla ragazza, nel tentativo di non perdersi nemmeno una sfumatura della sua espressione, né nessun suo gesto. Era sbadato ed un po' sbambolato, però la ex corva la conosceva da anni ed aveva imparato a capirla. Vide il suo sguardo incupirsi man mano che lui proseguiva, ma riuscì a non desistere, dicendole ciò che forse voleva sentirsi dire. Andò avanti con la verità, solo la verità, nient'altro che la verità. E la verità, il più delle volte, faceva un male cane.
    Finì, permettendole di aprir bocca. Le era grato per aver mantenuto il silenzio come da sua richiesta, ma ora toccava lei esprimersi. Come aveva fatto Amalea, anche lui la ascoltò, imprimendosi a fuoco ogni sua singola parola nella testa.
    Le sue parole furono come sottili ma letali stilettate che lo colpirono ripetutamente, ancora e ancora, senza dargli un attimo di tregua. Non si meritava di sentirsi ferito, lui. Era tutta colpa sua se stava succedendo ciò che stava succedendo. Ma nonostante tutto, stavolta non sarebbe scappato dalle sue responsabilità che avrebbe fatto scappare lei, altrimenti il rapporto si sarebbe incrinato irrimediabilmente, corrompendo definitivamente tutto ciò che di bello gli era rimasto.
    No, non te lo meriti convenne O'Connor con un sospiro sommesso, entrando lievemente in panico quando la vide chiudersi su se stessa e poco dopo, il suo corpo scosso da singhiozzi silenziosi. Anche quella scena era dolorosa. Era tutta colpa sua. Si beccò senza protestare le occhiatacce di Yume, spingendo con il pollice Mirai perché andasse dal fratellino e magari cercasse di spiegargli la situazione. Ora anche lui avrebbe avuto il suo bel daffare. Si alzò, prese il suo pouf con la mancina e lo trascinò fino a metterlo accanto a quello della dioptase. Senza sapere bene cos'altro fare, le avvolse un braccio attorno alle spalle, sperando che Mirai avesse già sfrattato il fratello, sennò sarebbero rovinosamente finiti a terra, e la strinse contro il proprio petto. Stavolta non avrebbe osservato la vita scorrere impassibile. Avrebbe agito. Le accarezzò i lunghi capelli ricci. Ripartiamo da qui, iniziamo una nuova vita le sussurrò, non molto bravo a consolare le persone.
    Brooks O'Connor


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    Il fatto che non si stessero gridando quanto di più cattivo potessero partorire le loro bocche, insieme al mancato lancio dei primi oggetti sotto mano, poteva far comprendere loro come stessero maturando, nonostante i diversi scivoloni. Ma cos'erano gli scivoloni se non dei momenti in cui si sbaglia e si cade? Il tutto stava nel comprendere cosa fosse andato storto e tentare di rialzarsi.
    Una goccia di positività in un mare di dolore.
    Amalea non era scappata via, nascondendo gli effetti che le parole di Ryan avessero su di lei come aveva fatto in passato; Amalea era rimasta, crollando su se stessa, su quella coperta che aveva steso con l'ingenua speranza di condividerla con lui, fingendo di essere ad un cinema, uno vicino all'altro, con le mani che si sarebbero toccate dapprima timide e poi sempre più insistenti. Un preambolo ad una lunga serie di baci.
    Ma l'unico bacio che aveva avuto era stato quello di Yume che, imperterrito, continuava a donarle affetto e a difenderla emettendo versi contro il fratello e il ragazzino. Mentre dava sfogo alle lacrime lo sentì affondare le sue zampine sulla sua pelle nuda solo per darsi lo slancio e buttarsi via. Se solo avesse avuto il coraggio di alzare lo sguardo avrebbe visto il suo geko trasformarsi in un petauro dello zucchero e volare addosso a Mirai per abbatterla.
    Ma la Davidson non si mosse, non consapevolmente almeno, mentre le lacrime continuavano a scendere copiose lungo le sue guance, aumentando la loro intensità quando il Black Opal si trovò a concordare con lei. Non se lo meritava. Per niente. Ed Amalea tornò ad essere la bambina insicura di undici anni.
    La sua parte razionale urlò quando sentì il suo profumo farsi più inteso, seguito a ruota da un braccio che le avvolse le spalle fino a spingerla contro il suo petto. Le ginocchia crollarono e la strega artigliò la maglietta bordeaux, tirandola verso di lei giusto per aumentare il suo lato masochista. «Non siamo gatti, Lin», tirò un po' su col naso, la voce impastata dalle lacrime che spazzò via con una mano, staccandosi lentamente da lui per risollevare lo sguardo sul suo viso. Erano vicini, la sua mano probabilmente era ancora impegnata a giocare coi suoi capelli. Non c'era accusa né nel tono né nello sguardo, solo amara consapevolezza che Ama&Brooks amici per sempre non esistevano più e che sul serio era arrivato il momento di buttarsi dal precipizio e decidere se farlo insieme o separati. «Lo ami?» Era stato molto chiaro su quel punto con lei: le piaceva, ma non la amava. Si era innamorato di Nick, amava lui, non lei. E non riuscì a non frenare lacrime silenziose che ripresero a scendere, immaginando loro due insieme, il cuore di O'Connor battere frenetico quando entrava lui nella stanza e non lei. Perché lei era e sarebbe sempre stata Amalea Davidson, Ama la migliore amica di Brooks di cui era da sempre innamorata. Lei, non lui. E lei non era così stronza da voler costringere qualcuno a stare con lei, a passare del tempo con lei, se non lo voleva. Non voleva pietà, pena e compassione; preferiva la completa e totale solitudine a quello. Così come non poteva pretendere amore da qualcuno che... «Devo lasciarlo andare, anche se fa male».
    Amalea Davidson

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    Petauri dello zucchero a parte, osservò Mirai ruzzolare giù dalla propria spalla in una specie di adorabile zuffa con il fratello, ma non intervenne. Aveva altro da fare e lasciò che risolvessero in famiglia i loro problemi.
    Lui si avvicinò il più possibile ad Amalea e la strinse con dolcezza, cercando di trasmetterle qualcosa. Voleva capire che lui era realmente dispiaciuto di non poter ricambiare i suoi sentimenti appieno. Avrebbe fatto di tutto perché le cose potessero cambiare, ma purtroppo non era in suo potere. Non restava che tentare di mettere una pezza a colori sul danno, anche se forse così faceva ancora peggio.
    Sentì le mani della ragazza afferrargli la maglietta e stringerla così forte che lui non ebbe cuore a muoversi, anzi rimase in quell'esatta posizione per diversi minuti, prima che quella frase lasciasse la sua bocca. Sospirò appena alla risposta lievemente ironica di lei.
    Si staccò da lui e rialzò lo sguardo, facendogli sentire freddo. Nonostante tutto, voleva tenerla abbracciata per sempre. Purtroppo per lei, lui la vedeva più come una sorellina più piccola da coccolare e proteggere nonostante avessero la stessa età, che come una futura fidanzata, almeno per ora. Sorrise con amarezza, prima che quella domanda gli piovesse contro come degli spilli, conficcandoglisi sottopelle. Annuì debolmente. Lo amo confermò con un sospiro liberatorio, ma nonostante l'amore fosse una cosa meravigliosa, nel suo sguardo non c'era altro che una profonda tristezza. Forse Amalea stava vivendo una brutta situazione, ma nemmeno lui se la stava passando troppo bene, cosa che aggiunse poi. Ma non può funzionare. A lui piace Fitz. Nemmeno se non fosse stato il fratello, sarebbe riuscito a mettersi in mezzo, con il fatto che condividevano lo stesso DNA -si erano addirittura tatuati- non si sarebbe mai permesso di un gesto tanto meschino, sebbene non avesse proprio idea di cosa provasse Fitz per l'amico. Dopo Bali, il loro rapporto si era ridotto a qualche scambio. Che fosse perché aveva usato il suo biglietto per Nick? Probabile.
    Te l'ho detto, diventeremo parabatai. Non ci sarà niente tra noi se non un legame fraterno. Lo annunciò facendo spallucce ed osservando la riccia, gli occhi gonfi di lacrime. Sapeva di averla delusa ma non sapeva cosa fare per rimediare. Era un vicolo cieco e lui lo sapeva. Mi dispiace Am, mi dispiace così tanto sussurrò, mordendosi il labbro, mentre questa narratrice si sentiva mortalmente in colpa per il pensiero di loro due sulla coperta. Tornò a stringerla a sé, non sapendo bene che altro fare.
    Brooks O'Connor


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    Sembrava che tra i due ci fosse stata la reciproca promessa del: aspetto che finisci di parlare, del tutto, e poi ti rispondo. Amalea aveva abbassato tutte le sue difese, anche quelle che non pensava di avere, rivelando al ragazzino di fronte a lei cosa tutta quella situazione le stesse causando e come, diciamocelo facendo bene, non riuscisse a mettersi nei suoi panni e vedere come anche per lui l'intreccio di quelle storie, la vita, non erano poi così facili. Prima ancora di chiederlo Ama era già consapevole della sua risposta, ma nonostante tutto fece malissimo. Così come sapere che a Nicholas piacesse Fitzgerald, il suo gemello, e che quindi... Semplice, Brooks nel caso avrebbe scelto lei solo perché Mc Callister non ricambiava i suoi sentimenti. Morgana, peggio del tradimento c'era solo essere la seconda scelta di qualcuno. E nonostante Brooks continuasse a ripetere in una litania che gli dispiacesse, questa volta Amalea si sottrasse al suo abbraccio. Scivolò indietro, fino ad allontanarsi del tutto da lui. Non avvertì la mancanza di calore del suo corpo solo perché lei, dentro, era già gelo puro. Lo avrebbe dovuto capire anche lui da quelle mani fredde che si erano strette ai suoi polsi per staccarselo di dosso. «Capisco», si rimise in piedi, servendosi del pouf su cui aveva posato la schiena nella sua attesa come slancio e supporto. «Non ci sarà niente tra voi solo perché lui ama tuo fratello e non perché tu non lo voglia», riassunse, forse ferendolo con quelle parole. Ma non riuscì a curarsene. «E tu lo ami», indietreggiò, lenta, abbassando lo sguardo su quel patetico pic-nic che aveva organizzato per lui, per passare del tempo insieme dopo che per forza di cose erano stati separati. Ora capiva troppe, tante cose. Si fece coraggio, un'ultima volta, perché aveva bisogno di chiudere il cerchio, di mettere un punto ed iniziare un nuovo capitolo, se non addirittura un nuovo libro e forse senza Brooklyn O'Connor come coprotagonista. Alzò lo sguardo, fino a specchiarsi in quegli occhi che l'avevano guardata con affetto, rabbia, divertimento, delusione e dolore. Chissà cosa ci avrebbe letto lui nei suoi in quel momento e in tutti quegli anni. «Proprio come io amo te». Avrebbe atteso il tempo necessario per avere una sua reazione, anche la più piccola, poi, se questa non fosse giunta avrebbe fatto un cenno a Yume di seguirla. Il punto, quello definitivo, l'aveva lasciato in dono all'irlandese. Quello cui avrebbe dato inizio la sua mossa successiva, beh, sarebbe dipeso unicamente da lui, anche se nel cuore di Amalea anche la speranza l'aveva abbandonata.
    Amalea Davidson

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    Fu difficile dirle ciò che sentiva per Nick e ciò che era accaduto con Marlee. Fu difficile perché era consapevole di cosa provasse lei ed era sicuro che il suo cuore si sarebbe spezzato come si era spezzato il suo, ancora inconsapevole, quando Mc Callister gli aveva detto gli piacesse il gemello. Ma non potevano iniziare una relazione o continuare un'amicizia -cosa di cui dubitava- interamente fondata sulle bugie; non era giusto per nessuna delle parti coinvolte, ma fu ugualmente una delle sfide più difficili. Le prove affrontate in quella grotta buia, non avevano niente a che fare con la battaglia che infuriava in quel momento nel suo cuore.
    Non le impedì di scivolare lontana dal suo abbraccio, sentendo lui il gelo profondo che lei non sentiva. Percepiva che una sola mossa sbagliata ed avrebbe perso la sua migliore amica, ma forse l'aveva già persa e non poteva fare proprio niente per tornare indietro, anche se avrebbe voluto tanto che accadesse. Sentiva ancora la ghiacciata presa di lei suoi propri polsi e non ebbe il coraggio di muoversi dalla sua posizione da bella statuina.
    La riccia continuava a parlare, eppure lui non riusciva davvero a capire. Sentiva ciò che diceva, ma era come se non riuscisse ad apprenderne il significato, il senso di quelle parole buttate in uno stesso calderone. A lui sembrava tutto più facile di come la metteva lei, ma non aveva coraggio di farglielo notare. Ma per rispondere ai suoi pensieri sì, lo aveva ferito. Non era stata lei, non erano state le sue parole... ma il significato delle stesse. Una profonda e sanguinante ferita gli si aprì nel cuore.
    Non stiamo insieme perché lui ama Fitz e non mi vorrà mai asserì con una nuova freddezza ed una nuova consapevolezza. Ora che lo aveva detto a voce alta, sentiva le viscere contorcersi. In fondo in fondo, erano entrambi seconde scelte di qualcuno e prime scelte di qualcun altro. Fu questo che lo fece scattare come una molla verso la direzione di Amalea. Fu questo che gli fece posare le labbra su quelle morbide di lei, un bacio dolcissimo ma quasi rabbioso, come se volesse così esorcizzare tutto il dolore che aveva dentro.
    Brooks O'Connor


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    Faceva male. Il pensiero di lui in Sala Comune con Marlee, dentro di lei, con lei. Il visino di Thomas si aggiunse a quel trio: il migliore amico, non solo quello, di lei era a conoscenza del fatto che fossero andati a letto insieme? Come aveva reagito? Aveva dato di matto o era rimasto inerme come lei davanti a quella vecchia pellicola che continuava ad andare anche se il nastro era finito? Era un vecchio film con cui si era fissata tempo addietro, uno di quelli in bianco e nero e muto. Ora, però, qualcuno aveva restaurato la pellicola, pennellandola di colori sgargianti, aggiungendo dei suoni fino a sfondare il muro della finzione, della pellicola. Ora lei poteva sapere quale fosse il sapore dei suoi baci. E come lei, Nicholas. Nick, il suo confidente, che l'aveva spinta ad affrontare i suoi sentimenti, il ragazzino che dall'infatuazione per Clive era passato all'O'Connor, quello sbagliato. Cosa diamine ci vedeva in Fitz? Come aveva potuto rifiutare Brooks? Lo vedeva il suo dolore mentre affondava i suoi artigli-parola nel petto. Un dolore che cercò di mascherare con la rabbia, con la negazione. Avrebbe voluto continuare ad urlare, a lungo, fino a consumarsi le corde vocali e dire che: sì, dannazione, era innamorato di lui, lo amava e non lo poteva avere perché il suo gemello l'aveva preso prima di lui. Lui e lei, due anime sole, due seconde scelte con il cuore a pezzi. Un cuore che ormai non sentiva più, che si era strappata per darlo a lui, rivelandogli quanto i suoi sentimenti fossero profondi, molto più profondi di quello che lei stessa credeva. Perché se davvero non avesse provato altro che profondo affetto non avrebbe fatto così male vederlo così, vero?
    E fu un lampo, così veloce che non riuscì a vederlo arrivare. Le labbra impattarono sulle sue, cercando di convincerla a schiudere la sua cortina per riversarle addosso la rabbia, il dolore e trasformarlo in qualcosa che faceva solo altro male.
    Lo allontanò, posandogli entrambe le mani sulle spalle, spintonandolo leggermente all'indietro, guardandolo confusa. Aveva detto che non l'amava, che le piaceva ma come ad una sorella più piccola. Ma le sorelle non si baciano, non in quel modo. Lo guardò, respirando affannosa. Sapeva che da quel momento tutto sarebbe cambiato, come se qualcuno si stesse avvicinando all'interruttore della luce per spegnerla. Click!
    Si avventò lei sulle sue labbra, afferrandolo per il bavero di quella maglietta, coinvolgendo le sue labbra in un bacio che sapeva di dolore, di sale e di lacrime. Ma anche qualcosa di nuovo, di vecchio, di voglia. E lo avrebbe baciato, fino a restare senza fiato ed appoggiarsi a lui per recuperarlo. Lo avrebbe baciato, passandogli le mani tra quei capelli folti, ricci, pieni e stringendolo a sé, in un ballo che forse sarebbe stato l'ultimo. O forse no. Tutto era un forse, anche i loro cuori che battevano a ritmi diversi e che forse non sarebbero mai riusciti a sincronizzarsi. Forse...
    Amalea Davidson

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    Non seppe cosa lo aveva preso in quel momento, sembrava quasi fosse stato posseduto, forse voleva solamente qualcuno cui aggrapparsi, qualcuno che capisse il suo estremo dolore. E forse Amalea, la sua migliore amica, era la persona giusta. Non la voleva usare, non le voleva fare del male... ma erano come due piccoli atomi dispersi nell'universo che per qualche congiunzione astrale si erano scontrati e come due calamite, si erano prima allontanati e poi uniti. Bastava solamente cambiare lato. Forse era quello che li rendeva destinati a stare insieme, l'essere due seconde scelte di qualcuno e le prime di qualcun altro. Forse potevano scegliersi di nuovo a vicenda. Quindi la baciò. Era un bacio casto e disperato, ma vero, sincero e pieno di discorsi non detti.
    Quindi la baciò. Una specie di battaglia dove non vi erano né vinti né vincitori, solamente tanto amore represso. La baciò anche se non sapeva cosa provasse esattamente per lei, la baciò e basta.
    Forse era da stronzo, ma aveva giocato anche sul fatto che Amalea fosse innamorata di lui e quindi non si sarebbe sottratta a quel contatto, quindi rimase un attimo sotto shock quando gli posò le mani sulle spalle e lo allontanò, come se il contatto tra le loro labbra l'avesse scottata.
    Scegliamoci, allora. Scegliamoci come fosse la prima volta. Lo disse con il respiro affannoso, tentando di aggrapparsi a qualcosa, qualsiasi cosa. Voleva solamente... dimenticare tutto. Poi all'indomani, ci avrebbero pensato.
    Quello che lo stupì, però, fu che Ama stessa ricambiasse la cortesia, afferrandolo per la maglietta ed attirandolo ad un nuovo bacio dal quale non si poteva né voleva sottrarre. Era come se fosse ubriaco delle emozioni che stava provando in quel momento, forse aveva realmente bisogno di lei. Era strano.
    Fu un bacio quasi prepotente, bisognoso, umido e disperato.
    Ma era tutto ciò che avevano.
    Lasciò che le mani di lei si infilassero tra i suoi ricci e fu il suo appoggio quando dovette prendere fiato. Ma non le lasciò tempo di parlare, altrimenti forse quella magia che li stava tenendo uniti come della colla di pessima qualità, si sarebbe disciolta in acqua. Quindi si avvicinò per un terzo bacio, stavolta più intenso e duraturo. Le mani di Brooks andarono timidamente a posarsi sul suo fondoschiena e la attirarono di più a sé, fino a far combaciare i loro corpi come un puzzle perfetto, sebbene loro lo avessero capito tardi.
    Si lasciò cadere all'indietro sprofondando nel pouf colorato e trascinandola con sé. Le sorrise. Era bellissima ma non se n'era mai accorto.
    Brooks O'Connor


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