È un mondo piccolo!

Free role Vath - Killian

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    Quel giorno Vath sarebbe andato al S. Mungo per trovare sua cugina Lia. Le aveva chiesto prima, proprio per evitare inutili attese all'accettazione come la scorsa volta. L'uomo era seduto di fronte all'accettazione in attesa della cugina, mentre le gemelle Sandy e Wendy erano intente a compilare pratiche per i nuovi pazienti, il suo occhio attento osservò una delle A.P.I. correre lungo il corridoio fino a quando non sarebbe girata ad una curva. Si era vestito elegantemente, dopotutto si sarebbe dovuto recare al lavoro dopo quella visita, indossando un completo realizzato su misura color borgogna e una cravatta nera su camicia bianca. Un rapido sguardo al proprio orologio da polso, Lia era in ritardo, probabilmente trattenuta da qualche inattesa incombenza. Un sospiro e i suoi occhi color acquamarina si sarebbero sollevati su due ragazze, una in divisa da Medimaga e l'altra vestita con uno stile dandy, una vecchia compagna di Casata. Si sarebbe alzato, avvicinandosi a entrambe e sorridendo loro, avrebbe esordito. «Shanessa, buongiorno! Sei tu? Non so se mi riconosci, Vath, Vath Remar.» Si sarebbe avvicinato quel poco per esser abbastanza vicino a entrambe porgendo la mano prima a una e poi all'altra. Rossa, lentiggini sul volto e occhi color verde smeraldo chiaro, evidentemente data la divisa era riuscita a entrare al S. Mungo come medimaga. «Tu quindi...devi essere Killian, è un piacere rivedervi, come state?» L'altra ragazza, la gemella, era diversa da come si ricordava: si era tinta i capelli, eppure ora che ci faceva caso ritrovò nel suo viso i lineamenti della sorella. Entrambe erano state ad Hogwarts e, se per Shanessa Vath era stato sia prefetto che Caposcuola, Killian aveva soggiornato nella casata di Godric Grifondoro. «Se non è un buon momento mi faccio da parte, sto aspettando mia cugina Lia, forse la ricordate era in Corvonero durante il vostro stesso anno. È una tua collega.» Disse a Shanessa, alternando lo sguardo su entrambe.


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    Killian Ambrosia Degan
     
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    Killian Ambrosia Degan
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    Ancora non si capacitava di essersi lasciata manipolare dalla sorella in quel modo. Era riuscita a convincerla che una visita di controllo non le avrebbe fatto poi così male, che mamma e papà sarebbero stati contenti di sapere si teneva controllata e che: «Anche se ti sei disintossicata fai ancora uso di morfina, di tanto in tanto, ed è meglio se ti tieni sotto controllo Killian.» Tutti argomenti più che validi, certo, ma che mal sopportava sentirsi dire. E così, pur di farla tacere, aveva acconsentito a farle prendere un appuntamento. E adesso eccola lì, nella hall del San Mungo, la sorella ancorata al braccio che le riempie le orecchie di chiacchiere e lei con la voglia di fuggire. Disagio che andava aumentando quando si accorse che, nel brusio generale, il rintocco cadenzato del bastone sul pavimento creava una sorta di rimbombo. Rallentò il passo, quasi fermandosi, pronta a fare dietrofront e dire alla gemella che non se la sentiva quando una voce richiamò l'attenzione di Shanessa «Vath Remar! Ma certo che ti riconosco!» Sorridendo all'uomo e prendendo la mano tesa tra entrambe le sue «Ma guardati! Stai una favola. Che ci fai qui?» Un sorriso increspò le labbra carnose di Killian mentre la sorella cercava di deviare l'attenzione su di sé. E mentre la sorella rintronava il mal capitato di chiacchiere e domande lei ne aprofittò per osservarlo. Si sistemò il bastone tra i piedi e prese a studiare quella figura a lei estranea. Il fisico asciutto e muscoloso sotto il vestito raffinato, il portamento distinto, quasi rigido, il sorriso affabile ma che sembrava non comprendere gli occhi. L'aveva chiamata per nome, quindi suppose che già si conoscessero, aggrottò le sopracciglia cercando un indizio che la aiutasse a ricordare. Dall'incidente la sua memoria aveva perso qualche ricordo, i dottori, compresa la sorella, le avevano detto che sarebbe tornato tutto. Erano trascorsi tre anni ormai e la sua memoria continuava ad essere un groviera. Riprese l'ispezione dagli occhi colore acquamarina che le sembrarono distaccati, quasi freddi passando poi ai capelli ben pettinati e freschi di taglio. 'Tutto troppo perfetto.' Pensò mentre una fitta le trapanava la tempia distogliendola da quelle riflessioni e accorgendosi del silenzio. Troppo silenzio. Shanessa si girò verso di lei «Killian...?» La voce della gemella era preoccupata e lei per un attimo la guardò stranita, poi scosse la testa, tornò a guardare Vath che, per un attimo, le sembrò la stesse fissando. «Sto bene.» Disse alla sorella senza guardarla e rivolgendosi poi all'uomo «Mi perdoni signor Remar ma non mi ricordo di lei. Comunque si. Sono Killian.» Rispose tenendo le mani sul pomolo del bastone

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    Il tocco gentile delle mani di Shanessa, mani da guaritrice abituate a maneggiare gli infermi con delicatezza e rispetto. Vath sorrise alla Concasata inspirando a fondo alla domanda di lei, doversi ripetere era un qualcosa che mal sopportava tuttavia forse proprio per l'aver condiviso Hogwarts assieme ebbe la cortesia di farlo. «Non so se ti ricordi di mia cugina Ecate, era del vostro stesso anno ma di Corvonero.» Avrebbe atteso la di lei risposta per poi proseguire. «Ecco, sono venuto a trovarla durante il turno, devo ancora incontrarla da quando son rientrato dalla mia trasferta a New York.» Spiegò per poi guardarla con un sorriso sul volto. «Ma guardati, Medimaga del S. Mungo! Il professore Galenor sarà senz'altro fiero di te! Diceva sempre che sei stata la migliore del tuo anno in Pozioni.» Le disse con sincerità e, posato nuovamente lo sguardo su Killian le disse. «Non c'è da perdonare nulla, è comprensibile che magari non abbiate mai sentito parlare di me.» Convenne, sorridendo alla ragazza dai capelli color argento posando mentre le parlava lo sguardo color acquamarina su quello verde smeraldo di lei. «Ero un ex Concasato di Shanessa, di tre anni più grande, tuttavia non mi stupisce che non mi conosci. D'altro canto tua sorella non mancava di parlare di te.» Un sorriso sincero che si allargò ancora di più quando scorse una figura alle spalle di Killian, se mai l'auror si fosse voltata avrebbe visto dietro di sé una ragazza della sua stessa età, rossa di capelli, sguardo magnetico dal colore del turchese in camicetta bianca e pantaloni neri con una cartellina in mano. «Xilia, bentrovata sono felice di vederti! Da quand'è che sei rossa?» Salutò, abbracciando la cugina con delicatezza. «Il Funzionario Scelto Remar si degna di venire e trovare sua cugina al lavoro, quelli del Quinto livello son proprio decisi a non darti modo di sistemarti eh Vath? Un'anno all'estero e nemmeno una cartolina, temevo ti fossi dimenticato di me.» Disse la Medimaga staccandosi dall'abbraccio con un sorriso. «Xily era una cosa importante, una migrazione improvvisa da parte di una colonia di Neri delle Ebridi.» Ed eccoli lì, a battibeccare come due ragazzini, il Funzionario Scelto per la Cooperazione Magica Internazionale e la Medimaga. Lia sapeva che al cugino piaceva sempre avere l'ultima parola e, così, non gli dava modo di averla tuttavia per rispetto alla collega di fronte a sé la Medimaga richiamò a sé la pazienza di lasciare al cugino più grande l'ultima parola. «Shanessa, scusami, ci sarebbe un intervento di magichirurgia a cui dovremmo prendere parte. Vath perdonami ma il lavoro chiama, sono certo che comprenderai.» Se le due medimaghe si fossero allontanate avrebbero lasciato Vath da solo con Killian. «Ti andrebbe un The per caso? So che c'è un'ottima sala da the al sesto piano.» Chiese puntellandosi con nonchalance sul proprio bastone da passeggio.


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    Edited by Vath Remar - 13/12/2021, 20:19
     
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    Killian Ambrosia Degan
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    Non si stupì quando lo sentì inspirare.
    Non aveva bisogno di guardarlo per sapere che avrebbe sorriso con condiscendenza, né che l'espressione del viso sarebbe stata di disappunto o che il tono di voce si sarebbe acuito.
    Aveva imparato a riconoscere quei segnali corporei incontrollabili un po' alla volta, per gioco aveva iniziato a dire frasi senza senso, parolacce o banalità solo per vedere la reazione delle persone, per poi studiarla più approfonditamente quando aveva deciso che voleva essere un Auror.
    Si riusciva a capire molto di una persona, osservando attentamente, da come gesticola, dalla posa che assume o altri particolari che non si accorge di fare, come in questo momento la persona di fronte a lei.
    Alterare il linguaggio del corpo è praticamente impossibile, bisognerebbe avere la consapevolezza di tutti i muscoli del corpo in ogni singolo istante, per questo ci svela molto più di quanto non vorremmo rivelare su noi stessi.
    Con la cinesica infatti, un osservatore attento, potrà notare una discordanza se il linguaggio del corpo e le parole pronunciate non sono sulla stessa ”linea d'onda”, cioè in accordo, innescando reazioni fisiche che quindi portano ad un comportamento che esprime tale stato d'animo.
    Ed era su quello che Killian si basava per carpire informazioni e capire la persona con cui interagiva.
    Distolse lo sguardo dalla sorella proprio mentre rispondeva al ministeriale
    «Trovo difficile non ricordarmi di lei, visto che ci lavoro. Non credi?» Disse Shanessa con bonario rimprovero nei confronti di Vath che non aveva capito il fine dell'ex concasata, la parvenza di un sorriso spuntò sulla bocca di Killian per l'incomprensione fra i due Serpeverde.
    Si concentrò sul ministeriale, estraniandosi quasi dalla conversazione, osservandolo attentamente dalla punta dei capelli, tenuti in ordine con cura, passando all'abito dal taglio sartoriale, alla punta delle scarpe tirate a lucido. Era quasi certa che, sotto quei pantaloni, portasse un paio di calzini in filo di scozia.
    Non le era mai capitato di studiare un soggetto come Remar, sicuro di sé e di ciò che voleva capissero di lui.
    Tutto, in quell'uomo, faceva pensare ad una meticolosa, quanto ricercata, espressione di sé da condividere col prossimo, atteggiamento che probabilmente lo aveva portato a molte conquiste e vittorie, usando il suo savoir-faire, il suo charme per ottenere fiducia, stima e successo.
    Si chiese come avesse fatto ad arrivare al successo se tralasciava di capire i suoi interlocutori, se non prestava attenzione a ciò che gli veniva detto.
    Della conversazione avuta poco prima l'uomo aveva travisato le sue parole e non aveva compreso l'atteggiamento e le parole di Shanessa.
    Si domandò quanto a fondo di tutta quella pantomima dovesse scavare per vedere un barlume di Vath Remar e trovò quasi subito la risposta.
    Lo vide sorridere, un sorriso sincero questa volta, rilassare leggermente le spalle e il viso farsi più sereno.
    Girò appena la testa rivolgendo un cenno di saluto alla nuova arrivata, stava riportando lo sguardo verso il ministeriale quando Shanessa la prese per un braccio, costringendola a seguirla a qualche passo di distanza.
    La sorprese lo sguardo incredulo che le scoccò la gemella
    «Killian!» Sussurrò piano per non farsi sentire dagli altri due, che nel frattempo stavano avendo un battibecco scherzoso «Smettila di guardarlo così.» Le disse «Non è una cavia da laboratorio!» Killian guardò la sorella con fare angelico, sorrise e, portandosi dietro la sorella, tornò verso i due «Non lo sto guardando come fosse una cavia…» Ci ripensò «Beh forse un po' si. Il fatto è che non mi è mai capitato un soggetto simile. Vedere come si pone, il tono che usa quando parla con qualcuno. Ora per esempio ha un tono calmo e basso mentre prima, quando parlava con te, era leggermente acido. Non ha prestato molta attenzione a come ti sei interfacciata con lui per distogliere l'attenzione da me. Né ha dato peso al fatto che non lo conosco. Il che è praticamente impossibile visto che abbiamo frequentato la stessa scuola, anche se è più vecchio e di un altra casata era ancora presente.» Disse con fare meditabondo «E poi… Lo hai visto? Non si è chiesto come mai un un uomo della sua levatura non è conosciuto? Lo hai sentito anche tu mentre si vantava di essere stato in America. Forse è uno di quelli che ineggia la supremazia dei purosangue a discapito di noi mezzosangue. Forse è talmente vanesio e egocentrico che la sua considerazione del prossimo smette di esistere esattamente alla fine della punta del suo bastone. È contraddittorio.» Disse concludendo le sue teorie e scoccando un occhiata al ministeriale e proprio nel momento in cui la donna inviata Shanessa ad assistere ad un operazione.
    Agirono all'unisono, entrambe controllarono l'orologio nello stesso istante, Shanessa quello da polso e Killian quello da tasca, annuirono e si scambiarono un occhiata.
    Stavano per salutarsi quando Vath la invitò a prendere un thè al sesto piano dell'edificio. Sapeva dov'era, aveva un tavolino prenotato ogni qualvolta veniva a visitarsi ma non lo diede ad intendere.
    «Faccio il prima possibile. Tu accetta l'invito, è solo un thè, non succederà niente. E poi… Puoi approfondire l'argomento.» Disse baciandola sulla guancia per poi allontanarsi.
    Scrutò l'uomo in attesa di risposta, la postura, l'espressione che aveva
    «Un thè? La ringrazio, molto gentile da parte sua. Non vorrei approfittare del suo tempo prezioso. Sicuro di non avere altri impegni? » Chiese accettando l'offerta, mettendo il bastone al fianco sinistro e attendo che facesse strada.
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    Era consapevole del fatto di avere gli occhi delle due sorelle addosso? Certo che sì, in fondo era stato lui ad approcciare le ragazze, ciò che tuttavia non sospettava era l'esame a cui la Auror lo stesse sottoponendo. Probabilmente era troppo interessato a salutare la sorella che non vedeva da oltre tredici anni per accorgersi che la sua gemella, Killian, lo stava metaforicamente passando sotto i suoi personalissimi raggi x. Forse un movimento della ragazza o, il senso di essere osservato, gli fece cogliere con la coda dell'occhio che l'auror stesse facendo la sua personale analisi. La giovane stava esaminando la cinesica del suo corpo e Vath che non aveva nulla da nascondere continuò a fare ciò che stava facendo. Ascoltò la risposta di Shanessa annuendo e, addirittura accennando una risata, scosse il capo come se la sua domanda fosse ovvia. «No, vabbè, io intendevo dire se la ricordavi ai tempi di Hogwats.» Poi pose il proprio sguardo su quello di Killian, uno sguardo dolce con un sorriso sincero sul volto. L'uomo amava ostentare la propria posizione non per prestigio personale, né per avere favori o altro. In quel momento Vath Remar era un semplice cittadino Britannico venuto in visita a sua cugina, al lavoro l'uomo era in tutto e per tutto un vessillo del Ministero della Magia Britannico che agiva nella piena funzionalità dei suoi poteri e doveri. Se Killian Ambrosia Degan era così decisa di applicare l'arte del saper leggere un corpo Vath avrebbe lasciata fare. "Credi di essere l'unica a poter fare questo giochetto?" Un sorriso avrebbe fatto capolino sul volto del Funzionario Scelto per la Cooperazione Magica Internazionale osservando ciò che la ragazza stava comunicando con il proprio corpo e l'espressione del suo viso ma, perfezionista com'era, Vath non si sarebbe limitato a quello esaminando anche lo stile di vestiario della ragazza e soffermandosi su ciò che involontariamente avrebbe rivelato di se stessa. Il processo deduttivo che Sir Arthur Conan Doyle aveva messo a punto per il suo Sherlock Holmes nei suoi numerosi romanzi Vath, da suo grandissimo estimatore, era riuscito a portarlo nella realtà: in fondo non era stato forse lui ad estrapolare da un nome, Gannicus, tramite l'etimologia comprendere l'anno di nascita, la classe sociale e la città di residenza di quel vampiro nobile dell'ottocento londinese. Conscio delle proprie capacità, che cosa sarebbe rappresentata la sfida di comprendere chi fosse Killian Ambrosia Degan? Partì da un piccolissimo particolare: le mani disposte entrambe sul bastone da passeggio avrebbero comunicato un senso di chiusura, come a volersi difendere da qualcosa, proteggendo se stessa dai pericoli che un incontro non programmato l'avesse distolta da ciò che stava facendo o che minava la sua sicurezza. Il modo in cui tuttavia la ragazza ci si aggrappava, a quel bastone, indicava che quell'oggetto non fosse un semplice vezzo, un ornamento del proprio vestiario, un indizio chiaro del fatto che la sua teoria fosse giusta si sarebbe potuta andare a ricercare proprio nella posizione delle gambe, con cui la ragazza mostrava cenni di affaticamento e di mal deambulazione. Analizzando l'etimologia dei nomi di Killian Vath poté ricondurre alle loro nazionalità: Killian era un nome maschile, cosa insolita per essere stato dato ad una ragazza, di origine irlandese dall'etimologia incerta. Secondo alcune fonti, si trattava di una variante di Ceallach che significa "testa brillante" o "guerra". Un'altra ipotesi è che derivi dal gaelico ceall col significato di "chiesa" tuttavia quello che colpì maggiormente Vath fu il secondo nome di entrambe le ragazze se Killian aveva come secondo nome Ambrosia, Shanessa se non ricordava male aveva come nome Elisio, nomi di origine latina che si riconducevano alla mitologia classica. L'ambrosia, infatti, rappresentava il nutrimento degli dei. Il nome stava a significare "immortale", dall'aggettivo greco ambrotos da cui sarebbe derivata in epoca romana la forma latina Ambrosius. Il cognome Degan a orecchio poco attento sarebbe potuto sembrare inglese o americano ma, fortunatamente, la parte italiana del funzionario scelto per la Cooperazione Magica Internazionale avrebbe preso il sopravvento riconoscendo in esso il significato più recondito: un cognome italiano, che aveva radici nel medioevo dalla parola Decano, Degan sarebbe derivato da un soprannome dialettale delle province di Padova e Venezia, una parola che si originava dal latino decanus un titolo di funzionari medioevali. Con quella disamina Vath era riuscito a comprendere molto della propria interlocutrice che, con le sue movenze, tradiva la propria ritrosia nel voler accettare quell'invito. Solo l'intervento della gemella l'avrebbe convinta a partecipare a quel momento di relax con lui e le stesse parole che lei pronunciò avrebbero tradito una certa acidità, come se lei non fosse degna del proprio tempo. Il sorriso di Vath fu genuino e gli occhi avrebbero mostrato sincero divertimento per quel commento che avrebbe dovuto quantomeno avere lo scopo di creare della perplessità in lui. «Sì, ne sono sicuro Miss Degan.» Disse in perfetto italiano, assumendo le calde sfumature e l'accento del Bel Paese, di cui entrambi ne condividevano in parte le origini, rendendo evidente che in quel breve lasso di tempo Vath avesse fatto i propri compiti a casa in maniera più che egregia. Normalmente il Ministeriale avrebbe porto la mano verso la giovane ma se aveva letto correttamente i segnali che la stessa aveva mandato all'uomo Vath avrebbe evitato di invadere lo spazio di Killian. Al contrario, avrebbe fatto un cenno con la mano sinistra come per invitarla a seguirla. «Mi segua, questi corridoio sono così simili tra loro.» Le avrebbe aperto la strada camminando giusto mezzo passo davanti a lei, dandole modo di non sforzare la gamba muovendosi con la giusta calma. Le avrebbe fatto prendere l'ascensore per dirigersi poi verso la sala da the.

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    Edited by Vath Remar - 11/1/2022, 22:14
     
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    Killian Ambrosia Degan
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    Nonostante lo avesse mascherato con modi cordiali aveva notato di essere sotto un minuzioso esame, lo aveva capito da come si muovevano i suoi occhi o si soffermavano su alcuni particolari. Probabilmente anche lei, pochi istanti prima, aveva quello sguardo inquisitore, mentre lo passava in rassegna, sottoponendolo ad un attenta analisi.
    La stava valutando.
    Ma quella dolcezza nello sguardo e il sorriso che il ministeriale le stava rivolgendo la indispettirono e Killian reagì di conseguenza. Non rispose alla cortesia che le veniva fatta, indossò la sua maschera di impassibile freddezza, indurì lo sguardo ancora fisso negli occhi dell'uomo. Qualcun'altro, di lì a poco, le avrebbe riservato lo stesso trattamento. Il medimago fisiatra, da cui sarebbe andata più tardi, l'avrebbe considerata con la stessa algida cortesia, mentre manipolava la sua gamba come se fosse un impasto per il pane, spacciandola per fisioterapia.
    Fu quindi con zelante gelo che si rivolse a Vath Remar
    «Riservi queste moine a qualcun'altra. Non mi serve la sua pietà, né la sua compassione, né la sua comprensione. Figuriamoci le sue carinerie.» Disse, ritenendo fosse meglio metterlo in chiaro fin da subito, scoccandogli un occhiata quando la invitò a seguirlo. «Non voglio sembrarle scortese, non la conosco, non so quale sia il suo modo di porsi, non mi è chiaro se usa questa prassi con gli estranei. Il suo mi sembra un comportamento forzato e, per quanto mi riguarda, non sopporto la condiscendenza in nessuna forma, gradirei non si lasciasse influenzare dal mio stato. Non la prenda sul personale, signor Remar, so bene che sono questi i sentimenti che ispiro, di primo acchito, quando vedono il bastone. Sono quasi certa che la sua minuziosa analisi non l'abbia minimamente avvicinata a sapere, a capire chi sono veramente.
    Se è questo tutto quello che vede, lei non mi vede.
    Non può vedermi.
    »(cit.)
    Affermò con sarcasmo, sistemando il bastone al fianco e avviandosi nella direzione indicata, seguendolo, facendo in modo che il corpo dell'uomo fosse alla sua sinistra. Accennò mezzo sorriso sentendolo parlare la sua lingua
    «Interessante sapere che parla la mia lingua, ne sono sorpresa. Le auguro, signor Remar, che la sua valutazione sia altrettanto interessante. Quindi non mi resta altro da fare che ringraziarla per il tempo che mi sta dedicando.» Continuando a seguire il ministeriale lungo i corridoi della struttura, il ritmico picchiettare del bastone che accompagnava i suoi passi.
    «Lo so! Le prime volte mi sono persa.» Ammise e pentendosi subito dopo per quell'affermazione troppo personale, fissò lo sguardo davanti a se, poco le importava come avrebbe reagito a quella notizia l'uomo al suo fianco.<i>
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    Edited by Killian Ambrosia Degan - 12/1/2022, 21:23
     
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    Alla cortesia che Vath aveva mostrato Killian reagì freddamente. Non faticò a capirne le ragioni poiché la stessa ragazza le avrebbe messe in chiaro di lì a poco. Da buon Britannico il Funzionario Scelto per la Cooperazione Magica Internazionale avrebbe conservato il proprio aplomb replicando con fermezza alle parole dell'Auror. «Miss Degan, sono certo che saprà discernere il significato di cosa significhi realmente fare moine, mostrare pietà, compassione e comprensione da pura e semplice cortesia. Mi ha dato prova più lei, in questi pochi minuti, rispetto che molte altre persone nel corso degli anni a tal punto da reputarla una donna intelligente da comprendere che queste carinerie come le chiama lei le avrei rivolte a chiunque altro, indipendente dalla sua condizione fisica o meno.» Chiarì seriamente, fermando per un attimo il proprio cammino focalizzando lo sguardo su quello di lei. «Le pare un comportamento innaturale, una forzatura a cui mi sottopongo, non c'è nulla di più errato: questo è il mio modo di pormi, che lei sia un elfo domestico, una persona qualsiasi o sua maestà la Regina Elisabetta. "I modi definiscono l'uomo." Spero che lei ora abbia una più chiara visione di come io la penso.» Le avrebbe sorriso nuovamente, mostrando come non fosse indispettito dalla reazione di lei. «No, io la vedo benissimo Mr. MacLeod.» Rispose alla citazione chiamandola come la persona del film che aveva pronunciato quella frase. Per poi riprendere a camminare e guidarla fino ad un tavolinetto dell'area ristoro. «Anche io, da parte di madre, ho origini italiane. Liguri, per l'esattezza. Ho soggiornato alcune estati tra le spiagge di alcune delle più rinomate località di villeggiatura, Bergeggi, Varigotti, Arenzano, per poi trascorrere un anno intero in Italia al termine della Scuola. Ma non voglio monopolizzare la conversazione, mi farebbe piacere moltissimo potervi conoscere di più.» All'affermazione di lei Vath accennò una risata composta, focalizzando l'attenzione su Killian. «Non ne dubito, questo posto è molto diverso rispetto al Ministero o ad Hogwarts. E dire che come Grifondoro dovreste essere abituata grazie a tutte quelle scale che cambiano in continuazione.» Avrebbe posato la mano sulla sedia di un tavolino, pronto a sedersi se lei avesse fatto altrettanto.

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    Killian sorbì la tiritera con placida indifferenza, sbirciando di tanto in tanto l'uomo che camminava mezzo passo avanti a lei. Non riusciva a vederlo bene in viso per capirne la mimica, non gesticolava per mettere in evidenza i punti del discorso e anche la voce, mentre le sciorinava la manfrina, non aveva intonazioni particolari. Si chiese se anche in momenti più significativi, più "caldi", avrebbe usato quel tono monocorde, impersonale, privo di qualsiasi cadenza o se a volte si lasciasse trasportare da un qualunque sentimento, che fosse anche solo insofferenza, se anche con amici e parenti usasse quel modo di fare impersonale. L'uomo stava dando prova di avere un cervello e di saperlo usare, e anche bene, oltretutto, ma l'Auror dubitava sapesse spogliarsi completamente del suo ruolo di ministeriale. Lo osservò camminare con passo regolare e sicuro senza, tuttavia,lasciarla indietro e poi fermarsi. Erano a poca distanza l'uno dall'altra, a malapena riuscì a fermarsi in tempo senza finirgli addosso, rimase choccata e spalancò gli occhi, non tanto per la sorpresa ma per la vicinanza. Con angoscia lo vide focalizzare l'attenzione su di lei, sguardo che non ricambiò.
    Il buio scese, l'allarme perimetrale aveva cominciato a stridere nella testa, il cuore battere all’impazzata, un nodo si formò il gola smorzandone il respiro già diventato affannoso, si sentiva soffocare. Avrebbe voluto fare un passo, solo un semplice passo, per ritornare nella sua zona sicura ma non riusciva a muoversi, bloccata in quel limbo paralizzante. E quando il ministeriale riprese a muoversi sparì, la sua zona sicura era tornata, si prese qualche minuto prima di muoversi, ritrovando il respiro e la calma, e seguirne i passi, non aveva dubbi sul fatto che l'occhio attento dell'uomo avesse colto quel momento di debolezza. Sbuffò dal naso alla risposta sulla citazione
    «Si, direi che, solo ora, può affermare di avermi visto, Signor Remar.» Borbottò con astio seguendolo al tavolino e cominciando a sedersi, era a pochi centimetri dalla seduta quando Vath Remar disse la cosa più stupida che potesse dire. Col sedere a mezz'aria si fermò, sollevò la testa e da quella posizione posò sull'uomo uno sguardo assassino.
    Per autodifesa Killian si arroccava in quel suo modo di porsi freddo e indifferente, indossando una maschera di gentile distacco, allontanando chiunque cercasse di oltrepassare la linea di confine tra semplice conoscenza ad amicizia non facendo distinzioni per nessuno, amici da innumerevoli anni e parenti subivano la stessa sorte. Solo Shanessa, con la grazia di un ariete, riusciva a sfondare le mura erette da lei e solo grazie all'intervento della gemella aveva ripreso i rapporti con i genitori. Fu quindi con calma apparente che Killian disse
    «Come scusi?» Chiese con sarcasmo all'ingenua richiesta di fare conoscenza. Si rialzò pronta a darsi alla fuga per la seconda volta «Non se la prenda Signor Remar ma lei, in poco più di mezz'ora, è venuto a conoscenza di cose che un estraneo non dovrebbe sapere. Mi ha visto poco fa...» Si fermò, non voleva essere scortese ma lasciò intendere che, per lei, i rapporti umani erano ancora un limite insormontabile.

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    Lo sguardo di Vath era andato a cercare quello di Killian. L'uomo si era fermato, voltandosi in direzione della donna per poter stabilire quel contatto visivo che tuttavia mancò. La vista dell'Auror sembrava essersi focalizzata su un punto indefinito e la stessa ragazza sembrò scollegata del tutto dalla realtà. Alle prime avvisaglie Vath fu contento di trovarsi all'interno dell'ospedale per le Malattie e Ferite magiche, temeva che la ragazza stesse per avere una qualche crisi respiratoria, se la cavava con gli incantesimi curativi, la sua capacità di empatizzare con chi avesse di fronte gli permetteva di comprendere piuttosto bene cosa stessero provando. Che cos'era stato il fattore scatenante di quella crisi? Fino a un attimo prima lei gli stava camminando mezzo passo indietro, come se nulla fosse, Vath si era fermato,voltandosi per incrociare lo sguardo con lei e Killian aveva avuto quella crisi. Gli venne in mente come lei non avesse accettato la sua mano quando si era presentato, rifuggendo quel contatto umano che dava una stretta di mano, ora, lì, le era accanto, a pochi centimetri di distanza invadendo quello spazio vitale che per Killian evidentemente fosse importantissimo per gestire la sua ansia. Ansia, era quella la risposta, un attacco d'ansia in piena regola che Vath cercò di scongiurare allontanandosi da lei quel poco per ristabilire la giusta distanza interpersonale. Non serviva essere Medimaghi per comprendere che la ragazza fosse afefobica, la sua conoscenza del latino e della lingua greca antica gli fece comprendere che fosse una fobia dal greco ἄπτω "toccare" e φόβος "paura" ovvero una fobia che comporta grande disagio, se non repulsione, nei confronti del contatto fisico. Tuttavia il ministeriale aveva notato come, questa repulsione si focalizzasse solamente alla sfera degli sconosciuti: poco prima, infatti, la gemella aveva posto la mano sul braccio di Killian e, successivamente, le aveva perfino dato un bacio sulla guancia. La prima regola che Vath si era dato fin da giovane era di rispettare il prossimo, non importa di quale status sociale fosse, un pensiero che aveva preso piede fin da quando, insieme a Cora Delaine aveva lavorato per far rispettare i diritti della minoranza dei Licantropi Francesi, attaccati alla manifestazione del Rainbow Party. Lo stesso si era prodigato successivamente per far ottenere ai mannari i permessi per produrre in totale autonomia la pozione Anti-lupo. La sua troppa sicurezza gli fece commettere un errore, uno sbaglio che in fin dei conti il Serpeverde aveva fatto in buona fede. L'effetto, tuttavia, fu provocare nella ragazza la reazione di uno sguardo omicida nei suoi confronti. Killian si stava rivelando un'interlocutrice attenta, come mai Vath si era trovato ad avere in vita sua. La Grifondoro sì presentava in maniera seria, non come le ragazzine con cui aveva avuto a che fare, matura al punto giusto da poter rappresentare un'interessante scambio di vedute in tutta la conversazione. Il Ministeriale non si trovava di fronte ad una di quelle ragazzine sbavanti smaniose solo di ottenere qualcosa dalla sua posizione, né una di quelle sciacquette prede dei loro stessi ormoni che avrebbero aperto le gambe ad ogni persona dotata di cromosoma Y. Killian Ambrosia Degan si stava dimostrando una donna fatta e finita, conscia di ciò che voleva e in grado di farsi rispettare. Alle parole della donna Vath non avrebbe potuto fare a meno di sorridere lievemente, accavallando la gamba destra sulla sinistra e intrecciando le dita delle mani sul grembo ascoltando le parole della Degan con attenzione. In conclusione si trovò ad annuire all'affermazione veritiera mossa dalla donna. La mano destra si sarebbe sollevata avanzando leggermente verso di lei il palmo rivolto verso il basso. «Beh vede, lei ha perfettamente ragione. Io sono sempre stato un fan di Sherlock Holmes, applicare il suo metodo deduttivo alla vita reale è stata un'arte a cui mi sono voluto dedicare fin da quando ho letto "Uno Studio in Rosso"!» Disse mentre la cameriera si avvicinò per prendere le ordinazioni. «Buongiorno, un Earl Grey per me per favore.» Un sorriso rivolto a Molly, era cosa nota all'interno dell'ospedale che la giovane ragazza avesse una cotta e si fosse innamorata di uno dei medimaghi dell'Ospedale San Mungo. Le voci che giravano, e che Xilia gli aveva riferito, dicono di averla vista flirtare con il povero Dottor. Barnes, ma senza realmente riuscirci, vista la capacità di Barnes di accorgersi poco di quel che gli accade attorno. Vide Killian alzarsi, neanche aveva posato il fondoschiena sulla seduta della sedia che già era pronta a fuggire. «Mi dispiace, non volevo essere scortese miss Degan. Se l'ho offesa sono pronto a fare ammenda ma, la prego, non se ne vada!» Al la prego avanzò la mano, palmo rivolto verso il basso per toccare con le cinque dita il tavolo. Un gesto che, pensandoci in quel momento, lo fece sorridere, così simile a quello che faceva suo padre Andrew Richard Remar quando cercava di imporre una sua decisione. Eppure Vath non voleva imporre nulla, la sua era una richiesta di rimanere per quello scambio di vedute. Il ministeriale dovette cambiare approccio, il suo scopo ultimo era di voler mettere a suo agio la ragazza, non farla fuggire. «Ha ragione nel dire che ci siamo appena conosciuti, durante gli anni ad Hogwarts a malapena ci siamo appena incrociati nei corridoi tra una lezione e l'altra! Non volevo risultare inopportuno, tutto qui, l'ho vista e rispetto questa sua peculiarità. Non voglio causare altri problemi simili con il mio comportamento.» Avrebbe appoggiato il bastone da passeggio contro il tavolo, attendendo la decisione da parte di Killian se fosse rimasta o meno. In un caso ne sarebbe stato felice, apprezzando l'opportunità di sorseggiare un thè caldo insieme a lei; nell'altro ci sarebbe rimasto male ma, pur di rispettare la sua decisione, l'avrebbe accettata.

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    Killian Ambrosia Degan
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    Attese qualche minuto, l'incidente di poco prima l'aveva scombussolata, provava un profondo disprezzo nei confronti di se stessa, non si capacitava di come questa situazione sia potuta accadere. Si era distratta, non aveva colto il segnale, le era stata troppo vicino per evitare sia lui che la circostanza in cui si era andata a creare. Dall'incidente si era impegnata a modificare il suo modo di essere e la cosa non era stata troppo difficile.
    Aveva riscontrato, in chi si era preso cura di lei durante la degenza e di chi, all'epoca, era ricoverato, una naturale tendenza al menefreghismo. Era come se, esercitare la professione per cui avevano studiato per anni, gli fosse un peso, una costrizione che mal sopportavano e sfogavano la loro frustrazione sui pazienti. Sofferente e immobile l'avevano manipolata, maltrattata e accusata di essere capricciosa, di mentire sul dolore che provava. Incuranti delle urla di dolore e indifferenti sul suo stato mentale, aveva cominciato a isolarsi. Poi era stata la volta degli amici, o tali aveva pensato fossero, non ci avevano pensato due volte ad allontanarsi, non tutti ma molti si erano dileguati lasciandola insicura a chiedersi se la loro amicizia fosse mai stata reale. Anche il ragazzo che frequentava, amico di letto, rivale nelle gare, che si era dichiarato profondamente innamorato, si era dileguato, facendola sentire inadeguata, indegna di condividere una vita insieme. Era poi venuta a sapere che, l'infido, non ci aveva messo poi molto a sostituirla, sposarsi con una modella e avere dei figli. La notizia era stata una pugnalata e, anche se non inaspettata, l'aveva colpita nel profondo. Ma niente la preparò a ricevere la prognosi dei medici, anca e ginocchio non sarebbero guariti a dovere nonostante le operazioni e la gamba sinistra sarebbe rimasta lesa, lasciandola claudicante.
    Qualcosa era scattato in lei, la rabbiosa frustrazione della momentanea immobilità, la devastazione provata quando le dissero che non avrebbe più potuto gareggiare, la furia di non poter più fare scherma, tiro con l'arco, arti marziali, parapendio o qualsiasi altro sport praticasse per placare l'iperattività. A niente erano servite le suppliche del padre di farsi trasferire al San Mungo, le lacrime della madre che la implorava di essere ragionevole. Aveva pianto e urlato disperata, scacciandoli con tutto il disprezzo e l'odio che sentiva crescere dentro di sé. Solo la sorella, testarda e inamovibile, sapendo e sentendo tutto ciò che provava lei era rimasta, rifiutandosi categoricamente di lasciare la gemella. Shanessa, pallida e silenziosa, era stata testimone dei gesti sconsiderati e il crollo dell'amata gemella. Era uscita dal ricovero arida come il deserto polare, sentimenti come l'amore, l’affetto, la fiducia le erano divenuti alieni. Adottando meccanismi di difesa per non essere vulnerabile si era rinchiusa in se stessa. E ora, davanti a quell'uomo, un estraneo, l'ennesima prova. Era stanca di essere giudicata, difendersi o cazzi e mazzi perché zoppa, perché anaffettiva, apatica o asociale. Il ministeriale, che nel frattempo si era accomodato e aveva ordinato, a voce aveva negato e, il modo in cui era seduto, avrebbe potuto dire tutt'altro se non avesse colto alcuni dettagli rivelatori. Appoggiò le mani al tavolo, si sporse verso di lui fissandolo negli occhi
    «Signor Remar...» Cominciò e si fermò. Un espressione neutra sul viso, nessuna inclinazione nella voce e negli occhi, ancora fissi su Vath Remar, il nulla. Come quello che sentiva dentro, il nulla. Abbassò la testa cercando la poltroncina con lo sguardo, si accomodò ordinando un tè nero alla cameriera ancora in attesa, ringraziandola, riportando poi lo sguardo sul uomo di fronte a lei. Doveva sbrogliare la situazione con il minor danno possibile per lei. Scostò i capelli dalla schiena portandoli tutti su un lato, passandoci le dita in mezzo prima di lasciarli ricadere sul davanti. Cercò una posizione più comoda, appoggiandosi allo schienale «Signor Remar, non ha niente di cui scusarsi o dispiacersi. Causa ed effetto di quello che mi succede lo devo solo a me stessa… Come dire… Sono sia la vittima che il carnefice» Mentre glielo diceva lo fissò intensamente sottolineando, con quell'occhiata, che non era lui il motivo di tale situazione. «Non vorrei fraintendere ma, il suo atteggiamento, è contraddittorio in questo momento. Il modo in cui è messa la mano, ad esempio, indicherebbe che vuole imporre il suo pensiero. Ma la posizione delle gambe però, e credo di non sbagliare dicendo che per lei è un'abitudine, se incrociate diversamente indicano disinteresse nei confronti di chi le sta parlando, invece, quella posa con le dita rivolte verso la persona che le sta di fronte, la gamba destra incrociata sopra la sinistra, indicano interesse.… » Incuriosita dalla postura che Vath Remar aveva adottato nei suoi confronti «Se poi il suo interlocutore è donna l'interessamento è più profondo, più adulatorio. Quella posa mi dice che è affascinato. Mi dica, signor Remar, è attratto da me?» Disse serenamente, lasciando all'uomo il tempo di elaborare la domanda, interessata dalla risposta che avrebbe ricevuto ma senza l'intenzione di creare imbarazzo. «Sherlock Holmes... Di certo Sir Arthur Conan Doyle ha sicuramente reso popolare il romanzo poliziesco quando ha creato un personaggio dalle molteplici capacità, con una mente analitica, il ragionamento deduttivo e le acute capacità di osservazione che ha fatto dell'investigazione deduttiva un vero fenomeno. C'è da dire però che, quasi quarantacinque anni prima uno scrittore di narrativa gotica e poeta maledetto, sebbene sia quasi sempre ricordato come scrittore di storie dell’orrore, diede inizio al racconto giallo psicologico. Edgar Allan Poe fu il primo a introdurre un personaggio che risolveva il mistero analizzando i fatti del caso, anche se scrisse solamente tre romanzi su quel genere, rappresenta solo una piccola parte dei suoi scritti. Ma, anche se i primi racconti polizieschi di Poe con protagonista Auguste Dupin gettarono le basi della letteratura per i futuri detective con questa particolarità, non ne sviluppò le caratteristiche come Doyle. Lo stesso Doyle affermò, in una lettera mi sembra, che "Ogni romanzo poliziesco di Poe è una radice da cui tutta una letteratura si è sviluppata, dov'era, il romanzo poliziesco, prima che Poe inspirasse l'alito di vita in esso?" Quindi mi sento di dire che Auguste Dupin ha si ispirato la nascita di Sherlock Holmes ma, lo sviluppo vero e proprio, è merito di un medico le cui capacità deduttive e la logica applicata lo rendevano un fenomeno nell’elaborare diagnosi esatte soltanto guardando con attenzione i pazienti del suo ambulatorio. Questo deve aver spinto Doyle a dotare Sherlock Holmes di tutte le sue peculiarità. Personalmente apprezzo molto entrambi, non mi dispiace leggere di opere sullo spiritismo o Sherlock Holmes, trovo che le opere di Doyle abbiano uno stile brillante e snello che varia dalla prima persona alla terza. Ma lo stile tenebroso di Poe non ha paragoni, trovo che le sue opere siano realizzate in modo più magistrale.» Disse, cambiando completamente discorso.

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    Stava iniziando a comprendere Killian Ambrosia Degan, non c'era compatimento nello sguardo di Vath né altro, solo comprensione per quello che la giovane Degan poteva aver passato. Annuì, consapevole che quel gesto, in un qualche modo poteva incontrare l'approvazione della giovane. «Ciò non toglie che, nonostante tutto, avrei potuto agire con più accortezza.» Disse con un leggero sorriso, il suo obiettivo era quello di essere conciliatorio verso ciò che la ragazza diceva mettendola a conoscenza del fatto che aveva compreso appieno ciò che lei stava dicendo. «C'è molto menefreghismo in questo mondo, mi permetta di dirlo, l'ho visto con i miei stessi occhi in ogni angolo del mondo. Ognuno guarda al suo "orticello" e dei bisogni degli altri non potrebbe interessargli minimamente.» Un paio di colpetti di tosse e riprese a parlare. «Ho scelto il campo della politica internazionale proprio per questo: curare gli interessi di chi non ha abbastanza voce e portare questi interessi a galla per farli sentire a chi di dovere.» La disamina che lei fece, analizzando la cinesica del suo corpo, lo fece sorridere strappandogli al contempo una risata. «Sì, una specie, la mano in questo modo comunque non era per imporre il mio pensiero è un gesto che ho "ereditato" da mio padre. Volevo che lei rimanesse, questo sì, tuttavia non l'avrei mai obbligata a rimanere se lei non lo avesse desiderato. Per il fatto che io sia interessato a lei, devo ammettere che non ho mai trovato qualcuna che potesse sostenere un discorso di questo tipo con me. Solitamente tutte quelle ragazze che ho incontrato, della nostra età o più giovani, non sanno conversare, sono talmente...passatemi il termine: scialbe o, ancora peggio, così superficiali da farmi provare un senso di repulsione nei loro confronti. Senza contare quelle che poi dicono una cosa ma pensano tutt'altro, proprio non sopporto certe meschinità. Invece, se posso permettermi Miss Degan, è un'attenta ascoltatrice, le sue risposte non sono mai banali o superficiali e, con lei, riesco a sostenere una conversazione che non muore dopo cinque minuti d'orologio. Quindi, per rispondere alla sua domanda, sì sono attratto da lei per i motivi elencati ora.» Le parole di Vath erano pacate, la voce dal caldo timbro baritonale era ferma, di una sicurezza tale che non lasciava spazio a dubbi nella mente della ragazza. Il cambio d'argomento era stato fatto parlando di libri, autori di un certo peso e stili differenti di scrittura. Il ministeriale annuì, non avrebbe aggiunto altro, Killian aveva già detto tutto ciò che era possibile su Doyle e Poe. Sorrise e, a quel punto, decise di andare su un argomento che era di suo gradimento. «Tra i compositori classici, qual'è il suo preferito? Io senza dubbio apprezzo lo stile "cosmopolita" di Tchaikovsky anche se era ben noto che lo stesso artista avesse come figura di riferimento l'enfant prodige Mozart. Difatti Mozart è uno dei compositori che suono maggiormente quando sono a casa.» Avrebbe sorriso alla cameriera, così cortese da portargli il the, ringraziandola e andando ad aggiungere una zolletta di zucchero mescolando leggermente il liquido con il cucchiaino.

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    Killian Ambrosia Degan
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    Ascoltò il ministeriale con una punta di fastidio, la spiegazione fornita andava bene oltre la scarna conoscenza data dalla cinesica. Era come se, quell'uomo, volesse assumersi la responsabilità di quanto successo e questo, a lei, non stava bene. Comprese il punto di vista del suo interlocutore ma non poteva condividerlo. Si sistemò sulla sedia, accavallò le gambe, appoggiò i gomiti sui braccioli e, un polpastrello contro l'altro, mise le mani a guglia. Una cosa che faceva quando si trovava di fronte persone ostinate che ostentavano troppa sicurezza nel dare giudizi e lei doveva concentrarsi e pensare velocemente. Come il Remar anche Killian mal sopportava il doversi ripetere «Signor Remar, perdoni la schiettezza ma, nuovamente, mi sento di contraddirla. Essere così accondiscendente, nei miei confronti, non le servirà a farsi stimare. Anzi, otterrà l'esatto contrario. Confermando la prima impressione che ho avuto di lei e sul suo modo di fare artificioso.» Disse, con voce calma e piatta, come se parlasse con una persona dura di comprendonio. «Lo studio minuzioso che ha fatto poco fa' le ha fatto assimilare alcune nozioni ma dubito fortemente abbia capito molto altro. A meno che Shanessa non abbia contatti più personali con lei, mettendola al corrente del mio stato, o io vada in giro con su scritto in fronte "Ansia latente"» Continuò con sarcasmo, piantandogli addosso lo sguardo«Capisco quello che sta cercando di fare e la ringrazio per essersi adeguato al mio passo ma, una mente analitica come la sua, di certo comprende che, quell'accortezza di cui parla, non ha senso di essere. » Concluse, abbozzando un mezzo sorriso, domandandosi se il punto fosse chiarito. Annuì quando parlò di menefreghismo e di aver scelto quella professione in voce di chi era meno ascoltato «Immagino abbia visto ben più di quello, viaggiando per tutte le latitudini e longitudini, se ha scelto il ramo della politica come professione. Certo è ammirevole il ruolo che sta ricoprendo.» Fu l'unico commento che si sentì di fare, non si intendeva di politica e non era di suo interesse farlo, lasciando quel arduo compito a chi, più di lei sicuramente, ne aveva le caratteristiche adatte. Non si stupì sentendolo dire che la posa della mano l'aveva ereditata dal padre, facendole presente che il gesto non fosse un obbligo a restare «Un uomo dalla forte autorità, quindi, con aspettative molto elevate nei confronti del suo erede. C'è una nota d'orgoglio nel suo tono, Signor Remar. Ne deduco che, nonostante fosse severo e pretendesse dal giovane figlio di eccellere, non mancasse mai di far intendere a suo modo o dimostrasse affetto al proprio piccolo Vath.» Disse in tono semi professionale, riuscendo a capirne meglio l'atteggiamento, dopo quella rivelazione e chiedersi il perché, nella voce del ministeriale, le era parso di captare una vena di rammarico nel caso non si fosse fermata. Come percepì il fastidio nella voce quando lo senti elencare i difetti, la difficoltà di comunicazione o la superficialità delle donne conosciute, il viso atteggiato a una smorfia di insofferenza mentre diceva tutto ciò. Lascio al ministeriale quasi il tempo di concludere la diatriba sul genere femminile prima di intervenire «È... Allarmante… Sentirla parlare così del gentil sesso, Signor Remar. Suppongo che dopo i fatidici cinque minuti di orologio, come dice lei, fossero altri gli interessi che la intrattenevano in loro compagnia.» Un sorrisetto sarcastico sulle labbra ma ad un certo punto cambiò completamente intonazione e modalità di fare quando il paragone arrivò a toccare lei e il sorriso le morì sulle labbra. Il timbro caldo da baritono calò di intensità e con parole pacate e sicure, in tutto il suo ragionamento sul modo di porsi dell'auror, rispose alla domanda che gli aveva fatto affermativamente ma contrariamente da come ipotizzava. Killian si mosse sulla poltroncina, cambiò posizione, incrociando le braccia al petto, sorrise sprezzante. «Troppo gentile, la ringrazio.» Soppesando l'uomo «Anche in questo riesce a distinguersi. Credo sia uno dei pochi a complimentarsi per la mente e non per il fisico» Killian andava fiera del proprio fisico allenato, muscoloso e armonico, anche se lo nasconde sotto completi dallo stile maschile. Uno stratagemma adottato per evitare approcci indesiderati e per celare il tutore alla gamba sinistra principalmente ma che, inconsapevolmente, ne risalta le forme. «Sono lieta di sentire che è affascinato solo dal mio intelletto. Onestamente credo che nessuno, in questo o nell' altro mondo, sia abbastanza brillante dal conoscermi intellettualmente. E nessuno altrettanto degno di avere né l'onore, né il piacere, di ammirare il mio corpo nudo.» Marcando il detto con toni pungenti, fissandolo negli occhi, demarcando una barriera invalicabile. Senza fornire ulteriori spiegazioni cambiò argomento e posizione , lasciando penzolare mollemente le mani dai braccioli «Non ho un compositore preferito, li ascolto tutti volentieri ma aggiungerei anche Beethoven e Vivaldi per restare sulla musica classica. Ascolto un po' di tutto, ho un debole per la musica molto ritmata che può variare dal metal al reggae o al rock.» Disse, poco incline a concedere confidenza e informazioni su sé stessa, afferrando la tazza dal manico e portandola alla bocca per darne un piccolo sorso.

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    Decifrare una persona non era questione di mezz'ora o poco più, servivano giorni di studio intensivo se non addirittura settimane. I profiler esperti necessitano di anni di studi universitari in giurisprudenza e Vath, per quanto bravo ad empatizzare con chiunque si trovasse di fronte, non poteva certo dirsi un esperto. Certo, il discepolo di Salazar aveva i suoi trucchetti, ma avrebbe seguito un vecchio consiglio datogli a suo tempo dalla nonna paterna. Il Ministeriale tuttavia non poté fare a meno di notare come la giovane fosse ancora infastidita e, questa volta, pose le mani a guglia indicando come con quell'atto, che viene comunemente adottato dai superiori quando danno istruzioni ai subalterni, Killian si stesse esibendo in un comune gesto di autocompiacimento e di arroganza. Vath si chiese se la ragazza fosse consapevole del significato del gesto, tutto ciò che aveva visto fino a quel momento lo fece propendere verso il sì, Killian si era dimostrata in grado di conoscere la cinesica e non lo stupiva se con cognizione di causa avesse assunto quella posa solo per tentare di mettere in chiaro la propria opinione. Un parere che, anche in questo caso, divergeva in maniera diametralmente opposta rispetto a quanto pensava Vath. Ascoltò le parole dell'Auror con molta attenzione, facendo tesoro di quelle piccole perle di personalità che Killian gli stava donando. Con lo sguardo ben piantato sulla donna, il ministeriale terminò di roteare il cucchiaino all'interno della chicchera, lasciandolo scolare lungo il bordo della tazza senza fare tintinnare ceramica e acciaio per il contatto. Quel comportamento artificioso che andava descrivendo Killian, il suo fare conciliatorio atto a mettere a suo agio la ragazza, non era un artificio ma il modo in cui Vath si poneva con le persone di cui ancora non aveva ben chiaro il carattere o le intenzioni. Il Funzionario Scelto per la Cooperazione Magica Internazionale posò il cucchiaino prendendo la tazza per il manico ma senza sollevarla. «Affatto.» Iniziò a dire mantenendo il suo tono pacato e composto. «Non ho contatti diretti con vostra sorella, al contrario, non la vedo dai tempi di Hogwarts quando io, fresco di M.A.G.O., mi apprestavo a lasciare il castello consapevole che non ci avrei mai più rimesso piede. È stata anzi una piacevole sorpresa ritrovarla qui al San Mungo.» Terminò di dire glissando sulle sue condizioni fisiche o su quanto detto sulla sua ansia latente poiché non gli sembrava carino né signorile replicare su quanto detto in "confidenza" dalla ragazza. Quando Killian lo ringraziò, Vath sollevò il proprio thè per prenderne un leggero sorso stando ben attento a non scottarsi la lingua, il Ministeriale ascoltò attentamente le parole della ragazza, cercando di capire se, nel suo tono, si potesse ravvisare qualche forma di sarcasmo e compreso come l'auror ne stesse facendo ampiamente uso valutò se replicare anche lui con lo stesso tono sarcastico. Eppure, come diceva Jean-Paul Sartr avendolo ben studiato in maniera autodidatta, “Il sarcasmo è il rifugio dei deboli”. Lo confermava anche John Haiman, un linguista del Macalester College, che afferma: "Chi usa il sarcasmo raramente scherza, le parole provengono da un luogo autentico, ma sono avvolte da una patina scherzosa per proteggersi. Essenzialmente, il sarcasmo è una tecnica di sopravvivenza per chi è insicuro. È collaudata per chi la utilizza, lo fa sentire forte e migliore e gli consente di esprimere il suo disappunto attraverso la rassicurante patina dell’ironia. È una tecnica da cui sarà in grado di difendersi meglio in caso di reazione dell’altro." Con quelle parole, così cariche di sarcasmo, Killian stava confermando in maniera inconscia quanto lei si sentisse piena di insicurezze. Eppure la ragazza si era dimostrata ottima conoscitrice della cinesica e, per un momento, l'ex studente di Serpeverde si chiese se quella punta di sarcasmo non fosse stata assunta appositamente per celare dietro di essa qualcos'altro. Così, Vath, optò per un approccio più diretto e sincero. «Credo che abbia ragione Miss Degan, non devo lasciarmi influenzare dalle sue parole, ma nonostante tutto mi lasci dire che non è mia intenzione sminuirla lasciando intendere che abbia bisogno di un trattamento preferenziale. Tutt'altro, vedo che nonostante tutto se la cava perfettamente da sola.» Posò la propria tazza e, quando Killian iniziò a parlare di Andrew Richard Remar, Vath sollevò nuovamente lo sguardo che si era abbassato nell'atto di posare sul piattino la propria bevanda, fino ad incontrare quello dalle iridi color verde smeraldo della ragazza. «Un Pozionista, prima di tutto, un uomo come lui è abituato a vedere i risultati dei suoi sforzi ed ama eccellere nel suo campo. Credo che, come padre, si senta in diritto di veder anche il proprio figlio come uno dei propri composti.» Un sorriso, dalle note agrodolci, sarebbe comparso sul volto dell'uomo, un diniego e Vath riprese a parlare. «No, mi perdoni.» Inizio a dire. «Posso immaginare quello che può pensare con queste parole, "che figlio degenere”, no in realtà so bene che ogni sua azione è stata dettata dall'intenzione di farmi avere un futuro più prospero. Senza la sua severità forse non avrei sviluppato quell'autostima che mi è stato necessaria nel corso della vita, ne sono consapevole e spero che, nonostante tutto, lui sappia che gli voglio molto bene.» Vath avrebbe ascoltato la disamina della ragazza sul suo discorso sulle donne senza proferire parola: in fondo lei stava generalizzando e Vath, unico uomo lì in quel momento, era consapevole che si stesse facendo carico delle "belle parole" che Killian stava pronunciando a carico del genere maschile. Eppure il ministeriale dovette fare appello a tutto il suo autocontrollo per non mostrare alla ragazza come, in quel particolare frangente, si sentisse profondamente vilipeso dal essere inserito in quella generalizzazione. Riteneva Killian una donna in grado di separare il grano dal loglio ciononostante Vath fece buon viso a cattivo gioco e, alle parole di Killian, sorrise lievemente. «Temo che mi abbia frainteso, corpo e mente dovrebbero andare di pari passo. Come dicevano i latini "mens sana in corpore sano", tuttavia è nella natura umana che il trascorrere del tempo debiliti il fisico, la mente, nessuno dei due o entrambi.» Esaminò con occhio critico e un sorriso l'intera figura di Killian resa visibile dal tavolino in ferro nero con ripiano in cristallo per poi continuare a dire. «Non mi è dato sapere come lei sia fisicamente ma guardandola mi fa venire in mente che il nostro corpo è effimero, ma il nostro spirito non scompare e non cambia, come il cielo blu dietro le nuvole.» Le disse, sottolineando come a discapito di ciò che lei aveva detto, la trovasse attraente ma che per lui la cosa principale nell'attrazione verso il sesso opposto fosse l'intelligenza. Quando finalmente l'argomento si spostò sui compositori Killian rese evidente come, da parte sua, c'era quella chiusura lasciandolo intendere dalle informazioni vaghe che gli rivelò: Vivaldi e Beethoven erano due dei maggiori compositori che Vath aveva avuto il privilegio di ascoltare a teatro insieme a suo nonno Albert Charles Remar e Vath trovava nelle note della sonata al chiaro di Luna, titolo attribuitagli dal compositore tedesco Ludwig Rellstab tra il 1832 e il 36, una poetica particolarmente agrodolce in cui il compositore sordo accettava il proprio destino. «Miss Degan, sa che Herr Beethoven dedicò la sua sonata per pianoforte n. 14 in Do diesis minore alla sua alunna prediletta, la diciannovenne contessa Giulietta Guicciardi, di cui lui era stato innamorato? O che, citando Vivaldi, la sua fama venne postuma e che proprio il conte Giacomo Durazzo, un Genovese ambasciatore d'Austria a Venezia dal 1764 e il 1784, possedeva l'intera collezione di opere del Prete Rosso?» Chiese, rendendo evidente come, la sua cultura musicale degli autori classici, fosse ampia e la passione con cui ne parlava era palpabile dall'Auror. Tuttavia, quando Killian citò altri tipi di musica, specialmente il reggae, Vath si fece perplesso. «Ammetto la mia ignoranza ma non ho idea di che tipo di musica sia il reggae. Della musica metal e rock qualcosa ascolto, poco in effetti, ma almeno non sono totalmente ignorante in materia.» Prese un ultimo sorso di the, terminando la tazza e poggiandolo sul piattino.

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    Edited by Vath Remar - 29/3/2022, 23:20
     
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    Killian Ambrosia Degan
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    Killian non sapeva bene come interpretare le parole del funzionario (eccetera), lo fissò per qualche secondo, valutandolo. Da una parte era soddisfatta di aver trovato una parvenza di intesa nel diverbio che ne era nato, dall'altra ne era indispettita perché, per quanto ne avessero parlato, avrebbero avuto comunque opinioni diverse, che l'uomo di fronte a lei ne volesse la ragione assoluta e l'ultima parola. Aveva la netta sensazione che il ministeriale, ripetendo il concetto, le stesse dando quel parere solo per autocompiacimento. Lo trovò un comportamento tronfio e vanaglorioso con un ego spropositato. Sapeva che quel giudizio era dettato dall'anca che cominciava a pungere e da un lieve pulsare alla testa ma la sensazione di condiscendenza nei suoi confronti era palpabile. «Possiamo quindi affermare che il "dossier Killian" viene chiuso e archiviato.» Precisò in tono fermo, lasciando cadere l'argomento. Stava sorseggiando il tè quando sentì il miniseriale dire "Posso immaginare quello che può pensare con queste parole, "che figlio degenere…”" facendole quasi risputare il tè. Agrottando le sopracciglia 'Ma porca di quella puttana di Morgana! Ma questo non si rilassa mai?' La sensazione di essere fraintesa ogni volta che apriva bocca «Non era quello che intendevo. Non mi metta in bocca parole che non ho pronunciato né in testa pensieri che non ho formulato. Sono responsabile di quello che dico non di quello che lei ha capito e cerco di evitare giudizi affrettati. E devo dire che mi sta rendendo l'impresa difficile.» Rifiutandosi di aprire altre dispute verbali, chiudendo tutte le discussioni con un gesto della mano «Una veloce ricerca in internet le darà tutte le informazioni del caso sul tipo di musica» Concluse finendo il tè, estraendo l'orologio da tasca a controllare l'ora e abbassandosi per raccogliere la borsa con i referti. «Ma porca… Dove l'ho lasciata?» Sbottò accorgendosi che non c'era. Guardando il Remar in cagnesco come se la colpa fosse sua.

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    Edited by Killian Ambrosia Degan - 2/4/2022, 13:42
     
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    Era possibile che Killian stesse sempre sulla difensiva? In fondo Vath la capiva, chi si aprirebbe così tanto ad un completo sconosciuto incontrato per caso in un ospedale? Non badò quindi al fatto che la ragazza chiudesse in fretta e furia tutti i vari spunti di conversazione che si erano aperti in quel breve lasso di tempo. Ciò che invece stupì il ministeriale fu come quasi Killian si stesse strozzando nel tentativo di bere il thè e, dopo che parlò, comprese la ragione di quello shock da parte sua. «Non è mia intenzione metterle parole in bocca o pensieri in testa miss Degan. Tuttavia ritengo che sia lecito poter formulare un pensiero del genere dopo delle parole così sprezzanti da parte mia. Vede, durante la mia infanzia ho passato gran parte del tempo in compagnia con i miei nonni paterni, mia madre lavorava part time al San Mungo ma quello che tornava solo alla sera era mio padre. Ero perfino arrivato a credere, ingenuamente, che tenesse più al lavoro che a me.» Un sorriso e, portata la mano all'interno della giacca, estrasse il portafogli. Avrebbe di certo fatto quella ricerca su internet per comprendere un po' di più la ragazza che aveva di fronte e, quando la vide abbassarsi alla ricerca di qualcosa, la osservò colmo di perplessità. «Cosa sta cercando?» Chiese ripercorrendo mentalmente il tempo passato assieme a lei alla ricerca di un indizio a riguardo. «Temo che non avevate nulla con voi da quando ci siamo incontrati.» Disse, lasciando alla ragazza che serviva ai tavoli il necessario per coprire la sua consumazione e quella di Killian. «Miss Degan, è stato un piacere passare del tempo insieme a lei spero che avremo altre occasioni di incontrarci. Arrivederci.» Un sorriso e dopo aver aspettato la risposta da parte della ragazza, afferrando il proprio bastone da passeggio, si diresse verso l'uscita.

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