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.Mentre questa player si chiedeva che cavolo potesse farci un mini-Jason in una scuola, alla mente è riaffiorato l'amaro ricordo di quel periodo di tortura inferto da Sigurd a Jason, Philipp e Jonathan che li aveva costretti per almeno tre giorni in quella che era la favolosa gabbia dorata di figli di papà ricconi, che Jason odiava più di ogni altra cosa al mondo.
Aveva incontrato Philipp nei corridoi di quel castello e sembrava stremato da quei ragazzini, più scontroso di quanto la vita gli avesse regalato. Jonathan invece aveva iniziato a fare affari e la cosa non poteva che far piacere anche al druido: almeno uno di loro era contento di avere quei marmocchi ormonati intorno.
A proposito di ormoni, quanto diamine era stato difficile sopravvivere a quelle ragazzine che avevano stranamente affollato le serre mentre lui stava guardando le piante della docente che mancava? Insomma, tutta quella passione per magia verde gli era puzzata un po' di ormoni, ma non aveva idea del perché quelle ragazzine fossero così indecenti. Non era nato ieri e sapeva che quel loro civettare era solo il classico per chi voleva attirare l'attenzione.
Dopo quella lunga ed estenuante giornata, il druido aveva deciso di mandare un gufo a Sigurd, dicendogliene quattro, quindi salò le scale della guferia e guardò quello scempio: era tutto sporco, i poveri uccelli non avevano il giusto spazio tra loro e forse non erano nemmeno liberi veramente di svolazzare come volevano. Il suo cuore si dilaniò, un po' come quello della Greta Tumberg e la sua lotta contro la plastica e quant'altro.
«Oh, piccini...» - gutturale il suono che venne fuori dalla sua bocca, mentre allungava dolcemente una mano verso un becco. La civetta bianca in questione si avvicinò con il capino e si fece accarezzare «Se ce stava meno casino, ve portavo commè. Solo che se ve libero ora, Sigurd me fa na faccia quanto a capanna sua e della mamma che tene.» - il suo tono, per quanto roco, era dolce verso quelle bestioline.
Ricacciò una mano nella tasca e tirò fuori un sacchetto verde bosco dove aveva dei semini di zucca che avrebbe allungato verso la civetta «Te, bella, te.» - la guardava mangiare, mentre con la sinistra le carezzava il capino.Jason K. Byrne"Macché davero?!"Druido, Speziale"Parlato" - 'Pensato' - "Ascoltato"
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.La socializzazione, per Jason, era una delle cose a cui pensava tipo una volta... all'anno. Da quando era in quella dannata scuola, invece, le circostanze lo avevano portato a trovarsi circondato da ragazzini con una grande voglia di socializzare, cosa che lui non aveva intenzione minimamente di fare.
Aveva scelto la guferia proprio per ritrovare un po' dei suoi spazi, una sorta di compromesso tra lo stare in quelle quattro mura, ma comunque con delle creature amabili, inoltre voleva davvero scrivere questa lettera a Sigurd piena di dolci parole che lo invitavano a venire anche lui in Accademia per saggiare un po' della loro favolosa punizione.
Ma gli studenti, Jason lo capì troppo tardi, arrivavano ovunque. Erano come i tarli nel legno: non li senti fin quando non iniziano a rosicchiarlo dall'interno, mentre dormi, di notte. Uguali. Arrivavano alle spalle e puff! Parlavano e socializzavano, facevano domande e volevano risposte e se non le ricevevano, allora incalzavano con i loro strani modi di fare.
Oddio, non era davvero pronto a diventare padre, per quanto avrebbe voluto un giorno questa gioia. Ma un bambino denrisiano, sicuramente, non sarebbe stato come un bambino inglese (perché ovviamente tutti gli abitanti di Hidenstone erano inglesi a prescindere dalle loro origini!): un bambino denrisiano sarebbe cresciuto nella natura come un piccolo tarzan e avrebbe bruciato le tappe del combattimento diventando un vero guerriero già a pochi anni, facendosi gli anticorpi mangiando i vermi da terra e il latte dalle tette della mamma. Non come quei bambini che erano cresciuti con le babysitter, oh.
Vabbè, ma tolto questo discorso, quando arrivò Jessica, Jason aveva già avvertito i suoi passi a causa dello scricchiolio delle scale, quindi non si fece trovare impreparato quando lei parlò. «Eccerto, so io. Victoria non c'ha parlato di ste povere creaturine, me ne sono venuto qui per stare un po' in loro compagnia. E tu, invece? Che ci fai qua? Come va il mal di testa?» - non poteva comunque essere solamente un rozzo antipatico, alla fine lei era andata in infermeria quella stessa mattina, era giusto conoscere le sue condizioni, no?Jason K. Byrne"Macché davero?!"Druido, Speziale"Parlato" - 'Pensato' - "Ascoltato"
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.Se lo avesse raccontato a Philipp, sicuramente non gli avrebbe creduto. O se lo avesse fatto, avrebbe detto che solo lui poteva inciampare in studenti così strani, per il suo modo da necromante che aveva. Eppure, Jason era certo di non aver fatto niente di particolare per attirare l'attenzione di nessuno studente o nessuna studentessa, in particolare di Jessica Whitemore. Aveva capito che quella ragazzina fosse pericolosa già quando era giunta in infermeria chiedendogli qualcosa da prendere per il mal di testa. Ma lui, che era contrario a quelle medicine chimiche aveva optato per farle un massaggio e scioglierle buona parte della zona infiammata. Anche quella volta aveva dovuto mantenere un autocontrollo pazzesco, perché la ragazzina, non come molte della sua età, sembrava essere avanti e pensare ben poco allo studio, quanto più al benessere... fisico, sì.
«Sono contento che ti sia passato, adesso potrai concentrarti molto di più su... lo studio?» - azzardò aggrottando la fronte e cercando di distogliere lo sguardo dalla corvina per dedicarlo a quella civetta bianca che aveva davanti. «Maledetto Sigurd e quanti morti che tiene. Ma non ci poteva venire lui qua.» - il druido imprecava mentalmente, fino a quando la frase di Jessica non gli fece perdere qualche battito. Ma come diamine era possibile che fosse così sprucida, quella ragazzetta? «Oh, quindi sei riuscita a scaricare la tensione?» - cosa poteva chiedere? Non era nemmeno sicuro di volerlo sapere, ma insomma, lei se le tirava pure certe domande. Ma cosa insegnavano in quella scuola, ancora non l'aveva capito, ma certo era che si era molto lontani dalle teorie e pratiche del combattimento, questo ne era certo.
Lo sguardo nocciola si spostò su di lei, nuovamente, quando azzardò quella frase sul fidanzato «Per tre giorni? Lo stesso tempo di assenza dei tuoi docenti, non avrai mica una relazione con un tuo professore?» - chiese sollevando un sopracciglio e increspando le labbra in uno strano sorriso interessato in parte. Guardò verso gli uccelli in questione, poi tornò sulla ragazzina sfacciata, capendo benissimo il suo senso unico della frase che ben poco aveva a che fare con i volatili «E tu, sai prenderti cura di queste creature? Sai... hanno bisogno di molte attenzioni e se non gli piaci, non si lasciano nemmeno toccare...» - stava insegnando a Jessica come trattare le civette o stava lanciando messaggi subliminali?Jason K. Byrne"Macché davero?!"Druido, Speziale"Parlato" - 'Pensato' - "Ascoltato"
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.Quella non era una scuola, quella era il Niflheimr, la terra delle nebbie, il regno del ghiaccio e del freddo, l’inferno tra quelle graziose mura. Quei ragazzini non solo erano pieni di ormoni pronti ad esplodere, ma avevano anche la facilità di sbatterteli in faccia ed alcuni di loro lo facevano con una maestria scoppiettante, proprio come stava facendo Jessica, per l’ennesima volta. L’incontro in infermeria era riuscito a fargli capire quanto in quella scuola i problemi fossero davvero tanti, ma lo aveva capito già quando i docenti avevano deciso di andare via tutti insieme lasciando lui, Philipp e Jonathan in giro per la scuola. Dai, chi avrebbe mai lasciato loro tre a badare a quei ragazzini? C’erano tre possibili strada con un’alternativa del genere: prima opzione, sarebbero diventati tutti alcolizzati e Jonathan si sarebbe arricchito; seconda teoria, qualcuno li avrebbe fatti lottare tra loro come galli, per il puro gusto di vedere chi sarebbe sopravvissuto e – quindi – uccidere anche lui in un duello con se stesso (ciao Philipp!); terza ed ultima opzione, sarebbero diventati dei drogati di erbe medicinali, pronti a coltivarne in casa un po’ per il puro uso personale. Insomma, con un dire e con un fare, sarebbero usciti alcolizzati, pazzi omicidi o drogati; in quella scuola, però, i problemi erano proprio altri lì dentro: il sesso pareva essere il sovrano di quelle mura, Victoria aveva perso il suo regno, cedendo il trono al dio sovrano. E Jessica era sicuramente la sua ancella preferita, non aveva più alcun dubbio. La voce della ragazzina, per fortuna, interruppe quella sfilza di offese che Jason stava lanciando, insieme a qualche maledizione, verso Sigurd, che ce li aveva chiusi lì dentro «No, non sono perplesso» – certo, come no. Lo era eccome, ed era anche quasi certo che la concentrazione di Jessica valeva molto più per altro che per lo studio «… mi chiedevo solamente se ci fosse altro oltre allo studio che meritasse la sua attenzione.» – dannazione, dannati gli dèi tutti: Jason si era pentito un millesimo di secondo dopo aver proferito quella frase, di aver detto quelle parole. Era in trappola, lo sentiva, quella donnina lo aveva chiuso alle strette e sembrava così pronta a papparselo che… l’occhio cadde su quei seni che si sollevarono appena, poi tornò quasi immediatamente sul su volto «Li mortacci de Sigurd.» – sicuramente era tutta colpa del capo villaggio, era chiaro «Oh, mi fa piacere che tu abbia ottimi voti» – non voleva nemmeno sapere se fossero frutto del suo impegno scolastico o del suo impegno sessuale con i docenti «così potrai dedicare il tuo tempo ad approfondire altro. O allo sport. Sì, lo sport fa bene, ne sono certo.» – tutto quello che diceva era pericoloso, lo sentiva il sudore che gli cadeva sulla spina dorsale. Cercò di non sembrare troppo interessato al fatto che non si fosse alleggerita la sua tensione, anzi, provò a dedicare le proprie attenzioni alla civetta lì vicino, ma quando la ragazzina commentò di nuovo si trovò ad incrociare, senza possibilità di evitarlo, il suo sguardo. Era davvero in trappola, o almeno così si sentiva. «Non me ne verrebbe niente in tasca a dirlo alla tua preside. Avete troppe regole qui dentro e quelle che ci sono, a mio parere, sono sbagliate.» – ammise con un sorriso gentile, scrollando appena appena le spalle. Quella ragazza sapeva sicuramente come usare il suo corpo come un’arma e ne dava sfoggio senza troppe remore. Voleva soffocare a quel doppio senso, quasi voleva gettarsi giù dalla torre, ma esternamente non mostrò alcun disagio, continuava a sorridere, mentre lei si avvicinava a lui. Odino solo poteva sapere quanto Jason avrebbe volentieri ceduto alla tentazione.
Il druido mosse qualche passo verso di lei, quasi giungendole, se lo avesse permesso, a pochi centimetri dalla ragazza. Se avesse potuto avrebbe sollevato il suo mento con le dita della grande mano, in sua direzione, mostrandosi in tutti i suoi due metri e più a far ombra sulla ragazza «Probabilmente nessuno di loro si è lamentato perché si accontentano di poco.» – ovviamente stavano parlando di volatili giusto? Se quella vicinanza sarebbe stata concessa, Jason avrebbe fatto scivolare le sue dita verso il collo di lei, in una carezza leggera, quasi come a volerne saggiare la pelle morbida, quindi più giù a sfiorare i bottoni di quella divisa che aveva iniziato ad aprire mostrandole la pelle «Ma non tutti gli uccelli sono uguali» – mormorò con un filo di voce, come se stesse cercando di creare intimità tra loro. Se non lo avesse allontanato, le sue dita avrebbero giocato su quella clavicola, dolcemente, come un tocco di piuma sull’epidermide di Jessica, quindi avrebbe provato ad avvicinare anche il suo volto a quello di lei, tenendolo con l’altra mano non occupata sulla pelle «Alcuni uccelli, non mangiano dalla stessa mangiatoia,» – e così dicendo avrebbe soffiato appena quelle parole sulle sue labbra, mentre le dita avrebbero lasciato il volto e mentre parlava avrebbe tentato di riallacciare il bottone di Jessica «Io qui ho finito, lascio a te la pulizia delle gabbie, tornerò a controllare più tardi che sia tutto a posto.» – le fece un occhiolino e la superò «Buonaserata, Jessica.» – alzò una mano, scendendo di nuovo le scale che lo avevano portato fin là.Jason K. Byrne"Macché davero?!"Druido, Speziale"Parlato" - 'Pensato' - "Ascoltato"
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