Don't Stop Me Now

Special Contest - Merry Christmas

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    Sigurth Bjornhethin Leiksun Gunnarsson
    Predone | 27 anni
    Era una giornata normale al villaggio di Denrise, Sigurth nonostante il freddo invernale indossava una semplice mezze maniche blu, aveva appena finito di ripulire lo scafo della Drakkar di Olaf Andersson dai molluschi che si erano attaccati sotto la nave con un Gratta e Netta. Quel vecchio Predone doveva decidersi a ritirarsi a vita privata oppure a fare dare una sistemata con un incanto allo scafo per impedire che le cozze potessero attaccarsi nuovamente. Era lì a cazzeggiare, dopotutto aveva finito e non sarebbero salpati nuovamente prima dell'alta marea quando il suo sguardo si posò su una ragazza che veniva dal Porto. Occhi grandi ed espressivi, di color giada, capelli mossi color del rame, tenuti in ordine da un fermacapelli a forma di farfalla e un corpo slanciato con le curve tutte al posto giusto. Non era del luogo, si capiva da un solo sguardo: jeans attillati, un paio di scarpe da ginnastica converse e una giacchetta di pelle nera. «Hey bellezza, stufa di mammolette e sei venuta qui a cercare uomini veri?» Si sarebbe avvicinato alla ragazza che avrebbe continuato a camminare lungo la strada maestra mentre Sigurth continuava a seguirla. Cercando di attaccare bottone con lei. «Hey tranquilla, se hai il ragazzo io non vado a dirgli nulla, quel che succede sull'isola resta sull'isola. Se vuoi conosco un posto dove potremmo andare.» Il modo in cui ancheggiava, decisamente attirava l'attenzione, Sigurth che le era dietro si godeva lo spettacolo mentre dei fischi di apprezzamento arrivavano dalle finestre dei primi piani degli edifici lungo la via. «Hey Sig, finalmente sei tornato! Lascia perdere quella sciacquetta e vieni da me!» Il sorriso di Sigurth si allargò sul volto agli apprezzamenti di Vikka. Tuttavia c'era una legge non scritta a Denrise, a tutte le ospiti qualcuno avrebbe dovuto fare provare il pesce Denrisiano, sia mai che le piacesse e decideva di rimanere per continuare a gustarlo.

    Samuel Starosta
    by RevelioGDR


    Edited by Sigurth Gunnarsson - 2/12/2021, 12:34
     
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    Il blocco che il capovillaggio Sigurd aveva indetto era una gatta da pelare per i ministeriali inglesi, Samuel lo sapeva benissimo. Dal canto suo, però, una traversata in mare non gli avrebbe mai impedito di rinunciare a Denrise. Sull'isola aveva studiato, costruito amicizie, e trovato i miglior negozianti al mondo. Era dunque con un cuore pieno di speranza che si era imbarcato sulla prima nave in partenza da Londra. Nel tragitto aveva avuto persino il piacere di giocare con un piccolo gruppo di Delfini; il che, per un appassionato di magibiologia, era la ciliegina sulla torta.
    «Grazie mille per il passaggio» Un inchino verso il capitano della nave - un vecchiaccio dalla pelle incrostata nel sale dura come il cuoio di drago - e dunque fu libero di lasciare la nave. Il piede destro superò il bordo in legno e tendendo le gambe con uno scatto arrivò sul molo. Nulla di più facile per chi dell'atletica aveva fatto scudo tra la vita e la morte.
    Denrise sapeva accogliere le persone che riteneva degne con brezze calde e paesaggi meravigliosi, ribaltando navi e affogando tutti i restanti. Qualcosa aveva portato l'auror nella grazia dell'isola e dunque, con dei chino kaki, un gilé in lana di marca blu navy, e sotto una camicia azzurra come il cielo sopra di lui, Samuel continuò imperterrito a vagare nelle strade del villaggio. Il capo a scivolare a destra e sinistra, dunque in alto e poi in basso, verso la mappa, che teneva al contrario, inutile per trovare il negozio che cercava.
    Fu una serie di fischi poi a bloccarlo come in preda di una potente magia.
    I suoi sensi da paladino si erano risvegliati nel notare un uomo largo il doppio e alto almeno una spanna in più intento a fischiare a una palese non denrisiana. Con la donna aveva condiviso il tragitto scambiando però solo poche parole. Il gesto, però, non gli andò di traverso.
    Le mani piegarono la cartina con meticolosa cura, la stessa di un aracnide che fa su la sua preda. Quando il fagotto venne portato nella tasca sinistra dei pantaloni, la destra estrasse la bacchetta trascinata poi dietro la schiena, lontana da occhi inopportuni.
    «Signore» Una voce giovane quella che si rivolse al possente Sigurth a una decina di metri di distanza. «La prego di lasciare andare la signora o temo che dovremo incrociare le bacchette» Così come la gentilezza era la sua chiave per far sbocciare i fiori più timidi, il ragazzo sperava che potesse anche portare a galla il buon senso dei più rozzi.
    D'altronde gli schiantesimi stessi erano una chiave per piegare i rampicanti più scomodi.

    «Parlato»
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    Sigurth Bjornhethin Leiksun Gunnarsson
    Predone | 27 anni
    Una voce quasi fanciullesca gli ingiunse di fermarsi, chi cazzo era che si permetteva di fermarlo? Un collega? Forse gli avrebbe dato ascolto, forse, se il rispetto per lui era abbastanza. Ma quando i suoi occhi si posarono sulla figura del ragazzo rise. «Che cazzo vuoi ragazzino? Se vuoi il suo stesso trattamento non cercare me, torna da quei Damerini inglesi.» Poi il suo sguardo si posò sul distintivo da Auror che il tipo portava con sé esposto. Un sorrisetto sfrontato comparve sul volto del Predone mentre una mezza risata scaturì dalle sue labbra. «Non hai giurisdizione qui a Denrise, cane Ministeriale, ti invito a mettere la coda tra le gambe e tornare al tuo prezioso Ministero.» Non avrebbe perso tempo con un lattante, eppure, con quella distrazione aveva perso di vista la bellezza dai capelli color rame, si era dileguata come un Demiguise alla prima occasione utile. «Ecco, sei felice? Se ne è andata. Tu vorresti sfidare me?» Il tono di voce era un misto tra stupore e divertimento. Non avrebbe dato al ragazzo la soddisfazione di causare lui per primo un incidente diplomatico tra Denrise e Londra, se l'Auror voleva sfidarlo doveva essere lui a scagliare il primo incantesimo e, in quel caso, oh sì che avrebbe accettato la sfida. D'altro canto il Gunnarsson non si sarebbe mai tirato indietro da uno scontro, e dall'ultima rissa per difendere il proprio onore era passato un po' di tempo, una macchia. Il Predone avrebbe fatto alcuni passi verso il ragazzo, palesemente divertito. «Sei solo un ospite qui, e probabilmente è proprio per questo che non hai idea di chi sia io o con chi tu ti stia mettendo contro. Gira i tacchi e avrò la gentilezza nei tuoi confronti di fare finta di non aver sentito nulla uscire dalle tue labbra.» Ormai erano a poca distanza tra loro, forse un metro scarso li separavano.
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    Le parole di Siguth erano taglienti come il vento ma ci vuole un uragano per smuovere la quercia secolare. Forti le radici, l'albero non può cadere.
    Samuel aveva avuto più di un motivo per dubitare del ministero negli ultimi mesi: la gestione completamente priva di senso logico o politico della Bacchetta di Olivander, il mancato risarcimento per quanto speso per recuperarla, e la consapevolezza che il più spietato tra i Corvi si aggirasse tra i suoi colleghi. Eppure, tutto quello si era rivelato accessorio, strati su strati accumulati sopra un anello principale: se l'ascia non sapeva arrivare fino al centro, l'albero non poteva essere abbattuto.
    Neanche lui era più così confidente nel ministero, ma i suoi ideali... I suoi ideali erano altra cosa.
    «Ha ragione, signore» Un calmo cenno del capo verso Sigurth per squadrarlo, nel mentre, dalla testa ai piedi. «Qui non ho giurisdizione» D'altronde non avrebbe avuto averla, e non ne aveva avuta neanche a Phantom Alley. Ciò non gli aveva impedito di spezzare un Emissario della Morte o dilaniare quel grottesco cumulo di Ectoplasma che era diventato Olivander.
    «Oh, non si preoccupi, vedo che ha colto la lezione» Il capo a ruotare verso la donna ormai scomparsa nella folla o tra le ombre. Un sorriso d'orgoglio nel notare come il Denrisiano si fosse astenuto dal seguirla.
    «Mi scuso per non averla riconosciuta. Sono certo che non sia il capo villaggio, è forse stato eletto ad Anziano Druido? O è magari il capitano di qualche nave?» No, non era nessuno, ma nella sua ingenuità Samuel chiese comunque. Voleva sapere, il ragazzo. Nel suo apparire innocente come un fiore più di un denrisiano lo aveva sottovalutato, ignaro di come le sue spine potessero essere mortali, o taglienti a sufficienza da far impallidire il vento, ma con tutti loro era finito ad avere buoni rapporti.
    «E comunque se cerca di fare colpo su una Inglese posso consigliarle di parlare dello Shampoo che usa, ha dei bellissimi capelli» La testa inclinata verso destra a osservare la folta chioma di Sigurth, sporca dal poco sale della traversata trascorsa. Un sorriso ambiguo a tradire l'onestà di quelle parole «Ora, se permette, questa è la strada che devo seguire e quindi le devo chiedere di lasciarmi passare».
    Dieci metri di distanza, un metro.
    La creatura che sottovaluta la pianta finisce per essere divorata.

    «Parlato»
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    Sigurth Bjornhethin Leiksun Gunnarsson
    Predone | 27 anni
    Sangue e gloria nei campi di battaglia: Hobgoblin, troll della foresta erano state le ultime creature che il Predone aveva abbattuto, nelle profondità di Niflheimr, quando Kwaku si era perso là sotto. La sua sfida alla voce sconosciuta che controllava i Troll. L'eco delle sue imprese là sotto, di come aveva decapitato un troll con un Diffindo Maxima si era sparsa per il villaggio al suo ritorno e sarebbe riecheggiata nell'eternità grazie alla stessa, imbalsamata e posta sul camino della propria casa. Il vento e le onde lo trasportavano lontano dalle amate coste di Denrise, rendendolo al contempo libero di poter esplorare. Ogni orizzonte per lui era un nuovo inizio, i Corvi di Odino sorvolano nuove frontiere e lui, messaggero del Padre degli Dèi non si sarebbe tirato indietro di fronte a quel ragazzo. Quel piantagrane si stava forse prendendo gioco di lui con quelle parole? Il Predone pensò di no, sembrava realmente curioso, tuttavia non fece il suo stesso gioco, anzi lo guardò dritto negli occhi per dirgli. «Sigurth Bjornhethin Leiksun Gunnarsson.» Il nome non gli avrebbe detto nulla, ovviamente, ma se avesse avuto l'accortezza di andare ad informarsi presso i propri conterranei avrebbe certo potuto sentire le gesta del figlio di Gunnar che a soli dieci anni aveva inseguito un Erkling uccidendolo nella sua tana dopo che aveva rapito quel testone di suo fratello Vikard. «In effetti no, non permetto. Non prima che tu ti scusi con me per avermi fatto perdere di vista quella bellezza.» Un sorriso, sbarrando la strada con la sua stazza all'Auror. Il dolce suono delle sue scuse sarebbe stato quasi pari alla dolcezza dell'idromele, mostrando come per un ennesima volta il Ministero della Magia Britannico fosse privo di nerbo. Sigurd avrebbe dovuto prendere atto di ciò, Denrise non era una colonia britannica.
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    Samuel Starosta
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    Aver salvato un grande eroe come Kwaku non era cosa da poco, Samuel ci avrebbe messo la mano sul fuoco... se solo avesse potuto saperlo. Bisognava essere estremamente forti per sconfiggere uno dei quattro eroi della lega duelli... Creature divine o combattenti formidabili.
    Ricordava ancora, Samuel, quel giorno d'Estate in cui aveva sconfitto Kwaku a sua volta. Un duello ammirevole in cui forse il Superquattro e l'anziana Varvara si erano trattenuti, ma il ragazzo lo aveva fatto a sua volta e lo stesso poteva dirsi del capo squadra Olwen.
    «Che bel nome, è così tanto lungo» Il nome, si intende, però anche altro se sei alto tipo due metri. Con silenzio e cura la bacchetta comparve dal nulla e nella stessa grazia venne riposta nella sua fondina. Ogni movimento dell'auror sembrava etereo, impossibilitato a generare un qualsiasi rumore. Un fantasma tra i vivi, sopratutto dopo aver trionfato sulla morte così tante volte.
    «Auror Samuel Starosta» Avrebbe potuto omettere tranquillamente la prima di quelle tre parole, ma gli venne naturale di fronte alle quattro di Sigurth. Ancora l'ennesimo sorriso a brillargli in volto, le labbra tese così come la mano, ora, in attesa che l'altro porgesse la sua.
    Di imprese da raccontare lo Starosta non ne aveva, la storia che si era lasciato alle spalle aveva così poco spessore, e spesso lo stesso valeva per la sua soglia delle attenzioni.
    Come un torrente in pieno, dunque, sopraggiunsero le domande. «Dunque lei sarebbe un Capitano? O un anziano druido? O nessuna di queste cose?» La schiena a piegarsi verso il basso per esaminare ogni dettaglio del predone, come se da amante di magibiologia credesse d'aver di fronte un albero con una storia da raccontare. «O forse abbiamo già combattuto nella Lega dei duellanti?» Sigurth Bjornhethin Leiksun Gunnarsson, il campione della lega... Come sarebbe suonato bene.
    «Mi scuso per averle fatto perdere di vista quella signora» Scuse sincere, ma non mancò di correggere l'altro. Il sorriso arrogante del Predone in contrasto con quello genuino dell'Auror «E la ringrazio per il buon senso di non aver istaurato un combattimento con me». Questa volta l'empatia dell'altro gli avrebbe saputo indicare come l'inglese sapesse chi, in caso di duello, avrebbe facilmente vinto.
    Sconfitto il campione di Denrise, cosa poteva esserne di uno tra i tanti abitanti? «Anche se non le nego che in preparazione del prossimo duello della lega sarebbe stato divertente testare qualche tattica» una risata strozzata. «Ora, se mi promette che lascerà stare la signora ormai scomparsa, posso tornare ad acquistare i miei fiori» L'indice venne portato al mento e lo sguardo esaminò l'area alla ricerca della giusta via da percorrere.

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    Sigurth Bjornhethin Leiksun Gunnarsson
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    Starosta eh? E quindi que ragazzetto era uno dei pochissimi che aveva sconfitto Kwaku in un duello eppure sembrava uno sbarbatello senza alcuna esperienza di vita. «Un Capitano, no. Un Druido, nemmeno. Ma come Heimdallr veglia su Ásgarðr io veglio su Denrise.» Non si sarebbe curato di spiegare allo spagnolo chi fosse la divinità norrena a cui aveva fatto riferimento, probabilmente l'auror conosceva meglio la controparte fumettistica Marvel. Da quando era sceso nelle profondità di Niflheimr e aveva parlato con la Druida Marina aveva compreso quale fosse il proprio Urðr, il proprio destino. Vegliare su Denrise, farsi protettore di quella cultura senza pietà alcuna verso il mondo esterno marcescente. La civiltà moderna si era rivelata un tumore, una malattia purulenta, da estirpare il più velocemente possibile. «Sarà un piacere per me incrociare le bacchette in duello, a Londra.» Disse infine, incrociando lo sguardo con l'Auror per poi scostarsi alle sue parola di scusa per proseguire il proprio cammino e lasciar proseguire il ragazzo per la sua strada. Per quando quel piccolo contrattempo avesse fatto perdere di vista la ragazza il Predone avrebbe percorso il dedalo di vicoli e stradine che componeva il villaggio di Denrise e, una volta che fù in un luogo appartato, un sorrisetto furbo andò a comporsi sul volto barbuto di Sigurth. Se il Gunnarsson era sicuro di una cosa, ci si intestardiva fino a risultare ferreo. Controllò che nessuno lo stesse seguendo e, chiudendo gli occhi per un momento, richiamò a sé il proprio potere magico per assumere le sembianze di Huginn e Muninn, i corvi di Odino, un rapido colpo di ali e l'animagus si sarebbe levato in volo per poter cercare il proprio obiettivo utilizzando a suo favore l'altezza per poter controllare le vie di Denrise. Era il prescelto di Thor Odinsson, nessuno poteva dirgli di fermarsi quando si poneva un obiettivo in testa.
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    Lo sbarbato si ritrovò ad annuire con fare innocente. Quella dei maghi e delle streghe è una delle civiltà più particolari. Mai, come in nessun altro contesto sociale, le dinamiche di potere erano così alterate.
    Dove la barba rappresentava forza e virilità, perché appartenente agli uomini e ai loro muscoli, per i maghi era un mero simbolo di saggezza, collegato all'anzianità, da cui deriva la saggezza. Invero, però, anche le streghe prive di barbo sapevano essere tanto sagge quanto letali.
    La stessa terra di Denrise vantava tra i druidi più potenti una donna, Naga Bertog. Hogwarts era stata fondata da due donne, tanto abili con la magia quanto prive di peli... forse.
    Samuel non vantava le capacità delle tre figure qui sopra ma sapeva cavarsela in duello. Kwaku ne era un esempio anche se, a dirla tutta, era stato il signor Olwen ad apportare il grosso del danno.
    «Ah, quindi è un burocrate del porto» Un sorriso innocente e gli occhi a brillare d'una lucidità che pensava fosse abbastanza. Heimdallr era a guardia del ponte che collegava Asgardr al resto, il signor muscolo doveva essere dunque di guardia ai porti.
    "Scommetto che ha molto da fare" La situazione tra Londra e Denrise era ogni giorno più tesa.
    «Oh, quindi è iscritto alla lega dei duellanti? Sono certo che da uno scontro con lei, signor Gunnarson, potrò solo che imparare» Concluse lui chinando il capo per mostrare rispetto, dando dunque modo all'altro di allontanarsi. Un ultimo saluto si sarebbe disperso nel vuoto che li separava, senza lasciar trasparire ombra alcuna di sospetto. Del resto l'Auror calava l'ascia, non emanava la sentenza, l'intuito non era il suo forte e l'empatia - unica lente che avrebbe mostrato il cuore di Sigurth - s'era appannata di fronte alle fantasie.
    Affrontare un denrisiano era sempre un piacere e lo stava pregustando già da ora.
    Strade separate il ragazzo avrebbe continuato sulla sua ricerca, perdendosi a sua volta nei vicoli stringendo al contrario una mappa ora incomprensibile.

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