Scream

Cam&Lilith

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    Cameron Cohen
    Un colpo secco ed il bolide volò lontano, sferzando l'aria e scontrandosi contro il palo di uno degli anelli, ritornando indietro con furia, puntando proprio la faccia di Cameron. Era buio, la sera era inoltrata e non mancava molto al coprifuoco, ma si sentiva carico come una molla e doveva in qualche modo distrarsi. Aveva appena fatto sesso con Elisabeth all'interno degli spogliatoi femminili? Sì, lo aveva fatto. Un altro colpo ed il bolide si allontanò nuovamente. Se l'era fatta sotto la doccia, infatti i suoi capelli erano ancora gocciolanti d'acqua ed il profumo che emanava la sua pelle, stonava drasticamente con l'odore di sudore e terra che aleggiava attorno alla sua divisa, usata anche prima del misfatto con l'amica. Il bolide tornò indietro veloce e prepotente colpendolo quasi in petto, ma il dioptase era pronto con la sua mazza -quella da gioco, stavolta- a colpirlo con tutta la forza che aveva in corpo, spedendolo lontano anni luce da dove si trovava lui, tanto che rimbalzò contro le tribune, creando un bel cratere e bloccandosi lì. Notandolo. Cameron si stupì e si fermò, lasciando cadere la mazza pesantemente a terra, sospirando. Si era davvero sfogato e non pensava nemmeno di avercela, tutta quella rabbia in corpo. Si passò una mano tra i capelli, ormai tutti appiccicati alla fronte, poi si voltò nella direzione dalla quale era venuto. Ormai Liz doveva essere chissà dove a fare chissà cosa, mentre lui era lì a demolirsi le mani e a demolire lo stadio in preda ad una cieca rabbia verso se stesso. Aveva fatto una cosa davvero stupida e lo sapeva, per quanto non se ne pentisse, tuttavia Mia non si meritava quel trattamento, era sempre stata meravigliosa con lui e lo aveva fatto sentire amato per la prima volta dopo tanto tempo. Un urlo liberatorio e primordiale gli partì dalla bocca dello stomaco ed uscì dalle sue labbra, abbracciando lo stadio con ferocia come un incendio indomabile. Si sentiva davvero più leggero, ora.
    20 y.oStudenteDioptaseII annoFrom Oslo
     
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    "Parlato" - 'Pensato' - "Ascoltato"

    Lo stadio, quello si che era il posto migliore per allenarsi prima del coprifuoco. Quella sera, poi, era anche di guardia, quindi avrebbe sicuramente prolungato i suoi allenamenti, così da fare il giro di ronda partendo proprio dallo stadio. Aveva indossato un leggins aderente grigio antracite con delle finiture color lime ai lati delle cosce, scarpette nere e un top corto a mezzo busto, con sopra una felpa nera, di cui aveva infilato il cappuccio sui ricci legati in una coda alta.
    Aveva ficcato le proprie cuffiette bluetooth nelle orecchie e aveva messo su un po' di musica, così da iniziare dal cortile la sua corsa.
    Le piaceva correre di sera, soprattutto quando poi doveva fare il giro di guardia, così da poter restare più a lungo fuori.
    Lo stadio era la sua meta primaria, lì a quell'ora non ci sarebbe stato nessuno e lei avrebbe potuto svolgere i suoi esercizi in santa pace e soprattutto si sarebbe potuta stendere al centro del terreno e guardare verso l'alto, spiando verso gli anelli e cercando di immaginare il suo mondo.
    Le piaceva quella parte della scuola e lo aveva scoperto circa l'anno scorso, quando aveva scelto quel posto in primavera per studiare.
    «Tell me exactly what am I supposed to do
    Now that I have allowed you to beat me
    Do you think that we could play another game?
    Maybe I can win this time»

    Quella era una delle canzoni che più adorava, soprattutto per il ritmo con cui riusciva a seguire gli allenamenti senza rallentare. Erano giorni che il pensiero di riprendere a danzare le girava per la testa e ogni volta che analizzava la situazione non riusciva ad uscirne senza una soluzione unica, rimaneva sempre in bilico nel proprio dubbio da sciogliere. Quella sera era accaduto di nuovo e, probabilmente, aveva pensato che quella corsa potesse rischiarirle le idee, almeno un minimo.
    Arrivata alle porte dello stadio, Lilith si fermò, riprendendo fiato e sentendo il calore delle sue guance scontrarsi con il vento fresco di ottobre. Calò le cuffiette per godere di quel silenzio serale e fu in quel momento che un urlo risuonò ben oltre i cerchi delle gradinate.
    Lilith sgranò lo sguardo, sussultando e facendo qualche passo indietro, come se la sua decisione di entrare lì dentro stesse tentennando. Non aveva con se la bacchetta, poteva essere pericoloso se qualche terrorista squinternata (ciao Cora! come va?!) avesse liberato qualche creatura nello stadio. D'altro canto, però, il suo essere Prefetto la spingeva almeno ad accertarsi quanto fosse alto il periocolo.
    Prese un grande respiro e gonfiò il petto, per poi far scivolare fuori l'aria dal naso e iniziare ad avanzare con cautela all'interno del campo.
    Si guardò a destra e manca per accertarsi che tutto fosse in regola e tra un viaggiare da un lato e l'altro del campo, notò come al centro ci fosse qualcuno. Aggrottò la fronte e assottigliò lo sguardo, come a voler mettere a fuoco il tutto e ... fece grosse falcate, riprendendo a correre nella direzione dello studente «Cam?» - si fermò a pochi passi da lui, guardando il ragazzo con un po' di affanno dovuto all'allenamento «Cohen... che ci fai qui?» - il suo tono non era inquisitorio, piuttosto mal celava una preoccupazione mentre guardava alle spalle del ragazzo, quasi a volersi accertare che non fosse stato aggredito da niente e nessuno. I suoi occhi cristallo, poi, si fermarono sul volto del concasato.
    Lilith Clarke

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    Cameron Cohen
    L'urlo riecheggiò nello stadio per un bel po', rimbalzando sulle pareti di pietra, scivolando tra gli anelli ed incanalandosi nell'aria. Risuonò dentro il suo petto come una cassa di risonanza, facendogli percepire un bruciore alla cassa toracica. Un dolore sordo, cieco ed indomito.
    Ma si sentiva un po' meglio e forse poteva ragionare più lucidamente, cercare di trovare una vera soluzione a ciò che aveva fatto, cercando anche di discolparsi da qualcosa su cui non aveva il potere, come le emozioni che lo avevano travolto prorompenti.
    Era così preso dai suoi pensieri e da se stesso, che nemmeno si accorse della persona che si stava avvicinando, sebbene non avesse nulla ad ostacolargli l'udito. Ma in quel momento non riusciva proprio a rimanere mentalmente nel mondo, era come estraniato dalla realtà e vedeva solamente ciò che aveva fatto, l'immagine vivida in testa. Quando sentì la voce, non riuscì ad identificarla subito come quella di Lilith, infatti sollevò il pugno. Tu cosa cazzo vuoi? Domandò, girandosi e pronto a mollarlo contro chiunque fosse venuto a disturbarlo ma... quando si accorse di trovarsi dinanzi la riccia prefetta dioptase, lasciò cadere il braccio lungo il corpo, senza però rilassare la mano che rimase dolorosamente chiusa a pugno.
    Lilith la appellò quasi più in affanno di lei, sebbene lui non avesse corso, al contrario suo. Cosa ci fai tu qui replicò quasi non si ricordasse che i prefetti dovevano fare le ronde a rotazione ogni sera, oppure non gliene fregava niente in quel momento. Si passò una mano tra i capelli, scollandoseli dalla fronte. Erano ancora leggermente bagnati dall'impuro atto commesso sotto la doccia. Comunque io sono qui per... allenarmi biascicò, per quanto non fosse affatto vero. Ogni tanto gettava delle occhiate allo spogliatoio, ma sapeva bene che Elisabeth se n'era già andata da diverso tempo e che era solo allo stadio, salvo poi l'arrivo della Clarke. Vuoi togliermi qualche punto o fare rapporto? O magari correre dal tuo fidanzatino? Domandò a macchinetta, cercando di trattenere la rabbia che gli esplodeva con violenza nel petto.
    20 y.oStudenteDioptaseII annoFrom Oslo
     
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    "Parlato" - 'Pensato' - "Ascoltato"

    La reazione di Cameron quando lei gli giunse alle spalle, era da aspettarsela. Alla fine dei conti non era mai un bene raggiungere da dietro qualcuno che stava urlando manco fosse Tarzan su una liana, soprattutto se questo poteva essere un irrascibile Cameron Cohen pronto a sferrare un pugno verso di lei.
    Lilith fece un passo indietro, alzando entrambe le mani «Owh» - mormorò come un coro da stadio, quindi aggrottò la fronte a quella sua reazione. Che diavolo gli prendeva? Non ricordava Cameron così da quando lo aveva trovato in giardino a rischiare di essere espulso.
    Gli occhi celesti di Lilith seguirono il braccio, mentre lui parlava, e notarono quel pugno ancora irrigidito.
    Premettiamo che a Lilith interessava di poche persone, forse di nessuna a meno che non si parlasse di Blake, ma per Cam aveva avuto sempre una specie di istinto conservativo. A differenza di quello che si aspettava, aveva fatto in modo che Mark non lo facesse espellere, uscendone pulito da quello che era successo, anzi, difendendolo pure.
    Lilith si preoccupò solamente di osservarlo, mentre sentiva le risposte alle sue domande e quel tono di scazzo che apparteneva ad un Cohen diverso.
    Notò i suoi capelli bagnati, quindi con la coda dell'occhio guardo dietro le proprie spalle, forse c'era qualcun altro? Perché Cohen guardava verso gli spogliatoi?
    Le sue ultime parole le fecero irrigidire la mascella, ma la riccia tirò un respiro profondo e non rispose a nessuna di quelle domande. Cercò di fare un passo verso di lui e, inaspettatamente, fulminea tentò di afferrare la mano che aveva stretto a pugno «Ti farai male, allentala.» - avrebbe detto, se fosse riuscita nel suo intento, con un tono basso, quanto più possibile e morbido, seppur pareva distaccato. Sollevò lo sguardo dal pugno alla sua mano «Cohen, smettila. Non sono qui per toglierti niente. Ero di ronda, vero, ma...» - avrebbe fatto cadere il suo braccio, quindi, liberandolo dall'eventuale presa e poi facendo un passo indietro «Sai, anche io vengo spesso qui per urlare da quando io e "il mio fidanzatino" ci siamo lasciati.» - ammise, sollevando il naso all'insù, verso i cerchi, con un sorriso che poi porse al concasato «Non prendermi in giro, Cam. Che cazzo ti prende? Non ti vedo così dai tempi di Mark e la cosa mi preoccupa.» - forse per la prima volta stava ammettendo la premura che aveva nei suoi confronti.
    Lilith Clarke

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    Cameron Cohen
    Non avrebbe mai alzato veramente un dito su Lilith; la sua fu solamente una reazione istintiva non appena sentì di avere qualcuno dietro, ma quando si accorse trattarsi della prefetta, abbassò le mani e prese un respiro profondo. Osservò il suo indietreggiare senza battere ciglio, un'espressione sconfitta sul volto duro. Cosa aveva appena fatto? Si era scopato la sua migliore amica dentro una doccia negli spogliatoi, aveva tradito Mia ed il problema era che fosse stato bellissimo, non se ne pentiva minimamente e probabilmente lo avrebbe rifatto, se solo si fosse trovato davanti la fonte della sua così alta carica sessuale.
    Forse era tornato il Cameron di una volta, quello che aveva dato fiducia a Mark, quello che non faceva altro che prendere in giro Mia, quello che si scopava qualsiasi ragazza decente gli capitasse a tiro, era tornato ad essere quello che aveva sempre odiato. Il fatto era che Mia lo aveva totalmente cambiato e dopo ciò che aveva fatto, era stato avvolto da un senso di freddo vuoto, consapevole che non avrebbe potuto portare avanti la farsa con Mia in eterno, prima o poi sarebbe esploso ed avrebbe fatto qualche cazzata -oltre a quella, ovviamente- che lo avrebbe portato a rovinare definitivamente la loro relazione che, comunque, non era stata tutta rosa e fiori.
    Era così accecato dal dolore che non fece in tempo a reagire allo scatto di Lilith, non riuscì a scansarsi e quando gli aveva preso la mano, non fece assolutamente nulla per sottrarla dalla sua presa, limitandosi a seguire il suo consiglio. Distese i muscoli e mollò il pugno, sbuffando.
    Non sei la mia cazzo di madre, Clarke la ammonì minaccioso, ma sotto sotto le era grato di non averlo mandato a cagare subito, come avrebbero fatto molte altre ragazze in quella situazione. Non lo avrebbe mai razionalizzato, ma aveva bisogno di non essere lasciato solo, non in quel momento così delicato, sebbene la cazzata l'avesse fatta tutta lui.
    Tu e Mister "sono più figo di voi perché ho i soldi", vi siete lasciati? Quindi ho qualche speranza? Domandò ironico, avvicinando pericolosamente il viso a quello di lei, dopo che ebbe lasciato la presa. Non l'avrebbe mai baciata in quel momento, peggiorando la sua situazione né aveva bisogno di attirarsi le ire del biondino. Non che gli importasse, ma in quel momento aveva ben altro a cui pensare che un coglione da "due pesi e due misure".
    Ti preoccupa? Le fece eco con una risata amara, scuotendo la testa, prima di sistemarsi il ciuffo castano, piovuto sugli occhi a causa del movimento del capo.
    Io sono sempre stato così, solamente che voi stupide ragazze con gli occhi a cuoricino, vedete in noi sempre il meglio. Tu e Mia siete uguali, se ci pensi. State vedendo il bello di due persone di merda, potreste essere ottime amiche. Commentò allontanandosi di qualche passo e raccogliendo la mazza che aveva lasciato cadere a terra.
    20 y.oStudenteDioptaseII annoFrom Oslo
     
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    Quando sentì la mano di Cameron allentarsi, un sorriso dolce si distese sul suo volto. Non lasciò ancora quella mano, fino a quando non lo sentì ammonirla. Scrollò le spalle e sollevò gli occhi al cielo «mi vedi con una ciabatta in mano a ricorrerti per il campo, Cam?» - cercò di alleggerire un po' la situazione, mentre lo guardava e nascondeva la preoccupazione dietro quegli occhi di cristallo. Ancora non si spiegava perchè per Cameron aveva interesse che non facesse cazzate, ma era così e Lilith non poteva farci nulla. L'era grata per non averla mandata via di nuovo, probabilmente se lo avesse palesato come desiderio, non sarebbe nemmeno stato così facile farle cambiare idea, ma quella era un'altra storia.
    Sospirò, terminando con un sorriso e incrociando le braccia sotto i seni. Il capo si piegò verso sinistra, mentre le punte dei suoi capelli si tingevano appena appena di rosso, così come le sue guance che mal celavano l'imbarazzo di quella sottospecie di complimento un po' rozzo e quella vicinanza improvvisa dalla quale lei non si tirò indietro, rimanendo ferma e tranquilla, come a volergli dimostrare che si fidava di lei, oltre che fosse fin troppo orgogliosa e fiera per mostrargli un cenno di indietreggiamento «Non credo che Mia sarebbe d'accordo e poi... La speranza è sempre l'ultima a morire, Cohen.» - gli sussurrò, sollevando un sopracciglio mentre fece palesemente scivolare le iridi sulle labbra del ragazzo, prima di tornare al suo volto.
    Ascoltò le sue parole, pesando bene quello che il ragazzo stava dicendo «Hai visto dei cuoricini nei miei occhi? O mamma, devo iniziare a preoccuparmi.» - rispose con del sarcasmo, snervandosi appena all'idea di lei e Mia amiche «E tu e Blake sembrate avere dei gusti molto simili, in fatto di donne con la sindrome da crocerossina. Ora, se hai finito di fuggire» - disse seguendolo verso la mazza «puoi spiegarmi cosa è successo. Altrimenti sarò costretta ad usare quella mazza sulla tua testaccia dura e vedere chi delle due si rompe prima.» - gli sorrise in maniera limpida, seppur la minaccia che gli aveva appena fatto.
    Lilith Clarke

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    Cameron era stanco, spossato. Non tanto dal sesso con Elisabeth, quanto più dalle sue responsabilità che gli gravavano sulle spalle come due pesanti macigni. Il suo cuore sembrava essersi ristretto, prosciugato. Lui si sentiva prosciugato, inutile, sporco. Aveva appena tradito il fiore più puro di tutta la scuola. Una biondina dall'enorme sguardo azzurro, dai modi dolci e delicati e dalla combattività di una tigre. Cosa aveva fatto? Sospirò, passandosi una mano sul viso.
    Allora no, non puoi essere mia madre. Rise, ma non era una risata allegra, era amara, piena di qualcosa che non avrebbe dovuto esserci, in un diciannovenne. Era ironia poiché sua madre aveva perso l'uso delle gambe tanti anni prima a causa del padre suo e di Arya, quindi sarebbe stato assai difficile che lo rincorresse. Ma Lilith non lo poteva sapere. Quindi insomma, ci tenne a specificarlo. Ah sì, mia madre è invalida. Per questo la battuta. L'hai capita, no? Il solito simpaticone. Si sentiva intento a sorreggere una situazione più grande di lui e l'affilato sarcasmo era l'unica cosa che riuscisse veramente a tenerlo insieme, anche se presto sarebbe caduto a pezzi, non appena si fosse trovato solo tra la tranquillità del suo letto.
    E questo a che lo dobbiamo? Ridacchiò, allungando la mano e sollevando appena tra indice e pollice una piccola ciocca di capelli rossi. Sei come me disse d'improvviso, come colto da un'illuminazione. In quel momento i suoi capelli erano castani, ma quando provava emozioni forti, solevano tingersi anche quelli.
    Mia? Domandò quasi non sapesse di chi stesse parlando, ma poi annuì mesto. Il pensiero che lui ci potesse provare con Lilith, presto sarebbe stato l'ultimo problema di Mia, quando circa un mesetto dopo, le avrebbe svelato il perché del suo comportamento.
    Vuoi testarmi? Le domandò, notando dove cadeva il suo sguardo e protendendo le labbra verso di lei, scherzoso. Ma forse nemmeno troppo. Ammiccò. Quel giorno non aveva troppi freni, era traumatizzato dalle sue stesse azioni, dall'essersi dimenticato di essere fidanzato, di aver fatto sesso nella doccia con Elisabeth.
    Non siamo amici perché a differenza di Barnes, Mia è una persona buona. Non capisco il motivo di questo accanimento commentò, senza troppo interesse. Non era scemo, era ancora il fidanzato di Mia e probabilmente era una delle pochissime persone al mondo con il quale lei si confidava, quindi gli aveva sempre raccontato tutto.
    Non te lo dirò, non ho nessuna intenzione di farlo. Lo disse con fermezza, non era pronto ad annunciare ciò che era appena successo. La prima a saperlo avrebbe dovuto essere la sua fidanzata.
    Però possiamo rientrare. Hai le guance rosse, avrai freddo. Non le attribuì a nessun tipo di imbarazzo ma solo alla stagione che si avviava verso l'inverno ed ormai si stava facendo tardi.
    Cameron Cohen


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    "Parlato" - 'Pensato' - "Ascoltato"

    Cameron, oltre che arrabbiato, sembrava sconvolto, stanco. Era come se gli fosse passato un treno addosso più e più volte e Lilith non riusciva a comprendere cosa lo stesse distruggendo. Pareva qualcosa che non si vedeva esternamente e con molta probabilità avrebbe giocato tutti i suoi galeoni scommettendo che fosse qualcosa di emotivo.
    Aggrottò la fronte, non capendo esattamente perchè non potesse essere la mamma, se fosse qualche informazione che le mancava o semplicemente perchè non aveva davvero una ciabatta in mano. Ma quando il ragazzo le diede spiegazioni, Lilith si sentì quasi di morire «Cazzo, Cohen!» - gli diede un buffetto sul braccio, consapevole che era praticamente come non darglielo «Non lo sapevo. Scusami!» - si sentiva in un disagio pazzesco.
    Disagio che aumentò quando la mano del ragazzo le toccò i ricci che avevano preso una colorazione diversa. Con la coda dell'occhio guardò anche lei i suoi capelli che sembravano voler essere lo specchio del suo imbarazzo. Stava per cercare una spiegazione a quello, qualcosa da dire a Cameron senza che potesse, lui, guardarla in modo diverso, quando il concasato le svelò qualcosa che non si sarebbe mai aspettata. Sgranò le iridi e lo guardò ancora più in difficoltà a celare il tutto «D-dici sul serio?» - era incredula e il rosso prese ancora più possesso dei suoi capelli «Non sempre è facile nascondere qualcosa, quando si ha questo... intoppo.» - disse sorridendogli appena.
    Sollevò un sopracciglio quando lui finse di non conoscere Mia, quindi sollevò gli occhi al cielo, senza spostarsi di un millimetro. Soppracciglio che si alzò ancora di più a quella domanda e a quel gesto di lui. Forse Cameron non aveva idea che quelle sfide erano all'ordine del giorno per Lilith, che di tutta risposta, non fece che avvicinarsi ancora di più a quelle labbra protese, arrivando ad un passo da quelle di lui «Potrebbe stupirti la mia risposta.» - gli soffiò appena così vicino, con lo sguardo di chi non aveva il timore di essere sfidata.
    Scrollò le spalle a quella sua affermazione «La gelosia, a volte, porta a situazioni che non sono facilmente spiegabili, Cohen.» - ammise, come se volesse glissare quell'argomento che era il motivo principale per cui Lilith e Blake si erano lasciati. «Bene, quando vorrai farlo sai che sono qui.» - gli disse con tranquillità, senza alcun rancore o accenno di essersela presa.
    «Sono di ronda, quindi questo freddo me lo devo sorbire ancora per qualche ora... tuttavia, se vuoi rientrare possiamo fare la strada insieme.»
    Lilith Clarke

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    Cameron rise.
    Era una risata amara, la sua. Non coinvolgeva gli occhi ed era priva di emozioni. Ormai, nella sua vita, non aveva proprio niente per cui essere lieto. Scosse la testa come a voler minimizzare tutta la situazione, come se le avesse appena raccontato di essere inciampato, non che sua madre dovesse passare il resto della vita in una sedia a rotelle.
    E come potevi? Le chiese con un mezzo ghigno, stringendosi nelle spalle contro il freddo della sera. Stava ancora sorridendo. Non te l'ho mai detto, non mi interessa dirlo a qualcuno. E' così e basta. Che differenza avrebbe fatto, per te, saperlo? Domandò cinico, passandosi una mano dentro il ciuffo castano, sistemandoselo dall'altro lato della fronte in modo che non coprisse l'occhio.
    Non sono mai stato più serio, lo giuro sul mio onore tornò a scherzare, portandosi il pugno chiuso al cuore con aria solenne. Sono come te. Solo che in questo momento... non provo niente. Ecco perché sono castani come sempre. Un sorriso gli attraversò il viso, quindi volse appena lo sguardo altrove, evitando di fissarla direttamente negli occhi.
    Non è una malattia, che ce ne frega controllarlo? Okay, forse rende più difficile nascondere le nostre emozioni... ma vivere temendo il giudizio degli altri, è una bella merda. Cameron aveva ormai imparato che se temeva ciò che avrebbero detto gli altri di lui, non avrebbe mai vissuto veramente. Quindi non gli importava ciò che Blake pensava su di lui, che era un fidanzato del cazzo e che non andava bene per Mia -anche se si era rivelata un'accusa sensata-, non gli importava se tanti professori lo guardavano con condiscendenza pensando che fosse una causa persa, non gli importava se la maggior parte dei suoi compagni lo guardava con disprezzo, non gli importava aver dato e ricevuto un pugno, con Jesse.
    Uuh è una dichiarazione d'amore, piccola? La canzonò, accorciando ulteriormente le distanze. Ormai le loro labbra si sarebbero potute sfiorare al minimo spostamento di uno dei due, ma non successe nulla. In quel momento, Cam non voleva peggiorare una situazione che trovava già abbastanza drastica. Si ritrasse.
    La gelosia è il sentimento più stupido che esista. Ma non lo disse a mo' di critica, visto che anche lui lo provava con Mia. Ma lo diceva per un altro motivo. Ci fa fare cose folli, hai ragione. Cose stupide che non fanno altro che avvicinarci ai nostri peggiori incubi. Liquidò quindi il discorso con un gesto della mano, parlando quasi immediatamente d'altro. Meno parlava della sua relazione fallimentare con Mia, meglio era.
    In caso, ti verrò a cercare disse semplicemente. Il che, decontestualizzato, sarebbe potuta sembrare una minaccia. Sperò che nessuno avesse iniziato ad origliare proprio in quel momento. Andiamo. Si mise le mani in tasca, chinò la testa e si avviò verso l'ingresso del castello.
    Cameron Cohen


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