Kenna vs Markab

Kenna MacEwen

Invero non sapeva neanche lei perché avesse apposto in calce il suo nome per la lega dei duellanti. Non era una pratica che le era interessata poi molto ai tempi di scuola e probabilmente era da ricercare le motivazioni nel cambiamento dello stile di vita. Spedizioni, missioni suicida ed ora duelli. Alla soglia dei trentacinque anni la scozzese, sperava denrisiana d'adozione(anche dopo la debacle che ci sarebbe stata), nel sentire il suo nome pronunciato ad alta voce dal cronista indossò le sue vesti da docente e scese nell'arena, andando a cercare lo sguardo del capovillaggio e a rifilare un'occhiata indifferente a Victoria. Seppur all'apparenza sembrava uno spazio come altri la presenza degli scrigni era qualcosa da non sottovalutare, a maggior ragione quando vide la lancia fornita di pura magia e, purtroppo, non made in Garlic ed una che in realtà si presentò come una creatura trasfigurata(?) in un baule. Amazing. La bacchetta al petto, un breve inchino di fronte al suo avversario che conosceva più per le sue scorribande al Canto che per la sua fama di Chiara Ferragni Magica, -«in bocca al drago»- e poi indietreggiò fino ad assumere la posizione di combattimento. «Sjalusi, amico, ho bisogno del tuo aiuto», una preghiera si innalzò dalla sua anima fino a volare verso il monile serpentesco che adornava il suo polso sinistro. Non era un bracciale comune, bensì era frutto del lavoro che Phil aveva impresso per rendere il mercurio alchemico un qualcosa di straordinario. Stava cercando, di fatto, di legare con il carattere del monile. Forse fu per quello che non partì per prima, perdendo preziosi secondi, ma anche perché il baule alle sue spalle sembrò fiatarle addosso. «Vorrei esserne sorpresa», un pensiero che di fatto accompagnò il tentativo di spostarsi dalla sua mira, a sinistra e verso nord, tenendo ben salde le iridi sui movimenti dell'uomo, cercando di replicare con uno svolazzo della bacchetta a produrre un'alfa. «Nebula Iunctam». Dopo tutto quanto poteva essere affascinante una supernova?

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«Era troppo normale, in effetti», pensò la magistorica osservando comparire un muro di roccia proprio tra i due, con il risultato che il bombarda dell'altro le diede qualche problema di rimbalzo. Stesso destino alla sua bellissima supernova, tanto che se la donna avesse assorbito il dialetto di Denrise non si sarebbe risparmiata un 'MA LI MORTACCI!' che però urlò a modo suo nella sua mente. Forte giunse la voce del commentatore che illuminò la MacEwen come un albero di Natale. «Scudo naturale, ottimo», avrebbe pertanto aumentato la distanza dall'uomo, spostandosi a sinistra verso un altro baule. Lesta avrebbe disegnato un buffo disegno infantile di una nuvola, puntando poi il catalizzatore verso il cielo, focalizzando nella sua mente l'immagine ben precisa di un banco di nuvole capace di rovesciare una pioggia tutt'altro che classica. Come in una danza avrebbe atteso il momento esatto per compiere quei movimenti accompagnati dalla formula: «Meteo Recanto», seguita da un incantesimo di cui mai si sarebbe privata. Con una Berkana al contrario sibilò decisa: «Chorium Runae».

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«Dove cazzo è?» digrignò i denti, venendo sorpresa dall'uomo con uno stupeficium capace di farle perdere terreno e non solo quello. Rabbiosa evocò la pioggia acida, frutto di uno studio su un rito di una delle sacerdotesse della Madre, qualcosa capace di lasciare il pubblico sorpresi oltre che Markab con i tessuti privati e la pelle bruciante. «Vedo, tutti i giorni, di meglio», alzò la voce per poter essere udita, ignorando i richiami ad una tutela dell'ambiente che al momento non rientrava nei suoi interessi. L'uomo aveva subito il suo colpo e l'aggiunta della runa fu solo una chicca, prima di accorgersi che qualcosa non andava come voleva. Forte di quel piccolo vantaggio l'ex docente cercò di guadagnare terreno e studiare un altro forziere, ma il suo corpo non sembrava rispondere rapido ai comandi del suo cervello. In pochi secondi bisognava prendere decisioni che potevano salvarti la vita e, ancora una volta, la MacEwen si rifugiò cose che sapevano di casa, anche al mero scopo di guadagnare tempo. Con tutte le forze della mente avrebbe cercato di combattere il rallentamento tracciando un giro in senso antiorario, uno in senso orario, con il catalizzatore verso Castlewine: «Notus Eoli», voleva che dalla sua bacchetta si sprigionasse una bolla piena di gas nervino, divenuto famoso tra i babbani per la sue caratteristiche di vasodilatazione, spasmi, senso di soffocamento, vomito e persino morte. Ma a lei andava bene anche solo stordirlo, il tempo che le sarebbe bastato per tracciare una circonferenza ed evocare delle piattaforme levitanti in vibranio, resistente ad alte temperature, con un banalissimo «circularis» sui cui applicò, con un «chorium runae» Dagaz, questa volta al suo dritto, per provare a recuperare lucidità che sembrava venir meno.

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