"Avrei bisogno di una bacchetta nuova, la mia si è irrimediabilmente rotta la settimana scorsa"

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    Isaac Callahan
    Dioptase | 16 anni

    [L'arrivo a Diagon Alley]


    Era la mattina dell'ultimo giorno di vacanze: l'indomani Isaac sarebbe partito per Hidenstone. Si svegliò di buonora, fece colazione, si vestì alla babbana e si avviò verso l'ingresso dell'abitazione signorile ed elegante in cui viveva con la sua famiglia.
    “Ciao, mà; ciao, pà!”, salutò i genitori quando ormai era sulla soglia di casa e aveva già una mano sulla maniglia, pronto ad aprire la porta. “Vado a Diagon Alley a fare un giro e, già che ci sono, compro una bacchetta nuova – così sarò pronto per Hidenstone!”, aggiunse agguantando il suo mazzo di chiavi e infilandolo nella tasca dei jeans.
    Isaac era un giovanotto di sedici anni, piuttosto alto ma magro e slanciato. La sua carnagione era chiarissima, ma sia gli occhi che i capelli (portati un po' lunghi e perennemente arruffati) erano scuri: era un moro piuttosto gradevole di aspetto, nel suo complesso, ma abbastanza anonimo. Indossava abiti babbani, e il camuffamento era studiato alla perfezione per sembrare un qualsiasi adolescente londinese: una maglietta rossa a maniche lunghe, un paio di blue jeans col cavallo basso e deliberatamente più larghi del necessario, un paio di Nike bianche con il caratteristico “baffo” nero.
    Scese in due salti i gradini d'ingresso e si avviò verso “Il Paiolo Magico”, percorrendo le strade della Londra babbana senza dare assolutamente nell'occhio. Di tanto in tanto fischiettava l'aria di qualche canzone, probabilmente sentita su Radio Strega Network – storicissima stazione radio magica nella quale passavano spesso e volentieri le canzoni più in voga del momento. Camminava di buon passo, le braccia tese lungo i fianchi e le mani infilate nelle tasche dei pantaloni: non c'era niente che potesse far intuire la vera natura di Isaac.
    D'un tratto abbandonò la via principale e si infilò in un vicoletto secondario, che percorse per qualche centinaio di metri prima di svoltare a mano manca e immediatamente dopo a mano dritta: si ritrovò così dinnanzi all'insegna logora e anonima del pub “Il Paiolo Magico”. Varcò la soglia senza fretta e rivolse un breve saluto al barista che stava pigramente asciugando qualche bicchiere: “Buongiorno a lei! Vado di là.”. Era una sorta di frase convenzionale quella che Isaac rivolse al barman, che gli rispose con un cenno d'assenso. Fu così che il giovanotto si diresse verso l'uscita sul retro e sgusciò all'esterno, in un angustissimo e quasi soffocato cortiletto. Dinnanzi alla parete d'esso, fece scattare come di consueto il meccanismo e si aprì il familiare varco che lo proiettò direttamente a Diagon Alley.


    [Diagon Alley e Olivander's]


    Come sempre, rimase affascinato dai suoni, dai colori e dagli odori di Diagon Alley. Inspirò profondamente e bisbigliò: “Uuuuh...Mi sa che da Florian Fortebraccio hanno appena sfornato le girelle cannella e crema pasticcera...”. Isaac aveva già l'acquolina in bocca al solo pensiero, tuttavia scrollò vivacemente la testa scompigliandosi ancora di più i capelli mori, già abbastanza arruffati di loro, e borbottò: “Prima il dovere, poi il piacere! Una volta sistemato Olivanders, mi vado a prendere una girella e vado a fare un salto al Ghirigoro – hai visto mai che siano arrivati nuovi libri: ho ancora le mance del compleanno da spendere.”.
    Si diede una lista delle priorità, una sorta di tabella di marcia, e, una volta definito il proprio programma per la mattinata, senza indugio alcuno si diresse verso il negozio di Olivander. Di tanto in tanto gli capitava di fare una breve sosta per un saluto a un amico o a un ex compagno di Hogwarts: lui, da quell'anno, non avrebbe più frequentato quella scuola, quindi non avrebbe rivisto nessuno di loro sull'Espresso rosso, fedele compagno di viaggio di generazioni di studenti.
    Dopo qualche minuto, giunse al negozio, spinse l'uscio e si affacciò al suo interno: “Buongiorno, è permesso?”, si annunciò con voce calda e sicura, richiudendosi la porta alle proprie spalle. “Avrei bisogno di una bacchetta nuova, la mia si è irrimediabilmente rotta la settimana scorsa.”, dichiarò le proprie esigenze e le proprie intenzioni, mentre si avvicinava al bancone con passo lento e garbato.
    Narrato - "Parlato" - 'Pensato' - Interazioni | Isaac Callahan || Stat.
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    Kether Westerly McLean | Commesso Olivander
    L'adolescenza era un'età fatta di cose a caso, innocenza ed irruenza, come ben sapeva chiunque lavorasse da Olivander e fosse costretto a sorbirsi i danni di costoro, nonché i piagnistei dei loro tutori, genitori e parentadi varii 'Forse è per questo che il signor Olivander ha messo me alla cassa... lui forse dall'alto dei suoi... troppi... decisamente troppi anni, non ha più la forza di sopportarli e capirli... che poi come fai a sopportare qualcosa che non capisci... è un cane che si morde la coda!'
    Quel giorno Kether se la sentiva filosofeggiante, più del solito, ma meno di quando, nel buio della sua cameretta, si riuniva alla natura facendo cenere della piantina che coltivava sul balcone, forse perché era fine agosto e molte bacchette erano ormai state vendute, generando un periodo di relativa calma, che, dopo tutto quel trambusto, dava quasi un senso di noia e lentezza, come accadeva quando si andava in autostrada per ore e alla fine, ai 50 all'ora, ci si sentiva fermi.
    A cambiare la giornata del castano, ci pensò un ragazzino allampanato vestito di tutto punto da babbano, che entrò deciso affermando di necessitare di una nuova bacchetta perché gli si era irrimediabilmente rotta la precedente "Per il Dio e la Dea, ma come è potuta capitare una tragedia simile?!"
    Anche Kether vestiva abiti babbani, ma osservandolo il giovane Issac avrebbe notato in lui il classico look da alternativo: sandali ai piedi, pantaloni larghi di lino bianchi e una maglietta color bianco sporco che invitava al suo centro ad abbracciare gli alberi "Sono kether, l'addetto alle vendite qui da Olivander: ti posso chiedere cos'è successo alla tua povera bacchetta e come ti chiami, tanto per iniziare?" domandò lui, incrociando le braccia e notando rapidamente la griffa delle sue scarpe 'Consumismo... gente che getta via la roba senza troppo riflettere sui loro sentimenti, sull'importanza dei legami e dei soldi e di chi certe cose se le sogna solo' rifletté lui, tornando poi al giovane, regalandogli comunque un sorriso gentile ed accogliente "L'hai per caso con te? Sarebbe importante capire se possiamo salvarla!" ingiunse infine, chiedendosi dentro di sé se egli non stesse mentendo.
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    Isaac Callahan
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    Isaac si fermò vicino al bancone e con uno sguardo discreto, elegante, passò in rassegna chi gli stava di fronte. Indugiò qualche istante sulla maglietta e si ritrovò a sorridere in maniera schietta e spontanea: “Gran bella dichiarazione d'intenti sulla tua T-Shirt. Greta Thunberg approverebbe di sicuro”, commentò con la sua voce morbida e garbata. Non c'era alcuna irriverenza nel tono né la benché minima traccia di scherno o di derisione: era una constatazione genuina e semplice, condita da un interesse reale.
    “Sono lieto di conoscerla, signor Kether . Mi chiamo Isaac Callahan e, sino al giugno scorso, ho frequentato l'Accademia di Magia e Stregoneria di Hogwarts. Quest'anno però studierò a Hidenstone”, si presentò di buon grado accogliendo le richieste dell'altro. Alla domanda sulla propria bacchetta Isaac non trattenne un palpabile imbarazzo che lo portò a sbattere le palpebre ripetutamente, ad abbassare lo sguardo e a sentirsi tingere d'un leggero rossore le gote. “Eh, la mia bacchetta...”, farfugliò. Piegò l'avambraccio destro sollevando la mano e l'avvicinò alla bocca. Prese a mordicchiarsi nervosamente le pellicine attorno all'unghia del dito indice e rimase in silenzio per un paio di secondi. Inspirò profondamente e tornò a cercare con lo sguardo Kether. Senza una parola, infilò la mano sinistra nella tasca posteriore dei jeans e ne tirò fuori una bacchetta irrimediabilmente spezzata in due: era fatta in mogano e aveva come nucleo il crine d'un unicorno maschio particolarmente vivace. Il nucleo era rimasto nella metà più lunga (quella contenente l'impugnatura) mentre la metà più corta, quella della punta, era cava nella parte in cui il crine d'unicorno doveva essere contenuto. La frattura però è davvero irregolare e non netta: non è stata spezzata ad esempio tenendo in mano le due estremità e facendo forza su esse piegandole verso il basso perché il legno si rompa. No, affatto: sembrava piuttosto che fosse stata schiacciata da un peso enorme. I bordi della frattura, infatti, erano piuttosto frastagliati e non tranciati di netto.
    “Avevo appoggiato la mia bacchetta sul comodino, settimana scorsa: stavo radunando le cose per la scuola e avevo appena finito di fare manutenzione.”, prese a narrare Isaac. Infatti, come Kether poté sicuramente vedere, frattura a parte la bacchetta era lucida, del tutto priva di graffi e accuratamente tenuta – chiari indizi che il proprietario avesse avuto molta cura del suo catalizzatore, sino al momento fatale. “I miei genitori erano alle prese con il rinnovo dell'arredamento di casa nostra e in quel giorno avrebbero dovuto smontare i mobili in camera mia per sostituirli con quelli nuovi. Il problema è che uno dei traslo-maghi ha perso il controllo dell'armadio grande, quello in cui tengo tutti i miei vestiti e...”. Si fermò come a prendere coraggio, l'ultima parte del discorso venne pronunciata con un filo di voce. “E' stato orribile, mi creda signor Kether. Non avrei mai pensato che sarebbe potuto succedere. Mai. In mille anni. Mai.”, ribadì il concetto, ancora incredulo e a bassa voce: “Oltre mille e duecento libbre franate addosso al comodino l'hanno ridotto in poltiglia e hanno spezzato la bacchetta in malo modo. Siamo in causa con la ditta di traslo-maghi per i danni che hanno provocato – soprattutto alla bacchetta, ovvio, ma anche alla stanza in generale. Avevamo intenzione di donare quei mobili, come abbiamo fatto con quelli del resto della casa, a un'associazione babbana che si occupa di vendere mobili usati per finanziare progetti di istruzione scolastica in Africa e invece...”.
    Depositò con riverenza e con dolcezza la bacchetta spezzata sul bancone: “Non si può fare nulla, vero?”, chiese: ma quello di Isaac era più il tono di chi è consapevole di dover voltare pagina piuttosto che quello di chi sia speranzoso in qualche maniera.

    Narrato - "Parlato" - 'Pensato' | Isaac Callahan || Stat.
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