A room without books is like a body without a soul.

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    The ocean Gli anziani di Denrise gridano al miracolo quando, al limitare dell'Estate, brezze così fresche benedicono l'isola e i suoi abitanti.
    Non era però per una congiunzione astrale che Mariva aveva abbandonato l'Osservatorio di famiglia, ancora in fase di ristrutturazione, per spingersi tra le strade del Villaggio. Il suo ritorno sull'isola aveva destato stupore e riscaldato i cuori delle conoscenze antiche che, a ogni vicolo, si ritrovava a salutare scambiando chiacchiere di cortesia, pessimi commenti sugli inglesi, o interpretazioni sul volere degli dei.
    Era proprio una inglese, perché oltre i mari che abbracciano Denrise la distinzione tra Scozia e Inghilterra - O Inghilterra e tutto il resto - è labile, ad averla spinta tra quelle vie.
    Abituata alle visite, Marina, non a visitare. Ma quel giorno avrebbe fatto una eccezione perché, a sua volta, Kenna MacEwen rappresentava un cigno nero e una mosca bianca: una straniera imprenditrice tra Denrisiani.
    Aveva dei veri motivi, oltre alla curiosità, per raggiungere la libraia, ma ogni Tarocco va rivelato al momento giusto.
    « Permesso? »
    Non si abbandonò a formalismi o richiami all'etichetta perché prima che i cieli aveva imparato a leggere le persone. Gli Dei sono, e saranno sempre, fatti a immagine dell'uomo. E della donna.
    Le mura in pietra runica tradivano una morale di ferro, solida come gli scogli di Denrise, e il legno laccato per resistere alle tempeste o alla grandine anticipava una resilienza degna delle menti più nobili. Vedeva questo nel negozio e immaginava che ciò potesse riflettersi nelle caratteristiche della proprietaria.
    Non conosceva ancora il suo nome ma ogni dettaglio rivelava qualcosa di lei. Quel labirinto di scaffali e tomi era il suo regno e Marina, nei panni dell'umile visitatrice, si limitò a incrociare le braccia in attesa. L'abito che indossava, di un blu dei fondali, le accarezzava la pelle del colore del latte con la delicatezza della brezza che l'aveva accompagnata fin lì. Dubitava che Kenna sarebbe stata gentile in equal modo, ma tra cataclismi ci si intende.

    "The ocean does not"
    apologize for its depth
    and the mountains
    do not seek forgiveness
    for the space they take
    and so, neither shall I.

    [Scheda][Stats]

    Only in the darkness can you see the stars •
    Marina Stonebrug

     
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    Nothing is absolute

    La parola del giorno era banalità. Non l'aveva scelta aprendo a caso il dizionario come delle volte le capitava di fare per trovare un senso, una risposta o per conoscere qualcosa di nuovo. Quella parola sembrava che qualcuno l'avesse sussurrata per tutta la notte e non si trattava di certo di Garlic che le dormiva addosso. L'esser banali era quanto di più aveva aborrito con forza nei suoi anni di formazione e ancor di più in quelli caratterizzati dal contributo scientifico. L'aveva combattuto con forza, divenendone quasi ossessiva nell'accertarsi che non ce ne fosse la minima traccia in nessun ambito della sua vita. Probabilmente ciò era dovuto ad un vecchio contributo filosofico di una grandissima donna babbana che si era chiesta come il male, quello più puro, potesse divenire banale e, pertanto, nella mente della magistorica quella parola aveva assunto un'unica sfumatura: la negativa.
    Questo prima che il contratto non le venisse rinnovato dalla Burke e prima ancora di metter su una libreria in un luogo dove la cultura e la lettura andavano di pari passo con chi osava compiere il sacrilegio di mettere del parmigiano sugli spaghetti allo scoglio. Eppure... la sua vita aveva assunto i toni della banalità della quotidianità: aprire il negozio, servire i clienti, mettere a posto, chiuderlo e vedersi con Garlic. Banalità andava di pari passo con routine ma, per la prima volta, Ivonne ci vide altro, precisamente speranza e vita. Già perché l'opposto di quel sostantivo femminile altro non era che originalità, novità ed imprevedibilità. E dannazione se aveva imparato in quasi dodici mesi come i Denrisiani fossero capaci di azioni davvero imprevedibili! E le apprezzava, tutte, dalla prima all'ultima, seppur sul momento se ne lamentava, che fosse affrontare un iceberg pronto a spazzar via i territori scandinavi o una pazza invasata che aveva fatto patti con una divinità che Hela -in particolare nella versione marveliana- era un agnellino sacrificale. Così quel giorno sapeva che la banalità che tanto le teneva compagnia sarebbe stata ribaltata anche da piccole cose, ad iniziare dalla lettera di Orteo Dominiyanni, estimato studioso di sigilli, che accompagnava un paio di copie del suo ultimo libro. Una l'aveva già messa da parte per Maverick, rigorosamente incartata ai limiti del maniacale e posta sotto al bancone in modo da poterla donare una volta che si sarebbero rivisti, l'altra era nell'appartamento di sopra. Eppure, quello che più aveva stuzzicato l'interesse dell'ex docente erano i termini che aveva scelto, come se fossero stati buttati a casaccio seppur il senso del testo fosse chiaro. Presa da quello non aveva percepito la presenza di nessuno se non dopo una voce chiara, decisamente femminile, che annunciava con discrezione che fosse entrata al suo negozio. Ripose di fretta e furia la lettera, cacciandola in un comparto nascosto del bancone, sollevando lo sguardo sulla nuova arrivata e distendendo le labbra piene in un ricordo di sorriso. «Benvenuta al Leabharlann», le mani aperte sul bancone e lo sguardo chiaro a studiare i lineamenti del viso della donna. Aveva qualcosa di familiare eppure non poteva associarla ai volti che incontrava al villaggio,né tantomeno a quello dei suoi ex studenti di Hiddenstone. «Libera di guardare quello che più la incuriosisce e se ha bisogno di una mano o di un consiglio, non esiti a chiedere», un tono caldo e pacato che però non arrivava a scaldare i suoi occhi da gatta che erano troppo impegnati nel tentativo di recuperare informazioni sulla donna, decisamente affascinante, che era entrata nella sua libreria.

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    Marina Stonebrug
    "Eventually, everything connects."

    Quando la negoziante si mosse e la carta sfrigolò contro il legno, Marina non riuscì a impedire a un brivido d'eccitazione di tornare a galla, scivolandole sulla schiena per premere contro la nuca poco dopo. La mezza-veela gustò quelle rare sensazioni mentre le labbra si piegavano in un sorriso.
    «Kenna?»
    Sibilò quel nome avanzando verso la donna, lasciando le braccia libere mentre le mani scivolavano sui fianchi e i muscoli si fecero morbidi. Ancora una predatrice, ma non più a caccia, bensì di fronte a un proprio simile.
    «Le stelle mi hanno nascosto il tuo nome, ma sono grata che abbiano illuminato il cammino»
    Le parole riecheggiarono come luce su uno specchio d'acqua e con la stessa sicurezza la strega superò la negoziante per portarsi in una delle aree più curiose della libreria: la zona cartoleria.
    «Sono passati anni dal nostro ultimo incontro»
    Le palpebre lasciarono spazio a uno sguardo intenso, d'intesa. Marina sapeva che l'altra avrebbe tentato di leggerla perché lei avrebbe fatto lo stesso a sua volta.
    «Ho sentito che hai avuto modo di curare una delle cattedre di Hidenstone, cosa ti è parso dell'esperienza?»
    Lo sguardo che fino a quel momento aveva legato entrambe parve spezzarsi nel momento in cui gli occhi di Marina curvarono sulla varia merce in vendita in quell'ala del negozio. Seppure la signora del crepuscolo si stesse chiedendo se con della merce simile gli studenti di quell'Accademia stessero importunando gli dei riproponendo sigilli e rune antiche, non lo diede certamente a vedere.
    Si limitò a sorridere, facendo riecheggiare la voce dal tono salato mentre l'aria, carica del profumo della carta e dell'inchiostro, rendeva il pensare estremamente più facile in un luogo simile.
    «Vendi materiale connesso alle tre casate dell'accademia della Burke»
    Sorrise.
    «In quale delle tre mi vedresti?».
    Dava per scontato che una donna abituata a studiare l'antico e il complesso potesse ricordarsi almeno un paio di avventure o battaglie affrontate con una concasata così viva come Marina.
    L'intuito era la sua bussola più precisa ed era certa di essere nel giusto anche questa volta.

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    Nothing is absolute

    Dietro la banalità si cela l'universo, così come la Luna mostrava solo un lato a loro comuni mortali. Quella consapevolezza sapeva essere chiave di lettura della lettera del collega, ma soprattutto consiglio per la sua nemesi. Un tassello che fu costretta a mettere da parte, complice l'ingresso di una donna dal sapore del passato, seppur non pienamente definito. Una sconosciuta, ma forse non straniera, che invece il suo nome conosceva.
    «Sì?» Una sola sillaba tesa, mentre l'espressione del viso virò verso la sua maschera di cera, inflessibile, che tanto aveva mostrato ai suoi studenti durante gli anni di insegnamento. Non la perse di vista man mano che quegli occhi ipnotici avanzavano verso di lei, mentre la sua favella, alquanto criptica, finiva solo con l'avvolgerla nel fumo e nella mancanza di connessione di elementi. «Stelle? Mi scusi, ma sono alquanto confusa» ammise, corrucciando la fronte ed inumidendosi le labbra, per poi arricciarle. «Sarebbe così gentile da ricordarmi il suo?» Sapeva di conoscerla, eppure continuava a non afferrare. Che fosse una ex Concasata? Le Serpi non erano poi infinite, soprattutto nel ramo femminile, del suo anno ed in quelli più vicini. Che fosse solo una bambina quando lei era ormai lanciata nell'adultità? Forse era sulla strada giusta, visto il riferimento agli anni passati dal loro ultimo incontro. Almeno a sua detta. Guardinga, non abbassò le sue difese, seppur ricambiando il suo sguardo seppur privo dello stesso calore. In realtà quello non per colpa della corvina davanti a lei, quanto più insita nella sua natura, riservandolo a persone che si contavano sulla punta delle dita di una mano e, al momento, a stento arrivava all'indice. Che poi appartenessero per lo più al genere maschile era un altro discorso. Piccoli accenni però li aveva dimostrati alle donne che avevano partecipato alle varie spedizioni, un calore che Nara si era presa a suo di carisma mentre Becca, forse, per un pizzico di compassione per come veniva trattata e sminuita dagli altri membri dell'equipaggio.
    Tuttavia la storica non si tirò indietro nel raccontare quella che ormai era una vita lontana e passata, nonostante fossero trascorsi poco più di trecentosessantacinque giorni da quando era stata allontanata dalla Burke. Il pensiero però la fece viaggiare a quando nella sua aula cercava di trasmettere la sua stessa passione ed amore, seppur sapeva che i più ritenessero la storia una materia pesante ed inutile, sordi ai tentativi di lei nel far comprendere come per affrontare il futuro non avrebbero potuto dimenticare il passato. Senza considerare che quella disciplina non era rigida e statica come molti pensavano, bensì dinamica, ramificata e su più piani. Ahimé, però, quello ormai era un capitolo chiuso. «Interessante e stimolante, ma saprà perfettamente come aspirazione e realtà non sempre vadano di pari passo, soprattutto per la formazione di una giovane mente». Quell'ultima parte una frecciatina alla onnipresente Preside, che aveva avuto l'ardire di eliminare del tutto la disciplina, incanalandola in Rune, ma facendole perdere quel tratto avanguardista, in particolare sulla politica. I futuri ministeriali, in particolare quelli che avrebbero ricoperto i ruoli all'interno dell'Ufficio Cooperazione Magica Internazionale sarebbero stati privi di fondamenta. Alla fine era una scelta della suprema e a lei non era restato far altro che reinventare la propria vita, continuando a prestare conoscenze ai vari Ministeri del Mondo e qualche lezione straordinaria. Quelle, invero, non le faceva da un po', presa dalle dinamiche dell'isola che sembravano non lasciare un attimo di respiro a chi voleva vivere con attività e partecipazione al suo sviluppo.
    Avrebbe continuato a perdersi nelle sue elucubrazioni mentali, se non fosse stato per le domande sulla cancelleria che vendeva -complice la vista sull'enorme scaffalatura alle sue spalle- con qualche chicca riservata ad Ametrin, Black Opal e Dioptase, rigorosamente in ordine alfabetico. Dopotutto, persino quando era rappresentante degli ultimi, non aveva mai fatto preferenze di sorta. Sì limitò quindi ad annuire, aggiungendo poche parole e con un pizzico di puntualizzazione inutile. «Così come il Ghirigoro e la libreria di Hogsmeade vendono quelli per le case di Hogwarts. Delle volte è ridondante, ma alcuni trovano conforto nei colori che indossano ogni giorno». All'altra avrebbe mai interessato il suo parere sulla questione? Ne avrebbe dato uno suo o avrebbe lasciato cadere il discorso? Quello che però era certo, sembrava essere la curiosità che l'animava, soprattutto per la vita legata ai cancelli più su, oltre i confini del villaggio.
    «In tutta onestà? Direi una tra Ametrin e Dioptase, ma l'unico modo per scoprirlo è interrogare lo Snaso d'Oro», anche se un pizzico degli Opali sembrava esserci nelle sue movenze, ma nelle aspirazioni? «Dubito però che la Burke faccia una giornata aperta al mondo per vedere in quale casa si verrebbe smistati», una cosa che però avrebbe potuto interessare avventori e cuori, proprio come la cliente di quel momento. In fondo, quando voleva, Victoria sapeva dimostrarsi un'ottima padrona di casa, perfetta nei tempi e nei modi, ma decisamente arida nel più profondo. «Allora... cercavi qualcosa in particolare o sei passata solo per dare un'occhiata?»

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    Marina Stonebrug
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    Il fatto che Marina si ricordasse di qualcuno dopo tutti quegli anni doveva rappresentare un certo onore, se rientra nell'onorevole esercitare carisma su un qualcuno di così elitario come la Druida con la stessa naturalezza con cui il sole scioglie ghiacciai e evapora oceani.
    Nel corso degli anni che avevano visto l'ex concasata abbandonare Hogwarts alla ricerca di esperienze più emozionanti, Marina era sbocciata nel più tenero dei modi: lo sguardo si era fatto furbo, le linee formose, e il pensare diabolico. Kenna non aveva mai avuto modo di tenere per mano quel fiore e la stessa rosa, abituata a graffiare più che comprendere, accettò con maturità il suo non essere riconosciuta.
    «Marina Stonebrug, ex serpeverde e cercatrice».
    Se con la prima categoria aveva passato un setaccio nell'oceano di riso che costituiva le conoscenze della negoziante, con la seconda sarebbe stato impossibile confondere il chicco. Marina ne era certa perché, tra i cieli di Hogwarts, non aveva mai confuso il boccino dorato con un riflesso o un lembo di luce, portando la sua casata a vincere più di una partita.
    Dove il ricongiungersi aveva portato dolcezza nei lineamenti della mezza-veela, il testamento all'esperienza da docente aveva irrigidito il respiro della strega.
    «L'ambizione di una serpe non va mai di pari passo con la realtà».
    Soffiò quelle parole come sé costituissero il più intimo dei segreti. Aveva colto dell'amarezza in Kenna ma quella verità sarebbe sprofondato con lei, se ve ne fosse stato il bisogno.
    Il cuore sembrò liberarsi di un peso con l'ennesimo cambio d'argomento. La cancelleria del negozio era disposta con una cura magistrale, non quella del maniaco ma del dittatore che vuole avere tutto sotto controllo.
    «Al calare del Ragnarok comincerò a dare peso maggiore all'opinione di una statua che a quella di una ex consorella, Kenna».
    Lo sguardo passò tra i vari prodotti. La combinazione di colori, e questo alla Burke andava concesso, era stata magistrale.
    «Volevo scoprire chi fosse l'inglese che avesse avuto l'ardire di aprire un negozio simile in un territorio ostico».
    La voce era seria, la stessa di una guerriera che non teme la morte, o qualsiasi altra minaccia che potrebbe spingere nella necessità più oscura di ricorrere a menzogne o scuse.
    «Ma anche io sto per prendere in gestione un'attività commerciale. Sebbene preferisca l'argento e il verde, non posso lamentarmi del blu e verde acqua».
    A quelle parole seguì un dolce disegno con il catalizzatore sufficiente a far levitare una Confezione Dioptase verso il bancone di Kenna.


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    Ancora una volta quel nome ne suggeriva altri ricordi, con il formicolio che trovò pace solo quando disse che era un ex compagna di casa. Che dire, non si ricordava di lei come cercatrice perché il suo ultimo anno aveva memorie di un altro elemento nella scuderia, che fosse una riserva? Poco importava a dire il vero. Si ritrovò a sollevare il sopracciglio sinistro con grande scetticismo alle parole della donna, preferendo lasciar cadere il suo appunto sull’ambizione, dimostrandole quanto fosse attaccata agli stereotipi molto più di lei. Aveva incontrato Grifondoro molto più ambiziosi dei verde argento, persino dei tassi con un pizzico di sadismo. Lei stessa, che aveva creduto essere fino al midollo una figlia di Salazar, era in realtà contaminata dai rosso oro e Corvonero. Nulla era statico e, soprattutto, non tutto si poteva inserire in rigidi schemi. L’aveva imparato a proprie spese. E il discorso sulle case di Hogwarts poteva essere ripreso anche per quelle di Hiddenstone. «Come preferisci», non sapendo come interpretare le sue parole visto che lei sembrava una di quelle capaci nel credere a ciò che appariva nei fondi del te, cosa su cui la MacEwen continuava a mostrarsi scettica, nonostante nell’ultimo periodo si era dilettata con la lettura dei tarocchi. «Allora spero che tu non ne sei rimasta delusa», invero non le interessava minimamente confermare con le sue parole. Aveva sentito abbastanza pareri non richiesti da parte degli autoctoni sulla sua attività. «Ah, sì? Quale a-?» Sì bloccò nel percepire qualcosa volare dalle sue spalle fino ad atterrare davanti a lei. I suoi lineamenti si indurirono ed il fastidio per l’ex serpeverde finì con l’aumentare. Neanche Philips arrischiava tanto ed era il suo compagno; tutt'al più quel gesto l’avrebbe visto sposarsi meglio su Maverick. Ad ogni modo non cambiava le carte in tavola. «La prossima volta chiedi», sibilò, posando la mano sul kit scelto. «Immagino che nel caso fossi stata da quest’altra parte del bancone avresti reagito anche peggio», continuò sullo stesso tono. «Prendi solo questo o desideri dell'altro?» Tornò a guardarla, diretta, senza sbattere eccessivamente le ciglia. «Qual è l'attività che vorresti aprire?»

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    Si respiravano aria di cambiamento e folate di rivalsa, a Denrise. Se la rivoluzione avesse avuto un aroma, probabilmente questo sarebbe coinciso con il profumo di modernità che Kenna aveva portato in quella terra di predoni e druidi. L'inglese non era l'unica particella a contribuire a quel concerto di fragranza, ma come la più pregiata delle arpe le sue note erano distinguibili nella massa, sopratutto dalle persone dotate dell'orecchio più fino.
    «L'unica profezia che può deludermi è quella che decido di non compiere».
    Una frase a accogliere le sterile parole di Kenna, quasi a volerle confezionare in un vaso in peltro da cui era certa di poter nascere un fiore. Una frase scolpita in una voce distante e determinata come una tempesta lontana, la stessa della persona che crede in ciò che dice anche nel più improbabile dei contesti.
    Perché era quella la verità. Solo un cieco non sa accorgersi di come, tra i fondi di caffé, sia possibile distinguere un cosmo a sé. Certe persone, come Kenna, camminavano fissando la terra, forse perché contaminate dal rosso o magari per una questione di attitudine. Altre ancora, le più ambiziose, sognavano di volare tra i cieli senza aver bisogno della minima contaminazione di nero.
    «Non è nella mia natura, ma neanche tu sei nella natura di quest'isola, dunque la prossima volta farò un'eccezione».
    La voce a ricordare una melodia antica, lasciando all'altra il dubbio sul fatto che stesse scherzando o meno. Un sorriso a lasciare dubbio su quella comunione di intenti in caso di invasione ostile e un cenno del capo a annunciare che avrebbe preso solo quello.
    «Vedi, Kenna, mi occuperò di strumenti che possono amplificare le abilità di runisti, aritmanti, astronomi, ed alchimisti».
    Le avrebbe potuto raccontare altro, ma le persone troppo occupate a assicurarsi che il terreno scorra sotto i propri piedi mal si approcciano al futuro mentre quelle che guardano le stelle difficilmente ne accettano uno a priori.
    Dopo quel commento avrebbe pagato la commessa quanto richiesto per poi attendere che l'altra confezionasse il pacchetto come meglio credeva.
    «Sono certa che avremo altre occasioni per fare squadra ma ora devo andare».
    Un cenno per salutarla per poi uscirsene con la sicurezza di una strega troppo abituata ad affrontare spiriti e dei minori per rivelarsi scettica su come un fondo di caffé avrebbe potuto o meno fare la differenza.


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    Se la libraia fosse stata una legilimens naturale probabilmente, a quest'ora, invece di mantenere viva una strana discussione avrebbe affatturato la donna che era entrata per un acquisto alquanto banale in una libreria come la sua. Certo, era stata spinta dalla curiosità di sapere chi avesse avuto l'ardire di ridare vita ad un negozio come quello, ma con una manciata di galeoni in più avrebbe potuto acquistare il libro della Villanova per prendere spunto per una distensione di nervi. Il fato però aveva deciso di non donarle quel dono particolare, lasciando spazio ad una maschera di indifferenza sui suoi discorsi su profezie, stelle e chissà quale altra idiozia stava partorendo la sua mente in proposito. Sarebbe pur stata una donna con i piedi per terra, ma il volo non sempre era il mezzo più giusto: ricordiamoci infatti che fine fece Icaro con le sue ali di cera. Ad ogni modo l'equilibrio che si era creato tra le due stava precipitando e la MacEwen non aveva testa e intenzione di recuperarlo, anche perché era stata superata una soglia per lei invalicabile: il rispetto. «Allora probabile verrò a trovarti al negozio, magari ci sarà qualcosa per cui proverò interesse», dopotutto i campi che aveva accennato rientravano nelle sue corde e anche se a gestirlo c'era una stronza dal volto di un angelo se la sarebbe fatta andare bene comunque. Ci sarebbero stati altri modi per farle un torto o tentare di recuperare qualsiasi cosa stesse accadendo dentro quelle mura. «Vorrà dire che ci terremo pronte per quando accadrà», sapeva che non se ne sarebbe andata via troppo presto da quell'isola, dopotutto vi era nata ed il legame era davvero profondo. «Se non desideri altro sono otto Galeoni», avrebbe inserito il kit con la piuma di pavone blu e verde acqua, più il calamaio di un intenso blu dalle sfumature verdastre, in un sacchetto di carta che allungò. «A presto», salutò, pensando però che quel momento giungesse il più tardi possibile.


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