Così Imperfetta...

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    Airwën O'Neill
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    ...Non lasciare che siano gli altri a decidere chi devi essere...

    Doveva essere una noiosa serata di gala.
    Le solite conversazioni di lavoro e noiose battute sempre in ambito economico.
    Suo padre l'aveva portata ad una lussuosa festa organizzata da un'azienda informatica che si era fusa con una più piccola ma a quanto pare parecchio promettente, c'erano in gioco molti capitali e suo padre era lì come maggior investitore, favorevole a quella decisione.
    Prima di arrivare all'evento, avevano pure litigato perchè, per il genitore, il vestito scelto dalla figlia era troppo scollato e mostrava troppa pelle, ma a lei poco interessava del suo giudizio, e per il quieto vivere sorvolò pure lui.
    Seduta al proprio posto, naturalmente tra le persone più importanti dentro quella sala, la giovane O'Neill era occupata a bere, unica soluzione per superare quella serata, e per evitare lo sguardo languido dell'ennesimo ragazzino ancora da svezzare, costretto come lei a partecipare a quell'evento col fine di "imparare per il futuro". Ma soprattutto, cercava di non vomitare nel vedere vecchi arrapati che solo perchè avevano i soldi stavano seriamente pensando di poter "comprare le sue grazie".
    Naturalmente non aveva detto niente al padre di quei pervertiti, per non far scoppiare una guerra tra imperi... se c'era una cosa che odiava più dell'esagerato senso di protezione del padre, erano le gare a chi aveva l'azienda più grossa e redditizia.
    Quando fu il turno di Killian di salire sul palco per il discorso pro-fusione, Airwen lo stava guardando col suo bicchiere di spumante super costoso già pronto in mano, in attesa degli applausi per sollevarlo e bere di nuovo.
    Era arrivato solo a metà commizio, quando all'improvviso, dei tizi incappucciati comparvero proprio da "dietro le quinte" impugnando delle armi da fuoco. Spararono in aria come ammonimento, di far silenzio e collaborare, agli ospiti che subito avevano iniziato ad urlare e ad alzarsi per fuggire. Alcuni complici invece iniziarono a girare per la sala ripulendo le persone di gioielli, soldi e qualsiasi altro oggetto di valore.
    Veloce Airwen si chinò per nascondersi sotto il tavolo, e sfilata la bacchetta nascosta nello scollo del vestito, aveva occultato la pietra maledetta che portava a collo. Non dovevano assolutamente cercare di prendergliela, non solo perchè era impossibile sfilargliela essendo la catena magica e priva di un'apertura, ma prendergliela significava ucciderla.
    Non aveva fatto in tempo a rinfilare il catalizzatore al suo posto nel decolté, che si era sentita tirare per i capelli. Uno dei ladri l'aveva notata e afferrata per tirarla via da sotto il tavolo per poi iniziare, davanti a tutti, a far apprezzamenti alquanto indecorosi su di lei, scambiando battute a sfondo erotico coi compagni, fino a decidere di andarsene portandosela dietro.
    Inutilmente la ragazza graffiò, lottò e scalciò per liberarsi, l'uomo era più grosso e decisamente più forte, neanche il tacco a spillo conficcato nel piede gli fece mollare la presa, anzi quella preda tanto combattiva lo stava addirittura attizzando di più.
    Scattò verso il tavolo più vicino per afferrare un coltello, ma l'energumeno l'anticipò causandole un dolore immane all'attaccatura dei capelli tanto da farle sfuggire un urlato di dolore.
    Nessuno aveva il coraggio di farsi avanti per salvarla, tranne il padre che finalmente liberatosi da uno dei malviventi con un sonoro calcione, era saltato giù dal palco ed era corso disperato verso la figlia. Peccato l'altro incappucciato era pronto a fermarlo, oltre che a vendicarsi del compare abbattuto, sparandogli.
    Airwen spaventata e preoccupata cacciò un urlo così forte da stordire le persone intorno a loro, compreso il bruto che allentò leggermente la presa, consentendole di girarsi verso dov'era arrivato lo sparo, le lacrime che già le offuscavano la vista.
    Il padre era steso a terra, una pozza di sangue cremisi si stava formando, ma per fortuna il tizio gli aveva preso la gamba! Quanto poteva essere grande l'amore di un padre, se pur con l'arto trapassato da una pallottola, cercava di rialzarsi o almeno di strisciare in avanti verso di loro, verso di lei?
    Erano due maghi, e in quella sala ce n'erano sicuramente altri, eppure non potevano niente contro le armi da fuoco dei babbani, ma almeno avrebbero potuto aiutarli invece di restare immobili per paura che il prossimo sparo finisse nella loro direzione.
    Cosa sarebbe successo che la polizia non fosse intervenuta in tempo, era meglio non pensarci... Killian morto dissanguato e lei rapita da quei bastardi per farle chissà quali orrori.
    Il padre era stato subito soccorso con un'ambulanza. Sapeva che avrebbe ricevuto cure migliori al San Mungo, ma il trattato di riservatezza impediva ai maghi di rivelare il loro mondo, e l'evento era stato organizzato nella Londra non magica, da babbani, quindi dovettero attenersi alle loro procedure.
    Dopo che ebbero controllato che stesse bene, venne interrogata sull'accaduto più e più volte, tanto che finì per desiderare di ferirsi solo per raggiungere il padre in ospedale. Quando ebbero finito finalmente con lei, l'accompagnarono da Killian che aveva già ricevuto una trasfusione per la troppa perdita di sangue.
    Il nervoso della figlia stava per raggiungere livelli epici, soprattutto perchè conosceva ogni incantesimo utile in quel momento, ma non poteva neanche entrare in sala operatoria... Era riuscita a recuperare la sua bacchetta per miracolo prima che la portassero in caserma.
    Appena ebbe finito di contattare tutta la famiglia e rassicurarli che nessuno era in pericolo di vita, scrisse un messaggio a Xander, ma sapeva esser in missione auror quella sera, non avrebbe guardato il magifonino per bel pezzo.
    C'era un'altra persona, oltre al bel ministeriale e all'amico Morrigan, che in quel momento avrebbe tanto voluto aver vicino... Non sapeva se era libero, aveva così numerosi impegni che si sarebbe più stupita di riuscire a trovarlo piuttosto del contrario.
    Per quello che ne sapeva poteva essere in Arabia Saudita a costruire il nuovo Hotel di cui le aveva parlato tempo prima, oppure aveva trovato una fidanzata ed era con lei... gli avrebbe causato solo problemi telefonandogli...
    [E se lo disturbo? Se è occupato? Chi sono io per chiamarlo a quest'ora?? Ma ho così tanto bisogno di lui in questo momento...
    Mi direbbe quanto sono scema a preoccuparmi per una simile cavolata medica... Che i medimaghi sono anche negli ospedali babbani proprio per questi casi...
    E inizierebbe a farmi domande economiche e finanziarie sulla fusione festeggiata questa sera... Mi distrarrebbe!]

    Si morse il labbro nervosa, forse con troppa forza perché finì per tagliarlo, poteva sentire il sapore ferroso del sangue in bocca... La sua mano che tremava tanto da far fatica a premere i tasti le fece prendere la decisione di cercare il suo numero in rubrica e chiamarlo.
    Mal che andava, le avrebbe buttato giù il telefono in faccia.
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    Edited by LadyShamy - 27/4/2021, 05:14
     
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    Doveva ammettere che quel periodo della sua vita era ripiombato nel caos più assurdo e questa volta, doveva ammettere, che in realtà non centrava assolutamente suo fratello. Stva facendo delle scelte di vita ben ponderate, stava prendendo una specializzazione ed aveva seriamente paura che la cosa non potesse andare. Era vero che fallire per lui era impossibile ma comunque non era qualcosa che davvero non era possibile. Ok, come al solito la contraddizione dei Barnes era sicuramente oramai notoria a tutti, ma quel suo voler diventare un medico attivo anche nel campo auror era qualcosa di folle e si doveva studiare il triplo. Perchè non sceglieva mai le vie più facili? Perchè era così attratto dalle complicazioni? Lo aveva fatto nella sua spera sentimentale ed adesso lo stava facendo nella sua sfera lavorativa. Proprio per quel suo percorso scelto, aveva saltato una noiosissima asta di beneficienza ed aveva ripiegato su di un turno in più in ospedale visto e considerato che da li a breve si sarebbe dovuto vedere anche con un costruttore molto importante. Aveva concluso vari affari e doveva solamente firmar econtratti e cominciare ad assumere persone. Aaron era uno che i soldi li aveva e non aveva paura di spenderli, di investirli, sia perchè ne voleva sempre di più sia perchè erano talmente tanti che non voleva averli tutti per se. Se solo pensava che tra babbani emaghi aveva non sapeva neanche lui quanti dipendenti, il suo ego si gonfiava enormemente, fino a tornare normale e pensare che alla fine non era lui che aveva cominciato quella cosa e che era semplicemente stato fortunato per essere nato e cresciuto dalla parte giusta del mondo. Stava stringendo la mano al costruttore quando sentì il telefono squillare, vide il nome associato al numero e dopo essersi scusato per la maleducazione rispose allontanandosi leggermente. Ehi! Che bella sorpresa! Dove sei? Che fai? Allegro guardò il suo rolex. Aperitivo? Non era una persona tecnologica, non gli piaceva passare le ore al telefono e non aveva nessuna intenzione di protrarre una conversazione tramite uno schermo quando avevano la possibilità di smaterializzarsi e vedersi in qualsiasi posto. Sorrise attendendo una risposta. Ovviamente non aveva idea di che cosa fosse successo alla dolce Airwen quella giornata, ma se lei glielo avesse riferito, sarebbe corso immediatamente da lei, una volta salutati i costruttori, andato in un posto dove nessuno poteva vederlo e smaterializzandosi nell'ospedale dove Airwen - sempre se glielo avesse detto - si trovava.
    Una volta li avrebbe utilizzato il suo tesserino da medico per ritrovarla, quando la vide un sorriso gli si dipinse spontaneo sul viso. Andò da lei e senza dire niente l'abbracciò. Non era uno che amava il contatto fisico o comunque aveva tutta questa intraprendenza ma Airwen era una persona che in qualche modo lo aveva colpito parecchio e quella era una situazione complicata. Andrà bene, te lo prometto! Aggiunse poi seriamente ma comunque con un tono molto dolce. Era fatto in quel modo, non poteva farci assolutamente niente. Era così e non sarebbe cambiato.

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    Airwën O'Neill
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    Lo aveva chiamato.
    E lui aveva risposto.
    Era anche allegro, non irritato dall'averlo cercato.
    Questo l'aveva aiutata, con sua grande sorpresa era riuscita a parlargli senza far tremare la voce, sembrando più controllata di quanto in verità non fosse.
    Rigirava il magifonino tra le mani, sbloccandolo e bloccandolo continuamente senza un valido motivo, chi la guardava poteva credere che tenesse d'occhio l'orologio, in verità era un riflesso involontario che faceva per occupare il tempo.
    Cercava disperata di regolare il respiro, non voleva assolutamente mostrarsi preoccupata o "debole", ma l'assiduo mordicchiarsi il labbro la tradiva, rivelando quanto in verità fosse nervosa.
    Aaron arrivò che si stava rigirando distratta una ciocca di capelli, sfuggita all'elegante capigliatura quando le erano stati tirati da quel criminale.
    La sua comparsa la fece letteralmente saltare dallo spavento, era così tesa che sentire la sua voce così all'improvviso, la lasciò un attimo immobile a fissarlo oltre a farle fare 1 metro di salto.
    Eppure bastò poco a scioglierla, appena i suoi occhi blu incrociarono quelli grigi di lui, li sentì inumidirsi e i propri muscoli tendersi finchè, come una molla, non scattò verso di lui e gli circondò le spalle in un gesto disperato.
    Si godette quel breve momento di sicurezza, le sue braccia strinsero il corpo dell'uomo, il bisogno di trovare conforto in quel contatto fisico, un contatto che non fosse tirarle i capelli, con apprezzamenti e proposte oscene.
    Fu alquanto difficile staccarsi da lui e da quell'abbraccio, da quel un senso di protezione, ma si costrinse a fare il passo necessario per allontanarsi e poter tornare a guardarlo in faccia.
    << Ti chiedo scusa se... ti ho abbracciato all'improvviso... ma... - non riusciva a giustificare un simile comportamento, un'azione così intima quando non sapeva neanche se lui avrebbe accettata e ne sarebbe rimasto infastidito - È stato così... terribile e confuso.
    Non potevo usare la magia... e quell'uomo mi stava trascinando via! Ho lottato ma era troppo grosso! E poi hanno sparato a bunaigh e...>>
    nominare il padre, appena uscito dalla sala operatoria, rivivere quello che era successo anche se in modo così confusionario, la fecero cedere.
    Le lacrime iniziarono a scendere copiose, e alla frustrazione di non aver potuto far niente, la rabbia e la paura sia per sè sia per quello che sarebbe potuto succedere, si aggiunse anche una stupida vergogna di come si stava mostrando proprio davanti a quel Barnes. Quale terribile aspetto doveva avere? I capelli completamente scompigliati, il vestito sporco dov'era stata trascinata per tutta la sala, il labbro spaccato, il trucco che doveva esser super fissante-waterproof era invece sbavato... avrebbe sicuramente fatto causa all'azienda di cosmetici.
    << Mi dispiace... sono orribile, uno straccio, impresentabile! Non avrei dovuto chiamarti e disturbarti... - stava balbettando, agitata e incapace di fare un discorso sensato - E' solo che... non sapevo chi chiamare... mi sei venuto in mente te e prima ancora che me ne accorgessi ti stavo telefonando...>>
    Il cuore batteva impazzito, non sapeva cosa dire, un misto d'imbarazzo e forse pentimento per quella richiesta di aiuto, essersi mostrata così indifesa e vulnerabile davanti ad un uomo di così grande potere e per cui provava non solo rispetto, ma tanta attrazione.
    Quale figura avrebbe mai fatto proprio ai suoi occhi?? Dopo che, con tanta fatica aveva cercato di dargli idea di donna forte e combattiva, mentre ora era tanto preoccupata e tremante da potersi spezzare da un momento all'altro...
    Si obbligò a fare lunghi respiri, mentre con la mano si sventolò nel tentativo di farsi aria e provare a portare più ossigeno al cervello, così da riuscire finalmente a parlare in modo tranquillo.
    Non funzionò come sperava, ma almeno aveva un po' ripreso il controllo sulla voce.
    << Eri occupato? Ti ho disturbato? Posso... offrirti un caffè? Alla macchinetta di questo piano, credo di averne vista una... in uno di questi corridoi...>> si strinse nel suo leggero coprispalle, intonato al lungo vestito elegante.
    Aveva bisogno di allontanarsi da quella scomoda sedia, suo padre era fuori pericolo e lei aveva bisogno di qualcosa di forte e di aria fresca.
    Se avesse accettato, lo avrebbe seguito lungo i corridoi, era più sicuro seguire lui, piuttosto che lei, la sua mente era decisamente troppo distratta per ricordare bene la strada, non molto affidabile.

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    Edited by LadyShamy - 20/5/2021, 06:39
     
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    Per uno come Aaron era seriamente incomprensibile una cosa del genere. Quando la ragazza gli mise le braccia intorno alle spalle, Aaron non fece altro che stringerla a lui e far aderire completamente il suo corpo a quello della giovane mezza- veela. Non era un gesto malizioso e non ci stava neanche pensando ma voleva che lei capisse che in quel preciso istante lui non avrebbe permesso mai a nessuno di farle del male. La strinse ancora ed ancora a lei, fino a quando la stessa ragazza fece un passo indietro. Cominciò a parlare e si vedeva che era parecchio scossa e soprattutto che era molto, molto addolorata oltre che spaventata, e di conseguenza, il medimago, fece un passo verso di lei, per tornarle molto vicino e le accarezzò una guancia mentre con il pollice cercava di asciugarle una lacrima che era sfuggita al suo controllo. Le sorrise ancora prima di scuotere la testa come per farle capire che non doveva preoccuparsi. Nel suo momento di pausa dove cercò di riprendere il controllo, Aaron prese, invece, la parola. Ehi.Bunaigh, starà bene, e a te nessuno ti farà più del male. Ci sono io e io non vado da nessuna parte, sono un abilissimo duellante. Quindi adesso, guardami. Sei al sicuro. La sua voce era calma ed aveva cercato di ripetere quella parola nel suo dialetto con l'intento di strapparle un piccolo sorriso. Comunque le disse quello che pensava realmente. In quel momento la priorità di Aaron era farla sentire al sicuro ed avrebbe fatto anche carte false per riuscirci, la cinse di nuovo in un abbraccio facendole posare la testa sulla sua spalla. Non gli importanva neanche di quello che stava facendo poche ore prime, e si era anche dimenticato del perchè mai era così contento ed allegro quando una sua carissima amica stava soffrendo a quella maniera. La strinse forte a lui e cercò di farle capire che in quel momento non era davvero più sola, poi, quando lei tornò a parlare dopo quei respiri profondi che aveva cominciato a fare, ad Aaron scappò un piccolo sogghignò. L'allontanò un pò e le portò una ciocca di capelli dietro l'orecchio. Sei meravigliosa, anche con il trucco sbavato, ed i capelli fuori posto. E noi Barnes non sappiamo mentire! Aggiunse poi posando la sua fronte su quella della ragazza. Airwen non devi pensare che mi hai disturbato, il fatto che la prima persona a cui ai pensato per una cosa del genere sono io, mi fa non solo onore, ma l'apprezzo tantissimo! Quindi... per favore, non preoccuparti di queste cose, e lascia che invece io mi preoccupi per te! Ecco, magari se un pò di quella gentilezza e di quell'altruismo, Aaron l'avesse lasciato a Blake, sarebbe andato sicuramente tutto meglio e più liscio, ma non poteva neanche controllare tutto quello. A lui veniva spontaneo e non gli dispiaceva affatto. Comunque con quella ragazza c'erano dei trascorsi e lui non aveva intenzione di ignorare niente di quello che era successo. Mentre le stava per dire che forse era meglio che si sedevano un attimo la ragazza gli chiese se poteva offrirgli un caffè. Aaron fece un respiro profondo, afferrò la sua mano. Vieni con come. Le disse poi semplicemente intrecciando le loro mani e facendosi seguire verso l'ascensore di quell'ospedale. C'era sempre un tetto dove andarsi a fumare una sigaretta ed Aaron la portò esattamente li. Una volta usciti dall'ascensore, non fece altro che girare l'angolo e proseguire su di una rampa di scale che finiva su di una porta di metallo, si assicurò che erano da soli e con un colpo di bacchetta la porta si aprì. La fece uscire all'aria aperta e richiuse la porta a chiave alle sue spalle. Ecco qua, il tetto diun ospedale aiuta sempre. Quindi prendiamo un pò di aria e poi andiamo a prendere un bel caffè con un dolce. Comunque non ero occupato! Ed effettivamente era la verità. Non si allontanò dalla ragazza ne tanto meno ritrasse la sua mano da quella della ragazza, anzi, alla fine lo fece , ma le cinse le spalle con un suo braccio portandola vicino a lui e camminando verso un muretto interno li vicino. Ti hanno ... Lasciò la frase in sospeso cercando di escludere almeno qualcosa di brutto. Comunque voleva che lei si liberasse di quella sensazione. Era bellissima nella sua vera natura.

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    Airwën O'Neill
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    Quando Aaron non l'aveva respinta dopo che gli era letteralmente scattata addosso, anzi l'aveva stretta così forte da mancarle il respiro, aveva sentito una fitta al cuore.
    La sua mano che le accarezzava la guancia per catturarle una lacrima le aveva lasciato un segno così caldo e rassicurante che avrebbe tanto voluto risentirla... ancora e ancora.
    L'accenno di un sorriso le aveva leggermente piegato l'angolo della bocca quando aveva sentito pronunciare bunaigh ma col suo accento inglese. Quel suo tentativo aveva funzionato, per un attimo una piccola scintilla di vita aveva mandato un bagliore sul viso della rossa... per poi spegnersi quasi subito.
    Il suo sguardo si era sollevato solo quando lui gliel'aveva chiesto, si vergognava per quel suo aspetto debole e fragile che non era solita mostrare a nessuno, e odiava il fatto che fosse proprio Aaron a vederlo.
    Dubitava di esser "meravigliosa" anche così ridotta, arruffata e trucco sbavato, ma qualcosa le diceva di credergli alle parole sul volerla difendere e di esser preoccupato per lei.
    Forse era stato un errore chiamarlo, perchè più la stringeva più lei desiderava restare tra le sue braccia, più sentiva la sua voce dolce e turbata cercare di consolarla e tranquillizzarla, più i suoi sentimenti per lui si risvegliavano.
    Si era tanto impegnata a tenere sotto controllo quello che provava per lui da quasi convincersi di esserci riuscita, di potersi concentrare completamente su Xander e quello che era successo tra loro... Eppure non poteva peggio sbagliarsi. Non li aveva cancellati, solo chiusi in un cassetto, e cedendo al chiamarlo, con mani tremanti e quella paura che non era solita provare, aveva permesso loro di tornare.
    Aaron le stava riservando una gentilezza così sincera e genuina, da lasciarla confusa. Per lui Airwën era solo una semplice amica, una da chiamare per far due chiacchiere e niente più... ma aveva posato la fronte contro quella di lei e aveva cercato di farla sentire protetta e bellissima.
    Lo aveva visto nelle vesti di medico e imprenditore, posato e attento, aveva sempre detto che non perdeva mai il controllo e non gli piaceva neanche chi cercava di farlo cedere. Era in grado di gestire mille situazioni diverse, che fosse un nuovo investimento economico o una marachella del fratello... Eppure in quel momento sembrava completamente concentrato su di lei e nient'altro, cercava le parole giuste da dire in un modo quasi "disperato", la stringeva così forte che poteva sentire il calore del suo corpo, così perfettamente aderito a quello di lei, da poterne sentire ogni lineamento benchè i loro vestiti.
    [Cuore mio, ti prego, non illuderti... Rallenta i tuoi battiti, concentrati sul ritrovare la forza di reagire alla serata invece di cullarti nel dolce abbraccio di un uomo che ti considera solo un'amica...]
    Non sapeva cosa fare o cosa dire, restava stretta a lui incapace di muoversi, la paura di quello che era successo a suo padre, di cosa sarebbe potuto succedere a lei l'aveva chiusa in una morsa di fredda insicurezza.
    Aveva chiesto ad Aaron se poteva accompagnarla a prendere un caffè in una macchina del corridoio, non poteva certo aspettarsi di esser presa per mano e trascinata sul tetto dell'ospedale.
    Con gli occhi spalancati, visibilmente stupita, lo aveva seguito lungo i corridoi e le scale, finchè l'uomo non aveva aperto magicamente la porta che aveva permesso loro di uscire all'aria aperta.
    Come faceva a sapere che avrebbe tanto voluto un po' d'aria fresca? Che l'odore di disinfettante, la sedia scomoda e l'ansia che le procurava l'ospedale - ingiustificata poichè le avevano già detto del padre fuori pericolo - la stavano facendo sentir male?
    La domanda di Aaron su cosa le avessero fatto era rimasta inconclusa, ma aveva perfettamente capito a cosa si riferisse.
    Non voleva farlo preoccupare ulteriormente così preferì rispondergli senza troppo aspettare... fece un bel respiro profondo e cercando di mantenere la voce più ferma possibile, così che non pensasse gli stesse nascondendo qualcosa, iniziò a raccontare:
    << No, per fortuna no... Ma dalle "simpatiche" battute che si scambiavano tra loro, oltre a commenti di apprezzamento parecchio indecorosi... sono sicura che lo avrebbero fatto.>>
    La voce le si bloccò in gola, incapace di continuare, il solo pensiero a cosa era scampata per veramente un pelo la faceva ancora tremare.
    Il suo sguardo, rimasto basso fino a quel momento, si alzò per guardare il cielo notturno. Purtroppo non c'erano molte stelle, erano ancora in città e le luci artificiali oscuravano quelle naturali di una stellata.
    Quanto avrebbe voluto esser a casa sua in Irlanda, lì il cielo era meraviglioso e ogni notte poteva godere di uno degli spettacoli più belli che la natura aveva da offrire.
    Si fece coraggio, e sempre guardando verso quel cielo di un nero profondo, continuò:
    << Erano quasi arrivati alla porta laterale della sala, ma la polizia è intervenuta in tempo. Prima che scappassero con la refurtiva... e con me.
    A parte i capelli tirati, neanche fossi un sacco dell'immondizia, i lividi me li sono procurata cercando di colpire e ferire l'energumeno che mi stava trascinando via...
    - a quel punto, le lacrime che era riuscita a trattenere grazie alle parole incoraggianti di Aaron, tornarono a rigarle il volto, la vista delle poche stelle divenne sfuocata - Ho provato a scalciare, a graffiarlo con le unghie, addirittura a colpirlo con una posata! Non riuscivo a fargli niente, anzi gli piaceva che fossi così combattiva... continuava a parlare di me e di cosa mi avrebbe fatto mentre uno dei suoi complici girava armato a raccogliere la roba preziosa che avevano gli invitati.>>
    Rabbia, delusione, vergogna, paura si agitavano nel suo petto, mentre i singhiozzi lo facevano sussultare ad in intervalli irregolari...
    << Mio padre pur di salvarmi si è preso una pallottola che, ringraziando la Dea Madre e una pessima mira, lo ha preso alla gamba! Non ho neanche potuto soccorrerlo e curarlo!
    Senza la mia bacchetta non sono niente! Mi sono sentita così impotente, non potevo salvarmi, non potevo salvarlo!>>

    Stringeva i pugni chiusi con una tale forza da conficcarsi le unghie ben curate nei palmi, le nocche divenute bianche. Si morse il labbro inferiore fino a tagliarselo, il sangue che ora le sporcava le labbra di un rosso cremisi. Tratteneva il respiro, come nel disperato tentativo di smorzare un impulso che cercava di uscire, di esplodere.
    E di colpo, senza neanche rendersene conto, cedette... e urlò.
    Un grido carico di ira, disperazione, dolore e frustrazione, irruppe dalla sua bocca, trattenuto finora nel petto, in attesa di esser liberato in un luogo e momento più adatti. L'anima lacerata che poco prima aveva tremato e pianto, ora urlava.
    Nessuno a parte Aaron lo avrebbe sentito, i rumori del traffico e della movida londinese nel weekend soffocavano qualsiasi altro suono, soprattutto poi in cima ad un così alto tetto.
    Le poche forze che l'avevano sorretta sembrarono esaurirsi con quell'ultimo gesto, nell'attimo in cui la sua voce gradualmente si spense, senza più aria nei polmoni per poter continuare, cadde in ginocchio sul duro e freddo pavimento del tetto, in un muto pianto.
    Per un momento si era dimenticata di dove fosse e con chi, restavano solo lei e quel senso di sconfitta e inettitudine.
    Il vento freddo della notte, le sferzava il volto rigato dalle lacrime, le ciocche rosse scompigliate si muovevano seguendone gli spostamenti d'aria, mentre gli occhi, tornati bassi, guardavano la grigia superficie su cui era caduta, probabilmente rovinando ulteriormente il vestito già strappato e sporco.
    Ancora una volta si era mostrata debole e fragile davanti ad Aaron, ancora una volta la vergogna si sarebbe impossessata di lei dopo quel gesto tanto inutile quanto stupido... Ma prima avrebbe lasciato che il gelo di quella notte senza stelle fosse penetrato nel suo corpo, timorosa di chiedere anche solo una piccola scintilla di calore.

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    Edited by LadyShamy - 2/7/2021, 14:51
     
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    Il problema principale di Aaron Barnes era che riusciva ad essere veramente una persona adorabile. A differenza di suo fratello, lui capiva le situazioni e sapeva anche giostrarsi al loro interno in maniera magistrale. Non c'era niente che Aaron non poteva fare. Era stato sicuramente cresciuto in maniera severa e soprattutto con una madre amorevole ma comunque di alto borgo e di conseguenza con delle maniera e dei modi di fare sempre perfetti, Blake ovviamente non aveva avuto questa fortuna, ma Aaron era uno che imparava in fretta. Quando aveva visto Airwen e soprattutto sentendola al telefono in quel modo, lo aveva fatto scattare immediatamente, come se la cosa potesse essere di vita o di morte ed infatti, era una situazione esattamente di quel genere. Non sapeva neanche lui, esattamente, cosa potesse essere successo per aver sconvolto l'irlandese in quel modo ma sapeva che se la rossa lo aveva chiamato in lacrime voleva dire che davvero aveva bisogno d'aiuto. Da come l'aveva conosciuta, era chiaro che fosse una donna forte e che sapeva esattamente quello che voleva, e forse, ancora di più quello che non voleva. Si era avvicinata a lui con determinazione facendogli capire da subito di che pasta era fatta e non si era neanche sorpreso nel vederla così inferocita da Magie sinister e fargli quella scenata così diretta e quasi eccitante. Aaron era sempre stato una persona "confusa" sentimentalmente parlando in quanto si era completamente donato a Katrina che lo aveva davvero fatto soffrire come un cane, ma non era mai stato in grado, davvero di buttar fuori il dolore e di lasciarlo andare via. Forse era quello il suo vero problema con le donne, ma che tra una cosa ed un'altra non era mai riuscito a risolvere. Aveva troppe responsabilità, ed allo stesso tempo aveva veramente troppi legami ai quali non sapeva rinunciare ed i suoi modi sempre gentili ed adorabili non aiutavano nessuno. Ma avere quella ragazza tra le sue braccia in quel preciso istante della sua vita lo faceva stare bene con se stesso. Sapeva che era giusto e sapeva che era esattamente li che doveva essere, insieme ad O'Neill. La strinse ancora ed ancora fino a quando non la portò sul tetto. Sapeva che doveva prender aria perchè Aaron li dentro ci lavorava ed aveva subito un lutto e sapeva come ci si sentiva, cosa si voleva fare e soprattutto dove non si voleva stare. Li si erano conosciuti veramente e li era diventato il loro posto felice. Lasciò andare la ragazza e cercò di capire meglio la situazione. Mentre la rossa parlava lui la scrutava e cercava di farle capire con lo sguardo che non doveva preoccuparsi, ne del suo aspetto ne tanto meno di quello che stava dicendo. E poi le sue parole lo lasciarono quasi senza fiato e con un amaro in bocca non indifferente. Lilith aveva subito la stessa cosa e lui aveva visto quanta sofferenza e quanto tempo ci aveva davvero messo per uscire da quel tunnel; vedere anche Airwen in quel modo era straziante. Si morse il labbro più di una volta, ma la lasciò parlare, la lasciò sfogare senza dire una parola. In quel momento era importante che lei si sentisse compresa ma soprattutto ascoltata e essenzialmente non da sola. Per il resto ci avrebbe sicuramente pensato, già stava cercando nella sua testa chi poteva chiamare per capire esattamente quello che pensava fare per farla pagare a quegli imbecilli. Se c'era una cosa che Aaron non sopportava era proprio il furto perchè conosceva cosa voleva dire lavorare per guadagnare e non avrebbe mai accettato una cosa del genere.
    Stava per dire qualcosa, le asciugò ancora una volta le lacrime che uscivano incontrollabili dai suoi bellissimi occhi azzurri, le sorrise più di una volta per farle capire davvero che non doveva preoccuparsi e che non era da sola, ma quando cedette ed urlò, Aaron non fece altro che aspettare che sfogasse davvero tutta la sua rabbia. Attse qualche minuto prima di dire qualsiasi cosa. Non era giusto irrompere in una situazione tanto intima senza neanche dare tempo di fare qualsiasi cosa, di realizzare quello che era successo. Si avvicinò a lei e l'abbracciò. Era un abbraccio caldo, generoso, attento, premuroso. Un abbraccio che le avrebbe fatto capire quanto tutto quello non sarebbe rimasto impunito e che non doveva preoccuparsi di niente, al resto ci avrebbe pensato lui, senza neanche dover dire altro. Lo avresti salvto perchè sei un'ottima strega. So che avresti trovato il modo di non farti toccare perchè sei una ragazza forte, una combattente e non sono parole di circostanza. So quello che combini quando vai in giro a fare missioni con dei densiriani e se riesci a tenere testa a quel branco di selvaggi, allora figurati se quattro babbani con una pistola possono davvero fermarti. La strinse ancora un pò a se. Era sincero, forse anche più che sincero. Si allontanò da lei e posò entrambe le sue mani calde sulle spalle nude e fredde della ragazza per guardarla meglio negli occhi. Airwen, non tutto si risolve con la magia. Hai fatto quello che hai potuto e quello che hai dovuto. Cercherò il modo di trovare i colpevoli e puoi stare tranquilla che pagheranno per quello che hanno fatto a te e a tuo padre. Ma smettila di colpevolizzarti per qualcosa che non hai fatto e concentrati, invece, su quello che hai fatto. Tuo padre è vivo e non direi che senza magia sei niente perchè non è così! Prese la sua bacchetta e fece materializzare uno specchio davanti a loro, la girò, posò le sue mani sui suoi fianchi. Guardati. Guarda tutto quello che sei anche senza magia, pozioni e bacchette varie. Sai cosa vedo io? Una donna bellissima, coraggiosa e che forse ha più palle di tutti gli uomini messi insieme in questo edificio. Sorrise e le diede un bacio sulla spalla nuda. Non dubitare mai di te, perchè se non ci credi tu non lo faranno neanche gli altri. E poi ci si chiedeva come era possibile che Blake Barnes fosse così montato. Ma con un personal coach come Aaron che ti montava la testa sempre, costantemente, come poteva succedere qualcosa di diverso?

    Revelio GdR

     
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    Airwën O'Neill
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    ...Non lasciare che siano gli altri a decidere chi devi essere...

    Non sapeva come ringraziarlo per averla lasciata parlare, e soprattutto sfogare.
    Aveva bisogno di quel momento di pura e brutale liberazione come acqua fresca in un deserto.
    Prosciugata di ogni energia, giaceva in ginocchio a terra, immobile, eppure sentiva di aver tolto un enorme peso dal petto che quasi la soffocava, come che urlare tutta la sua frustrazione lo avesse disperso in quella fredda e cupa notte.
    Lo sguardo fisso, assente, la mente si era spenta come la sua coscienza, troppo spaventata dalla figura appena fatta proprio davanti a l'uomo che le scombussolava i sentimenti ogni volta che lo vedeva. Percepì il suo calore prima ancora della sua presenza. Neanche si accorse dell'avvicinarsi di Aaron, il suo chinarsi per abbracciarla... di nuovo. E ancora sentì la sua dolce voce parlarle e rassicurarla, incoraggiarla a reagire e a non deprimersi o sminuirsi.
    Aveva ragione, doveva ascoltarlo e farlo... ma era così difficile!
    Eppure, una nuova emozione comparve sul viso della ragazza quando l'uomo fece comparire magicamente uno specchio: stupore.
    Il viso di Airwen, inizialmente girato di lato per non vedere in quale pietoso stato fosse, lentamente si mosse per raddrizzarsi, e con una forza di volontà non da poco, riuscì ad aprire gli occhi per guardarsi e ubbidire così alla richiesta del medimago di guardarsi.
    Il riflesso che lo specchio le restituì non era dei migliori, la tentazione di richiudere gli occhi e scappare a nascondersi si fece sentire, ma le parole di Aaron la tennero ferma al suo posto, oltre alle sue mani suo sioo fianchi. Più lui la descriveva più la disperazione e lo sconforto piano piano scemavano via da lei, come l'acqua della pioggia che con pazienza lava via lo sporco dell'asfalto.
    Ogni suo complimento era un sussulto al cuore. Gli occhi blu di Airwen scivolarono prima sulle mani grandi e calde di Aaron sui suoi fianchi, poi tornarono allo specchio, ma solo per cercare quei due cristalli di ghiaccio che ogni volta le rapivano lo sguardo.
    Quando le diede un bacio sulla spalla nuda, un brivido la percorse lungo tutta la schiena. Si morse il labbro inferiore, non tanto per bloccare le lacrime che minacciavano di tornare a farsi vive, ma piuttosto per fermare ciò che in quel momento per non parlare e fermare ciò che avrebbe voluto confessargli. Non era certo quello il momento giusto, benchè il luogo fosse proprio quello dove avevano parlato la prima volta che si erano conosciuti.
    Si sentiva così tanto confusa, il suo corpo, la sua anima desideravano legarsi a due uomini diversi tra loro, ma accumunati da ciò che più ricercava in un compagno: carattere, protezione, gentilezza e tante altre qualità oltre ad un aspetto da figo unico.
    Si girò con tutto il corpo verso di lui. La mano sinistra stringeva la sua maglia come fosse la sua ancora di salvezza, mentre la destra poggiava con delicatezza sul suo torace, come poi fece la fronte della giovane, il bisogno di restare a contatto con lui e di assorbirne più calore possibile.
    << Grazie... grazie di tutto. Grazie per esser corso qui da me, per non avermi giudicata, anzi per avermi ascoltata e incoraggiata a reagire... Grazie per aver capito che non era solo un caffè della macchinetta a servirmi, ma l'aria stessa. Grazie per essermi stato vicino in un momento del genere, sicuramente poco allegro e che ha tirato fuori il mio... - non sapeva come definirlo... forse "il suo peggio"? No, era altro - ...lato più fragile.>>
    Fece un profondo respiro. Doveva reagire come le aveva detto di fare, doveva ritrovare la O'Neill cazzuta che fino a quel momento lui conosceva... e poi, non voleva più che si preoccupasse per lei. Non aveva ancora trovato il coraggio di parlargli guardandolo negli occhi, così continuò a rivolgersi col volto appoggiato al suo petto, nascosto dai morbidi capelli rossi scompigliati, ormai sfuggiti in lunghe ciocche dalla complicata acconciatura.
    << Cos'ho provato, l'ho fin troppo... "espresso". - e alludeva alla storia raccontata, con tanto di commenti personali e sfogo finale concluso in un urlo degno di una banshee - Ora devo fare come mi hai detto te e rialzarmi in piedi.
    Hai ragione, mio padre è fuori pericolo,e probabilmente domani mattina si lamenterà di quanto sono pessimi gli ospedali babbani rispetto al San Mungo.>>

    Aveva cercato di fare una battuta, il tono non era uscito molto bene, ma almeno ci aveva provato.
    E alla fine non resistette, ancora stretta a lui, le sfuggirono pensieri di cui poi si sarebbe pentita, ma che erano lì pronti per esser pronunciati da troppo tempo...
    << Aaron... se continuerai a venire sempre in mio soccorso... Se continuerai ad esser così buono con me, a dirmi così belle parole, a stringermi... e questi gesti di affetto... Io... - un respiro, poi un altro. Doveva fermarsi, doveva farlo adesso che ancora poteva, doveva lasciare la frase inconclusa, persa nell'incertezza di cosa volesse dire. Eppure i sentimenti spingevano per venire fuori. Quanto avrebbe voluto esser completamente sincera e dirglielo apertamente, ogni dubbio, ogni desiderio, ogni dilemma... ma più cresceva il bisogno di parlare, più aumentava la paura che lui la respingesse per poi troncare ogni rapporto con lei, e a ciò non era pronta - ...non riuscirò più ad allontanarmi da te. Non ci riesco adesso, e neanche lo voglio... Non immagini quanto mi sei mancato...>> la sua bocca aveva detto ad alta voce quello che doveva restare solo nella sua testa. Avrebbe voluto sprofondare dalla vergogna...
    << Oh Dea, sono una stupida! Ancora più scema a dirtelo così e proprio adesso! Mi dispiace, non voglio che tu... Mi basta solo...>>
    Frasi disconnesse, spezzate, raccolte tra mille pensieri, e vagamente controllate che non esprimessero troppo di quello che veramente voleva, che avrebbe voluto dire.
    Il cuore batteva impazzito, le guance che si arrossavano dall'imbarazzo. Ora sì che aveva un valido motivo per nascondere il viso.
    Odiava quel cuore traditore che batteva così forte, anche senza stetoscopio il medimago avrebbe potuto sentirlo.
    In silenzio pregava la Dea Madre di non aver detto troppo da farlo scappare.
    Magari poteva buttare lì un "sto scherzando" tipo battuta, come a voler cancellare tutto quello appena rivelato, ma non ce la faceva, non riusciva a far altro che restare nascosta tra le pieghe della sua maglia, il cui lembo era ancora stretto nella sua mano sinistra... probabilmente gliela stava stropicciando, ma era l'ultimo dei suoi pensieri in quel momento.

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    Edited by LadyShamy - 28/9/2021, 05:40
     
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    Aaron Barnes | Medimago | 27 anni |


    C'erano delle volte che Aaron Barnes non faceva altro che rasentare la perfezione, la incarnava veramente, ma veramente bene. Il solo fatto di non sapere e non ostentare tutto quello che era veramente, lo rendevano bello e non solo d'aspetto. Aaron era una persona buona, gentile, generosa, ma che allo stesso tempo sapeva essere determinata, carismatica, delle volte anche superba e pretenziosa, ma non perdevamai il suo essere, non perdeva mai la sua vera natura. Era un Barnes e quello voleva dire veramente, ma veramente tante cose. Le persone si aspettavano da lui qualcosa che non sempre era aderente alla realtà, non sempre riusciva a stare al passo con le aspettative degli altri o di se stesso, ma una cosa non la si poteva negare: Aaron ci metteva il cuore e la faccia in ogni cosa che faceva. Si era conquistato il rispetto delle persone illustri a Londra, sia quelle babbane che quelle magiche, aveva viaggiato e non aveva mai delegato nessuno nel parlare per lui quando si trattava di decisioni importanti sia belle che brutte. Non aveva mai licenziato nessuno senza guardarlo negli occhi, non aveva mai e poi mai delegato a qualcuno i suoi sentimenti. Aveva sempre avuto il coraggio di affrontare la vita, delle volte, anche a suon di calci in bocca. Sapeva benissimo cosa voleva dire perdere, non si era mai definito uno che vinceva sempre, anzi! Aveva sempre avuto l'impressione di non essere all'altezza di qualcosa o qualcuno, ed aveva sempre spronato chi gli stava vicino ad essere migliore di quello che era lui. Airwen era arrivata in un momento della sua vita particolare, in uno di quelli che non capisci niente, che non sai se effettivamente stai andando nella direzione giusta, ma non era una persona che gli era stata indifferente. Era entrata a gamba tesa come un uragano nella sua vita ed era rimasta li. Aaron era uno che analizzava moltissimo se stesso e quello che gli capitava, ed anche in quel momento lo stava facendo e sapeva esattamente quello che stava provando per lei. Ma non era uno che parlava davvero dei suoi sentimenti e preferiva morire lui dentro che mettersi al centro dell'attenzione e spostare il focus su di lui. Doveva pensare a stare meglio, doveva pensare a reagire e buttarsi tutto quello che era successo alle spalle. Si, era difficile ed era ancora tutto troppo presto, ma sapeva che era forte e non gli piaceva vederla così. Non gli piaceva, in nessun modo, vederla piangere, urlare e stare male. Quando lo specchio apparse e lei aprì gli occhi, Aaron sorrise nel suo riflesso. Pensava ogni parola che aveva detto e quando le diede quel bacio sulla spalla nuda era perchè lo sentiva davvero. Non devi ringraziarmi. Voglio che tu stia bene non la tua gratitudine. Voglio il tuo sorriso, il tuo increspare le labbra quando non ottieni quello che vuoi ed il tuo sguardo curioso e sempre pronto ad affrontare qualsiasi cosa. La fragilità è quello che ti rende umana. E comunque se può tirarti su di morale, sei bella anche con le lacrime agli occhi ed i capelli scompigliati! Non era abituato a mentire. Sapeva di parlare con una persona intelligente e bella sia dentro che fuori e non aveva nessuna intenzione di cambiare modo di fare solamente per sembrare distaccato e freddo. Non lo era, non con lei. Ridacchiò a quello che disse su suo padre e quando le si voltò completamente verso di lui, le sue gote divennero leggermente rosse. Erano fin troppo vicini e quelle situazioni erano sempre fin troppo ambigue. Ma prima che potesse dire qualsiasi cosa, sgranò gli occhi per quello che la ragazza le confessò. Ma non si posse da dove era, ed anzi, strinse la ragazza in un abbraccio, nuovamente. Le lasciò finire di dire quello che aveva da dire, si prese un minuto per dire qualsiasi cosa, sempre tendendola stretta, facendole capire che comunque non sarebbe andato via. Non voglio che ti allontani da me, e non voglio allontanarmi io da te.Disse immediatamente per far si che la cosa fosse chiara. Non posso cambiare quello che sono e non posso chiederti di rimanere nella mia vita per quello che sono. Potrebbe non piacerti, potrebbe farti del male ed io non voglio tutto questo. Sei una persona speciale, non posso negarlo, non l'ho mai fatto. Non ti lascio da sola adesso ne quando ti servirà la mia presenza, dovesse essere anche tutti i giorni, perchè io non sono così e neanche voglio essere uno di quelli. Concetto espresso con veramente tanta fatica visto che sarebbe solamente voluto morire dall'imbarazzo. Ma Aaron era così: se Blake poteva definirsi un bipolare con il dramma, Aaron poteva essere definito un bipolare drammatico. In fondo erano fratelli, no? Le sue mani scesero lungo i fianchi della rossa e l'allontanarono leggermente per far in modo che lei lo guardasse negli occhi. Airwen. Guardami. Io sono qui per te e non vado da nessuna parte. Era serio. I suoi occhi ghiaccio erano puntati in quelli blu intenso della ragazza.
     
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    Airwën O'Neill
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    ...Non lasciare che siano gli altri a decidere chi devi essere...

    [Stupido, stupido, stupido Aaron! Come puoi non leggere tra le righe?? Non capisci cosa sto cercando di dirti?!]
    Gli occhi blu intenso di Airwen si gettarono in quelli di ghiaccio di Aaron quasi con disperazione.
    Non aveva capito quello che lei aveva cercato di dirgli indirettamente. Certo le sue parole le erano piaciute e l'avevano rassicurata, ma i suoi sentimenti erano rimasti incompresi... e non sapeva dire se ne era sollevata o delusa.
    Rapida affondò ancora il volto nelle pieghe della maglia dell'uomo. La mano la strinse ancora più forte, incurante di quanto gliela stesse spiegazzando. Veloce si morse il labbro fin quasi a tagliarselo, doveva star zitta, ne una parola di chiarimento o spiegazione doveva uscire dalla sua bocca. Per adesso andava bene così, restare coi suoi sentimenti inespressi. Almeno finchè fosse riuscita, doveva accontentarsi di quel bel rapporto che c'era tra loro, niente di più. Era così difficile trattenersi, resistere alla tentazione di confessargli tutto, ma non poteva permettersi di perderlo solo perchè ingorda e desiderosa di diventare qualcosa di più importante di un'amica.
    Il cuore batteva così forte da farle male, non era mai stata così vicina al medimago come quella sera, addirittura esser tra le sue braccia le sembrava un sogno, tanto bello quanto doloroso.
    Prima di parlare dovette far prima dei profondi respiri, la sua voce doveva tornare ferma invece che tremolante come temeva fosse in quel momento. Certo, l'uomo avrebbe dato la colpa allo shock di quanto le era successo, mai avrebbe pensato che fosse così scossa per quello che era successo tra loro due su quel tetto e per l'immane fatica che stava facendo nel trattenersi dal baciarlo e dirgli quello che da parecchio provava per lui.
    << Sai, quando ci siamo incontrati la prima volta, non ti facevo così sentimentale, così dolce e gentile.
    Bello e accattivante, intelligente e di sani principi, questo è il Barnes conosciuto quel giorno su questo tetto.
    Confesso che mi hai stupita quando hai accettato la mia provocazione nel "prendimi" e mi hai inseguita lungo i corridoi fino all'ascensore, per poi risolvere il mio indovinello su dove fossi diretta.>>

    Un altro profondo respiro, mentre sceglieva con attenzione le parole da usare... Alzò il volto per tornare a guardare quello di lui. La mano destra scivolò fino al suo viso, con delicatezza quasi incertezza, come incredula di essergli veramente così vicino, l'appoggiò sulla guancia dell'uomo. Ne poteva sentire la pelle imperfetta per via della leggera barba che si apprestava a crescere.
    << Ogni volta che ci incontriamo, scopro aspetti del tuo carattere, del tuo essere che mi colpiscono... Piano piano, pezzo per pezzo, mi aiutano a comporre il puzzle... di Aaron Barnes.
    Mi chiedo, quanti me ne mancano ancora per capire alla fine chi sei e soprattutto, cosa sei tu per me.>>

    Col pollice scese fino a toccargli l'angolo della bocca, i suoi occhi cedettero e lasciarono quelli di lui per bearsi un attimo della visione delle sue labbra, la tentazione di saggiarne la consistenza che si faceva sentire ogni volta che lo guardava. Erano così deliziose come sembravano all'apparenza?
    << Grazie a te, sto scoprendo anche aspetti del mio carattere che non credevo di avere, o di aver ormai seppellito... Ci sono così tante domande su di te, su noi due, a cui sto ancora cercando di trovare risposte... - un altro respiro ancora, ma questa volta era di rassegnazione - ...ma temo che questa volta dovrò metterle da parte, in attesa di occasioni più adatte.>>
    Gli occhi color del mare della ragazza tornarono a guardare quelli di ghiaccio.
    Quante cose avrebbe voluto dirgli, quante storie da raccontare, sia belle sia brutte... a cominciare dagli sfregi che nascondeva magicamente dietro la schiena e che forse un giorno gli avrebbe fatto vedere. Nessuno era conoscenza di quei segni, solo la sua famiglia e il suo ex. Erano motivo di vergogna e di sofferenza per lei e non li avrebbe mostrati tanto facilmente, e non certo ad un semplice amico.
    Per quanto il corpo di Aaron la stesse scaldando, per quanto desiderasse restare così, abbracciata a lui, il tempo passava e lei si sentiva sempre più stanca, le energia ritrovate grazie a quell'uomo, lentamente erano state prosciugate da tutto quel turbinio di emozioni e ormai non sapeva neanche più se era ancora in grado di sorreggersi da sola.
    Aveva bisogno di una doccia e una bella dormita, soprattutto adesso che sapeva che il padre era fuori pericolo e dormiva tranquillo nel suo letto d'ospedale. Eppure, il solo pensiero di tornare a casa, che fosse a Denrise o ad Hidestone, le faceva venire le palpitazioni dall'ansia, o forse era più paura quella che provava.
    Si morse di nuovo il labbro, imbarazzata da ciò che stava per chiedergli, ma era la sua unica speranza...
    << Aaron... forse è una richiesta fuori luogo ma... Posso dormire da te? Non vorrei abusare della tua gentilezza, è solo che... l'idea di restare da sola mi... - il respiro si fece più irregolare, i battiti accelerati mentre la voce tornava a tremarle mentre cercava di coraggio di ammetterlo ad alta voce - ...spaventa. E' una cosa irrazionale, lo so... Sono stati arrestati e io ho la mia bacchetta... e sicuro non riuscirebbero neanche ad entrare al villaggio di Denrise o alla scuola di Hidestone...
    Ma... ho paura, non voglio stare da sola e a quest'ora sarei di disturbo per chiunque...>>

    Le sue guance si colorarono di un visibile rossore dalla vergogna per essersi mostrata di nuovo debole e avergli fatto quella richiesta sconveniente.
    << Oh Dea Madre, cosa ti ho chiesto. Mi dispiace, ti ho disturbato abbastanza per 'sta sera. E poi non vorrei metterti una situazione spiacevole con...>>
    Non riuscì a terminare la frase. E se Aaron il quel periodo che non si erano visti avesse trovato una ragazza/o? Se con la sua richiesta lo aveva messo in una posizione difficile?
    << Fingi che non te l'abbia chiesto... - cercò di modificare il tono di voce per mostrarsi più coraggiosa e sicura di quanto in verità non fosse - Ce la posso fare, non serve che vengo da te. Sono una O'Neill infondo, non sarà l'aver rischiato la vita e un probabile stupro a bloccarmi. E poi sono anche una pozionista, mi creerò un sonnifero da mettermi K.O.>> gli rivolse un falso sorriso, il pessimo tentativo di celare quella paura ingiustificata che l'aveva portata a far una richiesta del genere.
    Quanto poteva urlare l'anima di una persona, eppure mostrarsi muta quando c'era da dire la verità?
    A stento riusciva a nascondere il tremore, a stento manteneva la voce ferma.
    Aveva dovuto distogliere lo sguardo da lui per timore che capisse le sue menzogne... Gli occhi erano lo specchio dell'anima? In quel momento piangeva e tremava.
    No, non gli avrebbe recato altri problemi, per quella notte aveva già abusato abbastanza della cordialità di quel ragazzo. Avrebbe stretto i denti e sarebbe andata a Denrise, lì forse i continui vociare di ubriachi e festaioli l'avrebbe aiutata ad addormentarsi... e se non avesse funzionato, aveva il materiale per ottenere un bel intruglio da farla dormire tutto il weekend, tanto di mangiare non se ne sarebbe parlato per un po'.
    << I documenti del ricovero di mio padre me li hanno già dati prima che arrivassi te e sono d'accordo col dottore per tornare domani con mia sorella e mio nonno.
    Possiamo andare direttamente a chiamare un taxi.>>

    La voce triste, un tono rammaricato e abbattuto, di chi si preparava ad una notte insonne.
    Fece per allontanarsi da lui, ormai non aveva più ne le forze ne il coraggio per restare su quel tetto con lui. Per quella sera, tra lo sfogo disperato e la richiesta assurda, si era messa abbastanza in imbarazzo dando sfoggio fin troppo del suo lato più vulnerabile.

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    Edited by LadyShamy - 24/11/2021, 03:04
     
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    Aaron Barnes ~ MedimagoSe ad Aaron gli avessero detto che era una persona affasciante tanto da piacere ad un sacco di ragazze contemporaneamente, Aaron avrebbe riso e non ci avrebbe veramente mai creduto. Il problema principale della situazione, infatti, era che sapeva benissimo di essere bello, intelligente, affasciante e richiesto, ma attribuiva tutto quello al suo cognome e non propriamente al suo vero essere. Sapeva benissimo che i soldi e la fama facevano anche quell’effetto, ma da quando aveva conosciuto Airwen, Evelyn, Eilidth, Rebecca e così via, aveva capito che era lui ad essere bello, essere affasciante ed interessante e non i suoi soldi. Poi Markab aveva messo la ciliegina sulla torta quando ogni volta che c’era lui nei paraggi, mollava tutto e tutti ed andava da lui, ricoprendolo non solo di complimenti, ma anche di attenzioni. Aaron aveva cominciato ad avere più consapevolezza di quello che era davvero, di quello che davvero poteva essere e di conseguenza aveva cominciato ad analizzare i comportamenti che gli altri avevano con lui anche in maniera diversa, in maniera più analitica riuscendo a capire e comprendere cose che prima non riusciva neanche a vedere. Airwen ne era la prova. Non è che lui non capisse cosa stesse succedendo, aveva capito che la ragazza fosse interessato a lui, ma sapeva anche che non si conoscevano abbastanza e che forse, uscendo anche con Xander, si sarebbe resa conto che lui era completamente differente da quest’ultimo e di conseguenza era impossibile interessarsi a due persone così diverse contemporaneamente. La strinse tra le sue braccia, gli donò tutto il calore che poteva avere, la sua mano era posata elegantemente ed in maniera rispettosa sulla sua schiena. Lasciò che lei toccasse l’angolo della sua bocca e che i loro occhi rimanessero incollati. Lei era bellissima e più si mostrava fragile, più Aaron la trovava meravigliosa. Aveva una pelle chiara, sembrava fatta di porcellana e comunque l’attrazione strana che provava per lei lo lasciava sempre un po’ interdetto. Sapeva cosa provava, ma il suo corpo, delle volte, non rispondeva alle sue vere volontà. Le mani si posarono delicate sui fianchi. Noi Barnes facciamo questo effetto! Scherzò sulla questione prendendosi quelle parole e riponendole gelosamente in un angolo di cuore che sarebbe stato sempre a lei riservato. Sorrise ancora a quello che disse e quando lei gli confessò che aveva delle domande su loro due, Aaron l’avvicinò ancora un po’ a lui. Non si possono attendere sempre le occasioni adatte per fare qualcosa! Sono qui, adesso… questa è l’occasione adatta! Le fece presente sentendo un lembo di pelle nuda della sua schiena contro il suo pollice. Non lo aveva fatto neanche in maniera consapevole, il fatto era che aveva infilato le mani sotto la giacca che stesso lui le aveva dato.
    Si avvicinò ancora un po’ a lei, ma non fece in tempo a dire niente, che lei gli chiese di dormire insieme ed ancora prima che lui potesse rispondere di si, la pozionista rigettò da sola la questione dicendogli che gli aveva arrecato già troppo disturbo, si era allontanata, aveva deciso di tornare da sola il giorno dopo da suo padre. Lasciò che lei finisse il suo monologo, lasciò che lei facesse quello che riteneva più giusto, ma quando disse che potevano chiamare il taxi, Aaron la prese per mano e pensando alla sua camera da letto, di un appartamentino in centro si smaterializzò direttamente al suo interno, non lasciando alla ragazza altra scelta. Non ti ho lasciato scelta come tu non hai fatto con me. Mi hai fatto una domanda, stavo per dirti di si, che potevamo dormire insieme, solamente che non potevo portarti a casa mia,perché Annie stasera doveva fare una cena con Lancelot e mi ha chiesto la casa tutta per se, allora ti avrei proposto la mia villa in campagna, dove avrei dormito comunque io, oppure la suite del mio Hotel a Londra, ma poi avrei optato per questo appartamentino perché è piccolo, accogliente, è giusto sotto casa mia ed io ci vengo sempre quando voglio stare da solo. È un po’ come dire il mio piccolo angolo segreto. Qui c’è tutto e si, vorrei che tu non restassi da sola e non perché non penso che tu sia in grado di farlo, ma perché a me fa piacere stare con te, parlare con te, e dormire con te. Non mi metti in nessuna situazione spiacevole con nessuno. Ho 27 anni, so cosa posso, non posso o cosa voglio o non voglio fare. Quindi… Solo a quel punto si allontanò leggermente da lei lasciandole la mano. Ti do una mia maglia, li ci sono le asciugamani e se vuoi puoi fare una doccia, io preparo qualcosa da mangiare. Stanotte starai con me, Hidenstone e Denrise sono più pericolose di Bankog di notte, quindi rilassati, adesso ci sono io… volevi un’occasione adatta? Bene!Eccola! Le diede un dolce bacio sulla guancia mostrandole il bagno in camera che c’era li, e poi aprendo la porta che lasciava spazio ad un salone cucina ampio, chiaro e spazioso. Era piccolino come monolocale, ma era grazioso, e con mobili di fattura molto buona e lussuosa. Insomma si vedeva che era un monolocale di qualcuno che aveva soldi da spendere anche per i dettagli. Non scappare, ti raccomando Detto ciò la lasciò spogliarsi e cambiarsi, lasciandole una sua maglietta a maniche corte, lunga per farla stare più comoda.
    cit. Vivi sempre come se fosse l'ultimo giorno sulla terra


     
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    Airwën O'Neill
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    ...Non lasciare che siano gli altri a decidere chi devi essere...

    Come sempre era partita con uno dei suoi monologhi che la facevano tornare sui suoi passi, pentita di aver osato chiedere tanto ad Aaron... come poteva dargli altro disturbo quella notte? Era stato così gentile a venire da lei in ospedale, a starle accanto e consolarla nel suo momento più critico, ma addirittura chiedergli di dormire da lui le era sembrato veramente troppo. Invece lui, prima che potesse andarsene da quel tetto galeotto, l'aveva preso per mano e si erano smaterializzati.
    In un momentaneo stato di stupore, era rimasta zitta e immobile, gli occhi spalancati mentre la sua mente doveva ancora metabolizzare quello che era appena successo... Appena l'uomo iniziò a parlare, si girò verso di lui a guardarlo, attenta a quello che stava discendo, ma ancora incredula. Si trovava veramente in uno dei suoi appartamenti? E soprattutto, erano loro due da soli, nella stessa casa senza nessun'altro?
    Il suo cuore prese a battere impazzito, non sapeva dire se ne era felice o preoccupata, infondo non si conoscevano poi così tanto, benchè la sua ossessione per quel ragazzo... eppure, più lo guardava negli occhi, più sentiva il bisogno di avvicinarsi a lui, alla ricerca di quella sensazione di protezione e calore provata poco prima. Forse era l'istinto, forse i suoi sentimenti per lui, ma non aveva paura di quello che avrebbe potuto farle, una fiducia innaturale e spontanea dopo tutto quello che avevano passato insieme, non solo quella sera, ma anche alla sua festa di laurea e all'inaugurazione del Sinister.
    Quando le lasciò la mano per poterle dare una sua maglietta e indicarle dove si trovasse il bagno. << Grazie... temo di non aver un gran aspetto al momento, una doccia la gradirei con gran piacere... ne ho decisamente bisogno.>> e non si riferiva solo al fatto di esser tutta arriffata, col trucco sbavato, il vestito sporco e strappato...
    Quando si propose di cucinarle qualcosa, si rese conto di quanto poco avesse mangiato quella sera, infondo era una di quei galà con porzioni gourmet: tanto belle e buone ma così piccole che neanche lontanamente erano definibili pasto.
    << Non so veramente come potrò ripagarti di tanta gentilezza e attenzione. Allora... io vado a fare la doccia...>> leggermente in imbarazzo per quell'ultima frase, le guance di un leggero rossore, si tolse la giacca con cui l'aveva avvolta per tenerla al caldo, appendendogliela all'ingresso e fece pochi passi verso la porta che le aveva indicato esser il bagno, ma poi si rifermò e ancora più imbarazzata di prima lo chiamò: << Aaron! Mi... potresti... abbassare la lampo del vestito? - se prima il suo viso era roseo, adesso era diventato rosso peperone - Ad aiutarmi a vestirmi c'era la mia assistente e anche tornata a casa ci sarebbe stata una domestica ad aiutarmi a togliere il vestito... è uno di quelli perfettamente aderenti al corpo e così stretta neanche ci arrivo alla lampo...>>
    Gli mostrò la schiena, avvolta nell'elegante tessuto color smeraldo e attese che lui le abbassasse la cerniera.
    Appena sentì le mani di lui sfiorarle la pelle, in quel gesto che lei ben conosceva ma che di solito era associato ad un'altra "attività" della semplice doccia, un brivido le scosse il corpo, rapida si morse il labbro inferiore prima di che suoni fraintendibili potessero sfuggirle dalla bocca, ma distratta com'era dal turbinio di emozioni che si stavano rincorrendo dentro di lei, si era completamente dimenticata un altro dettaglio su quel vestito: lo spacco vertiginoso sul decoltè e il taglio tanto aderente al corpo, le avevano reso impossibile poterci mettere un reggiseno. nel momento in cui la lampo venne fatta lentamente scivolare verso il basso, il vestito di pura e morbida seta, scivolò anch'esso lungo il suo corpo snello, ma appena vide scoprirsi i suoi seni, ricordandole di non aver altro intimo a parte un tanga (figurarsi se con quel vestito poteva permettersi una mutandina normale), con un gesto veloce, un riflesso automatico, fermò la discesa. Con la sinistra si coprì il decoltè e con la destra impedì al tessuto di cadere a terra rendendole impossibile sollevarlo senza ricorrere a due mani.
    << Oh Dea! Grazie Aaron! Vado!>> letteralmente scappò in bagno chiudendosi veloce la porta alle spalle, lasciando la maglietta datole nell'altra stanza... poco male avrebbe usato un accappatoio per andarla a recuperare dopo.
    Ancora appoggiata alla porta, il cuore in gola per quella figura imbarazzante, cercò di fare profondi respiri nel tentativo di ritrovare la lucidità mentale.
    [Che scema! che scema! CHE SCEMA!!! Spero non abbia visto niente! Bastano Lance, Annie e Xander ad avermi vista nuda senza il mio consenso. Certo Xander poi mi ha rivista nuda in un'altra occasione, ma lì ero consenziente, ci manca solo che Aaron mi prende per una che se lo vuole solo portare a letto e si pente di avermi accolta in casa sua...]
    "...volevi un’occasione adatta? Bene!Eccola!" che dovesse dirgli quello che provava? O si riferiva ad altro? Ma perchè con lui doveva esser tanto complicato?!
    Un respiro, poi un altro... e un altro ancora. Lentamente il cuore tornò al suo battito normale, adesso che era al sicuro nel bagno da altre figuracce.
    Lasciò che il vestito le cadesse a terra e con qualche mossa da acrobata riuscì ad uscirne. L'enorme specchio le restituì un volto che non era suo, non solo per il trucco sbavato e i capelli così arruffati da sembrare un nido d'uccelli... era da tanto che non rivedeva quell'espressione spaventata, confusa e stanca.
    Il resto del corpo era a posto, a parte per i lividi dove l'uomo l'aveva afferrata per trascinarla con forza fuori da sotto il tavolo dove la ragazza aveva cercato di recuperare la sua bacchetta, era anche sporca dove era stata trascinata sul pavimento della sala e le sue mani avevano qualche unghia rotta nel tentativo di graffiare e liberarsi dal bruto che la stava trasportando peggio di un sacco di patate. I suoi occhi di blu intenso le sembrarono quasi sbiaditi, la scintilla che di solito le illuminava il volto si era spenta per lasciar posto ad un'ombra cupa di delusione e vergogna.
    Con le mani tremanti accese l'acqua calda nella doccia e appena la sentì della temperatura giusta, si sfilò anche l'ultimo pezzo di stoffa e si mise sotto il getto bollente chiudendosi il vetro alle spalle. Appena l'acqua calda le tocco la pelle, fu quasi mettere sale su delle ferite aperte, ma dopo un iniziale dolore, sentiva piano piano di star meglio. Senza neanche accorgersene, si chinò fino a terra, si raggomitolò abbracciando le proprie ginocchia, mentre singhiozzi e lacrime silenziose scioglievano il ghiaccio del suo cuore dando sfogo a quel sentimento persino sul tetto non era stata in grado di controllare, ma almeno adesso non c'era nessuno a vederla e compatirla.
    Dovette aspettare un paio di minuti prima che l'acqua riuscisse a riscaldarla veramente... la sensazione di freddo provata su quel tetto e ad intervalli mitigata dal contatto con Aaron, le era penetrata nelle ossa fin a raggiungere la sua stessa anima. Forse per quest'ultima avrebbe avuto bisogno di più tempo per scaldarla dal gelo che provava per i fatti accaduti quella sera, ma almeno il suo corpo non era più infreddolito. Finalmente trovò la forza per alzarsi, il pensiero di sprecare acqua neanche sua, solo per i suoi piagnistei, la faceva sentire in colpa, così iniziò a lavarsi corpo e capelli. Ogni goccia che cadeva sul suo nudo corpo, sembrava portare via sporco e tristezza, aiutate non poco dal sapone, con una spazzola e balsamo, riuscì a sciogliere i nodi dei capelli fino a ritrovare le sue meravigliose onde rosse. L'energia sembrava ritornarle mano a mano che il suo corpo si scaldava e puliva... infondo era nata in un mese d'estate e portava il nome della Dea del Sole Dana, era normale sentirsi bene solo quando tornava a sentire il fuoco della sua anima bruciare di nuova vita.
    Quando chiuse l'acqua, si sentiva rinata. Certo i brutti eventi di quella sera erano ancora marcati a fuoco nella sua mente, ma almeno adesso li poteva affrontare con rinnovata forza e magari l'auto del ragazzo tanto premuroso nell'altra stanza.
    Si avvolse in un morbido accappatoio ed esaminò cos'aveva a disposizione per rendersi presentabile... a parte le mutandine non c'era altro da salvare, anche trasfigurare il suo vestito sarebbe stato inutile, sporco e lacero com'era, anche il vestito in cui lo avrebbe magicamente trasformato avrebbe avuto gli stessi problemi. Non le restava che accettare la maglia proposta da Aaron.
    Si rimise il tanga nero e con solo l'accappatoio aprì la porta per uscire dal bagno, scoprendo che dalla fretta di non esser vista nuda da Aaron, non l'aveva neanche chiusa a chiave. Da dove le usciva tutto quel pudore non lo sapeva... forse aveva paura di irritare Aaron, visto che, al loro primo incontro, si era mostrata più sfacciata e lui le aveva risposto con un "ci sono un sacco di donne intorno a me che cercano di dominarmi" detto in modo infastidito... forse era da quella volta che aveva deciso di andarci più cauta col medimago, limando il suo carattere tanto irruente.
    Aprì la porta il giusto per controllare che Aaron non fosse nella stanza dove le aveva lasciato la maglietta e vedendola vuota, sgattaiolo a prenderla. Appena l'afferrò, il suo odore la invase neanche l'avessero schiaffeggiata... si scoprì ad annusarla, manco fosse una stalker col suo desiderio proibito, eppure non riusciva a resistere di bearsi dello stesso profumo sentito sulla sua giacca e quando era stata tanto vicino ad Aaron da poterne quasi baciare il collo o il petto. Aaron doveva esser in cucina, se allontanava dal naso la maglietta, poteva sentire l'odorino delizioso di qualsiasi cosa stesse cucinando. Ci pensò un attimo, infondo l'aveva lasciata a cambiarsi, quindi non era previsto che tornasse, se fosse stata abbastanza rapita avrebbe potuto infilarla subito! Così diede le spalle alla cucina e si aprì l'accappatoio, se lo sfilò e lo appoggiò sopra il divano, per poi infilarsi la maglietta.
    Se nel breve tempo tra l'accappatoio tolto e la maglietta ancora da indossare, Aaron fosse uscito dalla porta della cucina, avrebbe potuto vedere i graffi che era solita nascondere magicamente o con del trucco professionale... di solito usata la prima tecnica, ma quella sera aveva optato per la 2° trovandosi tra babbani, la doccia di poco prima li aveva resi nuovamente visibili, e lei era stata troppo distratta per ricordarsene.
    C'era la possibilità che Aaron, quella sera, scoprisse ben due segreti di Airwën: un carattere fragile e insicuro così raro da vedere su di lei, e uno ancora più oscuro e intimo che nessuno, a parte la sua famiglia ne era a conoscenza.

    codice role © Akicch; NON COPIARE - WANT YOUR OWN? GET IT
     
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    Aaron Barnes ~ Medimago Che la sua vita sentimentale non fosse mai stata una passeggiata era sicuro. Che non riusciva in nessun modo a fare chiarezza nella sua mente su quello che doveva fare o quello che non doveva fare, era altrettanto chiaro al mondo. Il fatto che non riuscisse a capire quale fosse il limite della gentilezza e quello del flert sfrenato era veramente qualcosa di imbarazzante perchè poi, alla fine lo mettevano sempre in posizioni estremamente ed assurdamente scomode. Di contro era sempre stata una persona molto chiara, non aveva mai cercato di illudere nessuno, non aveva neanche mai cercato di farsi piacere da nessuno, e soprattutto non voleva far del male a nessuno. Evelyn era entrata nella sua vita a caso, senza un vero perchè e già il fatto che mentre andava a letto con lei andava a letto ancora con Markab e con Rebecca, lo faceva sentire seriamente una schiafezza, ma in entrambi i casi non era del tutto lucido. Con la bionda avrebbe smesso a breve e forse era solamente e davvero un passa tempo, con Markab... beh con lui le cose erano più complicate di quello che avrebbe voluto ammettere, ma comunque era un traditore che aveva sempre odiato quelle situazioni ed adesso ci si ritrovava dentro senza fare niente per uscirne davvero. Certo lui era di per se in quel modo, ossia ambiguo con se stesso e con il mondo e con la capacità innata di fare casini, ma adesso, era il caso di far entrare in quel circolo vizioso anche la professoressa di pozioni di suo fratello? Fratello che già andava male a pozioni perchè non si impegnava abbastanza, adesso, mettergli anche la professoressa contro perchè era bellissima e lui non sapeva tenerlo nei pantaloni gli sembrava anche abbastanza assurdo, oltre che un pò troppo. Ma Aaron non sapeva dire di no ad una donzella in difficoltà e quando Airwen se ne stava andando gli sembrava veramente il caso di smaterializzarsi in casa sua e ospitarla per una notte. Erano proprio uguali lui ed il minore, solo qualche mese dopo, Blake avrebbe portato li la sua compagna di stanza e le avrebbe dato un bacio che si sarebbe ricordata per tutta la vita. Ma cerchiamo di non divagare. Aaron non era un tipo da illusioni ed Airwen lo aveva capito già dal primo momento in cui si erano incontrati alla caffetteria del San Mungo, quindi quando le disse che potevano dormire insieme era perchè lui voleva e poteva farlo in ogni caso. Non l'avrebbe lasciata da sola in una notte così particolare, non era nel suo stile. Sorrise quando gli lasciò la maglietta e quando disse che forse era il momento di mangiare. Sono sicuro che troverai un modo tutto tuo e super originale per ricambiare le mie gentilezze! Lo diceva per sdrammatizzare quella situazione e mentre andava verso la porta per lasciarla spogliare, venne richiamato e quello che gli venne chiesto lo fece diventare di un rosso bordeaux sulle gote. Tipco di Aaron Barnes. Si voltò ed andò dietro di lei, le sue dita sfiorarono la pelle nuda della ragazza, portò i capelli verso destra per non farli impigliare con la cerniera e poi, lentamente la calò godendosi quella schiena così perfetta, magra, carnaggione di un colorito quasi ammaliante. Si morse il labbro e non potè negare che quando arrivò alla fine del vestito un brivido lungo la schiena lo pervarse mentre intravedeva il tanga della ragazza. Aveva un sedere perfetto. Si odiò anche solo per aver pensato una cosa del genere e poi dallo specchio di fronte alla ragazza non potè che intravedere il suo seno prosperoso. Ok... io vado.Era veramente imbarazzato anche solo per l'effetto che gli aveva fatto. Oddio perchè il fratello doveva avere delle professoresse del genere? E prima con Eva, ed andesso con Airwen...!
    Andò al piano di sotto e passò per il bagno, si lavò la faccia con dell'acqua gelata e poi prese, dalla stanza di Blake, una maglietta ed un pantalone della tuta, giusto per stare più comodo e nascondere eccitazioni varie, poi andò ai fornelli e cominciò a cucinare qualcosa di leggero ma comunque appetitoso. Delle bruschette con avocato e salmone, con tonno e pomodorini ed ancora del pane tostato con formaggio e prosciutto. Non seppe quanto tempo era passato, ma aveva delle pantofole e quando si era girato aveva notato dei graffi netti sulla sua spalla. Le sorrise e cercò di non farle capire che li aveva visti. Poi però, visto che Aaron era una donna curiosa e soprattutto un medico, le andò vicino, portandole i piattini che aveva preparato per lei e le sorrise appena. Posso dare un'occhiata? Penso che ti abbiano fatto male... Non voleva essere indelicato e forse toccarla e sfiorarla era anche al quanto pericoloso, ma non ce la faceva. Aveva fatto un giuramento e lo avrebbe rispettato a prescindere da tutto e da tutti. Se Airwen era ferita lui aveva il sacrosanto dovere di curarla.
    cit. Vivi sempre come se fosse l'ultimo giorno sulla terra


     
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    Airwën O'Neill
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    ...Non lasciare che siano gli altri a decidere chi devi essere...

    Infilò la maglietta più veloce che poteva, era larga sicuramente di un paio di taglie di troppo per il suo corpo snello, tanto che il tessuto scivolò a coprirle la pelle senza intoppi. I capelli erano ancora raccolti in un chignon alto, così da non doverli liberare da sotto l'indumento. Si era appena concessa un sospiro di sollievo nel sentirsi finalmente pulita, asciutta... e avvolta dall'odore di Aaron, che la voce del medimago la fece saltare dallo spavento. Non solo non si aspettava di sentirla, ma appena la sua mente rielaborò le sue parole, si girò confusa verso di lui, scoprendolo proprio alla porta della cucina che la guardava.
    Altra figura di merda? Naturalmente.
    La Dea quella sera si stava proprio divertendo a gettarla in situazioni prima drammatiche e adesso un imbarazzo dopo l'altro. L'aveva chiaramente vista mentre s'infilava la maglietta, ma era girata di schiena, quindi questa volta i seni erano rimasti nascosti.
    "Posso dare un'occhiata? Penso che ti abbiano fatto male..."
    A cosa poteva riferirsi?
    Eppure i lividi e i graffi di quella serata li aveva già visti, sia sul tetto sia prima quando la stava aiutando ad abbassare la lampo del vestito...
    Lo osservò mentre si avvicinava, il suo sguardo era serio, quello professionale di un medimago mentre osservava preoccupato la propria paziente.
    Finalmente il suo cervello si riscosse da quello stato di torpore indotto dal calore della doccia e il buon profumino di cibo. Le sinapsi mandarono gli impulsi giusti al cervello che tornò a ragionare e a collegare fatti e parole.
    Appena capì a quale "male" si riferisse, il sangue le si congelò. Il suo istinto le fece fare un passo indietro come per allontanarsi da lui.
    [No no no no! Non può averli visti! Li nascondo SEMPRE! Non posso aver annullato la magia sui graff... - gli occhi si spalancarono e un'espressione tra lo sconvolto e la vergogna le comparve sul volto - Che Stupida!]
    << Di cosa stai parlando? Questi lividi? Tutto a posto... guariranno!>> lo aveva detto in un modo così frettoloso quasi disperato che non ci avrebbe creduto manco lei. Era palese che avesse capito a cosa si riferisse l'uomo e lei aveva malamente cercato di nasconderlo.
    Si morse il labbro nervosa. Abbassò gli occhi incapace di guardare Aaron...
    E ora cosa gli avrebbe detto? Rivelare tutto o liquidare il fatto con un "niente di preoccupante?"
    Se anche avesse voluto raccontargli dei graffi, come avrebbe potuto farlo se neanche lei lo sapeva con precisione?
    Era così combattuta da torturarsi il labbro inferiore... se avesse continuato così, se lo sarebbe tagliato, mentre le mani stringevano la maglia stropicciandola.
    Sembrava una bambina che aveva appena combinato una marachella e non sapeva come ammettere le sue colpe o cosa inventarsi per uscirne in modo semplice e pulito.
    Fece un paio di profondi respiri, cercando di apportar ossigeno al cervello e indurlo a riflettere e a trovare una soluzione sensata a quella situazione del cazzo.
    Quando trovò il coraggio di alzare lo sguardo su di Aaron, lo vide sinceramente preoccupato... forse non si trattava solo del giuramento d'Ippocrate che lo induceva a voler sapere, ma vi era anche una componente sentimentale nel suo interesse per quei segni sulla sua schiena?
    << Ok... ti racconterò... Ma avrò bisogno di alcool... taaanto alcool.>> rapida gli passò affianco, il cuore in gola, mentre si dirigeva in cucina e la sua mente pensava a come iniziare quella nebulosa storia.
    Vide sul tavolo quello che aveva preparato per lei Aaron e le si strinse il petto dal riconoscimento... optare per qualcosa di leggero e salutare era stata la scelta migliore, sia per l'ora sia per far tacere la fame dal nervoso e da stupide porzioni gourmet.
    << Grazie, non dovevi darti tanto da fare... mi sarebbe bastato anche una scatoletta di tonno così da sola...>> gli sorrise grata, poi allungò la mano verso un crostino all'avocado e salmone e ne assaggiò il sapore. Un gemito le sfuggì quando ne sentì il perfetto accostamento sul pane abbrustolito e ancora caldo.
    << Non ti facevo anche cuoco. Dovrò decisamente ingegnarmi per trovare il giusto modo per ricompensarti.>> sarebbe stata una frase perfetta da dire col suo solito tono malizioso, se solo il tempismo non fosse pessimo.
    Mandò giù un altro boccone mentre sentiva sempre più vicino il momento di rivelare l'origine delle sue cicatrici. Ormai aveva promesso che glielo avrebbe detto e aspettare troppo avrebbe solo reso le cose più difficili.
    Finito il crostino, avrebbe poi preso un bel sorso della bevanda che Aaron le avrebbe preparato, che fosse vino o qualcos'altro di alcolico.
    << Non so di preciso come me li sono procurati... quella notta è successo tutto in modo così... veloce e confuso...
    Ero ancora ad Hogwarts quando successe.
    Alcune ragazze, penso di altre casate, una sera mi fecero un brutto scherzo: trovai un biglietto sul mio letto che sembrava scritto dal ragazzo che mi piaceva, uno dell'ultimo anno, e che mi dava appuntamento al limitare della foresta proibita per poter "parlare" in privato.
    Naturalmente era vietato uscire a notte fonda, ma io ero cotta di lui e volevo mostrargli che ero coraggiosa da brava Grifondoro e che per lui avrei rischiato anche una punizione.>>

    << Quando riuscii a sgattaiolare fuori dal dormitorio e raggiunsi il luogo dell'incontro, non trovai nessuno, così iniziai ad aspettarlo, ma niente.
    Stavo per tornarmene indietro avvilita quando sentii delle voci femminili alle mie spalle, non riconobbi nessuna perchè di colpo persi i sensi... Non so dirti se usarono una pozione soporifera ad inalazione o più probabilmente un incantesimo.
    Mi risvegliai non so dopo quanto, ma ero completamente avvolta dal buio, in mezzo ad enormi alberi che non potevano che esser quelli della foresta. Come che non bastasse indossavo solo le mutandine e il top-canotta di pizzo che avevo scelto per l'appuntamento. - una breve pausa, mentre rabbia e rammarico per come era miseramente caduta in quel vile scherzo asprivano i toni della sua voce - Non mi avevano lasciato neanche la bacchetta per difendermi!>>

    Prese un altro sorso, riempiendosi il bicchiere in modo da averlo pronto adesso che era entrata nel vivo del racconto.
    << Non sapevo come orientarmi, la vegetazione era così fitta da non mostrare il cielo e le nuvole coprivano la luna piena di quella notte. Così iniziai a camminare a caso, senza saper dove andare. Provavo a riconoscere le piante che vi crescevano, come ci aveva insegnato la prof di Erbologia, la foresta proibita era un insieme di ecosistemi e se capivo in quale fossi, avrei potuto trovare la direzione per uscirne.>>
    << Dopo tanto camminare, riconobbi finalmente una raduna di artemisia, sapevo dove mi trovavo, ora potevo sperare di uscire, ma la mia felicità non durò tanto.
    Mi ero appena inoltrata di nuovo nella foresta quando sentii dei rumori alle mie spalle, non molto lontani.
    Qualcosa di grosso, forse una bestia pericolosa a giudicare dal ringhiare che sentivo ad intervalli... Si stava avvicinando, così velocizzai il passo ma qualsiasi cosa fosse non era felice che mi volessi allontanare.>>
    i suoi occhi si spostarono dall'osservare Aaron, curiosa di vedere come reagiva al suo racconto, al bicchiere che aveva in mano. Si lasciò cadere sulla prima sedia vicina, il suo sguardo restò fisso davanti a sè, mentre cercava di dar voce a ricordi che diventavano sempre più cupi e incerti.
    << Iniziai a correre dalla paura, e la creatura si mise ad inseguirmi. Correvo alla cieca, sperando di continuare a seguire la direzione giusta anche in quel momento disperato.>> Come poteva dimenticare quel momento? Ricordava il fiato sempre più corto, il petto che bruciava e i muscoli tirati oltre i loro limiti pur di aumentare la distanza tra lei e quella cosa... Era sempre stata atletica e allenata anche da ragazzina, eppure non riusciva ad esser abbastanza veloce!
    << Correvo fino a non aver fiato, eppure non bastava, lo sentivo sempre più vicino, il suo fiato puzzolente, il rumore dei suoi passi quasi mi assordava! Non si faceva problemi a spezzare rami o a passare in mezzo a rovi, mentre io ceravo di evitarli per non farmi rallentare.>>

    I suoi occhi non vedevano più il vetro trasparente tra le sue mani e il liquido colorato al suo interno, in quel momento era in quella foresta, a correre per salvarsi la vita.
    << A volte inciampavo, ma il terrore di esser catturata da qualsiasi cosa fosse al mio inseguimento mi faceva rialzare subito. Credo che fu proprio una di quelle volte che scampai per miracolo ad un suo attacco... una radice che sbucava dal terreno mi fece perdere l'equilibrio costringendomi ad abbassarmi per non cadere, schivando così (credo) un suo balzo per afferrarmi.
    Non ci pensai minimamente di fermarmi a controllare cosa fosse, cambiai direzione e continuai a correre.>>
    << Mi sentivo come in un incubo... mi chiedevo tra quanto mi sarei svegliata e quanto ancora il mio corpo avrebbe retto. Non potei neanche consolarmi col pensiero di aver evitato l'essere perchè lo sentii di nuovo dietro di me e questa volta dal respiro e dai versi sembrava anche parecchio incazzato.>>

    Trovò la forza di alzarsi, dando le spalle al mago, sollevò la maglia fino a scoprire la parte di schiena coi graffi, ma senza sfilarla, in modo da poter continuare a nascondere il petto.
    << Credo mi abbia sferrato un nuovo attacco... Doveva aver delle unghie belle affilate e... credo velenose o con una qualche sostanza. Oltre a bruciare come lava fusa, iniziarono subito a sanguinare imbrattandomi schiena e canotta... anche adesso, ad anni di distanza, sono ancora molto evidenti, delle cicatrici rosse coi bordi violacei.>>
    <<come sono scappata? Non lo so neanch'io. Il attacco mi fece sbilanciare ad un passo dall'uscita della foresta... potevo vedere il cielo stellato, la luna piena così luminosa e in lontananza il castello.
    Colpii un tronco o comunque qualcosa di duro con la testa e di nuovo persi i sensi mentre una strana figura con un buon profumo sembrava prendermi in braccio. Di colpo tutto si fece nero.>>

    Riabbassò la maglietta per poi rigirarsi e allungare la mano questa volta verso il crostino con tonno e pomodorini e finire il suo racconto:
    << Mi sono svegliata la mattina dopo fuori dalla foresta, coi professori che mi schiaffeggiavano per controllare che fossi cosciente. Mi hanno fatta levitare fino in infermeria mentre magicamente mi bendavano i tagli che stranamente non sanguinavano più. Sarei dovuta esser morta dissanguata con tutto il sangue di cui ero imbrattata.>>
    Prese un morso e subito dopo un sorso, minimamente preoccupata dall'alcool che stava ingerendo a stomaco pressoché vuoto.
    << Non so chi mi abbia salvato la vita, e soprattutto cosa fosse la creatura che mi ha letteralmente "cacciata" nella foresta proibita.
    Per quello che ne so potrebbe esser stato un animale o magari un'aberrazione.>>
    Da quando viveva a Denrise ne aveva visti di "mostri" demoniaci, infernali o partoriti da dee malvagie psicopatiche.
    << Ciò che più preoccupa, sono proprio i graffi... fin da piccola ho sempre avuto una rigenerazione fisica miracolosa eppure queste cicatrici non guariscono!
    Mio padre mi ha fatta vedere dai medimaghi più esperti che ci siano al mondo ma nessuno ne ha la ben che minima idea e tutti poi sono stati obliviati affinchè non potessero raccontarlo ingiro magari per farci dei soldi o fama. Solo la mia famiglia e il nostro medimago di fiducia che con regolarità mi controlla, sono a conoscenza della storia e dell'esistenza di questi segni.>>

    Se glielo avesse chiesto, gli avrebbe mostrato ancora una volta i graffi dietro la spalla, sopprimendo l'imbarazzo di scoprire una parte così intima di lei che la riportava ad uno dei momenti più tragici della sua vita.
    Ogni volta che aveva sollevato la maglia, aveva sentito l'aria fresca accarezzarle la pelle nuda e ancora accaldata dalla doccia, mentre quattro linee rosse dai contorni irregolari violacei, quasi parallele, deturpavano la sua schiena perfetta.
    << Di solito le nascondo magicamente, così da non dovermi privare dei piaceri di un bel vestito scollato, ma questa sera, essendo un evento con principalmente babbani, avevo optato per usare un trucco coprente super efficace e costoso. - Doveva essersi già in parte rovinato ma nascosto dai capelli e dall'abito per non averlo notato prima - Quando poi mi sono lavata, il sapone e l'acqua calda lo avranno mandato via completamente.>>
    Di colpo riappoggiò crostino e bicchiere, prese la mano di Aaron e stringendola forte contro il proprio petto, lo guardò negli occhi, quei suoi occhi di puro ghiaccio liquido, la voce seria come non mai:
    << Ti prego, non devi parlarne con NESSUNO!
    Non mi riferisco solo all'obbligo della privacy tra paziente e dottore, ma se mio padre scoprisse che conosci questo segreto, pretenderebbe di cancellarti la memoria e... io non voglio.>>
    Per quanto non lo volesse ammettere, era stato bello raccontare a qualcuno di quella storia, che non fossero familiari o medimaghi assunti dal padre per studiarla.
    Forse l'alcool la stava già aiutando a sciogliere i freni inibitori perchè non avrebbe mai fatto un gesto del genere senza prima riflettere su cosa avrebbe comportato avvicinarsi tanto a lui: la mano di lui grande e forte stretta tra le sue e appoggiata al prosperoso seno, coperto da una semplice e sottile maglia. Aaron poteva sentire il suo cuore battere veloce come le ali di un colibrì, il volto leggermente arrossato non solo dall'imbarazzo di quella storia appena rivelata, ma dall'alcool che piano piano la stava scaldando e inibendo...
    Una sensazione di calore si faceva strada lungo il corpo della druida, un calore ben più caldo di una doccia abbinata allo stesso alcool che le aveva dato la forza di raccontare di quell'orribile notte. Restò vicina a lui, in attesa di una sua risposta, una sua reazione, benchè la voglia di scappare a nascondersi dopo quella rivelazione.

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    Edited by LadyShamy - 16/3/2022, 06:28
     
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    Aaron era sempre stato predisposto all'ascolto. non solo era il suo mestiere ma lo aveva sempre avuta come propensione caratteriale quella di essere una persona super disponibile. Airwen, era una ragazza che lo destabilizzava, stare vicino a lei non era del tutto semplice, era come se la sua natura fosse diversa, fosse molto più ipnotica delle altre ragazze, come se lui avesse una spinta a starle vicino fisicamente fuori dal normale. Si era sempre chiesto il perchè e se da prima aveva sempre sospettato che fosse solamente la sua bellezza sia fisica che mentale ad attrarlo in quella maniera, quando lo aveva toccato in quel modo da sinister, ed ancora quando lo aveva abbracciato sul tetto ed ancora quella sera, aveva capito che c'era qualcosa di più e doveva ammettere che tutto quello era curioso, ma soprattutto era particolarmente eccitante. Le cose con Evelyn stavano andando bene, ma non poteva dire che lei era l'unica, in fondo c'era ancora Markab e la cosa non solo era completamente assurda ma anche contraddittoria con tutto quello che lui era sempre stato. Un monogamo per eccellenza, uno di quelli che crede ciecamente nell'amore, uno di quelli che non ha altro interesse che accasarsi ed amare e soprattutto essere amato. Aaron era il Barnes che assomigliava più alla madre in quello, invece, per sfortuna per Blake, lui era completamente uguale ed identico a suo padre. Ma c'era una cosa veramente buona in tutto quello: Che Blake sapeva divertirsi ed Aaron era uno che perdeva occasioni come se non ci fosse un domani. La lasciò lavare, vestire con la sua camicia e quando si presentò a lui in quel modo arrossì lievemente e distolse lo sguardo da quella coscie così sode e con una pelle tanto perfetta. Tornò a farsi serio e guardarla in quegli occhioni blu solamente quando lei stessa decise di dargli delle spiegazioni per quei graffi così strani sulla sua schiena. Non devi se non vuoi! Le disse sinceramente prima di sorriderle appena vedendola a suo agio, più o meno, e cominciare a parlare. Da subito Aaron capì che la storia non avrebbe preso una grande piega e da subito il suo labbro cominciò ad incrinarsi, neanche stesse sentendo la cosa più assurda del mondo, ma non la interruppe mai. Quando stava per dire davvero qualcosa, a fine racconto, quanto i suoi occhi color ghiaccio erano tra il dispiaciuto, l'arrabbiato e soprattutto mostravano segni di disapprovazione, lei disse che non doveva dirlo a nessuno perchè suo padre obliviava i medici che sapevano di quella cosa. Non si controllò del tutto scattando in piedi come se in quel momento, davvero, avesse sentito la cosa più aberrante del mondo e non tanto per il cancellare la memoria, ma per il motivo per il quale lo faceva. Non ci posso credere. non solo sei stata vittima di persone orribili, ma tuo apdre come solo pensa di farti stare bene se crede che quelli che porti addosso siano un motivo di vergogna! Sarebbe lui a doversi vergognare. Sei bellissima anche con quei graffi, anzi, ti dirò, forse lo sei ancora di più. La perfezione di una persona non è data dal suo aspetto, ma da quello che è realmente.La sua voce era falsamente pacata e forse solo in quel momento si rese conto che ci era riuscita benissimo a fargli perdere il controllo, anche solo per un attimo, ma ci era riuscita. Sorrise appena e si rimise seduto sulla sua sedia finendo la sua birra e facendo un sospiro. Quello che voglio semplicemente dire è che mi sembra assurdo che quando una persona ti voglia aiutare lui arriva e cancella la memoria. Ha mai pensato che più medici che si parlano tra di loro possano arrivare ad una soluzione più concreta? Gli scenziati, i medici sono sempre arrivati a delle conclusioni eccellenti solamente perchè riescono a parlare tra di loro, perchè sanno che possono confrontarsi. Se lui fa così non solo sbaglia nei tuoi confronti ma anche in quelli del mondo. A quel punto decise di alzarsi, fu un piccolo istinto che venne accompagnato da un brivido della schiena. Si avvicinò alla ragazza che aveva gli occhi ancora lucidi ed una lacrima che ancora scendeva frettolosa lungo la sua guancia. Prese il suo viso tra le mani, con il pollice le asciugò la lacrima e poi le sorrise in maniera gentile. Airwen. Non sei tu quella che deve vergognarsi. Non sei tu quella sbagliata e non sei tu quella che deve corpire quello che è realmente. Se quei segni possono insegnarti qualcosa, allora portali con fierezza. Sei quella che sei adesso anche per quello che ti hanno fatto. Se sei brava a mantenere la calma in situazioni pericolose, in situazioni critiche è perchè la tua esperienza ti ha portato a questo. Sei una predona, esci in mare con persone a cui non affiderei neanche la mia spesa quotidiana. Eppure sei qui, sei sempre bellissima, sei intelligente e scommetto che a quei cazzoni dei densiriani hai salvato le penne più di una volta. Nel frattempo si era avvicinato al suo viso, si era posato con la fronte contro quella della ragazza. Non permettere a nessuno di dirti di cosa devi vergognarti o meno. Quella sera non sei stata una stupida, sei stata una persona che si fida del mondo e dio solo sa quante più persone al mondo dovrebbero essere come te, quella sera. Sei stata coraggiosa, hai combattuto ed alla fine, cavolo guardati! Si allontanò, la prese per mano per farla alzare e con un gesto della bacchetta il frigo davanti a loro si trasfigurò in uno specchio. Sei bellissima e ti posso assiurare che non sono uno che fa tanti complimenti! Ed era vero. Aaron non era per niente uno che faceva complimenti in giro, sia perchè si imbarazzava, sia perchè aveva uno standard talmente tanto alto di bellezza che per lui erano tutte mediamente carine, a parte qualche rara eccezione! Airwen avrebbe visto la sua immagine riflessa, e subito dietro lei, Aaron Barnes che le sorrideva, anche se era serio in quello che diceva.
    Aaron Barnes

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    Aaron Barnes - 29 anni
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    Airwën O'Neill
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    ...Non lasciare che siano gli altri a decidere chi devi essere...

    Benchè le parole di Aaron avessero un senso, Airwen faceva fatica a giudicare la scelta del padre di cancellare la memoria di chi aveva saputo del suo "sfregio".
    << Capisco quello che dici. Forse, se più menti si fossero messe a "studiare" i miei graffi, avrebbero potuto insieme trovare la soluzione o almeno delle risposte... Ma per quanto io sia forte, non ho avuto il coraggio di affrontare le espressioni di pietà e commiserazione della gente, le domande dei giornalisti che si sarebbero buttati come api sul miele con uno scoop del genere, scavando sui fatti successi e rivelando quanto io sia stata stupida a farmi abbindolare da delle stronze invidiose.
    Mio padre ha cancellato loro i ricordi per proteggermi, per non farmi sopportare quanto le persone possono diventar meschine pur di far soldi con i traumi altrui. Uno di quei dottore stava per spifferare tutto alla stampa, è stato fermato appena in tempo.>>

    Cercò di respirare profondamente, il tentativo di trovare le giuste parole e argomentazioni per meglio far capire la situazione...
    << Mia madre, l'unico e grande amore di mio padre, era sparita da poco più di un anno e io e mia sorella eravamo i suoi tesori più importanti rimasti... Quando è successo il fatto, mio padre mi voleva addirittura ritirare da Hogwarts se non fosse intervenuta mia zia a farlo ragionare. Poi ha chiesto l'espulsione delle colpevoli ma non avendo nomi si è risolto col nulla e una maggiore sorveglianza nei miei confronti.>>
    Lo sguardo della ragazza era basso, ricordare quel periodo non era bello, una stretta al cuore si faceva risentire ogni volta, segno che non l'aveva ancora superata benchè il tempo passato... eppure era necessario se voleva provare a spiegare, a giustificare al medimago il punto di vista di Killian O'Neill.
    Quando l'uomo le prese il volto e le asciugò la lacrima con così tanta dolcezza, il cuore di Airwen per un battito, il rossore che tornava a colorarle le guance.
    Era così bizzarro come la persona "giusta" era in grado di farle crollare ogni difese e farla reagire tanto diversamente da come, per anni, aveva cercato di riplasmare per sembrare la ragazza incrollabile e insensibile che in verità non era.
    Più le parlava ed esprimeva quella specie di ammirazione nei suoi confronti, le cose che era in grado di fare e che aveva affrontato, alcune delle quali si stupì che ne fosse a conoscenza, più lei si scioglieva e l'alcool faceva effetto nei suoi freni inibitori.
    Sentire la sua fronte premere calda sopra quella della ragazza le smorzò il fiato, finendo per smettere di respirare per tutto il tempo che le restò attaccato. Si concesse di prendere ossigeno solo quando si allontanò, per poi prenderle la mano e farla alzare e spostarla davanti al frigorifero. La confusione della ragazza, per quel gesto all'apparenza senza senso, scomparve quando, per la seconda volta, Aaron fece comparire una superficie riflettente dove lei potesse osservarsi.
    Cercò di vedere oltre i resti del trucco ormai completamente andato dopo la doccia... oltre i capelli arruffati ancora umidi... e alla maglia enorme che le arrivava a metà coscia, lasciando in mostra un sottile tanga e le sue lunghe gambe lisce, magre e toniche.
    Per quanto la maga cercasse di concentrarsi sulla propria immagine, non riusciva a vedere altro che Aaron dietro di lei, così vicino da percepirne il respiro, il profumo e il calore.
    Non poteva continuare così, sarebbe scoppiata e aver bevuto tanto a stomaco ancora vuoto, non l'aiutava a mantenere il controllo.
    Chiuse gli occhi, respirando profondamente e obbligando il proprio cuore a battere regolare.
    Forse se ne sarebbe pentita, ma almeno avrebbe dato un senso e una svolta a tutta quella storia, nel bene o nel male.
    << Aaron... non ce la faccio più. Come ti sei comportato con me questa sera... è stato meraviglioso... Le attenzioni, le parole e i gesti gentili, oltre a tutti quei discorsi su quanto io sia bellissima e fantastica, una combattente... - a malincuore si allontanò da lui e dal suo abbraccio, ma se voleva continuare doveva mettere un minimo di spazio tra di loro e soprattutto doveva respirare aria pulita e priva del suo odore - Mi hai vista bei miei momenti migliori come alla tua festa di laurea e in quelli peggiori come questa sera. Abbiamo tante cose in comune e non parlo solo di Blake, della famiglia ricca o della passione per la medimagia... e col tempo ci siamo avvicinati, dagli sconosciuti sul tetto dell'ospedale, ad io che mi faccio la doccia nel tuo bagni e ti faccio fuori la riserva di alcolici.>>
    In muoveva in modo puramente a caso intorno al tavolo, a volte girata verso di lui, a volte gli dava la schiena.
    Non sapeva come andare avanti, non sapeva come tirare fuori le parole che restavano ferme in gola, forse perchè, una volta che lo avrebbe detto, non avrebbe più potuto tornare indietro (sempre se non diventava brava a cancellare i ricordi come il padre) e una volta lanciata la bomba, non sapeva a quali conseguenze avrebbe portato.
    << "...volevi un’occasione adatta? Bene!Eccola... Così avevi detto...>> ripetè le parole dell'uomo poco dopo averla portata a casa sua, ma lo aveva fatto a voce bassa, rivolta a sè stessa più che a lui.
    Si avvicinò alla bottiglia di alcool, versò l'ennesimo bicchiere e lo buttò già tutto in una volta.
    Il bruciore la fece parlare in irlandese in un tono che poteva far intuire fossero imprecazioni o maledizioni nella sua lingua... ma prima che quel coraggio liquido sparisse, doveva assolutamente parlare.
    Si girò di scatto verso di lui e quasi urlando tirò fuori tutto quello che aveva bisogno di rivelargli già da parecchio:
    << Razza di stupido, TU MI PIACI! Mi piaci da quel giorno sullo stramaledettissimo tetto!
    Ma tu non mi davi attenzioni, non mostravi il minimo interesse, neanche mi hai richiamata. Sparito.>>
    prese fiato e riprese a sputar fuori tutto, grazie alla simpatica combinazione: alcool e stress da serata di merda, con aggiunta di un sentimento covato nel cuore in gran segreto fino a quel momento.
    << Il giorno che ho incontrato Xander ero uscita nel disperato tentativo di distrarmi perchè ero stanca di aspettare la tua telefonata, così ho provato ad ascoltare il consiglio di mia sorella e ho provato a far "shopping terapeutico"... tutto inutile finchè non sono entrata da Misurino per della tisana e lì ci siamo incontrati.
    Ci scrivevamo e piano piano ero meno triste per il tuo "rifiuto inespresso"... ma poi ti rivedo all'inaugurazione del Sinister e ho ceduto, ti sono corsa dietro, e mi hai detto quelle parole... mi hai dato nuove speranze!
    - si mordicchiò il labbro, sentendosi così stupida e in colpa per l'auror che l'aveva accompagnata a quell'evento - Sono venuta alla tua festa di laurea... e di nuovo io non esistevo. A parte le attenzioni che per educazioni si riservato agli ospiti niente di più... anzi potrei scommettere che eri più interessato ad una ragazza dai capelli rossi e la pelle parecchio bianca, e un ragazzo carino biondino.>>
    Più tirava fuori tutte quelle confessioni, più sentiva un alti e bassi di energia, come che l'energia raccolta per parlare venisse tutta prosciugata dall'azione stessa.
    << Hai mai notato come reagisco quando mi parli? Quando mi fai dei complimenti, quando ti avvicini a me? Hai mai aperto gli occhi e mi hai vista sotto una luce diversa dalla "bella guerriera professoressa di tuo fratello"?>>
    << Mi piace Alexander, per quanto tu non ci creda, c'è una persona divertente, gentile e appassionata sotto quell'ego smisurato e il narcisismo che mostra in pubblico...
    Eppure non è TE.
    E ogni volta che mi parli così dolce e rassicurante, le tue lodi, i tuoi incoraggiamenti, io ricomincio da capo... torno su quel tetto, dopo che come una scema ho corso coi tuoi appunti, solo per farmi rincorrere e aver una scusa per restare da soli.>>

    Rapida si allungò verso di lui, gli prese la mano sinistra con la propria destra e se l'appoggiò sopra il petto, esattamente dov'era il suo cuore, fregandosene del fatto che significasse toccarle un seno.
    << Sei un medico? Riesci a sentire anche senza stetoscopio come il mio cuore batta impazzito semplicemente toccandoti o avendoti così vicino?>> gli occhi di lei si fissarono su quelli di lui - << Ogni volta... ogni volta... e io non so più come comportarmi... Dimmelo te, cosa devo fare? Cosa sono io per te? Una semplice amica? Una donzella da salvare? Potrei esser "altro" ai tuoi occhi? O sei già occupato ed è meglio non illudermi?>>
    Ciò che più la spaventava era affrontare le conseguenze di quello che aveva appena detto, ma doveva dare finalmente una risposta ai suoi mille dubbi, un po' di pace alla confusione che le balenava in testa.
    Avrebbe voluto fermare il tempo, restare in quella posizione per sempre, con la mano di lui premuta sul suo petto e i loro occhi che si perdevano l'uno in quelli dell'altro.

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