Petrichor

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    Kàra Onfroy
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    Le mattine di primavera erano forse le sue preferite in assoluto, di tutto l’anno, soprattutto quando si trovava a Denrise e aveva modo di godersi ancora di più la natura più selvaggia e le sue bellezze. E quelle mattine assumevano un’aria ancora più piacevole se la notte prima aveva piovuto, e l’aria era intrisa di quell’odore leggero e frizzante, fresco, che fu la prima cosa che percepì appena scivolò via dall’abbraccio di Morfeo. Si era svegliata con il sole sul viso e non avrebbe potuto essere più felice, avvolta dall’odore di pane e dolci che proveniva dal retrobottega della panetteria, dove suo padre stava lavorando dalle prime luci dell’alba.
    Metcalfe, il suo Demiguise, non aveva apprezzato allo stesso modo quell’infiltrazione di luce e quel calore già deciso, e forse anche per questo aveva cercato di ripararsi infilandosi sotto al lenzuolo e provando a ricreare di nuovo un ambiente buio e riposante, facendole il solletico. Kàra ridacchiò, cercando di toglierselo giocosamente di dosso, scuotendo la testa e finendo per scoprire entrambi. “Così impari.” lo avrebbe ripreso, trascinandosi fuori dal letto e rivestendosi rapidamente.
    Era ovvio che non potesse tornare a Denrise troppo spesso, ma aveva sempre cercato di cogliere ogni occasione al volo e di certo Ostara era un ottimo motivo per rientrare, seppur per poco, a casa. Suo padre aveva sempre da fare in quei giorni e lei aveva cercato di ritagliarsi del tempo e farsi dare un permesso per poter rientrare a casa il minimo indispensabile.
    Forse una minuscola parte di lei aveva davvero bisogno di staccare: non si era ancora presa una vera pausa dall’ultima missione che l’aveva portata a lottare per Denrise in un’avventura che si chiedeva ancora come avesse fatto a finire così “bene”. Aveva dovuto processare quel che era accaduto, aveva avuto bisogno di un attimo per venire a patti con quel che aveva vissuto e rendersi conto che aveva rischiato grosso ma in qualche modo ne era uscita viva. E con lei anche tutti gli altri, fortunatamente.
    Quel giorno le serviva per riprendere fiato, per tenersi impegnata con attività che considerava così famigliari da non occuparle troppo energie e che, sperava, avrebbero permesso ai suoi nervi di distendersi dopo tutta la tensione a cui li aveva costretti con tutti quei pensieri da assimilare. Si alzò quindi, si concesse un infuso per svegliarsi e passo per la bottega per chiedere a suo padre di cosa avesse bisogno. Era incredibile come quei due parlassero, per la maggior parte del tempo, per monosillabi e cenni, ma ormai si capivano così bene che le parole erano superflue.
    Poco dopo essersi preparata uscì quindi, nella tiepida Denrise scaldata da un timido sole di aprile, con Metcalfe appollaiato come sempre sulle sue spalle, ben contento di farsi trasportare in giro dalla sua padrona. “Un giorno la smetteremo vero?! Cominci ad essere abbastanza pesante…” lo rimproverò, parlando a mezza voce come se fosse normale disquisire con il proprio famiglio in pubblica piazza. Non si può negare che qualche anziana signora, già sveglia anche a quell’ora del mattino, le riservò qualche occhiata torva che sembrava dire “la pazza è tornata in città, non se ne è ancora andata allora.”
    Ma Kàra sembrava immune a certe occhiate e non le degnò di molte attenzioni, forse davvero era così abituata a sentire certi sguardi addosso da non accorgersene nemmeno più.


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    Un paio di pantaloni neri, una camicia turchese, delle ballerine sportive nere, il suo leggero cappottino blu scuro, e via: era pronta per prendersi una bella boccata d’aria, amava così tanto la primavera!
    Aveva lasciato i suoi lunghi capelli corvini liberamente sciolti sulle spalle. Non avendo alcun tipo di famiglio, si limitò ad afferrare le chiavi di casa e a chiudersi la porta dietro le spalle, infilando le mani nelle tasche del cappotto senz’alcun particolare pensiero in testa.
    La prima cosa che le venne in mente, era che aveva voglia di pane fresco: fu così che la giovane cino-denrisiana si diresse alla volta di quella che considerava, e non solo lei, come la pasticceria e la panetteria migliori di Denrise.
    Avrebbe ripreso a lavorare sull’intervista, che aveva finito di ritrascrivere ieri sera verso 02h00, solo e soltanto dopo una bella passeggiata ed una buona colazione. Altrimenti, chi l’avrebbe sentito il suo amico druido! Lo conosceva dai tempi di Hidenstone, ed era stato anche un suo concasata (indossavano entrambi, ai tempi, la divisa dai colori blu-neri): e le aveva sempre ripetuto e straripetuto che doveva mangiare, dormire a sufficienza, e bla, bla, bla, bla, bla…
    Succedeva, però, che arrivasse al punto di pensare che, in qualche sporadica occasione, un pochino di ragione ce l’avesse, su quell’argomento.
    Il panettiere, un tipo di poche parole, ma sempre molto cortese, fu, come al solito, un gradevole incontro per la mora cino-denrisiana. Uscì dalla pasticceria con del tradizionale pane denrisiano ed un cornetto in mano.
    Mentre passeggiava, con aria rilassata e disinvolta, il suo sguardo ricadde su una donna che camminava con, sulla spalla, un…

    << Ma è un Demiguise, quello? >>

    S’informò educatamente Ni, indicando con un cenno del capo la creatura magica che stava appollaiata, appunto, sulla spalla della giovane strega.

    << Lo ha addomesticato lei da sola, o si tratta di un regalo? >>

    Domandò con un sorriso, salvo poi aggiungere, con fare cortese:

    << Mi scusi se l’ho disturbata, comunque! Spero di non aver interrotto nulla d’importante.. >>

    Portandosi una ciocca di capelli dietro l’orecchio, osservò la donna con tranquillità, in attesa di una sua risposta. Non sarebbe stata la prima a risponderle male o a scambiarla per turista, poteva dire di averci fatto il callo ormai da anni, a quel tipo di cose!


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    Vedendola camminare per le strade di Denrise si potevano avere pochi dubbi circa quali fossero le sue origini: nei suoi abiti retrò, piuttosto pudici e dai tessuti e colori naturali, era palese che la ragazze fosse cresciuta in quel villaggio così lontano dal mondo e dalla modernità, difficile immaginare diversamente. Ed era piuttosto singolare che proprio lei, che sembrava fare così tanto parte di quel villaggio, era la prima che veniva additata come quella strada, maledetta, con origini sospette. Lei ne andava comunque fiera, per quanto certe parole potessero ferirla, quando entrava nella panetteria del padre o passeggiava per le strade del villaggio, non poteva fare a meno di sentirsi parte di quella gente, per quanto ne condividesse la gran parte dei valori ma non certo tutti.
    D’altro canto sapeva bene quanto i denrisiani sapessero accettare a stento le persone straniere o chiunque non rispettasse del tutto i loro canoni, aveva spesso fatto esperienza diretta sulla propria pelle di quanto sapessero essere non troppo aperti mentalmente, alle volte. Eppure continuava a pensare che non avrebbe potuto vivere in un posto migliore: mentre lasciava che il sole tiepido le riscaldasse la pelle, e lanciava qualche leggero sorriso a qualche bambino che correva per la strada, non poteva non reputarsi fortunata.
    Denrise era un villaggio tranquillo –o almeno lo era stato per anni-, legato ai ritmi della natura, del mare così come della foresta, ed era abbastanza certa che lei non avrebbe potuto sentirsi a casa che lì. Pensava a Londra, qualche volta, come ad altre città Babbane, e per lei era un mistero come le persone riuscissero a viverci senza impazzire: c’era stata diverse volte, e puntualmente aveva desiderato ritornarsene a casa, circondata più dal rumore degli uccelli che da quello delle auto. E poi lei non pensava che fossero poi così retrogradi, le piaceva non essere circondata da tecnologia all’ultima moda, non era qualcosa che le dispiaceva anche se vivendo ad Hidenstone cominciava a fare la conoscenza con strumenti che prima le erano sconosciuti. Le bastava pensare all’aula di Morrigan e a quante cose per lei aliene ci fossero lì dentro…!
    Certo, a Denrise mantenere la privacy era difficile, soprattutto per la figliastra del panettiere: era abituata a sentirsi riconoscere in mezzo alla strada, o a sentirsi appellare, anche se questa volta la voce la fece voltare, prendendola alla sprovvista. Nel vedere Ni si sorprese leggermente, inclinando la testa e accennando un lieve sorriso: doveva averla vista qualche volta, magari in giro per Denrise, ma lei non era una brava fisionomista e non riuscì a riconoscerla subito.
    “Oh, lui e Metcalfe, il mio famiglio.” rispose con semplicità, mentre l’animale si appigliava ai capelli della padrona e guardava la sconosciuta dall’alto delle spalle di Kàra, studiandola. “Scusalo, non è molto socievole… a meno che tu non abbia delle mele con te.” ammise, tirandone fuori una dalla borsa e porgendola al Demiguise, che si sciolse leggermente emettendo un suono allegro e conquistandola subito, possessivo.
    “Oh no, non hai interrotto nulla, figurati… ci conosciamo?” avrebbe quindi chiesto la docente, con gentilezza: stava imparando a conversare con le persone, lavorare a Hidenstone le stava insegnando qualcosa.



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    Aveva già sentito parlare della figliastra del panettiere? Probabilmente sì, ma Ni non era la persona con la quale si tendesse di più a condividere pettegolezzi e, decisamente, non le interessavano più del dovuto: men che meno quando erano sputati fuori per sparlare degl'altri, per metterli in cattiva luce!
    Che cosa diamine si aspettavano di ottenere, con un simile comportamento, esattamente? Se uno è alto 1,50, poco importa che si trovi di fronte ad una persona alta 1,45, o ad una persona alta 1,90: resterà sempre e comunque alto 1,50. Quindi, quale caspita di obiettivo potevano avere in mente, quelli che cercavano di fare terra bruciata nelle relazioni e nella vita altrui?
    Le personcine che avrebbero ritrovato, al rientrare a casa, di fronte allo specchio, sarebbero sempre rimaste le stesse: solo un po' più stronze di prima, visto che sparlare alle spalle degl'altri non poteva dirsi un'azione propriamente carina.
    La giovane cino-denrisiana aveva, comunque, già incrociato in svariate occasioni Kàra, nel corso della propria esistenza: semplicemente, non ci aveva mai veramente parlato! Il suo volto le era familiare, ma nulla di più.
    Sorrise alla risposta che ricevette alla “domanda” che aveva posto alla docente di Magia Verde di Hidenstone, comprensiva, e sentendo di star quasi empatizzando con la creatura che, come lì si trovasse in un territorio sicuro, a casa, se ne stava appollaiata sulla spalla della suddetta.

    << Oh, fa bene! Non si può mai sapere... Il traffico illegale di Demiguise è ancora piuttosto attivo, da quel che mi risulta, purtroppo. >>

    La reporter carpentiera dai capelli corvini allungò una mano, nella quale stava tenendo il pane denrisiano ed il cornetto, verso il Demiguise e la sua legittima proprietaria.

    << Non ho mele, purtroppo. Ma, se volete, posso dividere con voi la mia colazione! Ci siamo già incrociate in giro, qui e là! Non ci siamo ancora mai veramente parlate però, mi risulta... Io sono Ni Lei. Tu invece... ? >>

    Chiese infine, con un sorriso amichevole e cordiale, e decisamente incuriosita da quella donna che, a prima vista, le stava sembrando gentile e, sinceramente, chissà perché, pure un po' buffa!

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    In quanto figlia del panettiere probabilmente avrebbe dovuto conoscere chiunque, a Denrise. In effetti aveva avuto modo di incontrare molto persone, seppur solo negli ultimi anni: diversi avevano mantenuto le distanze per anni da lei, temendo che potesse in qualche modo maledire chiunque toccasse. Quando avevano capito che la ragazza era mossa solo dalle migliori attenzioni, alcuni si erano fatti avanti, seppur timidamente, e ora Kàra poteva vantarsi di aver avuto modo di parlare almeno una volta con quasi tutti, o quantomeno con quelli più predisposti ad accettare anche di avere a che fare con qualcuno di diverso.
    Non che fosse così semplice cogliere quelle differenze, almeno da fuori Kàra non era troppo diversa da chiunque altro vivesse a Denrise, anche perché negli anni aveva preso le loro tradizioni e usanze come proprie, se ne andava in giro vestita come tutti gli altri e l’unica cosa che la differenziava erano le occhiate storte che spesso la seguivano, soprattutto da parte delle persone più anziane.
    Era abbastanza sicura di aver visto quella ragazza in giro per il villaggio, ma la Docente era un tipo riservato, a cui piaceva particolarmente stare sulle sue e che in genere non attaccava bottone per prima, a meno che non si trovasse in una situazione particolare o spinta da ciò che la circondava. Di certo Ni non le stava dando altro se non vibrazioni positive: la ragazza sembrava una piacevole compagnia, era evidente che fosse pronta a superare anche pregiudizi e anche Metcalfe sembrava interessato, proprio lui che in genere si comportava in modo restio e distaccato con chiunque.
    Percepì comunque un leggero brivido lungo la schiena nel sentire quelle parole, purtroppo conosceva certe realtà ma cercava sempre di non pensarci. Accarezzò istintivamente una zampa di Metcalfe, annuendo piano. “Non so come sia possibile ma purtroppo lo so.” ammise dispiaciuta per poi inclinare la testa e guardarla sorpreso dalla sua gentilezza.
    Un conto era mostrarsi carina e disposta a conversare, un conto era offrirle addirittura di dividere la colazione con loro. Un sorriso istintivo si dipinse sul volto di Kàra, che si dimostrò incapace di frenare l’entusiasmo. “Ho qualche dolce in borsa, possiamo condividere. Io sono Kàra.” si presentò, con un’allegria che di solito non era così presente nella sua voce, indicando una panchina poco distante dove avrebbero potuto sistemarsi, con Metcalfe già teso verso Ni Lei per annusare quello che gli stava offrendo.


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    Il pane scrocchiò tra le dita di Ni Lei, mentre veniva suddiviso in tre parti. Quel leggero, familiare rumore la rilassò, e fu con un sorriso che divise in tre parti uguali anche il cornetto.
    La ragazza cinodenrisiana non aveva molti amici, e non solo perché aveva una storia, per i canoni del villaggio, diciamo particolare, ma anche perché, semplicemente, a Ni non interessava avere molti amici! Era una prospettiva che non l'aveva mai attratta molto. "Pochi, ma buoni", si era sempre detta.
    Poteva vantarsi, in compenso, grazie ai suoi due lavori, di conoscere parecchie persone, soprattutto, grazie a quello di carpentiera e di navigatrice, lì a Denrise! Era sempre stata una grande lavoratrice, che non aveva mai avuto paura di affermarsi per ottenere il rispetto delle persone che le stavano intorno. Non era decisamente una mossa saggia, quella di farla arrabbiare! Aveva, però, palesemente viste le sue azioni quotidiane, per quanto discrete e non particolarmente urlate ai quattro venti, un buon cuore che, per quanto preferisse vivere secondo le proprie regole, traboccava di gioia e di vita nell'atto di aiutare il prossimo. Ed era, nonostante tutto e tutti, e perfino lei stessa, profondamente legata alla sua gente, della quale sentiva incontestabilmente ed indissolubilmente di far parte.
    Era una denrisiana, e lo sarebbe sempre stata. Anche se non molto da fuori, per via dei suoi lineamenti orientali, non esattamente comuni tra quelli del posto, e l'abbigliamento londinese che, da quando era scoppiata, almeno internamente, la voglia di ribellione dell'adolescenza, ogni tanto, portava. Ma doveva ammettere che, da quando aveva trovato, anzi, ottenuto senz'averlo realmente richiesto un lavoro come reporter all' International Owl, si ritrovava a dover portare sempre più spesso.
    Sentendo, durante la conversazione, la preoccupazione di Kàra verso la sicurezza del proprio compagno di avventure peloso, Ni decise di non aggiungere altro, alle parole della Docente di Magia Verde di Denrise, e di chiudere definitivamente quel discorso, per evitare d'infliggere ulteriormente inutili sentimenti negativi all'altra.
    Sorrise ancora di più all'offerta di Kàra di condividere anche i dolci che si era portata dietro, con tenerezza:

    << Grazie, sei molto gentile! >>

    Ed era vero. La donna avrebbe semplicemente potuto tenersi per sé e per il Demiguise quei dolci, per "più tardi".

    << Condividere crea spesso dei bei momenti... Non so se sei d'accordo. >>

    In realtà, un'idea se l'era potuta fare eccome, ma le piaceva l'idea di sentire le persone esprimere da sé i propri pensieri e le proprie sensazioni. Ni sorrise al Demiguise, nell'offrire a lui per primo la parte di colazione che aveva da proporgli, abbastanza vicino da permettergli di annusare il tutto indisturbato, ed abbastanza distante da lasciare a lui la scelta se servirsi o meno. Qualche cosa, delle lezioni di Magia Verde, doveva pur esserle rimasto in testa!
    Quando quel piccolo momento di colazione improvvisata fu terminato, la reporter delle Cronache di Denrise si congedò da Kàra con un cenno del capo educato ed un piccolo sorriso:

    << Grazie per questa colazione, è stato un vero piacere. Adesso, però, andrò a rendere visita a mia madre.. >>

    Spiegò, non tardando a dirigersi, effettivamente, verso la casa familiare dei Saerran dove residevano i nonni materni di Ni, un paio di zii, due cugini gemelli insopportabili e, sì, anche sua madre...


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    Edited by Ni Lei - 15/1/2022, 15:40
     
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