Only the winds

Eirikr&Gerd

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    Eirikr J. Donneville
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    Non appena appoggiò uno degli stivali a terra si rese conto che il tempo, quel giorno, rispecchiava alla perfezione il suo umore. Addirittura avrebbe pensato di averlo comandato lui stesso, se solo non fosse certo di aver avuto tempo anche solo per pensare a quell’eventualità, vista la quantità di lavoro imprevisto che ti ritrovavi sempre a fare su una nave, volente o nolente. Sotto a quel cielo grigio piombo e la pioggia sottile, che si dimostrava ancora più fastidiosa di un vero e proprio acquazzone perché affilata e pronta a infilarsi rapidamente sotto ai vestiti, il porto si era riempito di grida e borbottii, provenienti da tutti gli uomini che avevano cominciato a scendere dalle Drakkar che stavano attraccando.
    Eirikr era parte di questi, per quanto più taciturno e ombroso di molti altri compagni, intenzionato a lavarsi le mani il prima possibile dai suoi incarichi e allontanarsi dal mare almeno per qualche istante. Quella che avevano appena conclusa era stata un’uscita impegnativa, come molte dopotutto, e la sua schiena agognava anche solo qualche ora spesa in un posto meno umido e più stabile del ventre di una nave. Non che il mare non gli piacesse, era parte integrante della sua vita e il solo fatto che parte della sua infanzia fosse legata alle onde che si infrangevano sulle coste di Denrise non poteva lasciarlo impassibile. Parte della sua vita era stata segnata da quel mare, ricordava ancora quando suo padre gli mostrava la Drakkar e lui sapeva a malapena come issarsi sopra e sfiorava le reti come se fossero mostri giganti in attesa di essere domati.
    Per quanto gli anni a Durmstrag lo avessero plasmato non avrebbe potuto mai negare il suo legame con l’isola e con la natura che la circondava: ogni volta che saliva su una Drakkar sentiva una vaga nostalgia invaderlo, eppure ogni volta che scendeva a terra si ricordava di quanto quella vita gli stesse stretta. Non che non avesse trovato un modo tutto suo per cercare di sopravvivere, non poteva lamentarsi più di tanto dopotutto dal momento che era sempre stato capace di trovare qualcosa con cui tenersi impegnato, ma non significava che avesse intenzione di fare quella vita per tutta la sua esistenza.
    “E bravo il mio ragazzo, migliori ogni volta di più” tuonò una voce baritona al suo fianco, assestandogli una poderosa pacca su una spalla che costrinse Eirikr a voltarsi appena e accennare un vago sorriso. Il volto segnato dal vento e dalla salsedine del padre gli rivolse un sorriso molto più luminoso ed entusiasta del suo, avviandosi poi a occuparsi di alcune casse poco lontano. Se solo avesse saputo… ogni volta che il suo vecchio si lasciava andare a simili dimostrazioni di affetto il ragazzo non poteva fare a meno di sentirsi in colpa per ogni singolo pensiero fatto, per ogni volta che aveva fatto un passo in avanti per progettare la sua “fuga” da quel punto, per ogni volta che era salito su una Drakkar pensando che quella sarebbe stata l’ultima volta.
    Abbassò di nuovo lo sguardo, giusto il tempo per finire di fare alcuni nodi su una fune, prima di passarsi le mani sui pantaloni di spessa tela, allontanandosi poi dal porto. In quel momento aveva bisogno di svuotare la testa, di lasciare andare ogni pensiero ed ogni preoccupazione e concentrarsi su altro che non fosse lui che cercava di andarsene e il mondo intero che sembrava volerlo tenere ancorato lì per sempre. Se non altro ora era terra, si sarebbe concesso qualche distrazione, qualsiasi cosa che non avrebbe di certo potuto concedersi su una nave: si diresse con passo sicuro verso la locanda più vicina al porto, lasciando i suoi problemi alleggerirsi ad ogni passo.
    Si infilò nel locale aprendo la porta con decisione ed elargendo sorrisi e pacche sulle spalle ad alcuni amici che trovò lì dentro. Non appena mise piede in quel posto sembrò cambiare bruscamente, e sarebbe stato difficile dire se fosse quella la sua maschera o quella che aveva indossato fino a quel momento, o forse nessuna delle due.
    Era di certo più rilassato, con una pinta di birra in mano e circondato da rumori che si allontanavano parecchio dallo sciabordio delle onde o dal vento che si insinuava tra le vele della nave, eppure i suoi occhi non erano mai totalmente tersi.


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    Gerd Kaleel
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    'Che posto banale...' Gerd non si era mai reputata una fiera denrisiana e il suo esplorare il mondo le aveva fatto comprendere come quel luogo fosse in effetti un puntino su una mappa immensa, ma era il suo puntino, il suo luogo, quello che alla fine non era mai riuscita a rinnegare 'Siamo unici... e per quanto gretti, sempre meglio che noiosi!' non aveva quindi molto da ridire sul loro fervore e i loro modi di fare, né sul loro sciovinismo, tuttavia la cosa ben cambiava parlando del luogo in sé e per sé: di fatto, era un mortorio 'Oh, Merlino, quanto mi mancano le spiaggie infinite di Rio pieni di bei ragazzi da sedurre, portare a letto e derubare' insomma: la classica vita di tutti noi (?).
    Uno dei pochi lati positivi dell'essere denrisiani era il poter vestire come un'amazzone senza passare per una matta o una cosplayer, e lei, amando la pelle, ne era molto felice: si era messa addosso un corsetto in pelle conciata, che lasciava piuttosto evidente il proprio petto, cui aveva associato due paia di guanti rossi fino al gomito, una minigonna morbida in pelle nera piuttosto ascellare e un paio di stivaloni in cuoio alti fino al ginocchio che riprendevano il corsetto. Insomma, era sobria. Teneva i capelli sciolti e come unico ornamento aveva il proprio boa, Sol, che docilmente stava avvolto un po' al suo braccio, un po' intorno al suo petto e che lei ogni tanto carezzava; anche il poter uscire con sol, in effetti, rientrava con le cose belle di essere denrisiani.
    Con calma, la donna raggiunse una delle tante taverne del porto, giusto per andare a bersi qualcosa e, perché no, importunare qualche predone, magari per scroccare qualche merce preziosa ad un prezzo di favore.
    Entrò con far deciso e si guardò rapidamente intorno, sicché i suoi occhi caddero rapidamente su qualcuno 'Carinooooo' si disse lei, perché dire il contrario a Sebastian Stan, per quanto mi riguardava, rasentava la bestemmia, andandolo rapidamente ad avvicinare "Sei solo?" chiese lei con voce morbida, in volto aveva un lieve fondotinta cui aveva associato un rossetto rosso piuttosto tenue. Sorrise, prese posto "Sei il figlio di Hallar, vero? Da voi compro sempre ottimi animali per il mio negozio, il Kaleel Skolen" ammise lei con candidità, del resto si era già detto quanto sapesse unire l'utile al dilettevole "Sono Gerd" avrebbe affermato lei, allungando una mano verso di lui. Per una stretta, o un baciamano: la galanteria, ovviamente, non era ancora passata di moda al Kaleel Skolen. Non con lei almeno.
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    Eirikr J. Donneville
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    Eirikr non aveva mai davvero condiviso condiviso con qualcuno tutti i suoi dubbi, aveva sempre avuto la sensazione che a Denrise alleggiasse un’atmosfera tale per cui chiunque avesse voglia di abbandonare per sempre quel posto alla fine tornava sempre sui suoi passi, volente o nolente. Aveva sempre temuto il fallimento, l’idea di fare una scenata e andarsene per poi dover tornare con la coda tra le gambe lo aveva sempre inorridito al punto da portarlo a rimanere in silenzio a maturare la sua ribellione, senza mai mostrare apertamente quel che gli frullava per la testa. A Durmstrang era stato diverso, lì si era sentito vagamente più libero dai dogmi di Denrise, anche se assoggettato alle leggi dure della scuola, che avevano ben attecchito nell’animo di un ragazzo che già si sentiva fuori posto nel luogo in cui era nato e che aveva solo bisogno di un motivo per mettere in discussione ogni cosa.
    Eppure eccolo lì, ancora una volta in quel locale rumoroso, con i soliti amici di sempre, con un nuovo viaggio in mare in programma per il mattino seguente. Non sapeva nemmeno più lui se gli piacesse andare per mare: gli andava stretto eppure era l’unica cosa che riuscisse ancora a dargli qualche emozione, eccezione fatta per qualche storia da una notte e qualche affare losco nel quale si infilava. Non c’era da meravigliarsi se avesse tutta quella rabbia repressa, quel bisogno di andarsene e quella voglia di radere al suolo tutto quanto, che alle volte gli faceva prudere i palmi delle mani per poi gettarlo nel senso di colpa più totale, subito dopo.
    Alle volte si chiedeva se non avrebbe dovuto tornare a Parigi, da sua madre: non era la vita che faceva per lui, quella, ma se non si sentiva a casa a Denrise, o su una Drakkar, che cosa ci faceva ancora lì? Eppure a Parigi c’erano altri problemi, che aveva cercato di togliersi dalla testa già parecchie volte e che riportare alla mente bastò per fargli concedere un nuovo sorso generoso di birra, che prosciugò del tutto il suo bicchiere. Non impiegò molto a defilarsi dalla conversazione che stava solo parzialmente ascoltando, e stava tornando con la sua pinta di nuovo piena quando venne intercettato da una ragazza alquanto difficile da ignorare.
    Eirikr ci vedeva già bene di suo, ma l’essere anche un uomo di mare –e si sa, sulle navi le donne scarseggiavano, e per quanto lui non avesse preferenze di certo non disegnava- lo portò a rendersi conto piuttosto in fretta di quanto l’altra fosse attraente: non che una in corsetto di pelle, vestita da amazzone, con un boa avvolto intorno al collo potesse essere qualcosa di diverso da “attraente.” Non si sorprese di essere stato avvicinato e non faticò ad abbandonare gli altri, sentendogli urlare qualche battutina in merito, studiando la ragazza davanti a lei per qualche istante. Il nome gli era abbastanza famigliare, in effetti suo padre doveva averci davvero spesso a che fare anche se non aveva mai trattato direttamente con lui. “Non sono solo, ma non sono nemmeno in compagnia.” replicò, stringendosi appena nelle spalle, era poi abbassare lo sguardo sulla sua mano, non troppo sicuro di come avrebbe dovuto trattarla: non era tipo da baciamano, e sentì l’istinto di vedere come si sarebbe comportata se avesse deciso di non rispettare del tutto il modo in cui si era posta. Le strinse quindi la mano, accennando un mezzo sorriso giocoso. “Eirikr, ma immagino tu lo sappia già. E lei sarebbe…?” domandò, inclinando la testa e indicando il boa, con un cenno del capo, non mostrando particolare preoccupazione al riguardo.

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    Il povero e bellissimo Eirikr sembrava un po' essere il Balto della situazione: né denrisiano né francese, sapendo appunto solo ciò che non era.
    Indubbiamente l'isola aveva leggi interne stringenti, a tratti soffocanti, ma era anche vero che la vita fuori ne presentava altre altrettanto festidiose, e questo Gerd lo sapeva bene, del resto anche lei era una figlia un po' anomala di Denrise, che però in quel luogo sentiva comunque di trovare un equilibrio, un io, che altrove non poteva esistere.
    La situazione, a tratti, era straziante, e se il bel dernisiano (l'ho già detto che era bello?) aveva trova scarso conforto in non-amici, ma soprattutto nella birra, Gerd faceva lo stesso con le attenzioni, i soldi, gli animali e, perché no, gli uomini, che, a ben pensarci, erano una sintesi di quanto suddetto (?).
    Libera dalle convenzioni patriarcali occidentali, la donna approcciò con decisione il bel predone, ignorando piuttosto elegantemente le risatine di coloro che si erano accompagnati ad Eirikr senza la speranza di poterci finire a letto 'Sghignazzate pure, tanto finirete cibo per pesci... o rapinati... o in gola a Sol' si disse lei, quasi sollevata da quei delicati pensieri, tanto da schiudere le labbra in un sorriso e accompagnare ad un tavolo il bellissimo Donneville.
    "Spero di non aver interrotto qualcosa, comunque" disse lei, interessata alla cosa più o meno quanto la Mannoia, sedendosi ed accavallando le gambe.
    Ordinò un bicchiere di rum, quindi tenne lo sguardo fisso sul bel giovane, il quale finì col presentarsi a sua volta, allargando il sorriso di lei col fatto che chiese del suo boa.
    "Lo hai notato?" chiese lei, come se un serpente lungo quasi tre metri potesse passare inosservato, cantilenando una voce argentea e adorabile nel mentre carezzava la testa del rettile "Sì chiama Sol, è il mio famiglio, un docilissimo esemplare di boa constrictor" spiegò lei, che, dopo la stretta di mano ricevuta, abbastanza forte, si azzardò nell'invitare la sua creatura ad allungarsi un poco verso il sorco che aveva davanti, curiosa di vedere se lo avrebbe carezzato.
    "Tu non hai un famiglio?" chiese lei, inclinando il capo, chiaramnete curiosa "Ammetto che lo davo per scontato, visto il talento di tuoi padre e tuo nel selezionare i migliori esemplari..." propose lei, lanciando alcune occhiate agli ex compagni dello gnocco, cui dediclò un breve occhiolino.
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    Eirikr J. Donneville
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    Conosceva bene le rigide aspettative che una cittadina come Denrise –o meglio la gente che la abitava- imponeva su chiunque ne facesse parte, e forse proprio perché c’erano così tanti canoni da rispettare lui si sentiva così stretto, soffocato in un posto che voleva da lui qualcosa che lui non poteva dargli. Non che a Parigi fosse andata meglio, tanto che continuava a chiedersi se esistesse davvero un posto nel mondo o se ovunque avrebbe sentito quel senso di alienazione e smarrimento. Forse non era fatto per trovare un equilibrio, forse semplicemente era destinato a vagare in eterno senza trovare mai pace, anche se quella era prospettiva abbastanza triste, tutto sommato, abbastanza da non volerla prendere in considerazione.
    Aveva cercato di circondarsi da qualcosa di vagamente simile a degli amici, negli anni, ma sembrava non riuscire a trovare nemmeno quelli nella cittadina: aveva un solo legame solido di quel tipo, e tutti gli altri gli sembravano solo presenze passeggere, destinate a scomparire da un momento all’altro e di cui non avrebbe sentito poi così tanto la mancanza. Non che questo lo avesse mai fermato dal trovare qualcuno con cui fare l’idiota, era quasi sicuro che se alle volte non si fosse concesso di uscire e prendersi delle pause sarebbe impazzito molto tempo prima, ma la mancanza di qualcuno con cui volesse davvero passare la serata lo portò a seguire Gerda senza troppe remore, anche solo per il modo peculiare con cui si era presentata.
    Non mancò di studiarla, all’inizio silenzioso, provando a capire che genere di persona fosse: di sicuro sembrava una che non si faceva mettere i piedi in testa da nessuno e riconobbe in lei tratti caratteristici dei Denrisiani, mischiati con qualcosa che non sapeva riconoscere. In un certo senso nemmeno lei sembrava appartenere in tutto e per tutto a quel posto.
    “Non hai interrotto nulla.” tagliò corto, ignorando le risatine con un sorriso beffardo, lanciato al gruppo alle sue spalle, per poi concentrarsi solo sulla ragazza. Sospettava che lei volesse che il suo famiglio venisse notato, non poteva andarsene in giro con un serpente come quello e pensare che passasse inosservato. Osservò la creatura muoversi verso di lui e sospettava che toccarlo non fosse la scelta migliore ma non era tipo che ragionava troppo, in certi momenti, e in quel frangente stava cercando così tanto qualche emozione forte che accarezzare un boa non gli sembrò un’idea così pessima.
    Evitò comunque di fare movimenti azzardati e si limitò ad allungare leggermente una mano, continuando a studiarlo attento. “C’è qualcosa che dovrei sapere prima di toccarlo?” domandò con un sorriso sghembo, guardando di nuovo Gerda per qualche istante per poi scuotere la testa. “ Un conto è selezionarli per gli altri, un conto farlo per sé stessi. Immagino di non aver ancora trovato quello giusto.” replicò con leggerezza, e per uno che aveva così tanti dubbi sulla sua stessa vita non sembrava troppo sensato cominciare anche occuparsi di quella di qualcun altro.

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    Non aveva interrotto niente. Sorrise lievemente a quell'affermazione, per mera cortesia, del resto non le era minimamente interessato se e cosa stesse interrompendo: lei era arrivata, lei aveva un (vaghissimo) obiettivo e lei quindi esigeva tutta l'attenzione dell'altro, per la stessa ragione per cui si portava al collo un boa: perché sì.
    Era lunatica, egocentrica, narcisista e anche un'arrampicatrice sociale, nonché una che per due spicci avrebbe venduto anche la madre, ma aveva anche dei difetti, ma di quelli, quella sera non intendeva parlare: aveva un bel ragazzo davanti, la serata era lunga e lei si stava un po' annoiando. Aveva proprio bisogno di parlare e, perché no, magari flirtare.
    Diveritata, la ragazza ascoltava il predone che aveva davanti lanciando a volte occhiate ai suoi amici, un po' per vedere chi fossero, un po' per assicurasi che stessero parlando proprio di lei, riportando comunque ogni volta i suoi zaffiri sull'altro, rendendoli brillanti quando l'altro ebbe l'ardire di provare a toccare il suo serpente.
    "E' un boa... Sol è adorabile, molto placido, specialmente con chi sa che non può mangiare... non avere paura di lui e andrà tutto bene" propose lei ridendo, curiosa di vedere quella interazione, quando il serpente si estese verso l'altro, estraendo la lingua per saggiare l'aria e quindi l'odore di Eirikr.
    La donna parve molto appagata dall'interazione tra i due, ma alle parole dell'uomo dovette sollevare lo sguardo "Forse allora dovresti passare da me... sono molto brava a donare l'animale giusto alla persona giusta" fece presente, andando poi a carezzare la mandibola del proprio famiglio "Ci hai mai pensato davvero... a che animale vorresti? Uno di terra, uno d'acqua... uno volante... o magari un serpente..." propose lei, dovendo a quel punto ridacchiare.
    "Comunque ha un che di paradossale... e invece a donne come sei messo? Anche lì non riesci proprio a trovare quella giusta... e soprattutto... l'hai mai cercata?" propose lei, sistemandosi poi i capelli e lanciandogli uno sguardo un po' ferino e un po' di sfida, cui ne seguì un altro diretto ai suoi amici, che forse, davanti a tanta arroganza, avrebbero anche potuto ululare.
    Nel caso, lei se lo sarebbe appuntato come medaglia al valore 'Sono le cesse non vogliono essere ammirate dagli uomini!' si diceva lei infatti, tornando poi ancora una volta al ragazzo che aveva davanti, forse curiosa di vedere come avrebbe reagito alla sua sfacciataggine.
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    Come faceva sempre anche in mare e come aveva imparato a fare fin da ragazzino, il piano di Eirikr era quasi sempre quello di seguire il proprio istinto. Non c’era niente che potesse aiutare un uomo in mare più del suo sesto senso, suo padre lo diceva sempre, e per quanto il ragazzo avrebbe voluto negare le sue origini c’erano insegnamenti che non sarebbe mai riuscito a scollarsi di dosso, nemmeno volendolo.
    Studiò per qualche istante il boa che aveva di fronte ma, un po’ per orgoglio un po’ per pura curiosità, alla fine allungò una mano verso la sua testa, con lentezza, dandogli il tempo di accorgersi della sua presenza e delle sue intenzioni: sospettava che le creature marine con le quali aveva a che fare di solito non avessero molto a che spartire con un boa come quello, ma per quel che ne sapeva gli animali erano ancora più istintivi di lui e non aveva intenzione di attivare nessun trigger. “Uhm… e c’è un modo per fargli sapere che non sono cibo?” domandò, anche se in ogni caso ormai era tardi per tirarsi indietro.
    Qualche volta, soprattutto quando si trovava a Durmstrang e aveva visto i suoi compagni con i loro famigli, si era chiesto se volesse un animale, ma la risposta era sempre stata negativa. Da un lato non gli sarebbe dispiaciuto avere un compagni di battaglia fedele, ma dall’altro era abbastanza sicuro che una responsabilità del genere non facesse per lui: non riusciva a badare a sé stesso, figurarsi badare a qualche altra creatura. D’altro canto le esperienze che aveva avuto con le creature erano riconducibili per lo più al suo lavoro sulla Drakkar di suo padre: non c’era modo o motivo di fraternizzare davvero con le creature che stavi cercando di catturare o che provavano a ucciderti, per cui non avevo mai pensato di essere portato per quel tipo di cose.
    Non era bravo con le persone, come poteva pensare di esserlo con una creatura di cui avrebbe dovuto prendersi cura per sempre? E ancora peggio, quando e se questa creatura se ne fosse andata, da un momento all’altro, voleva davvero scoprire come avrebbe reagito? Prese un altro sorso della propria birra e scosse piano la testa, esalando un mezzo sbuffo dal naso e un mezzo sorriso. “Non ci ho mai pensato. Magari potrebbe essere una sfida interessante, anche se non credo di essere portato per averne uno, tutto qui.” replicò stringendosi nelle spalle, per poi reggere il suo sguardo e sbuffare una mezza risata poco dopo.
    “Credo che la risposta giusta sia che preferisco evitare questo genere di domande, di solito. Vivere alla giornata, quella è la mia risposta preferita.” replicò, rimanendo sul vago e abbassando lo sguardo a metà tra il divertito e l’imbarazzato quando i suoi amici si sprecarono in urli e grida di sfida in risposta ad un suo solo sguardo.
    Gerd aveva il fascino di una creatura pericolosa, aveva l’aria di qualcuno che avrebbe potuto ucciderti e ammaliarti nello stesso istante, con una sola occhiata. “Quanto a te, non so se stia cercando qualcuno ma sei di certo brava ad attirare l’attenzione.” le concesse, intuendo che un complimento simile potesse calzante per una che sembrava apprezzare parecchio occhiate e battutine.


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    Gerd amava i serpenti - e nello specifico Sol - per molte ragioni, ma forse la principale era proprio la loro vistosa (spesso eccessiva) pericolosità. Adorava essere al centro dell'attenzione, infatti, e altrettanto amava testare le reazioni degli altri, per comprendere aspetti di loro a volte ignoti.
    Eirikr ovviamente non fece eccezione e fu pienamente studiato dalla donna nell'approcciarsi a Sol "I boa mangiano solo i deboli e i piccoli. Non essere nessuna delle due cose e non avrai problemi." rivelò lei come suggerimento, osservando il suo agire prudente ma curioso, che ovviamente la compiacque, nella misura in cui lo trovava all'altezza del padre e di ciò che si era aspettata.
    Un'altra cosa che si era aspettata erano le grida di apprezzamento dei suoi amici, cui lei dedicò minime attenzioni, notando comunque un lieve imbarazzo da parte dell'uomo, senza però che questo frenasse la sua lingua e il suo arguire, che lo condusse a descriversi come un uomo senza legami che viveva alla giornata, e lei come una che attirava l'attenzione.
    "Ed è un problema, Figlio di Hallar?" domamdò lei, sporgendosi in avanti, appoggiando i gomiti sul tavolo ed abbassando anche un poco la voce per renderla più morbida e quindi sperava intima e seducente.
    Lasciò passare diversi secondi topo la sua affermazione, dando ampio modo all'uomo di rispondere o praticare il silenzio, poi avrebbe interrotto il contatto visivo con lui cercando il proprio bicchiere per bervi e concluderlo "Quanto a me, non cercavo nessuno in particolare... come dicevi tu, vivo alla giornata... e a volte... cerco del semplice... divertimento" concluse lei, tenendo lo sguardo sul bicchiere, ora sul tavolo, sul bordo del quale stava facendo scorrere il proprio dito, poco prima di tornare a scoccare un'occhiata folgorante al contrabbandiere.
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    Aveva lottato fino a quel momento per non essere quello debole, anche se doveva ammettere di aver ricoperto quel ruolo in più occasioni di quanto gli piacesse ammettere. A Durmstrang era stato diverse volte il ragazzino strano che veniva da Denrise, quello che ancora pregava gli dei e che era legato ad una tradizione antica che molti suoi compagni nemmeno conoscevano. Di certo quella condizione iniziale lo aveva aiutato a crescere, ma al contempo gli aveva regalato una serie di dubbi e domande su se stesso a cui ancora non aveva trovato risposta, nemmeno anni dopo.
    Non mancò comunque di scuotere piano la testa, abbozzando un sorriso sghembo. “Allora non corriamo alcun rischio.” concluse alla fine, con una convinzione che in realtà non possedeva davvero ma che era diventato bravo a mettere in mostra. Seguì i movimenti della donna di fronte a sé, cominciando a comprendere perché amasse tanto i serpenti: ne condivideva di certo le mosse sinuose e quell’aria a metà tra il pericolo e la seduzione che, sospettava, doveva fare parecchie vittime. Il fatto che non fosse piccolo o debole lo avrebbe salvato anche da lei?
    Corrucciò leggermente le sopracciglia alla sua domanda, scuotendo la testa per qualche istante. “No, non fino ad oggi.” ammise, e dopotutto non stava mentendo questa volta. Non aveva ancora trovato la sua strada e per quanto alle volte si biasimasse per questo, sempre avvolto in quell’aura di insoddisfazione che lo perseguitava ovunque, in parte sospettava di non essere destinato a niente diverso che quello.
    Era chiaro ormai che la ragazza non lo avesse adescato per caso e se anche lo stesso Eirikr alle volte si dimenticava di quanto potesse essere affascinante –almeno quando non giocava volontariamente con quella parte di sé, cosa che non accadeva da un po’- e di quanti sguardi riuscisse a catturare.
    Gli bastò la frase di Gerd per farsi più attento e rilassare leggermente i muscoli delle spalle, facendosi più interessato. Un po’ di divertimento non aveva mai ucciso nessuno no? E forse era proprio quello che gli serviva in quel momento, non lo avrebbe aiutato con i suoi pensieri e le domande che gli giravano per la testa ma almeno gli avrebbe concesso qualche ora di pace, se era abbastanza fortunato.
    Si lasciò quindi alle spalle l’Eirikr più cupo e riflessivo, che negli ultimi tempi lo faceva da padrone, e lanciò solo un’ultima occhiata in direzione dei suoi amici o, più in generale, del pubblico che li stava osservando. “Che ne dici? Potremmo divertirci altrove, magari in un posto più tranquillo.” buttò lì, ricambiando il suo sguardo con la stessa energia e intenzione.


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    Il fatto di non essere piccolo o debole lo avrebbe salvato da Gerd? La domanda era più sottile di quello che si poteva pensare e affondava le sue radici in un'osservazione da farsi: gli aggettivi, per loro natura, sono relativi, dunque la vera domanda forse non era chiedersi se non fosse piccolo o debole, ma rispetto a cosa non lo fosse.
    La donna si era approcciata in modo diretto e divertito all'uomo, ma poi il suo atteggiamento si era fatto più predatorio, forse anche per testare il maschio che aveva davanti, o anche solo stuzzicarlo e vedere dove sarebbe andato a parare 'In fondo... è carino' si ricordò ancora una volta, giudicandolo assolutamente non-piccolo, per quanto non avesse ancora dimostrato di non essere un debole, anzi 'Reggo meglio di lui gli sguardi dei suoi amici' e la cosa, un po', la scocciava, anche perché lei non era in una vetrina 'Non sono uno dei fottutissimi animali che mi vendi a volte: io sono libera, io mi faccio ammirare solo se e quando voglio!'
    Nei suoi deliri, la donna osservo Eirikr passare lungo diverse emozioni fino a generare un guizzo nello sguardo che la colpì 'Oh...' si disse lei, notando come la parola divertimento avesse di colpo cambiato l'atteggiamento di lui, con somma gioia di lei 'Allora ce l'hai qualcosa tra quelle gambe' si compiacque lei, rispostendo all'invito di lui con un sorriso "Io e te da soli?" domandò lei, quasi ridendo, nel mentre la sua gamba destra si allungava fino a strusciare su quella di lui "Non so... forse ora che so che Sol non ti mangerebbe ho un po' di paura" propose lei, senza minimamente staccare gli occhi da lui "Andare in giro con uno sconosciuto... di notte... a Denrise... sarebbe imprudente, non credi? Potremmo trovare un compromesso, come un luogo che io pensi sicuro... che ne dici di casa mia?" concluse infine, portandosi le labbra al bicchiere per concludere quanto aveva ordinato.
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    Gerd aveva il pericolo negli occhi, condivideva la stessa natura selvaggia del suo boa e per quanto Eirikr non fosse esperto nel leggere le persone gli sembrava impossibile non notare quanto sembrasse diversa da lui, molto più libera, senza vincoli. Percepì una punta di invidia alla bocca dello stomaco, si chiese anche come facesse lei ad essere lì, a vivere da sempre –per quel che ne sapeva- sull’isola e non sentirla stretta ma agire come se quello fosse il suo campo di battaglia e lì tutto fosse possibile.
    Aveva provato ad andare altrove, dopo aver passato tutta la sua vita a dare la colpa a Denrise, ma ora si rendeva conto ancora di più di quanto forse fosse lui ad essere sbagliato. Avrebbe dovuto imparare da Gerd? Magari sì, anche se in quel momento sospettava che avrebbe assistito ad altro che non fosse una performance tra le lenzuola, anche quella niente di negativo. Non poteva negare quanto l’altra fosse attraente, e la sicurezza che non esitava ad ostentare la rendevano una preda forse ancora più ambita.
    Non che lui credesse troppo a quelle dinamiche, non pensava che lei fosse destinata a soccombere solo eprchè donna ma anzi, al contrario, aveva la sensazione che sapesse più che bene come catturarlo. Forse era così che si sentivano le creature che Kaleel conquistava ogni volta: avevano l’illusione di essere al comando mentre cadevano da sole nella trappola, senza rendersene nemmeno conto. Lui pensava di aver avuto libertà di scelta, ma cominciava a credere di essere entrato nel suo mirino da quando i suoi occhi lo avevano puntato, al suo ingresso.
    E come con le migliori creature assassine lui non aveva intenzione di tirarsi indietro. Era quella sensazione di essere braccato, di essere con le spalle al muro, di doversi aspettare qualcosa ogni secondo che lo manteneva vivo, senza l’adrenalina nelle vene non avrebbe saputo cos’altro fare. Cos’era la sua vita se non quello? Come poteva rimanere in vita se non cercava una continua sfida? Era deleterio, sul lungo termine, sapeva anche lui che non avrebbe potuto continuare in eterno ma gli sembrava di non avere altra alternativa. E se fosse stata Gerd la sua alternativa, la sua vita di fuga? Se passare la notte con lei avesse cambiato qualcosa?
    Voleva scoprirlo, così come voleva sentirsi in pericolo, avere un motivo per lottare che non fosse solo cercare di sopravvivere ad un’isola soffocante come Denrise lo era per lui.
    “Abituato ai pericoli o privo di spirito di conservazione?” avrebbe ribattuto con mezzo ghigno per poi alzare un sopracciglio, ancora non del tutto abituato al suo non avere alcun pelo sulla lingua. Dopo un primo attimo di sorpresa si sarebbe lasciato andare ad una risata istintiva, naturale, scuotendo piano la testa. “E’ una richiesta forse?” avrebbe replicato con un mezzo sorriso furbo, lanciandole un’occhiata più intensa delle precedenti.
    Avrebbe poi indicato con un cenno del mento i loro bicchieri vuoti. “Abbiamo intenzione di fare qualcosa al riguardo?” avrebbe quindi domandato, ed era sottinteso che per lui ora le strade erano due: andarsene o riempirli di nuovo.


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    Edited by Eirikr J. Donneville - 28/9/2021, 21:26
     
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    Gerd si sarebbe definita una femminista: credeva nella parità dell'uomo e della donna, e anzi era pronta a credere che molto spesso le donne fossero superiori agli uomini 'Per questo preferisco gli uomini: sono più diretti e semplici' il che per una manipolatrice era importante, così come a volte lo era rivendicare la propria natura di sesso debole per scroccare un pranzo o prentendere che fosse l'uomo a fare certe cose.
    Su un aspetto però era al 100% femminista: l'utero era suo e lo gestiva lei, e questo significava che non era disposta a permettere a nessuno (specialmente le malelingue) di censurare i suoi desideri, anche sessuali. Gerd sapeva cosa voleva e non si faceva problemi dunque a prenderlo, nonostante i fischi, nonostante avrebbe potuto farne a meno e aspettare fosse l'altra parte: era parte di lei, quella libera.
    Si era dunque lanciata per il Donneville e la sua audacia si era estesa anche sotto al tavolo, rendendolo un secondo campo di scontro ove l'altro mosse solo un piccolo, ma significativo passo 'Oh oh' pensò lei, più ebbra per la caccia che per quanto bevuto, tanto da piantare i suoi scintillanti occhi sul ragazzo e accettare la sua sfida ad andarsene 'Pronto a vedere di che colore sono le mie lenzuola?' si domandò lei, sussultando lievemente con un sopracciglio quando l'altro la prese in contropiede con una controargomentazione che mai si sarebbe attesa da un Denrisiano.
    'Per Morgana... vuoi dire che sono riuscita a prendere una sbandata per l'unico uomo dell'isola che non ha il complesso del cazzo corto e deve costantemente dimostrare di essere più uomo?' si domandò lei, divertita quanto bastava per inclinare un angolo delle sue labbra verso l'alto nel mentre le venivano sciorinati i sedicenti pericoli della sua abitazione, o anche solo dello sfidarla.
    "Se non accetti il mio invito, non lo scoprirai mai, non credi? Sei uno che ha deciso di prendere il mare, sei abituato ai pericoli..." propose lei, usando parole tipiche del gergo denrisiano per indicare chi accettava i rischi dell'oceano e le sue ricompense come predone "E tu... potrai anche avere un sorriso rassicurante, ma lo vedo il tuo fisico..." affermò, lanciando una lunga ed eloquente occhiata alel sue braccia, così come al torso "Se lo volessi potresti bloccarmi contro un muro... o un pavimento e fare di me quello che vuoi"
    Le sue erano parole di violenza, di pericolo, eppure il tono della voce di lei era vellutato, quasi mellifluo, accompagnato sempre da quello sguardo sveglio, lucido, scintillante, costantemente puntato, famelico, su di lei, nel mentre la sua gamba, rincuorata dalla lieve vicinanza altrui, si era fatta più audace, più alta, progredendo assieme al suo eloquio, forse a chiarire come quelle non fossero paure, ma, in un certo senso, presagi, sempre più prossimi, visto che entrambi avevano ormai consumato i propri calici.
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    Era abbastanza sicuro che quel posto continuasse a non appartenergli, fosse anche solo perché gli sembrava di non essere affatto in linea con quello che i suoi coetanei o, più in generale, gli uomini che lo affiancavano ogni giorno facevano e dicevano. Si era sempre sentito fuori luogo per le sue credenze, perché non seguiva le convinzioni della gente dell’isola, ma dopo il tempo passato “nel mondo esterno” non poteva negare di essersi sentito ancora più diverso, ancora più tagliato fuori dalla mentalità piccola e limitata dei denrisiani.
    Okay, poteva ammettere di essere esagerato certe volte, si rendeva conto anche lui che alle volte quella sensazione fosse anche esagerata, fuori da ogni logica, forse solo perché aveva bisogno di trovare una giustificazione per non aver ancora trovato un vero e proprio posto nel mondo. Eppure gli bastò cogliere il minimo briciolo di sorpresa per capire che non era proprio tutto frutto solo della sua fantasia: era il primo a trattarla così? A rispondere in quel modo alla sua provocazione? Non che fosse difficile sospettare che la percentuale di persone in grado di lasciarle una certa libertà di scelta, tra marinai arrapati e ragazzi che vivevano immersi nel loro ego, fosse abbastanza bassa. Non si reputava migliore, anche se forse in certi momenti sospettava quasi di esserlo…
    Sbuffò una mezza risata, nascondendola poco dopo con il bicchiere dal quale sorseggiò le ultime gocce di birra, prima di abbandonarlo sul tavolo, segno che ormai era il momento di scegliere di andare altrove, o di ordinare altro da bere e continuare la conversazione. Non che le parole facessero così tanto per lui, aldilà del lasciarle libertà di scelta e portarle rispetto non era certo diventato ceco e, dopo aver ricevuto quella sorta di “permesso”, lasciò che gli occhi scivolassero lentamente su quel che poteva vedere del suo corpo.
    Il suo sorriso non si spense nemmeno di fronte a quel modo di dire così denrisiano, a dire il vero non ci fece nemmeno così tanto caso, la mente che si perdeva altrove. “Mi servirà addirittura il coraggio?!” la pungolò per poi alzare un sopracciglio alla sua osservazione, inclinando appena la testa. “Dovrei essere io a farti quello che vuoi, mh? E perché ho la sensazione che invece tu non veda l’ora di fare il contrario?” replicò diretto, con un sorriso sghembo irresistibile, per poi alzarsi con decisione dalla panca, infilando le mani nelle tasche e ignorando volutamente le occhiate e i gridolini che venivano dalla sua destra. I suoi occhi chiari erano puntati sulla figura di Gerd, a cui rivolse un breve ma visibile cenno verso l’uscita. “Vuoi vedere di cosa sono capaci le mie braccia, allora?” la pungolò alla fine, come se fosse necessario per aumentare la tensione che scorreva tra loro due.


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