Incontrarsi, di nuovo

Kara&Evan

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    Evan Jack Peters
    Sociopatico | 27 anni
    Quel giorno aveva deciso di andare in giro per londra senza una meta fino a quando non aveva deciso di prendere un traghetto ed andare nell'insola di Denrise. li le persone erano sempre tutte quante molto toste ed indaffarate ed Evan c'era stato veramente poche volte. Aveva bisogno di cambiare aria ed aveva bisogno di fare danni dove nessuno lo conosceva. Aveva anche bisogno di capire se era vero che in quell'isola erano solamente maghi e sopratutto erano persone al quanto cazzute. Avevano una fama che al ragazzo piaceva fino ad un certo punto e sinceramente non riusciva a capire quanto di vero ci fosse in tutto quello che aveva sempre sentito. Il suo stato attuale non era dei migliori e la sua testa sbarellava come al solito. Dopo natale e quell'incontro con peter doveva ammettere che era stato veramente sopraffatto dalla noia e dalla nostalgia di qualcosa che non sapeva neanche lui cosa fosse. E se stava sviluppando qualcosa come un senso di colpa era qualcosa che non conosceva e di conseguenza doveva veramente andare in giro e fare quello che gli riusciva meglio fare: cazzeggiare alla grande. Si, non era proprio qualcosa che gli dava da mangiare o comunque un senso di soddisfazione pieno, ma doveva ammettere che lo rilassava pesantemente, quindi, prese le sue cose, si imbarcò in quella strana barca e dopo qualche ora era in quell'isola. Ecco, adesso cosa doveva fare? Semplicemente esplorare quindi decise di inoltrarsi nella foresta e senza il minimo di rispetto per tutto quello che aveva intorno, decise di prendere a calci un sasso quasi come se stesse giocando da solo a pallone. Fino a quando colpì qualcosa, o qualcuno. Non chiese ovviamente scusa, era qualcosa che non gli apparteneva affatto. Sorrise solamente e decise di attendere. Andò di nuvo verso il sasso e scoprì che c'era una ragazza. La guardò con intensità quasi come se la conoscesse. Che stai facendo da sola nella foresta? Chiese senza preoccuparsi minimamente del fatto che il sasso poteva averla colpita e fatta male. Non era nel suo carattere essere premuroso e di conseguenza non ci si impegnava neanche ad esserlo davvero. Ma più la guardava più il suo cervello sviluppava delle piccole immagini, dei piccoli flash nella sua mente.
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    Kàra Onfroy
    Docente Magia Verde

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    Avrebbe potuto definire la foresta la sua vera casa e nessuno l’avrebbe potuta contraddire. In quel momento si muoveva come una creatura di quel luogo: silenziosa, delicata, a passo sicuro mentre schivava rocce e superava radici con la leggerezza di una volpe o di un lupo, con la loro eleganza e il loro stesso istinto. Quando si trovava tra quegli alberi Kàra dimenticava tutto il resto, la sua testa si faceva leggera ed era l’istinto a guidarla: tutto quanto si riduceva a un insieme di rumori, odori e sensazioni e non aveva bisogno della su razionalità a guidarla, le bastava seguire quel che le suggeriva il cuore per riuscire a trovare la sua strada.
    Quella mattina si era svegliata presto e aveva lasciato Hidenstone in favore di una esplorazione della foresta, in cerca di qualche pianta da aggiungere alle serre e di un po’ di riposo. La vita accademica le piaceva più di quanto avrebbe potuto prevedere, soprattutto se si pensava che quando aveva cominciato era addirittura dubbiosa di poter riuscire ad essere professionale e utile ai suoi ragazzi e di fare qualcosa di positivo per loro.
    Non sapeva ancora se i suoi obbiettivi potessero dirsi soddisfatti, c’era ancora parecchio lavoro da fare ma il suo ruolo non le dispiaceva affatto, si sentiva a suo agio in classe e le sembrava che anche i suoi studenti fossero soddisfatti. Eppure aveva comunque bisogno di una pausa, di respirare aria fresca e di tornare in uno dei suoi “habitat naturali”: come le piante della serra si rigeneravano spesso con un rinvaso o una volta cambiata la loro posizione, anche lei necessitava di passare un po’ di tempo nella natura per riuscire a ricaricarsi un po’.
    Aveva quindi indossato abiti informali –un paio di pantaloni di lino, degli stivali alti fino al ginocchio che la proteggessero da erbe, spine o fogliame vario, una camicia leggera e sopra un gilet di lana più spessa, tutto abbinato ad un mantello corto che non le impedisse troppo i movimenti-, aveva lasciato i lunghi capelli sciolti e si era diretta nella foresta di Denrise, non senza prima passare al forno a trovare suo padre. Lì aveva ritrovato le solite vecchie comari, pronte a guardarla storto, ma le aveva ignorate in favore dell’omone burbero dietro al bancone, che nel vederla si era sciolto in qualche commento su quanto fosse stata lontana, prima di riempirla di cose da mangiare. La sua borsa le ricadeva ora sul fianco, piena ancora prima di cominciare la sua raccolta, pronta per il pranzo, mentre lei si addentrava nella foresta.
    Era chinata a studiare un fungo, cresciuto lungo le radici di un grande abete, quando qualcosa la colpì, facendola sussultare: aveva già avvertito un fruscio simile a quello di passi umani, ma di certo non pensava che quel qualcuno l’avrebbe raggiunta, facendo anche così tanto rumore per altro! Kàra lo avrebbe degnato di uno sguardo molto rapido, per poi fargli cenno di tacere, portando un dito sulla bocca, e voltarsi lentamente, indicando un uccellino dalle piume di un blu intenso che si avvicinò al sasso, lo becchettò e poi volò via di fretta. “Potevi colpirlo sai? Non è saggio lanciare pietre nel bosco.” avrebbe osservato, per poi accertarsi di non aver disturbato troppo il fungo e rialzandosi da terra.
    “Sto lavorando.” avrebbe affermato, guardandolo ancora un paio di volte ma rendendo evidente quanto non fosse molto abituata ai rapporti umani, soprattutto se fuori dal lavoro e con sconosciuti comparsi dal nulla.
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    Evan Jack Peters
    Sociopatico | 27 anni
    Sicuramente erano due persone completamente differenti. Evan si trovava veramente a disagio a stare li in quel silenzio che lo innervosiva e con il solo rumore del vento che faceva muovere le foglie. Ecco si, per lui non era un suono armonioso ma un rumore che gli faceva venire veramente un gran mal di stesa. Aveva sempre vissuto in mezzo al coas e sopratutto aveva sempre avuto tremila voci in testa che non lo avevano mai lasciato stare. Il famoso diavoletto ed angioletto ch esi vedeva nei film, per lui era reale. Se da una parte c'era qualcosa e qualcuno che lo spingesse ad essere una persona vagamente normale, dall'altro lato c'era qualcuno che, invece, cercava sempre di fargli fare la cosa più cattiva e sbagliata di sempre. Il problema era che ultimamente, in particolar modo, riusciva a vincere sempre la seconda, e più questa voce si spingeva oltre più Evan ne veniva completamente assuefatto. Era sempre stato molto affascianto dal male, dalle fatture, e dalla morte in se che tutta quella vita che scoppiava intorno a lui lo stava seriamente irritando. Quando diede quel calcio a quel sasso non lo fece neanche con l'intento di far del male a qualcuno ma quando aveva sentito che aveva colpito qualcosa o qualcuno un ghigno gli si dipinde sulle labbra.
    Arrivò a vedere la ragazza con i capelli lunghi sciolti e con quel mantello corpo chinata su quello che era un fungo e quando gli chiese cosa stesse facendo, Evan alzò un sopracciglio. Esattamente che lavoro faceva? E sopratutto che gliene fregava di colpire o meno quell'uccellino? Come lui ce ne erano così tanti nel bosco che uno in più o uno in meno non avrebbe fatto di certo la differenza. Comunque, quel giorno era incline alle chiacchiere e di conseguenza si avvicinò ancora un pò alla ragazza. Hanno le ali per un motivo, perchè mai stava per terra invece di stare su di un ramo? é lui che ha voluto rischiare di essere colpito, non io che non posso dare un calcio, per sbaglio ad un sasso per paura di colpirlo! Il fatto che lo avesse dato per sbaglio non era assolutamente vero, ma era anche vero che comunque, Evan era incline alle bugie e non riusciva proprio a dire la verità. Quello era un altro piccolo diavoletto che lo distoglieva sempre da dire veramente le cose come stavano e come voleva dirle. Eppure non si vergognava di quello che era o di quello che pensava, ma il mentire era come pane quotidiano per lui, era qualcosa che proprio non riusciva a non fare. Comunque tese la sua mano. Evan. Disse poi guardandola meglio. Aveva un viso conosciuto. Possibile che aveva tormentato anche lei ad Hogwarts come era successo con Peter? Beh si, era possibile, ma non ci riflettè poi così tanto. Che lavoro fai? Sei una sorta di biologa, oppure raccogli i funghi per farci qualche tipo di droga? Ovviamente pensare che fosse una persona che con quelle erbe o funghi ci volesse fare qualcosa di buono, o vagamente utile, era a dir poco scartato per la mente del ragazzo. Attese la risposta anche se un pò si corrucciò. Perchè tutta quella freddezza!
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    Kàra Onfroy
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    Kàra era molto più brava con gli animali e le piante che con le persone, e non a caso considerava il bosco la sua casa. Essere cresciuta a Denrise, da un padre burbero e di poche parole, l’aveva portata ad amare il silenzio, tanto che faticava a ragionare lucidamente quando intorno a lei c’era troppo confusione e per aveva bisogno di momenti come quello per rilassarsi un minimo e riprendere fiato. Le piaceva tornare sull’isola, passare qualche ora con la calma che un tempo era stata la sua quotidianità, perdersi nel reperire erbe e funghi, non pensare a niente che non fosse la natura che la circondava.
    Non si poteva dire che odiasse il genere umano, a dire il vero trovava gli uomini animali interessanti, da osservare così come da conoscere, solo che alle volte erano troppo chiassosi e complessi per un’anima semplice come lei. Dopotutto aveva scelto di proporsi come insegnante anche perché nutriva fiducia nelle nuove generazioni, voleva aiutare i ragazzi a trovare la loro strada e provare a guidarli verso il cammino migliore per loro, chiunque non sopportasse le persone non si sarebbe mai immolato per una causa simile…!
    Evan era sicuramente un ragazzo ben lontano dal suo stile di vita, diverso da lei anche ad una prima occhiata, ma per quanto Kàra non fosse una di molte parole e non fosse così abituata alla compagnia –quella di Madama DooW, la sua ninfa, non faceva testa non trattandosi di una vera e propria umana- si poteva dire che avesse una certa pazienza e cercasse sempre di essere comprensiva, anche se non significava che fosse buona o pronta a farsi fregare da chiunque.
    Se il ragazzo aveva voglia di litigare o farle saltare i nervi non avrebbe trovato pane per i suoi denti, anzi la ragazza si limitò a rispondergli nel modo più chiaro e spontaneo possibile. “Gli uccelli sono liberi di volare dove vogliono e questa è la nostra casa: siamo noi che dovremmo prestare attenzione a quel che facciamo, siamo solo ospiti qui.” avrebbe replicato con calma, con tutta l’intenzione di tornare al suo lavoro. Non le dispiaceva avere un osservatore, era abituata ad avere molti occhi puntati addosso –spesso non umani- e lavorava bene anche se non era sola, per quanto quella fosse la condizione che preferiva per quel genere di occupazioni. Trovava che godersi il silenzio del bosco fino infondo fosse uno dei modi migliori per connettersi alla Natura e trarne il meglio, ma per quanto suo padre le avesse insegnato l’arte della risposta burbera per eccellenza, lei non era in grado di cacciare qualcuno prima che facesse qualcosa di davvero fastidioso. Avrebbe guardato la sua mano per qualche istante, prima di stringerla con una presa non troppo vigorosa, accennando un sorriso leggero. “Kàra” si sarebbe presentata, cominciando sempre di più a trovare quel volto famigliare. Il nome le rimbombò in testa per qualche istante ma non riuscendo a ricordare preferì tornare momentaneamente alle sue erbe.
    Alle sue parole si sarebbe lasciata sfuggire uno sbuffo di risata, alzando per qualche istante lo sguardo colpita dalla sua supposizione. “Non sono certo questi i funghi per la droga, e i biologi non si mettono a raccogliere erb-…” avrebbe cominciato, salvo poi bloccarsi all’improvviso, colta da un ricordo. Quegli occhi, quei capelli biondi, quelle frasi all’apparenza casuali, quel nome… lei conosceva quel ragazzo! Non avrebbe potuto evitare di continuare a guardarlo –stranamente senza distogliere lo sguardo- rialzandosi di nuovo da terra. “Evan… vivevi qui una volta, vero?” avrebbe quindi domandato, cercando di riunire lentamente i pezzi.

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    Evan Jack Peters
    Sociopatico | 27 anni
    Evan Jack Peters era tutto ed il contrario di tutto, non sapeva dire la verità, ma amava costruire la sua stessa verità. Vedeva il momento esattamente come diceva lui e molto spesso distorceva la realtà in maniera così evidente che una persona con un pò di spirito di osservazione avrebbe potuto semplicemente capire che lui era sicuramente una persona diversa, una persona non solo istabile ma davvero con qualche problema. Lui non se ne accorgeva veramente nonostante era ben cosciente di cos'era e sopratutto di quello che non sarebbe mai stato. Non sapeva perchè era tornato in quel luogo e molto spesso diceva così tante bugie che non sapeva neanche quale fosse davvero la verità. Ma in quel momento più osservava quella ragazza più c'era qualcosa che gli ricordava... ecco non sapeva cosa esattamente, ma si sentiva poco agitato e non aveva nessuna intenzione di scoprire il perchè. Alla fine, se la verità doveva uscire, sarebbe uscita da sola. A quella sua risposta fece quasi un buffo divertito. La sua calma nel rispondere, il suo continuare a fare il suo lavoro con quella seraficità e pacatezza non sapeva se lo stava turbando terribilmente oppure lo stava rendendo semplicemente più tranquillo, quasi come se fosse un calmante. Non dirmi che sei una di quelle ambientaliste pazze! Il suo tono era cambiato nettamente. Adesso sembrava essere quasi più simpatico e spiritoso e quasi avrebbe voluto scusarsi del suo gesto, peccato che l'orgoglio e la megalomanica lo attanagliava sempre e comunque. Ma non aveva dubbi, quella ragazza la conosceva ma non sapeva esattamente in che contesto. Quando la mano della ragazza toccò la sua quel tocco gli fece alzare un sopracciglio come se la sua pelle, il suo olfatto e la sua vista erano arrivati ad una conclusione ancora prima che ci arrivasse il suo cervello. Kàra. Lo ripetè come se volesse dire qualcosa al suo cervello di importante, di estremamente fondamentale. Si morse il labbro vedendola rimettersi esattamente nella sua posizione, poi ridacchiò. Quindi non sei una spacciatrice, e questo mi sembrava ovvio visto che hai un viso.. così... Ma prima che potè dire qualsiasi cosa, la ragazza si alzò e lo anticipò. Lui annuì, ma ancora non era ben chiaro chi fosse davvero e poi, come se le sinapsi del suo cervello avessero ricevuto la giusta scossa, capì. Si, ho vissuto per un periodo qui. Io e te ci conosciamo... vero? Chiese poi avvicinandosi ancora un pò a lei. Ecco, era ovvio che si conoscessero perchè lui, agli estranei, non reagiva mai in quel modo. Era qualcosa di estramamente assurdo. Si morse il labbro e poi fece un altro passo verso di lei. Kàra Onfroy! La indicò con l'indice come se avesse fatto, in qualche modo, bingo. I suoi occhi si illuminarono. Si era decisamente lei. Wao, sei decisamente cresciuta! Le diede una rapida occhiata impertinente. In fondo lui era una persona impertinente, ma comunque non riuscì a fare altro che sorriderle, sinceramente. E tu ancora abiti qui?
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    Kàra Onfroy
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    Malgrado riuscisse a ricordarsi a memoria moltissime specie animali e distinguerle tra loro a colpo sicuro, Kàra era davvero incapace di riconoscere le persone a colpo d’occhio, e forse quello era un segno ulteriore di quanto poco fosse portata per i contatti umani e quando invece fosse profondo il suo legame con la natura. Non aveva riconosciuto Evan a primo acchito anche se una minuscola parte del suo cervello aveva provato a suggerirle qualcosa,malgrado lei non fosse poi così attenta.
    Ora che lo aveva inquadrato meglio era sicura della sua deduzione e cominciò a ricordarsi di pomeriggi spensierati passati per le strade di Denrise, non a fare baccano e schiamazzare –Kàra era sempre stata piuttosto entroversa- ma a giocare in modo silenzioso o rincorrersi in giro. Non ricordava a quanto risalissero quei giorni, sapeva che il ragazzo aveva lasciato la città ad un certo punto e lei ne aveva perso le tracce: ricordava parte della sua tragica storia famigliare e ricordava che le fosse dispiaciuto perderlo di vista così all’improvviso, che aveva cercato di ricontattarlo senza però ottenere successo.
    Crescendo lo aveva lasciato in un angolo della sua mente, archiviandolo in un certo senso e dimenticandosene fino a poco prima: non mancò di sentirsi in colpa per averlo abbandonato per così tanto tempo anche se sapeva bene che l’altro aveva fatto lo stesso. Gli riservò qualche occhiata, questo sì, e cercò di non irrigidirsi troppo quando l’altro si avvicinò ancora di più prima di riuscire a riconoscerla. Non aveva avuto grandi traumi con la vicinanza delle persone, questo no, ma non riusciva ancora ad abituarsi a quando espansivi potessero essere alcuni, soprattutto Evan che era così da che ricordava.
    Si sorprese di non averlo riconosciuto subito, ora che lo guardava meglio aveva dei tratti davvero famigliari e le ricordava parecchio quel bambino biondo con cui aveva condiviso qualche anno della sua infanzia. Ricordava bene quanto tenesse a lui e quanto l’avesse fatta sentire accettata a suo tempo: erano solo bambini ma erano uno dei pochi che era riuscito a farle capire che non c’era niente di sbagliato in lei e che forse non era poi così maledetta. Certo, le parole degli altri non avevano fatto meno male ma ora ricordava quei momenti con una punta di nostalgia unita a tenerezza.
    Sorrise appena, impacciata, perché non avrebbe saputo come altro reagire ad un complimento del genere, e cercò più che altro di prenderla sul ridere, per quanto le fosse possibile. “Beh direi che il tempo è passato per entrambi …” avrebbe osservato con gentilezza, per poi scuotere leggermente la testa alla sua domanda.
    “Non esattamente, non sempre almeno. Al momento insegno ad Hidenstone, torno qui però quando mi è possibile ad aiutare mio padre e tornare nei boschi.” avrebbe spiegato brevemente, cercando di dilungarsi un po’ più del solito e non limitarsi, come era solita fare, a due parole in croce. “Tu invece? Ricordo che sei sparito nel nulla ma immagino tu viva da qualche parte…” avrebbe domandato quindi, spinta forse dalla sé stessa bambina che voleva avere notizie del suo vecchio compagno di avventure.

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    Evan Jack Peters
    Sociopatico | 27 anni
    Forse il periodo che aveva conosciuto Kara era stato uno dei più belli della sua vita. Sapeva che lei aveva sempre avuto problei famigliare e non solo, sapeva che qualcuno diceva che fosse maledetta e forse, quando era arrivato in quell'isoletta, si era anche avvicinato a lei proprio per saperne di più di quello che dicevano in giro. No, niente maledizioni, aveva sempre trovato quella ragazza affascinante e sopratutto era in grado di donargli una tranquillità mentale non indifferente. Quando stava con Kara - almeno quando era bambino - non sentiva più quelle voci che gli suggerivano di fare qualcosa rispetto ad altro, nessuno che gli parlava di cuccidere qualcosa, nessuno che diceva qualcosa di brutto. Insomma, si sentiva a suo agio e da quando aveva scoperto quella sensazione non avrebbe mai più mandarla via. Ma ovviamente il tempo non era proprio a suo favore e quando ebbe la brillante idea di appiccare fuoco alla sua casa con dentro i suoi genitori, se ne andò senza lasciare traccia di lui. Con il senno del poi, era stato meglio per lei. Magari, prima o poi le avrebbe fatto anche del male. In realtà era quasi sicuro che sarebbe successo.
    Comunque no, non l'aveva riconosciuta anche se adesso, adesso che la guardava meglio avrebbe riconosciuto meglio la linea delle sue labbra, il raglio dei suoi occhi, quella pelle chiara ed i capelli di un colore che sembrava quasi innaturale. Dicono ancora che sei maledetta oppure hanno semplicemente paura di te? Ecco appunto, Evan era diventato una persona senza alcun filtro e sopratutto era una persona che non si faceva nessun tipo di scrupolo di coscienza. Non volevo essere maleducato, volevo solamente... sapere qualcosa in più... ci siamo lasciati, io me ne sono andato in maniera improvvisa e... Ecco qua. Se la ragazza avesse fatto attenzione alla sua espressione era cambiata in una maniera tanto repentina che neanche Evan stesso se ne era accorto. Però, è sempre di una dolcezza sconfinante questa qui! e se nella stessa frase riusciva a farti un complimento ed appellarsi alla persona in questione con un "questa qui" era ovvio che avesse dei seri problemi di personalità. Ovviamente tutto era curabile e sopratutto tutto quanto era a portata di mano se solo lui avesse voluto, ma la sua mente era troppo corrotta ed oramai aveva fatto troppi sbagli per tornare indietro. Ma cavolo! Complimenti sei diventata insegnante! Immagino che ti occupi di Magia verde! Sei sempre stata brava su queste cose... mi pare di ricordare almeno! Si allontanò dalla ragazza e la osservò attentamente come se si stesse godendo quei flash che aveva nella mente. Delle immagini che sicuramente erano di un passato che a lui sembrava essere fin troppo lontano, fin troppo remoto. Si morse appena il labbro e quasi si voleva scusare per quello che aveva detto precedentemente, ma la vocina assurda che aveva in testa, invece, gli suggeriva il contrario e gli dava del coglione per essersi anche solo soffermato su di una sfigatella che guardava fughi e fiori come se fossero qualcosa di importante ed avessero un'anima. Scosse appena il capo per cercare di ritrovare la concentrazione giusta per dire qualcosa. A Londra, con i miei nonni! Mi trovo benissimo e loro sono persone strepitose! Dovresti venire a trovarmi qualche volta, ti adorerebbero! Ed ecco qui! La prima bugia era stata detta. I suoi nonni erano morti e lui viveva in quell'enorme villa da solo. Evan e la sua tendenza malata a dire bugie. Fece un sospiro e poi un sorriso. Ecco mi dispiace essere sparito ma sai... non riuscivo più a stare qui, poi l'espulsione... insomma è stato meglio così, puoi credermi! Stava facendo la vittima? Davvero lui si permetteva di fare la vittima dopo che aveva ucciso praticamente tutta la sua famiglia?
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    Kàra Onfroy
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    Tornando indietro con la memoria non avrebbe saputo dire nemmeno lei che cosa avesse spinto Evan ad avvicinarsi, dal momento che le storie che circolavano sul suo conto non erano delle migliori. Per molti Kàra era sempre stata quella maledette, quella che tutti avrebbero dovuto allontanare e che non meritava le attenzioni di nessuno, una persona che non avrebbe portato con sé che sciagura e via dicendo. Era difficile che all’epoca qualcuno, oltre al suo patrigno, decidesse di avere a che fare con lei e di certo Evan era stato uno di quei pochi. Gliene era grata ovviamente, aveva contribuito a farla sentire un po’ meno strana e l’aveva aiutata anche ad ambientarsi in quel posto così ostico per una come lei, ma ancora si chiedeva cosa lo avesse spinto, che istinto di preciso lo avesse guidato in quella direzione.
    Di certo qualcosa di affascinante, che però sospettava di non poter chiedere con leggerezza aspettandosi una risposta come tante altre. D’altro canto avevano entrambi i loro demoni: Kàra aveva saputo della tragedia che aveva riguardato la sua famiglia e aveva cercato più volte di contattarlo, nel primo periodo, per poi rendersi conto che forse non voleva essere trovato. Aveva sempre cercato di capire le ragioni altrui e, anche se alle volte gli esseri umani le sembravano animali particolari e incomprensibili, comunque cercava sempre di intuire le ragioni dietro le loro scelte.
    Forse anche per questo lei finiva sempre per guardare alle persone come creature interessanti e sorprendenti e cercava sempre di non giudicare nessuno: non si offese per la domanda di Evan, inclinò solo la testa di fronte al suo essere così diretto e senza filtri. Si strinse nelle spalle, scuotendo piano la testa. “Domanda lecita in effetti… in parte si limitano a guardarmi male e alcune anziane si fanno ancora strani segni quando gli passo accanto, ma alla fine hanno capito che non avevo intenzione di andarmene e ancora nessuna catastrofe si è abbattuta su Denrise… quando accadrà sapranno chi accusare.” replicò con un mezzo sorriso, sorprendendosi di poter parlare così tanto tutto assieme e poter anche parlare di cose del genere. D’altro canto anche lei era strana, questo era innegabile, e forse anche per questo andava così tanto d’accordo con Evan e non lo aveva giudicato male dal modo in cui si era posto.
    Si sorprese del suo entusiasmo e le risultò ormai chiaro che avesse cambiato del tutto atteggiamento da quando aveva capito chi era. Ora la stava guardando un po’ più lontano, Kàra non sapeva dire perché, e provò a concentrarsi sulle sue parole e non farsi troppe domande. “Sìsì esatto, magia verde…continuo ad essere affascinata da queste cose.” ammise con ovvietà, alzando leggermente i funghi che aveva ancora in mano, riponendoli poi con cura nella borsa che portava appena ad una spalla, cercando di non rovinarli.
    La sua mente ora era piena di ricordi che fino a poco prima aveva ignorato, e che ora stavano riaffiorando lentamente. Era interessata a cosa avesse combinato in tutti quegli anni, si erano persi di vista ma non significava che non le importasse di sapere che cosa avesse vissuto. “Ah beh, un bel cambiamento di certo.” commentò leggermente sorpresa, lei che la vita di città riusciva a guardarla solo da lontano e non senza un certo sospetto. Lei sapeva ben poco della sua vera vita, non aveva ragione di dubitare delle sue parole, non aveva materiale sufficiente per capire anche solo che qualcosa non andava. ”Certo, certo.. capisco la tua scelta, sono felice se ora va meglio.” rispose, e infondo era davvero felice per lui in qualche modo. “Come mai sei tornato quindi?” domandò poi, senza pensare, sorprendendomi più loquace del suo solito.


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    Evan Jack Peters
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    Non c'era solamente uno strano rapporto con lei, c'era anche qualcosa di più o anche di meno. La mente di Evan era troppo corrotta per capirlo e rendersi conto davvero di quello che diceva o di quello che faceva. Il fatto era proprio quello: la sua innata lucidità nel dire le bugie e non riuscire proprio a non farlo, lo rendevano confuso. Non era un pazzo, era semplicemente una mente affollata che cercava,costantemente, di rimettere ordine nella sua vita. Era ovvio che lo stesse facendo nella maniera più sbagliata ed era altrettanto ovvio che non aveva nessuna intenzine di cambiare. O meglio, non è che non avesse intenzione di cambiare era che non ne aveva trovato mai un valido motivo. Non era affezionato a nessuno, non aveva grandi amici, non aveva prenti, non aveva legami affettivi. Si scopava, si usciva con molte persone e si aveva una casa con dele fotografie che gli ricordavano che aveva avuto sicuramente una famiglia che lo aveva veramente amato, ma per il resto? Per il resto non aveva assolutamente niente. C'erano dei momenti in cui si sentiva terribilmente solo e quei momenti avevano una escalation di prepotenza e saccenza nei confronti del mondo che sicuramente, chi ci capitava a tiro, se ne sarebbe ricordato sicuramente, ma per il resto? Quando poteva dire di stare davvero tranquillo? Quando poteva dire che era davvero stato felice? Forse con Kara, quando erano bambini, c'erano dei momenti in cui le voci nella sua testa si zittivano ed il suo corpo si rilassava intenzamente. Ma erano ricordi sfocati, ricordi che stavano facendo veramente fatica a riaffiorare. I ricordi si, le sensazioni, invece, specialmente quelle legate al profumo della ragazza, erano vivide e si erano insinuate prepotenti invadendo tutto il suo corpo. Quando le fece quella domanda, davvero non voleva che si offendesse ma era uscita prepotente e schietta come era oramai diventato. Sorrise e ridacchiò per la sua risposta. Oh, interessante! Dovrmmo far capitare qualcosa a Denrise e far in modo che pensino che sia stata tu a salvare la situazione, così almeno la smetteranno di romperti. Ma secondo me è tutta invidia. Eri bellissima prima, lo sei ancora di più adesso e voi donne siete delle vipere in fatto di questo! Senza alcun filtro. Era quello che aveva sempre pensato e comunque la bellezza particolare di Kara non era un mistero per nessuno che ci vedesse sufficientemente bene ed avesse un minimo di buon gusto! Certo che riempire di domande una persona che si era rivista dopo secoli non era proprio la cosa più cortse da fare ma... annuì quando gli disse di quello che si occupava.
    Quando gli chiese come mai era li Evan ebbe quasi un sussulto mentale. Perchè era li? Io volevo fuggire. Londra è sempre caotica e piena di persone che mi fanno venire un gran mal di testa. Non so, volevo andare in un posto che mi mettesse tranquillità. Stamattina mi sono svegliato nervoso e i piedi mi hanno portato direttamente qui. Il che era un pò vero e un pò no, ma la verità era un concetto veramente molto controverso ed iniquo nella testa del ragazzo quindi si limitò a dire quello che davvero pensava. Ti va se stiamo un pò insieme? Le richieste di Evan erano sempre improvvise ed insensate, ma, almeno quelle, erano vere. Secondo te c'è una pianta che abbia il potere di farti guarire del tutto da un disturbo della personalità? Che era strano era strano, ma con lei le cose erano ancora più assurde. In quel momento si sentiva come se fosse ancora un bambino/adolescente e che non fosse mai andato via dall'isola.
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    Conosceva bene la mutevolezza delle cose: era la prima a lavorare con la Natura e con i suoi cambiamenti continuo, a comprendere come fosse necessario nella vita crescere, maturare, cambiare, migliorarsi e come tutti seguissero sempre un loro percorso. Aveva accettato il progredire delle cose, ormai, e ne aveva compreso sempre di più i meccanismi e l’equilibrio, eppure non poteva fare a meno di chiedersi quante cose fossero cambiate durante quegli anni passati distanti. Quante cose avesse fatto o visto Thomas, mentre cresceva, lontano da Denrise e da tutto ciò che Kàra conoscenza. Si rendeva conto che là fuori c’era un modo che lei non avrebbe mai compreso del tutto, lontano dalle sue idee, dalla sua visione delle cose, che continuava a voler approfondire ed esplorare ma che forse apparteneva più al ragazzo che aveva di fronte in quel momento che a lei.
    C’erano così tante cose che avrebbe potuto chiedergli che non aveva nemmeno idea di dove partire, dopotutto non ricordava certi dettagli della loro infanzia insieme prima di quel momento, troppo presa dalla sua vita per pensarci. Lo aveva dato per disperso? Forse. Una parte di lei immaginava che si fosse fatto una vita, altrove, che avesse fatto le sue esperienze, e s sentiva forse “rimasta indietro”: non sembrava sempre così, d’altronde? Quando qualcuno se ne andava da un posto e gli altri restavano era difficile accettare l’idea che le cose fossero cambiate anche per chi non aveva mai davvero stravolto la sua esistenza.
    Non lo invidiava, non era quello il punto: era fiera di essere rimasta, anche se non tutti la pensavano come lei, Kàra era sicura che Denrise fosse il suo posto nel mondo, l’unico dove volesse stare, eppure si chiedeva come dovesse essere andarsene e ricominciare da capo. Lei ce l’avrebbe mai fatta? Forse no, e sospettava che la sua curiosità derivasse anche da questo.
    Non potè evitare di sorridere imbarazzata, alla sua risposta con naturale e schietta: non era abituata ai complimenti, ancora meno a quelli inattesi, e non sapeva bene come replicare senza sembrare troppo sciocca. “Non penso che abbia a che fare con la mia bellezza… più che altro posso capire che una bambina venuta dal mare desti qualche sospetto.” ammise, stringendosi nelle spalle: non aveva smesso di farci caso, e c’erano giorni in quei certe occhiate ancora la ferivano, ma una parte di lei riusciva a comprenderne quantomeno le ragioni, almeno in parte. “Immagino che là fuori sia un po’ diverso!” aggiunse, comprendendo quanto Denrise potesse apparire retrograda sotto certi aspetti.
    Conosceva Evan da tantissimi anni, a conti fatti, eppure assieme non lo conosceva affatto: quando erano bambini c’erano molte cose difficili da cogliere e comprendere, e ora che erano adulti si erano appena ricontrati e non era in grado di comprendere una persona al volo, dopo così tanto tempo. Le dispiacque sentirgli dire che Londra gli incasinava la testa ma poteva comprendere le sue sensazioni. Si guardò intorno, indicando con un cenno l’intero bosco. “Allora direi che sei venuto nel posto migliore.” replicò con gentilezza. “Ma allora perché restare a Londra? Hai mai pensato di…tornare?” chiese con più descrizione possibile, senza nemmeno sapere perché avesse voluto proprio porre una domanda simile. Non erano fatti suoi no?! Avrebbe potuto anche evitarselo ma ormai era tardi per tornare indietro.
    Alla sua domanda annuì, finendo per sedersi tra le rocce, a gambe incrociate, con una naturalezza che tradiva le ore che aveva passato lì, facendogli cenno di fare lo stesso. “Ma certo che possiamo stare insieme, sono felice di rivederti.” ammise, provando a mettere in chiaro quel che provava: non era sempre facile ma alle volte non si poteva sperare che gli altri capissero sempre al volo ogni cosa da qualche occhiata casuale.
    Inclinò la testa alla sua domanda, sentendo il cuore stringersi all’istante. “Non sono sicura che possa guarire, ma la natura può aiutare. Ci sono delle erbe che possono aiutarti con la lucidità, magari, e ridarti un po’ di calma.” propose gentile, per poi recuperare un fiore di Elleboro dalla sua sacca e allungarglielo. “Annusalo.” lo sollecitò con un leggero sorriso: il fiore era uno degli ingredienti fondamentali della Bevanda della Pace, e il suo profumo aiutava a lenire l’ansia e l’agitazione.


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    094411e6d9cf20855d2f0a3510d4cdddscheda | Evan jack peters | statistiche

    Kara era sempre stata gentile nei suoi cofnronti ed aveva sempre tenuto conto di una sensibilità che Evan non sapeva neanche di avere. Il problema principale di tutta quella situazione era proprio che in quel momento si stava sentendo spogliato piano piano di quel senso di malignità che aveva sempre dietro e vestito di qualcosa che non gli apparteneva affatto, ossia pacatezza e pace. Anche la sua mente stava, stranamente riposando e la cosa lo rendeva nervoso. Si, era contraddizione - anche lui- allo stato puro, ma non poteva farci assolutamente niente. Ogni volta che Kara era nei paraggi succedeva quella cosa. Era forse quello il motivo per il quale Evan era scappato letteralmente da quell'amicizia? Forse la risposta era fin troppo ovvia ma non riusciva davvero a darsi una spiegazione. I suoi genitori non erano stati cattivi con lui e non aveva mai vissuto una situazione di disagio economico, erano solamente vecchi e per questo, forse Evan, aveva deciso di eliminarli e lavarli di mezzo. Aveva deciso di vivere una vita diversa rispetto a quella che gli era stata già prescritta fin da bambino. Si morse il labbro per quello che disse e poi alzò appena le spalle. Certo, ma il mare è qualcosa che loro venerano. Quindi sono doppiamente stupidi! Come fanno a pensare che una bambina venuta dal mare possa essere una minaccia per loro e non una benedizione?Si, Denrise avrà anche molte qualità ma sicuramente i denrisiani non possono vantarsi di essere i più svegli! E per fortuna che lo stava dicendo di fronte ad una delle densiriane meno rissose del mondo, se no il duello era necessario ed uno dei due, molto probabilmente Eva, si sarebbe ritrovato decapitato senza neanche capire cosa stesse succedendo. Si strinse ancora nelle spalle. Era diventata bella e la sua bellezza continuava ad essere particolare. Si, li fuori è tutto diverso e se non ci sei mai stata allora davvero dovresti cambiare aria. Ammise poi respirando quell'aria così pura e pulita. Si ogni tanto serviva anche a lui staccare completamente e sentirsi completamente libero di essere se stesso. Che poi, con tutte quelle personalità che uscivano fuori, esattamente com'era il vero se stesso? La sua domanda lo spiazzò, ci pensò più del dovuto e la guardò più intensamente. Si, ci ho pensato ma poi ho anche pensato che non avevo niente che mi legava a questa terra. Un pò brutale, ma la verità. Era legato a Kara ma le cose erano inesorabilmente cambiate ed anche inevitabilmente. Non si poteva tornare indietro ed un'anima così pura non avrebbe mai accettato un omicida come migliore amico o come altro, giusto? Ah si, ecco cosa succedeva quando le voci smettevano di parlare nella sua testa: uccideva. E tu? Hai mai pensato di scappare da questo posto? Chiese poi concentrandosi sul fatto che si potevano rimanere insieme e che sopratutto, lei si stava mettendo a disposizione per accontentarlo in una richiesta così assurda. Si, aveva appena detto che aveva un disturbo della personalità. Ma cosa aveva in mente? Comunque quando Kara gli avvicinò quella pianta lui non fece altro che ispirarne il profumo. Sei davvero un angelo!Sussurrò poi sentendo l'odore della pianta invadergli il corpo. Ecco si, dopo qualche istante cominciò a sentire un sollievo che non sentiva da tempo. Sorrise. Vieni... La prese per mano e la tirò verso una piccola radura li vicina, si stese per terra e fece un respiro profondo.

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    Nonostante al tempo fosse stata solo una bambina, la sua natura e quella di Evan erano sempre state lontane l’una dall’altra. Era come se fossero nati sotto l’influenza di elementi e stelle totalmente opposte, che potevano anche incontrarsi a metà strada, influenzarsi a vicenda, ma che rimanevano comunque di origine diversa. Se il ragazzo aveva sempre avuto una forza, dentro di sé, che Kàra percepiva ma che non sapeva del tutto inquadrare, la ragazza era sempre stata più calma, pacata, ribelle a suo modo e di certo forte ma comunque sempre alla ricerca di un certo equilibrio. Non era una che mostrava mai emozioni troppo forti, era conosciuta per mantenere una certa stabilità, emotiva e fisica, in qualsiasi situazione, anche le più assurde, e all’interno del gruppo era più quella che cercava di calmare gli altri che izzarli contro un nemico comune, come forse Evan avrebbe fatto lanciandosi per primo nella mischia.
    E anche le sue idee e il suo modo di porsi era chiaramente diverso da quello della docente: dove lei aveva sempre cercato di comprendere o al massimo di ignorare, lui invece si dimostrava molto più deciso, pronto a riconoscere le colpe di coloro che non avevano mai smesso di puntarle il dito contro e considerarla malvagia. “Lo so, ma sono arrivata con il mare in tempesta… sai bene quanto me che significa per lo più cattivi presagi.” gli fece notare, con un leggero sorriso che denotava quanto lei avesse smesso di fare una vera e propria colpa a tutti coloro che tanto avevano dimostrato di detestarla.
    Non le importava più: quelle occhiate la infastidivano ancora, alle volte riuscivano addirittura a ferirla perché continuava a cercare di fare del suo meglio per il villaggio ma non sembrava mai abbastanza, comunque il rancore lo aveva abbandonato molto tempo prima e vedendo con quanto ardore Evan parlasse, anche a distanza di anni, sentì la necessità di liberare anche lui da quel peso. Inclinò la testa, ampliando leggermente il proprio sorriso.
    “Non so, non credo di riuscire a vedermi in un posto diverso da questo. Sono stata a Londra, qualche volta, ma è così caotica, l’aria è così pesante lì…” osservò, stringendosi nelle spalle con aria quasi dispiaciuta perché non riusciva a comprendere del tutto quello che invece sembrava entusiasmarlo tanto.
    Aveva mai pensato di andarsene? Forse, ma mai seriamente, mai in maniera definitiva e mai così tanto lontano. Non poteva biasimarlo fino in fondo, in realtà una parte di lei comprendeva le sue ragioni e non avrebbe potuto davvero avercela con lui per aver detto di non avere legami lì: erano stati amici intimi, un tempo, ma le cose cambiavano per tutti, si erano allontanati, non poteva bastare solo lei come ragione della sua permanenza.
    “Lo capisco… e hai trovato qualche ragione per restare, altrove?” gli chiese, non certo perché pronta a giudicarlo ma davvero interessata nel capire come stesse, cosa facesse adesso nella sua vita. “Che cosa fai a Londra? Lavori lì?” gli avrebbe chiesto gentile per poi sorridere di fronte al suo entusiasmo e seguirlo verso la radura, presa un po’ in contropiede dalla sua allegria improvvisa e anche da quella sorta di intimità imprevista. Lo seguì comunque verso il prato e si lasciò sedere sul prato, accanto a lui.
    “Ci sono posti come questo a Londra?” domandò, seriamente curiosa, con un leggero sorriso sulle labbra studiando da vicino una farfalla che si appoggiò sulla punta di una delle sue scarpe, basse e comode.



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    094411e6d9cf20855d2f0a3510d4cdddscheda | Evan jack peters | statistiche

    C'erano così tante cose che erano cambiate nelle loro vite che in quel momento Evan non sapeva neanche bene da dove iniziare. Kara era stata importante per lui, quello era poco ma sicuro ed erano i suoi muscoli a ricordarglielo. La memoria muscolare era qualcosa che non si poteva controllare e tutto quello slancio e quell'affetto nei suoi confronti, così improvviso, era qualcosa che non sapeva neanche bene come riuscire a spiegarsi. non si ricordava molto della sua infianzia e forse perchè il suo cervello aveva deciso dirimuovere volontariamente determinati ricordi, oppure semplicemente perchè l'Evan che ragazza aveva conosciuto era morto tanto tempo fa quando aveva appiccato fuoco a casa sua con dentro i suoi genitori. Era qualcosa che neanche ricordava e forse neanche avrebbe ammesso di aver realmente fatto. Era una mente compelssa e tremendamente disturbata, spesso e volentieri era anche bello che dissociato dalle proprie azioni come se fosse solamente uno spettatore dela sua vita. Non sapeva ancora controllare tutto quello, ma il fatto di essere in quel modo, sicuramente lo aveva portato ad essere cattivo, perfido, cinico e sicuramente una persona insensibile. Tutta quella sponteneità ed ingenuià che vedeva nel viso di Kara erano per lui qualcosa di essenzialmente sconosciuto. Sorrise alla ragazza più di una volta come se stesse cercando di ricordare qualcosa che sapeva bene, qualcosa di nascosto nella sua mente, ma niente. Era come se avesse davvero un buco nero ed in quel momento non aveva nessuna intenzione di pensare oltre. Si era stancato. Io amo le tempeste! Sarà per questo che ti trovo sempre bellissima ed interessante!Sapeva recitare benissimo la sua parte in ogni occasione. In fondo lui era un bugiardo cronico e non poteva fare a meno di esserlo e diventarlo sempre di più. Ascoltò la sua risposta al fatto che doveva cambiare aria e se avesse mai pensato davvero di andare via da li. Storse un pò il naso. Non voleva sentirsi dire quelle cose e così aveva tutta l'intenzione di fare cambiare risposta, si voltò verso di lei e scosse il capo. Si certo, è pesante, ma ti posso assicurare che si sta bene. Si respira aria di novità e comunque non ci si annoia!Aggiunse poi tornando a guardare dritto davanti a se. Quando la prese per mano il contatto della loro pelle fu quasi lenitivo e le voci nella sua testa, il fatto che avesse sempre qualche pensiero brutto e contrastante, per un solo secondo fu smorzato, completamente. Era una sensazione strana. Una volta stesi per terra, dopo quel respiro profondo poteva dire di essere pronto per dare una risposta alla sua amica d'infanzia. Un'infanzia che oramai non apparteneva più al giovane membro dell'acromantula, ma che contininuava, in qualche modo ad essere presente, anche se in maniera molto flebile, nella sua mente. Io a Londra lavoro in un negozio di armi. Mi piace un sacco e credo che abbia trovato il mio posto nel mondo. Era una mezza verità. effettivamente lavorava e le armi, in qualche modo potevano anche c'entrare ma non aveva per niente trovato il suo posto nel mondo. Aveva trovato una ragione per cui vivere li? Beh si, non troppo legale e lecita, ma comunque si. Si, sono in un associazione che fa molto volontariato e mi trovo veramente bene con loro, come se fossero una famiglia! Cazzate, cazzate ed ancora cazzate. Possibile che non riusciva a dire la verità neanche ad una persona che per lui era così importante? Era importante perchè il suo corpo era rilassato e continuava ad esserlo grazie a quel contatto che non aveva nessuna voglia di levare. Si guardò intorno. Non proprio, ma ci sono posti che possono essere visti come simili a questo. Insomma i parchi, gli alberi e le farfalle ci sono anche a Londra. Non sono così tante ma ci sono!Aggiunse poi guardando anche lui nella stessa direzione della mora.

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    La sensazione era quella di avere di fronte una persona famigliare e, al contempo, un totale sconosciuto. Era difficile per lei dimenticarsi del tutto di Evan e di quel che avevano vissuto da bambini, a suo tempo aveva cambiato la sua vita in modo evidente e poteva riconoscere di aver avuto una vita prima e dopo di lui, del tutto diverse. Kàra era sempre stata solitaria, suo padre sosteneva che fosse nata per starsene per i fatti propri, una caratteristica che aveva sorpreso anche lui, una delle persone più burbere di Denrise: aveva provato a farle avere degli amici ma niente sembrava attirare la sua attenzione, oltre a piante ed animali. Da bambina era sempre stata una tipa silenziosa, forse erano proprio i suoi silenzi ad avere conquistato di più il panettiere, convincendolo a tenerla con sé fin dal primo istante: non aveva dato mai grossi problemi, questo era vero, ma d’altra parte era stata così silenziosa che per anni tutti pensavano che oltre ad essere maledetta fosse anche muta.
    Ricordava di come Evan l’avesse portata a ridere, più volte e così rumorosamente da portare moltre persone a voltarsi verso di loro, come se fossero pazzi o come se il biondo avesse risvegliato chissà quale altra maledizione legata alla straniera. Dopotutto nemmeno Kàra aveva mai capito perché la guardassero così male, visto che era venuta dal mare, ma nel tempo si era convinta che il problema fosse nelle persone: tutti avevano paura di quel che non conoscevano e i cittadini di Denrise non facevano eccezione.
    Si rendeva conto di essere stata tanto temuta perché era nuova e comparsa dal nulla, perché nessuno sapesse chi fosse e non avevano elementi per decretare se fosse buona o meno: forse si era sentita subito così bene con Evan perché anche lui sembrava diverso, aveva qualcosa che lo faceva sembrare lontano da tutti gli altri, qualcosa che la faceva sentire capita e compresa. Ora non era più sicura che quel qualcosa fosse qualcosa del tutto positivo, soprattutto per Evan, ma non era quello il modo e il luogo migliore per farsi certe domande.
    Per il momento le sembrava… Evan, non avrebbe saputo come altro descriverlo. Aveva sempre addosso una strana energia, quasi agitazione perenne, e le stava parlando di una vita che lei riusciva a stento ad immaginare ma che sembrava piacergli … anche se era comunque tornato lì, per qualche ragione. Si ritrovò sorpresa per il suo complimento, incapace di replicare nel modo giusto, tanto che preferì concentrarsi su altro. “Oh wow, sono molto felice per te allora. Hai trovato il tuo posto, almeno per ora.” osservò con un sorriso ottimista: non era sicura che fosse davvero così e aveva la sensazione che con Evan niente fosse mai definitivo.
    Non avrebbe saputo descrivere quel contatto, le sembrò di venire travolta per qualche istante da tutta l’energia caotica che il biondo sapeva emanare ma si concentrò comunque nel rimanere tranquilla e non farsi troppe domande, non ora almeno. Lo ascoltò attenta e sorrise anche, per quanto le armi non facessero parte di lei e non se ne intendesse granchè. “Addirittura? Non pensavo fosse qualcosa che ti piacesse tanto.” osservò, dandosi poi della sciocca perché ovviamente non poteva saperlo: lei non conosceva quell’Evan quasi per niente.
    Ecco, la questione volontariato le sembrava meno probabile ma chi era per giudicare? Si limitò ad annuire, sorridendo gentile, per poi provare ad immaginare un posto come quello ma nel cuore di una città caotica come Londra. “Chissà…magari un giorno finirò davvero per visitarla…” buttò lì con non chalance, anche se dubitava di poter trovare quella pace circondata da palazzi di cemento e strade rumorose.


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    094411e6d9cf20855d2f0a3510d4cdddscheda | Evan jack peters | statistiche

    Evan e le sue paturnie mentali. Aveva sempre pensato che alla fine di tutto si sarebbe ritrovato con l'unica persona che lo avrebbe fatto sentire bene davvero, ma in quel momento, solo in quel momento si stava rendendo conto che forse non doveva mentirle in quel modo, forse non si meritava davvero una persona come lui al suo fianco e che forse, Kara, era stata l'unica vera amica che avesse mai avuto nella sua misera vita. Eppure tutto quel senso di colpa arrivò così improvvisamente e così velocemente che se ne andò esattamente nello stesso modo. Evan non era stato programmato per essere una persona sensibile, per capire le sensazioni degli altri ne tanto meno per rispettarle. In quel momento per lui era tutto quanto un gioco, un gioco che poteva andare seriamente avanti all'infinito inventando sempre cose nuove. Lui aveva trovato davvero un posto nel mondo a Londra? No, assolutamente no. Era sempre un'anima in pena, sempre alla ricerca di qualcosa di nuovo, di qualcosa da fare e soprattutto di vittime da riuscire a rapire, stregare con la mente ed evitare, completamente di far tornare sui propri passi. Aveva una mente corrotta da vari omicidi e non aveva intenzione di tornare indietro. Forse era quello il problema principale di tutta quella situazione, forse era quello che riusciva ad aggravare ancora di più tutto quello che provava e sentiva. Evan era una persona completamente fuori di testa, sadico, spocchioso e con una smania del potere, ma soprattutto del controllo, che quasi faceva paura. Sorrise appena alla ragazza voltandosi completamente verso di lei. Quando vuoi possiamo andarci insieme! Casa mia resterà sempre casa tua. La sua finta dolcezza era la prova che tutto quello che stava dicendo non lo pensava veramente, o comunque anche se lo pensava, una volta andato via di li, si sarebbe come dimenticato tutto quello che aveva detto lasciandolo su quell'isola. In fondo era un sociopatico e la sua mente funzionava con alcuni schemi essenziali che si ripetevano a macchinetta. Appena ne usciva uno nuovo, voleva solamente dire che stava per uscire una nuova personalità e non sempre era un bene. A volte bisognava lasciare a quelle persone l'agio di essere schematiche e ripetitive nelle loro cose e non essere per niente delle persone "libere" di scegliere. Perchè in quel momento, se Evan avesse potuto veramente scegliere cosa fare, non sarebbe stato qualcosa di bello. Chiuse gli occhi e rimase in silenzio ascoltando quello che c'era intorno a lui. La natura, gli uccellini, gli insetti, i grilli, le foglie che si muovevano con il vento, il fruscio che ne derivava. Era tutto quanto immensamente bello, tranquillo e per la sua testa era un toccasana. Ma arrivava sempre il momento che quella pace interiore finiva, svaniva come se non ci fosse mai stata ed era allora, in quel momento che Evan scattò con gli occhi aperti. Karà! Mi sono ricordato di un appuntamento. Ogni volta che vorrai saprai dove cercarmi. e così dicendo le lasciò un piccolo bigliettino con il suo indirizzo di casa. Quello era reale. Perchè in realtà davvero voleva che lei andasse a Londra e poi le bugie che aveva detto? Beh, sicuramente avrebbe ricordato la storia narrata ed avrebbe trovato qualcosa che si adattasse perfettamente alla sua bugia precedente. Le riservò un grande sorriso, si voltò di spalle e tornò verso il porto, verso l'unico punto in cui a denrise era possibile smaterializzarsi ed in poco tempo era li, dentro casa sua. Si tolse le scarpe, si levò la maglietta, andò vicino al frigo, si stappò una birra e si mise sul divano a guardare un film. Attese il messaggio di qualcuno dell'acromantula e dopo aver finito la birra, si vestì di nuovo ed andò a fare quello che gli riusciva meglio: seminare caos in giro.

    Revelio GdR

     
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