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.Cameron CohenI passi di Cameron risuonavano lungo il corridoio, diretto verso la sala comune dei Dioptase. Aveva appena lasciato Mia, dopo aver passato del tempo a passeggiare nei giardini, quindi stava ritornando verso le camere, solo che non si era proprio reso conto dell'ora, quindi il coprifuoco era già scattato e probabilmente stava rischiando di trovar qualche docente o qualche prefetto a fare la ronda e, in cuor suo, il castano sperava di trovare la Clarke che sicuramente non lo avrebbe rimproverato né tolto punti, oppure qualcuno come Lancelot Olwen, al quale bastava fare un paio di occhi dolci e piagnucolare un po' per farsi lasciare in pace con la sola raccomandazione di tornare subito nella propria sala comune, o almeno di questo era convinto il giovane. In quel momento sembrava che non ci fossero i muri, dal momento che l'incantesimo trasfigurativo che gli era stato applicato, quella sera aveva deciso di trasformarli in un cielo stellato e con una grande luna, proprio come quella sera, mentre alcune nuvole invernali ma innocue, si muovevano impercettibili nel cielo. Era davvero una notte limpida, anche se il freddo era pungente e penetrava la pelle come tante piccole ed affilate lame. Aveva passato una serata piacevole, ma adesso non vedeva l'ora di buttarsi sotto la doccia per poi infilarsi sotto le coperte e dormire fino al mattino seguente, anche se questa era abbastanza un'utopia, visti gli incubi che lo tormentavano notte dopo notte, senza lasciarlo in pace nemmeno un secondo, quindi probabilmente si sarebbe fatto la doccia, si sarebbe messo a letto ed avrebbe chiuso gli occhi ma... non avrebbe dormito affatto e di questo lui ne era certo. Gli sfuggì un pesante sospiro mentre si stringeva nelle spalle, abituato a tutto ciò. Dolorosamente abituato. Anche se da quando Mia gravitava nella sua orbita, tutto ciò sembrava essersi leggermente attenuato.
Le torce si erano spente come ogni notte allo scattare del coprifuoco, sicché l'unica luce disponibile era quella esterna che entrava dalle finestre reali, oltre che il riflesso prodotto da quelle fasulle. Quella scuola era un enorme mistero tutto da scoprire, ma lo affascinava davvero molto, anche se mai lo avrebbe ammesso con nessuno, forse nemmeno con la sua bella. A proposito... estrasse il magifonino e lo accese, venendo quasi accecato dall'alta luminosità che, però, provvide subito a diminuire. Entrò su whatsapp ed aprì la chat della biondina, premendo sul piccolo microfono verde. Freeman, domani andiamo insieme a lezione? Abbiamo Difesa alla prima ora e so quanto ti intimorisca Ensor. Ridacchiò e lasciò andare il tasto, inviando quindi il vocale. Sorrise. Non pensavo che questa scuola schifosa tra stupidi ragazzini, prof incompetenti e pazzi mentecatti, riuscisse a riservare anche qualche bella sorpresa. Si lasciò sfuggire a voce alta, iniziando a lanciare in aria e riprendere al volo il proprio magifonino, annoiato, mentre continuava a percorrere la strada che lo divideva dal suo letto.CODICE ROLE © dominionpf. -
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.Cameron CohenCameron non si aspettava sorprese quella sera. Aveva passato del tempo con la sua ragazza ed era stato stranamente sereno; ora non gli restava che strisciare silenziosamente nel suo dormitorio e mettersi a letto, attendendo che gli incubi tornassero a minacciare il suo sonno e che, quindi, glielo impedissero, facendogli passare un'altra nottata sveglio a guardare qualche film su netflix, ascoltare musica o semplicemente rivivendo le immagini, ancora vivide, di quella notte da incubo. Ogni volta che chiudeva gli occhi, gli appariva davanti il volto esangue della sorella, gli occhi spalancati a fissare il cielo senza poterlo vedere. No, non lo avrebbe rivisto mai più, la bocca aperta in un urlo muto, un ghigno deforme che gli faceva accapponare la pelle. Cercò ancora una volta di non pensarci, di figurarsi tutti i momenti felici con la tanto allegra ragazzina.
Il suo intento di essere silenzioso come un'ombra, comunque, non riuscì molto bene, visto che mandò un messaggio vocale a Mia senza troppo preoccuparsi di eventuali prefetti o docenti in agguato, decidendo bene anche di denigrare la scuola ed anche tutta la gerarchia che risiedeva al suo interno, ma una cosa non aveva considerato. Non tutti i prefetti erano permissivi -con lui- come la Clarke o scemi come Foster. No, non aveva valutato la presenza di una vera piaga: Jesse qualcosa Lightqualcosaltro. Lo detestava, era sempre in mezzo a sfoggiare la sua stupida spilla che gli conferiva un potere immeritato, o da solo o con quell'altro amico più idiota di lui, Blake-idiota-Barnes, il suo parabatai Erik-sottoeffettodiacidi-Foster o con il suo ragazzo talmente adorabile che difficilmente la sua testa riusciva a produrre qualche insulto senza sentirsi mortalmente in colpa, sebbene non lo avrebbe mai ammesso a voce alta. Al suo orecchio arrivò prima la voce, chiara e nitida, solo in seguito poté distinguerne la sgradevole figura. Per carità, era bello ed un pensierino ce lo avrebbe pure fatto, ma era talmente fastidioso da cancellare qualsiasi altro intento dalla sua mente. Dimenticavo una menzione speciale per quelli che si credono prefetti solo perché indossano un'insulsa spilla. Scusami, non volevo ti sentissi escluso, Jessy-Jessy! Sbottò roteando gli occhi al cielo, usando un tono palesemente canzonatorio ed infastidito dal fatto di essere stato interrotto mentre tornava in dormitorio. Estrasse dalla tasca un pacchetto di sigarette e ne portò una alle labbra, sebbene non la accese subito. Vuoi? Domandò, allungando il pacchetto in sua direzione, ben conscio che non avrebbe mai accettato, troppo ligio al suo dovere. Sicuramente nemmeno fumava. Felice di constatare che mi ricordi così tanto da sapere come sono realmente. La sua voce era atona, quasi spenta e priva di qualsiasi inclinazione particolare. Stavo tornando nel dormitorio, okay? Tu invece? Torni da una seratina d'amore con... come si chiama... Adidas? No aspetta il nome non era proprio quello... oh, ma che m'importa. Basta che mi lasci in pace. Si strinse nelle spalle, decidendo finalmente di accendere quella stecchetta bianca ed arancione che sicuramente lo avrebbe rilassato in una serata che da buona, stava scendendo rapidamente ad un livello che mai avrebbe voluto riscoprire, non quella sera.CODICE ROLE © dominionpf. -
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.Cameron CohenPoche persone ricevevano odio incondizionato da Cameron come succedeva con Jesse. Non capiva nemmeno il motivo di tutto ciò, era quasi una sensazione. A pelle, la prima volta che lo aveva visto sfoggiare il suo inutile distintivo, aveva iniziato a detestarlo. Non che fosse difficile star sul cazzo a qualcuno come Cameron, chiaro, ma mai ai livelli di Lighthouse. Nemmeno Barnes ed i suoi commenti sulla sua situazione economica la sera dell'ultimo dell'anno, lo avevano infastidito tanto quanto la sola presenza di Jesse.
Lasciò che l'altro avanzasse senza indietreggiare in un millimetro, per nulla preoccupato, sebbene forse la sua prestanza fisica fosse minore -seppur presente- di quella dell'aspirante marine. Sto benissimo iniziò, scrutando l'altro dall'alto in basso, fermando le iridi nocciola sulla spilla per qualche istante, oggetto che falsamente sembrava al centro di quella faida iniziata ben prima che il black opal prendesse il vizio di sventolargliela -metaforicamente parlando- in faccia. Grazie per avermelo ricordato, stavo quasi dimenticandomi della tua esistenza tra le persone con un briciolo di potere di questa scuola. Fece spallucce, già scocciato di quella conversazione che non gli dava modo di tornare ai suoi incubi tanto amati (inserire ironia qui) trattenendolo in quel corridoio dalle pareti trasfigurate che in quel momento stavano dando un'immagine tutta diversa, rispetto a come lui si sentiva dentro.
Annuì al suo rifiuto e mise il pacchetto di sigarette in tasca. Nemmeno lui fumava, generalmente, ma usava le sigarette per scaricare tutto lo stress accumulato e quella era decisamente un'occasione propizia, altrimenti sarebbero finiti a botte un'altra volta. Inarcò un sopracciglio, rigirandosi la sigaretta, ancora accesa, tra le dita. Della cenere cadde sul tappeto rosso che percorreva tutto il corridoio. Questa? No, oggi niente canne. È una normalissima sigaretta e se ho provato a dimenticare il tuo essere prefetto, un motivo ci sarà. Non credi? Indicò con il mento la spilla del biondino. Forse qualche lesione permanente mi farebbe davvero dimenticare di te. Vuoi replicare il nostro ultimo incontro? Chiese senza una particolare inflessione nel proprio tono, non considerando che l'incontro a cui si riferiva, era avvenuto praticamente un anno esatto prima e purtroppo si erano visti molte volte, ignorandosi per la maggior parte; avevano fatto a gavettoni stregati alla cerimonia di fine anno, avevano condiviso un'esperienza mistica a quella di inizio. Ricambiò anche quel sorrisetto fastidioso che non aveva proprio niente di gentile, accompagnandolo ad un pesante sospiro.
Non scaldarti tanto, Jessy. Disse, storpiando nuovamente il suo nome e scuotendo la testa. Adidas, Adam o Adamas... che differenza fa? Sicuramente non vale la pena di ricordarsi di lui, sarà certamente uno sfigato a stare con uno come te. Incrociò le braccia al petto, sentendosi quasi -ho detto quasi- in colpa per parlare male di quel ragazzo. Okay e perché sei ancora- stava dicendo, prima che l'altro sfoderasse il suo potere da due soldi per togliergli dei punti di cui, comunque, non gliene fregava proprio un accidente. Ricambiò il suo sguardo con lo stesso malcelato odio, cercando qualcosa da dire per commentare. Ma proprio non trovava nulla da aggiungere, se non un'alzata di occhi al cielo. Se pensi che me ne freghi qualcosa... decise infine di dire, prima che una poderosa spallata lo colpisse. Il colpo lo fece lievemente girare nella direzione nella quale Jesse se ne stava andando, dopodiché lui roteò completamente il corpo, guardandolo con un misto di pena e disprezzo.
Lilith non ha nessun potere su di me, prefetta o meno. Asserì, nonostante avessero passato diverso tempo insieme ed avesse scoperto che non era poi così noiosa come credeva. Quando nominò Howard, si avvicinò per accostarsi a lui, sfoderando un sorriso a trentadue denti. So esattamente come zittirlo, in caso parli più del necessario. Era una chiarissima allusione che, si augurava, l'altro avrebbe capito. Non mi interessa affatto come ci si dovrebbe comportare. Ma forse dovresti impararlo un po' tu, dal momento che io me ne stavo semplicemente tornando in camera, mentre tu hai ben pensato di abusare del tuo potere. Fece una pausa, posandosi di spalle contro il muro. Stavo semplicemente tornando dopo un incontro con Mia, mi dispiace se ho sforato il coprifuoco di ben cinque minuti. In realtà non sapeva da quanto tempo fossero passate le dieci di sera, ma era certo che non fosse passato poi così tanto tempo. In quella posizione, uno spiffero sul collo lo infastidì e si allontanò dal muro, avvicinandosi ancora un po' all'altro. Abbiamo finito? Parlare con te mi ha fatto venire fame... o mi toglierai punti anche se provo a saccheggiare la cucina?CODICE ROLE © dominionpf. -
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.Cameron CohenGli occhi nocciola di Cam rimasero fissi in quelli chiari di lui per tutto il tempo, mentre blaterava cose insensate. Non che in quella scuola ci fosse molta gente a stargli simpatica, anzi praticamente nessuno, però c'era una differenza abissale con Jesse, che probabilmente si era attirato il suo odio sin dal primo giorno. Ma la vera domanda era: perché tanto astio? Ognuno dei due ragazzi avrebbe potuto continuare a farsi gli affari propri ed avrebbero vissuto felicemente per tutti gli anni che separavano i due dai GEMMA, non erano nemmeno della stessa casata. Ma capiva bene che, per un motivo o per l'altro, era divenuto inevitabile incontrarsi, per quanto il castano avrebbe fatto volentieri a meno di vederlo vagare per la scuola con quell'aria di superiorità -o almeno così la interpretava lui- e con quella maledetta spilla luccicante al petto.
Lo guardò, inarcando un sopracciglio. Sei un po' troppo grande per pensare ancora ai pokemon. Nella sua mente, si era formata l'immagine di un Blastoise con la faccia di Jesse Aiuola Lighthouse.
Si potrebbe pensare che la conversazione non potesse cadere più in basso di così, ma cadreste in un grosso errore di valutazione. Imitò inconsapevolmente il ragazzo, incrociando le braccia al petto e guardandolo con un cipiglio infastidito, prima che la diga Lighthouse iniziasse a creparsi per lasciar fuoriuscire tutta l'acqua che fino a quel momento era stata trattenuta.
Mise le mani avanti a sé, quasi a voler creare un muro immaginario che separasse lui dall'Opale, mentre lo osservava sprezzante, facendosi scivolare addosso le sue parole, almeno fino a quel momento. Sì e allora? Non me ne frega un cazzo di chi siano i miei compagni. Non mi ricorderei delle loro facce da cazzo nemmeno se stessero con me in dormitorio. La sua voce era apparentemente calma, anche se i suoi occhi erano fiammeggianti e pronti allo scontro con il tanto odiato rivale. Ignorò momentaneamente le offese, poiché erano cose che gli venivano ripetute più o meno tutti i giorni e che gli venivano ripetute persino da suo padre, come se da un giorno all'altro gli fosse scattato chissà che interruttore in testa.
Lo vide diventare rosso e perseverare con quel suo ghigno idiota, forse fottendosene di ciò che Cameron gli stava dicendo. Non poteva biasimarlo, comunque, dal momento che i sentimenti erano perfettamente ricambiati. Ah, davvero? Scusami allora. Il tono del giovane dioptase si era abbassato e sembrava addirittura che fosse davvero dispiaciuto, salvo poi tornare a guardarlo dall'alto in basso. Un sorrisetto ironico comparse sulle labbra di lui, facendo chiaramente intendere che non si stesse realmente scusando. Stai lontano da lui e dalla sua bocca lo scimmiottò, sarcastico. Non dirmi che ti fai anche lui asserì in una domanda-affermazione che non aveva un reale bisogno di risposte.
Solo quando nominò Mia, il ragazzetto davanti a lui parve esplodere come un vulcano in eruzione (o erezione?) e Cameron proprio non ne capiva il motivo. Manco gli avesse detto che stesse flirtando con Adidas. Man mano che parlava, comunque, ora che di mezzo c'era anche Mia, le sue parole parvero colpirlo come tanti piccoli pugnali, al punto da farlo indietreggiare di qualche passo come se l'altro avesse davvero usato un'arma su di lui. Non mi interessa cosa dici di me. Puoi darmi dello sfigato, dello stupido, del coglione. Quello che ti pare, tanto per me vali meno della tavoletta del cesso. Annunciò, riciclando parzialmente una frase detta da questa narratrice, pochi giorni prima. Ma non osare parlare di Mia in questi termini. Io non so quale complesso del cazzo tu abbia e nemmeno mi interessa, non sono tuo padre, un tuo amico né tantomeno il tuo fottuto psicologo, ma vedi di fartela passare o lo faccio io a suon di calci in culo, se osi un'altra volta parlare di lei come se fosse una banalissima... puttana. L'ultima parola fu detta con cautela, quasi come un bambino che chiede a sua madre il significato del termine "prostituta".
Le falangi si strinsero attorno alla bacchetta che portava infilata nella tasca del pantalone, aumentando la presa ogni secondo che passava, gli occhi che, se solo avessero potuto, avrebbero fulminato Jesse con lo sguardo.
Hai finito di dare aria a quella fogna del cazzo? E nel dirlo, estrasse la bacchetta. Solo perché nella tua vita non fai altro che prenderlo in culo -letteralmente- dai tuoi morbosi amichetti e da quel... fece una piccola pausa, puntando la bacchetta alla sua gola a mo' di lama. ...mulatto del cazzo come la checca che sei e che quindi non sappia importi come dovresti, tirando fuori le palle ogni tanto, non significa che tu debba venire a rompere i coglioni a me, vomitandomi addosso odio e, più importante, parlando in questi termini della Freeman. Hai tanta voglia di cagare il cazzo a me? Benissimo, ma bada a come parli. Avrebbe realmente usato la bacchetta contro di lui? Non ne era sicurissimo, tuttavia se si fosse reso necessario, lo avrebbe fatto. Sospettava che l'altro avrebbe potuto avere facilmente la meglio anche per il suo essere più grande -scolasticamente, più che anagraficamente- e quindi per la sua maggiore conoscenza di incantesimi, ma non si sarebbe comunque tirato indietro.
Meglio perdermi che trovarmi, dici? Okay, e allora che stracazzo ci fai ancora qui, me lo dici? Nessuno ti obbliga a parlare con me. Non siamo amici, nessuno dei tuoi amici è amico tuo, quindi non minaccio il tuo territorio. Dunque. Hai intenzione di lasciarmi vivere in pace o continuerai a comportarti come una ragazzina in preda agli ormoni, aggredendomi ogni volta che mi vedi? O lo fai solo per attirare la mia attenzione? Ti sei innamorato? Concluse quel discorso sconclusionato (?) sorvolando su tutto il resto e non abbassando per un istante la bacchetta. Gli sarebbe bastato un movimento ed avrebbe toccato la pelle della sua gola, ma per ora si teneva quasi a distanza.CODICE ROLE © dominionpf. -
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.Cameron CohenNon riusciva a capire se fosse serio o se Jesse lo stesse prendendo in giro, tanto che lo guardò con quei suoi due occhi nocciola sgranati ed il sopracciglio inarcato, le braccia incrociate al petto. Era sul punto di chiedergli se soffrisse di ADHD o qualcosa del genere, vista la sua apparente scarsa capacità di attenzione.
Uh, figo... a me piacciono di più i pokemon di fuoco. Ma non gli aveva appena chiesto se non fosse troppo grande per i pokemon? Jesse era strano, un disagio ambulante e pieno di ovvi problemi, ma nemmeno Cameron scherzava. Scosse la testa. Concentrati. Si disse, visto che pareva parlare con Jesse come se fossero super amici, doveva tornare sulla retta via. O almeno, sulla propria retta via che di sicuro poco coincideva con quella del prefetto Opale, ma poco importava.
C'erano poche cose che facevano arrabbiare Cameron -bugia, diciamo che ce n'erano poche che gli facevano davvero perdere il controllo- ed una di quelle, era che la sua relazione venisse trattata con tale superficialità. D'accordo, non era iniziata nella maniera più normale e sana del mondo, non poteva negarlo, ma ora si erano lasciati il passato alle spalle e tutto stava proseguendo a gonfie vele, erano felici e con lei, Cameron si sentiva bene così come non si sentiva da anni. Quindi quando Jesse tirò fuori l'argomento, parlando di Mia come se fosse una che si scopava quando ne aveva voglia, lo aveva fatto realmente infuriare. Non avevano fatto sesso per mesi. Le aveva chiesto se volesse essere la sua ragazza, senza realmente chiederglielo, in agosto ed erano finiti a letto solamente durante le vacanze di Natale a casa sua, in Norvegia. Non era una botta e via, né una facile.
Ma mi prendi per il culo o sei nato stupido? Domandò in maniera abbastanza retorica, scuotendo la testa. Non tentare di rigirare la frittata con me, idiota. Sbottò, quando l'altro volle fargli credere che avesse iniziato lui a parlare di Mia come un oggetto. In effetti, conoscendo Jesse, forse manco lo aveva fatto intenzionalmente, ma tant'era.
Io non ho mai sminuito Mia e mai lo farò, pensa ai cazzi tuoi. Aggiunse, rendendosi conto di quanto non fosse del tutto corretto e quanto, all'inizio della loro conoscenza, la sminuisse eccome... ma era drasticamente cambiato, adesso non lo avrebbe fatto per nessuna ragione al mondo, anzi. Avrebbe fatto qualcosa che si avvicinava al rischiare la vita, per lei. Era forse tutto ciò che ancora aveva e che valesse la pena.
Alla fine della fiera, si ritrovò con il proprio catalizzatore puntato alla gola di Jesse, anche se per ora non la stava ancora utilizzando, né lo stava toccando. Adesso si becca un Flipendo in faccia... meditò così i suoi piani malvagi, ad un secondo dal pronunciare quella formula a voce alta, solo che c'era qualcosa -o meglio, qualcuno- che lo bloccava da quel proposito. Non erano i professori con la loro minaccia di togliergli punti, né i prefetti con la stessa promessa, quanto più quella biondina ed il suo sguardo deluso che pendeva su di lui come una spada di Damocle. Non poteva attaccare un ragazzo indifeso -circa- di notte ed in mezzo ai corridoi.
Jesse avanzò mentre Cam rimase fermo, quindi la punta della bacchetta sfiorò la sua gola, ma il dioptase ancora non fece assolutamente nulla, limitandosi ad osservarlo pieno d'odio.
Il sentimento è reciproco. Proprio per questo non rischierò di venire espulso per uno come te. Lo sguardo, sempre più schifato, fisso sugli occhi di ghiaccio di Jesse, mentre la destra si abbassava lentamente, limitandosi a puntare il petto dell'altro.
Le parole successive, comunque, lo colpirono. Da sempre pensava che forse avrebbe fatto un favore a Mia, andandosene, ma non aveva mai osato concretizzare in parole il suo pensiero. Il braccio si afflosciò lungo il fianco, lo sguardo sempre sprezzante venne distolto per un attimo.
Si beccò la spallata e la punizione senza battere ciglio, rimettendo la bacchetta in tasca. Dei punti non gliene fregava proprio un cazzo, la sua mente era ancora fossilizzata sui secondi precedenti. Quanto sei magnanimo... sussurrò, sarcastico, prima di procedere in avanti e ricambiare la spallata di prima, procedendo lungo i corridoi incantati, superandoli e sparendo dietro l'angolo. Jesse gliel'avrebbe pagata prima o poi, poco ma sicuro.CODICE ROLE © dominionpf.