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Primo ottobre | Studio di Maverick

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    Elisabeth Lynch
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    La lezione in edizione special con quelli del primo anno aveva lasciato la Lynch insoddisfatta nonostante l'alta qualità data dal professore, il suo impegno e comunque il buon voto -il migliore tra tutti- che aveva ampliato le gemme rosse in Sala Grande. Il motivo? Morrigan Dragomir Maverick l'aveva bellamente ignorata equiparandola al suo nuovo amico (?), nonché reietto di vecchia data, Cameron Cohen. Non che volesse chissà quale manifestazione da parte del docente, tanto meno un tappeto rosso per le sue uscite geniali, ma qualcosa più di una rotella di liquirizia l'avrebbe meritata senza dubbio. Ecco perché, in un pomeriggio di giovedì di ottobre, subito dopo la lezione di pozioni e aver lasciato il superfluo nella sua stanza, si trovava davanti alle due estate orsesche poste all'ingresso dell'aula di Magitecnologia. «Hjerne. Hjerte.» Salutò lasciando alle zampe di ciascun orso una fetta di torta al triplo cioccolato che aveva rimediato al banchetto di pranzo già in previsione della visita pomeridiana al docente. «Porterò a Maverick il vostro saluto.» Lo avrebbe fatto sul serio? Affatto, era ancora arrabbiata e profondamente delusa dall'uomo, anche se nutriva una profonda stima di lui come mago e come ex auror motivo per cui desiderava -incosciamente- la sua stima o almeno la sua approvazione. Superò rapida gli automi, scoccando un'occhiata verso il laboratorio per accertarsi che l'uomo non fosse al suo interno per dirigersi, infine, verso la porta che avrebbe dato accesso al suo studio. Si lisciò la giacca, sistemò il colletto della divisa -provocando il rumore dei ciondoli del bracciale che aveva creato proprio lì qualche settimana prima- e ravvivò i capelli, lasciati sciolti e morbidi sulle spalle, prima di bussare con un paio di tocchi alla porta. Solo quando e se avrebbe sentito un avanti dal docente avrebbe pronunciato la parolina magica -«Mellon.»- prima di aprire la barriera che la divideva dal docente. «Buona sera, professore. Posso disturbarla?» Avrebbe chiesto con voce ferma e sguardo serio aprendo il battente quel tanto che bastava a far emergere il suo viso e parte della spalla destra. Se l'uomo le avesse dato il lascia passare avrebbe fatto seguire la restante parte del corpo prima di chiudere la porta in argento alle sue spalle solo per finire con l'accomodarsi ad una delle poltrone poste davanti la scrivania. «Mi perdonerà il tono franco...» Accavallò le gambe decisa, mantenendo la schiena perfettamente dritta, giungendo le mani sul ventre e non sulle cosce ben coperte dalla divisa della gonna. L'intenzione era far passare l'immagine sicura di sé, ambiziosa e preparata, affamata di sapere ma anche di capire perché lei non era valsa l'attenzione dell'ex Grifondoro. «Ho forse detto qualcosa di sbagliato alla sua lezione con anche gli studenti del primo anno?» Non avrebbe abbassato affatto lo sguardo, a dimostrazione che il coraggio poteva anche albergare nell'animo di una serpe soprattutto se alimentato da settimane di arrovellamenti sul perché quel professore aveva preferito lasciar per lui un semplice Eccezionale piuttosto che spendere qualche parolina anche per lei.


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    Morrigan Maverick
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    Il proiettile di luce perforò il cranio dell'alieno e Morrigan portò alla bocca un altro pop corn. Il magitecnico era affondato nello schienale della sua poltrona mentre le gambe, incrociate l'una con l'altra, erano posate sul balcone di marmo. Gli occhi erano ben puntati sull'enorme finestra dai bordi di ferro. Per l'occasione, il docente aveva scelto di vedersi un episodio tratto dalla serie TV "Il mandaloriano".
    «Prima o poi ne costruirò una anche io» Concluse lui, soppesando mentalmente i pro e i contro di un'arma simile "Queste rune che impediscono agli abitanti del villaggio di usare la tecnologia mi stanno parecchio seccando". A cosa serviva avere un mondo in testa senza poterlo esprimere? Domande filosiche che il nostro appassionato di serie tv babbane ignorò completamente.
    Dall'altra parte della stanza, una ragazza - tanto ambiziosa quanto sveglia - era riuscita a conquistare le simpatie dei due orsi scettici che, come ricompensa, l'avevano fatta passare senza problemi. Il capo del docente si curvò verso uno dei quattro automi a forma di sfera presenti nella stanza. Sulla lucida superficie dell'oggetto era appena apparsa la figura della ragazza di cui sopra. Quando la mano di lei andò a colpire la porta, Morrigan schioccò le dita e questa si aprì.
    «Ciao» Avrebbe risposto lui, posando il cilindro ripieno di pop corn sul tavolo di marmo «Puoi farlo ma solo se mi chiami Morrigan» I titoli erano per le persone insicure prive di identità.
    La mano ruotò nell'aria indicando alla giovane opale le poltrone al di là della scrivanie. Nere come l'animo della sua casata, Liz le avrebbe potute considerare decisamente comode. Sulla sinistra di lei, nonché destra di lui, si trovava una complicata statua in ferro battuto su cui un piccolo esemplare femmina di colibrì notturno stava appollaiato come in attesa di qualcosa.
    «No» Il volto del mago era immobile. Le parole uscirono come un sussurro «O forse si. Come ti chiami? Beh, ad ogni modo credo che non me lo ricorderei. È passato parecchio tempo» Uno degli automi perse di quota arrivando alla destra di Liz con estrema lentezza «Vuoi qualcosa da bere?» Avrebbe domandato, prima di inclinare il capo nuovamente verso lo schermo. I combattimenti tra cyborg e mandaloriani erano così interessanti «Potresti ricordarmi cosa ti ha scombussulato?»

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    Elisabeth Lynch
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    Tutto si era aspettata ma non di vedere il docente con le gambe posate sulla scrivania a mangiare dei popcorn neanche fosse in uno dei cinema babbani. Che il professore fosse una persona fuori dagli schemi l'aveva capito nel corso delle sue lezioni eppure l'ex Prefetto continuava a stupirsi ogni volta. Annui alla richiesta di formalismi andando a sedersi ad una delle poltrone continuando ad osservare scettica le suole delle scarpe che forse le suggerivano che l'uomo non fosse un grande stimatore dei sedentarismo. Comunque lei lo riteneva un’atteggiamento da grandissimo maleducato con poco rispetto nei suoi confronti sebbene lui, tra le due parti, fosse in posizione di potere. Aveva così tanta voglia di allungarsi verso la scrivania e colpire le gambe per farle abbassare ma si limitò a stringere con maggiore forze le sue dita tra loro. L’opale cercò davvero di mantenere i nervi saldi e di non perdere la pazienza, ma quando il magitecnologo sembrò cadere dal pero e affermare con candore che non si ricordasse neanche il suo nome la Lynch ebbe il serio impulso di afferrare la sua bacchetta per scagliare l’anatema che uccide. «No, prima lo crucerei.» E non era proprio la volontà di ferire e torturare a permettere la buona riuscita dell’incanto? «Elisabeth, Elisabeth Lynch.» Iniziò, allontanando con un gesto della mano -senza però sfiorarlo- l'automa pronto ad offrirle qualche bevanda se lei non avesse rifiutato (cosa che fece), artigliando entrambi i braccioli della poltrona. «E pro- Morrigan se è così impegnato con il suo film posso passare un'altra volta.» Lo sguardo si era assottigliato in direzione dello schermo che sembrava catturare l'attenzione del docente come se l'avesse voluto distruggere con un laser che partiva proprio dalle sue pupille. Il tono che aveva usato era fintamente accondiscendente ma tradiva comunque la sua ira che andava alimentandosi dell'atteggiamento e dai quesiti del mago. «Guardi, lasci stare.» Si levò in piedi di scatto, ignorando bellamente l'esemplare di colibrì appollaiato sul suo trespolo ferroso e avviandosi, a passo di marcia, verso la porta d'argento. «Anzi, sa una cosa? Lei è un grandissimo maleducato. Quando si parla con qualcuno si lascia quello che si fa -soprattutto se è uno stupidissimo filmato- e si presta attenzione alla persona guardandola in faccia!» Si era voltata nuovamente in direzione di Mavercik, muovendo qualche passo nuovamente verso la scrivania. «Lei vuole apparire come un professore moderno, che cerca di mettersi sullo stesso piano degli studenti, cerca persino di ingraziarseli con delle stupidissime caramelle e per cosa? Giusto per portarsi lo stipendio a casa? Non metto in dubbio che lei abbia tantissimi studenti da non ricordarsene persino il nome...» Era ormai giunta nuovamente nei pressi del tavolo, aveva superato le poltrone scure ed ora se ne stava con entrambe le mani posate sulla superficie della scrivania, con il busto sbilanciato in avanti ed i capelli a ricaderle su una spalla. «Le consiglio una cura di fosforo, chissà magari presterebbe davvero attenzione a quanto le viene detto o quelle che le succede sotto al naso.» Gli argini erano stati ormai spezzati e la Serpeverde sembrava un vero fiume in piena, dimenticandosi che mister Morrigan fosse un docente giustificandosi del fatto che, secondo lei, il primo a dimenticarsi di esserlo era stato proprio lui.


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    Morrigan Maverick
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    Il volto del mago rimase impassibile alla pletora di toni adottata dalla Lynch. Ne respirava il disagio grazie alla sua empatia e riuscì a riconfermarlo seguendo il suo intuito. La coda dell'occhio catturò la pressione che le dita stavano esercitando una contro l'altra. Trattenere una risata fu estremamente difficile "Mi ricorda qualcuno".
    L'ex auror, se avesse potuto leggere nella mente della ragazza - o meglio, poteva ma decise di non farlo - le avrebbe potuto dare anche una risposta ben più informativa delle sue lezioni. No, non basta la volontà di ferire e torturare per permettere la buona riuscita di un incanto oscuro, serviva anche una certa abilità. L'opalina ne era in possesso? Difficile a dirsi.
    «Giusto, Elisabeth» Il mago era tornato a stuzzicarsi il pizzetto «Elisabeth» Il nome venne ripetuto una seconda volta, come a volerlo memorizzare.
    L'automa continuò nel suo tragitto dopo l'elegante rifiuto della ragazza per poi giungere ad un palmo da Morrigan «Della pepsi, grazie» Comandò il docente, mentre la sfera finì per aprirsi rivelando un piccolo bicchiere di carta con un tappo di plastica da cui spiccava una lunga cannuccia arancione «Puoi andare» La sfera fluttuò superando le spalle di Morrigan per poi fondersi con il muro alle sue spalle. Dopo qualche secondo, un automa simile uscì dalla stessa parete.
    Le labbra circondarono la cannuccia mentre un vuoto d'aria attirava il contenuto alla bocca del mago. Gli occhi ruotarono verso l'ex serpe mentre l'ex grifo ne analizzava le parole. Una ad una. Fino a quando non finì. Frrr, frrr, frrr. La cannuccia continuò ad aspirare ma non era rimasto più nulla.
    «Figlia unica, vero?» Rispose, con un timbro di voce costante «Sai cosa distingue l'auror mediocre dall'auror che risolve il caso irrisolto?» Il mignolo sinistro gli scivolò sulla fronte, per asciugarla dagli sputacchi dell'opale «Lo spezzaincantesimi mediocre da quello che ci ha permesso di scoprire le tombe dei re del passato?» Il braccio si tese e il bicchiere venne lasciato sul tavolo mentre gli occhi scivolarono ancora una volta verso lo schermo. «L'ingegnere mediocre da quello che ci ha portato sulla luna?» Le dita si intrecciarono l'uno con l'altro per poi scivolare dietro la nuca, come a volerla sorreggere.
    «Tranquilli» Continuò lui, un po' a vuoto. Sarebbe spettato alla ragazza comprendere il significato di quella parola. Era una interrogazione? No, ma ciò non voleva dire che non potesse essere divertente.

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    Il peggior difetto della Lynch era quello di avere la lingua lunga, cosa nota ai suoi pari un po' meno per quanto riguardava le autorità scolastiche. Per anni la giovane donna era riuscita ad imbrigliare i suoi pensieri diretti grazie al rigido rispetto delle regole che proveniva da una vita vissuta sul campo da Quidditch ed era riuscita a farlo fino a quel giorno, grazie anche ad una condizione psicologica più serena rispetto a quello che stava vivendo nell'ultimo periodo. Quello però non voleva essere una giustifica ai comportamenti irrazionali del suo ultimo periodo, soprattutto non lo era nel modo in cui si era rivolta a Maverick. Era un professore, sebbene l'altro non facesse nulla per ricordarle il ruolo, e pertanto avrebbe dovuto portargli rispetto. «Se solo lui l'avesse fatto con me, però.» Era piccata quella risposta interiore. Invero era stata proprio la mancanza di quello, secondo lei, a lasciar libere le sue briglie di rigidità. Probabilmente sarebbe stata classificata dall'uomo nel classico stereotipo di donna "acciclata", senza pensare minimamente che il suo atteggiamento così maleducato fosse stato scatenato proprio dalla sua attitudine.
    «Ecco bravo, stampatelo in fronte quel nome. Chissà, magari la prossima volta te lo ricordi.» Non riusciva ad accettare l'idea che lei, proprio lei, con i suoi interventi non fosse riuscita a lasciare il segno nella sua memoria. Ah, l'ambizione, che croce e delizia che era. Un po' come la croce vera e propria che ebbe la strega, dopo la sua sfuriata con tanto di sfilata di ritorno alla scrivania, nell'osservare quella maledetta pepsi che veniva bevuta lentamente dal docente. «Morgana, ora quella cannuccia gliela ficco in un occhio!» Quel pensiero inviperito sarebbe stato comunque possibile leggerglielo sul volto irritato nel sentire quello frr continuo che significava che quel bicchiere fosse ormai vuoto. La voglia di allungarsi ulteriormente e strappare il bicchiere dalla sua mano fu davvero forte. Fece quasi per attuare quella volontà quando venne spiazzata da una domanda. Domanda cui avrebbe potuto dare diverse risposte come sì, non aveva avuto la fortuna di avere un fratello od una sorella più piccoli, ma anche il no perché le sue sorelle maggiori erano state le compagne di squadra di sua madre che l'avevano trattata sempre come una piccola sorellina da proteggere, una piccola arpia da allevare a suon di mazze e bolidi. No, non avrebbe risposto a quella domanda anche perché altri furono i quesiti avanzati dal docente che addirittura arrivò ad asciugare i suoi sputacchi -andiamo un po' di saliva per quei tempi era più pericolosa di un avada kedavra- e a mettersi comodo, manco fosse una balena spiaggiata. «Deduco che lei sia stato un auror mediocre, allora.» Il tono di voce era così basso che persino lei aveva faticato ad ascoltarsi mentre si sedeva, quindi sarebbe stato impossibile per l'uomo riuscire a dare un senso a quel movimento rapido di labbra. Ritornata ad occupare la poltrona, nella stessa posizione iniziale che aveva preceduto la sua sfuriata, lo sguardo della Lynch si sarebbe comunque dimostrato fiero, forse anche un po' sprezzante. «Vuole forse rifilarmi la solita storiella sulla pazienza?» Le iridi cerulee si sarebbero allontanate dal viso e da quella posizione odiosa assunta dal docente -chissà cosa avrebbe pensato se anche lei avesse messo i suoi piedi sulla sua preziosissima scrivania- per posarle su quel colibrì che sembrava essere ancora in attesa. Probabilmente di una grazia dato il padrone che si ritrovava. «O forse che erano al momento giusto, nel posto giusto?» Scosse il capo, fortemente ironica nel tono della voce. «Di certo hanno studiato a lungo, non hanno mai mollato e hanno puntato dritto al loro obiettivo. Le cose non capitano per caso, ma si costruiscono con il duro lavoro, con la forza di volontà e l'amore per quello che si fa. La pazienza -o se preferisce, l'esser tranquilli- è solo un ulteriore tassello.» Tornò a riportare l'attenzione su di lui, lasciando gli avambracci molli sui braccioli della poltrona e le mani distese. «Importante, ma non l'unico fattore a determinare il successo nella vita, lavorativa e non.»


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    Morrigan era uno tra i migliori agenti del caos ancora operanti sulla terra. Socchiudendo le palpebre si sarebbe potuto concentrare sul suo olfatto, o sul suo udito, gli sarebbe bastato veramente poco per percepire la rabbia e la tensione che aveva generato nella Lynch. E questo poco gli sarebbe anche bastato a divertirlo.
    «Già, figlia unica» Dedusse lui, continuando a squadrare la ragazza per poi tornare a stuzzicarsi il pizzetto. Decise di non fare domande sulla sua famiglia, non perché non gliene interessasse un granché, bensì perché il video proiettato sulla finestra stava diventando noioso. Sarebbe stato più divertente cogliere le informazioni dalla stessa arpia, una alla volta, piuma dopo piuma. In quella sua mente priva di vincoli, scura come l'universo e l'infinito, quelle piume sarebbero diventate penne. Penne a cui non sarebbe mai mancato dell'inchiostro.
    "Deduce bene, non sono stato un granché come auror" Confermò lui dentro di sé, continuando ad indossare la spessa maschera dell'impassibilità. Nel corso della sua vita aveva infranto più leggi lui che i criminali che aveva catturato "Mediocre, giusto?".
    Morrigan si ricordava ben poco della passione per il quidditch della signorina Lynch, eppure su una cosa era certo. Aveva appena lasciato un fianco scoperto e il magitecnico non avrebbe esitato a girare il coltello nella piaga "Mediocre, mediocre, mediocre" Qualcuno con un'empatia e un intuito così alto poteva fare molte cose. E, se anche non se ne fosse accorto di quella frase, avrebbe compreso il peso che la Lynch stava dando a quella parola da tutto il resto.
    «La pazienza è una virtù che tutti dovrebbero avere ma non sono io il parroco che può elogiarla» La mano si allungò verso uno dei cassetti. Le dita attirarono a sé la maniglia di ferro scuro e, subito dopo, un magitablet venne estratto dal compartimento.
    Morrigan iniziò a vagare tra i migliaia di file, per poi approdare alla pagina contente i voti di quella lezioni «Ah, sei tu quel 20 che ho messo» Continuò lui, sembrando dar veramente poco peso alle parole dell'opale.
    «La volontà è alla base di tutto. Senza delle solidi fondamenta, tutto il resto cade. Se non hai un valido motivo per fare quello che farai, non lo farai mai in modo valido. Ma non è questo il punto» Tenendo ancora le gambe sul tavolino, Morrigan si portò le mani sul grembo per poi tornare a fissare Elisabeth dritto negli occhi «È proprio per la volontà che ho deciso di metterti 20. Il tuo lavoro è stato mediocre come quello di tutti gli altri» La mediocrità aveva un'accezione negativa solo se qualcuno finiva per dargliela. Elisabeth lo avrebbe fatto, Morrigan ne era certo «Il tuo lavoro non aveva nulla di meglio rispetto a quello di Mia, o a quello di Howard» Concluse lui.
    «Ma la fuori non sarà così. Il tuo impegno non farà la differenza. Ho visto i migliori auror seguire la stessa traccia per anni, finendo per mordersi la coda come il più scemo tra i cani» L'indice del mago disegnò un cerchio a mezz'aria «Dunque è arrivato qualcuno che ha pensato al di là degli schemi e ha risolto il caso» Un sorriso celato perché vantarsi di essere stato quel qualcuno lo avrebbe messo allo stesso piano dell'opalina «E questo succede tra gli spezzaincantesimi come anche tra gli scienziati.»
    Il polso eseguì un movimento circolare che avrebbe accompagnato il resto delle sue parole «Vieni qui con la tua postura composta, sfoggiando i tuoi formalismi. Sono appigli che mostrano il tuo timore verso ciò che ti circonda, lo percepisco» Gli occhi scivolarono ancora una volta sulla finestra «Sei giovane, e ciò che fai è normale. Lo fanno anche i tuoi compagni. Ma so che non vuoi restare una mediocre per il resto della tua vita. Dunque, impara a rompere gli schemi» La mano indicò le sue gambe sul tavolo «I costumi suggeriscono che io, in quanto professore, debba concentrare la mia attenzione su di te, ma i costumi non sono universali. Se vuoi il rispetto di qualcuno, meritatelo. Perché, per ora, non so cosa tu abbia fatto per meritarlo.»
    Qualche secondo di silenzio, forse per godersi gli urli della ragazzina che aveva a qualche palmo di distanza «Forse sei venuta qua perché volevi sapere come mai non ho commentato il tuo operato a lezione, giusto? La risposta è che non ne sentivo il bisogno. Percepivo la sicurezza nel tuo tono e il potenziale nei tuoi occhi, ma non sprecare tutto questo. Sei acciaio, sta a te scegliere se diventare un mediocre ornamento o una spada in grado di cambiare il mondo.»

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    Pochi erano gli argomenti spinosi per la Lynch e tra questi rientrava proprio la famiglia. Non aveva mai conosciuto il calore di una famiglia tradizionale non se si pensava a quella composta da un padre ed una madre; non aveva mai conosciuto il calore dell'amore dei nonni e men che meno la vicinanza, la complicità e la sfida di un fratello o una sorella. Lei aveva conosciuto l'affetto di un gruppo di donne dedite al duro lavoro sul campo per raggiungere le vette della fama nel mondo del Quidditch. Quindi sì, era figlia unica per quanto riguardava l'aspetto biologico, ma aveva avuto delle sorelle maggiori, alcune per brevissimo tempo ed altre divenute dei veri e propri punti di riferimento. Sentir rimarcare, nuovamente, quel concetto da parte del docente fu un duro colpo anche per chi, come lei, credeva di avere un cuore di pietra. Forse erano stati i suoi occhi a parlare per lei ma l'uomo non approfondì oltre quel discorso, graziandola di fatto da un ulteriore carica emotiva che comunque aveva caratterizzato le sue parole di fuoco. Senza mezzi termini l'aveva definito un auror mediocre, pur non sapendo nulla dei trascorsi nel corpo di polizia di intelligence magico. Secondo la sua logica se aveva scelto di diventare docente era non tanto per il prestigio che la figura comportava, quanto perché qualcosa non aveva funzionato nel suo ruolo di auror. In poche parole? Mediocre. Chissà se sarebbe stato ugualmente mediocre anche nella sua carriera di docente. Solo il tempo avrebbe potuto dar risposte. La cosa curiosa però è che sembrò che quel commento sussurrato in un tono impercettibile persino per lei venne udito comunque dal mago: che portasse qualche apparecchio acustico? Era risaputo che con gli anni qualche acciacco sarebbe emerso, ma non credeva che Maverick fosse così in là con l'età.
    Fatto era che, dopo la sfuriata, il suo elegante fondo schiena tornò ad occupare la poltrona cercando di rispondere a quegli enigmi con una ulteriore domanda: era forse la ormai obsoleta pazienza? A quel suo monologo dove cercava di premiare più la costanza e l'impegno l'uomo chiosò con una frase che di fatto fece scattare in su le sue sopracciglia. Era davvero così frustrante! Lo vide recuperare un magitablet e scorrere su qualcosa fino a tirar fuori il voto che lei aveva preso in quella lezione che aveva unito primo e secondo anno. «Morgana, ma questo ce la fa?» Sollevò lo sguardo ceruleo prima di riporlo nelle iridi scure del magitecnologo che tornò a fissarla di rimando. Uno sguardo il suo che dapprima sì sgranò salvo poi ridursi in due fessure che potevano ricordare tranquillamente due lame. Odio, odio puro per le parole che aveva appena udito. Sì, se prima aveva avuto dei dubbi quello strano essere curioso aveva avuto la capacità di udire suoni impercettibili dato che aveva usato proprio la stessa parola che aveva scelto lei per lui. «Ah, vogliamo giocare a chi ferisce di più?» Invero, tecnicamente l'uomo le aveva fatto capire di aver visto qualcosa di diverso in lei, tanto da premiarla con quel punticino in più rispetto agli altri suoi colleghi. Eppure l'opale sembrava infuriarsi per quello che stava ascoltando. Una sola cosa avrebbe voluto rompere in quel momento ed era la testa di Morrigan proprio contro lo spigolo della sua scrivania. La furia l'avrebbe mossa ma l'avrebbe davvero soddisfatta appieno? Magari solo all'inizio, dopo di che nulla sarebbe cambiato. Però sai che bello vedere le sue mani sporche del sangue di chi le aveva praticamente detto che era comune? L'ambizione era una brutta bestia da combattere: voleva essere la prima a lezione, voleva essere la miglior battitrice della storia, voleva essere un qualcuno di cui anche dopo la sua morte avrebbero ricordato il suo nome. Ma non era la fame della gloria a spingerla verso il successo quanto più l'appagamento del suo ego, essere riconosciuta per qualcosa che era interamente dovuta ad ogni fibra del suo essere, alla sua costanza, alla sua volontà, alla sua forza. «Ha ragione, io le porto rispetto non per lei ma per il ruolo che ricopre. Non ha fatto nulla per guadagnarselo l'ha solo ottenuto di rimando. Non crede, forse, che dovrebbe guadagnarsi davvero il mio, di rispetto? Anche se dubito che le importi davvero chi ha di fronte.» La rigidità dei formalismi andò a carezzare anche le sue corde vocali, donandole una voce piatta quasi indifferente così come l'aria assente che il mago avrebbe potuto riscontrare sul suo viso. Riteneva che fosse anche peggiore rispetto allo sfoggiare un'ira per lo più banale e decisamente prevedibile. Piuttosto finì con il giocherellare con i ciondoli di quel bracciale che aveva creato proprio a quella lezione incriminata. Acciaio, osso, oro e rame. Predone, Navigatrice e Ladro. Scelte tutt'altro che casuali, così come ansuz incisa per potenziare gli incanti mentali. Tutto era così logico e poco lasciato al caso. Istinto, forse, ma non casualità. E nelle ultime parole di Maverick non poté far altro che ritrovarcisi. Non per nulla quel gioiello era composto per di più da quella lega. «Perfetto, allora.» Non c'era altro da aggiungere, no? Quello per cui era venuta era stato detto ma... allora perché non riusciva a prender tutto e andarsene da lì? Forse perché il fatto di non essere stata memorabile l'aveva segnata più di quanto avesse creduto inizialmente. Lei non voleva essere un gioiello, lei voleva essere qualcuno in grado di cambiare il mondo, almeno il proprio. «Immagino che lei saprà illuminarmi su come diventare una spada, giusto Maverick?» Gli stava forse chiedendo non tanto velatamente il voler essere un mentore per lei? Probabilmente sì, ma la chiave sarebbe stata tutta nella risposta del docente.


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    Qualche saggio sosteneva che l'ambizione senza conoscenza fosse come un uccello senza ali. In quell'occasione, Morrigan avrebbe sostenuto con maggior semplicità come l'ambizione senza potere fosse come una teenager iraconda senza alcun possibilità di vincere in un confronto fisico (o magico). Il docente le avrebbe riconosciuto una lingua tagliente ma dubitava seriamente che quell'arpia potesse, in qualche modo, ferirlo.
    Fortunatamente, tra le tanti doti di Morrigan non si trovava la legimanzia e, di conseguenza, il magitecnico non si ritrovò a porsi questo problema. Non si ebbe neanche modo di rivelarle la ragione per cui aveva deciso di insegnare o perché, a suo modo, in effetti si era rivelato un auror alquanto mediocre.
    Vedere come Elisabeth reagì alle frecce che le lanciò contrò lo deluse, ma non lo diede a vedere "Qualcun altro mi sta viziando fin troppo tra arco e frecce, che ad affrontare la dea degli arcieri stia perdendo gusto a gareggiare con i meri mortali?". Sfortunatamente, la volontà è un metodo per ottenere la forza, ma le due parole non sono sinonimi.
    «Elisabeth, tu non devi portarmi rispetto. Quando mi sono presentato, ho messo in chiaro fin da subito di voler essere chiamato per nome» Gli occhi trafissero la giovane opale per meno di un secondo per poi tornare sul tablet «E allo stesso modo credo che potrei continuare a vivere senza guadagnarmi il tuo rispetto. Ma questo lo sai, per metà, anche tu» La mente del magitecnico tornò a divorare le informazioni sulla piccola arpia che gli archivi dell'accademia gli stavano offrendo.
    "Ecco perché il nome non mi era nuovo" Scoprire della madre di Lynch, e del suo ruolo centrale all'interno delle Holyhead Arpies, avvalorò la sua tesi. Ma non fu piacevole quanto scoprire che la ragazza fosse figlia unica, proprio come aveva immaginato.
    Il cellulare prese a vibrare, qualcuno stava chiamando il docente. La mano di Morrigan scivolò nella tasca per chiudere la chiamata prima ancora di vedere chi lo stesse cercando. «Però su una cosa ti sbagli» Il mago tornò a fissare la strega «In questa stanza, mi interessa sempre chi si trova al di là della scrivania».
    Morrigan l'aveva appena riposta sul piano "di tutti gli altri". La strega si sarebbe potuta offendere per questo motivo, o avrebbe potuto essere felice nel comprendere come quell'incontro le sarebbe potuto tornare utile.
    «Prima di tutto, devo chiederti perché vuoi diventare una spada. O se vuoi diventare qualcos'altro» Il mago alzò il mento e poi un sopracciglio, sforzandosi di non ridere dei tanti formalismi adottati dall'opalina «Il perché è alla base di tutto. Per quello che ti è successo nella foresta? O perché sei riuscita a farti rubare il ruolo di prefetta da una come Jessica Whitemore?» Insomma, la consorella aveva la determinazione di Silente e il rispetto delle regole di Morrigan, doveva essere stato un bello schiaffo per una legale neutrale come la Lynch «O per altro?» Il mago avrebbe riposto il magitablet sul tavolo. Dunque il braccio si sarebbe allungato e la mano avrebbe sfiorato un telecomando per spengere lo schermo «Perché in entrambi i casi, chi ti ha messo i piedi in testa non si è mai posto tutti i problemi che ti stai ponendo. Le persone continueranno a criticarti, dunque potresti anche pensare di iniziare a fare quello che vuoi. I formalismi non ti salveranno.»

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    Elisabeth Lynch
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    Elisabeth ricordava eccome la presentazione del docente nella sua prima ora di lezione nel nuovo anno. La sua persona era stata stuzzicata positivamente per l'atteggiamento con cui l'uomo si era rivolto loro, mettendosi sullo stesso piano e chiedendo di riferirsi a lui con il nome di battesimo e pochi formalismi. Quello aveva fatto guadagnare velocemente punti nella sua classifica di gradimento salvo poi perderli con il prosieguo della lezione stessa e di quelle successive. L'andamento oscillante della personalità dell'ex auror era un qualcosa che lasciava priva la Lynch di eventuali riferimenti, soprattutto nei punti dove avrebbe potuto far leva per avere il giusto riconoscimento. Per carità, l'andamento dei voti era sempre positivo ma c'era quel riconoscimento che avrebbe voluto con grande forza. Eppure, c'era qualcosa nelle parole di Maverick che non le tornavano del tutto. In primis la correlazione tra il voler essere chiamato per nome e il rispetto. «Quindi, stando alle tue parole se mi rivolgo ad una persona con il suo nome di battesimo e non con l'appellativo che il ruolo comporta, sono legittimata a non dargli rispetto?» La ragazza era fortemente scettica e il mago non avrebbe dovuto neanche sforzarsi più di tanto per riconoscere quello stato d'animo. «Il rispetto racchiude una serie di requisiti, Morrigan, non solo il fatto che tu sia un professore, quanto anche l'età, il rapportarmi con una persona che non conosco e... è alla base dei rapporti interpersonali concedere il rispetto. Sarò forse troppo etica e rigida...» Sollevò le spalle come a voler rimarcare la confusione che albergava in lei, ampliandosi alla successiva informazione datale. «Ottimo modo per manifestare l'ovvio.» Commentò asciutta ben consapevole di come della sua opinione, del suo rispetto o della sua esistenza Dragomir ci faceva ben poco. La ragazza si vide costretta a soffocare una risata sarcastica nel sentirlo avanzare come fosse interessato a chi fosse in quella stanza sempre. Non era tanto per il tutti a cui era stata equiparata quanto più all'atteggiamento borioso e menefreghista dell'altro che continuava a starsene con quei suoi maledetti piedi sulla scrivania. «Farebbe meglio a cambiare scarpe, sono pure orribili oltre ad aver calpestato numerosissime merde.» Superato il discorso finirono con il dirigersi verso qualcosa di più delicato, soprattutto per le corde già tese nell'Opale. Non era tanto la spada in se per se ad essere presa come riferimento quanto più allo scostarsi dall'idea di essere un mero ornamento nella vita di qualcun altro. Era stata indipendente per tutta la vita e le cose non sarebbero di certo cambiate ora che si era ritrovata completamente sola, senza più alcun membro della sua famiglia naturale in vita. Non uno zio, una cugina o dei nonni. C'era solo lei e una famiglia acquisita che però prima o poi l'avrebbe lasciata sola. «Come tutti gli altri hanno già fatto.» Ecco perché non poteva permettersi di essere qualcosa di insulso e banale, di comune, aveva bisogno di creare il suo destino con le sue mani. Le reazioni si susseguirono man mano che l'auror avanzava ipotesi che rivelavano quanto poco conoscesse lei ed i suoi studenti in generale se non per qualche voce di corridoio. Il tutto avrebbe significato ribattere punto per punto e non per forza nello stesso ordine che gli era stato dato dal docente. «Credimi, Morrigan, è proprio perché ho sempre fatto quello che volevo che le persone mi criticano ogni singolo giorno. Anche solo per un respiro di troppo.» Una smorfia sul viso da furetto a rimarcare quanto già lungamente avesse provato. «Ed il problema non è tanto che la Whitemore abbia avuto la spilla da Prefetta -una scelta discutibile per me- quanto più l'atteggiamento della Preside. Sicuramente saprai del mio allontanamento da gennaio da Hidenstone ed il motivo. Ti porgo una domanda? Non saresti furioso anche tu se fossi costretto a ripetere un anno non perché sia una studentessa mediocre o scarsa? Sono una discreta studentessa -e puoi vederlo dai voti in sala insegnanti- e sarei stata capace di recuperare i mesi di assenza e fare i M.A.G.O. in una seduta straordinaria per non farmi perdere un anno inutilmente. Ma no, la grandissima Victoria Burke non lo credeva equo e giusto, non credeva che le motivazioni alla base del mio allontanamento da questa scuola di merda fosse valido!» Sebbene la durezza delle parole e del tono con cui venne pronunciato la Lynch se ne stava seduta tranquilla su quella poltrona puntando i suoi occhi chiari dritti in quelli dell'uomo. «La stessa donna che ha privilegiato altri studenti per molto meno e sulla base del nulla. La stessa donna che ha permesso che quattro sue studentesse venissero rapite sotto il suo comando.» E quelle settimane non le sarebbero mai state restituite né a lei né alle altre tre studentesse che avevano vissuto il suo stesso triste destino, con picchi di crudeltà enorme per una di loro. «Della Spilla non mi interessa nulla, ormai per colpa di alcuni elementi che la sfoggiano ha perso del suo vero significato e valore.» Prese un attimo di pausa, umettandosi le labbra ed ingoiando la saliva in eccesso. «Quello che ho capito, nella mia brevissima vita, è che è importante essere fedeli a se stessi, a credere nelle proprie e sole forze e che nessuno è lì pronto a darti qualcosa. Ed io voglio andare avanti, essere riconosciuta, per i miei soli meriti. Ritieni che non sia all'altezza della sua attenzione e del suo rispetto? Bene, io continuerò a dartene ma perché questo fa stare bene me, non lei. Il mio rispetto verrà meno nel momento in cui qualcosa di irrimediabile verrà fatto o detto ed al momento ho visto solo ignoranza. Nulla a cui può essere posto rimedio.» Per fare un esempio agli occhi della Lynch la Burke non era più importante rispetto ad un verme strisciante e che avrebbe goduto nel vederla crepare male, possibilmente per mano sua; mentre Maverick era ancora in quella zona grigia, indefinita, ancora tutta da scoprire per vedere se avrebbe finito con l'essere nella cerchia della Burke o un uomo che rompeva davvero gli schemi.


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    Il petto dell'ex auror si gonfiò nell'udire le prime parole dell'ex prefetta. Doveva trattarsi sicuramente dell'ansia ma al mago parve che soffermarsi su quei discorsi fosse inutile. Forse perché non li trovava interessanti o perché la ragazza non aveva capito il concetto che c'era dietro. Congedò il tutto con un «Si» detto con estrema serietà per poi passare ad altro.
    Di fronte alla fragilità della ragazza che aveva di fronte, decise di allentare il cappio. "Credimi, Morrigan. LOL" Il capo continuò a dondolare con estrema lentezza mentre il volto rimase impassibile, anzi, forse sarebbe stato possibile leggere anche una certa serietà nell'intensità dei suoi occhi.
    "Molto bene" La motivazione che l'opalina diede non lo convinse del tutto. Tuttavia, per parlare così di Victoria ci doveva essere del vero. Le labbra si arricciarono leggermente mentre alla mente tornarono amari ricordi.
    Alla festa di laurea di Aaron Barnes c'erano più medimaghi che atomi. Eppure, solo Victoria era venuta in soccorso di Daniele. Morrigan l'aveva sempre considerata una donna di ferro, pronta a tutto per far valere i propri ideali. Eppure, sentirne la voce spezzata e vederne il volto coperto di lacrime gli aveva fatto comprendere come quella donna - la più potente maga di Hidenstone - fosse umana. "Gli umani sbagliano, possiamo solo cercare di impedirglielo" Per quanto la Linch avesse ragione, Morrigan decise di non dargliela vinta.
    La furia che il magitecnico percepiva al di là di quelle mura cerulee parlava chiaro: Elisabeth Lynch era metallo bollente che andava lavorato, raffreddarla ora l'avrebbe deformata.
    «Pensi davvero che ci saresti riuscita? Sono entrato in questa accademia introducendo nuovi argomenti e una nuova visione della magitecnica, solo per la mia prova avresti dovuto rivisitare un programma da zero» Le labbra del mago si fermarono a metà frase. «Ciò vale anche per il resto delle materie, chiaramente» Trattenersi era difficile, specialmente per qualcuno come lui. «Ora, spero che tu non abbia preso il mio ricordarti di come l'arroganza sia un fumo negli occhi come una critica personale» In quel momento, Morrigan non riuscì a non chiedersi se anche lui sarebbe entrato o meno nella lista delle persone cEe lA cRiTiCaNo OgNi SiNgOlO gIoRnO.
    «Ora, supponendo che ti fosse stato possibile recuperare tutti quei mesi d'assenza, c'è da dire che sembri essere tu dalla parte della ragione» Anche il mago alzò le spalle. La giovane strega era stata troppo vaga per dire altrimenti. «Che poi, privilegiare quale altro studente? Nel fare cosa?» Un sopracciglio sfuggì al controllo dell'insegnante e il dubbio gli avvolse il volto. «Non posso parlare sul merito del rapimento ma non era colpa di Victoria se io non ero presente. Mi sembra palese come le cose sarebbero andate diversamente, nell'evenienza. Ad ogni modo...» Il palmo ruotò verso l'alto, come a voler ricevere qualcosa da parte della Lynch. Niente di fisico, ovviamente, toccare del metallo incandescente è sempre una brutta idea «Si, molto bene. Bel discorso quello sull'ignoranza. Comunque, cosa hai intenzione di fare per fargliela pagare alla nostra amichetta dai capelli di platino?»

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    Elisabeth Lynch
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    Era indubbio che Morrigan Dragomir Maverick avesse un ego spropositato e ciò l'aveva capito in un mese scarso di lezioni, con la prova del nove in quella manciata di minuti che aveva trascorso nel suo studio.
    Alla serie di domande -retoriche, ma pur sempre domande- il docente aveva risposto con un lapidario "sì" che le aveva fatto sollevare gli occhio al soffitto e posarli un po' ovunque tranne che sull'uomo. La stanza era in ordine, un piccolo angolo di paradiso tecnologico in un castello antico quanto la vecchia bacucca che lo dirigeva, con una tenera piccola colonia di Bits davvero interessante per l'Opale che ne avrebbe voluto almeno uno. «Ma chissà se riuscirò mai a guadagnarmi la loro fiducia.» Con Rain e Mushu c'era riuscita a suon di piccole attenzioni e corruzioni con il cibo, anche se il suo gatto nero non lesinava di tanto in tanto di lasciarle dei piccoli graffi fatti più per attirare la sua attenzione che per l'eccessiva dose di coccole.
    Ma quello non era il momento di pensare ai suoi famigli o a quelli che avrebbe desiderato, quanto più cercare di capire dove l'uomo volesse andare a parare con le sue frasi apparentemente prive di senso ma che furono in grado di toccare le corde giuste della Lynch. Lynch che non voleva sembrare affatto una boriosa, gattamorta o chissà quale altro aggettivo gli altri erano soliti affibbiarle, quanto più proiettava al di fuori la consapevolezza che aveva di sé e delle sue capacità, basandole su riconoscimenti certi e non su quello che credeva o pensava di essere. «Sì, credo che ce l'avrei fatta a recuperare i programmi di tutte le materie ed affrontare i M.A.G.O. con tranquillità.» Schioccò la lingua contro il palato, cambiando l'ordine delle gambe accavallate e tenendo sempre la schiena perfettamente dritta ed aderente allo schienale della poltrona. «E quanto agli elementi nuovi apportati nel suo programma di magitecnica sarebbero stati uno sprono nell'approcciarmi alla sua materia.» Non un ghigno, non un sorrisetto o qualche lampo di furbizia, solo calma e neanche tanto apparente. «Ma questo non lo sapremo mai.» E a dimostrazione che il grande e grosso Dragomir non avesse compreso nulla arrivò dritto come un treno nella stazione del "come volevasi dimostrare" data la sua successiva espressione che fece pensare alla gallese solo una cosa: «se resto qui ancora a lungo finirò con l'essere soffocata dal suo ego».
    E poi aveva finito con l'essere un fiume in piena contro la Burke rea, secondo la Lynch, di avere delle preferenze per alcuni soggetti che ai suoi occhi non meritavano nulla. Un esempio piuttosto semplice? Jessica Veronica Whitemore. Per il solo fatto che avesse scodellato un bambino sembra degna di chissà cosa e poco ci mancava che la platinata arrivasse a leccare la terra dove si poggiavano i piedi dell'opale. «Magari sforno un pargolo anche io, chissà se così riuscirà a darmi ciò che merito.» Ovviamente quel pensiero se lo tenne per sé e lasciò cadere nel vuoto la domanda dell'ex auror, aggrappandosi all'episodio del rapimento. Lì la streghetta non riuscì a trattenersi e scoppiò in una grossa grassa risata. Dannazione, era fin troppo narcisista quell'uomo. «Certo, solo perché c'era lei al castello Theresa Van Aalter ed Ayla Holmes non sarebbero state rapite, io non avrei una bruciatura a ricordarmi per sempre quelle infinite settimane di prigionia dove ho più volte abbracciato la morte e Lilith Clarke non sarebbe stata stuprata ripetutamente.» Naga Berteg poteva anche esser tornata nel mondo dei morti -e sperava in cuor suo una volta e per sempre- ma lei e i suoi adepti avrebbero continuato a popolare i suoi incubi più oscuri. «No, anche lei sarebbe rimasto inerte, senza sapere cosa fare, senza riuscire a trovarci in quelle grotte.»
    Con i se e con i ma non si sarebbe arrivati da nessuna parte, chissà forse qualcosa sarebbe pure riuscita a cambiarla il magitecnologo ma anche lì, come per i suoi M.A.G.O., non sarebbero mai riusciti a saperlo.
    Quello che però sembrava stuzzicare la curiosità dell'uomo fu una eventuale ritorsione ai danni della Preside. Se solo fosse stata una Ametrin -o banalmente un Blake Barnes- la Lynch avrebbe puntato tutto su una morte istantanea o al più in uno scontro a duello, peccato che conosceva esattamente le sue capacità e i suoi limiti ed era ancora acerba per potersi permettere un incrocio di bacchette con la denrisiana. Se fosse stata una Dioptase avrebbe usato gran parte del suo intelletto per mettere a buon punto un piano, ben dettagliato e curato, optando per qualche strano veleno da mettere nella sua bottiglia di idromele preferita o rapirla e portarla in quella stessa grotta solo per farle sperimentare le torture che lei stessa aveva patito.
    Purtroppo però la Lynch era una Serpeverde, una Black Opal e sapeva che spendere energie in un piano o tentare di coglierla di sorpresa per usare un Avada Kedavra non sarebbero stati capaci di ridarle quanto le era stato tolto, senza dimenticare che il sollievo sarebbe durato pochissimo a differenza della messa in crisi del suo futuro e della sua libertà. «No, sarà il karma a sporcarsi le mani per me.»


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    Le aquile che temono di cadere non riescono a spiccare il volo e muoiono di fame. Sembrava che lo stesso valesse per le arpie. Per quanto l'ego di Morrigan fosse smisurato, anche quello di Elisabeth non sembrava da meno.
    «La tua volontà è forte, spero che lo sia anche la tua tenacia» Il mago accavallò le gambe, seppur continuando a tenerle rigorosamente sulla cattedra. Le dita si intrecciarono tornando sull'addome e uno sbadiglio, che venne attutito dal dorso della mano, gli scappò dalla bocca. «Invece, credo che lo sapremo. In base ai risultati che riuscirai a cogliere, intendo. Come te la cavi con l'alchimia?» Gli occhi scivolarono ancora sulla ragazza, in attesa di una risposta. Quella, tra tutte le materie, era una delle più interessanti. «Sai perché te l'ho chiesto?» Finì per domandare, per poi afferrare ancora una volta la sua bacchetta.
    «E si, credo che ce l'avrei fatta ad impedire agli adepti di Naga di sequestrarvi, molestarvi e quant'altro. Con tranquillità, ovviamente» Un sorriso di scherno gli apparve sul volto nel preciso istante in cui la lingua schioccò sul palato. La schiena si raddrizzò per qualche secondo e poi, complice la posizione coinvolta, si buttò ancora una volta contro lo schienale. «E per quanto riguarda una strega potente come Naga, sarebbe stato uno sprono nell'approcciarmi a nuove tattiche» Il mago si chiuse tra le sue stesse spalle sbuffando vistosamente «Ma questo non lo sapremo mai». La verità è che esistono delle sfide troppo grandi per i comuni mortali. Ma le uniche due persone presenti in quella stanza non avevano minimamente un ego da comune mortale.
    «E no, il karma non ti aiuterà mai a nulla. Sei tu che devi cambiare il mondo. Non fare la viziata» Sul volto di Morrigan comparve un ghigno che Elisabeth avrebbe potuto notare. Come avrebbe potuto notare alcuni simboli aritmantici disegnati dal catalizzatore seguiti poi da una formula che la strega non aveva mai udito.
    La bacchetta vomitò lingue e lingue d'elettricità investendo la teca dei bits. L'energia era stata raccolta con una precisione tale che il boato fu minimo. Poi, un chicco di riso color limone si staccò dalla teca ripercorrendo quel fiume di corrente fino al dito di Morrigan. «Sai» L'incanto si dissolse e, finalmente, la strega poté aver la conferma che sulla mano del magitecnico si trovasse un tenero bit «Perché queste creature sono più pericolose di un drago?»

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    Se c'era qualcosa di cui Elisabeth Lynch avesse davvero consapevolezza erano le sue capacità. Abituata a dover indovinare punti di forza e di debolezza sia del suo avversario che di se stessa in sella ad una scopa aveva associato quello schema mentale anche al suo rapporto con lo studio e la magia. Sapeva di avere alcune lacune in Alchimia e Magia Verde ed è per quello che batteva maggiormente sull'approfondimento di quelle materie nei tempi morti, così come sapeva di essere ad un livello discreto in Rune, Astronomia e Difesa e che, se saltava ogni tanto qualcosa, sarebbe riuscita comunque ad essere al passo con il programma. Elisabeth conosceva i suoi punti deboli, tra cui rientrava l'insicurezza quando qualcosa non le veniva detta o riconosciuta. Era per quello che si trovava in quello studio a rispondere sul perché lei si sentiva in grado di recuperare i programmi di tutte le materie per affrontare i M.A.G.O. con la presunzione di passarli. La sua determinazione era forte e stabile perché quanto si metteva in testa riusciva a portarlo a termine con una bassa percentuale di non riuscita, per cui quando sentì riferimenti alla sua tenacia la strega non riuscì a trattenere un ghigno divertito. La perseveranza l'aveva portata ad indossare per quattro anni la divisa delle serpi come battitrice, la perseveranza l'aveva condotta ad anellare buoni risultati in ben due scuole diverse, la perseveranza l'aveva resa irrimediabilmente sola e arida nei rapporti interpersonali.
    «Come nella sua materia, professore Calcò sull'ultima parola lasciando all'uomo decidere se fosse positiva o meno la sua risposta, infondo gli sarebbe bastato fare un giro in sala insegnanti a controllare i vari registri per sapere quale fosse la media e la resa dell'Opale. «Alchimia e magitecnica sono strettamente correlate. Se non ci fosse stata l'Alchimia che ha creato delle particolari leghe alchemiche per una buona trasmissione di elettricità senza scontrarsi con la magia, ad oggi saremmo ancora nell'età della pietra nel campo delle tecnologie magiche.» Il gap, rispetto a vent'anni prima, si era decisamente assottigliato ma non per questo non si poteva non parlare della presenza di alcuni campi magici che si scontravano con quelli elettromagnetici come accadeva per la gran parte dell'isola dove vivevano, con l'unica zona franca che apparteneva curiosamente alla sola Hiddenstone. Che ci fosse lo zampino di qualche collega di Black e Maverick? Molto probabile, in fondo la Burke si serviva solo delle migliori menti per i suoi tornaconti.
    E proprio sulla Preside si concentrarono le attenzioni dei due umani all'interno della stanza, con la gallese che non si era tirata indietro nell'affibiare colpe alla donna per essere stata rapita da un gruppo di pazzi che voleva riportare indietro la Berteg. Pazzi quasi quanto l'uomo che sembrava essere perfettamente convinto che con la sua sola presenza nulla di tutto ciò non si sarebbe mai verificato. «Egomaniaco! Egomaniaco su tutti i fronti!» Ed era un po' come chi era vicino al bue nel dar del cornuto all'asino, visto che anche lei, ad ego, non era di certo seconda al docente. Docente che oscillava tra l'essere inserito insieme alla Burke nella lista de "il Karma penserà a te" o se lasciarsi guidare da quell'ex auror che, seppur mediocre, ne aveva viste diverse nella sua lunga esistenza. Lunga solo per un fattore anagrafico, visto che delle volte si sentiva al pari se non superiore per quanto la vita le aveva presentato in così breve tempo.
    «Ancora con la storia della viziata? Mpfh, certo, se le fa comodo pensare questo...» Aveva appena sbuffato in faccia a Dragomir? Sì, ma lui non era Ensor che ti toglieva punti per la sola colpa di aver fatto un respiro di troppo. No, lui era il magnifico Morrigan Dragomir Maverick, l'amico degli studenti, il loro idolo e per questo non si sarebbe mai abbassato a qualche punizione per quello poiché ne sarebbe stato legittimato maggiormente quando gli aveva dato del mediocre.
    Un mediocre che però fu capace di irretire il suo sdegno con delle lingue di elettricità che avvolsero la teca della colonia dei bits. Le era sfuggita la formula ma non i simboli aritmantici che aveva usato e che contribuirono a creare un piccolo boato che portò un piccolo bit sul dito di Maverick. «Perché sono piccoli, invisibili, ne bastano pochi per mettere fuori uso una città babbana di medie dimensioni, ovviamente se posti nel punto giusto.» Lo sguardo ceruleo era tutto per quella creatura magica grande quanto un chicco di riso e del colore del suo agrume preferito. «I draghi sono il simbolo della forza, della distruzione, del fuoco, della paura... ma sono anche più facili da individuare, abbattere e soggiogare. Mentre loro... sono considerati fastidiosi, rognosi, inopportuni, qualcosa da eliminare senza comprenderne appieno la loro bellezza...» Non si era resa conto di essere scivolata col sedere fino al bordo della sedia per osservare meglio quella palla di pelo gialla con due paia di occhi -di forma diversa- e quelle zampine azzurre affilate. Sapeva che era difficile conquistare la loro fiducia. «Perché me lo ha chiesto?»


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    Il magitecnico passò la prima parte del discorso a fissare l'ex prefetta. Ancora una volta dalle sue labbra uscirono parole che facevano trasparire un'incredibile mancanza di strutturazione logica seppur supportate da buone conoscenze teoriche. La parte più noiosa fu quel su "Se Le Fa CoMoDo PeNsArE qUeStO". Morrigan ne aveva sentite tante e frasi come quelle riuscivano sempre a fargli provare conati di cringe e vomito.
    «Magari mi sbaglio» Le dita andarono a intrecciarsi tra loro per poi posarsi contro l'addome. «O magari no» Gli occhi tornarono a fissare l'opalina «Immagino che sarà il tempo a tracciare la linea che separa verità e bugia» Un sorriso sul volto e poi un «Vedremo se ad Halloween, con me presente in questo castello, ti succederà qualcosa o meno, ad esempio».
    Morrigan era fuoco, una creatura in eterno mutamento, eppure le sue parole avevano un peso. Ogni sua promessa era scolpita nella roccia perché solo della pietra un magitecnico può fidarsi.
    «Brava, questa volta hai ragione» Il denrisiano avrebbe potuto insegnarle molto altro su quelle creature. Il chaos che regnava nelle loro gerarchie le rendeva creature così pericolose. Lui stesso ci avrebbe pensato due volte prima di attaccare un drago, eppure l'idea di dover mettere a posto una New York o una Foggia in seguito ad una mega infestazione di Bits gli fece sudare freddo.
    «C'è un motivo per cui ti ho posto queste domande» A ritroso, quelle curiosità sembravano delle stelle sparse in un cielo, lontane l'una dalle altre anni luce. «Ma non te lo dirò» Eppure, anche le stelle potevano essere collegate tra loro mettendo in risalto quelle che in astronomia sono chiamate costellazioni. «Perché non sarò io a viziarti ancora» O forse perché dopo un mese di attesa il player che muoveva Morrigan se ne era completamente dimenticato «Ad ogni modo, è tardi. Puoi andare, per ogni tua domanda ho dato una risposta. Spetta a te imparare a leggere».

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