Supporto giallo-viola

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    Erik Foster | Ametrin | II anno
    Nonostante Erik Foster fosse uno dei ragazzi più solari dell'accademia da più o meno qualche settimana il suo buon umore aveva cominciato a vacillare. Restavano solo due settimane prima della Cerimonia di fine anno, dopodiché sarebbe dovuto risalire su quella stessa drakkar che lo aveva condotto lì. Non voglio abbandonare i miei amici. Non per tornare lì. Non aveva notizie dei suoi da natale e nonostante la promessa di suo padre, riguardo la quale non avrebbe più alzato alzato le mani su sua madre, faticava davvero a credergli. Poi se la prenderà anche con me. C'era già passato e oramai sapeva benissimo di non poter contare sulle parole di chi faceva un abuso di alcol e sostante stupefacenti.
    Spero solo di riuscire a studiare. Ebbene sì, come se ciò non fosse abbastanza a fine giugno avrebbe dovuto sostenere i MAGO e da essi dipendeva buona parte del suo futuro. Come avrebbe potuto abbandonare il nido senza l'ombra di una qualsiasi, anche umile, carriera? Sospirò sonoramente e alzò lo sguardo al cielo. Era limpido, poche nuvole erano all'orizzonte e il classico caldo estivo stava anticipando le calde temperature. Se non altro posso ancora godere un po' di questo paradiso. Non era chiaro se si riferisse alla sua vita a Hidenstone o la pittoresca bellezza di quel luogo. Intorno a lui c'era la pietra, il sentiero su cui stava era fatto di ciottolato e le coloratissime gemme preziose incastonate sui maestosi alberi di metallo rendevano il luogo quasi fiabesco.
    Senza indugiare si sedette su una panchina e si spogliò del pesante mantello, rimanendo unicamente con la camicia bianca adornata col cravattino della sua casata e i tipici pantaloni neri indossati praticamente da tutti gli studenti. Avrebbe potuto sfruttare quel tempo per studiare, ma come poteva farlo quando già era preda della malinconia? Poi, detestava ammetterlo, ma nonostante la media alta Erik non dedicava molto tempo allo studio, si limitava ad ascoltare durante le lezioni e forse era proprio quello il motivo per cui stava soffrendo tanto l'avvicinarsi di giugno. L'ottica di una partenza prossima attanagliava la sua mente ventiquattro ore su ventiquattro e dubitava seriamente di poter riuscire in un imprese titanica. Aveva paura, ne era cosciente, ma il massimo che poteva fare era prendersi un po' di tempo per se stesso. Devo trovare la forza.



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    Mia Freeman
     
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    Quel periodo era stato davvero particolare, le sembrava di passare da un lato all’altro dello spettro delle emozioni senza una particolare logica e si era sentita più volte impotente di fronte anche alle sue stesse reazioni a ciò che le accadeva intorno. Quel che era successo con Mark l’aveva risucchiata a tal punto che aveva un vuoto mentale di almeno un mese, nel quale non aveva idea di che cosa avesse fatto, di come il tempo avesse fatto a scorrere così velocemente, e ora si ritrovava sempre più prossima ai M.A.G.O., con la sensazione di aver perso un sacco di tempo utile nel mentre e non essersi preparata a sufficienza. Dopotutto era difficile studiare quando si avevano questioni molto più pressanti e complesse per la testa, eppure Mia non sembrava intenzione a perdonarsi per questo, anzi proprio perché le sembrava di aver posticipato fin troppo il suo studio aveva intenzione di impegnarsi il doppio per mettersi in pari.
    Aveva quindi disdetto qualsiasi possibile impegno, aveva rifiutato qualsiasi distrazione, e si era imposta di darci dentro seriamente, senza concedersi poi troppe pause. Le giornate però, suo malgrado, avevano cominciato a farsi sempre più belle, calde e soleggiate, e per quanto la sua forza di volontà fosse forte, era diventato difficile anche per lei trattenersi all’interno delle mura di Hidenstone ed evitare di mettere piede fuori. Così alla fine era venuta a patti con sé stessa e si era concessa se non altro la possibilità di studiare all’aperto a patto di non distrarsi troppo con il canto degli uccelli o qualsiasi altra persona presente. Dopotutto a lei non serviva nemmeno il silenzio profondo per studiare, le bastava essere in un ambiente tranquillo e sereno, senza alcuna pressione, e anzi spesso il silenzio vero e proprio le metteva più ansia che altro.
    Così aveva raccolto i suoi libri del giorno, si era tolta il mantello ed era andata verso il cortile di pietra, con addosso l’uniforme della propria casata, pronta ad immergersi nei propri libri. Ancora le faceva strano l’idea di aver trovato persone e cose che la interessassero quasi di più dello studio: era ancora la classica secchiona, ma non era un segreto che fosse empatica e che si preoccupasse molto più per gli altri che per sé stessa, e ultimamente quel lato di lei stava prendendo il sopravvento. Certo, ancora quando metteva piede fuori dalla sua stanza aveva la sensazione che chiunque sapesse quel che le era successo, che qualcuno la seguisse ancora con lo sguardo o bisbigliasse con il proprio compagno qualcosa sulla vicenda: in realtà non succedeva quasi mai ma la sua mente era convinta del contrario ed era spesso difficile non darle retta.
    Cercò comunque di camminare con passo sicuro, come faceva sempre, stringendo i suoi libri e quaderni al petto, una borsa di tela leggera su una spalla con dentro tutto ciò che le occorreva per scrivere, e si impose di non andare nel panico: se non altro la situazione stava gradualmente migliorando, era un buon segno no? Arrivata all’ingresso del cortile si rese conto che era affollato come temeva, la giornata soleggiata aveva convinto molti a recarsi lì per studiare sotto il calore tiepido del sole, e tutte le panchine erano del tutto occupate, fatta eccezione di una, libera per metà. Ora, le panchine erano abbastanza spaziose per ospitare comodamente più di una persona, questo era chiaro, ma Mia detestava disturbare gli altri e ancora di più se gli altri erano qualcuno come Erik Foster. L’Ametrino era diventato, ai suoi occhi, una sorta di esempio da seguire: Prefetto della Casata, era un bravissimo studente e non era raro che Mia ammirasse in silenzio le sue risposte puntuali e i suoi interventi sempre azzeccati. Il fatto che fosse anche un anno più grande contribuiva a renderlo ancora più capace, per lei, eppure irraggiungibile. Non che Mia avesse chissà quali intenzione, il suo fascino era per lo più per la sua mente e perché pensava davvero che Erik fosse intelligente e molto sveglio.
    “Ti eri ripromessa di metterti in gioco di più, ad Hidenstone. Hai superato ben di peggio.” la incoraggiò una vocina che in genere sentiva molto raramente. Era vero, in effetti, non avrebbe fatto niente di male a chiedergli se poteva occupare il lato vuoto della panchina, sarebbe stato imbarazzante ma chissà, magari la sua vicinanza l’avrebbe spronata a concentrarsi di più. E poi doveva smetterla di sentirsi così, sapeva essere molto più spigliata e aveva mostrato ben più di una volta di non tenere a freno la sua lingua, nelle giuste occasioni. Così, dopo un attimo di tentennamento iniziale, si decise ad avvicinarsi abbozzando un leggero sorriso, le guance vagamente arrossate. “Ciao…Posso sedermi? Le altre sono occupate…” domandò quindi, sentendosi decisamente idiota. E se fosse andato lì per aspettare qualcuno? Se non avesse avuto intenzione di mischiarsi con una primina? Se non avesse avuto voglia di compagnia, seppur silenziosa? Provò a mettersi un freno e non aggiungere che era lì solo per studiare e che non aveva intenzione di disturbarlo, una cosa per volta, non voleva certo fare una figura terribile di fronte a qualcuno che ammirava così tanto.

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    Erik Foster | Ametrin | II anno
    Più il tempo trascorreva e più la voglia di studiare scemava. Intorno a lui, i ragazzi seduti sulle altre panchine facevano merenda, discutevano sulla lezione odierna o si lasciavano andare a toccanti discorsi su quanto sarebbe bello scriversi durante l'estate. Anche io voglio scrivere a qualcuno durante l'estate. Si disse, stringendo le spalle e sentendosi terribilmente solo per un lungo, interminabile istante. Forse non aveva scelto il luogo più adatto per tirarsi su di morale. La fredda pietra negli scorci non adornati da mille pietre preziose sembrava privata della propria anima, persa in un perpetuo limbo in attesa di giudizio. Le voci dei ragazzi a un tratto parvero fioche e un silenzio assordante bombardava la sua mente. Il fiato divenne di colpo pesante e l'ansia tenuta finora a bada emerse all'improvviso. Il battito del cuore era accelerato, si guardò intorno come se fosse alla ricerca di una via di salvezza e poi un nuovo silenzio, più candido e meno rumoro del precedente, mise la parola fine alla sua preoccupazione.
    Mia Freeman, una studentessa appartenente alla sua casata, fece la sua comparsa e chiese al prefetto se il posto vicino a lui fosse libero. Annuì e spostò parte del mantello dietro la sua schiena in modo tale che non occupasse la metà che stava cedendo alla ragazza. Assolutamente sì, il posto è tuo. Le disse con un mesto sorriso. Non era solare come al solito, purtroppo quella non era la sua giornata, ma non per questo mise da parte la sua gentilezza. Acciderbolina, non mi ero accorto che tutte le panchine fossero occupate. Come al solito stava dando prova di aver la testa tra le nuvole o, quantomeno che qualcosa stava occupando i suoi pensieri. Ma se sei venuta qui perché cercavi un po' di pace e non vuoi essere disturbata posso anche lasciarti tutta la panchina. Dico sul serio, non mi offendo di certo. Ora sembrava già più naturale. Erik non riusciva bene a gestire la solitudine e anche accantonare o rimandare i problemi era più facile con qualcuno vicino. Se lo vuoi me ne vado davvero, ma non dir di no. Strinse appena il labbro inferiore e dalla tasca tirò fuori un pacchetto già aperto di Gelatine tutti i gusti + 1. Ne vuoi una? Non posso garantire il gusto che ne uscirà, ma mi sono ripromesso di condividere qualcosa di mio con chi si sarebbe seduto accanto a me.



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    Non sapeva che cosa aspettarsi da parte di Erik, ma aveva finito per idealizzarlo e considerarlo troppo lontano da lei per pensare di poterci davvero avere a che fare. Per lei era troppo grande, troppo intelligente, troppo…tutto per voler essere suo amico e di certo non pensava che volesse avere troppo a che fare con lei. Non aveva motivo di avercela con lei, lo sapeva bene, ma immaginava che avesse amici più grandi di lei e non pensava che avesse voglia di conoscerla.
    Non aveva idea di che cosa la sua mente avesse elaborato mentre aspettava la sua risposta, forse pensava che l’avrebbe gentilmente allontanata dicendole che la panchina era occupata –comprensibile- o che preferiva stare da solo per studiare –anche quello più che sensato. Si pentì quasi di averglielo chiesto, domandandosi se non avesse disturbato troppo, magari Erik voleva rimanere da solo e lei aveva appena mandato all’aria i suoi paini. Sapeva bene che cosa volesse dire bramare la solitudine, le era capitato spesso negli ultimi tempi, anche se aveva capito che spesso si trattava di un’arma a doppio taglio: quando era da sola aveva più tempo per pensare e non sempre questo si rivelava un vantaggio. C’erano volte, come quel giorno, in cui i suoi pensieri facevano troppo rumore persino per concentrarsi e dove sapeva che non avrebbe avuto modo di concludere granché.
    Quando le concesse il posto non poté fare a meno di aprirsi in un sorriso genuino e vagamente sorpreso, era quasi tentata da chiedergli se fosse sicuro ma si trattenne appena in tempo. Infondo non voleva fare la figura della bambina no? E non voleva nemmeno che ci ripensasse. Scosse la testa quando accennò addirittura di lasciarle la panchina e rimase ovviamente impressionata da quella proposta: lo avrebbe fatto davvero? “Ma no figurati, sei arrivato per primo ci manca solo che ti rubi anche il posto! E poi non mi dai fastidio, davvero.” spiegò sedendosi dal lato libero della panchina, cercando di occupare meno posto possibile e appoggiando a terra la sua borsa.
    Le sembrava già di aver conquistato parecchio, era orgogliosa di averci provato e se non altro era certa che Erik non sarebbe stato di alcun disturbo, sperava di essere lo stesso anche per lui. Se avesse dovuto scegliere uno qualunque dei suoi compagni come compagno di studi di certo avrebbe scelto lui, aveva la sensazione di aver parecchio da imparare ma non glielo avrebbe sicuramente chiesto ora.
    Pensava di aver già fatto abbastanza rubando il posto al suo fianco, di certo non si aspettava che il ragazzo si sarebbe prodigato in un gesto così gentile: non erano amici, avevano parlato giusto un paio di volte per caso, durante le lezioni e poi nemmeno direttamente, non aveva alcun dovere nei suoi confronti e di certo se anche non le avesse offerto niente lei non avrebbe saputo di quella sua promessa con sé stesso. Lo guardò sorpresa e inclinò la testa, sorridendo impacciata. “Che gentile, grazie… beh immagino di dover tenere le dita incrociate!” rispose contenta per poi allungarsi verso la borsa e tirare fuori un tapper con dentro dei biscotti, i suoi famosi cookies con le gocce al cioccolato –i Barnes forse avrebbero invidiato Erik in quel momento- e glieli mostrò. “Se ci va male con la caramella possiamo sempre mangiare uno di questi. Ne ho a sufficienza per entrambi, li ho fatti io… sempre se ti piacciono i biscotti al cioccolato.” offrì gentile, nonostante la sua timidezza e il fatto che le sembrasse ancora assurdo aver appena offerto dei biscotti ad Erik. La faceva sembrare troppo infantile?! Probabile.

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    Erik Foster | Ametrin | II anno
    A volte era assurdo come la percezione che gli altri avevano di te stesso non coincideva affatto con quella che ci si aspettava. Erik, per esempio, era convinto di essere visto come un giocherellone forse un po' troppo vivace e fin troppo tendente al contatto fisico. Insomma, era un ametrino e per lui le pacche sulle spalle, gli abbracci e persino lo spintonarsi scherzosamente era importante. Ok, Jesse e Blake spesso e volentieri lo chiamavano Capitan Hidenstone, ciò nonostante non aveva mai davvero creduto di poter essere un esempio per nessuno.
    Mia, invece, era diversa. Non la conosceva molto, ma era convinto come tra tutte le ragazze del primo anno spiccasse per perseveranza e determinazione. Non la sentiva parlare molto e da quando Erik era prefetto non ricordava una sola volta in cui fu richiamata. Era una studentessa estremamente diligente, rispettosa per le regole e, doveva ammetterlo, per gli ametrini era una vera manna caduta dal cielo poiché i suoi punteggi quasi sempre pieni permettevano alla sua casata di ottenere il massimo del punteggio. Forse dovrebbe aprirsi un po' di più, ma è una tipa forte. Oggigiorno i veri ribelli sono coloro che rispettano le regole. Era facile per uno studente concedersi qualche scappatoia dallo studio o, perché no, marinare una lezione di Ensor durante una piacevole giornata di primavera. Tutti potevano farlo, ma Mia si era sempre rimboccata le maniche in silenzio e come dimostrava la sua media scolastica riuscì a piazzare Freeman tra i cognomi degli studenti più brillanti del loro anno.
    Se il posto te lo lascio di mia volontà non te lo sto rubando. Rispose con un sorriso divertito, non insistendo più del dovuto. Lasciò alla ragazza lo spazio necessario per mettersi comoda e le offrì una gelatina, dopodiché lui stesso ne prese una dal colore viola brillante. Armati entrambi di gelatine, appoggiò il pacchetto sulla panchina in modo tale da permettere di prenderne altre se solo avessero voluto. Poi si accorse di aver fatto tombola: la ragazza tirò fuori un tapper pieno di biscotti con le gocce di gioccolato. Gli del moro si accesero per un istante e la bocca si aprì di scatto. La sorpresa provata era simile a quella di un magibotanico di fronte al frutto di un nuovo innesto finora mai sperimentato. Credo sia un'ottima idea. Non dico mai di no ai biscotti! Il sorriso si estese per pochi istanti, dopodiché avvicinò la gelatina che aveva in mano alla bocca. bene, allora incrocio le dita anche io. Andiamo al mio tre, va bene? Uno. Due. Tre! Inghiottì la caramella in un solo boccone e non appena i denti la morsero all'interno della bocca venne sprigionato un sapore comune e a lungo andare divenne stucchevole, ma comunque facilmente riconoscibile. Il sorriso che aveva in bocca si ritirò appena e scosse lievemente il capo. Bacca di ginepro, è fortissima! Quando mandò giù aveva la bocca praticamente anestetizzata e doveva assolutamente correre ai ripari.
    Addentò un cookie. La superficie del biscotto era croccante, ma morbido all'interno. La frolla era gustosa e le gocce di cioccolato aiutavano la massa ad acquisire dolcezza, lasciando al palato un buon sapore dopo aver mandato giù. M-mia, ma sono buonissimi! Complimenti, davvero! Era stupito, se la ragazza non gli avesse detto che li aveva fatti lei probabilmente avrebbe attribuito il merito agli elfi del castello. Non ne ho mai mangiati di così buoni. Stava esagerando? Magari un esterno ciò poté pensare, ma il moro non aveva mangiato molti cookie nella sua vita. A casa sua la situazione era molto complicata e l'unico dolce che cucinava la madre era la modesta torta che riusciva a preparare il giorno del suo compleanno. La situazione economica della famiglia poi era quella che era e solitamente il giovane ametrino spendeva ciò che guadagnava con i suoi lavoretti estivi con l'acquisto del materiale di seconda mano per l'anno scolastico e il resto veniva messo da parte nell'ottica di un possibile appuntamento con uno dei suoi amici di Hidenstone, in modo tale da non rivelare niente che in qualche modo avrebbe potuto far preoccupare chi voleva bene.
    Ehm, forse ti sembrerà inappropriato e in caso sei liberissima di rifiutare, davvero, non sei obbligata. Di cosa stava palrando? Ecco, io mi chiedevo, se sei libera e hai tempo ovviamente... Cosa? Siccome tra pochi giorni torneremo a casa. Beh, ecco. Potresti prepararmene un po' per il viaggio di ritorno?




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    Mia aveva dipinto fin dal primo istante Erik come un ragazzo diligente e responsabile, studioso e da cui prendere esempio e non si era nemmeno accorta di quanto la sua idea potesse essere frutto della sua convinzione e non rispecchiare a pieno la realtà. Non si era mai davvero chiesta se la sua idea fosse reale, non aveva cercato di capire quanto fosse sensata la sua convinzione: dopotutto cercava di combattere i pregiudizi, certo, ma non era qualcosa di negativo e non aveva mai avuto modo di appurare se la sua impressione fosse vera o meno. Per lei tanto bastava che Erik rispondesse sempre giusto e facesse domande puntuali, oltre ad essere referente per gli Ametrini, e quello era già sufficiente per erigerlo ad esempio da seguire.
    Proprio perché lo aveva dipinto come così perfetto, faticava ad immaginare di potercisi avvicinare come aveva fatto con Blake o Jessica. Mia poteva anche sembrare una persona sicura di sé, alle volte faticava a trattenersi e parlava anche di sproposito se qualcosa che vedeva non le piaceva, ma non era un tipo che rompeva facilmente il ghiaccio, non le piaceva fare il primo passo e non era brava a fare amicizia quando non aveva nulla a cui appigliarsi. Erik era amico di Blake, vero, ma non avevano mai avuto modo di dirsi qualcosa e lei si era quasi sempre sentita in soggezione, così come accadeva anche con Jesse. C’erano qualcosa nei due ragazzi che l’aveva sempre intimorita e ora che aveva Erik lì accanto le sembrava da sciocca essersi comportata così fino a quel momento.
    Era assurdo ma il ragazzo sembrava felice della sua compagnia, era disponibile e gentile e non sembrava per niente scocciato all’idea di avere una primina al suo fianco con cui dividere della caramelle. Forse lo aveva davvero giudicato male, continuava a rimanere un esempio da seguire certo ma magari lo aveva elevato troppo nella sua mente, dipingendolo come una persona superiore che non era. Beh, meglio scoprirlo tardi che mai no?!
    Si illuminò quando accettò di buon grado i suoi biscotti: aveva sempre il dubbio che potessero non piacere ma l’idea che proprio Erik volesse assaggiarli la fece sentire subito contenta. Sorrise appena, scegliendo una caramella dal colore rosa pallido nella speranza che potesse portarle buona fortuna e annuì alla sua proposta. Aspettò il “tre” e mise in bocca la caramella, strizzando gli occhi e incrociando le dita per poi morderla piano. Non appena un sapore dolce e gradevole le invase la bocca rilassò i muscoli e sorrise soddisfatta, mangiandola contenta. ” Pesca!” annunciò vittoriosa, ridacchiando per la reazione del ragazzo anche se forse non avrebbe dovuto. Si mordicchiò piano il labbro inferiore e si sbrigò a tendergli il contenitore, lasciando che prendesse uno dei biscotti.
    Si scoprì ad attendere trepidante e quasi preoccupata la sua reazione e si rilassò davvero solo quando dimostrò di apprezzare i suoi coockie. I Barnes sembravano adorarli e fino a quel momento chiunque li avesse assaggiati li apprezzava – Charles ne andava matto- ma per qualche ragione l’approvazione di Erik le gonfiò il petto d’orgoglio. “Sono felice che ti piacciano!” ammise tutta contenta e soddisfatta e quando il ragazzo le chiese di prepararne qualcuno per il suo viaggio di ritorno il cuore della ragazza minacciò di schizzarle fuori dal petto. Andiamo, il ragazzo che considerava così bravo e esemplare le aveva appena chiesto se poteva preparargli alcuni dei suoi biscotti per il ritorno a casa! Oh, non sapeva che ora probabilmente ne sarebbe stato sommerso in men che non si dica. Annuì con convinzione e forse un po’ troppo entusiasmo. “Ma certo che mi fa piacere, non è un disturbo, non preoccuparti! Te li preparo volentieri e te li faccio avere il prima possibile” annunciò entusiasta pensando già a quante teglie avrebbe potuto riempire prima che gli elfi del castello cominciassero a borbottare in modo troppo fastidioso.
    “Ogni tanto dimentico quasi che l’anno sta già per finire.” buttò lì, in vena di fare un discorso ora che era di umore così buono e si sentiva così felice.
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    In breve tempo Mia si mostrò molto più fortunata rispetto a Erik. La ragazza, infatti, aveva trovato una gelatina al gusto pesca e il moro rimase letteralmente a bocca aperta. Le pesche erano il suo frutto preferito, avrebbe adorato tantissimo quella caramella e il fato riservò a lui una particolarissima e pungente compressa al ginepro. Se non oltre non le ho guastato la bocca. Magari per molti quella poteva essere una magra consolazione, ma il licantropo si sentiva più a suo agio nel mangiare lui stesso una cosa del genere piuttosto che averla offerta a una persona con cui ancora non aveva molta confidenza.
    L'altra faccia della medaglia furono i biscotti, davvero deliziosi. Ne assaporò il gusto e la consistenza, ma la vera ciliegina sulla torta fu la reazione di Mia di fronte agli apprezzamenti del suo prefetto. Erik era sempre felice di veder sorridere le persone che lo circondavano, specialmente se bastava così poco per migliorare il loro umore. Dico davvero, non sto scherzando, mi hai sorpreso. Rimarcò nuovamente il talento della ragazza, trovando successivamente la forza e il coraggio per chiederle se potesse prepararne un po' appositamente per lui.
    La reazione più probabile era un grande no, insomma chi aveva voglia di star davanti a un forno per preparare biscotti con l'estate alle porte? Certo, poi c'erano tutti quei sì dovuto più ai dogmi della buona educazione che a una reale volontà nell'eseguire un favore richiesto. Il sì di Mia era però diverso. Nei suoi occhi, nel suo sguardo riusciva a captarne l'entusiasmo che contagiò la bocca di Erik, donandole una paralisi facciale che gli impediva di smettere di sorridere.
    Purtroppo sì, l'anno sta per finire. Tornò a bomba sul discorso con un tono decisamente più malinconico rispetto a quello avuto finora. In questi casi salutare non è il mio forte, mi sento sempre un po' a disagio nel farmi vedere triste. Chiuse gli occhi, dopodiché scosse rapidamente la testa. Ti sembrerà stupido, ma, ti giuro, più volte ho pensato di fermare il tempo, rapire tutti i miei amici e trascorrere tutti insieme le vacanze estive. Scoppiò a ridere dopo averlo, ben conscio dell'impossibilità della cosa.
    Questo è il tuo primo anno a Hidenstone, ti è sembrato molto diversa la vita qui rispetto a Hogwarts? Le due scuole offrivano esperienze molto simili, tuttavia forse a causa della maturità o dell'approfondimento delle varie branche della magia tutto a Erik sembrava come filtrato da una lente meno opaca, ma più spessa. Le emozioni che viveva all'interno del castello erano amplificate e i traguardi personali, gli apprezzamenti dei docenti e le amicizie giocavano una parte ben maggiore rispetto a Hogwarts. Poi sono certo che per i G.U.F.O. non ero agitato come lo sono ora.


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    Non pensava di certo che Erik avrebbe apprezzato così tanto la sua cucina, e anche se molti prima di lui avevano risposto con entusiasmo ai suoi biscotti la sua approvazione sembrava aver suscitato in lei ancora più gioia. Aveva passato tutto l’anno a vedere Erik come una persona quasi irraggiungibile, qualcuno che non l’avrebbe mai degnata nemmeno di uno sguardo, e sapere che apprezzava la sua cucina, e che addirittura avrebbe voluto mangiare quei biscotti ancora la rendeva entusiasta. Il ragazzo non sapeva in che cosa si fosse appena infilato, ma tutto sommato morire di glicemia non era nemmeno una morte così terribile…! Mia, d’altro canto, si sentì subito molto più sollevata, l’idea che lui avesse trovato i suoi biscotti così buoni le fece pensare che forse, tutto sommato, lo aveva idealizzato molto più del necessario.
    Rimaneva sicuramente un punto di riferimento per lei, un ragazzo dalla mente arguta e brillante che avrebbe continuato a stimare, ma ora era un po’ più umano di prima, e le sembrava anche più facile parlare con lui. Quando poi sfoderò quel tono malinconico e quella frase sul fatto che l’anno stesse per finire lo umanizzò del tutto, cominciando a vederlo come un suo coetaneo e non come il ragazzo grande-e-perfetto che si era immaginata. Era chiaro che fosse triste, per qualche ragione, e non sembrava trattarsi di semplice tristezza, era un sentimento ben più profondo. Mia, che di empatia ne aveva da vendere, non mancò di sentirsi dispiaciuta per lui nel vederlo così malinconico, tutto d’un tratto, e non riuscì a evitare di chiedersi se non ci fosse un motivo per quel sentimento.
    Forse non aveva voglia di tornare a casa, sapeva che non tutti avevano qualcuno da cui tornare o un posto accogliente al di fuori di Hidenstone, e con il proprio passato poteva anche capire più che bene che cosa volesse dire non avere una vera e propria casa –nel senso piacevole e confortante del termine- in cui rientrare. Per anni la villa Nott per lei era stata più un dispiacere che altro, aldilà del fratello e della madre –comunque troppo impegnata a lavorare- non c’era nessuno che la volesse là dentro e ogni volta lasciare Hogwarts non era mai piacevole. La Scuola di Magia e Stregoneria inglese non era stato il suo posto preferito nel mondo, ma era comunque meglio che tornare da Mr. e Mrs. Nott e dalle loro minacce.
    Avrebbe voluto abbracciarlo, in quel momento, ma si limitò a guardarlo con occhi dispiaciuti. “Ti posso capire sai? Anche io alle volte vorrei fermare il tempo e impedire che scorra così in fretta, penso di non essere troppo brava con gli “arrivederci” nemmeno io…” ammise, sperando che quella confessione lo facesse sentire almeno compreso. “Però…tu vivi a Londra? Potremmo vederci qualche volta!” propose senza pensarci e dannazione lo aveva detto davvero?! Si vergognò quasi subito per quella proposta sciocca, infondo perché avrebbe dovuto accettare? Sicuramente avrebbe voluto rivedere ben altri amici e dubitava di poter alleviare la sua tristezza in qualche modo invitandolo ad uscire. Si trattenne dallo schiaffarsi una mano sulla fronte e provò a non arrossire troppo.
    La sua domanda la sorprese, in un certo senso, forse perché continuava suo malgrado a dipingersi Erik come più grande e disinteressato rispetto a quello che lei avrebbe potuto vivere. Sorrise appena, prendendosi qualche istante per soppesare per bene la risposta. “Sì, direi di sì. Hogwarts è stato…strano, mi sento bene qui, ho incontrato persone fantastiche, forse sono anche cresciuta io e l’esperienza è stata diversa per questo.” cercò di spiegare. Immaginava che anche Erik avesse saputo della storia di Mark, anche se lei non gliene aveva ovviamente parlato era difficile non sapere niente di un alunno sospeso e nonostante quello a Hogwarts si era sempre sentita molto più in pericolo, forse perché non le sembrava che ci fosse qualcuno disposto a proteggerla come avevano fatto Blake e Jessica.
    “E tu invece? Sei al secondo anno, quindi forse hai anche una visione più completa della mia.” domandò di rimando, con dolcezza.

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