Moment of peace

Mia&Cameron

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    Non avrebbe voluto davvero presentarsi, e si era rimproverata per tutta la giornata per aver accettato quell’invito. Aveva evitato Cameron per un intero mese, che cosa l’aveva portata ad accettare quella proposta? Avrebbe potuto ignorarlo come le altre volte, fare finta di niente oppure rispondergli male e cercare di dissuaderlo una volta per tutte. Non era un tipo che portava rancore, quella situazione la feriva fin troppo, non era per niente felice tenere le distanze da qualcuno a cui si era irrimediabilmente affezionava.
    Non si era nemmeno accorta di quel che le stava succedendo, era sicura che l’amore e le relazioni non facessero per lei, dopo quel che era successo con Mark aveva paura di lasciarsi andare con chiunque eppure Cam le era entrato sotto pelle e lei non aveva fatto in tempo nemmeno a fare qualcosa per impedirselo. Cameron era…esattamente la persona che non avrebbe dovuto nemmeno avvicinarsi a lei, era il classico cattivo ragazzo che attirava quelle che non avevano idea di che cosa riservasse una persona simile. Lei aveva già avuto la sua esperienza personale con un soggetto del genere, sapeva che cosa volesse dire lasciarsi andare con la persona sbagliata e Cameron e Mark erano amici, il suo passato non le aveva insegnato proprio nulla?!
    Evidentemente no. Avrebbe dovuto tenersi a distanza da quel ragazzo, e invece aveva finito per lasciarsi coinvolgere così tanto che quando aveva scoperto la verità, quello l’aveva ferita più di ogni altra cosa. Era un periodo difficile a prescindere, un segreto che si portava dietro da anni era stato svelato e lei stava cercando di gestire le conseguenze, sapere che Cameron si era avvicinato a lei per una scommessa con il suo migliore amico. Era chiaro che Mark stesse influenzando tutta la sua esistenza, stava rovinando ogni cosa, e aveva finito per rovinare anche il suo rapporto con Cam.
    Si sentiva male, in un certo senso era come se l’avesse tradita, lei si era affidata a lui e lui aveva rovinato tutto. Non aveva negato l’evidenza, come avrebbe potuto farlo? Era palese ormai che quella fosse la verità, Mark era stronzo ma purtroppo non era un bugiardo, anche se Mia lo avrebbe voluto in quel momento: aveva sempre dimostrato di dire esattamente quel che pensava nei momenti peggiori. Così aveva finito per sapere che era tutto un gioco tra i due, e aveva smesso di riuscire a guardare Cameron negli occhi come faceva prima. L’aveva ferita, era ovvio, si era sentita una sciocca per aver creduto che uno come lui potesse davvero interessarsi a lei, quando era palese che non fosse così. Come aveva potuto crederci? Cam aveva sempre detto che lei non era il suo tipo, era palese che non si trattasse di altro che uno sciocco passatempo. Si era addirittura illusa che potesse importargli davvero, dopo quel che era successo nella Stanza delle Necessità era sicura che il loro rapporto in quel momento si fosse evoluto, e invece era stata tutta una gigantesca bugia.
    Eppure Cameron non aveva mai smesso di insistere, aveva continuato a chiederle di rivedersi e aveva provato a parlare ben più di una volta, eppure Mia lo aveva stoicamente evitato ogni volta. Non sapeva nemmeno per quale ragione durante la lezione avesse accettato, era stanca di evitarlo ad ogni istante, voleva che la smettesse di perseguitarla e vederlo un’ultima volta le sembrava l’unica soluzione possibile. In quel momento non aveva voglia di provare a vedere se la sua teoria era corretta, in quel preciso istante non aveva nemmeno voglia di uscire dalla sua stanza ma si obbligò a presentarsi lo stesso.
    Trovava il posto in realtà indifferente, in quel momento voleva solo tornare sui suoi passi ed era difficile per lei sentirsi a suo agio quando sapeva che in quel momento si stava denudando, ancora una volta. Non letteralmente, certo, ma stava mostrando quanto tenesse a quel rapporto perché altrimenti non si sarebbe mai presentata lì. Ancora una volta gli stava dando tutto il potere, ancora una volta stava ammettendo quanto tenesse al loro legame e faceva male anche solo pensarci. Si era trascinata fuori dalla stanza ed era arrivata all’Osservatorio cercando di obbligarsi a non inventare una scusa e andarsene, ormai era lì tanto valeva andare fino infondo. Non era nemmeno sicura di sapere che cosa Cameron volesse dirle, era sempre stata a favore delle seconde possibilità ed era la prima a pensare che tutti meritassero di potersi scusare, ma in quel caso non riusciva a rimanere fedele ai proprio valori fino infondo.
    Si era anche impegnata per vestirsi in modo decente pur senza sembrare troppo ordinata: la sua idea era quella di far trasparire anche dal suo modo di fare che non era lì perché ci teneva così tanto, anche se era una bugia. Non si sarebbe mai sforzata in caso non lo avesse ritenuto degno delle sue attenzioni, eppure in quel momento non era pronta ad ammettere quello che provava. Tutto ciò che stava succedendo tra loro era troppo: troppo intenso, troppo nuovo, troppo travolgente, e lei aveva davvero paura di quel che sarebbe successo di lì in avanti. Aveva detto a Cameron che doveva promettere di lasciarla in pace ma lui lo avrebbe fatto? Quello avrebbe davvero risolto tutti i suoi problemi? Non ne era certa.
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    Edited by Freckles‚ - 20/4/2020, 21:41
     
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    Idiota. Era questo che si era ripetuto per un mese interno fin dal pomeriggio nel quale aveva massacrato Mark di botte. Era stato un vero coglione a fare quella stupida scommessa e Mia non se lo meritava affatto. E per tutto il mese che era seguito, aveva assiduamente provato a parlarle senza alcun reale successo; lo evitava come la peste e Cameron non poteva biasimarla proprio per niente. Era stata tutta colpa sua, era stato lui a cacciarsi in quella situazione e a far soffrire una delle uniche persone che gli era stata vicina davvero in tutti quei mesi, sebbene il loro rapporto fosse stato costellato di alti e bassi. Ma era lei che quella notte lo aveva tranquillizzato, che aveva provato a curargli le ferite e che lo aveva portato dentro la Stanza delle Necessità, figurandosi un ambiente sereno e accogliente.
    In quel momento Cameron era seduto nel suo letto con gli occhi puntati verso quello che era stato di Mark. Sì, era, poiché i professori non avevano esitato ad espellerlo una volta venuti a conoscenza della verità. E meno male. Cameron non voleva avere a che fare con lui mai più, anche se abitavano vicini e quindi non avrebbe potuto evitarlo per sempre, d'estate. E avrebbe anche dovuto spiegare a sua madre perché lui e il caro Mark non erano più amici. Strinse i pugni, spostando le iridi nocciola dal letto dell'ex migliore amico, alla foto di Arya che custodiva dentro un cassetto e che aveva tirato fuori poco prima. Cosa devo fare? le chiese, come se potesse realmente rispondergli. Cam, quel giorno a lezione di Divinazione, aveva inviato un messaggio a Mia chiedendole di vedersi all'Osservatorio alle 22 in punto. Ma la verità era che non avesse assolutamente idea di cosa fare o di cosa dirle! Continuò a guardare la foto, speranzoso che Arya potesse aiutarlo. Ma non sarebbe successo. Cameron, oltretutto, non era abituato ad essere messo davanti ai suoi sentimenti, ragion per cui non sapeva proprio che pesci pigliare, sapeva solamente che avrebbe dovuto fare qualcosa per rimediare a tutta quella situazione. Arya e Mia erano così simili... entrambe bellissime, sensibili e coraggiose. Quindi, cos'avrebbe voluto la sorella, se fosse stata al posto della bionda? Beh, questo lo sapeva di certo, visto che conosceva Mia meglio di quanto conoscesse se stesso. La sorella era una persona molto romantica, avrebbe dovuto optare per qualcosa di quel genere. Ma Cam non sapeva proprio parlare a voce alta dei propri sentimenti, quindi... perché non scriverle una lettera? Sì, che idea geniale! Si alzò e andò a prendere carta e penna, sedendosi alla scrivania. Ci volle diverso tempo e diversi tentativi prima che Cameron riuscisse a buttare giù qualcosa di vagamente accettabile. Poteva non sembrare minimamente, ma lui era un ragazzo molto autocritico e difficilmente gli andava bene qualcosa di ciò che faceva, ma alla fine il risultato lo soddisfò abbastanza.

    Mia,
    Non sono bravo ad esprimere i miei sentimenti e le mie emozioni, come penso avrai capito, eppure sento che devo fare qualcosa per questa carenza che ho. Ragion per cui, ho pensato di scriverti questa lettera dove, spero, riuscirò ad esprimermi il meglio possibile.
    Da dove inizio? Dalla scommessa, hai ragione. Dio, è stato lo sbaglio più grosso di tutta la mia vita. Ma devo dirti la verità, non penso sia stato uno sbaglio perché trovo sbagliate queste cose, ma è stato uno sbaglio perché le trovo sbagliate con te. Quel giorno in biblioteca e anche nelle serre, ti ho avvicinata con uno scopo ben preciso: vincere e dimostrare a Mark che avrei potuto conquistarti, farti cadere ai miei piedi. Mi sono reso conto troppo tardi dello sbaglio, poiché giorno dopo giorno ho sentito un legame con te che mi faceva paura. Ho tentato di reciderlo ma senza successo. Oh, Mia... io non sono la persona giusta da frequentare, faccio schifo e ti farei solo soffrire come ho fatto finora... ma se arriverai alla fine di questa lettera senza stracciarla o gettarla dalla torre, sappi che mi dispiace. Mi dispiace di tutto. Di essere così, di averti ingannata. Se tornassi indietro, modificherei tutto. Perdonami.


    Si morse il labbro scrivendo quest'ultima parola. Forse non era stata proprio una lettera eccellente, ma era il massimo che poteva fare. Chiuse la lettera in una busta, scrivendo "Mia" in un elegante corsivo a inchiostro verde. Dopodiché tornò al letto e vi si abbassò, tirando fuori una scatola che a sua volta conteneva un vestito. Cameron la aprì, mostrando uno stupendo vestito azzurro. L'ultimo vestito elegante indossato dalla sorella al suo primo ballo della scuola. Ed era bellissima. Conservava il vestito gelosamente, come un antico cimelio. Ma ora sapeva cosa farne. Sapeva che Arya gli avrebbe detto di darlo a Mia. Perciò ci fece un bel fiocco rosso ed infilò la lettera in modo che fosse visibile ma non scivolasse. Dopodiché lo sguardo gli cadde sulla scatola di biscotti, ormai vuota da molto tempo, che Mia gli aveva regalato per Natale. Quindi una lampadina si accese nella sua testa. Era presto e avrebbe dovuto saltare le restanti lezioni, ma per lei lo avrebbe fatto volentieri. Scese alle cucine e corruppe un elfo con uno sguardo angelico da ragazzo per bene, così ebbe a portata di mano tutti gli ingredienti per preparare degli ottimi biscotti al burro, semplici ma efficaci, dove sopra scrisse "Sorry, I'm a cliché" con una faccina che faceva l'occhiolino. Dopo che ne ebbe infornati una decisa, in attesa che si cucinassero, tornò in stanza per il resto dei preparativi. Qualche settimana prima, aveva "comprato una stella" per Mia, quindi adesso aveva un attestato di autenticità con le coordinate della stella e una mappa stellare per poterla localizzare, così come un ciondolo con scritto il nome della costellazione. Doveva dirlo, quest'idea gliel'aveva ispirata il prof Salvatore. Ma non perché glielo avesse detto esplicitamente, ma Cam segretamente era rimasto affascinato dalla materia. Glielo avrebbe mai detto? Certo che no.
    Ormai si stava facendo ora, comunque. Prese un'altra scatola e ripose dentro l'attestato con il ciondolo, una chiavetta usb dove c'era un'altra sorpresina e due biglietti per Venezia. Aveva fatto un po' di ricerche ed era risultata la città più romantica del mondo, quindi con un enorme sforzo li aveva comprati. Ma era stata Arya ad ispirargli tutto ciò. Non doveva usarli per forza con lui, erano due biglietti e basta. Chiuse il tutto, prese le due scatole e si diresse all'Osservatorio. Poco prima di arrivare, fece apparire con un incantesimo un mazzo di rose e si avviò su per la scala che portava all'Osservatorio. Ovviamente era in ritardo di dieci minuti, giusto per mantenere la sua nomea.
    Jeans neri, t-shirt dello stesso colore, un giubbotto di pelle aperto sempre nero, ciuffo spettinato, scatole e rose in mano, zaino sulla spalla sinistra. Dentro ad esso c'erano delle coperte e altre cosucce fra le quali i biscotti che lui le aveva fatto. E, quando entrò, eccola lì. Di spalle. Mia. Furono le sue prime parole, pronunciate quasi timidamente. Scusa il ritardo ma ho dovuto fare alcune cose. Si avvicinò, lasciando che -se avesse voluto- si sfogasse contro di lui, gli dicesse quello che le pareva o semplicemente rimanesse in silenzio aspettando che fosse lui a parlare.
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    Era ancora convinta che quell’incontro non avrebbe potuto portarle niente di buono, ed era una convinzione che si era imposta di mantenere per tutto il tempo, senza darsi la possibilità di vacillare. Aveva sofferto per la mancanza improvvisa di Cam, e nel suo dolore si era imposta di non ricaderci di nuovo, di non dargli in alcun modo il potere di ferirla una seconda volta. Mia era un tipo che difficilmente si lasciava andare con qualcuno, quando lo faceva era perché pensava che l’altra persona ne valesse davvero la pena. In genere passava mesi prima di mostrarsi, poco alla volta, ed era successo così anche con Jess e Blake, ma non con Cam: lui l’aveva travolta e aveva finito per mostrargli parti di sé in modo sparso, senza nemmeno rendersene conto. E alla fine anche tutta la storia di Mark era venuta fuori senza che lei si sentisse davvero pronta e questo aveva portato con sé una marea di conseguenze non indifferenti.
    Mia era stanca, questa era la principale sensazione che provava da quando tutta quella situazione era cominciata. Non era stanca solo fisicamente, perché dormiva poco e male e perché non riusciva mai a chiudere gli occhi per troppo tempo di fila. Era stanca anche mentalmente, era stanca di pensare, di rimuginare su quel che era successo, di domandarsi che cosa sarebbe successo dopo. Dopotutto anche la lezione di divinazione aveva portato con sé delle nuove certezze, nuovi pensieri su cui concentrarsi: qualcun altro con ogni probabilità l’avrebbe tradita, e avrebbe dovuto ancora fare i conti con nuove delusioni prima di concedersi un po’ di pace. Era ovvio che le venisse naturale chiedersi se quel qualcuno non sarebbe stato Cam, una seconda volta.
    Già dal primo istante sapeva che lui non era la persona per lei, era arrogante, continuava a stuzzicarla, era chiaro che non fosse la persona migliore a cui affidarsi, oltre che essere pericolosamente vicino a Mark, e infondo i simili si attraggono no? Eppure aveva cominciato a scoprire anche un lato nascosto del ragazzo, e vederlo come più umano, più fragile, era stata la sua rovina: in quel momento aveva capito che c’era di più ed era stata troppo curiosa per fermarsi. Ed era così che le cose erano andate sempre peggio, lei si era affezionata e ora si trovava preoccupata anche solo all’idea di rivederlo, per paura di ricaderci di nuovo. Cam sapeva essere estremamente carino, come se sapesse esattamente che corde toccare per farla capitolare, e temeva quel potere più di ogni altra cosa.
    Avrebbe dovuto rifiutare, sarebbe stata la cosa più logica e sicura da fare, eppure aveva un cuore e dopo l’ennesima richiesta non era più riuscita ad allontanarlo. Era quello uno dei suoi più grandi problemi, il fatto che finisse sempre per immedesimarsi fin troppo negli altri, sentendosi in colpa ogni volta che rischiava di ferire qualcuno. Cam non meritava quelle attenzioni, non meritava la sua premura, eppure le aveva fatto quasi pena e aveva ceduto. Ed eccola lì, che si sforzava di mantenere un atteggiamento freddo e distaccato e insieme temeva ogni sua più piccola reazione, perché aveva paura di finire per cedere da un secondo all’altro.
    Arrivata all’Osservatorio si trovò…sola. Trattenne il respiro per qualche istante, guardandosi intorno alla ricerca di Cameron, ma quando si rese conto che non c’era nessuno abbassò appena le spalle e si concesse di respirare di nuovo. Era sola, e quella notizia la sollevò e la colpì come uno schiaffo in pieno viso, contemporaneamente. Aveva sperato davvero che quell’incontro saltasse, in effetti, ma non pensava che sarebbe successo davvero: sapere che era davvero sola, che Cameron non si era presentato, in qualche modo era un’ulteriore ferita non richiesta. Ecco che si fidava di lui e lui la tradiva, ancora una volta.
    Non avrebbe saputo dire perché fosse rimasta all’osservatorio, se fosse per lo shock di quella realizzazione o per una muta speranza di essersi sbagliata, ma quando la voce di Cameron spezzò il silenzio si ritrovò a sussultare e il cuore le schizzò in gola all’istante. Si voltò e lo ritrovò sicuramente più “elegante” di lei, vestito tutto di nero, abbastanza ordinato, e capì in quel preciso istante che non aveva la benché minima idea di che cosa dirgli. Esordì un flebile “Ciao”, piuttosto atono e piatto, il tono abbastanza basso e la voce distaccata. Non sapeva che cosa dirgli, il dolore che le aveva causato era troppo profondo per essere descritto a parole e in effetti non sapeva nemmeno che cosa aspettarsi. Poteva davvero pensare di perdonarlo? Poteva davvero riuscirci? O stava facendo perdere tempo ad entrambi? Per quale ragione aveva ceduto e aveva accettato quell’invito? Sospirò piano, sentendosi a disagio, e si passò poco dopo una mano tra i capelli, indecisa sul da farsi. Alla fine incrociò le braccia al petto e cercò di guardare altrove, convinta che concentrarsi su Cameron a quel punto l’avrebbe portata a sbagliare ancora una volta. “Perché mi hai portata qui? Non è un posto un po’ scontato?” borbottò, giusto per dire qualcosa senza apparire troppo pronta a perdonarlo così, su due piedi.
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    Se solo pensava al viso angelico della Freeman, si dava del grandissimo coglione per averla trattata così, per aver scommesso sul suo cuore. Ma lui, ai tempi della scommessa, si considerava un cazzo di insensibile, un ragazzo senza sentimenti che si divertiva a giocare con quelli altrui, ma forse era per sopperire alle proprie mancanze. Ma Cam in quei mesi era cambiato, non era più solo il Cameron Cohen strafottente, quello che se ne frega di tutto e di tutti. Poteva definirsi una versione migliore di se stessa, il Cameron 2.0. Ma era davvero così? Aveva combinato un ulteriore macello e avrebbe pagato qualsiasi cifra pur di rimediarvi. Per questo aveva organizzato tutto quello per Mia. Era la prima ragazza per la quale si adoperava tanto e questo lo straniva davvero, davvero tanto. Non si spiegava perché semplicemente non se ne fosse fregato di lei, passando alla prossima ragazza; insomma, Hidenstone ne era piena!
    Quando arrivò, si sentì pervaso da un'enorme felicità una volta appreso il fatto che la ragazzina non se ne fosse andata nonostante il suo ritardo, ma fosse ancora là ad attenderlo. Forse, in fondo in fondo, a lei di lui qualcosa importava, non lo considerava da buttare e si stava sforzando enormemente per ascoltarlo e non catalogarlo come ragazzo stronzo per poi considerarlo un capitolo chiuso.
    Al suo saluto, un mezzo sorriso illuminò il volto di Cam, che estrasse la bacchetta e pronunciò a bassa voce un semplice incantesimo che fece apparire un mazzo di bellissimi fiori di un azzurro pallido, quasi fatato. Aveva studiato per ore quell'incantesimo nella speranza che gli riuscisse come voleva lui. Beh, sono un cliché, ricordi? fu la sua replica scherzosa, mentre le porgeva il mazzo di fiori aspettando e sperando che lei lo prendesse. E infatti, ecco qui. Ho cercato di non optare per delle rose, spero non ti dispiaccia. Deglutì, prima di avvicinarsi di qualche passo. Senti, Mia iniziò, cercando di formulare mentalmente un discorso che avesse un qualche senso. Io non so esprimere quello che voglio dire, perciò ti ho scritto questa e le porse la busta chiusa accuratamente e di un bianco quasi accecante. Ti chiedo solo di darmi un'altra possibilità. Quasi supplicò, camminando in cerchio fino a raggiungere il parapetto dal quale si vedeva sia il cielo che il terreno. Pregò le stelle di aiutarlo, guidarlo in un momento difficile e poi si girò a guardarla, posandosi sul muretto ed indossando il suo miglior sorriso canzonatorio. Inoltre ti ho portato questo. Era... di mia sorella bofonchiò, quasi timido tutto d'un tratto, allungandole la scatola contenente il bellissimo abito che aveva deciso di donare a lei e che sicuramente più di ogni altra persona, si meritava. Ah e ho fatto questi stavolta gli porse la scatola con i biscotti. Lo so che non saranno buoni quanto i tuoi, ma io ci ho provato. Era la prima volta che ammetteva così apertamente che i biscotti di Mia fossero buoni, in effetti. Decise, comunque, che il resto dei regali glieli avrebbe dati più tardi o in un altro momento, dipendeva dalla situazione che si andava a creare. Insomma, se gli avesse lanciato i biscotti in faccia, il giovane non sarebbe passato alla fase 2 (coronavirus style) del suo piano. Si lisciò il ciuffo castano ribelle con una mano, poi aspettò che leggesse la lettera. Qualora la leggesse e, dopo aver aspettato che finisse, Cameron riprese immediatamente la parola. Prima che tu dica qualsiasi cosa, lo so. So di essere stato un grandissimo e imperdonabile coglione ad aver fatto quella scommessa di merda con Mark. Ne sono pienamente consapevole e ancora mi chiedo perchè io sia stato così idiota e privo di senno, ma ti prego... io... sto cercando di cambiare, Mia. Per me stesso, per mia sorella, per... te sussurrò, mordendosi il labbro. Forse le stava dando troppe informazioni tutte insieme, quindi decise di aspettare pazientemente che fosse lei a proferir parola, mentre il castano si imbambolò ad osservare i lineamenti di Mia illuminati da un pallido fascio di luna che la rendevano ancora all'apparenza fragile ma forte allo stesso tempo. E lui era convinto che fosse così. Sperò ancora una volta, pregando nuovamente le stelle, che Mia decidesse di non buttare tutto ciò che avevano provato a costruire e che Cam aveva distrutto come faceva un soffio di vento con un castello di carte.
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    Sapeva che certe cose accadevano e basta, senza che fosse davvero colpa di qualcuno, e non era così sciocca da non capire che la scommessa tra Cam e Mark era nata più per caso che per farle davvero del male. All’epoca Cameron non la conosceva nemmeno, non poteva sapere niente di lei, non poteva immaginare di riuscire a costruirci qualcosa, e semmai la colpa era di Mark che aveva pensato di usare il migliore amico per torturarla ulteriormente. Eppure il principio, l’idea stessa che Cam si abbassasse a quel genere di sciocchezze, la infastidiva: se anche non fosse stata lei il premio ma chiunque altro, era comunque becero e da idioti scommettere su una persona e fare tutto per il gusto di vincere. I sentimenti di qualcuno non meritavano di essere trattati come un giocattolo insulso. Eppure riusciva a comprendere quella sciocchezza, ma rimaneva comunque ferita: aveva fatto affidamento su Cam, era stata lei la sciocca che si era fidata della persona sbagliata, tutta quella situazione era più colpa sua che del ragazzo, lo sapeva bene.
    Si accusava anche di essere andata fino a lì, si rendeva conto da sola di quanto fosse stata sciocca a concedergli di nuovo la possibilità di ferirla come se niente fosse. Sapeva bene che andando lì Cameron le avrebbe scucito qualcosa, che fossero delle scuse o un briciolo di perdono, eppure in cuor suo stava ancora cercando il ragazzo che aveva visto nella Stanza delle Necessità e che sapeva essere ben più di un idiota che scommetteva per portarsi a letto una ragazza.
    Certo, nonostante il suo buon cuore non aveva alcuna intenzione di tornare come prima, avrebbe avuto bisogno comunque di tempo per fidarsi e lasciarsi andare di nuovo, Mia non era una persona che si fidava di chiunque e probabilmente Cameron lo avrebbe capito molto presto. Non si aspettava però che il ragazzo potesse davvero impegnarsi così tanto per riconquistarla e cominciò a domandarsi quanto davvero tenesse a lei fin dal primo momento, fin da quando fece l’incantesimo per far comparire dei fiori. Lo aveva intuito dal fatto che l’avesse invitata all’Osservatorio ma quella era ancora una mossa scontata, in un certo senso, ora era chiaro che si stesse davvero impegnando per scusarsi al meglio.
    Mia non era un tipo abituato a ricevere chissà quanti regali, bastava ricordarsi la sua sorpresa anche solo a Natale, quando aveva ricevuto tutti quei doni inaspettati e aveva sentito il bisogno di ringraziare e abbracciare tutti, uno per uno –era ubriaca al tempo, certo, ma era comunque una reazione che, anche se meno accentuata, avrebbe avuto anche in altre occasioni. Già i fiori quindi bastarono a spiazzarla, e apprezzò anche più di quanto avrebbe ammesso il fatto che non avesse scelto delle banali rose. Non mancò di notare che quei fiori avevano lo stesso colore dei propri occhi e si chiese distrattamente se fosse un caso. “Vanno benissimo, ti ringrazio ma non dovevi…” mugugnò piano, prendendo in mano il mazzo per poi essere invasa, letteralmente, non solo dalle parole ma anche dal resto dei regali. Lo guardò sorpresa e presa alla sprovvista da tutto ciò che pareva aver organizzato per lei, tutti pensieri che le scaldarono il cuore, certo, ma la fecero anche sentire a disagio.
    Mia non si considerava degna di tutti quei pensieri, né dei biscotti e del tempo che aveva impiegato a farli né tantomeno di qualcosa che era appartenuto alla sorella di Cam. Mia non conosceva tutta la storia, sapeva che la ragazza era morta e che lui ci soffriva ancora e tanto gli bastava. “Cameron…non dovevi davvero, non era necessario…” provò a dire ma non poteva davvero impedirgli di parlare, non era da lei mettere a tacere qualcuno solo per un errore. Si era sempre imposta di essere comprensiva, aveva fatto della frase “ricordati sempre che gli altri stanno combattendo una battaglia di cui non sai nulla, sii gentile” il suo motto di vita, non era il tipo che chiudeva ogni porta a prescindere. E infondo il discorso di Cam non mancò di commuoverla, almeno un po’, facendola sentire se non altro importante. Credeva a quel che aveva detto, non poteva non farlo di fronte a quello sguardo e quel tono, ma non era tutto così semplice come avrebbe voluto.
    “Io... immagino che tu ti stia davvero pentendo Cameron, e ne sono felice. Mi dispiace per come sono andate le cose, so che sai di aver sbagliato, ma ti prego di capire che ho bisogno di tempo. Non è tutta colpa tua, Mark ha fatto cose orribili e… ha rovinato anche quello che c’era tra me e te, è innegabile. Ma non sono arrabbiata con te, non così tanto almeno.” ammise piano, prendendo un lungo respiro. “Ho tenuto le distanze perché mi faceva male pensare al motivo per cui ti sei avvicinato a me, probabilmente se non fosse stato per la scommessa non mi avresti presa nemmeno in considerazione.” concluse poco dopo per poi allungargli la scatola dell’abito di sua sorella. “Ti prego, non prenderla come un rifiuto ma non posso tenere qualcosa che per te è così importante, non ne sono degna.” provò a dirgli, con un sorriso timido e dispiaciuto.

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    Cameron avrebbe fatto davvero di tutto per farsi perdonare da quella ragazza che aveva così stupidamente ferito, quasi come se lei e i suoi sentimenti non fossero altro che un giochetto. Avrebbe voluto dirle tante di quelle cose, farle capire che quel Cam non esisteva più, che lei a lui piaceva e che non la considerava un oggetto bensì una ragazza fantastica. Ma quando mai sarebbero potute uscire dalla bocca di Cameron parole, accostate, come "ragazza fantastica"? Sarebbe stato a dir poco inverosimile. Ma cercò comunque di fare ogni cosa fosse in suo potere per redimersi, migliorare... come quei fiori di un blu puro e intenso, un po' come gli occhi della ragazzina, sebbene questi ultimi fossero su tutt'altro livello. Una bellezza unica, sarebbe stato a guardarli per ore ed ore. Glielo avrebbe detto? Nemmeno per sogno, aveva una reputazione da difendere... sì, certo.
    Vedere un sorriso, anche appena accennato, avrebbe migliorato non solo quella serata, ma anche tutto il mese passato ad arrovellarsi su cosa poter fare o dire che rimediare a ciò che aveva fatto. Mark era stato un emerito coglione, quello senza ombra di dubbio, ma lui non era stato affatto da meno. Si era lasciato raggirare come un idiota, aveva accettato quella scommessa del suo migliore amico, ignaro di tutto. Ignaro del trascorso tra l'altro dioptase e Mia e ignaro del fatto che Mark lo avesse usato per affondare ancora di più il coltello nella schiena di Mia. Nessuna parola, nessuna cosa o discorso lui avrebbe potuto fare, avrebbe posto un vero rimedio a tutto quello: solo il tempo e la perseveranza avrebbero dato i suoi frutti e avrebbero fatto capire alla piccola Ametrina, che lui era diverso dal Cameron che aveva conosciuto in ottobre o dal Cameron che l'aveva portata al ballo. Ora sapeva quasi esattamente ciò che voleva e nella sua lista, far soffrire la bionda non era contemplato.
    Annuì leggermente alla sua frase. Non mi sento in obbligo, davvero. È solo un piccolissimo gesto per farti capire che sto cercando di cambiare. E lo disse con sincerità, perché era esattamente quello il punto. Stava lottando giorno dopo giorno contro se stesso per diventare un ragazzo migliore. Cazzo, Hidenstone aveva optato un cambiamento radicale, proprio nel profondo della sua giovane anima.
    Su una cosa Cameron era fermo e deciso: lui tutto quello lo stava facendo per lei, lei doveva accettare fine della discussione. Okay, forse non era il modo migliore di approcciarsi ad una persona, ma nella sua testa, era tutto perfettamente normale. Senti, Mia. Voglio che lo abbia tu. Sospirò leggermente, indietreggiando e posandosi con la schiena contro il parapetto. Un giorno ti racconterò di mia sorella, te lo prometto, però intanto sappi che è una delle poche persone alle quali ho permesso di entrare davvero nella mia vita e...</<b>b> si fermò per qualche secondo buono, incerto su come proseguire un discorso così profondo. E vorrei che anche tu ne facessi parte questa frase la sussurrò, imbarazzato per aver detto una cosa che molto difficilmente sarebbe uscita dalle sue labbra. Quindi voglio che lo abbia tu per ricordarti che io per te ci sarò, che ti voglio nella mia vita. Sempre. Oddio, quelle parole erano state peggio di un parto! Probabilmente non avrebbe mai più ripetuto una frase del genere per tutto il resto della sua vita, ma una volta bastava e avanzava.
    Sì Mia, sono pentito e te lo posso ripetere in qualsiasi lingua tu voglia -anche perché, modestamente, ne so molte- e sì, ti darò tutto il tempo che vuoi. Ti sto solo chiedendo l'opportunità di rimediare ai miei errori, ci volessero... stava per dire anni? Sì. Ma frena, Cam. Mica le stai chiedendo di sposarti. ...settimane intere. Concluse quindi, dispiaciuto davvero di tutto quello che era accaduto. E ripeto, voglio che la tenga tu. Era deciso.
    Non dire così... tu... si morse il labbro, quella conversazione stava sfuggendo al suo controllo, non si riconosceva più nemmeno lui. Tu ne vali la pena, davvero. D'accordo, non ci siamo avvicinati nel migliore dei modi! Anzi, è stato il peggiore in assoluto. Ma... adesso siamo qui, che importa il passato? Sapeva che importava eccome, che le faceva male... ma non poteva modificarlo. Si avvicinò e allungò una mano nell'intento di accarezzarle la guancia, nel caso lei glielo avesse permesso.
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    Quasi non riusciva a spiegarsi per quale ragione Cameron ci tenesse così tanto, perché si stesse impegnando fino a quel punto per farsi perdonare. La loro amicizia era nata in modo abbastanza singolare, anche aldilà della scommessa, non tanto per la modalità quanto perché di certo non sembravano una coppia di amici molto ben assortita, non erano tipi da concordare granchè su molte cose ma per qualche ragione riuscivano ad andare d’accordo. Lei per prima avrebbe escluso, razionalmente, di poter davvero costruire qualcosa di solido e aveva finito per tenerci pure fin troppo, ma pensava di essere l’unica dei due ad essersi affezionata fino a quel punto, con una certa stupidità. Pensava di essere l’unica a soffrire per quella situazione, o meglio immaginava che Cameron potesse sentirsi in colpa –non la avrebbe perseguitata per un mese intero altrimenti- ma non pensava che ci fosse altro oltre a quello, non credeva di valere così tanto la pena.
    Non si aspettava di certo che Cameron potesse fare così tante cose solamente per lei, non credeva che avrebbe mai organizzato qualcosa del genere solamente per chiederle scusa. Non dava mai così tanta importanza alle parole in quei casi, credeva molto di più ai gesti ma era chiaro che Cam stesse usando con attenzione entrambi e lei non era abbastanza cattiva da negargli la sua attenzione. Forse avrebbe dovuto, quello non poteva cancellare tutto ciò che era successo, non poteva semplicemente fare finta che la scommessa non fosse mai esistita. Eppure Cameron sembrava davvero pentito e lei non aveva cuore di fare finta di nulla, non voleva davvero ignorarlo o non dare valore ai suoi sforzi.
    Di certo ragionare con Cameron non era così semplice, era chiaro che avesse le idee piuttosto chiare e poca intenzione di ritrattare ma dopotutto lei non si sentiva davvero così in pace all’idea di prendere qualcosa che per lui poteva essere così importante. Non conosceva la storia di sua sorella a fondo ma sapeva per certo che gli provocava un certo dolore e che non lo faceva sentire del tutto a suo agio, per questo aveva provato ad insistere seppur con infimi risultati. Cameron era testardo almeno tanto quanto lei e non era così semplice imporsi, soprattutto in un momento come quello dove anche lei faticava a farsi valere. Le sembrava ancora di poter essere sopraffatta da un momento all’altro da ogni cosa, aveva davvero paura che tutto potesse rivelarsi l’ennesima, enorme, bugia.
    Era innegabile che tutta quella situazione fosse abbastanza romantica, e Mia non aveva mai pensato di poter vivere qualcosa del genere, di meritarlo. Aveva letto miliardi di libri, nella sua vita, con storie d’amore strappalacrime o tormentate, e mai si sarebbe aspettata di essere la protagonista di qualcosa del genere. Arrossì, perché non poteva evitarlo, ma lottò strenuamente contro il suo corpo, come se fosse davvero qualcosa che poteva provare a controllare. Non erano da Cam, quei discorsi, e non era nemmeno d Mia starli a sentire e ancora le sembrava impossibile assistere a qualcosa del genere.
    Le aveva davvero appena chiesto di entrare nella sua vita in modo così plateale? Aveva davvero intenzione di impegnarsi così tanto solamente per lei? Non poteva rimanere impassibile davanti a quello e si ritrovò a stringere appena la scatola. Non avrebbe voluto tenere quel vestito, non le apparteneva davvero, ma dubitava che avrebbe potuto fare qualcosa di fronte alla sua testardaggine. “Va bene, se pensi che debba averlo io…” concesse alla fine, ancora non del tutto convinta ma se non altro consapevole che insistere avrebbe portato a ben poco.
    Non che le dispiacesse, apprezzava quel pensiero, lo considerava solo troppo rispetto a quello che effettivamente Mia poteva desiderare. Non meritava tutti quegli sforzi, si sentiva in colpa ad accettare qualcosa di così grande e importante per Cam ma cosa poteva fare? Era chiaro che il ragazzo non avrebbe cambiato facilmente idea.
    Sorrise appena quindi, scuotendo piano la testa. “Non serve che me lo dici in qualunque lingua del mondo, Cam. Capisco che sei dispiaciuto, lo sto vedendo… e ti ringrazio per tutti questi sforzi.” cercò di spiegargli con pazienza, ma si prese ancora qualche momento per elaborare la frase successiva. Non si trattava di voler fare la preziosa, Mia comprendeva i tentativi di Cam e apprezzava i suoi sforzi ma non riusciva a perdonarlo così, su due piedi, come se niente fosse: era tutto troppo, aveva bisogno di tempo e non riusciva a pensare di tornare a vederlo come se niente fosse mai successo.
    Lo guardò con attenzione, soppesando bene le proprie parole. ” Vorrei cancellare quello che è successo, credimi, fare finta che non sia accaduto nulla. Ma non posso, capisci Cam? Il passato conta, ci rende quello che siamo, non possiamo ignorarlo. Ma possiamo…provare a ripartire da qui, con calma.” provò a spiegargli cercando di essere chiara e specifica.


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    Quella situazione si stava facendo fin troppo strana e ben oltre la soglia di sopportazione di Cameron. Non che avrebbe fatto qualcosa di cui si sarebbe pentito, poiché prima di quella serata si era imposto la calma assoluta, ma non era da lui comportarsi in maniera così dolce, per questo faticava a formulare quei discorsi così romantici ad una ragazza, ma per qualche strana ragione se lo sentiva dentro. Si sentiva che avrebbero potuto costruire qualcosa loro due, insieme, anche se non aveva la più pallida idea di che cosa. Era iniziato tutto per una scommessa che, con il senno di poi, gli faceva enormemente odiare se stesso. Aveva giocato con i sentimenti di Mia oltre la soglia del ragionevole -non che bisognasse giocare mai con i sentimenti altrui- e tutta quella situazione gli si era riversata addosso come una frana che aveva potuto percepire in anticipo senza però poter fare assolutamente nulla per evitarlo.
    Un lievissimo sorriso gli increspò le labbra al suo rossore e non riuscì a trattenersi da fare un commento a riguardo, anche se con tono molto più morbido e meno canzonatorio del solito. Sei proprio carina quando arrossisci! disse alla fine, una volta decise le parole che avrebbe dovuto utilizzare. Ma era la verità: Mia era bellissima in ogni situazione, ma quando arrossiva lo era ancora di più.
    Annuì convinto alla frase della ragazza, mollando finalmente la presa alla scatola, convinto che quella di lei fosse ormai ben salda. Un sospiro di sollievo tradì la sua gratitudine verso la bionda per il fatto che avesse rinunciato a protestare. Sì, è proprio quello che penso. Sono certo che Arya avrebbe voluto che una cosa così importante andasse ad una persona altrettanto importante per me. Fece una pausa. A meno che non pensi... ghignò. Che quel vestito potrebbe donarmi! Che se è così, sarò ben felice di indossarlo ironizzò con un mezzo sorriso, scuotendo leggermente il capo. Non ce la faceva a rimanere serio, ma più che altro sperava di veder comparire un sorriso anche sulle belle labbra della ragazzina.
    E poi finalmente quel sorriso. Cameron non resistette a portare una mano sulla guancia di Mia con una delicatezza che non era conscio di possedere. Fu solo una carezza fugace, prima di rinsavire e ritirare la mano, quasi come se la guancia della ragazza scottasse. Ma il fatto era che non voleva che il suo gesto fosse in qualche modo frainteso o che la indispettisse. Quando però riprese a parlare, Cameron si rabbuiò leggermente, annuendo per nulla convinto ma indietreggiando fino al cornicione. Una mano salì ad infilarsi tra i capelli, mentre il silenzio cadeva tra loro dopo il discorso di Mia. Capisco. Fu la sua risposta, inizialmente quasi fredda e lapidaria, però alla fine tentò di sorridere. D'accordo, Mia. Hai ragione. Non possiamo dimenticare il passato, ma possiamo pensare al futuro che ci attende. Non so cosa accadrà, non so come andranno le cose, questo dovresti chiederlo al professore di Divinazione -si lasciò sfuggire una mezza risata- ma lo possiamo affrontare. Insieme. Le porse la mano, quasi in un gesto di pace, tipico dei ragazzini dopo una sciocca litigata. E rispetterò i tuoi tempi, dovessero volerci settimane. Ripeté, più convinto. Purché tu mi permetta di rimanerti vicino e provare ogni giorno a rimediare al mio errore tentò, quasi con gli occhi pieni di speranza.
    Non pretendo che diventiamo migliori amici dall'oggi al domani -anche perché, forse, voleva ben più di un'amicizia- e sarebbe ipocrita da parte mia, farlo... vorrei solo che mi permettessi di riprovarci. Avere un rapporto normale, senza bugie, senza prese in giro, solo... sincerità d'ora in poi. Promise, serissimo. Croce sul cuore. Scherzò quindi, per alleggerire il peso di quel discorso.
    Non so, per iniziare permettimi di invitarti fuori per un caffé ridacchiò il giovane, facendole un inchino come si soleva fare nel medioevo. Milady, mi farò perdonare ad ogni costo. Ammiccò, sentendosi strano e a dir poco assurdo nel pronunciare quelle parole, ma ormai lo aveva fatto. Si strinse nelle spalle e aspettò una sua risposta eventuale, preparandosi sia ad un rifiuto che ad una passiva accettazione della situazione. Si rendeva conto che stava quasi passando da stalker, ma aveva impellente bisogno di lei e di parlarle.
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    Di certo non credeva che proprio Cameron avrebbe mai pensato di organizzare tutto quello per chiederle scusa. Non si aspettava così tanti sforzi e soprattutto non pensava davvero che fosse nel suo stile impegnarsi così tanto per qualcuno. Sapeva di averlo comunque giudicato prima del tempo, di essersi lasciata convincere dalla sua facciata da cattivo ragazzo e di aver avanzato conclusioni affrettate ben prima del tempo, ma dopotutto come si poteva davvero biasimarla?
    Non era abituata a tutte quelle attenzioni, stare sotto i riflettori non faceva proprio per lei ed era imbarazzata alla sola idea che avesse speso tutto quel tempo a fare qualcosa per lei. Perché lo aveva fatto? Teneva davvero così tanto al suo perdono? Dopotutto Mia non pensava che Mark e Cameron fossero la stessa persona, si stava ancora sforzando di ricordarsi che le colpe di uno non potevano essere anche dell’altro e che Cameron aveva agito spinto da una scommessa, ma non le aveva comunque fatto niente di quello che invece aveva fatto Mark. Non aveva abusato di lei, non aveva allungato troppo le mani…ma un giorno intendeva farlo? Si sarebbe fermato se le avesse detto di no? Considerato come si stava ponendo in quel momento e la gentilezza che stava usando forse sì.
    Arrossì anche di più quando commentò che la trovava carina quando arrossiva, mordendosi il labbro inferiore e abbassando lo sguardo. “Smettila…” borbottò piano, non certo arrabbiata ma più che altro imbarazzata all’idea di mostrarsi così proprio davanti a lui.
    Di fronte alla sua spiegazione non poteva davvero continuare a protestare, non riusciva davvero ad obbligarlo a cambiare la sua scelta quando si parlava di qualcosa che per lui era così personale e importante. La sconvolgeva l’idea che la reputasse tanto importante da darle un abito della sorella, ma non se la sentiva di insistere oltre e alla sua battuta non riuscì a nascondere del tutto un nuovo sorriso. “Mmmh…forse dovrei vedertelo addosso” ammise con un tono divertito.
    Sentì un leggero brivido correrle lungo la schiena nel momento in cui le accarezzò il viso. Non si aspettava quel gesto e quella vicinanza, non potè evitare di irrigidirsi per un istante proprio perché non era più abituata a contatti fisici veri e propri con le persone nell’ultimo periodo. Sospirò piano e lo guardò da sotto le lunghe ciglia, i suoi occhioni blu più speranzosi che mai. Voleva davvero dargli credito, credere alle sue parole, essere più positiva e tranquilla e dargli subito la risposta che sperava ma non era capace di dirglielo subito così su due piedi. Notò il suo dispiacere mentre si allontanava da lei e si appoggiava al cornicione, e il suo discorso le sembrava particolarmente convincente. Non voleva metterle fretta, e quello era già un buon inizio no? Ma si sforzò, nonostante l’intenzione di non ferirlo, di essere più possibile chiara e diretta. “La sincerità mi piace come idea.” ammise con un leggero sorriso. ”E va bene, non posso dirti ora quanto ci vorrà ma ci possiamo provare.” concesse alla fine, finendo per cedere molto prima del previsto.
    Sorrise alle sue parole, soprattutto a causa dei termini che scelse. “Mmmh…e va bene, le concederò un caffè mylord.” rispose alla fine, scoprendosi contenta all’idea di sollevarlo almeno un po’ dalle sue colpe. Sapeva di aver agito per delle ragioni valide e sensate, ovviamente, ma le dispiaceva comunque averlo fatto aspettare così tanto. Infondo anche Cameron aveva vissuto i suoi traumi e a lei dispiaceva che fosse solo adesso. “Ma non illudetevi troppo.” borbottò comunque.


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